tecnologia e natura

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TECNOLOGIA E NATURA
Gli insegnamenti del mondo naturale per il progetto dell’architettura bioclimatica
Fabrizio Tucci
INDICE
Introduzione. Architettura e Natura nel progetto dell’Ambiente costruito
di Salvatore Dierna
Prefazione. La centralità del rapporto Uomo - Tecnologia - Natura nella progettazione
contemporanea
di Fabrizio Tucci
PARTE I - GLI INSEGNAMENTI DELLA NATURA: EFFICACIA ED EFFICIENZA DEL
COMPORTAMENTO BIOCLIMATICO NELLE ARCHITETTURE NATURALI
1. Imparare dalla Natura: una riflessione sulla visione ecosistemica dell’architettura della
vita
1.1. Significato e ruolo della visione ecosistemica della vita
1.2. Princìpi del modello ecosistemico di organizzazione delle realtà naturali
1.3. Concetto di autopoiesi negli ecosistemi in Natura
2. Alcuni insegnamenti dalle architetture del mondo animale
2.1. L’involucro come elemento - filtro per ventilazione e raffrescamento naturali
2.2. Illuminazione naturale, opacità e trasparenze
2.3. Isolamento termico naturale
3. L’adattamento climatico nelle architetture del mondo vegetale
3.1. La foglia, un capolavoro di bioclimatica
3.2. L’interazione adattiva tramite evaporazione e traspirazione
3.3. L’adattamento alle condizioni luminose
3.4. L’adattamento alle condizioni termiche
3.5. Un caso particolare nella microdimensione: il ruolo - filtro della membrana plasmatica nella
cellula vegetale
4. L’adattività termica dell’uomo attraverso l’involucro continuo dell’epidermide
4.1. Controllo metabolico e processo omeostatico dell’epidermide
4.2. La pelle dell’Uomo, interfaccia naturale tra microambiente interno del corpo e macroambiente
esterno dei fattori climatici
4.3. L’interfaccia artificiale: le interazioni attraverso l’involucro
PARTE II - STRATEGIE ED ELEMENTI DAGLI INSEGNAMENTI DELLA NATURA
ARCHITETTURE ANIMALI E VEGETALI COME PARADIGMA PRESTAZIONALE PER LA
PROGETTAZIONE AMBIENTALE
5. Caratteri e prestazioni degli organismi animali e vegetali come guida strategica per la
progettazione ambientale
5.1. Quadro dei prevalenti comportamenti bioclimatici negli organismi animali e vegetali
5.1.1. Adattamenti morfologici (fattore forma)
5.1.2. Adattamenti fisiologici (fattore membrane)
5.1.3. Adattamenti bioclimatici/comportamentali (fattore flussi materiali e immateriali)
5.2. Ottimizzazione del comportamento bioclimatico negli organismi animali
5.2.1. Adattamenti attraverso il “fattore forma”
5.2.2. Adattamenti attraverso il “fattore membrane”
5.2.3. Adattamenti attraverso il “fattore flussi materiali e immateriali”
5.3. Ottimizzazione del comportamento bioclimatico negli organismi vegetali
5.3.1. Adattamenti attraverso il “fattore forma”
5.3.2. Adattamenti attraverso il “fattore membrane”
5.3.3. Adattamenti attraverso il “fattore flussi materiali e immateriali”
6. Caratteri e prestazioni delle costruzioni animali come guida strategica per la
progettazione ambientale
6.1. Caratteri del comportamento bioclimatico nelle costruzioni animali
6.1.1. Ruolo della dimora per gli esseri viventi
6.1.2. Proprietà delle costruzioni animali
6.1.3. Specie costruttrici
6.1.4. Animali architetti
6.2. Ottimizzazione del comportamento bioclimatico delle costruzioni animali attraverso il “fattore
forma”
6.2.1. Relazione tra i caratteri di soleggiamento ed il “fattore forma”
6.2.2. Relazione tra i caratteri di ventilazione e umidità ed il “fattore forma”
6.2.3. Relazione tra i caratteri biofisici: suolo, acqua e vegetazione ed il “fattore forma”
6.3. Ottimizzazione del comportamento bioclimatico delle costruzioni animali attraverso il “fattore
membrane”
6.3.1. Relazione tra i caratteri di soleggiamento ed il “fattore membrane”
6.3.2. Relazione tra i caratteri di ventilazione e umidità ed il “fattore membrane”
6.3.3. Relazione tra i caratteri biofisici: suolo, acqua e vegetazione ed il “fattore membrane”
6.4. Ottimizzazione del comportamento bioclimatico delle costruzioni animali attraverso il “fattore
flussi materiali e immateriali”
6.4.1. Relazione tra i caratteri di soleggiamento ed il “fattore flussi”
6.2.2. Relazione tra i caratteri di ventilazione e umidità ed il “fattore flussi”
6.2.3. Relazione tra i caratteri biofisici: suolo, acqua e vegetazione ed il “fattore flussi materiali e
immateriali”
7. Dal “decalogo” dei requisiti prestazionali in Natura ad un quadro di strategie per la progettazione
ambientale
7.1. Confronto tra le soluzioni del mondo naturale e quelle tecno-morfologiche del mondo artificiale
7.1.1. Confronto tra il mondo naturale e artificiale dal punto di vista formale
7.1.2. Confronto tra il mondo naturale e quello artificiale dal punto di vista
involucri)
tecnologico (gli
7.1.3. Confronto tra il mondo naturale e quello artificiale dal punto di vista gestionale (controllo dei
flussi materiali e immateriali)
7.2. Confronto tra le soluzioni delle caratteristiche intrinseche delle costruzioni del mondo naturale
ed artificiale
PARTE III - IL TRASFERIMENTO DEGLI INSEGNAMENTI DELLA NATURA: 46 CASI DI
STUDIO
8. La sperimentazione sul trasferimento degli insegnamenti della Natura dagli organismi
animali e vegetali
Sistemi di controllo del “fattore forma”
8.1. Igloo, abitazioni tradizionali degli eschimesi, Polo Nord
8.2. Abitazioni tradizionali dei pellerossa della Mesa Verde, Stati Uniti
8.3. Abitazioni tradizionali ipogee, Tungwan, Cina
8.4. Abitazioni tradizionali ad impianto circolare, Cina
8.5. Centro culturale J. M. Tjibaon, Noumea, Nuova Caledonia, R. Piano
8.6. Borsa valori Ludwig Erhard Haus, Berlino, N. Grimshaw & Partners
8.7. Sala di lettura Anna Franck, Parigi, P. Guerin, H. Pedroza
8.8. Il parco del mare, Riccione, G. Lorenzon & P. Busby associates architects
8.9. Museo di arte moderna “Lentos”, Linz, Weber & Hofer
8.10. Risanamento industriale, Monaco di Baviera, Herzog + Partner, T. Herzog
8.11. The Western Morning News, Plymouth, N. Grimshaw & Partners
Sistemi di controllo del “fattore membrane”
8.12. Abitazioni temporanee dei Tuareg, Nigeria
8.13. Casa tradizionale Trullo, Puglia
8.14. Case con tetti a spioventi in vetro, Europa settentrionale
8.15. Centro di formazione giovanile, Windberg, Herzog + Partner, T.Herzog
8.16. Edificio per uffici, Amburgo, H. Leon, K. Wohlhage
8.17. Edificio per uffici, Hannover, Herzog + Partner, T. Herzog
8.18. Teatro e sala da concerto, Nagaoka, T. Ito
8.19. Padiglione espositivo, Hannover, Herzog + Partner, T. Herzog
Sistemi di controllo del “fattore flussi materiali e immateriali”
8.20. Costruzioni montane, Val d’Aosta
8.21. Casa tradizionale con torre del vento, Iraq
8.22. Kasbah, Draa Valley, Marocco
8.23. Centro sociale giovanile, Moeglingen, BüroPlus, P. Hübner
8.24. Progetti per l’esposizione di Siviglia, N. Grimshaw & Partners
8.25. Laboratori Isomer, Nantes, J. Ferrier
8.26. Progetto di torre bionica, Hong Kong, J. Pioz, E. Celaya, M.R. Cervara
9. La sperimentazione sul trasferimento degli insegnamenti della Natura dalle costruzioni
animali
Sistemi di controllo del “fattore forma”
9.1. Abitazioni tradizionali sotterranee, Cappadocia, Turchia
9.2. Abitazioni tradizionali degli indiani Anasazi, Colorado
9.3. Abitazioni tradizionali della tribù Batak, Sumatra, Indonesia
9.4. City Hall, Londra, N. Foster & Partners
9.5. Orangerie, Praga, Jirickna & Webster
9.6. Spacelab Kunsthaus, Graz, Austria, P. Cook & C. Fournier
9.7. Ambasciata tedesca, Helsinki, J. Leiviska
9.8. Padiglione del Kuwait, Siviglia, S. Calatrava
9.9. Ampliamento del Reichstag, Berlino, N. Foster & Partners
Sistemi di controllo del “fattore membrane”
9.10. Architetture in terra cruda, Egitto, Hassan Fathy
9.11. Abitazioni tradizionali in creta, Tribù dei Mousgum, Chad
9.12. Abitazioni tradizionali con pannelli di carta, Giappone
9.13. Palestra comunale, Hoppenheim, BüroPlus, P. Hübner
Sistemi di controllo del “fattore flussi materiali e immateriali”
9.14. Villa La Rotonda, Vicenza, A. Palladio
9.15. Edifici tradizionali in legno, Europa settentrionale
9.16. Edifici tradizionali con camini di ventilazione, Iran
9.17. Centro nazionale per lo spazio, Leicester, N. Grimshaw & Partners
9.18. Casa vinicola, California, Herzog & De Meuron
9.19. Edificio per uffici, Recanati, M. Cucinella
9.20. Casa unifamiliare, Emilia Romagna, S. Signorini
APPARATI DI SUPPORTO
REFERENCES
Riferimenti bibliografici
Fonti delle illustrazioni
Abstract
Il testo Tecnologia e Natura di Fabrizio Tucci si inserisce nell'ambito del profondo ripensamento
critico operato durante gli ultimi decenni dalla cultura scientifica, che sta rimodellando princìpi,
processi e metodi di interpretazione e progettazione dei fenomeni antropici in rapporto ad una
visione ecosistemica della realtà che vede il complesso di regole, di comportamenti e di interazioni
che caratterizzano la vita dei sistemi naturali e delle straordinarie "architetture" animali e vegetali
oggetto di grande attenzione per un loro trasferimento in chiave prestazionale nelle architetture
artificiali umane.
Si è finalmente constatato ed acquisito che tanto la Natura e il paesaggio naturale, quanto
l'Architettura e l'ambiente urbano e costruito non possono essere i contenitori di qualsiasi
intervento di trasformazione, ma l'entità attiva che trasmette il valore delle proprie qualità peculiari;
si è inoltre acquisita la consapevolezza che tale processo di ripensamento non ha mai cessato di
esprimere né una domanda di equilibrio né un'offerta di indirizzi appropriati e di vocazioni capaci di
orientare - o ri-orientare - l'organizzazione in chiave ecocompatibile ed ecosistemica delle
comunità e delle architetture che le caratterizzano fisicamente e culturalmente, soprattutto laddove
questa consapevolezza si è dimostrata (o sta cominciando a dimostrarsi) capace di orientare il
flusso di indirizzi e di vocazioni nella direzione che sempre più spiccatamente va dalla Natura in
quanto "Baumeister", maestra, all'Architettura in quanto oggetto di tale trasferimento sperimentale
ed innovativo.
Si è fatto molto in questi ultimi anni sul piano teorico-logico, ma molto c'è ancora da fare su quello
delle implicazioni metodologiche e dei risvolti sperimentali ed applicativi, sia in relazione al
ripensamento dell'approccio progettuale nel suo complesso, sia in rapporto alla riconsiderazione
del ruolo dei sistemi tecnologici e costruttivi dell'architettura che di tale approccio costituiscono
l'essenza operativa, e proprio in questo senso gli studi e le ricerche restituiti da Tucci in questo
volume possono rappresentare un significativo contributo nell'ottica di una concreta applicabilità
dei metodi e dei princìpi in gioco.
In effetti la vera sfida oggi non è più solo quella di far accettare il principio che "non è più
accettabile e sostenibile consumare territorio, ambiente e risorse materiali e immateriali attraverso
la produzione edilizia" ma di riuscire concretamente, e con la massima efficacia possibile, a
"produrre qualità bioclimatica ed efficienza energetica attraverso il progetto di architettura
ambientalmente consapevole", intervenire attivamente non tanto e non solo per proteggere e
tutelare (che rischia spesso di creare situazioni di immobilismo, e quindi non risolutive dei
problemi), ma per assegnare valore aggiunto tramite nuovi interventi di artificializzazione, capaci
però di trarre linfa vitale dagli insegnamenti della Natura e di restituire il dovuto e necessario
dialogo, dimenticato per decenni, con i suoi elementi costitutivi.
Ed in questo scenario logico i nuovi concetti di "paesaggio attivo" e di "Natura come Baumeister"
assumono come veicolo per la propria trasformazione il progetto ecosistemico, progetto non più
sostenuto da pretese etiche trascendentali, né più ideologia coagulata in atti prescrittivi, ma l'attore
che riconosce i ritmi e le dinamiche dell'ambiente naturale e degli organismi biologici in esso
presenti, interpretandoli senza coartarli, che assume come regola e principio comportamentale
immanenti criteri di decisione.
Per il progetto ambientale, che elegge come fondamento materiale per la propria proposta la
dotazione naturale dei luoghi, si tratta di porre mano ad un'azione radicale e di grande
complessità, azione politica non meno che tecnica, che deve agire su diversi registri temporali e
confrontarsi con una grande articolazione dimensionale, metodologica, tecnica degli interventi.
L'obiettivo di fondo è quello di procedere nel tempo, attraverso un succedersi di azioni volontarie
coordinate, di livello e natura diversi, alla conversione di un modo di progettare, che inverta
decisamente il trend della produzione di architettura distruttiva dal punto di vista ambientale ed
inefficiente dal punto di vista ecologico ed energetico, e reintegri alla città e all'architettura su basi
scientifiche avanzate uno scenario di realizzazioni fortemente improntate all'implementazione degli
insegnamenti della Natura, di forte consistenza quantitativa, di alti attributi qualitativi, assai
differenziato nelle tipologie e tale da rendere preminente, nella percezione del fatto urbano e nella
programmazione pianificata dei suoi usi e delle sue caratterizzazioni spaziali, architettoniche e
tecnologiche, la strategia della reintegrazione edificio-natura.
Si configura per questa via una nuova concezione del paesaggio urbano ecoefficiente e
dell'architettura ecosistemica naturale, per la quale le componenti immateriali come vento, luce e
calore solare, i materiali naturali, gli elementi naturali di terra e di acqua, si fanno architettura
performante, si pongono come contrappunto all'architettura a basse prestazioni energeticoambientali, incorporano nell'edilizia i princìpi della bioclimatica passiva, mediano le relazioni tra
spazi edificati e spazi intermedi ed esterni, proiettano verso la città le prerogative dell'intorno
bioecologico e orientano e dirigono le future trasformazioni ecocompatibili del tessuto urbano.
Si tratta di costituire nel tempo un'intelaiatura continua, la griglia non geometrica ma organica che
descrive con chiarezza la città e l'architettura e qualifica i loro spazi, l'elemento regolatore che non
è modellato dalle leggi artificiali della produzione ma scandito per quanto possibile da quelle
sostanziali della riproduzione autopoietica tipica della Natura.
Il complesso materiale ed immateriale costituito dalle componenti naturali è perciò il sistema di
ordine superiore che non ha una forma ma un succedersi di forme, che non ha una tecnologia ma
un sistema sinergico ed interrelato di tecnologie, e che non propone una cultura univoca, perché si
apre alla narrazione di tutte le espressioni vitali, naturali e umane. Le morfologie che può
dispiegare descrivono una gamma amplissima, che disimpegna strutture architettoniche fondate su
comportamenti bioecologici e bioclimatici e progettate per usi non incongrui, come dimostrano i
quasi 50 casi di studio presentati da Fabrizio Tucci nella parte finale del libro.
Tutto questo può essere solo il risultato di un lungo processo, e deve essere assunto come
modello tendenziale al quale commisurare tipi e contenuti degli interventi di collocazione
intermedia. Questi non sono in contraddizione col carattere di massa preteso nel suo insieme
dall'idea della nuova integrazione della Natura con l'Architettura, ma anzi devono costituirne le
premesse, devono farsene cellule costitutive.
La lenta costruzione di questa nuova architettura non impone infatti riferimenti scalari definiti
univocamente. Essa non si misura con una perimetrazione dimensionale preordinata che nella
maggior parte dei casi confliggerebbe con la necessaria circolarità dei processi ecologici, ma
definisce di volta in volta il confine dell'intervento come demarcazione dei segni e dei significati
omogenei di un contesto, come la soglia di cambiamento di una nicchia ambientale connotata
attraverso la natura e la cultura umana del luogo. Piuttosto che scalare, il requisito richiesto
all'oggetto progettuale è quello della duttilità, che risiede nella sua riconducibilità ai principi della
riconversione.
A livello di ecoefficienza urbana, queste caratteristiche, secondo William J. Mitchell1, informeranno
le città rinaturalizzate: nel suo libro E-topia. Urban life, Jim - but not as we know it, infatti,
l'architetto americano conia le cinque invarianti delle "e-topie", città verdi e snelle che funzionano
con sempre maggiore intelligenza anziché maggiori sforzi, e le sintetizza in:
1. Dematerializzazione; 2. Smobilitazione; 3. Personalizzazione di massa; 4. Funzionamento
intelligente 5. Trasformazione morbida.
Per tutto questo, nelle applicazioni concrete a livello urbano divengono preziosi supporti quegli
spazi-ambiente che nella dinamica della crescita architettonica e urbana sono rimasti al margine e
si sono caratterizzati come pause territoriali, come coni d'ombra nell'avanzare tumultuoso dello
spazio edificato. Aree interstiziali e frammentate, incompiute, lasciate al degrado, non suscettibili di
integrazione nel circuito formale degli usi urbani; aree che ora diventano elementi di un subsistema intermedio da proporre come articolazione strategica per la riconversione dell'edilizia
nell'ottica dell'architettura bioecologica e della città nell'ottica dell'ecosistema urbano. Più
propriamente, si tratta dei non luoghi insinuati nel continuum delle periferie, gli entroterra delle
grandi infrastrutture, gli sterrati e i rilievi inedificati, le pause semirurali nei processi di conurbazione
esterna, le risalite verso il corpo edificato di insinuanti correnti vegetazionali. Aree del vuoto
formale, rimaste ibernate in una condizione né interamente antropica né propriamente naturale;
realtà territoriali che, proprio in quanto dimenticate e risparmiate, si fanno protagoniste di una
autodefinizione
straordinariamente
suggestiva
come
entità
progettuali,
presenze
straordinariamente adatte al riuso ecoattivo e custodi preziose di una prima risposta organica,
anche se non certo esaustiva, alla dirompente domanda di qualità ambientale e di
implementazione dei princìpi presenti in Natura.
Ciò induce ad una drastica revisione dei metodi con cui leggiamo l'Architettura e il modo di
progettarla e caratterizzarla tecnologicamente.
E' infatti a questo punto necessario porsi una domanda, che lancia tale operazione di revisione:
quali saranno le prerogative intrinseche del nuovo progetto ambientale in termini di soluzioni
tecnologiche, forme architettoniche e configurazioni urbane, se esso vuole essere davvero l'entità
che coordina la crescita in senso ecosistemico e che misura le grandezze costitutive
dell'architettura bioecologica e della città ecoefficiente?
Con una forte schematizzazione si può individuare un vettore principale sul quale la progettazione
bioecologica ed ecosistemica è in grado di orientare le proprie prerogative e per il quale assicura
un salto di qualità della dotazione dell'ambiente costruito: quello che punta tutta la sua auspicata
efficacia nell'assicurare all'architettura progettata, nuova o riqualificata, forti e fondamentali
elementi di riequilibrio bioclimatico ed ecoefficiente da far valere come corroborante della stessa
qualità architettonica e urbana nel suo complesso.
Un vettore che peraltro si presenta oggi come il sostanziale ma più difficile attributo del progetto
ambientale dell'edificio e della città, perché quello che più direttamente deve risponde al bisogno di
un intervento strutturante massiccio, tale da ribaltare nel tempo la logica della costituzione
architettonica (e artificiale in genere) come primato assoluto dell'anti-Natura.
E' propriamente a questa prerogativa strutturale che deve essere assegnato il ruolo di intelaiatura
portante nella logica della nuova dotazione di qualità tecnologica e ambientale, e sarà dunque
questa la presenza capace di integrare, triangolare, dirigere e organizzare l'architettura che vorrà
dimostrarsi sensibile agli insegnamenti della Natura.
Se i criteri dell'ottica funzionalista demandavano il ruolo ordinatore alla distribuzione funzionale
delle attività entro aree e spazi precipui, stabilendone per via prescrittiva quantità e caratteristiche,
e se assegnavano al progetto della naturalità il ruolo di epitelio connettivo, vedendolo come
complemento e completamento tra gli apparati funzionali edificati, ora i termini gerarchici devono
essere ribaltati. La Natura ha un potenziale valore strutturante e paradigmatico non solo perché
può conferire all'architettura un'intrinseca forza di sostanza, consistenza e incontaminazione, ma
anche perché essa è fondamentalmente dotata di facoltà - per così dire - "estroverse" nei confronti
dell'Ambiente costruito, perché sarà l'elemento direttore dell'evoluzione dell'abitare attorno al quale
e compatibilmente con il quale le funzioni e le attività dell'uomo organizzeranno le proprie
trasformazioni più in armonia e sintonia con i princìpi che regolano i processi di evoluzione e
trasformazione della Natura.
Questo processo di nuova costituzione degli aspetti ecosostenibili e naturalizzanti dell'abitare,
disegno di grande respiro, se è accettato e condiviso nei suoi obiettivi ultimi (rigenerare i valori
ecologici e ambientali dell'architettura e delle sue soluzioni tecnologico-costruttive reagendo a
decenni di dissipazione e di inefficienza sconsiderate), per la pratica attuazione deve superare
ostacoli formidabili.
Prima di tutto è evidente infatti che i costi che si dovranno affrontare in ogni passaggio della
costituzione del patrimonio "di cultura sostenibile" saranno altissimi. Altissimi costi economici - non
tanto imputabili al maggior costo in sé che implicitamente richiede il nuovo modo di progettare e
realizzare architettura ecosostenibile quanto piuttosto al processo complessivo di conversione del
patrimonio e della realtà esistente - ma anche altissimi costi politici, perché i conflitti sul terreno
dell'affermazione della domanda comune di dialogo con gli aspetti naturali e di implementazione
dei fattori ambientali saranno inevitabili.
Un secondo complesso di problemi che si profila nel tradurre in progetto l'idea della nuova
Architettura in stretto interfaccia con la Natura, anzi di questa discepola, è di ordine metodologico e
tecnico.
Esso attiene alla pluralità delle implicazioni scientifiche che vengono messe in gioco dalle grandi
valenze di riconversione ecologica, bioclimatica ed ecosostenibile richieste al progetto.
Attraverso questa nuova e consapevole assunzione di responsabilità scientifica, il progetto
ambientale si pone a banco di prova e misura per tutte le gamme e i settori di intervento del
controllo degli spazi che, ciascuno per la propria specificità, dovranno imparare a commisurare
aspirazioni, metodi, strumenti, verifiche ed esercizio poetico in funzione dei ritmi suggeriti dalla
Natura in senso globale e dal carattere vivo dei luoghi e degli elementi climatici e biofisici in senso
locale, rinunciando alle antiche ortodossie delle omologazioni a priori.
Il testo di Fabrizio Tucci dimostra quanto nel vivo del progetto ambientale i saperi scientifici e le
tecniche di intervento della biologia, dell'ecologia, dell'agronomia, dell'ingegneria ambientale, della
botanica, stanno tentando di convergere, cessando di essere discipline separate ed ausiliarie da
cui desumere quantità e tipi, ma piuttosto - fin dal principio - elementi costitutivi ed integrati del
progetto: la concezione fisionomica per la quale il naturalista osserva le dotazioni come gruppi di
singoli individui, la concezione ecologica che considera nel loro insieme le comunità naturali, la
concezione dell'architetto che percepisce gli aspetti naturalizzati del progetto in termini non solo
estetici ma anche e soprattutto tecnologici, morfologici e prestazionali, stanno tendendo a
comporsi in un organico approccio strutturale, e in quell'ambito stanno elaborando una specifica
base sistemica, che opererà misurando scelte e verifiche in funzione di una dimensione temporale
dilatata, quella che regola il procedere delle trasformazioni naturali secondo ritmi assolutamente
irriducibili alle cadenze accelerate delle trasformazioni della realtà manufatta.
Questa riflessione generale - nell'ambito della quale il volume di Fabrizio Tucci apporta un
significativo contributo nel chiarire i presupposti metodologici e nel mostrare i possibili risvolti
applicativi - nel momento in cui coinvolge il senso stesso da dare alla tecnologia, all'architettura,
alla città, al territorio, all'idea di paesaggio antropizzato, sta già mettendo in discussione basi
disciplinari consolidate e connessioni intersettoriali collaudate, delineando non solo processi ma
anche competenze e figure professionali e di ricerca del tutto nuovi.
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