Niente potrà fermare l`uomo bionico

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Niente potrà fermare l`uomo bionico
AT T U A L I T À G R EG O R Y STO C K
Niente potrà
fermare
l’uomo bionico
Il grande genetista propone di impiantare due
nuovi cromosomi nell’uomo e prendere controllo
dell’evoluzione. Follia? «No, destino ineludibile»
D I ST E FA N O G U L M A N E L L I
iamo noi la nostra prossima frontiera», dice senza giri di parole Gregory Stock, direttore del Program on Medicine, Technology and Society all’Ucla School of Medicine. Dopo aver posato la propria attenzione su ciò che lo circonda – avendo cercato di prenderne almeno in parte il controllo – ora
l’uomo sposta il suo invadente spirito di conoscenza e
la sua tradizionale volontà di dominio verso se stesso.
Lo fa dotandosi di strumenti che gli consentano di interferire sulla sua stessa biologia. Fino a mettersi in
S
condizione di influenzare, se non determinare, la sua
stessa evoluzione, con sempre più affinate procedure
di manipolazione della linea germinale – ormai routine nei laboratori su animali e moscerini – e di manipolazione del Dna umano, oggi ancora teorica ma prevedibilmente sempre più possibile con l’incedere di
nuove e sofisticate tecniche di ingegneria del genoma.
Gregory Stock è fra i meglio attrezzati per comprendere non solo la tecnologia dietro a questa evoluzione ma anche i dilemmi di ordine sociale, etico e politico che con essa si aprono. È lui che, nel suo libro,
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Dilemma Gregory Stock è direttore del Program on Medicine, Technology
and Society all’Ucla School of Medicine. Ha appena pubblicato in Italia
Riprogettare gli esseri umani (Orme editore) dove propone l’impianto
di cromosomi artificiali. Sopra, elaborazione artistica del genoma umano
pubblicato in Italia da Orme Editore, Riprogettare gli esseri umani, l’impatto dell’ingegneria genetica sul destino biologico della nostra specie, afferma che «poiché è meglio
non rischiare interferendo con i cromosomi che Madre Natura ci dà, dovremmo dotarci di un paio di cromosomi artificiali (il 47°e il 48°) per forzare le opportune modifiche biologiche, ma attenuandone i rischi
e dando alle generazioni future l’opzione di “tornare
indietro”». Ed è a lui che abbiamo chiesto un aiuto per
orientarci nei meandri della futura possibile transizione genetica della razza umana.
Professor Stock, innanzitutto in che modo il «potenziamento genetico» uscirà dai laboratori per entrare nella società? Qualcuno ipotizza che le prime evidenze si avranno
in un contesto come quello militare, sempre in cerca di prestazioni superiori e segreto quanto basta da consentire cose almeno all’inizio poco accettabili dall’opinione pubblica…
«Non credo all’opzione militare perché lì la tendenza
è quella di rendere l’uomo quanto più possibile superfluo nell’operatività grazie all’uso massiccio della
robotica. Altri citano l’ambito sportivo; qui più che la
riprogrammazione genetica in sede di riproduzio- 3
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ne – che, è ovvio, dà risultati “differiti” – vedo più che
altro spazio per pratiche di doping, più o meno sofisticato, che restituiscono effetti immediati. Le pratiche di manipolazione genetica usciranno dai contesti
sperimentali attraverso il settore della cura dell’infertilità: poter alterare certi aspetti psico-fisici del nascituro si presenterà inizialmente come un possibile effetto collaterale di cui approfittare “già che dobbiamo
operare una selezione”. Poi si allargherà e si diffonderà fino a divenire pratica a sé stante».
Ci saranno forti reazioni negative…
«Queste tecniche susciteranno diffidenza. Alcuni Paesi ne sanciranno l’illegittimità, peraltro con il solo risultato di spostare la domanda verso quelli in cui i vincoli sono minori. Ma è questione di tempo e di tempi.
E se all’inizio sarà un fenomeno di nicchia (trainato
dagli esempi di ricchi e star del jet set), in seguito s’allargherà alla parte inferiore della piramide. Soprattutto per i casi in cui gli interventi manipolatori fossero finalizzati alla prevenzione di patologie a quel punto evitabili. Si creerà una pressione ineludibile affinché pratiche fino a quel punto alla portata dei soli abbienti divengano abbordabili per tutti. Al punto che
prima o poi verranno inglobate nel pacchetto che la
Sanità pubblica deve garantire».
La sua proposta dei «cromosomi ausiliari» ha dell’incredibile: Lei dice: «Inseriamo cromosomi artificiali con porzio-
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ni genetiche attivabili solo dopo la nascita, quando il soggetto è cosciente e consenziente. Con l’ulteriore vantaggio
di rendere il processo reversibile (spegnendo l’interruttore) e non trasmissibile alla discendenza». È davvero tutto
così fattibile e senza rischi? E quanto potrebbe volerci?
«Per quanto il “blocco” di un’espressione genica possa
sembrare fantascienza, l’attivazione e la disattivazione a comando di certi geni è già in sperimentazione
sugli animali. Ma soprattutto le nostre stesse cellule
hanno di per sé la capacità di chiudere intere sequenze di geni se imboccano un percorso evolutivo anziché
l’altro. Un esempio sono le più complesse fra le nostre
cellule nervose – quelle del Purkinje – che pur avendo
tutte gli stessi geni di base, finiscono per attivarli in
modo differenziato a seconda della loro destinazione.
Quanto al rischio, in questi casi non è tollerabile. Per
avere possibilità di successo la tecnologia deve essere
davvero senza rischi – o almeno senza effettive probabilità di conseguenze serie. Per questo un enorme sforzo viene e verrà fatto nelle prove in laboratorio con gli
animali: è su di loro che verranno fatti i primi veri interventi di riprogrammazione genetica. E saranno loro la nostra prima vera presa di contatto con esseri viventi riprogrammati. Sarà trovandoci dinanzi a topi
iper-potenziati o a “supercani” – vivi e vegeti – che
prenderemo concretamente coscienza del potenziale
di questa strada. Circa il quando, credo che si potrà iniziare a parlare di interventi praticabili sugli uomini intorno a metà del secolo».
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COME FUNZIONERANNO I NUOVI CROMOSOMI 47 E 48
Un nastro trasportatore delle future evoluzioni genetiche
Il cromosoma artificiale umano non è una novità
assoluta. È stato sperimentato per la prima volta
nel 1997 da John Harrington e Huntington Willard presso la Case Western Reserve University.
«È una base inerte costellata di siti di inserzione
indipendenti su cui si potrebbero inserire moduli
genetici e relative sequenze di controllo», dice
Stock, «come una piattaforma di carico su cui
vengono sistemate varie tipologie di merci perché
siano “trasportate” all’interno del genoma».
Nella pratica, il 47° e 48° cromosoma di cui
parla Stock verrebbero impiantati nella prima
cellula embrionale che viene formandosi durante la fertilizzazione, che ovviamente in questo
caso sarebbe in vitro. I moduli genetici da importare – pur rimanendo eventualmente inerti
fino a quando il ricevente, adulto, ne decidesse
l’attivazione – andrebbero determinati all’atto
della manipolazione, «per quanto in teoria non è
da escludere che possano riservarsi degli slot sul
cromosoma artificiale per un’eventuale successiva terapia genica».
Creare un supporto ad hoc per i moduli genici
da inserire – la cui funzione può essere la più disparata (dal miglioramento di certe caratteristiche psicofisiche alla prevenzione dell’insorgenza
del tumore) – ha, dice Stock, tre grandi vantaggi: «Evita di intervenire e interferire sulla dotazione genetica naturale, con il rischio di danni irreparabili, rende la modifica reversibile, ulteriore protezione da complicazioni impreviste» e
«non rende le modificazioni permanenti passandole alle generazioni successive», che peraltro
potrebbero così beneficiare delle versioni più
aggiornate dei moduli genici messi a disposizione dall’evoluzione della ricerca. ■
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E le implicazioni psicologiche per l’individuo «geneticamente manipolato»? Lei ricorda come a Louise Brown, prima bimba in provetta, pensatori come Rifkin predissero una
sorta di «mostruosità psicologica». Vede un percorso in
qualche modo simile per l’uso dei cromosomi artificiali?
«Prima sgomberiamo il campo dagli anatemi alla
Rifkin. Il refrain è: “Così violentiamo la razza umana”.
Una critica peraltro che implicitamente impone una
certa idea – e solo quella – di cosa si debba intendere
per razza umana. La linea d’attacco è la stessa vista in
azione contro la fecondazione in vitro; cambia solo
l’oggetto contro cui è diretta. E, come allora, il percorso di progressiva accettazione sarà quello visto per la
procreazione assistita. Quanto alle effettive ricadute
psicologiche di chi ha ricevuto l’intervento genetico,
c’è il rischio che l’impatto sia inverso: ovvero che il ragazzo rinfacci ai genitori di non averlo
messo nelle migliori condizioni
consentite dalla scienza! Battuta a parte, la coscienza di essere
“diverso” riguarderà le generazioni di transizione, in cui l’empowerment genetico non sarà ancora pratica diffusa. Poi diverrà
normalità».
L’accesso alla «ri-progettazione
umana» su base volontaria contrappone i portatori di interessi già ora in
conflitto: la società, i genitori, i figli.
Quale dovrebbe essere il criterio guida per comporre queste istanze?
ne che peraltro ha dinamiche demografiche ben diverse, che soverchieranno l’identità etnografica degli
europei. Senza entrare in valutazioni di merito, si può
dire che tutto ciò ha conseguenze epocali. Ebbene, nessuno disegnò un simile scenario quando si trattò di decidere come porsi dinanzi all’avvento degli strumenti
che diedero il via al controllo delle nascite su base personalizzata, ovvero i contraccettivi. Quindi valutare
l’interesse della società è assai più aleatorio che focalizzarsi sugli effetti e le prospettive dell’individuo in
primis e della famiglia in seconda battuta».
Che tipo di dibattito possiamo prevedere?
«Avremo due estremi “indiscussi”; uno è rappresentato da ciò che nessuno sano di mente vuole che accada.
Penso a tutte quelle manipolazioni inaccettabili e pregiudizievoli per l’integrità e la dignità
umana e su cui sarà probabilmente semplice raggiungere un
consenso. L’altro estremo è “ciò
che ragionevolmente tutti vogliono” – per esempio la prevenzione da malattie invalidanti o
mortali. Anche qui non sarà difficile giungere a uno standard
condiviso. In mezzo c’è tutto il
resto, con relative sfumature e
gradazioni ed è quella l’area in
cui si avrà reale dibattito. Con
esiti magari diversi nelle diverse
società o culture».
Conflitti Secondo Stock, gli interessi della persona
«La mia scala è presto fatta. Al vengono prima dei valori generali della società
I politici hanno la consapevolezza
primo posto devono esserci gli
che questi saranno i temi destinati
interessi della persona che riceve o può ricevere il mia «fare la differenza» nell’opinione pubblica?
glioramento genetico. Segue la famiglia, in particola«La mia impressione è che non capiscano. Reagiscono
re i genitori – sia perché nella gran parte dei casi nesalle storie che conquistano la ribalta mediatica – che
suno meglio di loro può fare le scelte migliori per il
di solito non sono “ordinarie”, sennò non finirebbero
proprio figlio, sia perché le conseguenze di eventuali
sui giornali – e sulla base di queste si sentono in doveerrori di giudizio le pagherebbero, subito dopo il sogre di darsi da fare per immaginare soluzioni di regolagetto interessato, loro stessi in prima persona. Soltanmentazione di cose che non conoscono. Personalto dopo metto la società e i suoi valori. Non perché non
mente credo che il giusto approccio istituzionale sia
li ritenga importanti ma perché l’evoluzione cui l’una
quello di dotarsi di un Board di esperti, una sorta di
e gli altri vanno incontro è impossibile da prevedere.
Authority che possa indicare linee guida preferenziaMi spiego con un esempio: l’Europa affronta oggi un
li ma senza giungere a una produzione legislativa ad
drammatico invecchiamento della sua popolazione e
hoc. Anche perché la legge in campi come l’evoluzioanche per questo conosce una crescente immigrazione scientifica non riesce a tenere il passo: dal mo- 3
«Anche per i primi figli in provetta qualcuno parlò di “mostruosità
psicologiche”. Ma oggi la procreazione assistita è accettata
comunemente. Lo sarà anche la riprogrammazione genetica»
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mento in cui se ne comincia a discutere a quando diviene operativa, ciò che pretende di disciplinare è
cambiato radicalmente».
Quale il ruolo del «mercato» nella diffusione delle tecniche
di intervento genetico? Quanto va lasciato libero?
«Capisco che vi sia la percezione che il mercato possa
“manipolare” per profitto. Ma il mercato resta il luogo in cui si riescono a contemperare diverse scelte e in
cui la gente di regola trova ciò che cerca. Al contrario,
se qualcuno – un ipotetico dittatore – volesse fare un
uso strumentale di queste pratiche imponendole contro la volontà della gente, certamente non le farebbe
passare per il mercato, che per natura elimina gli
“estremi”. Quindi, sarà la domanda, attraverso le scelte individuali, a orientare la direzione della riprogrammazione genetica. Ciò che davvero non auspico
è un regime internazionale di regolamentazione in
cui qualcuno – e chi? – decide per tutti, come se sapesse a priori la direzione giusta da prendere».
Per concludere, un uomo del XIX secolo catapultato nel
2005 riconoscerebbe certamente in noi dei suoi simili di
specie. Sarebbe lo stesso per un nostro contemporaneo
proiettato da qui a cento anni?
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«Gli umani del 2105 non saranno molto diversi da noi,
anche perché, con gli sviluppi in corso, molti di quelli
vivi oggi lo saranno anche fra cent’anni. Certamente
quelli come mia figlia, che ha due anni. Io e i miei coetanei saremo probabilmente fra gli ultimi umani dei
Paesi sviluppati ad avere un’aspettativa di vita come
l’attuale. E l’allungamento della vita paradossalmente
allenterà il ritmo del cambiamento. Mi spiego: i cambiamenti significativi si hanno perché le generazioni
più vecchie e conservative muoiono e lasciano spazio
alle più giovani e predisposte al nuovo. Ma con il forte
aumento nell’orizzonte di vita, il ritmo di sostituzione
calerà. E con esso il cambiamento, perché “quei” vecchi non avranno voglia di vivere in un mondo a loro totalmente estraneo. Quindi, tornando alla domanda: sì,
gli umani del XXII secolo sarebbero e saranno riconoscibili come tali anche dai nostri contemporanei, sebbene sotto la superficie inizieranno a prodursi cambiamenti importanti. Per quelli del prossimo millennio, è tutto un altro discorso. Ma una cosa posso dirla:
quando quei lontani discendenti guarderanno indietro a questi giorni e a questo secolo, è probabile che lo
considereranno un momento di svolta. Quello in cui
nella storia dell’uomo abbiamo cominciato a prendere il controllo della nostra evoluzione». ■ S.G.
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