Vivre la montanha di Marco Rey

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Vivre la montanha di Marco Rey
Vivre la montanha di Marco Rey
Le rifiniture di sfalcio
Le voulamèireus
di Marco Rey
italiano
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Quando le strade non erano ancora asfaltate, alla borgata della Vilò a fianco di ogni viottolo, viuzza o piazzetta cresceva una bella erbetta fina, talmente rasata da
formare un bel tappeto compatto.
Nel mese di maggio, dappertutto alla Vilò come in tutto il villaggio, appena dopo il sonnellino pomeridiano o la sera prima di cena... risuonava nell'aria un suono
ritmato, tin tin tin. Non un colpo lontano dall'altro, proveniva da tutte le parti sopra e sotto tin tin tin...
E' il suono che si produce facendo il filo alla falce! Allora tutti usavano le falci.
A Sant'Anna Fila posava il suo sacco di tela all'ombra della tettoia, su questa erbetta soffice a fianco della piazza, piantava ben infissa nel terreno la sua martelliera e
poi le si sedeva quasi a cavalcioni lasciandola in mezzo alle gambe tenute larghe. Sistemata la seduta e staccata la falce dal legno la prendeva in mano, la controllava
bene, prima da un lato poi dall'altro quindi posava il taglio con precisione sull'attrezzo tra le gambe, impugnava il pesante martello e tin tin tin iniziava il suo lavoro.
Aldo appena pochi metri più in basso lo imitava, più in là anche Felice batteva il filo della sua falce.
Un buon falciatore si riconosce dalla capacità nell'effettuare questo lavoro, tutti i prati erano rasati dalle falci.
Il Nonno per un prato alla Mulattiera utilizzava undici falciatori, tutti in fila per il ripido pendio, doveva essere un grande spettacolo!
Mi ha insegnato lui ad usare la falce, mi ricordava sempre che lui non era un bravo falciatore, diceva - ricordati che c'è chi zappa e chi taglia, tu devi imparare a
tagliare, non con la forza ma con la tecnica.- ho iniziato con una falce piccola, il legno corto ed ho cominciato a far cadere l'erba. Bisogna conoscere la falce ma
altrettanto bene bisogna comprendere il tipo di erba.
Piedi larghi, sinistro un po' arretrato e con le braccia leggermente aperte impugni la falce per i suoi manici; il braccio destro funge da perno, mentre il sinistro
formando un semicerchio con la falce tira indietro, i piedi sono fermi, mentre le spalle seguono il movimento della falce e girano con il tronco a sinistra. Capito
questo, è fatta! sei capace a falciare, ma difficilmente farai cadere l'erba.
Come in tutte le cose bisogna dare tempo, osservare gli anziani e pian piano ho imparato anch'io.
Nella regione Ariosa avevamo un grande prato, Nonno tagliava la linea di confine e dopo la prima andana mi posizionava davanti a lui sul pendio, non dovevi
sbagliare e non ti potevi fermare, a meno di chiederlo! Dietro alle gambe frap frap si sentivano i movimenti precisi del nonno, allora via fino in fondo e poi di nuovo e
poi di nuovo per tutto il giorno.
Ricordo lo spettacolo di tutte le andane precise che disegnavano il terreno, poi questo disegno si rompeva e si allargava l'erba per farla seccare.
Attrezzo indispensabile del falciatore è il portacote, ne ho collezionati molti, c'e n'erano di legno intagliati, di corno, di lamiera e bisognava sempre trovare dell'acqua
per riempirli, non troppo sennò si lavorava tutto il giorno con il fondoschiena bagnato. La cote è una pietra che serve, sfregata con metodo sulla falce a mantenerne il
filo è inserita nel portacote appeso alla cintura.
Sento ancora adesso il suono della cote che ad ogni paso ritmato del falciatore batte sul legno.
Nel pianoro di Pra Piano era un piacere usare la falce, il terreno praticamente liscio ti faceva divertire, Dolfo era sempre il primo iniziava sempre lui la stagione,
eseguiva il taglio di confine perfetto, senza misurazioni faceva un taglio netto senza mai sbagliare.
Dolfo tastava il filo con l'unghia del pollice - questa è erba cattiva, bisognare battere!- diceva. Mi ricordo l'unghia di Dolfo, unghie sicuramente mai tagliate, le
accorciava la roccia, la montagna, allora sì che le unghie erano utili, erano indispensabili per tagliare, graffiare, rompere erano vitali nell'eterno rapporto di odio ed
amore per sopravvivere su queste montagne!
Più tardi poi sono comparse le prime falciatrici, nonno ha comprato l'Agria, quando l'hanno consegnata e provata c'era mezzo paese a godersi lo spettacolo, faceva
tanto fumo e tanto rumore ma tagliava ed anche in fretta.
Non bene come la falce, molti erano scettici - No! No! Non taglia bene, non rasa il terreno. - ma col tempo l'hanno comprata tutti; ora la falce serviva solo più per le
rifiniture per pulire i confini, i contorni delle piante o i pezzi più ripidi. Ma i prati erano ancora belli e completamente puliti.
Ora abbiamo potenti trattori con frese, dischi e trincie di ogni tipo ma girano in tondo ed i prati si chiudono sempre di più. Altro che rifiniture di sfalcio, tutti i confini
da quadrati diventano circolari, ogni prato ha una cornice di rovi. Nessuno scende dai trattori e guarda i prati, c'è troppa fretta!
Probabilmente questo non è ancora il vero problema, sarà allora, quando non avremo più prati ma solo rovi?
E cosa diranno Nonno, Dolfo, Aldo e tutti i falciatori che rifinivano fin all'ultimo filo d'erba per la pulizia dei propri prati?
franco-provenzale
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Can li tsamin ieroun pa col asfaltaa, a la Vilò de flan a tot li li vieuleut, le countraa iavet ina bèla erba verdò, fina fina. Lou mez de mai dapertot, a la Vilò queme
d'aoutris post, countort de dueus oureus o de vepro pèina devan sina.... Te sentia d'apertot, tin tin tin tin tin...ritmaa, pa in creup pi louèin de l'aoutro. D'inarie è da
l'aoutro: Tin tin tin tin d'amoun è d'aval .
Et lou soun que te seunteus can te marteleus lou dalh! Aloura touit martelavoun li dalh.
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A Sèint'Ana Fila ou poze soun sac de tèrlò a l'oumbra de lou bènal, ou plante bèin la martelouèira apree ou se asete caze a tchuval, ou se arèindze bèin lou post apre ou
preun lou dalh, que ou l'avet dzo dèimounta daou foutsie, ou l'avèite bèin, ou lou vire da in'arie è da l'aoutro apre ou lou poze desu la martleira, lou fil bèin bitaa, ou
l'ampinhe lou martèl.. tin tin tin tin....Aldo in bleuc pi aval ou fèt la mèima tsoza, anque Felice ou martele soun dalh
In boun sèitou ou se counhet da couman ou martele lou dalh! Tot li pra ieroun razaa ave li dalh, nono ou l'avet in praa anout a la Melatiera aioun ialave unze sèitou,
tuit an fila ba per lou dret: dèivet eitre bel a vee!
Nono ou l'ot mountrame a siee, ou l'ot deloun dzume que loué ou l'ere paa in boun sèitou, iei coumansa avé in petseut dalh, lou foutsie pi queurt è iei taca a fare tsèire
l'erba: et pa facil! Fot counhèitre lou dalh ma fot anque counhèitre l'erba.
Li pia lardzo, l'èitsot in bleuc pi arie, li bras èivert t'ampinheus lou dalh. Lou bras dret ou fèt da perno e avé l'èitsot te tireus arie mentre a pia freum te virus lez
èipaleus a èitsota. Et fét aro tsu boun a sie. Ma te ariveus paa a fare tsèire in fil d'erba!
Ie vet de tèin, fot avèite li vielh ma atrouplan iei amparaa.
Anout a L'Arioua, n'aian gran! Nono ou vezet lou pèrmie andalh è apree ou me bitave devan, fountave pa sbalhee, darie li pia te sentia pase lou dalh... frap frap frap
alura avanti, pa tsapee tan lardzo, la pouèinta pèina in bleuc viaouta è via fin aou foun.
Seun que me guestave iere li couie, nhavet de corna, de boc, de tola; fountave deloun trouve in bleuc d'èiva per impli lou couie è banhe la cou, pa trot se no te siaveus
ave le vialheus dou cu banhaa! Li couie de booc ieroun travalha, n'èi col de bél, touit li col que li avèito seunto lou rimou de la cou que lhe bat dedin can lou sèitou ou
fét lou pas.
La cou lhere de peclo lhe servit per moulee lou dalh, manteni lou fil, can te moulaveus fountave pa avèitee viò!
Anout aou Truc, d'in Pra Plan iere bél siee, Dolfo Iamèin ou tacave deloun lou pèrmie ou vezet ina bouèina drèita d'in lou plan, ou l'asbalhave pa in creup,
m'ansevieno can ou prouvave lou fil dou dalh ave l'oungla dou pudzo, ou m'vèitave è ou dezet - fot martele, l'erba lhet grama isé lhe fét deloun trebulèmeM'ansevieno de l'ungla de Dolfo, forse ou l'avet mai talhaleus,lez oungleus, le talhave la rotsa, la mountanha, alura se! Le man aioun bezouèin de lez oungleus,
gratavoun,talhavoun.. fountave anouvre anque lez oungleus per vivre tsu sa mountanha que lhe nou vout bèin ma lhe fet trebulee.
Apre soun arivaa le permieureus falciatris, nono ou l'ot atsitaa l'Agria, can soun venu a prouvela iavet mez pai a avèite, lhe vezet bèin de rimou, de fum, m'ansevieno
que se lhere in bleuc per trave da la marmitta sourtet de serclo bloi bam bam bam.. ma lhe talhave.
Pa bèin queme lou dalh, tantiz dezioun - no no! Seie pa bèin, na lèise trot!- ma ian touit atsitaa la falciatris, alura lou dalh ou servet maque pi a fare le voulamèireus,
vout dire poulide aioun la maquina lhe arive paa, le bouèineus, dantort li plantin e li toc pi dret.
Ma li pra ieroun col touit poulid.
Aro iot li tratou, li disqui, le trincheus, virounl'antort fan lesto ma li pra se saroun deloun de pi.
Autro que le voulameireus, tot le bouèineus caraa vienoun ariuondeus, d'antort onhi praa crèisoun le rounzeus, caze touit li pra ian ina bouèina de rounzeus, aro seun
trot ampresa, fot coure, aieun pa tein de bèise dou tratou è fare le voulameireus!
Carcun deut que vet bèin parie, aieun col da ve anque li pra plèin de rounzeus?
Ma que derioun Nono, Dolfo, Aldo touit sit que ian sia ave li dalh è puolidavoun anque l'ultim fil d'erba per ave lou pra bèin poulid?
la voulamèira.mp3 Le rifiniture di sfalcio
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