Omelia di S.E. Mons. Calogero Peri – 7 febbraio 2016
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Omelia di S.E. Mons. Calogero Peri – 7 febbraio 2016
IL VESCOVO DI CALTAGIRONE Fratelli e amici carissimi, anche oggi la Parola di Dio ci racconta una storia bella, ma anche vera. Una buona notizia che ci riguarda, che si rivolge a noi e che ci coinvolge tutti. Perché è una storia che, solo a volerlo, può stravolgere, soltanto in meglio, ciascuno di noi nel cuore. Infatti, non è soltanto un Dio, una Parola che parla a noi, ma parla soprattutto di noi, di ciò che siamo, di ciò che viviamo, ma anche di quello che potremmo essere. Come se ci conoscesse meglio di noi stessi. Infatti, è un Dio che ci conosce a fondo, che conosce la nostra vita e i suoi tanti drammi; poiché conosce i nostri cuori e i nostri desideri, conosce le infinite potenzialità di bene e di bellezza che ci sono dentro e fuori di noi e che egli vuole aiutarci a liberare. È una Parola che ci propone un incontro, un dialogo, una svolta, solo un aggancio con una presenza eccezionale. A tal punto che questa relazione può diventare una sequela, una vocazione, una missione, può diventare il tutto della nostra vita. Come esattamente accade quando incontriamo la persona che pensavamo potesse essere solo nella mente e nel cuore e, invece, è lì davanti a noi, viva e vera. Oggi tutti noi siamo un po’ Isaia, un po’ Pietro, un po’ i discepoli. Solo un po’, perché poi per il resto siamo interamente noi stessi, in fondo con gli stessi problemi, ma pure con lo stesso sogno nel cassetto. E noi, per potere essere altro e perché la nostra vita sia molto di più, siamo invitati a puntare tutto su questo incontro, che il Signore ha preparato e ci vuole regalare. Dove, quando, come, lo possiamo incontrare? Come, quando e dove possiamo incrociarlo, ascoltarlo, accoglierlo? Ma vogliamo incontrare lo stesso Dio, che hanno incontrato i discepoli, Isaia, Pietro, vogliamo fare la stessa esperienza. Ma lo vogliamo incontrare oggi, adesso, ciascuno nella propria situazione. Come Isaia, vogliamo dirgli che siamo uomini e donne che non solo le labbra abbiamo non pure, ma anche la mente e il cuore. Come Pietro, vogliamo pure noi raccontargli che abbiamo faticato tante notti e tanti i giorni, per non dire sempre, collezionando fallimenti, insuccessi, raccogliendo vuoto e vento. Che siamo più o meno amareggiati, scoraggiati, delusi e pure rassegnati. Ciò che la Parola ci ha detto risponde proprio a questi interrogativi, risponde a noi. Ci dice che Dio lo possiamo incontrare in Chiesa, nel Vangelo, ma ancora di più nella vita, nella nostra storia, anche a nostra insaputa. Così Isaia l’ha incontrato nel tempio, in una solenne liturgia sommerso dal fumo dell’incenso e dal canto. Sì l’ha visto con i suoi occhi, ha visto il re, il Signore! Di fronte a tanta santità e grandezza chi può non esclamare: “Ohimè! io sono perduto”, perché questo stride con il nostro peccato, con la nostra condizione di miseria. E invece, no! Perché Dio è là, anzi è qua, per purificare con il fuoco del suo Spirito, come roveto ardente, tutti e tutta la nostra vita. Perché Dio è esattamente nei luoghi dei nostri insuccessi, dove ci curviamo, sotto il peso della storia, a leccarci le ferite e a rammendare a riva la nostra vita. E anche qui egli fa il tifo per noi, ci spinge al largo, nel mare aperto della vita, senza paura in mezzo all’acqua che, come nel battesimo, ci sommerge e ci fa risorgere, perché illuminati possiamo rinascere come uomini nuovi. Con dentro però una certezza che, sulla sua Parola e con la sua presenza, senza scappare, possiamo sfidare i luoghi del nostro fallimento e dei nostri peccati. Perché sempre e in tutto, oltre la nostra perizia o debolezza, che poi si equivalgono, c’è la sua forza, il suo coraggio e soprattutto la sua Parola che, in tutto uguale a Lui, vuole sprigionare per noi la stessa potenza. Fidarsi di Dio significa essere contenti e non accontentarsi, essere afferrati dallo stupore, riempire le nostre reti e pure la barca, ma riempire pure gratuitamente, invitandoli ad avvicinarsi per la condivisione, anche la vita e il cuore degli altri, di tutti, di chiunque. Fino ad esserne tutti sommersi, fino ad affondare in mezzo a tanta grazia. Questo è il Vangelo che ci salva, questo è il Vangelo che ci fa risorgere, ci fa passare da morte a vita, questo è il Vangelo che permette a Gesù di apparire a Paolo e per ultimo, perché accade qui ed ora, anche a te e a me. Questo è il Vangelo che per grazia, per merito di Dio e non nostro, ci ha salvati, trasformati e riscattati. Ecco perché i discepoli del Signore, di ieri e di oggi, vengono da gente che ha peccato, che ha collezionato insuccessi, che ha detto: basta! Ma che, nonostante tutto, ha creduto a Dio e alla potenza della sua Parola, che ci purifica e ci riabilita. La buona notizia è ancora oggi portata dalle labbra sporche di Isaia che il Signore ha purificato, da Pietro, reo confesso di essere un peccatore e che pure lo ha rinnegato, da Paolo che l’ha perseguitato con accanimento e fierezza, da quanti continuano a coltivare mania di grandezza. Insomma, da uomini che non avrebbero potuto annunciare la misericordia di Dio se non l’avessero sperimentata. Per questo il Vangelo di oggi è rivolto a noi, uomini ugualmente peccatori, ma pure per questo Dio vuole che ne siamo i suoi missionari credibili, perché possiamo testimoniare in prima persona quale potenza di amore ci ha dimostrato per fidarsi e affidarsi alla nostra predicazione. E invece di pensare che non ci conosce, dobbiamo confessare che sa bene chi siamo, e solo perché è Dio ci ama a tal punto da fidarsi ancora di noi. A partire da questo, con riconoscenza, vogliamo rendere grazie al suo amore che ci ha salvati e senza presunzione rispondergli: “Mi fido anch’io, ci sto! Eccomi, manda me!”. Se gli abbiamo detto di sì, ora ci resta solo andare e annunciare a tutti che Dio ci ama e ci dà vita, la vita vera! + Calogero Peri