Notenstein La Roche – La bussola, settembre 2016 Decisione sulla

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Notenstein La Roche – La bussola, settembre 2016 Decisione sulla
Notenstein La Roche – La bussola, settembre 2016
La bussola
Decisione sulla Brexit, interrogativi sulla stabilità nel settore finanziario europeo, tentativo di
colpo di Stato in Turchia e critiche alla politica
monetaria ultraccomodante – i mercati hanno
vissuto mesi davvero intensi e movimentati. A
dispetto dei disagi e delle ingiustizie, l’esordio
delle classi di attivi ad alto profilo di rischio nel
secondo semestre è stato a sorpresa positivo.
Un’opportunità quindi per approfittare anche
in futuro del momentum favorevole sui mercati? Rimaniamo cautamente ottimisti.
Nell’ottica semplificata dei volani fondamentali dei mercati, gli
investimenti ad alta rischiosità godono tuttora di un buon sostegno. Sebbene siano di nuovo rincarati per effetto delle progressioni di corso, rispetto ad altre classi di attivi rimangono di
fatto una delle poche opzioni che fruttano un rendimento. Anche la poco inebriante congiuntura, seppur relativamente robusta, nelle principali regioni economiche, la stagione degli utili conforme alle aspettative come pure la politica monetaria
tuttora molto accomodante delle banche centrali alimentano
la propensione al rischio degli operatori di mercato.
Eppure, stanti i vari focolai di rischio l’attuale noncuranza,
se non spensieratezza, ci sembra pericolosa. È difficile nutrire
una fiducia incondizionata in una prosecuzione significativa
della ripresa dei mercati azionari. Le elezioni presidenziali negli
USA ad esempio hanno il potenziale di influenzare ancora più
profondamente i mercati nelle prossime settimane. Raramente
in passato la dissonanza dei candidati è stata così ampia e al
tempo stesso così basso il loro consenso tra gli elettori – Hillary
Clinton è calcolatrice, tenace e ambiziosa, Donald Trump istintivo e imprevedibile. Nella campagna elettorale le priorità economiche hanno ricoperto a lungo un ruolo piuttosto marginale.
Questo aspetto può cambiare con la concretizzazione dei
programmi economici. Mentre Hillary Clinton vorrebbe propiziare una ripartizione dall’alto verso il basso con aliquote fiscali
superiori per le fasce più alte di reddito, Trump punta a una rivoluzione fiscale finanziata con il ricorso al credito, che privilegerebbe appunto i ricchi. Per Trump, le disposizioni di legge
sono in genere un’autentica spina nel fianco, tant’è vero che sta
propagandando una massiccia riduzione delle regole, ad esempio l’esenzione delle aziende energetiche dalle normative di tutela ambientale. Viceversa, la Clinton punta – almeno nel settore finanziario e sanitario – su ulteriori disposizioni. Una certa
convergenza è ravvisabile nello scetticismo comune verso gli
scambi commerciali internazionali. Ad ogni modo Trump gioca
anche su questo fronte la carta più radicale e minaccia la denuncia di accordi di libero scambio nonché l’introduzione di
sanzioni doganali. La campagna elettorale è quindi seguita con
trepidazione in particolare dagli investitori con esposizioni verso aziende del settore sanitario, finanziario ed energetico.
Oggi è difficile prevedere se sarà Clinton o Trump a mettere a punto condizioni quadro migliori per i mercati. Sia come
sia, appare chiaro che con la sua impulsiva imprevedibilità
Trump è il principale fattore d’incertezza. E di regola i mercati
scontano negativamente l’incertezza. Se la Brexit ha messo di
nuovo in luce qualcosa, questa è la necessità di pensare per scenari e di anticipare l’imprevisto – anche un Presidente Trump
non è da escludere. A dispetto dei fondamentali sostanzialmente positivi, muovendo da questa riflessione e sullo sfondo di altri fattori di rischio, come la difficile stagione in avvicinamento,
le basse volatilità sui mercati come pure il sentiment in parte
surriscaldato, manteniamo neutrale la quota azionaria.
Fabian Dori
Chief Investment Officer
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r. Silvan Schriber
D
Sostituto del responsabile del
Comitato d’investimento
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Dollaro USA: la tendenza rialzista perde ampiezza
Mentre le elezioni presidenziali negli Stati Uniti stanno lentamente giungendo in dirittura di arrivo e nelle settimane a
venire dovrebbero riprendere un energico slancio, il ritmo
dell’economia statunitense rimane moderato, prova ne è che
nel secondo trimestre la crescita è stata solo dell’1,2 per cento e ha ampiamente disatteso le stime degli analisti. Sebbene
gli indicatori congiunturali più recenti lascino intravedere
una lieve accelerazione della crescita, neppure nel secondo
semestre è da prevedere qualcosa di più di un «due» prima
della virgola. Da un lato, questo percorso di espansione solo
medio lascia tuttora alla Fed un ampio margine di manovra
nella politica monetaria, dall’altro alimenta sui mercati finanziari un’altalena continua delle aspettative sui tassi.
Ma in ultima analisi c’è soprattutto un punto da osservare:
il prossimo rialzo dei tassi si procrastina sempre più. Al momento riteniamo ancora possibile un intervento rialzista a dicembre, ma questa «previsione» è avvolta più del solito nelle
brume dell’incertezza. Ad ogni buon conto il ciclo di rialzo
rallenterà ancora e il percorso dei tassi si appiattirà più di
quanto si sarebbe potuto ipotizzare un anno fa. Il biglietto
verde rispecchia questo andamento: da circa 18 mesi l’indice
del dollaro non riesce a uscire dalla spirale in cui è avvinto e
tende a muoversi lateralmente in un’ampia fascia di negoziazione. A dispetto delle puntuali misure di allentamento varate
dalla Bank of Japan, lo yen giapponese è riuscito ad apprezzarsi pesantemente contro il dollaro, mentre euro e franco
svizzero hanno almeno mostrato stabilità. Ultimamente il biglietto verde si è rivalutato ancora solo nei confronti di singole monete, come la sterlina britannica.
Negli scorsi anni sono state in particolare le aspettative di
un aumento dei differenziali dei tassi a favorire il trend rialzista del dollaro USA. Ma poiché il prossimo aumento dei tassi
Altalena del dollaro USA
Probabile una fascia di negoziazione duratura
Indice del dollaro USA
110
100
90
80
70
2007
Indice DXY
2009
2011
2013
2015
figura in una lista d’attesa apparentemente infinita, è verosimile che anche in futuro queste speranze si realizzeranno solo
in misura insufficiente. Ad ogni modo, senza un vantaggio più
significativo in termini di tasso d’interesse il dollaro è poco attraente. I punti deboli comunque anche presenti della moneta,
come il forte disavanzo della bilancia delle partite correnti
USA, stanno invece riacquistando importanza. Riepilogando,
molti fattori suggeriscono una persistente tendenza all’appiattimento del biglietto verde rispetto all’euro e al franco, per cui
nella nostra tattica d’investimento abbiamo posizionato su
neutrale la nostra valutazione del dollaro USA.
Paesi emergenti: il ritorno dei capitali
La prospettiva di tassi assai bassi ancora per lungo tempo negli Stati Uniti ha avuto l’effetto di un’azione liberatoria sugli
investimenti nei paesi di nuova industrializzazione. Negli ultimi mesi le obbligazioni dei paesi emergenti, alle quali gli investitori avevano voltato le spalle per molto tempo, hanno evidenziato massicci afflussi di capitali, scatenando un autentico
panico da acquisto: nel solo mese di luglio in questa classe di
attivi sono confluiti circa 13,6 miliardi di dollari USA, un nuovo record. La propensione al rischio degli investitori è stata
premiata da un andamento esuberante dei corsi: con una performance di oltre il 15 per cento sfoggiata dall’inizio dell’anno, le obbligazioni dei paesi emergenti hanno lasciato al palo
pressoché tutte le altre categorie di asset. Ma quali saranno gli
sviluppi futuri?
La rinascita dei paesi emergenti non è frutto della sola retorica morbida della banca centrale statunitense. Le schiarite
si stanno moltiplicando anche nei fondamentali dei paesi
prossimi a varcare la soglia dell’industrializzazione. Dopo che
negli scorsi trimestri le previsioni di crescita sono state costantemente ritoccate al ribasso, recentemente si ravvisa da molte
parti una netta stabilizzazione delle prospettive congiunturali.
In casi isolati, le aspettative di crescita vengono persino riviste
al rialzo. Per la prima volta dal febbraio 2015, a luglio l’indice
dei responsabili degli acquisti per i paesi emergenti è nuovamente salito a 50 punti. Sebbene i problemi strutturali di lungo periodo, come ad esempio l’indebitamento in forte crescita
delle famiglie in alcuni paesi permangano, persino da uno dei
paesi più problematici – il Brasile – giungono nel frattempo
notizie di nuovo più confortanti: la prospettiva di una svolta
politica duratura migliora il sentiment delle imprese e la moneta debole traina il settore industriale.
Nell’insieme esistono argomenti sufficienti per guardare,
nella prospettiva della tattica d’investimento, con occhio
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meno critico ai paesi emergenti, e non solo riguardo alle obbligazioni, bensì anche alle azioni, che dall’inizio dell’anno
sono riuscite a mettere a segno notevoli progressioni, tenendo decisamente a distanza i mercati azionari dei paesi industrializzati. Dopo un andamento da tempo debole dei corsi,
le azioni dei paesi emergenti mantengono una valutazione
vantaggiosa anche dopo la recente ripresa e rispetto ai paesi
industrializzati presentano uno scarto di valutazione di circa
il 20 per cento. Il potenziale per livelli ancora più alti dei
prezzi è quindi dato. Nella nostra politica d’investimento tattica teniamo in opportuna considerazione il contesto migliorato per gli investimenti nei paesi emergenti e innalziamo da
sottoponderata a neutrale l’esposizione sia in azioni che in
obbligazioni di questi paesi.
Il ritorno dei paesi emergenti
Chiara tendenza rialzista dall’inizio dell’anno
Indici azionari globali (in moneta locale), indicizzati
120
110
100
90
80
70
01/2016
03/2016
SMI
S&P 500
Paesi emergenti *
05/2016
07/2016
Eurostoxx 50
Nikkei
* MSCI Emerging Markets (USD)
Obbligazioni: fine del mercato toro?
Il mercato toro o rialzista durato ormai 35 anni nel segmento
obbligazionario ha portato i tassi nei paesi industrializzati a
minimi estremi. Considerata l’emergenza investimenti che ne
deriva, è presumibile che gli investitori proseguiranno la caccia al profitto in strumenti finanziari a più alto profilo di rischio, fermo restando tuttavia che i rendimenti attualmente
assai modesti sono vulnerabili a correzioni e potrebbero ora
trovarsi a un punto di svolta. Nelle ultime settimane i rendimenti dei titoli di Stato si sono già allontanati dai loro picchi
minimi annui. Mentre muovendo dal suo livello minimo
dell’1,35 per cento di inizio luglio il reddito dei Treasury decennali statunitensi è sensibilmente aumentato, anche i rendimenti delle obbligazioni benchmark tedesche e nipponiche
hanno lasciato il loro territorio negativo riavvicinandosi alla
linea zero. Anche nel prossimo futuro il percorso di minore
resistenza dei tassi dovrebbe muoversi in senso ascendente.
Da un lato, lo shock della Brexit è per il momento superato, per cui l’esigenza di copertura con titoli di Stato ritenuti sicuri si sta attenuando. Dall’altro, i dati macroeconomici delle
ultime settimane lasciano trasparire che le ricadute economiche della decisione di uscire dall’UE dovrebbero rimanere limitate fuori della Gran Bretagna e che le prospettive per la
crescita economica globale sono anzi persino leggermente migliorate, senza trascurare che la stabilizzazione dei prezzi delle
materie prime osservata negli scorsi mesi dovrebbe prossimamente riflettersi in tassi d’inflazione in rialzo e propiziare di
riflesso rendimenti più sostenuti. Nel frattempo le banche centrali stanno lentamente giungendo ai limiti delle loro risorse
di politica monetaria: all’inizio di agosto la Bank of England
non è riuscita a esaurire il volume previsto per gli acquisti di
titoli pubblici, in quanto sul mercato ne era disponibile una
quantità insufficiente. La Bank of Japan ha deluso a sua volta
alla fine di luglio, quando pur aumentando gli acquisti di ETF,
ha lasciato invariata la sua politica monetaria, con l’effetto
che nel giro di pochi giorni le obbligazioni nipponiche a lungo
termine hanno ceduto circa il 10 per cento del loro valore.
Nel prossimo futuro anche altre banche centrali potrebbero disattendere le aspettative di mercato e far lievitare le
volatilità sui mercati obbligazionari. Le esposizioni eccessive
di molti investitori in titoli di Stato ne accresce ulteriormente la vulnerabilità a correzioni. Un episodio analogo a quanto accaduto nella primavera 2015, quando i rendimenti delle
obbligazioni statali tedesche si impennarono energicamente
all’improvviso e senza apparente motivo, provocando un cedimento dei mercati obbligazionari, è uno scenario che non
si può escludere a priori.
Più giù non si scende
Crescente rischio di correzione per le obbligazioni
Rendimento dei titoli di Stato tedeschi decennali ed Euro Bund Future
5%
4%
160
3%
150
2%
140
1%
130
0%
120
–1%
2007
110
2009
2011
2013
Rendimento dei titoli di Stato tedeschi (scala sinistra)
Euro Bund Future (scala destra)
–3–
170
2015
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Sguardo
Emergenza investimenti – i prodotti a ottimizzazione del
rendimento come possibile alternativa?
Il contesto di tassi ai minimi getta sempre più nella disperazione gli investitori. All’inizio con un portafoglio obbligazionario in CHF riuscivano ancora a mettere a segno progressioni di corso, ma ad ogni anno in cui i tassi stazionano
su livelli bassissimi si riducono le posizioni obbligazionarie
con i rendimenti positivi di un antico passato.
Già le preoccupazioni sollevate dal reinvestimento gravano sulla mente degli investitori. Purtroppo non esiste un’alternativa che offra tutti i vantaggi delle obbligazioni senza essere
accompagnata da rischi aggiuntivi. Sebbene i prodotti a ottimizzazione del rendimento possano essere presi in considerazione come parziale succedaneo, spesse volte risentono di
pregiudizi. In particolare gli investitori avversi al rischio li
giudicano assai severamente per i loro costi, la complessità e
comunque in virtù delle esperienze negative maturate in
passato. Uno studio dello Swiss Finance Institute ha potuto
confutare questi pregiudizi: i prodotti strutturati non sono
più costosi dei fondi o degli ETF, che incontrano un grande
favore tra gli investitori. In media i costi oscillano tra lo 0,3 e
l’1,7 per cento e nelle modalità di strutturazione semplici e
trasparenti sono molto più convenienti delle strutture complesse. Resta il fatto delle esperienze negative: risalgono a
un tempo in cui i prodotti strutturati sprigionavano una sorta di aura magica. Non pochi investitori dovrebbero essere
rimasti sorpresi dal fatto che un Multi Barrier Reverse Convertible non è uno strumento d’investimento diversificato su
un paniere, ma che i rischi dipendono dal sottostante con la
performance più debole.
Gli investitori che tengono opportunamente conto di
queste conoscenze nelle decisioni future possono risultare
avvantaggiati, come illustrato dalle cifre seguenti: durante un
periodo di monitoraggio tra il 2012 e il 2014, l’80 per cento
dei prodotti è stato rimborsato con un rendimento positivo.
La crisi finanziaria ha delineato un quadro diverso. Nel periodo luglio/agosto 2011 sono state violate le barriere di circa il 45 per cento dei Barrier Reverse Convertible quotati in
borsa. Ma la responsabilità di queste violazioni è stata di un
paio di azioni. In rarissimi casi le barriere sono state infrante
da prodotti indicizzati. Questi prodotti hanno un carattere
spiccatamente difensivo, per cui sono meno interessati da
violazioni delle barriere. Una cedola modesta con contestuale barriera bassa su un indice di borsa noto può accrescere la
stabilità del portafoglio e rivelarsi una valida alternativa.
Sigla editoriale
Edizione Notenstein La Roche – La bussola, settembre 2016 Editore Notenstein La Roche Banca Privata SA, Bohl 17, casella postale, CH-9004 San Gallo, [email protected], www.notenstein-laroche.ch Redazione Oliver Hackel, responsabile Makro & TAA; Claudia Züger, Comunicazione aziendale Servizio lettori Feedback e ordinazioni per tutte le pubblicazioni vanno inoltrati al sito www.notenstein-laroche.ch/contatto o per posta. «La bussola» è pubblicata contestualmente
al «Dialogo», nel quale gli esperti di Notenstein La Roche discutono, a cadenza bimestrale, con una personalità del mondo economico o scientifico delle tendenze fondamentali in atto nell’economia e nella società. Il nostro istituto bancario pubblica inoltre la rivista d’informazione «Focus Asia». Avvertenza legale Le
presenti indicazioni hanno unicamente scopo informativo e, in particolare, non rappresentano un prospetto semplificato ai sensi dell’art. 5 cpv. 2 LICol. Per
informazioni potete anche chiamarci al numero +41 (0)71 242 53 53. ISSN 2297-6744
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