I centri storici nella cultura urbanistica. Evoluzione, problemi e

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I centri storici nella cultura urbanistica. Evoluzione, problemi e
 Claudia Cassatella (INU, ANCSA, architetto, ricercatore e professore aggregato di urbanistica al Politecnico di Torino) Icentristoricinellaculturaurbanistica.Evoluzione,problemie
prospettive
Vercelli, 4 giugno 2015 Traccia della relazione Abstract Dalla tutela del monumento alla tutela degli insiemi, dal centro storico alla città storica, dal territorio storico al paesaggio: evoluzione concettuale, normativa e delle modalità d’intervento. Riferimenti a la Carta di Gubbio (1960) e al dibattito in sede ANCSA Associazione Nazionale Centri Storico Artistici. I casi di scuola di piani per i centri storici. La Raccomandazione sul Paesaggio storico urbano di UNESCO (2011). Esempi di metodo su paesaggi urbani storici e aree tutelate (anche con riferimento alle Linee guida regionali sull’analisi, tutela e valorizzazione del paesaggio scenico). Dalla pianificazione alla gestione: la prospettiva di lavoro più recente.
Dallatuteladelmonumentoallatuteladegliinsiemi
Le origini del dibattito sono da cercare nel XIX secolo, epoca di “sventramenti” per risanare il cuore delle città. È in formazione la cultura del restauro. Camillo Boito: “occorre serbare ai monumenti l’ambiente” fine XIX secolo. (In Francia, una legge individuerà un raggio di 500 m di tutela intorno ai monumenti). Dall’altra parte, il movimento dell’arte urbana (Sitte, Buls, Unwin e altri). In Italia, nel Ventennio avvengono ancora sventramenti sui modelli ottocenteschi: Via della conciliazione a Roma, Via Roma a Torino. In Italia si oppone e divulga i nuovi approcci Gustavo Giovannoni (articoli su Nuova Antologia 1913, libro 1931; Carta del restauro del 1932): il diradamento come antidoto agli sventramenti. Nota: Giovannoni fu tra i fondatori, nel 1930, dell’INU. legge n.1089/1939 sulla tutela delle Cose d'interesse artistico e storico e la legge n.1497/1939 sulla Tutela delle bellezze naturali e panoramiche. 1942, legge urbanistica L 1550: PRG (Piano regolatore generale)e e, a livello attuativo, PPE Piano Particolareggiato Esecutivo. Strumenti nati per occuparsi dell’espansione della città, non della trasformazione dell’esistente. Il dopoguerra è l’epoca della ricostruzione (piani di ricostruzione): “Com’era dov’era” (Giovannoni, Berneson; casi emblematici lung’Arno Firenze e Praga), inserendo il nuovo (Pane, Rogers) oppure no (Cederna, Brandi). È anche l’epoca della speculazione montante. Caso studio: Il piano regolatore comunale di Assisi e il piano particolaraggiato per il centro storico artistico (1955‐1957, Giovanni Astengo): per la prima volta si parla di “centro storico‐artistico”, tutta la città murata è soggetta ad un piano particolareggiato, con norme di restauro o risanamento e vincoli. LacartadiGubbio(1960)el’ANCSA
Nel 1960 si svolge a Gubbio il Convegno Nazionale per la Salvaguardia e il risanamento dei Centri Storici al termine del quale viene promulgata la “Carta di Gubbio”. Nel 1961 viene fondata l’ANCSA Associazione Nazionale Centri Storico Artistici. Lo statuto prevede che i soci siano enti pubblici e persone fisiche1. Già nel 1962 l’ANCSA elabora una proposta di legge sui centri storici. L’anima di queste iniziative è Giovanni Astengo (di cui ricordiamo, brevemente, gli studi e i piani per Assisi, Gubbio, Bergamo, la legge urbanistica regionale del Piemonte, L 56/1977, la partecipazione alla Commissione Franceschini). “Nel dibattito italiano il termine “centro storico” è un neologismo creato alla fine del decennio [anni cinquanta], precedentemente sulle città storiche i termini utilizzati erano ambiente antico, città antica, nuclei storici e preesistenze ambientali” (Pais 2013). La Carta di Gubbio segnala un problema nazionale urgente: individuare, e risanare, attraverso strumenti urbanistici di iniziativa pubblica, i centri storici, nella loro interezza. I Piani di risanamento conservativo: speciali piani particolareggiati di iniziativa comunale, fisseranno modalità e gradualità di tutti gli interventi su suolo pubblico e privato, sulle fronti e nell'interno degli edifici, e si attueranno esclusivamente mediante comparti. Criteri: no alla ricostruzione in stile, no alle aggiunte, ma consolidamento, eliminazione delle sovrastrutture, ricomposizione delle unità immobiliari “ per ottenere abitazioni funzionali ed igieniche”, restituzione di giardini e orti, vincoli di intangibilità e inedificabilità. La conoscenza ha un ruolo fondamentale: analisi, competenze specifiche. È ben chiara la questione sociale: risanare tenendo conto della struttura sociale per restituire agli abitanti, agli artigiani, provvedendo nel transitorio. Nello stesso periodo si svolgono i lavori della Commissione Franceschini, Commissione di indagine sulla valorizzazione e tutela del patrimonio storico‐artistico, archeologico e del paesaggio (editi nel 1964), cui partecipa anche ANCSA: si definisce bene culturale come "bene che costituisca testimonianza avente valore di civiltà"; si diffonde il concetto di “beni culturali e ambientali”, si puntualizza l’ampio ventaglio di temi di cui si occupa ormai la cultura della conservazione (ad es. il verde urbano, i parchi…). Il fermento legislativo: Proposta di nuova legge urbanistica 1962 (Sullo) etc. La Legge n.765/1967 detta "Legge‐ponte", introduce il concetto di centro storico, la perimetrazione dei centri urbani, l'imposizione di limiti volumetrici all'edificabilità. Il D.M. 2.4.1968 n. 1444 pone limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza di distanza fra i fabbricati; definisce le zone territoriali omogenee ed i relativi standards urbanistici, introdotti dalla L. 765. La zona A comprende le porzioni di territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di pregio ambientale. La perimetrazione delle zone A e B è un’attività tecnica con interessanti risvolti concettuali e di studio2. 1
Tra i soci, con attenzione anche al Piemonte: Roberto Gambino, Antonio Cederna, Luigi Piccinato, Giuseppe Samonà, Ludovico Quaroni, Piero Bottoni, Roberto Pane, Bruno Gabrielli, Cesare Macchi Cassia, Bernardo Secchi, Antonino Terranova, Roberto Gabetti, Vera Comoli Mandracci e molti altri. 2
Le Zone A, per la circolare del 1967 sono “agglomerati di carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale”, “strutture urbane in cui la maggioranza degli isolati contengano edifici costruiti in epoca anteriore al 1860, anche in assenza di monumenti od edifici di particolare valore artistico, strutture urbane racchiuse da antiche mura in tutto o in parte conservate, strutture urbane realizzate anche dopo il 1860, che nel loro complesso costituiscano documenti di un costume edilizio altamente qualificato.”; per il per il DM del 1968 “le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”. Dalcentrostoricoallacittàstorica
Il dibattito in sede ANCSA Associazione Nazionale Centri Storico Artistici prosegue. Negli anni settanta il centro storico è proposto anche come soluzione alla questione abitativa, alternativa alla speculazione edilizia e allo “spreco edilizio” (oggi la questione ritorna in termini di consumo di suolo). Dunque: il c.s. come bene economico, associato al recupero del patrimonio esistente Caso studio: il Piano per il centro storico di Bologna del 1969 (attuato nel 1973), di Cervellati et al. Il piano salda la questione del risanamento con quella dell’edilizia economica popolare, e della scelta di funzioni adatte a conservare i tessuti e i caratteri del centro storico (ad esempio, inadatto a funzioni direzionali). Uso dell’esproprio e dell’equo canone, prima applicazione dei PEEP (L n.167/1962). Molta enfasi sulle analisi morfologiche, per cellule e tipi (ad es. Maffei e Caniggia, Muratori). La legge n. 457/1978 "Norme per l'edilizia residenziale" istituisce un piano decennale di edilizia residenziale, contiene norme che regolano gli interventi sul patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, prescrive che nei PRG vengano indicate le zone degradate da sottoporre a recupero, istituisce i Piani di recupero e definisce le categorie con cui eseguire gli interventi sul patrimonio edilizio. La ristrutturazione edilizia e la ristrutturazione urbanistica (“sostituire l'esistente tessuto urbanistico‐edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”), benché in contrasto con la conservazione dei tessuti storici, hanno costituito la prassi degli interventi nei c.s. Negli anni ottanta, di rallentamento demografico, la questione centrale non è più la residenza ma il terziario, insieme alle dismissioni industriali. Di nuovo, la questione è il recupero di ampi brani, non necessariamente centrali. Molta letteratura ed esercizi sull’archeologia industriale sono di quest’epoca (TICCH). Si allarga l’attenzione dai tessuti del centro storico alle preesistenze, al palinsesto territoriale diffuso (i tracciati, le strade, le cascine e i borghi…). perimetrare le zone A non ritenuto più sufficiente a tutelare il patrimonio culturale: occorre riconoscere il valore delle preesistenze, anche non auliche, ma che costituiscono valore ambientale. Ad esempio, Torino mette i “baffi” alle facciate. Sul modello francese, dove accade che si demoliscano gli interni conservando le facciate. La riqualificazione e i piani settoriali: colore, arredo urbano, insegne, verde, illuminazione Caso studio: Torino, studio sui “Beni culturali e ambientali”. I piani settoriali (’90‐2000) L’attenzione al progetto, allo spazio pubblico, alla “valorizzazione”, al marketing urbano. Negli anni seguenti si porrà, anche, la questione della “sottrazione”, o anche, più brutalmente, della “demolizione”. Dallacittàstoricaalterritoriostorico
Tra anni ottanta e novanta, si dibatte della perdita di identità della città europea, trasformata dal turismo di massa, congestionata, mentre emerge la questione della sostenibilità ambientale. Si pone un problema di riequilibrio territoriale, a fronte della polarizzazione tra centri congestionati e borghi spopolati. L’allargamento di attenzione dalla città al territorio storico riguarda dunque sia aspetti funzionali, sia di sensibilità culturale nei confronti dei valori culturali territoriali. La seconda Carta di Gubbio, ANCSA 1990 (nel volume per il trentennio, atti del'undicesimo congresso nazionale ANCSA 1960‐1990. Un contributo italiano alla riqualificazione della città esistente) esplicita un allargamento spaziale e concettuale individuando il centro storico come il nodo di una struttura insediativa più ampia: il "territorio storico": “L'ANCSA ritiene prioritario, in ogni intervento di trasformazione urbana e territoriale, il tema della identità culturale: del "centro storico", della città esistente, dell'intero territorio storico.” “Il riconoscimento dei valori del patrimonio storico deve essere il punto di partenza per il PROGETTO DELLA CITTA' ESISTENTE; un progetto capace di integrare Centro Storico e periferia, città e territorio, attraverso metodologie unitarie ed integrate di riqualificazione” La seconda Carta riconosce la fase di crisi del piano, ma ne rafferma la necessità, rilanciando il ruolo della pianificazione sovra locale. Inoltre, affronta anche l’esigenza di un rinnovato rapporto tra pubblico e privato (Gabrielli). L'intervento pubblico deve riguardare solamente il “recupero urbano di base” ed una valutazione economica in termini di costi e benefici, operando scelte di priorità e non politiche urbane generalizzate. Dalterritoriostoricoalpaesaggio
Gli anni novanta sono anche quelli del progetto urbano, del piano progetto, del progetto dello spazio pubblico e del verde, dell’entusiasmo per l’arredo urbano (Barcellona, Lione,…). Parole chiave: Spazi aperti spazi pubblici; Natura/cultura. Caso studio: Parma, Pilotta (intervento di Mario Botta) Dopo l’85 (L 431, detta legge Galasso), l’urbanistica sperimenta i piani paesaggistici, la scala vasta. La ricerca e l’analisi individua i “sistemi culturali territoriali”, le relazioni immateriali, i sistemi a rete. Nel 1997, Conservare Innovare. Ambiente, territorio, paesaggio, di Roberto Gambino propone una sintesi concettuale degli approcci al patrimonio culturale e naturale, in una visione progettuale. Il paesaggio offre un paradigma concettuale capace di tenere insieme natura, cultura, percezione sociale, usi dello spazio, conservazione e valorizzazione. IcentristoricinelCodicedeibeniculturaliedelpaesaggioenelPiano
paesaggisticoregionaledelPiemonte
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio finalmente introduce i centri storici come oggetto di tutela paesaggistica: Capo II, Individuazione dei beni paesaggistici, Articolo 136, Immobili ed aree di notevole interesse pubblico: 1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: (…) c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici”. La legge Galasso ha escluso le aree A e B dalle aree tutelate per legge, e così fa il Codice, evitando di apporre anche questo vincolo ai centri storici. Tuttavia la sensibilità è diversa, al punto che si fanno oggetto dei piani paesaggistici anche i beni culturali (monumenti e architetture) quando hanno “rilevanza paesaggistica” (ad esempio per emergenza scenica. Così il Ppr Piemonte ha schedato come beni paesaggistici alcuni beni culturali, tipicamente monumenti architettonici emergenti). Il Piemonte si avvantaggia di una Legge urbanistica regionale, la L 56/ 1977 (recentemente rinnovata dalla L 3/2013), scritta da Giovanni Astengo: essa impegna dunque da quasi quarant’anni i comuni a individuare prendersi cura dei centri storici (art. 24) e dei beni culturali e ambientali3, anticipando l’attuale sensibilità paesaggistica e ponendo il Piemonte tra le regioni più avanzate sui temi della tutela. Infatti, La L. 3/2013 apporta solo modifiche tecniche (Art. 41, Modifiche all' articolo 24 della l.r. 56/19774). Il Ppr Piemonte (prima adozione 2009, seconda adozione 2015), riconosce i centri storici come componenti paesaggistiche, oggetto di attenzione normativa. Non significa che sono beni paesaggistici, ma che esistono regole, espresse come direttive per i piani subordinati. Ppr Piemonte 2015, NTA, art. 24 Centri e nuclei storici: il piano riconosce e identifica “gli insediamenti aggregati storicamente consolidati, in quanto testimonianze di valore storico, culturale o documentario, struttura portante del territorio regionale e risorsa strategica per conseguire gli obiettivi di qualità [del piano]”. Seguono direttive: i piani locali devono: verificare le perimetrazioni includendo i contesti, individuare disciplina di dettaglio, tutelare gli spazi urbani, tutelare gli aspetti storico architettonici e quelli scenici, identificare le aree da assoggettare a piani di recupero secondo precisi criteri. Il Ptr 1997 precedente individuava solo i centri storici, invece il Ppr riconosce il valore di numerose componenti storico‐territoriali distribuite su tutto il territorio regionale (tavola P4), e individua regole ad hoc nelle NTA5. Al punto che si fanno oggetto dei piani paesaggistici anche i beni culturali (monumenti e architetture) quando hanno “rilevanza paesaggistica”, ad esempio per emergenza scenica. La Direzione Regionale del MiBACT, insieme alla Regione Piemonte, nell’ambito del tavolo di copianificazione ha anche elaborato le Linee guida per l’analisi, la tutela e la valorizzazione dei caratteri scenici del paesaggio (2014), le cui indicazioni possono essere applicate ai paesaggi storici urbani, ai panorami urbani e alle loro emergenze. LaRaccomandazionesulPaesaggiostoricourbanodiUNESCO(2011).
Alcuni centri storici in Italia e nel mondo sono anche Patrimonio dell’Umanità Unesco (esempi: Venezia, Firenze,…). Su questi, si pone con maggior enfasi (e vigore nel dibattito pubblico) il problema dell’inserimento del nuovo e delle trasformazioni. La perdita del valore di integrità può far perdere il riconoscimento (è il caso di Dresda, a causa del nuovo ponte che altera la veduta rappresentata da 3
Art. 24.Norme generali per i beni culturali ambientali. “Il Piano Regolatore Generale individua, sull'intero territorio comunale, i beni culturali ambientali da salvaguardare, anche se non individuati e vincolati in base alle leggi vigenti, comprendendo fra questi: 1) gli insediamenti urbani aventi carattere storico‐artistico e/o ambientale e le aree esterne di interesse storico e paesaggistico ad essi pertinenti; 2) i nuclei minori, i monumenti isolati e i singoli edifici civili o rurali ed i manufatti, con le relative aree di pertinenza, aventi valore storico‐artistico e/o ambientale o documentario; 3) le aree di interesse paesistico ambientale, di cui all'art. 13, 3° comma, lettera a) della presente legge. Sulle carte di piano devono essere evidenziati, in particolare, gli edifici, gli spazi pubblici, i manufatti, gli agglomerati ed i nuclei di rilevante interesse, oltreché le aree esterne che ne costituiscono l'integrazione storico‐ambientale.” 4
Ad esempio: “Le parole "paesaggistico" e "paesaggistici" sostituiscono, rispettivamente, quelle di "ambientale" e "ambientali" ovunque ricorrano nell' articolo 24 della l.r. 56/1977, ad eccezione del comma 1, numero 3). La parola "paesaggistico" sostituisce la parola "paesistico" al numero 3, del comma 1 dell'articolo 24 della l.r. 56/1977.”; “Nella rubrica dell' articolo 24 della l.r. 56/1977 le parole "i beni culturali ambientali" sono sostituite dalle seguenti: "gli insediamenti storici e per i beni culturali e paesaggistici".” 5
Componenti storico‐culturali: Viabilità storica e patrimonio ferroviario (art. 22) zone di interesse archeologico (art. 23) centri e nuclei storici (art. 24) patrimonio rurale storico (art. 25) ville, giardini e parchi, aree e impianti per il loisir e il turismo (art. 26) aree e impianti della produzione industriale ed energetica di interesse storico (art. 27) poli della religiosità (art.28) sistemi di fortificazioni (art. 29) Canaletto). Nel 2003 Unesco, attraverso il Vienna Memorandum, esprime una posizione soprattutto sull’inserimento di architetture contemporanee. UNESCO (2005) Memorandum on “World Heritage and Contemporary Architecture – Managing the Historic Urban Landscape”: “The Vienna Memorandum focuses on the impact of contemporary development on the overall urban landscape of heritage significance, whereby the notion of historic urban landscape goes beyond traditional terms of “historic centres”, “ensembles” or “surroundings”, often used in charters and protection laws, to include the broader territorial and landscape context.” “the historic city’s authenticity and integrity, which are determined by various factors, must not be compromised”. Centrale è il concetto di “sense of place”. Nel 2011, amplia i lavori (anche con il contributo di esperti ANCSA, tra cui l’attuale Presidente, Francesco Bandarin, all’epoca Direttore Generale Unesco) e emette una Raccomandazione sul paesaggio storico urbano. UNESCO (2011) Recommendation on the Historic Urban Landscape6. Qui il paesaggio storico è inteso in senso ampio e complesso: dalla giacitura geografica, agli usi sociali dello spazio (produttivi, creativi) che fanno parte del senso del luogo, alla dimensione visuale e scenica (visual integrity). I siti Unesco devono dotarsi di un Piano di gestione, che assicuri il mantenimento dei valori. Si tenga presente che i paesaggi culturali sono una categoria Unesco molto diffusa, anche in Italia. Significativo il caso di Assisi e del suo PdG. Dallapianificazioneallagestione:laprospettivadilavoropiùrecente
In Italia sappiamo bene che l’apposizione di un vincolo non assicura la tutela, anzi, a volte può favorire l’abbandono e quindi il degrado. Fin dall’applicazione delle prime leggi di tutela, nel ‘22, è evidente che serve la pianificazione (non tutti sanno che i piani paesaggistici sono già previsti dalla 1497/1939). Ma anche i piani possono giacere inerti. 6
“I. Definition. 8. The historic urban landscape is the urban area understood as the result of a historic layering of cultural and natural values and attributes, extending beyond the notion of “historic centre” or “ensemble” to include the broader urban context and its geographical setting. 9. This wider context includes notably the site’s topography, geomorphology, hydrology and natural features, its built environment, both historic and contemporary, its infrastructures above and below ground, its open spaces and gardens, its land use patterns and spatial organization, perceptions and visual relationships, as well as all other elements of the urban structure. It also includes social and cultural practices and values, economic processes and the intangible dimensions of heritage as related to diversity and identity.” “11. The historic urban landscape approach is aimed at preserving the quality of the human environment, enhancing the productive and sustainable use of urban spaces, while recognizing their dynamic character, and promoting social and functional diversity. It integrates the goals of urban heritage conservation and those of social and economic development. It is rooted in a balanced and sustainable relationship between the urban and natural environment, between the needs of present and future generations and the legacy from the past.” IV, Tools: (a) Civic engagement tools; (b) Knowledge and planning tools; (c) Regulatory systems; (d) Financial tools. Nota bene: “Landscape approach (from the International Union for Conservation of Nature – IUCN, and the World Wildlife Fund – WWF). The landscape approach is a framework for making landscape‐level conservation decisions. The landscape approach helps to reach decisions about the advisability of particular interventions (such as a new road or plantation), and to facilitate the planning, negotiation and implementation of activities across a whole landscape.” Nota bene: “Cultural significance (from the ICOMOS Australia Burra Charter). Cultural significance means aesthetic, historic, scientific, social or spiritual value for past, present or future generations. Cultural significance is embodied in the place itself, its fabric, setting, use, associations, meanings, records, related places and related objects. Places may have a range of values for different individuals or groups.” Oggi si diffonde una nuova consapevolezza: oltre alla pianificazione, serve la programmazione e la gestione (Cassatella 2013). Non è un passaggio semplice. Significa risorse economiche, soggetti competenti, accordi pubblico privato, governance, ma anche capacità tecniche. Unesco et al. hanno recentemente elaborato Linee guida sulla gestione del patrimonio culturale, ovvero anche sui piani di gestione: UNESCO/ICCROM/IUCN, (2013) Manging World Cultural Heritage, Parigi. Tornando ai centri storici, e al dibattito ANCSA, la gestione dei centri storici e la programmazione come elemento complementare al piano è uno dei temi al centro dell’ultimo Convegno nazionale (2014), non a caso il Premio Gubbio 2015 è stato dato al Comune di Bologna per il piano di gestione del centro storico. Caso studio: Bologna, piani d’azione per il centro storico, Premio Gubbio 2015 Per concludere, e discutere, altri temi (e problemi) di attualità: abbandono per gentrification e abbandono per spopolamento; Turismo: uso e abuso; Commercio; Dismissioni e cartolarizzazioni; Verde urbano, reti dentro le città; Mobilità; Paesaggio urbano. Bibliografia UNESCO/ICCROM/IUCN, (2013) Manging World Cultural Heritage, Parigi Cassatella C., Bagliani F. (2013) Paesaggio: cura, gestione, sostenibilità, Celid DI BIASE C., 50 anni Ancsa, ANCSA Gambino R. (1997), Conservare Innovare. Ambiente, territorio, paesaggio, Utet, Torino Pais M. (2013), La cultura dei centri storici in Italia: il dibattito dell'ANCSA dalla carta di Gubbio ad oggi, Tesi di Laurea (relatore M. Volpiano), Politecnico di Torino TOPPETTI F . (a cura di), Paesaggi e città storica. Teorie e politiche del progetto, Alinea editrice, 2011 VOLPIANO M., Les pierres parlent à l’èsprit. Radici europee per il dibattito italiano sulla conservazione dei centri antichi, in De Venustate et Firmitate. Scritti per Mario Dalla Costa, Celid, 2002, pp. 407 a 421 GABRIELLI B., La nuova Carta di Gubbio e le sue finalità nel quadro europeo, in ANCSA, ANCSA 1960‐ 1990: Un contributo italiano alla riqualificazione della città esistente, pre‐Atti del XI Convegno Congresso Nazionale ANCSA (Gubbio, 26‐28 ottobre 1990), ANCSA CARULLO S. (a cura di), Attualità del territorio storico, ANCSA, Bergamo 2010 Documenti ANCSA (1961), Statuto Associazione nazionale per i centri storico‐artistici, Perugia ANCSA (1960), Carta di Gubbio, Perugia ANCSA (1990), Carta di Gubbio 1990. Note esplicative ed integrative, in ANCSA 1960‐1990: Un contributo italiano alla riqualificazione della città esistente, pre‐Atti del XI Convegno Congresso Nazionale ANCSA (Gubbio, 26‐28 ottobre 1990), ANCSA UNESCO (2005), Memorandum di Vienna relativo alla Salvaguardia del Paesaggio Storico Urbano UNESCO(2011), Raccomandazione sul Patrimonio Storico Urbano MiBACT, Regione Piemonte, Politecnico di Torino – DIST (2014), Linee guida per l’analisi, la tutela e la valorizzazione dei caratteri scenici del paesaggio Urban Center Bologna, Di nuovo in centro, piano per la pedonalità a Bologna Sitografia ANCSA Associazione Nazionale Centri Storico Artistici www.ancsa.org Estratto dalla LUR 56/1977
Art. 24.
Norme generali per i beni culturali ambientali
Il Piano Regolatore Generale individua, sull'intero territorio comunale, i beni culturali ambientali da
salvaguardare, anche se non individuati e vincolati in base alle leggi vigenti, comprendendo fra
questi:
1) gli insediamenti urbani aventi carattere storico-artistico e/o ambientale e le aree esterne di
interesse storico e paesaggistico ad essi pertinenti;
2) i nuclei minori, i monumenti isolati e i singoli edifici civili o rurali ed i manufatti, con le relative
aree di pertinenza, aventi valore storico-artistico e/o ambientale o documentario;
3) le aree di interesse paesistico ambientale, di cui all'art. 13, 3° comma, lettera a) della presente
legge.
Sulle carte di piano devono essere evidenziati, in particolare, gli edifici, gli spazi pubblici, i
manufatti, gli agglomerati ed i nuclei di rilevante interesse, oltreche' le aree esterne che ne
costituiscono l'integrazione storico-ambientale.
Negli ambiti individuati ai sensi dei precedenti commi, e' fatto divieto di modificare i caratteri
ambientali della trama viaria ed edilizia.
I complessi urbani e gli edifici singoli di interesse storico-artistico e/o ambientale sono soggetti
esclusivamente a restauro conservativo, secondo le prescrizioni di cui al successivo 6° comma,
mentre le parti di tessuto urbano di piu' recente edificazione e gli edifici privi di carattere storico,
artistico e/o documentario sono suscettibili solo di interventi atti ad eliminare elementi deturpanti ed
a migliorare la qualita' del patrimonio edilizio. Le aree libere devono restare inedificate, con la sola
eccezione della loro utilizzazione per usi sociali pubblici, fino all'approvazione dei piani
particolareggiati.
All'interno degli insediamenti sono garantiti il riuso degli immobili idonei per i servizi sociali
carenti e l'organizzazione della viabilita' interna, al fine di favorire la mobilita' pedonale ed il
trasporto pubblico.
Le operazioni di restauro conservativo hanno per obiettivo:
a) l'integrale recupero degli spazi urbani e del sistema viario storico, con adeguate sistemazioni del
suolo pubblico, dell'arredo urbano e del verde e con la individuazione di parcheggi marginali;
b) il rigoroso restauro statico ed architettonico degli edifici antichi ed il loro adattamento interno per
il recupero igienico e funzionale, da attuare nel pieno rispetto delle strutture originarie esterne ed
interne, con eliminazione delle successive aggiunte deturpanti e la sostituzione degli elementi
strutturali degradati, interni ed esterni, con elementi aventi gli stessi requisiti strutturali di quelli
precedenti, senza alcuna modifica ne' volumetrica ne' del tipo di copertura;
c) la preservazione del tessuto sociale preesistente: a tale fine il Piano Regolatore Generale,
nell'ambito dell'insediamento storico, non puo' prevedere, di norma, rilevanti modificazioni alle
destinazioni d'uso in atto, in particolare residenziali, artigianali e di commercio al minuto, evitando
la localizzazione di nuovi complessi direzionali.
Per favorire un'ordinata esecuzione delle opere di restauro conservativo, da attuare anche a mezzo
delle leggi 18 aprile 1962, n 167, 22 ottobre 1971, n 865, e successive modificazioni e integrazioni,
il Piano Regolatore Generale fissa i modi per la programmazione degli interventi e per il prioritario
allestimento di alloggi di rotazione, al fine di garantire il rialloggiamento agli abitanti preesistenti,
soprattutto a coloro che svolgono attivita' economiche nell'agglomerato storico.
Il Piano Regolatore Generale indica i modi per la progettazione esecutiva con l'individuazione delle
porzioni di tessuto in cui e' obbligatorio il ricorso preventivo ai piani particolareggiati e di quelle in
cui e' ammesso l'intervento singolo di cui al successivo articolo 48.
Spetta altresi' al Piano Regolatore Generale individuare, nel rispetto delle competenze statali, le aree
di interesse archeologico e fissare norme per la loro tutela preventiva; qualsiasi mutamento allo
stato dei luoghi di queste aree deve essere previsto in sede di piano particolareggiato.
L'individuazione degli agglomerati, dei nuclei, degli edifici singoli e dei manufatti di interesse
storico-artistico e/o ambientale, nonche' delle aree di interesse archeologico, e' svolta in sede di
elaborazione di Piano Regolatore Generale e concorre alla formazione dell'inventario dei beni
culturali ambientali, promosso dalla Regione con apposito ufficio, facente parte del Servizio
Urbanistico Regionale, cui spettano le operazioni di verifica e di continuo aggiornamento.