com. stampa mostra segno sindonico 2012

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com. stampa mostra segno sindonico 2012
Città di Carmagnola
COMUNICATO STAMPA
Segno sin-donico -
libertà espressiva di 16 artisti contemporanei
Inaugurazione : venerdì 11 maggio 2012 - ore 17,30
Periodo Mostra: dal 11 maggio al 3 giugno 2012
Autori: Gianni Bergamin
Nëri Ceccarelli Willy Darko Davide De Agostini
Pier De Felice Francesco Di Lernia Rocco Forgione Mario Giammarinaro
Horiki katsutomi Matjaz Preseren Rep - Emi Repetto Diego Scursatone Mario Surbone
Gianni Maria Tessari Roberta Toscano Maya Zignone
Ci sono mostre che nascono da un tema dato. Altre da fattori cronologici. Altre ancora dal raggruppamento di artisti
che condividono alcuni aspetti dell’arte. Segno sin-donico, invece nasce da un supporto. Prendendo a prestito un
termine oggi molto in voga, si potrebbe infatti parlare di support-specific : opere, cioè, realizzate su uno specifico
materiale in questo caso fornito da me agli artisti. Dalle “ceneri” - per usare un eufemismo sul tema - della mostra ” Il
sepolcro vuoto ”, tenutasi a Torino, a Palazzo Barolo nel 2010 in occasione dell’ostensione della Sindone - dove avevo
curato l’allestimento e le scenografie, mi erano rimasti dei lunghi teli che facevano da quinte teatrali alle opere esposte,
sui quali vi era raffigurata l’immagine del volto sindonico. Fotografata da me e poi impressa sui teli, l’immagine era
un’opera che avevo commissionato appositamente all’amico Davide De Agostini. Questi lunghi supporti
rappresentavano un‘occasione che non poteva essere ignorata! E così, forte anche del successo della mostra Nudi su
tele, in cui, partendo da una mia fotografia in bianco e nero stampata su tela, ho fatto “vestire” l’immagine
dall’intervento pittorico e materico di altri 68 artisti creando lavori a quattro mani, ho pensato di tagliare in due le quinte
scenografiche (in modo che sui ogni parte ci fosse il volto sindonico) e di invitare alcuni artisti a re-interpretare il
soggetto. Ed ecco un titolo che permette la provocazione, tanto amata da alcuni artisti, un titolo che permette il gioco
dell’ambiguità. Segno sin-donico: basta inserire il trattino dopo la prima sillaba, e il gioco ha inizio: il termine inglese
sin significa infatti peccato. Ed è sul “peccato” che vengono chiamati gli artisti ad esporsi, rivestendo l’immagine del
volto con altre immagini più o meno irriverenti. Il risultato è, ovviamente, eterogeneo. Gianni Bergamin è il primo (in
rigoroso ordine alfabetico) della lista: il volto sindonico è diventato un frame televisivo che presenta dei disturbi di
visione: “Interferenze sul canale digitale clericale” è il titolo di quest’opera che fa riflettere sulla coerenza del
linguaggio cattolico nella nostra società, spesso in contraddizione con il messaggio cristiano. Nëri Ceccarelli trasforma
completamente il volto sindonico nella testa di un leone, richiamandoci visivamente ad un altro re, con tratti accorti e
decisi, in una magica sintesi ai limiti della norma. Davide De Agostini è l’ autore del bozzetto iniziale, “A sua
immagine”, titolo che rimanda provocatoriamente a ciò che si dibatte da tempo sull’autenticità o meno dell’immagine
del discusso lino, lo arricchisce con segni incisivi, incorniciando il volto con due elettrodi da elettroschok che sembrano
rimandare all’incompatibilità dell’uomo di una comunicazione universale con il divino. Pier De Felice completa il
volto, dandogli un corpo e facendogli indossare una maglietta nera, che assume così un suo specifico significato nel
contesto di tempi e spazi più reali e a noi più vicini. Con”Torino, cologna, pologna, bologna “, Francesco Di Lernia
continua il suo discorso sull’irreale, l’illogico e il paradossale che ogni giorno siamo più o meno costretti a vivere nella
vita quotidiana e tra ragione e “coscienza”, o anima: la prima laica, la seconda caricata dalla fede religiosa. Rocco
Forgione colloca il volto in un metacosmo astratto dove si intuiscono ispirazione ed emozione di un
racconto che va al di là delle figure. Con l’immaginario che appartiene al surrealismo, ci porta a fantasticare
su un altro mondo: galassie lontane e irraggiungibili o un ipotetico “paradiso” terrestre. Mario Giammarinaro
insiste nella denuncia forte e decisa delle grandi catastrofi ambientali, incoronando la testa del volto
sindonico con del materiale raccolto da un mare catramoso per interrogarsi ancora una volta sul rapporto uomonatura, e per chiedersi ancora perché e se è onnipotente e onnipresente non interviene in difesa di un mondo che –
secondo alcuni - avrebbe anche creato lui… Horiki Katzutomi buca la tela con un reticolo di fori ottenuti con un
elemento bruciante, sottolineando con questi segni duri, aspri e incisivi le tensioni violente e aggressive della società
contemporanea. E con una provocazione tratta dal credo di un “Samurai”, mette in risalto con una rigorosa concettualità
algebrica le ferite inflitte al divino, oggetto di una fede che è sempre più distante dal pensiero dell’odierno vivere. Rep
- Emi Repetto riveste la tela con una pittura pastosa, annegando il volto in un universo che si fonda su macchie di
colore libero di carattere espressionista, in una sorta di nebulosa che avvolge il volto quasi a proteggerlo da un male
cosmico o meglio dai mali terreni. Diego Scursatone inserisce il volto in uno dei suoi solitari paesaggi, vuoti di
presenza umana, popolati solo dallo sguardo dello spettatore che si riflette in quello del volto sindonico, simbolo della
condizione umana. Un paesaggio metropolitano che fa ricordare a chi l’avesse dimenticato come si vive “quaggiù”,
oppure semplicemente a far pensare se esiste veramente qualche cosa al di là della nostra “cementata” società. Forme
geometriche vuote riempiono lo spazio di Mario Surbone conquistando la superficie della tela con un movimento
positivo e dinamico. Fluttuando nello spazio della tela il suo segno porta l’osservatore negli spazi dell’universo, dando
una reale sensazione di essere parte del cosmo, per poi essere risucchiati dal rigido vortice delle forme ed essere
riportati indietro, con i piedi sulla terra, con tutta la sua cruda realtà. Con una predominante di colori bui e scuri Gianni
Maria Tessari crea un’opera satura di tensioni, di ansie, incorniciata da simboli grafici che sembrano denunciare
l’esigenza di una comunicazione universale. Le immagini raffigurate ci portano ad una sorta di Purgatorio, piuttosto che
ad un inferno. Le figure sono inquiete nel loro rincorrersi nel delimitato spazio della tela, prigioniere di una loro libertà,
una condizione dettata dall’uomo, dalla stupidità umana, dal meraviglioso e avido vizio che può portare solo al peccato.
L’opera di Roberta Toscano si compone di un secondo supporto sovrapposto al telo iniziale, da cui prendono vita due
volti legati l’uno all’altro da una spilla da balia che nasconde o rivela le immagini, abbassando o alzando il supporto.
Un gioco concettuale che propone nuove visioni in maniera anche provocante, che ci permette di riflettere
sull’ambiguità del linguaggio, di quello che sembra e non è, delle gratuite menzogne di chi ha studiato “anni” per
renderle vere. La tela viene composta da Maya Zignone con segni intricati e sinuosi, che, a seconda che ci si ponga al di
qua o al di là di questa sorta di gabbia dinamica, inducono ad una riposante contemplazione o a una drammatica
riflessione sull’uomo. Una sorta di energia cosmica, quindi, inglobata in uno spazio delimitato, quello della tela, a
sottolineare quanto sia ancora “povero” il nostro sapere. Ho volutamente tenuto per ultime la mia opera e quella di
Matjaz Preseren, perché, a differenza delle altre, queste sono state realizzate lavorando direttamente sul file
dell’immagine e non sulla tela, anche se il risultato finale è una stampa su tela (alla quale io ho aggiunto un intervento
pittorico). Matjaz Preseren “immortala” un evento inesistente e surreale, nel quale i soggetti e il contesto prendono un
nuovo significato, come se fosse la visione di un mondo calato nella nostra realtà, ma nello stesso tempo completamente
al di fuori di essa. Con un’ attenta commistione tra metafisica e surrealismo di stampo “magrittiano” l’artista si prende
bonariamente gioco dell’osservatore, con delle immagini affabulanti che donano una piacevole e interessante visione,
che scava nel personale “magazzino” della propria memoria. Infine, la mia opera sovrappone - come è nel mio fare all’immagine dominante (in questo caso quella del volto sindonico) l’immagine usuale dei miei lavori, un nudo di
donna, e un mio disegno, in cui la figura umana in questo caso è tratteggiata con linee secche e incisive. Si accavalla
così un corpo giovane e bello a uno scarnificato e vecchio, con un gioco di rimandi in cui da sotto lo sguardo severo del
volto sindonico, il fascino della bellezza femminile si scontra con la sofferenza umana. E in modo particolare fa
riflettere sulla condizione femminile, imposta da un credo che fa pensare alla donna come un essere impuro e da una
società che la ritiene inferiore. “Cogito ergo sum”. Il pretesto dei teli oltre a concretizzarsi in un progetto culturale, in
questa esposizione e in quelle a venire, ha dato dunque vita a 16 opere che condensano azioni, pensieri e atteggiamenti
di altrettanti artisti molto diversi nel loro segno, rendendoli disponibili per gli osservatori più attenti, ad esperienze,
suggestioni e modi di vedere il mondo (reale e non), che hanno la forza di emozionare e di far continuare a guardare
oltre per una società migliore. L’inserimento di alcune citazioni di personaggi noti e passati alla storia hanno reso più
“peccaminosa” la pubblicazione, rendendo ad un più attento lettore una facile e forse più divertente comprensione di
quello che si è voluto fare. L’arte anche nelle sue forme più sofferte è infatti a mio avviso gioia, divertimento,
provocazione e sostanzialmente cultura, quello di cui una società non può fare a meno. Questo è tanto ed è quello di cui
sono convinto.
Willy Darko
Catalogo in galleria
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