egitto: riflessi economici della crisi

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egitto: riflessi economici della crisi
EGITTO: RIFLESSI ECONOMICI DELLA CRISI
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Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma
Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 00145 Roma
Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected]
Umberto Profazio
Egitto: i riflessi economici della crisi
Pubblicato in Equilibri.net
9 Febbraio 2013
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EGITTO: I RIFLESSI ECONOMICI DELLA CRISI
1. L'aiuto del Qatar
L’8 gennaio 2013 il governo del Qatar ha annunciato un prestito di 2,5
miliardi di dollari nei confronti dell’Egitto, concedendo una
donazione extra di 300 milioni al fine di contenere la crisi monetaria
che ha colpito la lira egiziana. L’annuncio, effettuato nei primi giorni
del nuovo anno, ha evidenziato le profonde difficoltà economiche che
il governo egiziano si trova ad affrontare a causa sia dell’attuale
congiuntura internazionale, caratterizzata dalla crisi del debito dei
Paesi europei (con i quali l’Egitto ha un importante scambio
commerciale); sia dall’instabilità politica dell’Egitto stesso, appena
uscito da una fase di scontro istituzionale e politico che ha fatto temere
una riedizione dei giorni di piazza Tahrir. Il referendum sulla nuova
costituzione ha contribuito a fornire al Paese un preciso quadro
normativo a cui fare affidamento nel futuro prossimo, ma non ha
ancora fornito indicazioni sull'avvenire politico del Paese. Con l’inizio
del 2013 molti problemi, lungi dall’essersi risolti, si sono ripresentati
in tutta la loro drammaticità.
2. La crisi della lira egiziana
L’annuncio del prestito da parte del Primo Ministro del Qatar Sheikh
Hamad bin Jassim al-Thani è stato effettuato nel mezzo di una
tempesta valutaria che ha portato la lira egiziana al suo minimo negli
ultimi 8 anni. Per mantenere costante il valore della moneta, le autorità
monetarie egiziane hanno venduto più di 20 miliardi di dollari di
divise straniere, ma ciò non ha impedito alla fine di dicembre di
raggiungere un cambio di 6,30 lire per dollari americani,
pericolosamente vicino al minimo storico del 2004 di 6,26. Le riserve
monetarie del Cairo si sono assottigliate pericolosamente,
raggiungendo, secondo la definizione delle autorità bancarie del
Paese, “un livello critico”.
Per la precisione, le riserve sono diminuite dai 36 miliardi di dollari,
stima a cui erano valutate prima della rivolta del 2011, ai 15 milioni
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del mese di dicembre 2012. Un calo significativo, maggiore di un
dimezzamento.
A complicare ulteriormente la situazione hanno contribuito inoltre le
agenzie di rating: Standard & Poor’s ha infatti declassato il rating dei
titoli di credito a lungo termine dell’Egitto da B a B-, allo stesso livello
dei titoli di credito della Grecia. Per comprendere appieno le difficoltà
dell’economia egiziana occorre considerare che il Qatar stava già
fornendo assistenza finanziaria all’Egitto, nell’ordine di 2,5 miliardi di
dollari, raddoppiati in seguito alle ultime trattative. Inoltre, lo scorso
anno Il Cairo era già in trattative con il Fondo Monetario
Internazionale per un prestito di 4,8 miliardi di dollari, ma le
discussioni si erano arenate a causa dei disordini scoppiati alla fine del
2012 per la questione costituzionale. La banca centrale ha inoltre
vietato il ritiro di denaro contante superiore ai 30.000 dollari al giorno
ed ha annunciato multe e tassazioni maggiori per coloro che
intendano comprare divise straniere.
I timori di una stagflazione non sono del tutto infondati poiché i livelli
di povertà e disoccupazione sono in costante aumento, mentre
l’economia fatica a ripartire. Le possibilità di una ripresa del fenomeno
inflattivo derivano soprattutto dal già citato deprezzamento della lira,
mentre molte statistiche ufficiali evidenziano la crisi del comparto
produttivo. I dati riportati da al Dustur sono scoraggianti: secondo il
quotidiano, infatti, circa 20.000 aziende sono fallite negli ultimi mesi.
In base a recenti stime dell’Economist, il PIL potrebbe aumentare nei
prossimi anni, ma è rimasto sotto il 3% nel 2012 a causa delle difficoltà
politiche e delle perdurante instabilità. Gli stessi motivi che hanno
provocato il downgrading di Standard & Poor’s, che il 24 dicembre ha
motivato il declassamento citando le già citate “ragioni politiche”.
3. Lo scontro istituzionale ed il referendum
Le origini della crisi economica che sta colpendo l’Egitto sono
attribuibili essenzialmente alle convulsioni politico-istituzionali del
Paese. Occorre innanzitutto considerare il cambio di regime, la caduta
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di Mubarak e la lunga fase di transizione non ancora del tutto
conclusa. Ma oltre a fattori di medio-lungo periodo, non bisogna certo
dimenticare i recenti eventi che hanno fatto temere per una riedizione
delle giornate di piazza Tahrir del gennaio-febbraio 2011. Nei mesi
scorsi si è infatti assistito ad uno scontro senza precedenti tra il
Presidente Morsi, appoggiato dal Partito Giustizia e Libertà, e la
piazza, rappresentata dalle componenti laiche della popolazione,
quelle che in un certo senso avevano dato il via alla rivolta di due anni
fa contro Mubarak.
Il tutto è cominciato il 22 novembre scorso, quando con un decreto
presidenziale lo stesso Morsi si era attribuito poteri inediti, tra cui
l’assoluta immunità di fronte agli organi giudiziari. Proprio lo scontro
con il potere giudiziario è stata una costante degli ultimi mesi, come
dimostrato dalla decisione di licenziare il Procuratore generale Abdel
Maguid Mahmoud, nominato dal regime precedente di Hosni
Mubarak. La tendenza alla concentrazione dei poteri da parte del
nuovo presidente è tornata così all’ordine del giorno nella stampa e
nelle strade egiziane, pochi mesi dopo l’allontanamento forzato del
Maresciallo Tantawi, reggente del nuovo Stato egiziano dall’11
febbraio 2011 al 12 agosto scorso, quando è stato pensionato d’ufficio
dallo stesso Morsi.
L’allontanamento di Mahmoud, e la sua sostituzione con Talat
Ibrahim, sono stati accompagnati però da un altro colpo di forza che
ha contribuito ad esasperare gli animi degli oppositori.
L’approvazione, il 29 novembre, di un nuovo testo costituzionale da
parte della Commissione incaricata è stata subito interpretata come
una mossa per evitare che la Corte Costituzionale si pronunciasse sulla
sua legittimità. La fretta con la quale è stato indetto il referendum, che
si è tenuto in due tornate il 15 ed il 22 dicembre, ed il rifiuto del
Presidente Morsi di rimandare l’appuntamento elettorale, hanno fatto
infuriare gli oppositori che sono scesi in piazza per contrastare
l’azione del governo.
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Diverse violenze si sono verificate in molte parti del Paese, soprattutto
ad Alessandria, dove i manifestanti si sono scontrati con le forze
dell’ordine e con i sostenitori del Presidente. Ciò non ha comunque
impedito lo svolgimento del referendum: il nuovo testo costituzionale
ha ottenuto il 63% dei voti favorevoli, ma l’affluenza alle urne è stata
del 32%, a causa del boicottaggio delle opposizioni laiche e
nazionaliste. Il nuovo testo costituzionale è stato così approvato ma
alcuni suoi articoli continuano ad essere fonti di controversia e di
battaglia politica, oltre che elettorale.
4. La nuova costituzione
Ad una rapida analisi, il nuovo testo approvato dal referendum
sembra essere ispirato ad una visione più islamista della società, in
linea con gli interessi del gruppo al potere. Le previsioni generali
sull’appartenenza dell’Egitto alle nazioni arabe e islamiche, sul
rispetto delle minoranze e sui diritti civili non sembrano contenere
norme in contrasto con gli standard internazionali sul rispetto dei
diritti umani. In alcuni casi si possono registrare anche alcuni
progressi, come nel caso dell’impossibilità per gli organi di giustizia
militare di giudicare i civili; nelle previsioni che garantiscono la libertà
dei media; e nella limitazione a due mandati per il Presidente della
Repubblica. Maggiori preoccupazioni riguardano il trattamento del
tema delle pari opportunità e la spinosa questione dell’università di al
Azhar.
Per quanto riguarda i diritti delle donne, l’articolo 10 sembra garantire
in maniera adeguata i diritti del sesso femminile, prevedendo
specifiche tutele ed assicurazioni per la maternità ed il ruolo della
donna. L’articolo 30 stabilisce inoltre che “tutti i cittadini sono uguali
di fronte alla legge, nei diritti e nelle obbligazioni, senza
discriminazioni”. Tuttavia, l'assenza di ogni riferimento esplicito
riguardante le donne in tale norma alza qualche dubbio riguardo
l'effettiva promozione delle pari opportunità ed è stata considerata
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dagli oppositori come evidente discriminazione nei confronti del sesso
femminile.
Molto più grave sembra essere invece la questione relativa al ruolo
dell’università di al Azhar. La previsione che gli studiosi di tale centro
di eccellenza della cultura islamica debbano essere consultati in tutte
le materie relative alla interpretazione della Sharia può rivelarsi molto
pericolosa per il futuro del Paese. L’uso che al Azhar (e più in
particolare i suoi vertici) potrebbe fare di tale norma ed il potere che
ne deriva risulta enorme ed in grado di decidere sulla giurisprudenza
presente e futura dell’intero Egitto. Minacciando il pluralismo e quelle
forme democratiche che il popolo egiziano ha con tanta fatica
conquistato negli ultimi due anni.
5. Una sovranità politica senza sovranità economica
Nel frattempo l’anniversario della rivolta di piazza Tahrir ha offerto
l’occasione per nuovi scontri in tutto il Paese. Al Cairo le proteste sono
state contenute, ma è lungo il canale di Suez che si sono verificate
violenze diffuse. In particolare a Port Said 33 persone sono morte, in
seguito agli scontri scoppiati per la condanna a morte di 21 supporters
della squadra locale dell’al Masri, coinvolti nelle violenze del 2
febbraio 2012 con i sostenitori dell’al Ahly (74 vittime nell’occasione).
Ciò ha costretto il Presidente Morsi ha provocare lo stato di emergenza
a Port Said ed in due altre città della zona del Canale, Suez ed Ismaila,
mentre l’opposizione continua ad accusare il Presidente di
autoritarismo e alti gradi dell’esercito lanciano l’allarme sulla attuale
situazione di crisi del Paese.
In un tale contesto, la situazione economica continua a soffrire delle
stesse criticità riscontrate negli ultimi due anni. E la fragile sovranità
politica, faticosamente conquistata dai Fratelli Musulmani, rischia di
perdere pezzi importanti dell’economia dell’Egitto: ne sono esempio
le recenti notizie apparse sulla stampa regionale e riguardanti il
presunto interesse del Qatar ad acquisire gradualmente il controllo
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proprio del canale di Suez. Indiscrezioni e timori respinti dal Primo
Ministro al Thani nella recente visita al Cairo il 9 gennaio scorso, in
un’intervista che sembrava aver dissolto ogni dubbio al riguardo. Ma
recenti dichiarazioni del Ministro delle Finanze qatarino Yousef
Hussain Kamal, che ha annunciato ingenti investimenti nella zona di
Port Said, sembrano confermare l’interesse di Doha ad approfittare
della attuale fase di debolezza dell'Egitto per prendere il controllo di
asset strategici di importanza regionale ed internazionale.
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