progetto cervo - Parco Nazionale dello Stelvio
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progetto cervo - Parco Nazionale dello Stelvio
Consorzio Parco Nazionale dello Stelvio Konsortium National Park StilfserJoch PROGETTO CERVO PIANO DI CONSERVAZIONE E GESTIONE DEL CERVO NEL SETTORE TRENTINO DEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO E NEL DISTRETTO FAUNISTICO VAL DI SOLE 2008 PIANO DI CONSERVAZIONE E GESTIONE DEL CERVO NEL SETTORE TRENTINO DEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO E NEL DISTRETTO FAUNISTICO DELLA VAL DI SOLE A cura di Luca Pedrotti* e Natalia Bragalanti** Hanno collaborato: Fabio Angeli# - analisi e capitoli relativi agli impatti sulla rinnovazione del bosco Ivan Callovi** - analisi e capitoli relativi agli impatti sulla rinnovazione del bosco Anna Bonardi@ - analisi e figure relative allo studio sugli spostamenti e dispersione della popolazione Claudio Pasolli, Mariapia Cova e Marco Bregoli§ - analisi sullo stato sanitario della popolazione * Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio ** Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio # Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento @ Università degli Studi dell’Insubria § Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie Con il contributo e la condivisione di: Servizio Foreste e fauna della Provincia Autonoma di Trento Associazione Cacciatori trentini RINGRAZIAMENTI Il presente progetto ha richiesto la collaborazione di numerose persone, nelle varie fasi di organizzazione, realizzazione e stesura finale, senza il cui impegno non sarebbe stato possibile raggiungere gli attuali risultati. La collaborazione e la condivisione degli obiettivi tra Parco dello Stelvio, Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento e Associazione Cacciatori Trentini è risultata di fondamentale importanza in tutte le fasi del lavoro. Siamo grati a tutto il personale dell’Ufficio periferico di Cogolo del Parco Nazionale dello Stelvio per l’insostituibile supporto e per la pazienza mostrata verso un’attività inusuale. In particolare ringraziamo Fausto Ceschi, Nicola Mochen, Dorino Moreschini. Gli operai del Parco, in particolare Franco Longhi, Livio Moreschini, Fausto Penasa, Carlo Zanon e Antonio Licenzi, hanno dato un contributo fondamentale a tutte le fasi del lavoro. Ringraziamo i Comandanti e gli Agenti del Corpo Forestale Provinciale delle Stazioni forestali del Parco dello Stelvio di Peio e Rabbi, del Distretto Forestale della Val di Sole, Malé, Dimaro e Ossana, e del Distretto Forestale di Cles, fondamentali per la buona riuscita delle fasi di monitoraggio e per l’aiuto nelle attività di cattura; un ringraziamento particolare va a Nicolò Bacca, Michele Barbieri, Claudio Bordati, André Bortolameolli, Piergiorgio Canella, Giuseppe Dalla Torre, Marco Dallavalle, Luca Ducoli, Massimiliano Luzzani, Stefano Manini, Tommaso Minati, Guido Moreschini, Christian Moro, Luigi Pedri, Gianni Pegolotti, Luciano Piazzi, David Succetti, Mario Taddei, Marco Tasin, Bruno Todeschini, Walter Valentini, Severino Viviani e Mauro Zambelli. Riconoscenza va a tutte le persone che hanno partecipato e dato il loro contributo alla realizzazione delle operazioni di cattura dei cervi: Ivo Casolla, Cristina Fraquelli e Paolo Zanghellini che hanno fornito la loro esperienza di veterinari e di esperti di catture; i guardiacaccia dell’ACT e, in particolare, Stefano Dell’eva, Emilio Depetris, Antonio Fanti, Graziano Paris, Adriano Taller. Un ringraziamento a tutti i cacciatori delle Riserve del Distretto Faunistico Val di Sole che si sono costantemente impegnati ed hanno partecipato alla raccolta dei campioni biologici per le valutazioni biometriche e sanitarie e ai censimenti. Gratitudine va a Chiara Albero, Daniele Asson, Federica Badino, Luisa Bresadola, Nicola Geneletti, Manuel Penasa, Claudia Rigotto, Micol Roncoroni, Chiara Rossi e Diego Serini, che hanno fornito il loro prezioso aiuto al progetto, nell’ambito della loro tesi di laurea o di master. Barbara Chiarenzi, Ivan Callovi, Jessica Gentilini, Lucio Luchesa, Sara Luchetti, Ilenia Perrotta, Francesca Sotti, Margherita Tommasini e Massimiliano Zaninetti si sono alternati nel corso di cinque anni di progetto nella attività di osservazione, censimento e monitoraggio mediante radiotracking dei cervi marcati. A loro spetta un omaggio particolare per aver contribuito in modo essenziale, e con grande impegno in lunghe giornate (e nottate!) di campo alla raccolta di una enorme mole di dati. Un ringraziamento particolare va a Francesca Cagnacci e Barbara Franzetti, che hanno stimolato e reso possibile l’avvio di sperimentazioni alternative nella valutazione della densità della popolazione ed hanno fatto crescere la curiosità e la voglia di percorrere nuove strade. Giorgio Carmignola e Franco Perco, rappresentano la memoria storica del Progetto Cervo iniziato a cavallo del nuovo millennio; senza i loro insegnamenti e il loro lavoro precedente questo piano non esisterebbe. Grande riconoscenza va a Guido Tosi, per la competenza, la passione e i continui scambi di idee. Il proficuo e costante rapporto con il Servizio Foreste e Fauna e con l’Associazione Cacciatori Trentini ha permesso di raggiungere un eccellente coordinamento delle operazioni congiunte e di mantenere un continuo scambio di informazioni. Per questo ringraziamo Romano Masé, Maurizio Zanin, Ruggero Giovannini, Paolo Kovatsch, Maurizio Mezzanotte, Mariasanta Calabrese, Fabrizio Baldessarri, Walter Sieff della Provincia Autonoma di Trento e Sandro Flaim, Umberto Zamboni, Alessandro Brugnoli, Lucio Luchesa e Mauro Alberti dell’Associazione Cacciatori Trentini. Un riconoscimento va alle numerose persone che hanno contribuito ai contenuti ed alla struttura del progetto: Enrico Bassi ha fornito le sue conoscenze relative allo stato di conservazione del gipeto; Anna Bonardi ha realizzato le analisi sulla condizione e costituzione delle popolazioni e sugli spostamenti dei cervi monitorati; Alessandro Gugiatti e Sandro Nicoloso hanno portato la loro grande esperienza dal “lato” lombardo del Parco; Lucio Luchesa e, in una fase successiva, Mauro Alberti, tecnici faunistici dell’ACT, hanno costantemente fornito supporto, collaborazione e un’infinita energia a tutte le fasi del progetto; Ettore Zanon ha fornito la sua esperienza e le sue conoscenze di balistica per le valutazioni relative all’utilizzo delle munizioni; l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie e in particolare Claudio Pasolli, Marco Bregoli e Mariapia Cova, hanno curato gli aspetti relativi allo stato sanitario della popolazione; Vincenzo Manini, Alfeo Melchiori, presidente della Consulta della Val di Sole e i Rettori delle Riserve di Caccia della Val di Sole, si sono resi disponibili ad un continuo confronto critico sulle previsioni del piano; il confronto critico con Andrea Agapito e Guido Trivellini, del WWF Lombardia, ha reso possibile un approccio ancora più approfondito sugli aspetti del controllo delle popolazioni di fauna selvatica. Un ringraziamento, infine, ai presidenti del Parco, Ferruccio Tomasi, Franca Penasa e Angelo Dalpez e ai direttori, Paolo Moreschini, Luigi Spagnolli e Wolfgang Platter, per il sostegno e la fiducia accordate alle attività di ricerca. INDICE 1. INTRODUZIONE ................................................................................................................... 1 2. IL PROGRAMMA DI INDAGINE E SPERIMENTAZIONE (1998 – 2000) .............................. 7 2.1. Obiettivi del Programma Triennale.................................................................................... 7 2.2. Quadro della situazione del cervo nell’ Unità di Gestione “Val di Sole” e sintesi delle conclusioni operative emerse dal programma ............................................................................. 11 2.3. Il primo piano di gestione nell’ug “Val di Sole” (2000-2004) ............................................ 12 3. ATTIVITÀ DI INDAGINE E GESTIONE – LA RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI E I RISULTATI DEL PRIMO PIANO DI GESTIONE (2000-2006) ...................................................... 15 3.1. Definizione a livello cartografico delle aree di svernamento ed estivazione e archiviazione digitale delle informazioni ............................................................................................................ 16 3.2. Ricostruzione del quadro distributivo, delle consistenze e della demografia ................... 17 3.2.1 Valutazione sperimentale delle consistenze della popolazione ................................... 17 3.2.1.1. Censimenti primaverili notturni .............................................................................. 19 3.2.1.2. Attività sperimentale di censimento mediante mark-resight ................................... 21 3.2.1.3. Attività sperimentale di censimento mediante distance sampling applicato alla termografia ad infrarossi.......................................................................................................... 22 3.2.1.4. Attività sperimentale di censimento mediante distance sampling applicato al pellet group count ............................................................................................................................. 24 3.2.1.5. Ricostruzione retrospettiva della demografia e della dinamica di popolazione mediante cohort analysis......................................................................................................... 25 3.2.1.6. Valutazione della struttura di popolazione mediante censimenti estivi................... 26 3.3. Analisi delle capacità di spostamento e di dispersione della popolazione ....................... 27 3.4. Analisi della condizione e costituzione ............................................................................ 36 3.5. Analisi dello stato sanitario ............................................................................................. 39 3.6. Analisi delle interazioni con altre componenti dell’ecosistema e con le attività umane .... 42 3.6.1 Impatto sul bosco........................................................................................................ 43 3.6.1.1. Rilievo per punti di campionamento....................................................................... 43 3.6.1.2. Rilievi mediante l’impiego di recinti di esclusione .................................................. 44 3.6.1.3. Rilievo mediante transetti a carico della rinnovazione forestale nel Parco Nazionale dello Stelvio ............................................................................................................................. 45 3.6.2 Impatto sui prati-pascoli .............................................................................................. 46 3.6.3 Interazione con il capriolo ........................................................................................... 47 3.6.4 Interazione con il camoscio......................................................................................... 48 3.6.5 Interazione con il gallo cedrone................................................................................... 49 3.6.6 Interazione con il gipeto .............................................................................................. 50 3.7. Risultati degli andamenti di sei anni di prelievo............................................................... 50 4. STATO DEL CERVO E RAPPORTI CON L’ECOSISTEMA................................................ 55 4.1. Ridefinizione della Unità di Gestione .............................................................................. 55 4.1.1 Il Parco Nazionale dello Stelvio................................................................................... 55 4.1.2 Inquadramento geografico .......................................................................................... 57 4.1.3 L’unità di gestione....................................................................................................... 58 4.1.4 Inquadramento ambientale ......................................................................................... 61 4.2. Status attuale della popolazione di cervo........................................................................ 63 4.2.1 Quadro storico ............................................................................................................ 64 4.2.2 Distribuzione ............................................................................................................... 69 4.2.3 Consistenza e dinamica.............................................................................................. 72 4.2.3.1. Valutazione critica dell’efficienza dei differenti metodi di conteggio adottati........... 74 4.2.3.2. Ricostruzione della popolazione per coorti ............................................................ 80 4.2.3.3. Ricostruzione della dinamica della popolazione .................................................... 83 4.2.3.4. Analisi della mortalità ............................................................................................ 89 4.2.3.5. Storia ed evoluzione della popolazione nell'unità di gestione ................................ 90 4.2.4 Demografia e Struttura.............................................................................................. 106 4.2.4.1. Rapporto tra i sessi ............................................................................................. 106 4.2.4.2. Struttura della popolazione per età...................................................................... 108 4.2.4.3. Analisi della mortalità naturale............................................................................. 109 4.2.4.4. Analisi della natalità e della produttività della popolazione .................................. 111 4.2.4.5. Dinamica di popolazione nel parco e dipendenza dalla densita' .......................... 115 4.2.5 Condizione e costituzione ......................................................................................... 121 4.2.5.1. Curve di crescita ................................................................................................. 121 4.2.5.2. Condizione e costituzione ................................................................................... 123 4.2.5.3. Fertilità e potenziale riproduttivo.......................................................................... 126 4.2.5.4. Distribuzione dei concepimenti............................................................................ 129 4.2.5.5. Conclusioni ......................................................................................................... 130 4.2.6 Capacità di spostamento e di dispersione della popolazione .................................... 132 4.2.6.1. Qual è l’unità di popolazione della Val di Sole e qual è di conseguenza la migliore unità territoriale da prendere in considerazione per la gestione del cervo in Val di Sole ? ..... 135 4.2.6.2. Quali sono le differenti strategie di occupazione dello spazio ? ........................... 136 4.2.6.3. Che percentuale della popolazione ha un comportamento migratorio ? .............. 141 4.2.6.4. Che spostamenti compiono le cerve che effettuano migrazioni stagionali tra i quartieri di svernamento e di estivazione ?............................................................................ 143 4.2.6.5. In che periodo avvengono le migrazioni stagionali ? ........................................... 145 4.2.6.6. Qual è la dimensione media degli home range annuali e stagionali ?.................. 146 4.2.6.7. Come funzionano i meccanismi di dispersione ? ................................................. 159 4.2.6.8. Quali sono state la sopravvivenza e le cause di morte degli animali marcati con radiocollare?.......................................................................................................................... 160 4.2.6.9. Conclusioni ......................................................................................................... 161 4.2.7 Stato sanitario........................................................................................................... 166 4.3. Quadro delle problematiche e delle valenze delle popolazioni di cervo nel contesto ambientale, gestionale e socio-eConomico dell’ Unità di Gestione............................................ 171 4.3.1 Impatti sulla rinnovazione del bosco ......................................................................... 171 4.3.2 Impatti sui prati-pascoli ............................................................................................. 182 4.3.3 Danni a orti e coltivazioni per calpestio e brucamento............................................... 187 4.3.4 Collisioni con veicoli.................................................................................................. 188 4.3.5 Mortalità nei pressi dei centri abitati .......................................................................... 191 4.3.6 Interazioni con altre componenti faunistiche dell’ecosistema .................................... 193 4.3.6.1. Interazioni con il capriolo..................................................................................... 193 4.3.6.2. Interazioni con il camoscio .................................................................................. 195 4.3.6.3. Interazioni con il gallo cedrone ............................................................................ 199 4.3.6.4. Interazione con il gipeto ...................................................................................... 202 4.3.6.5. Interazioni con i grandi predatori ......................................................................... 210 4.3.7 Mantenimento delle aree aperte................................................................................ 220 4.3.8 Fruizione scientifica e turistico-naturalistica .............................................................. 221 4.3.9 Gestione venatoria.................................................................................................... 222 4.4. Considerazioni di sintesi su status e problematiche ...................................................... 224 4.4.1 Gli impatti ecologici della sovrabbondanza dei cervi ................................................. 224 4.4.2 La situazione nel Parco Nazionale dello Stelvio ........................................................ 227 4.4.3 La situazione nel Distretto Faunistico Val di Sole...................................................... 231 4.4.4 Verso una visione per il nuovo piano di conservazione e gestione del cervo............. 233 4.4.5 Quadro normativo di riferimento................................................................................ 235 5. LINEE STRATEGICHE PER LA CONSERVAZIONE E GESTIONE DELLA POPOLAZIONE DI CERVO NELL’UNITÀ DI GESTIONE (2009-2013) ................................................................ 239 5.1. Obiettivo generale ........................................................................................................ 240 5.2. Obiettivi specifici........................................................................................................... 240 5.3. Azioni proposte............................................................................................................. 242 5.4. Piano di controllo della popolazione di cervo ................................................................ 246 5.4.1 Obiettivi del piano di controllo ................................................................................... 246 5.4.2 Modalità di riduzione della popolazione all'interno del Parco..................................... 247 5.4.3 Proposta di piano prelievo......................................................................................... 251 5.4.4 Area di intervento...................................................................................................... 258 5.4.5 Tempi di intervento ................................................................................................... 260 5.4.6 Personale ................................................................................................................. 260 5.4.7 Modalità di intervento................................................................................................ 262 5.4.8 Problematiche connesse alla realizzazione del piano di controllo ............................. 262 5.4.9 Costi ......................................................................................................................... 267 5.4.10 Indicatori di valutazione........................................................................................... 269 5.4.11 Risultati attesi ......................................................................................................... 269 6. BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 270 +0641&7<+10' Le varie componenti sociali attribuiscono alla fauna selvatica un ampio spettro di valori e significati, spesso tra loro contrastanti. Alcuni di essi sono positivi: sussistenza, ricreazione, utilità commerciale, arricchimento estetico ed emotivo, valore scientifico legato alla storia evolutiva e alla funzione ecologica che gli organismi viventi hanno nei sistemi naturali indispensabili alla vita dell'uomo. In altri casi la società e alcune componenti dell'opinione pubblica sono più attente agli aspetti negativi legati alla fauna selvatica. Essa può disturbare o creare danni alle proprietà, ad altra fauna o a interi ecosistemi. Alcune specie possono fungere da serbatoi o vettori per malattie trasmissibili all'uomo o agli animali domestici. Altre, infine, possono attaccare direttamente l'uomo. In questo senso gli obiettivi della gestione faunistica sono quelli di conservare e migliorare lo status della fauna che è percepita quale valore positivo e ridurre gli effetti considerati come negativi o, comunque, indesiderati. In questo senso la limitazione dei danni arrecati dalla fauna selvatica, così come la sua tutela, gestione e il suo razionale utilizzo (consumptive use) fanno parte di quello spettro di attività tra loro complementari che, riunite, sotto il più ampio termine di conservazione faunistica, vengono messe al servizio della società. L'introduzione di valori di carattere sociale attribuibili alla fauna selvatica per la pianificazione di politiche pubbliche, è un processo di carattere anche politico, di cui bisogna necessariamente tenere conto nello sviluppo di programmi di conservazione e gestione faunistica efficaci e concretamente applicabili. Esso rappresenta il risultato dei confronti tra le istanze e gli interessi delle varie componenti sociali che attribuiscono alla fauna differenti scale di valori. Tale processo non si limita ai soli aspetti tecnici e scientifici, anche se una solida base di informazioni e considerazioni di carattere scientifico è fondamentale ed imprescindibile per definire gli obiettivi di base e valutare le conseguenze tecniche delle differenti opzioni politiche. L’affrontare un tema quale la valutazione dei possibili impatti arrecati da un grande mammifero come il cervo alle altre componenti dell’ecosistema in cui vive e alle attività economiche dell’uomo, implica direttamente l'attribuzione di valori e di giudizi negativi. Le popolazioni animali vengono solitamente definite sovrabbondanti (o in eccesso), e quindi meritevoli di controllo numerico, quando, complessivamente, creano effetti negativi per una o più componenti della società. In termini puramente ecologici, ragionando quindi su scale spaziali e temporali adeguate, diventa estremamente difficile ed arbitrario attribuire valori positivi o negativi all'evoluzione di una popolazione e alle sue interazioni con le altre componenti dell'ecosistema, se non prendendo in considerazione il ruolo e le funzioni che gli ecosistemi stessi (produttivi o naturali) hanno per l'uomo. Anche nei casi particolari in cui il giudizio sembrerebbe unanime, si pensi ad esempio al possibile rischio di estinzione di un elemento della fauna locale che entra in competizione con una specie alloctona, il rapporto con la specie umana (che, in questo caso, è causa dell'immissione) è fondamentale. 1 II "danno", quindi, è sempre tale solo in rapporto al punto di vista umano e della società che, come si è già accennato, non possiede, solitamente, un'opinione univoca nelle sue diverse componenti. In questo senso l'accezione di "danno" va intesa come problema causato da una condizione inattesa e non voluta ed è un concetto meramente antropocentrico e speciespecifico. Il riconoscimento e la valutazione del danno richiede la definizione a priori di un obiettivo concreto (una condizione desiderata o un beneficio atteso) che possa essere confrontato con la condizione verificata in modo da determinare l'eventuale insorgenza e l'entità del danno stesso. Da una prospettiva neutrale nei confronti della specie considerata (sia essa animale o vegetale), il termine "danno" perde di significato. Da un punto di vista sociale il verificarsi di un problema necessita di un proprietario (colui che subisce o, comunque, lamenta il danno) ed è il "proprietario" del problema che solitamente definisce tale il danno. Ad esempio, se un brucamento intensivo rappresenta un problema per lo sfruttamento forestale e per le specie arboree, le altre essenze vegetali, così come la fauna e le persone che prediligono gli spazi aperti, potrebbero invece trarre beneficio da una diminuzione della copertura forestale stessa. Un simile approccio potrebbe apparire eccessivo nel caso in cui le considerazioni relative ai danni riguardano le aree protette che, in virtù della loro specifica destinazione, dovrebbero rappresentare i territori di valore naturalistico e ambientale più elevato e, quindi, meno manipolati e marginalmente interessati dalla presenza e dalle attività antropiche. Tuttavia il quadro non è così semplice. In buona parte dell'Europa l'ambiente ha subito trasformazioni così profonde ad opera dell'uomo, da poter considerare ormai scomparsi, o estremamente rari, i territori in cui è possibile operare senza tenere conto della presenza e delle esigenze umane. Inoltre, le dimensioni medie delle aree protette sono tali da rendere impensabile una loro gestione "a compartimento stagno", che non prenda in considerazione gli effetti della gestione del territorio protetto sulle aree circostanti (solitamente tali effetti sono positivi, ma il caso non è generalizzabile). Una definizione rigorosa delle finalità e degli obiettivi gestionali di ciascuna porzione di territorio (dai parchi nazionali sino ai distretti faunistici per la pianificazione venatoria) diventa fondamentale per delineare un'efficace strategia di pianificazione e gestione di tali aree. Nella realtà italiana, in base a quanto previsto dalla legge quadro sulle aree protette (L. 397/91), nei parchi nazionali è prevista la presenza di territori con ecosistemi parzialmente alterati da interventi antropici e la possibilità di mantenimento e sviluppo delle attività tradizionali. Secondo la classificazione in categorie proposta dall'IUCN (1994; Tabella 1.1), una buona frazione delle aree individuate come "Parco Nazionale" in Italia, non viene riconosciuto come tale secondo la classificazione internazionale, ma viene inserita nella categoria "Paesaggio terrestre protetto"; e questo viene fatto prendendo in considerazione lo "stato ambientale" dell'area considerata e le sue possibili finalità e obiettivi gestionali. Gli obiettivi primari di un Parco Nazionale sono la conservazione delle specie e della diversità genetica e la ricreazione, mentre quelli di un paesaggio protetto sono il mantenimento di caratteristiche culturali e/o tradizionali particolari, la protezione di specifiche caratteristiche naturali/culturali e il turismo e la ricreazione. Un maggior rigore in questo campo permetterebbe anche di stabilire obiettivi più chiari nella programmazione degli interventi di controllo e delle differenti modalità di intervento a seconda della tipologia di area considerata. Il dibattito sulla necessità di gestione di alcune componenti della fauna selvatica all'interno delle aree protette si focalizza inoltre sulle possibilità di stabilire quale sia il livello di autoregolazione naturale delle popolazioni. Gli attuali quesiti e ipotesi sulla regolazione naturale e sulla stabilità degli ecosistemi non possono essere risolti sul medio-breve periodo dal metodo scientifico. In molte aree protette le decisioni sull'opportunità di eventuali interventi diretti dovranno essere prese prima di aver raggiunto una sufficiente comprensione scientifica del funzionamento degli ecosistemi presenti. Anche questo significa che la definizione di chiari obiettivi e motivazioni dovrà tenere in debito conto anche gli aspetti socio-politici ed economici. 2 In base a tutte le considerazioni sinora fatte, il problema trattato appare sicuramente complesso e molto spesso legato a condizioni peculiari o locali. Le basi tecnico-scientifiche necessarie a fornire raccomandazioni e soluzioni per risolvere i problemi causati dalla fauna selvatica racchiudono conoscenza specifiche sulle specie considerate e sui loro habitat. Ma nella definizione dei problemi e nella realizzazione dei programmi operativi, gli aspetti tecnici sono solo una parte del "problema". In questo panorama gli aspetti tecnico-scientifici necessitano del massimo rigore e della massima chiarezza di obiettivi in modo da garantire una corretta pianificazione degli interventi ed una altrettanto corretta valutazione dei risultati. Il primo scopo del presente rapporto è quello di produrre un documento che analizzi in modo approfondito lo status della popolazione di cervo nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio (PNS) e nelle aree limitrofe e quantifichi gli effetti e gli impatti causati dalle elevate densità di cervo alle restanti componenti degli ecosistemi e alle attività umane di interesse economico. La seconda parte del rapporto ha lo scopo di tracciare un quadro tecnico di riferimento, coerente e rigoroso, per valutare la necessità e/o l’opportunità di un controllo numerico delle popolazioni e per pianificare in modo corretto ed efficace tali operazioni. Il risultato finale è la stesura di un complessivo piano di conservazione e di gestione della popolazione di cervo presente nell’unità di gestione posta a cavallo del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, che affronti il problema del controllo numerico del cervo nell’area protetta in modo esauriente, coerente e tecnicamente corretto. Il Piano stabilisce un obiettivo generale per mantenere un soddisfacente stato di conservazione delle popolazioni di cervo nel Parco e definisce numerosi obiettivi specifici e le corrispondenti azioni per la realizzazione del piano stesso e per l’avvio di una sua fase di verifica. Il Piano dovrà essere sottoposto al parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca sull’Ambiente (ISPRA) ed essere approvato dal Consiglio Direttivo del PNS e da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Il Piano stesso dovrà inoltre essere corredato da uno Studio per la valutazione di incidenza in quanto il Settore trentino del Parco è in gran parte ricompreso all’interno di tre Siti di Importanza Comunitaria e tre Zone di Protezione Speciale, la cui valutazione è competenza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Il presente documento si configura come uno strumento di lavoro per impostare in modo razionale e condiviso le future attività di conservazione e gestione delle popolazioni di cervo nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e nel Distretto Faunistico della Val di Sole. Da una parte, all’interno dell’area protetta, è necessario valutare la necessità e l’opportunità di ridurre la densità della popolazione per gli impatti che tale densità elevata arreca nel lungo termine agli equilibri ecologici del Parco e per i conflitti che si ingenerano con le attività di interesse umano; dall’altra sarà necessario non limitare lo sguardo solamente all’interno del Parco, consapevoli che il “sistema Val di Sole” debba essere considerato un unicum per la popolazione di cervo. Così come le azioni attuate all’esterno hanno contribuito in parte a determinare l’attuale situazione all’interno del Parco, ugualmente sarà necessario, nel momento in cui si deciderà di agire nel Parco, prendere in giusta considerazione le possibili ricadute sulla popolazione anche all’esterno. Giunti al termine della seconda fase di pianificazione e sperimentazione del Progetto Cervo, si ritiene utile riportare in modo sintetico i principali risultati raggiunti nell’attività di ricerca e monitoraggio e fornire un quadro progettuale completo ed esaustivo per la futura programmazione delle attività del “Piano per la conservazione e la gestione della popolazione di cervo del Parco Nazionale dello Stelvio e della Val di Sole”. Nella prima parte del documento (Capitolo 2) viene tracciata una sintesi di quanto raccolto, realizzato e proposto nell’ambito del primo triennio di lavoro del “Progetto Cervo” (1998-2000). Nel Capitolo 3 vengono documentati gli obiettivi di pianificazione cui ci si è riferiti nel periodo 3 2000-2006 e tutte le modalità di raccolta delle informazioni relative alla popolazione di cervo ed alle sue interazioni con le componenti ecologiche, economiche e sociali del sistema su cui ci si è particolarmente concentrati in questo lasso di tempo. Il Capitolo 4 rappresenta il vero e proprio programma – piano di gestione per il futuro quinquennio. Il Capitolo 4.1 definisce nel dettaglio le caratteristiche e i confini dell’unità territoriale in cui è distribuita la popolazione di cervo e a cui si fa riferimento per la programmazione e per le azioni del piano (Unità di Gestione). Il Capitolo 4.2 comprende una sintesi dello status attuale della popolazione di cervo presente nell’Unità di gestione e della sua demografia e condizione. Il paragrafo 4.3 analizza e quantifica, dove possibile, lo stato delle conoscenze delle interazioni tra il cervo e le componenti ecologiche, economiche e sociali del sistema. Il paragrafo 4.4 contiene le considerazioni di sintesi sulle problematiche che si vengono a creare in rapporto all’elevata densità della popolazione di cervo e riporta il quadro normativo di riferimento entro cui si è tenuti a muoversi. Tutto ciò rappresenta la base per poter effettuare una valutazione critica delle diverse opzioni di gestione disponibili, per scegliere l’opzione ritenuta più opportuna e per definire conseguentemente le nuove linee strategiche di gestione (paragrafo 4.5). L’interesse specifico nei confronti del cervo nasce negli amministratori del Parco Nazionale dello Stelvio verso la fine degli anni ’90 in base all’esigenza di far fronte alle continue e più o meno intense pressioni emerse in ambito locale, riguardanti gli ipotizzati danni che le consistenti popolazioni di cervo arrecavano alla rinnovazione del bosco ed alle attività umane di interesse economico (pascoli e prati a sfalcio, coltivazioni di pregio, orti e frutticoltura intensiva). Tra le ulteriori motivazioni alla base dei conflitti, possono essere citate le opinioni negative sulle elevate densità e concentrazioni di cervo, considerate come una minaccia per l’elevato rischio di collisioni lungo la rete stradale e come una possibile causa di malattie a carattere epidemico responsabili di una diminuzione della “qualità” della popolazione e di elevate mortalità. Secondo l’opinione di alcune categorie di portatori di interessi, le elevate mortalità naturali sono inoltre considerate “inutili” poiché, attraverso l’introduzione del prelievo venatorio, potrebbe essere ridotto e controllato il numero degli individui senza il verificarsi di apparenti sprechi connessi con l’elevata mortalità naturale. Per questo nel 1997 viene nominata un’apposita “Commissione Cervo”. La Commissione, incaricata di analizzare il problema e di proporre possibili soluzioni alternative, arriva alla conclusione che è necessario acquisire maggiori conoscenze, allora carenti, sullo status delle popolazioni e sugli impatti da esse arrecati, prima di proporre qualsiasi intervento. Il lavoro della Commissione si conclude nel 2000 con la stesura di un nutrito rapporto denominato “Progetto Cervo – programma triennale di indagine e sperimentazione per una gestione del cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio”, realizzato da un gruppo di lavoro appositamente incaricato dal Parco e formato da Franco Perco, Giorgio Carmignola, Luca Pedrotti e Claudio Pasolli. 4 Un’area naturale di terra e/o mare, designata per: a) proteggere l’integrità ecologica di uno o più ecosistemi per le generazioni presenti e future; b) escludere lo sfruttamento o l’occupazione contraria agli scopi della designazione dell’area; c) fornire una base per le opportunità spirituali, scientifiche, educative, ricreative, tutte devono essere compatibili con l’ambiente e la cultura. PARCHI NAZIONALI III Aree protette gestite per la conservazione la specificità dell’ambiente naturale MONUMENTI NATURALI Aree protette gestite principalmente per la protezione degli ecosistemi e a fini ricreativi Un’area che contiene uno, o più, caratteristiche specifiche naturali o naturali/culturali, che rappresenta un'area di notevole valore per le sue caratteristiche. Un’ampia area di terra non modificata o parzialmente modificata, e/o di mare, protetta e gestita per preservare la sua condizione naturale. Ib) Aree incontaminate: aree protette gestite principalmente per la protezione della natura II Un’area di terra e/o di mare che possiede rilevanti o rappresentativi ecosistemi o caratteristiche geologiche fisiologiche e/o di specie, disponibili principalmente per la ricerca scientifica /o monitoraggio ambientale. Ia) Riserve naturali o aree di riserva integrale: aree protette gestite principalmente per la scienza Un’area ove si persegue il mantenimento dei processi ecologici e la conservazione della diversità biologica costituenti esempi rappresentativi dell'ambiente naturale nel quale praticare studi scientifici, il monitoraggio dell'ambiente, la didattica e per mantenere le risorse genetiche in uno stato di evoluzione dinamica. RISERVE NATURALI INTEGRALI E AREE INCONTAMINATE I DEFINIZIONE NOME CAT. NOTE Si tratta di aree di dimensioni piuttosto contenute, dove però si rende necessario stabilire un regime di protezione a causa della presenza di formazioni biologiche e/o geologiche di particolare interesse oppure di reperti storici e artistici di alto valore culturale. Si tratta delle aree protette più note. In linea generale, nei parchi nazionali non sono ammesse le attività che si basano sul prelievo delle risorse e ogni iniziativa potenzialmente nociva per l’ambiente deve essere attentamente autorizzata, pianificata e controllata. I parchi nazionali si estendono su superfici molto ampie e spesso comprendono habitat alquanto differenti e interessanti. Si tratta di territori in cui tutte le specie e tutte le risorse sono protette in maniera rigorosa. L’obiettivo è quello di prevenire qualsiasi possibilità di interferenza con l’uomo, vietando ogni tipo di attività. Lo scopo di queste aree infatti è quello di preservare integralmente la biodiversità che vi abita, garantendone l’isolamento totale dalle zone industriali e antropizzate. Esse costituiscono dei laboratori di ecologia a cielo aperto, dove l’unica attività consentita, su rilascio di specifica autorizzazione, è appunto lo studio scientifico dei processi naturali. Tabella 1.1 – Categorie di gestione delle aree protette secondo l’UICN (Linee guida delle aree protette, 1994). 5 6 VI V IV CAT. AREE PER LA GESTIONE SOSTENIBILE DELLE RISORSE Aree protette per la tutela del paesaggio e per fini ricreativi PAESAGGI TERRESTRI E MARINI PROTETTI Aree protette gestite per la conservazione dell’ambiente naturale attraverso interventi di gestione AREE PER LA GESTIONE DI HABITAT E SPECIE NOME Un’area che contiene in modo predominante sistemi naturali non modificati, gestiti per garantire una protezione a lungo termine e il mantenimento della diversità biologica, provvedendo allo stesso tempo un sostenibile flusso di prodotti naturali e servizi per far fronte ai bisogni della comunità. Aree di terra, con coste e mare, dove le interazioni tra popolazione umana e natura hanno prodotto un’area di carattere distinto con un valore estetico, ecologico e/o culturale e spesso con un alto tasso di diversità biologica. La salvaguardia dell’integrità di questa interazione tradizionale è vitale per la protezione, mantenimento ed evoluzione di questa area. Un’area di terra e/o mare soggetta ad interventi di gestione al fine di garantire il mantenimento degli habitat e/o tutelare specifiche specie di animali. DEFINIZIONE Si tratta di zone naturali di notevole estensione in cui il bilancio fra uso e non uso delle risorse è spostato a favore del primo. In altri termini viene privilegiato il concetto di sfruttamento controllato della natura rispetto a quello di protezione rigidamente intesa. Si tratta dunque di aree dotate di una biodiversità rilevante dove tuttavia è possibile il prelievo sostenibile di materie prime, di origine biologica e abiologica, a condizione che tali attività si svolgano nel rispetto dei tempi e delle modalità del loro rinnovamento spontaneo. Si tratta di territori e zone di mare in cui i limiti alle attività umane sono intesi in maniera flessibile. Di fatto in questa tipologia di area protetta sono consentite pressoché tutte le attività che hanno a che fare con le tradizioni locali, purché caratterizzate da un uso sostenibile delle risorse naturali. Si tratta spesso di località che offrono buone opportunità per un turismo non aggressivo e attività ricreative compatibili con l’ambiente. Rientrano tipicamente in questa categoria le zone abitate da piccole comunità a economia basata sulla pesca, sull’agricoltura locale e sul turismo ecologico. Si tratta di aree il cui significato è grossomodo simile a quello delle riserve naturali integrali. La differenza risiede nel fatto che in esse sono tollerate iniziative di manutenzione dell’ambiente naturale, come alcune pratiche selvicolturali, la gestione di specie problematiche e poche altre. Nelle riserve di questo tipo possono inoltre essere autorizzate alcune attività a basso impatto ambientale. NOTE +.241)4#//#&++0&#)+0'' 52'4+/'06#<+10' Ō In rapporto all’esigenza degli amministratori del Parco Nazionale dello Stelvio di dare una risposta alle istanze emerse in ambito locale relative agli ipotizzati danni arrecati dal cervo alla rinnovazione del bosco ed alle attività umane di interesse economico, nel 1997 viene nominata un’apposita “Commissione Cervo”, composta da alcuni dei massimi esperti di gestione faunistica in ambito nazionale e da rappresentanti degli Enti preposti alla gestione e conservazione del patrimonio faunistico. La Commissione arriva alla conclusione che è necessario acquisire maggiori conoscenze sullo status delle popolazioni e sugli impatti da esse arrecati, prima di proporre qualsiasi intervento, suggerendo di nominare un Gruppo di esperti che curi la realizzazione del progetto nel suo complesso. Il Gruppo di esperti conclude il suo lavoro con la stesura di un nutrito rapporto denominato “Progetto Cervo – programma triennale di indagine e sperimentazione per una gestione del cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio”. 1$+'66+8+&'.241)4#//#64+'00#.' Tra il 1998 e il 2000, il gruppo di esperti lavora, anche con il supporto di consulenti esterni e con il contributo degli agenti forestali del Parco, alla raccolta delle informazioni e alla stesura di un primo piano di gestione. I primi tre anni del programma di indagine e sperimentazione servono ad acquisire le conoscenze di base necessarie (status delle popolazioni di cervo ed entità degli impatti sulle altre componenti dell’ecosistema) e a dare avvio ad un piano di gestione delle popolazioni di cervo che individui livelli soglia di consistenza tali da ridurre gli impatti da esse causati. Il piano definisce quindi le modalità operative con cui ridurre le densità delle popolazioni laddove se ne ravveda la necessità. La fase di acquisizione delle conoscenze approfondisce i seguenti aspetti: - valutazione della distribuzione e delle consistenza delle popolazioni; - valutazione dell’evoluzione numerica negli anni; - valutazione dello stato sanitario della popolazione; - valutazione della condizione, costituzione e fertilità delle popolazioni; - valutazione dell’ammontare dei danni alle attività agricole; - valutazione dell’impatto degli ungulati sulla rinnovazione forestale; - valutazione dell’interazione con i grandi predatori e ipotesi sulla fattibilità ed opportunità di una loro reintroduzione (ne sfocia uno studio di fattibilità per la reintroduzione della lince); - sperimentazione di tecniche di controllo numerico mediante catture e abbattimenti. 7 La fase di raccolta dei dati sfocia nella produzione di un rapporto conclusivo (“Progetto Cervo – programma triennale di indagine e sperimentazione per una gestione del Cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio”), discusso e approvato, in sede di Consiglio Direttivo, alla fine del 2000 e consegnato, nella sua veste definitiva, nel gennaio 2001. In esso sono ampiamente trattati i risultati conseguiti nella raccolta delle informazioni relative allo status delle popolazioni di cervo e di altri Ungulati, agli impatti arrecati dalla specie sulla rinnovazione forestale e sulle attività agricole, agli esiti delle azioni sperimentali di prelievo effettuate mediante catture e abbattimenti. Nella seconda parte del rapporto è contenuta la parte propositiva di pianificazione e vengono affrontate le differenti proposte gestionali per la riduzione degli impatti arrecati dal cervo agli ecosistemi e alle attività umane (Piano di Gestione). Il rapporto, dopo aver analizzato lo status del cervo (distribuzione, consistenze, evoluzione numerica, condizione e costituzione, fertilità, stato sanitario, impatto sulla rinnovazione del bosco) nel Parco e nei territori ad esso limitrofi, individua 8 unità di popolazione (Figura 2.1), definite anche Unità di Gestione (UG), in cui agire in modo specifico e differenziato. Un’UG è l’ambito territoriale all’interno del quale, per motivi diversi, in genere di carattere biologico, ma anche sociale, si ritiene altamente opportuno gestire una popolazione animale in modo unitario, secondo ben precise finalità e tecniche. Ciascuna UG comprende quindi una popolazione di cervo “demograficamente isolata” da quelle limitrofe. Per questo motivo i confini principali che suddividono le UG all’interno del Parco corrono lungo i principali crinali spartiacque posti al di sopra dei 3.000 m. In tre unità di popolazione (Gomagoi-Tubre, Valfurva, Media Venosta – Martello) la maggior parte del territorio, con quartieri di svernamento e di estivazione, si trova all’interno dell’area protetta. Ne consegue che la dinamica di popolazione, in questi tre casi, dipende fondamentalmente dalla gestione della specie praticata entro il territorio del Parco. Per ciascuna UG vengono individuati livelli di “densità obiettivo”, entro cui ricondurre le popolazioni di cervo, tali da conservare o, se necessario, ripristinare l’equilibrio ecologico della biocenosi e proposti i conseguenti interventi gestionali. Essi vanno dall’opzione del “non intervento” all’interno dell’area protetta (monitoraggio e libera evoluzione della popolazione) alla definizione di piani di controllo per la riduzione della popolazione. In base a tutti i dati raccolti e analizzati, relativi allo status delle popolazioni e agli impatti arrecati alle altre componenti delle biocenosi del Parco ed alle attività di interesse economico, il rapporto individua tre UG in cui la densità delle popolazioni risulta superiore alla Massima Densità Sostenibile (MDS; Tabella 2.1, Figura 2.2). Le proposte gestionali - per ciascuna UG - si fondano su due opzioni principali, denominate rispettivamente “valore soglia” e “libera evoluzione” (ovvero anche “dinamica libera”). 8 Figura 2.1 - Le Unità di Gestione per le popolazioni di cervo del Parco Nazionale dello Stelvio. Spesso i confini di tali unità territoriali superano abbondantemente i confini del Parco per ricomprendere intere unità di popolazione. Il valore soglia viene definito tecnicamente quale “parametro numerico convenzionale, superato il quale è possibile un apprezzamento oggettivo di un fenomeno”. Riferito alla dimensione della popolazione, è pertanto una densità superata nettamente la quale si ritiene probabile l’instaurarsi di concomitanti fenomeni di disagio per l’ambiente, la specie e la società locale (qui vista nelle sue attività tradizionali, non solo produttive ma anche di sicurezza ecc). Questa densità soglia (MDS oppure MDBSS, cioè Massima Densità Sostenibile quale contrazione rispetto a Massima Densità Biologicamente e Socialmente Sostenibile) supera (comprendendoli anche) i tradizionali concetti di densità “biologica” riferiti solo alla “qualità” della specie, includendo quindi anche aspetti "agro-forestali” di tipo meramente “economico” e le esigenze di varietà ecologica della vegetazione. L’opzione denominata “libera evoluzione” (o “libera dinamica”) è invece “l’indirizzo gestionale che non prevede interventi diretti atti a modificare i processi demografici di una popolazione”. Nei confronti del cervo non sono previsti interventi di sorta o almeno non sono previsti interventi di controllo diretto sulle popolazioni. L‘individuazione del valore soglia deriva dal confronto tra le Densità attuali (Da) delle popolazioni di cervo e gli impatti da esse causati alla rinnovazione e sulla composizione specifica del bosco. La sua determinazione è stata effettuata caso per caso (per ciascuna delle 8 UG) e i differenti livelli di densità soglia - proposti come obiettivo di gestione - vanno intesi quali parametri sperimentali che necessiteranno in futuro di ulteriori indagini per confermarne definitivamente gli assunti, ovvero per ricercare i livelli ottimali per approssimazioni successive. In due UG, il progetto prevede un primo programma triennale di intervento mediante abbattimenti (2000 – 2002) da realizzarsi anche e soprattutto all’interno dell’area protetta nella UG Media Venosta – Martello (provincia di Bolzano) e da realizzarsi solo all’esterno del Parco aumentando i tassi di prelievo e prolungando il periodo dei prelievi nella UG Alta Val di Sole (Provincia di Trento;Tabella 2.1). 9 Tabella 2.1 - Densità attuali stimate (Da) delle popolazioni di Cervo nelle UG che ricomprendono il territorio del PNS e individuazione dei rispettivi valori soglia; le densità si riferiscono all’estensione dell’habitat idoneo alla presenza del cervo (e all’area di distribuzione delle diverse popolazioni). Unità di Gestione Da MDS Capi/100 Capi/100 ha ha Superamento della MDS Opzione Tipo di intervento Localizzazione interventi UG 1 - Val d’Ultimo 2,4 5-6 NO Non necessario Rifusione e prevenzione dei Nel Parco danni UG 2 – Media Venosta–Martello 8,2 4 SI Valore soglia Rifusione e prevenzione dei Prioritariamente danni nel Parco Miglioramenti ambientali Prelievi Catture UG 3 – Gomagoi-Tubre 2,9 4-5 NO Non necessario Rifusione e prevenzione dei Nel Parco danni UG 4 – Valfurva 12,9 7-8 SI Libera evoluzione Rifusione e prevenzione dei Nel Parco danni Monitoraggio finalizzato Catture UG 5 – Livigno-Valdidentro-V. Viola 3,2 4-5 NO Non necessario Rifusione e prevenzione dei Nel Parco danni UG 6 – Sondalo 4,9 5-6 NO Non necessario Rifusione e prevenzione dei Nel Parco danni UG 7 - Alta Valcamonica 4,6 6-7 NO Non necessario Rifusione e prevenzione dei Nel Parco danni UG 8 - Alta Val di Sole 10,8 7-8 SI Valore soglia Rifusione e prevenzione dei Prioritariamente danni fuori Parco Prelievi Catture Figura 2.2 – Il primo piano di gestione individua tre Unità di Gestione (in blu) che comprendono porzioni di Parco in cui l’elevato impatto da brucatura è alla base della scelta di riduzione delle consistenze delle popolazioni di cervo In colore rosso nella cartina a destra le aree di saggio in cui la brucatura ha colpito oltre il 60% delle giovani conifere analizzate. 10 37#&41&'..#5+67#<+10'&'.%'4810'..ŏ70+6&+ )'56+10'ő8#.&+51.'Œ'5+06'5+&'..'%10%.75+10+ 12'4#6+8''/'45'&#.241)4#//# Per l’Unità di Gestione comprendente il Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio (UG Alta Val di Sole), il Piano di Gestione ha fornito delle prime risposte sullo stato delle popolazioni ed ha previsto la possibilità di riduzione numerica delle popolazioni a fronte dell’impatto elevato sulla rinnovazione forestale. Il Piano prevede che le azioni di controllo debbano avvenire, per il momento, solo all’esterno dell’area protetta. Le scelte di fondo che portano all’intervento iniziale basato esclusivamente su abbattimenti all’esterno del Parco sono motivate e documentate nel Piano di Gestione stesso sulla base degli studi e ricerche effettuati e possono essere così riassunte: • Lo scopo di un’area protetta è favorire la conservazione della fauna della flora e degli ecosistemi naturali. L’obiettivo principale è quello di garantire, almeno in certe zone dell’area protetta, le condizioni più naturali possibili e le minori interferenze antropiche. • Le “condizioni più naturali possibili” sono difficili da riscontrare in Europa e in Italia per la forte antropizzazione e industrializzazione. Ne consegue spesso l’impossibilità di mantenere o ricondurre le aree a condizioni di elevata naturalità e totalmente prive di interferenze antropiche. Tali condizioni devono però essere garantite almeno in un certo numero di “core areas” centrali all’interno delle aree protette. • Nelle aree protette è vietata qualsiasi attività venatoria, mentre sono previsti eventuali prelievi faunistici per ricomporre squilibri ecologici. Il principio di un necessario equilibrio della componente faunistica nel quadro degli ecosistemi deve intendersi nei suoi propri caratteri di assetto/qualità naturale (ad es. drastica incidenza sull’ecosistema forestale, densità superiore a quella biologica con decadimento qualitativo della popolazione…). In relazione all’attuale situazione di elevata consistenza delle popolazioni di cervo (densità tra le più elevate note per l’arco alpino), pare opportuno effettuare un intervento diretto di riduzione. In tale situazione i prelievi (catture e/o abbattimenti selettivi) si rendono effettivamente indispensabili. Tali interventi vengono considerati accettabili se realizzati anche nel rispetto dei principi etico-tecnici di seguito espressi. I prelievi si rendono necessari in situazioni riconducibili a particolari necessità conservazionistiche, ecologiche ed antropiche, in assenza di efficaci misure alternative. Nello specifico: densità di popolazione superiore a quella biotica, in assenza di fattori correttivi naturali a breve-medio termine, con reali pericoli di danno agli ecosistemi (il cervo mostra caratteri di scarsa condizione, costituzione e fertilità, che determinano il superamento della densità biotica e l’impatto, misurato a livello qualitativo e quantitativo, sulla rinnovazione forestale); drastica interferenza (trofico-spaziale) di una specie molto abbondante (il cervo) nei confronti di specie autoctone più vulnerabili (il capriolo). 11 +.24+/12+#01&+)'56+10'0'..ŏ7)ő8#.&+51.'Œ Nell’UG Val di Sole l’aumento delle popolazioni di cervo registrato negli ultimi decenni è risultato esponenziale e i piani di prelievo sino a quel momento formulati si sono limitati a seguire la progressiva crescita della popolazione senza peraltro riuscire a stabilizzarla. Tale aumento ha condotto all’insorgere di danni alle colture agricole e alla rinnovazione del bosco e all’aumento della frequenza delle collisioni con gli autoveicoli. Benché il problema non sia finora stato affrontato in modo scientifico, tale aumento di densità all’interno dell’area protetta potrebbe essere messo in relazione con la progressiva diminuzione delle consistenze del capriolo. La situazione generale al 2000 è stata schematicamente riassunta nella seguente Tabella. Tabella 2.2 – Status della popolazione di cervo nell’UG Alta Val di Sole nel 2000 e obiettivi definiti nel Piano. UG Val di Sole Stato Cervi censiti 1.900 capi Sup totale 71.430 ha Popolazione stimata 3.050 capi 25% nel Parco Area estivazione 45.530 ha di Area svernamento 15.000 ha di Densità 6,7 capi/ 100 ha Valore soglia Riassunto schematico della situazione All’interno del Parco prevalentemente quartieri di estivazione (??) La popolazione del Parco è direttamente collegata con i territori di caccia limitrofi Elevato livello di brucamento sulla rinnovazione del bosco Consistenza soglia Importanza economica del bosco medio-alta 2.300-2.600 Impatto sulle colture (prati e orti) consistente; parte dei prati è tuttavia abbandonata Densità obiettivo Prelievo venatorio consistente (611 nel 1999; 703 nel 2000) 5-6 capi/ 100 ha Bracconaggio presente (limitato ?) Il Consiglio Direttivo del Parco, su proposta della Commissione, ha deliberato l’opzione del raggiungimento del valore soglia attraverso la realizzazione di interventi diretti volti alla riduzione numerica della popolazione. Dalle analisi preliminari emerge come non sia possibile effettuare distinzioni nette tra aree esterne ed interne al Parco per quanto riguarda le popolazioni di cervo, ma come esse debbano essere considerate in modo unitario per poter prendere in considerazione un intera popolazione. Per questo le indagini non si sono limitate all’area del Parco ma si sono estese ad un congruo intorno individuando, in termini di ipotesi d lavoro, un’Unità di Gestione che ricomprende parte dei distretti faunistici della Val di Sole Est e Ovest. In particolare, per l’UG dell’Alta Val di Sole (che comprende il Parco e due distretti faunistici della Val di Sole Ovest ed Est), la popolazione di Cervo è distribuita su tutto il territorio ad essa idoneo, sia nell’area protetta che nelle riserve di caccia e il prelievo totale annuale ammonta nel 1999 a più di 600 capi su circa 3.000 stimati in periodo primaverile. Di questi si stimava che circa la metà trascorresse il periodo estivo nel Parco, mentre i quartieri di svernamento fossero prevalentemente e quasi esclusivamente distribuiti all’esterno di esso (Figura 2.3). Secondo il piano di gestione proposto, la densità riferita all’intero territorio dell’UG nel 2000, stimata in circa 6,7 capi/100 ha, superava il valore soglia definito in 5-6 capi/100 ha. Si è quindi concordata la definizione di una strategia gestionale dell’intera UG, condivisa da tutte le altre istituzioni coinvolte nella gestione della specie (Ufficio Faunistico della Provincia Autonoma di 12 Trento, Associazione Cacciatori Trentini). Questa attività, di raccordo con le Istituzioni confinanti, è peraltro contemplata nell'articolo 32 della Legge 394/91. Figura 2.3 – Distribuzione estiva (in verde) e invernale (in rosso) del cervo nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e nei distretti faunistici della Val di Sole Ovest ed Est. In verde sono riportati i confini del Parco e in rosso i confini dell’Unità di Gestione Val di Sole. La strategia prescelta, in un periodo in cui non vi era ancora certezza sulla consistenza reale della popolazione, ha previsto la progressiva realizzazione di piani di prelievo via via più elevati, fino al raggiungimento della stabilizzazione della popolazione stessa. L’obiettivo di stabilizzazione della popolazione (e di una sua possibile futura diminuzione) è da mettersi in relazione all’impatto sulla rinnovazione forestale che si è fatto importante e generalizzato in tutta la Val di Sole e in particolare nel Parco. La predisposizione quantitativa e qualitativa dei piani parte dall’assunto che in Val di Sole sia presente un’unica popolazione di cervo e, quindi, che anche i cervi conteggiati nel Parco rientrino nelle quote utilizzate per la predisposizione dei prelievi. Ciò si basa sul fatto che la maggior parte degli abbattimenti viene effettuata in tardo autunno e in inverno e sull’assunzione che in tale periodo la maggior parte dei cervi abbia già effettuato una migrazione stagionale verso i quartieri di svernamento posti all’esterno del Parco. Tale logica di intervento è stata rivolta alla riduzione delle consistenze attraverso il prelievo limitato all’esterno del Parco, prolungando l’attività venatoria sino al 31 dicembre di ogni anno. Il prolungamento della stagione venatoria ha il significato di disporre di un tempo maggiore per completare piani di prelievo elevati e di incidere maggiormente in un periodo in cui c’è maggiore probabilità che i cervi siano migrati all’esterno del Parco. Il prolungamento di 15 giorni della stagione venatoria è stato accompagnato dall’introduzione di una ulteriore misura volta a favorire lo stabile insediamento di nuclei riproduttivi su tutto il territorio del Distretto. A partire dall’anno 2000 sono infatti state create e messe in funzione le cosiddette “Aree di bramito”. Tali aree, di estensione di qualche centinaia di ettari, hanno lo scopo di garantire la necessaria tranquillità alla specie durante il periodo riproduttivo mediante la sospensione dell’attività 13 venatoria. Tra il 2000 e il 2001 tutte le 13 Riserve della Val di Sole (17 con l’alta Val di Non) hanno aderito al progetto. Sono state create 8 (11 con l’Alta Val di Non) aree di bramito per una superficie totale di sospensione della caccia durante l’attività riproduttiva di 3.480 ha (4.200 ha), pari a circa il 10% della superficie di caccia. Nelle riserve aderenti al progetto aree di bramito valgono le seguanti modalità di esercizio dell’attività venatoria: - divieto di esercizio di qualsiasi attività venatoria nelle aree di bramito sino al 10 ottobre; - assenza dell’obbligo dell’accompagnatore; - esercizio venatorio consentito per cinque giorni alla settimana; - obbligatorietà della denuncia di uscita; - prolungamento dell’attività venatoria nella Riserva fino a 31/12, qualora la percentuale di capi abbattuti entro fine novembre sia inferiore al 92% del piano assegnato. Il progetto aree di bramito ha avuto una prima durata triennale, successivamente prorogata per un secondo triennio 2003-2005. 14 #66+8+6&++0&#)+0'')'56+10'Ō .#4#%%1.6#&'..'+0(14/#<+10+'+ 4+57.6#6+&'.24+/12+#01&+ )'56+10' Contestualmente all’avvio della prima fase di applicazione del Piano approvato nel 2001 si è proseguita e approfondita la fase di raccolta delle informazioni. In questo capitolo vengono definiti gli obiettivi che sono stati perseguiti nel primo quinquennio del 2001-2006 e vengono descritti in buon dettaglio non i risultati delle azioni e delle ricerche svolte, ma l’organizzazione del lavoro e della raccolta dei dati, le collaborazioni avviate e quantificati gli sforzi effettuati. Il primo piano di gestione promosso per l’Unità di Gestione Val di Sole, oltre a comportare l’aumento dei prelievi al fine di diminuire la consistenza della popolazione di cervo in tutta l’area di studio, ha dato l’avvio ad una nuova fase di organizzazione e raccolta delle informazioni. Organizzare le informazioni esistenti e raccoglierne di nuove è stato ritenuto necessario per approfondire alcuni aspetti importanti dell’ecologia delle popolazioni e per dare risposte sicure alle sotto riportate domande, utili per la futura pianificazione della gestione: • quanti cervi sono presenti realmente nell’area e con quale struttura per sessi ed età? • come si evolve il numero di individui negli anni? • quali sono gli spostamenti stagionali dei cervi da e verso il Parco? • qual è la condizione sanitaria e biologica media della popolazione? • che ruolo giocano fattori quali la mortalità naturale e gli abbattimenti in caccia sull’evoluzione della popolazione dell’intera Val di Sole ? L’applicazione delle nuove metodologie di indagine, di seguito descritte, si è posta come obiettivo una risposta a numerose domande sui rapporti che possono esistono tra i cervi del Parco e quelli della Val di Sole, sull’ipotesi che possano essere considerati un’unica popolazione, sul funzionamento dei meccanismi di dispersione, sull’evoluzione demografica della popolazione, sull’affidabilità e accuratezza dei censimenti, sugli effetti che la nuova strategia di prelievo comporterà sulla popolazione all’interno e all’esterno del Parco, sui veri o ipotizzati impatti che una densità così elevata può esercitare sulle altre componenti degli ecosistemi sino a creare situazioni di squilibrio. Nei capitoli seguenti vengono definiti e descritti: 15 A. gli obiettivi di tutte le attività di monitoraggio e di ricerca specifica e approfondimento delle conoscenze; B. l’organizzazione e le modalità delle attività svolte a questo riguardo; C. gli sforzi di raccolta delle informazioni e dei dati necessari; D. le collaborazioni avviate con altri Enti per lo svolgimento delle attività. &'(+0+<+10'#.+8'..1%#461)4#(+%1&'..'#4''&+ 58'40#/'061'&'56+8#<+10''#4%*+8+#<+10' &+)+6#.'&'..'+0(14/#<+10+ Le aree di distribuzione estiva e di massima concentrazione invernale della popolazione di cervo nell’UG sono state riportate sulla Carta Tecnica Provinciale in scala 1:10.000 basandosi sulle interviste e sulle conoscenze degli agenti forestali e dei guardiacaccia. Le carte di base così tracciate sono state successivamente digitalizzate e inserite nel GIS del Parco dello Stelvio congiuntamente a tutte le coperture geografiche e i database necessari alla gestione del cervo ed alla stesura del presente piano. Le aree di distribuzione sono state più volte aggiornata in base all’evoluzione della popolazione ed alle nuove conoscenze apportare dai soggetti muniti di radiocollare. La Tabella 3.1 elenca tutti i database e i geodatabase entro cui sono state organizzate e inserite tutte le informazioni raccolte nel corso del progetto e fornite dagli enti collaboratori. Tabella 3.1 - Elenco dei database e dei tematismi geografici creati e/o utilizzati nell’ambito delle elaborazioni necessarie alla stesura del Piano di conservazione e gestione del Cervo. Formato: mdb, database MSAccess; xls, foglio eletrronico MSExcel; shp, Esri shapefile; mdb#, Esri geodatabase. Tipo: GEO, con riferimenti geografici. N Contenuto Tipo Formato 1 Geodatabase dei cervi abbattuti e rinvenuti morti nell’UG dal 1973 ad oggi (localizzazione e dati identificativi dell’animale: sesso, età, peso) GEO Mdb 2 Geodatabase dei cervi abbattuti e rinvenuti morti nell’UG dal 1998 ad oggi (localizzazione e misurazioni biometriche) GEO Mdb 3 Database della dinamica della popolazione di cervo nell’UG dal 1973 al 2008 4 Database della struttura della popolazione in base ai censimenti estivi dal 1997 al 2008 5 Database dei censimenti primaverili notturni dal 1996 al 2008 6 Database dei censimenti con mark-reight 7 Xls Xls GEO Mdb Database dei cervi catturati e marcati e degli avvistamenti GEO Mdb 8 Geodatabase delle localizzazioni dei cervi muniti di radiocollare GEO Mdb 9 Database della cohort analysis 10 Database dei censimenti estivi di camoscio dal 1996 al 2008 11 Database della dinamica di popolazione di camoscio dal 1973 al 2008 nel PNS Xls 12 Database dei censimenti di capriolo per aree campione dal 1996 al 2008 nel PNS Mdb 13 Database dei censimenti di gallo cedrone per aree campione dal 1996 al 2008 nel PNS 14 Database delle osservazioni occasionali di gipeto dal 1996 al 2008 nel PNS 15 Database della neve caduta al suolo e dell’altezza della neve al suolo presso la Stazione di rilevamento di Peio Talenta (con correzioni) dal 1982 al 2008 16 Database delle pf sottoposte a sfalcio nel PNS GEO Mdb 17 Database degli orti e dei campi coltivati presenti nel PNS GEO Mdb 16 Xls Xls GEO Mdb Xls GEO Mdb Xls 18 Database degli ammanchi nei recinti di esclsione nei prati a sfalcio e nei pascoli delle malghe GEO Xls 19 Database delle richieste di indennizzo per danni da cervo GEO Mdb 20 Aree con attività di bramito nel PNS GIS Shp 21 Aree di rispetto-bramito periodo 2000-2006 GIS Shp 22 Aree di rispetto-bramito periodo 2008 GIS Shp 23 Aree di controllo della popolazione nel PNS GIS Shp 24 Confini del PNS GIS Shp 25 Confini dell’Unità di Gestione GIS Shp 26 Confini delle sottounità geografiche dell’UG GIS Shp 27 Confini del Distretto Val di Sole GIS Shp 28 Confini delle Stazioni forestali della Val di Sole GIS Shp 29 Confini delle Riserve comunali di diritto GIS Shp 30 Area di distribuzione estiva del cervo GIS Shp 31 Area di distribuzione invernale del cervo GIS Shp 32 Parcelle e settori di censimento notturno del cervo GIS Shp 33 Percorsi lineari effettuati durante i censimenti notturni GIS Shp 34 Aree campione per il censimento del capriolo GIS Shp 35 Aree campione per il censimento del gallo cedrone GIS Shp 36 Parcelle e settori di censimento estivo del camoscio GIS Shp 37 Localizzazione delle trappole di cattura del cervo GIS Shp 38 Geodatabase della particele catastali dei prati a sfalcio del PNS GIS Shp 39 Geodatabase delle particelle catastali delle aree di pascolo delle malghe del PNS GIS Shp 40 Distribuzione ed entità dei rilievi del danno da morso alle conifere nel PNS nel 1999-2000 GIS Shp 41 Distribuzione ed entità dei rilievi del danno da morso all’abete rosso nel PNS nel 1999-2000 GIS Shp 42 Distribuzione ed entità dei rilievi del danno da morso al Larice nel PNS nel 1999-2000 GIS Shp 43 Distribuzione ed entità dei rilievi del danno da soffregamento nel PNS nel 1999-2000 GIS Shp 44 Localizzazione dei recinti di esclusione posti nei prati a sfalcio e nei pascoli delle malghe GIS Shp 45 Distribuzione delle osservazioni casuali di Gipeto dal 1999 al 2008 GIS Mdb 4+%15647<+10'&'.37#&41&+564+$76+81&'..' %105+56'0<''&'..#&'/1)4#(+# 8#.76#<+10'52'4+/'06#.'&'..'%105+56'0<'&'..#2121.#<+10' Nel caso di una popolazione di Cervidi il censimento totale (esaustivo) risulta raramente possibile; la caratteristica elusività della specie rende difficili i conteggi per avvistamento diretto e la determinazione a vista dei sessi e soprattutto delle età richiede la presenza di osservatori esperti e conoscitori della popolazione studiata. Normalmente la popolazione censita viene sottostimata, ma in alcuni casi si può anche verificare una sovrastima degli effettivi (solitamente in caso di battute). La validità e l'efficienza di ciascun metodo di conteggio dipendono in primo luogo dal rispetto degli assunti di base del metodo stesso e da numerosi altri fattori correlati quali il livello di preparazione e motivazione del personale impiegabile, i fondi e i tempi a disposizione per 17 l'indagine, l’estensione dell'area da censire, le caratteristiche ambientali dell'area e le caratteristiche della specie da censire (caratteristiche comportamentali, densità, distribuzione spaziale). Ciò è particolarmente valido nel caso dei Cervidi, che sono caratterizzati da indici di contattabilità relativamente bassi e molto variabili in funzione della stagione considerata e dell’habitat. Di conseguenza la tecnica più valida risulterà differente a seconda delle specie censita, della sua distribuzione spaziale e densità sul territorio, degli ambienti occupati e del periodo temporale in cui viene effettuato il conteggio e ciò è ampiamente sottolineato dai numerosi metodi di censimento suggeriti dalla Deer e Forestry Commission scozzese (Mayle et al., 1999) in relazione alle diverse condizioni di partenza. L'efficienza delle stime di consistenza effettuate con differenti metodi è valutata attraverso l'utilizzo di alcuni “indici” quali l'accuratezza, la sensibilità, la precisione e la robustezza: - l'accuratezza indica quanto una stima si avvicina al valore reale di consistenza (e struttura); - la precisione si riferisce alla variabilità (o dispersione) di una serie di stime ripetute; - la sensibilità valuta la capacità di una serie di stime nel rilevare eventuali cambiamenti nella popolazione; - la robustezza, infine, indica il grado di tolleranza alla variazione (violazione) delle assunzioni che stanno alla base delle varie tecniche utilizzate. Il metodo di conteggio ottimale dovrebbe fornire risultati il più accurati e precisi possibile, essere di semplice realizzazione, richiedere un numero non eccessivo di rilevatori ed essere replicabile negli anni in condizioni paragonabili. L'obiettivo è la massimizzazione del rapporto costi/benefici in relazione ai risultati richiesti, tenendo in considerazione alcuni fattori, come il livello di preparazione e motivazione del personale impiegabile, i fondi e i tempi a disposizione per l'indagine, l'estensione dell'area da indagare e le caratteristiche ambientali dell'area. Infine, il fattore più condizionante è rappresentato dalle caratteristiche della specie censita (caratteristiche morfologiche ed eco-etologiche, densità, distribuzione interna), le quali vengono espresse in termini di stabilità e contattabilità. Le conoscenze sulla consistenza e sulla struttura di una popolazione sono essenziali per lo sviluppo di strategie gestionali di specie animali quali il cervo. Per questo motivo negli ultimi anni sono state introdotte nuove metodologie per ottenere stime quantitative delle popolazioni volte a questo scopo e in grado di fornire indicazioni sul grado di accuratezza e precisione delle stime stesse. Il grado di accuratezza fornito dall’applicazione di una particolare metodologia è correlato alle particolari condizioni in cui viene applicato. La scelta di un metodo dipende quindi dall’ecologia e dal comportamento della specie di interesse (e quindi, in ultima analisi, dal grado di contattabilità e dal tipo di distribuzione spaziale), dalle questioni gestionali a cui far fronte e dal tipo di ambiente che caratterizza l’area di studio (Marques et al., 2001). Una fase importante e necessaria prima di concretizzare uno studio di lungo termine è quella finalizzata alla scelta dei metodi di raccolta dati e di stima dei parametri demografici di popolazione più adeguati, in termini di rapporto costi-benefici e di accuratezza delle stime all’ambito in cui ci si trova ad operare ed alla specie oggetto di indagine. La scarsa contattabilità che caratterizza il cervo, sommata alla vastità dell'area da indagare, ha quindi orientato la scelta di provare ad applicare differenti metodi/tecniche di conteggio tra loro completamente indipendenti, al fine di effettuare una valutazione critica della loro accuratezza e precisione e di disporre di stime consistenti, validate e sicure. Di seguito nello specifico sono sintetizzate le metodologie impiegate e i periodi temporali cui fanno riferimento le stime di consistenza ottenute: - Conteggi esaustivi notturni primaverili con sorgente di luce (1993-2008); 18 - Stima della densità (e della sottostima dei censimenti notturni) mediante mark-resight (2004-2008); - Stima della densità e della consistenza mediante IRDS (infra-red distance sampling conteggi in distance sampling mediante scanner termici) (2004-2006); - Stima della densità e della consistenza mediante PGCDS (pellet group count distance sampling - conteggi dei gruppi di fatte mediante distance sampling) (2005-2007); - Ricostruzione retrospettiva della consistenza, della struttura di popolazione e dell’evoluzione numerica (cohort analysis), mediante raccolta sistematica delle informazioni sui cervi rinvenuti morti e abbattuti in caccia (1973-2002). L’ obiettivo di questa parte di lavoro è quello di valutare in maniera critica i metodi applicati e l’opportunità di un loro utilizzo continuato negli anni futuri e di avere una quantificazione sufficientemente attendibile del livello percentuale di sottostima dei censimenti estensivi primaverili effettuati in modo standardizzato negli anni. 3.2.1.1. Censimenti primaverili notturni Dall’anno 1996, in corrispondenza del mese di aprile, in tutta la Provincia Autonoma di Trento, il Corpo Forestale Provinciale svolge in collaborazione con l’Associazione Cacciatori Trentini i censimenti primaverili notturni al cervo. Tale attività ha lo scopo di censire i cervi nel momento in cui si verifica la ripresa vegetativa nei prati, periodo in cui la specie è molto attratta dalla disponibilità alimentare che questi offrono e contemporaneamente si sente minacciata dalle attività antropiche, ricorrendo così alle ore notturne per alimentarsi. La metodica prevede la realizzazione in autovettura a bassa velocità di un itinerario nelle ore centrali della notte (dalle ore 23 alle ore 3 del mattino successivo circa) e l’illuminazione delle aree a prato e pascolo ai bordi del percorso con l’ausilio di fari di adeguata potenza (100 W). Gli animali sono individuabili per il riflesso degli occhi alla luce del faro e meglio identificati mediante l’impiego del binocolo. Tutti i gruppi di cervi vengono registrati su un’apposita scheda che identifica ora di avvistamento, località, numero e se possibile, sesso e classe di età di tutti gli individui censiti (Figura 3.1). Ogni anno i transetti percorsi durante il censimento al faro sono ripetuti tre volte, a distanza di qualche giorno l’uno dall’altro, al fine di ottenere una valutazione migliore della popolazione censita. Per effettuare la stima della popolazione, viene identificata l’uscita che tra le tre risulta aver fornito il numero di individui maggiore nel complesso dell’unità di gestione considerata. Al fine di uniformare e standardizzare nel tempo il metodo di censimento, i percorsi seguiti dagli automezzi devono rimanere costanti negli anni. Dall’anno 2007, con l’avvio della delega delle attività di gestione delle popolazioni di cervo e capriolo in capo all’ACT, l’organizzazione e realizzazione dei censimenti primaverili notturni al cervo è passata all’ACT stessa e il Corpo Forestale Provinciale, in ragione del suo ruolo di indirizzo e controllo, effettua una ulteriore uscita di verifica oltre alle tre già programmate. A partire dal 2004 nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio vengono effettuati annualmente dai 4 ai 6 conteggi. I conteggi soprannumerari servono per effettuare le stime di consistenza mediante mark-resight. I conteggi sono organizzati dagli agenti forestali delle stazioni di Rabbi e Peio in collaborazione con il personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del Parco e quello dell’ACT. 19 Figura 3.1 - Esempio di scheda utilizzata per il censimento primaverile notturno al cervo. I dati relativi all’UG Val di Sole (Settore trentino del Parco dello Stelvio e Distretto Val di Sole) vengono archiviati in un geodatabase, nel quale sono raccolte le informazioni relative ad ogni uscita di censimento e riferite geograficamente ad un suddivisione dell’area in parcelle di censimento rappresentative delle aree censite da ciascun equipaggio (Figura 3.2). 20 Figura 3.2 - Parcelle di censimento cui vengono riferiti i cervi conteggiati durante la primavera in Val di Sole. Le aree rosse fanno riferimento all’area di distribuzione massima (estiva) della popolazione. 3.2.1.2. Attività sperimentale di censimento mediante mark-resight La cattura ed il radio-marcaggio dei soggetti studiati attraverso la tecnica del radio-tracking si è rivelata utile anche per l’avvio dell’attività sperimentale di censimento mediante mark-resight. Tale metodologia si basa sulla marcatura di un gruppo di individui considerato rappresentativo della popolazione, in questo caso i cervi marcati con radiocollare, per effettuare stime di consistenza basate sulla possibilità di avvistare e discriminare i soggetti marcati durante i censimenti notturni. Il rapporto tra i soggetti marcati disponibili ed i soggetti marcati avvistati può essere confrontato con il rapporto esistente tra i soggetti non marcati visti per ottenere una stima della totalità della popolazione presente (Bowden e Kufel, 1995; Schwarz e Seber, 1999). Gli assunti di base riguardano la distribuzione casuale dei soggetti marcati all’interno della popolazione e l‘uguale probabilità di essere riavvistati. Il metodo permette di ottenere una stima della consistenza assoluta della popolazione, riferita all’area in cui sono state effettuate le osservazioni, e di un intervallo di confidenza associato (White, 1996). Lo scopo del lavoro sperimentale è stato quello di conseguire il dato relativo alla stima di consistenza della parte di popolazione di cervo presente durante la fase primaverile all’interno del Parco e di confrontarla con il dato sinora impiegato a fini gestionali, il numero massimo di cervi conteggiati contemporaneamente in una singola uscita all’interno dell’UG (MNA, numero minimo certo di animali presenti o MPS, minima popolazione stimata). Da tale confronto è possibile estrapolare valutazioni quantitative sulla sottostima connessa ai censimenti primaverili notturni e a come essa possa variare di anno in anno. Al fine di ottenere un set di dati con un maggior numero di ripetizioni, all’interno dell’area protetta, si è reso necessario aumentare il numero delle uscite durante le attività di censimento notturno al faro. I dati raccolti dalle osservazioni effettuate durante le uscite notturne (6 nel 2004, 2005 e 2006, 4 nel 2007, 5 nel 2008) sono stati elaborati mediante il software Noremark applicando due differenti stimatori: 1) immigration/emigration model; 2) Bowden’s estimator. Il primo stimatore meglio si adatta alla situazione dello Stelvio in cui i cervi marcati non sempre sono presenti all’interno delle aree sottoposte e censimento. Il secondo, in accordo con quanto 21 recentemente riportato in letteratura, è l’unico per il quale il software Noremark calcoli correttamente gli intervalli di confidenza (Fattorini et al., 2007). Il software richiede l’immissione dei dati raccolti e relativi a tutte le uscite effettuate nell’ambito di un censimento secondo le seguenti specifiche: numero di cervi marcati disponibili, numero di cervi marcati avvistati, numero di cervi non marcati avvistati. La stima della consistenza della popolazione basata si ottiene come media di tutti i dati ottenuti dalle uscite relative ad un periodo annuale di censimento. Le sessioni di osservazione devono essere temporalmente vicine e sono solitamente comprese nell’arco di 14 giorni. L’applicazione di tale metodologia ha coinvolto personale specializzato nei censimenti primaverili notturni al cervo e nell’utilizzo dell’apparecchiatura radiotelemetrica selezionati tra gli agenti forestali della PAT, le guardie dell’ACT ed il personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del Settore trentino del Parco. 3.2.1.3. Attività sperimentale di censimento mediante distance sampling applicato alla termografia ad infrarossi Il termine “distance sampling” è comunemente usato per indicare un insieme di tecniche di censimento, affini tra loro per tipologia di dati raccolti e modalità di analisi dei risultati, ampiamente utilizzate per stimare la densità e/o la consistenza delle popolazioni animali. Lo scopo è quello di realizzare un monitoraggio standardizzato percorrendo una serie di transetti o plots, distribuiti casualmente nell’ambito dell’area di studio considerata, in cerca della specie interessata. Se la distribuzione dei transetti è casuale, è verosimile pensare che la distribuzione degli animali sia uniforme rispetto alla distanza dai transetti ed è possibile utilizzare il campione di animali o segni di presenza rilevati (e la loro distanza dalla linea del transetto) per effettuare inferenza sulla consistenza totale della popolazione studiata. Per ottenere una stima di densità mediante distance sampling è necessario che durante i rilevamenti vengano rispettate 4 assunti di base: 1. tutti gli animali presenti sulla linea del transetto/percorso devono avere una probabilità di avvistamento pari a 1 (cioè devono essere sempre avvistati); 2. i transetti devo essere distribuiti in modo casuale rispetto alla distribuzione della popolazione; 3. i movimenti dell’osservatore non devono influenzare a priori la probabilità di un animale di essere avvistato; 4. per ogni animale o gruppo avvistato è necessario rilevare la distanza perpendicolare dello stesso dalla linea del transetto (ovvero la distanza animale-osservatore e l’angolo rispetto alla posizione iniziale dell’animale appena avvistato). L’idea chiave è che l’osservatore non riesca a rilevare tutti gli oggetti presenti nell’intorno del transetto, ma che all’aumentare della distanza dal transetto ci si attende una diminuzione sia della visibilità degli oggetti sia, comparabilmente, del numero delle osservazioni raccolte. Se oltre a contare gli animali osservati se ne registra la distanza, è possibile stimare la probabilità di avvistamento, cioè la percentuale di animali che non vengono conteggiati durante il censimento campionario. Il principale vantaggio dato dall’applicazione del distance sampling consiste proprio nel fatto che parte degli oggetti eventualmente presenti possono non essere osservati e che pertanto non è necessario realizzare un conteggio esaustivo nell’area censita. Mediante la modellizzazione dei dati raccolti è possibile stimare la probabilità di osservare un animale all’interno dell’area coperta dal censimento in funzione della sua distanza perpendicolare al transetto (Figura 3.3). 22 Figura 3.3 - Durante i transetti, la frequenza delle osservazioni diminuisce con distanza. Modellizzando la distribuzione è possibile stimare la probabilità di avvistamento (Pa) e passare quindi dal numero di animali osservati al numero di animali stimati presenti in un’area. Nel caso di molte specie animali e, in particolare, dei Cervidi, la scarsa contattabilità e una reazione di fuga che si innesca già a distanze notevoli rende questo metodo di più difficile applicazione. Un notevole miglioramento degli assunti di base può essere ottenuto nel caso in cui i censimenti vengano realizzati durante le ore notturne, ossia nel momento in cui maggiore è la contattabilità degli animali e minore la reazione di fuga. Figura 3.4 - Immagine di una femmina di cervo con piccolo rilevata dalla termocamera ad infrarossi. L’utilizzo di apparecchiature quali le termocamere a scansione dotate di sensori in grado di “leggere” le radiazioni termiche (radiazioni infrarosse) risulta essere un buon compromesso per effettuare transetti durante le ore notturne, limitando al minimo il disturbo provocato dalla presenza degli operatori e, soprattutto, dall’utilizzo di un faro per le osservazioni (Figura 3.4). 23 Il termine termografia indica la tecnica mediante la quale è possibile elaborare l’immagine di un oggetto utilizzando l’emissione di calore da questo prodotta. L’immagine elaborata dalla termocamera ad infrarossi è la rappresentazione grafica bidimensionale delle temperature superficiali degli oggetti inquadrati. Le variazioni di temperatura possono essere codificate utilizzando sia scale di grigio (bianco e nero) sia scale di colori al fine di essere meglio identificate. Lo studio, promosso e realizzato dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), ha coinvolto il territorio del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio durante gli anni 2004, 2005 e 2006 e si è svolto nella stagione primaverile, in concomitanza con il periodo dei censimenti notturni al faro. 3.2.1.4. Attività sperimentale di censimento mediante distance sampling applicato al pellet group count Come accennato in precedenza il distance sampling può essere applicato a numerose tecniche di censimento, una di queste è il pellet group count. Il vantaggio risiede nell’effettuare un conteggio di oggetti inanimati, evitando in tal modo rischi di sottostima legati alla reazione di fuga. Un’ulteriore passaggio è tuttavia necessario per passare da una stima di densità dei pellet groups presenti alla stima di densità della popolazione che li ha deposti. I gruppi di fatte (pellet groups, PG) sono uno dei segni più comuni lasciati dai Cervidi in un’area e possono essere usati come indice relativo di presenza della popolazione o per stimare la densità della popolazione stessa. Il conteggio dei PG (pellet groups count PGC) viene generalmente effettuato in primavera e in autunno per la stima delle consistenze invernali ed estive. L’idea chiave del metodo è che i PG vengono deposti dagli animali in modo regolare nel tempo e quindi, conoscendo i tassi di deposizione e di decadimento, è possibile passare dalla densità di PG per unità di superficie alla densità di cervi. Lo studio, promosso dal Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio in collaborazione con il Centro di Ecologia Alpina del Monte Bondone, ha previsto il coinvolgimento delle Università di Milano, Padova e Parma per un totale di 6 tirocini che hanno permesso il conseguimento di lauree di primo e secondo livello tra gli anni 2006 e 2008. La metodologia applicata ha definito, in funzione della densità di cervi presenti, il miglior rapporto costi/benefici di una stima con un buon livello di accuratezza a fronte di un tempo di lavoro non troppo oneroso. In base allo schema di campionamento applicato, per ogni stima di densità sono stati percorsi dai 100 ai 120 transetti di 100 m di lunghezza, ripartiti omogeneamente dell’area di studio e scelti in modo casuale. Lungo i transetti sono stati contati tutti i PG osservati e ne è stata misurata la distanza perpendicolare dal transetto stesso. Gli assunti di base del metodo, per la stima di densità mediante distance sampling, sono analoghi a quelli già descritti nel capitolo precedente. Conoscendo la probabilità di “avvistamento” dei PG, il numero di pellet group rilevati, il tasso di defecazione medio degli animali (numero di PG deposti al gg) e il tasso di decadimento dei PG (numero di gg che il PG impiega per decomporsi completamente), è possibile stimare la densità della popolazione e risalire alla stima delle consistenze (Mayle et al., 1999). Il tasso di decadimento è stato calcolato mediante un lavoro sperimentale, realizzato dalla dal dott. Ivan Callovi e dalla dott.ssa Anna Bonardi, che ha quantificato la velocità di scomparsa delle fatte nei diversi mesi dell'anno in funzione del tempo in giorni, delle tipologie di habitat, dell'esposizione e della pendenza dei versanti. Le stime di densità sono state ottenute elaborando i dati raccolti con il software Distance (Buckland et al., 2001). 24 3.2.1.5. Ricostruzione retrospettiva della demografia e della dinamica di popolazione mediante cohort analysis La ricostruzione della dinamica della popolazione mediante cohort analysis e la conseguente valutazione dei principali parametri demografici quali il rapporto tra i sessi, la struttura ed età della popolazione, ha previsto, presso l’Ufficio Distrettuale Forestale di Malè, la raccolta dei dati degli animali abbattuti e rinvenuti morti in tutto il Distretto Faunistico della Val di Sole. Il dataset completo e costantemente aggiornato di anno in anno è inserito in formato geodatabase Esri. I dati raccolti si riferiscono al periodo compreso tra il 1973 ed il maggio 2008, per un totale di 9.318 individui, di cui 7.364 riferiti ad animali abbattuti durante la stagione venatoria (corrispondenti a 3.584 maschi, 3.655 femmine e 125 animali indeterminati per sesso ed età) e 1.954 rinvenuti morti nel corso degli anni per cause naturali (corrispondenti a 560 maschi, 549 femmine e 945 animali indeterminati per sesso e/o età). Per effettuare la ricostruzione retrospettiva della popolazione presente mediante cohort analysis è necessario che tutti i records (i singoli soggetti abbattuti o rinvenuti morti) siano determinati per classe di sesso ed età, in modo da poter essere inseriti correttamente nella ricostruzione della popolazione. Circa il 4% dei records del geodatabase è risultato essere indeterminato nei campi “sesso” ed “età”. È stato quindi necessario attribuire ai capi indeterminati i dati mancanti relativi alla determinazione di età e sesso, assegnati in base alla distribuzione degli stessi negli animali di cui le informazioni erano note. Se ad esempio in un dato periodo il rapporto sessi femmine/maschi era di 1.5 e c’erano 5 capi indeterminati per sesso, a 3 di essi è stato assegnato (“attribuito”) il sesso femminile e ai 2 rimanenti quello maschile. Analogamente si è proceduto per l’assegnazione dell’età. Completato in tal modo il geodatabase, è stato possibile applicare il metodo della “population reconstruction from mortality data”, ovvero la ricostruzione della popolazione dai dati della mortalità. Questo metodo si basa sull’assunto che tutti i soggetti morti vengano rinvenuti e registrati e tutti i soggetti abbattuti dichiarati. Tale assunto non è mai perfettamente verificato, tuttavia, se il numero di soggetti non rinvenuti ed abbattuti in modo illegale può essere considerato percentualmente trascurabile rispetto al totale, è possibile ottenere un valore di consistenza minima certa prossima al valore reale. Conoscendo l’anno di morte di ogni animale e la sua età è possibile determinare l’anno di nascita di ogni individuo e, ripetendo questa operazione per tutto il set di dati a disposizione, risalire al numero di nati in un certo anno, cioè gli animali appartenenti ad una stessa coorte. Ad esempio un cervo rinvenuto morto nel 2007, la cui età stimata è di 7 anni, viene considerato nato nell’anno 2000. Così facendo è possibile ottenere, anno per anno, il numero minimo certo di individui presenti per ciascuna età e sesso e la conseguente struttura della popolazione per classi di sesso ed età. All’interno del geodatabase sono stati inoltre georeferenziati i luoghi di ritrovamento o investimento di buona parte dei capi rinvenuti morti (1.644; Figura 3.5) ed inserite tutte le informazioni disponibili, per parte dei soggetti del dataset, relative ai dati biometrici provenienti dalle seguenti differenti raccolte di dati: 5. pesi dei cervi abbattuti disponibili sui registri di abbattimento dell’ACT (circa 5.161 records); 6. lunghezza della mandibola misurata con calibro elettronico durante le mostre dei trofei per gli anni 2005-07 (circa 1.226 records); 7. campionamento biometrico-sanitario organizzato dal PNS sui rinvenuti morti e su parte dei cervi abbattuti nelle Riserve di Peio, Rabbi e Vermiglio negli anni 2000 (circa 348 records); 8. misurazioni biometriche standard sui rinvenuti morti del Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento. 25 Figura 3.5 - Localizzazione dei cervi rinvenuti morti in Val di Sole dal 1973 al 2007. 3.2.1.6. Valutazione della struttura di popolazione mediante censimenti estivi Ad anni alterni in Provincia di Trento vengono effettuati, durante i mesi di luglio-agosto, i censimenti al camoscio nelle diverse “Aree faunistiche”; durante i conteggi vengono registrati anche i cervi avvistati, distinti per sesso e classi di età. Soprattutto all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, grazie alla tranquillità di cui gode, il cervo sta progressivamente riassumendo un comportamento diurno ed occupando le aree poste al di sopra del limite della vegetazione arborea. Ciò permette di conteggiare un numero elevato di soggetti (da 700 a 865 cervi conteggiati annualmente negli ultimi 6 anni). Lo scopo di un tale conteggio non è una valutazione quantitativa della popolazione (viene comunque conteggiata una quantità di cervi che rappresenta solo il 35-40% della popolazione), ma una valutazione di alcuni parametri demografici di interesse quali il rapporto tra i sessi, il rapporto tra piccoli e soggetti di un anno e il rapporto esistente tra femmine e piccoli dell’anno, al fine di ottenere una stima relativa ai tassi di natalità della specie. All’interno del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, in base alle specifiche finalità di conservazione e monitoraggio delle aree protette, il censimento della popolazione di camoscio viene ripetuto su base annuale grazie alla collaborazione tra gli agenti forestali della PAT, gli agenti dell’ACT ed il personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del Parco. 26 #0#.+5+&'..'%#2#%+6&+52156#/'061'&+ &+52'45+10'&'..#2121.#<+10' Il cervo ha esigenze spaziali di vasta scala e, soprattutto in ambiente alpino, effettua notevoli spostamenti per ricercare idonei territori per lo svernamento e l’estivazione. Il territorio del Parco ha una superficie decisamente piccola, di cui solo una bassa percentuale sembra essere idonea allo svernamento del cervo. La gestione del cervo in Val di Sole è stata perciò impostata ipotizzando che gli individui presenti nel Distretto Faunistico Val di Sole e nel Parco Nazionale dello Stelvio appartenessero ad un’unica popolazione, e, quindi, gli obiettivi gestionali e le scelte di pianificazione sono sempre state riferite ad un’unica unità di gestione. Queste premesse facevano però riferimento a cervi studiati in altre aree e il cervo, come sempre più si sta scoprendo anche in Italia, è una specie estremamente eclettica ed adattabile. Da queste scelte e da queste considerazioni è nata quindi la consapevolezza dell’importanza di avviare uno studio approfondito – e a livello locale - del “comportamento spaziale e dei movimenti stagionali del cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio e in Val di Sole”. Il progetto è stato promosso e realizzato dal Parco Nazionale dello Stelvio con il supporto e la piena collaborazione del personale dell’Ufficio Distrettuale Forestale di Malé, del Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento e dell’Associazione Cacciatori della Provincia di Trento. L’approfondimento di alcuni aspetti dell’ecologia del cervo, in particolare l’entità degli spostamenti stagionali della popolazione tra il Parco e i territori delle riserve comunali della Val di Sole, è utile per la comprensione dei meccanismi di evoluzione e dispersione delle popolazioni e per la futura definizione di una strategia di conservazione e di gestione venatoria che tenda a rendere più omogenea la distribuzione della specie su tutto il territorio. Le notevoli differenze di mole, di comportamento e di utilizzo dello spazio, che rendono maschi e femmine di cervo due entità profondamente diverse, il comportamento estremamente adattabile a una vasta gamma di ambienti ed alla pressione antropica e venatoria in essi esercitata e i grandi spostamenti che parte delle popolazioni possono effettuare nei loro movimenti tra quartieri di svernamento e di estivazione, possono rendere molto variabile il comportamento e l’evoluzione di ciascuna popolazione in rapporto alle particolari situazioni locali. L’obiettivo dello studio è l’approfondimento delle conoscenze dirette e locali sul comportamento spaziale delle popolazioni, quale tassello da aggiungere alle informazioni che costantemente vengono raccolte sulle consistenze, sulla struttura per età, sulla produttività e sulla mortalità, in modo da disporre di elementi sempre più precisi da utilizzare per la gestione delle popolazioni presenti all’interno del Parco e nei restanti territori della Val di Sole sottoposti a prelievo venatorio. Il progetto ha richiesto la cattura e il marcaggio di un considerevole numero di individui in tutta l’area di studio ed ha operativamente preso avvio nel gennaio del 2003; contemporaneamente si è dato avvio all’attività di radiolocalizzazione degli animali muniti di trasmettitore. Le catture si sono concentrate principalmente in due periodi: quello invernale, nel quale sono state utilizzate trappole autoscattanti, e quello autunnale della stagione dei bramiti, nel quale le catture sono state effettuate in free ranging, al fine di concentrare gli sforzi di cattura sui maschi adulti, restii nell’entrare nelle trappole durante il periodo invernale. La dislocazione delle cinque trappole utilizzate è riportata in Figura 3.6. Solo due individui sono stati marcati nelle trappole poste esternamente al Parco. Le condizioni meteo-climatiche, la minore densità e la maggiore diffidenza delle popolazioni hanno reso estremamente deficitaria l’efficienza di tali strutture. A ciò si deve aggiungere che, in base alle esperienze sinora effettuate sull’arco alpino, il metodo di cattura utilizzato risulta maggiormente selettivo nei confronti delle femmine e dei soggetti giovani. 27 Figura 3.6 - Distribuzione delle trappole nell’area di studio e relativo numero di cervi catturati. Le trappole autoscattanti sono strutture adibite alla cattura dei cervi che vengono attratti al loro interno mediante esche alimentari (mele e fieno). Vengono attivate al tramonto e restano attive sino all’alba, in relazione alla loro frequentazione da parte dei cervi. Lo scatto della trappola viene segnalato mediante un sistema elettronico, collegato alle fotocellule che determinano lo scatto stesso, il quale invia un SMS. Il responsabile della trappola verifica l’esito dello scatto ed attiva la squadra di cattura che entro mezz’ora si trova pronta ad operare. In ragione della notevole stazza degli animali da manipolare e della possibilità di catture multiple, le operazioni seguono uno specifico protocollo che prevede la presenza di almeno 6-8 persone tra agenti forestali del Parco Nazionale dello Stelvio e delle stazioni forestali della Val di Sole, guardiacaccia dell’ACT, operai del Parco e personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del PNS. Alle catture è sempre presente un veterinario, responsabile della sedazione e del benessere degli animali. Una volta in trappola i cervi vengono addormentati mediante l’impiego di un fucile lanciasiringhe, bendati e immobilizzati alle zampe in modo da procedere rapidamente con le operazioni di marcaggio e di rilievo dei parametri biometrici (sesso, età, peso, lunghezza della mandibola, lunghezza del piede posteriore, circonferenza del collo, lunghezza totale, stato di allattamento, numero delle punte e lunghezza del palco). Terminate le operazioni, in genere nell’arco di 20-30 minuti dal momento della narcotizzazione, al cervo viene somministrato un antidoto al narcotico, per facilitarne il risveglio, e viene controllato finché non è in grado di allontanarsi autonomamente dal luogo di cattura. La distanza dalla quale viene sparata la siringa contenente il narcotico è di circa 6 metri, l’antidoto viene somministrato dal veterinario direttamente all’animale mediante una siringa, al termine della manipolazione da parte della squadra di cattura. Complessivamente con le trappole sono stati catturati 70 cervi di cui 42 femmine e 28 maschi. Sui 28 maschi catturati solo un individuo aveva Più di 2 anni di età. Nelle trappole costruite all’esterno del Parco sono stati catturati solamente 2 cervi (Tabella 3.2). 28 Figura 3.7 - Trappola autoscattante. Per ovviare ai problemi di selettività delle trappole e disporre di un campione adeguatamente omogeneo è stato chiesto il supporto del Servizio Foreste e Fauna, che dispone di personale specializzato nelle catture di Ungulati mediante telenarcosi in free-ranging notturno (operazione di cattura mediante speciali fucili in grado di lanciare siringhe con narcotico, dotate di radiotrasmittente). La squadra di lavoro è composta da almeno quattro operatori: un autista, un operatore al faro, uno al fucile lanciasiringhe ed uno dotato di radio e antenna con il compito di localizzare l’animale sedato. Con un fuoristrada vengono percorse le aree di abituale pascolo notturno dove è possibile avvicinare i cervi e una volta individuato con il faro il capo che interessa monitorare, viene lanciata la siringa con narcotico e radiotrasmettitore; quest’ultimo permette di ritrovare in assenza di luce l’animale addormentato. La distanza di tiro utile durante le catture in free ranging si aggira intorno ai 15-25 metri. Si tratta di un metodo di cattura altamente selettivo poichè concentrato nel periodo della stagione riproduttiva, momento in cui i maschi adulti sono maggiormente avvicinabili perché impegnati nell’attività di bramito. A partire dal 2005 l’utilizzo del fucile lanciasiringhe è stato effettuato anche dagli agenti forestali del PNS. 29 Tabella 3.2 - Cervi catturati nelle trappole autoscattanti. ANNO PERIODO CERVI CATTURATI CERVI RADIOMARCATI CERVI MARCATI CON COLLARE CATARIFRANGENTE M F T M F M F 2002 Dal 5/2 al 19/3 1 3 4 -- -- -- -- 2003 dal 03/01 al 13/03 9 17 26 4 14 -- -- 2004 dal 6/1 al 24/03 11 10 21 7 8 -- -- 2005 -- -- -- -- -- -- -- -- 2006 -- -- -- -- -- -- -- -- 2007 dal 07/02 al 17/02 2 5 7 -- -- 1 3 2008 dal 18/01 al 11/02 5 7 12 -- -- 5 7 28 42 70 11 22 6 10 TOT Figura 3.8 - Cervo sedato in una trappola autoscattante. 30 Figura 3.9 - Maschio radiomarcato durante le catture in free ranging. Complessivamente in free ranging sono stati catturati 23 cervi di cui 10 femmine e 13 maschi. Tutti i 13 maschi catturati avevano più di 2 anni di età e 9 di essi avevano più di cinque anni. Nelle zone esterne al Parco sono stati catturati 3 cervi (Tabella 3.3 - ). Tabella 3.3 - Cervi catturati in free-ranging (tra parentesi i radiocollari GPS). ANNO PERIODO 2002 CERVI CATTURATI CERVI RADIOMARCATI CERVI MARCATI CON COLLARE CATARIFRANGENTE M F T M F M F -- -- -- -- -- -- -- 2003 22/12 1 -- 1 1 -- -- -- 2004 19/3 – 9/04 7/10 – 12/10 3 2 5 3 2 -- -- 2005 27/04 – 28/04 4/10 – 8/10 4 4 8 4 (2) 4 (2) -- -- 2006 2/10 – 7/10 2 3 5 1 (1) -- 1 3 2007 29/09 – 6/10 3 1 4 2 (2) -- 1 1 13 10 23 11 (5) 6 (2) 2 4 TOT Il successo medio di cattura è stato pari a 1.2 cervi/notte. Il successo medio di cattura in free ranging è stato di 1.43 cervi/notte, mente quello con l’utilizzo delle trappole è stato di 0.85 cervi/notte se si considerano solo le notti in cui è stato catturato almeno un cervo. Complessivamente tra il gennaio 2003 e il febbraio 2008 sono stati catturati 93 cervi, di cui 52 femmine e 41 maschi. Di questi il 75 è stato catturato con le trappole e il restante 25% in modo selettivo mediante free ranging. Cinque cervi su 93 (il 5%) sono stati catturati all’esterno 31 dell’area protetta (Tabella 3.4). In Tabella 3.5 è riportata la struttura per sessi e classi di età dei cervi catturati. Tabella 3.4 - Totale dei cervi catturati suddivisi per sessi, metodo di cattura e area geografica. CERVI MARCATI CON CERVI CERVI COLLARE PERIODO CATARIFRANGENTE CATTURATI RADIOMARCATI M F T M F M F Rabbi PNS– Trappole 16 28 44 7 15 4 5 Peio PNS – Trappole 11 13 24 3 7 2 5 Val di Sole – Trappole 1 1 2 1 -- -- -- Rabbi PNS – Free ranging 2 1 3 1 (1) 1 1 -- Peio PNS – Free ranging 10 7 18 9 (4) 3 (2) 1 4 Val di Sole – Free ranging 1 2 3 1 2 -- -- TOTALE 41 52 93 22 (5) 28 (2) 8 14 Tabella 3.5 - Struttura per sessi ed età dei cervi catturati. MASCHI FEMMINE Piccoli 11 Piccoli 7 Fusoni 13 Sottili 2 2 - 4 anni 4 2 – 3 anni 6 5 – 7 anni 8 4 – 10 anni 28 8+ anni 5 11+ anni 9 TOT 41 52 Tutti gli individui catturati sono stati marcati con contrassegni auricolari ad entrambe le orecchie, disposte secondo una combinazione di numeri e colori, rappresentativi della zona e dell’anno di cattura. Quarantatre soggetti sono stati anche dotati di radiocollare VHF (marca Telonics e Televilt). Sette individui sono stati dotati di radiocollari a tecnologia GPS (marca Televilt e Vectronic), programmati per intensificare le localizzazioni giornaliere in corrispondenza della stagione dei bramiti e dei periodi di migrazione tra le aree di svernamento ed estivazione. Infine ultimamente 22 soggetti sono stati muniti di collari colorati e muniti di catarifrangenti colorati per renderli facilmente riconoscibili durante le operazioni di conteggio notturno e permettere l’applicazione della tecnica di mark-resight per la stima della consistenza della popolazione. Le due tabelle seguenti riportano le caratteristiche principali dei cervi catturati e muniti di radiocollare nel corso dello studio. Non sono stati analizzati i cervi evidenziati in grigio (numero troppo esiguo di localizzazioni) e in arancione (femmina spostata artificialmente da una valle all’altra). 32 Tabella 3.6 - Elenco dei cervi muniti di radiocollare nel presente studio; FR = frequenza radiotrasmittente associata al collare; SEX = sesso; RANGE ETA’ = range di età durante il monitoraggio, stimata alla cattura in base all’usura dei denti; COLLARE = tipologia di radiocollare applicato; PARCO = relazione che il cervo ha avuto con il territorio del Parco durante l’intero monitoraggio (in = aree maggiormente frequentate poste entro Parco; out = frequente utilizzo anche di territori esterni al Parco). RANGE DATA ULTIMA PESO alla CATTURA LOCALIZZAZIONE CATTURA (kg) Vhf 26/02/2004 14/12/06 74 in 7-8 Vhf 19/02/2003 19/12/03 89 in f 4 Vhf 07/01/2004 08/03/04 81 80 f 1-4 Vhf 18/02/2003 29/06/06 66 111 f 9-10 Vhf 09/01/2004 09/05/05 122 120 f 6-8 Vhf 19/03/2004 17/06/06 150 f 8-11 Vhf 05/03/2004 29/06/06 104 69 FR SEX 50 f 12-15 60 f 61 ETA' COLLARE PARCO in out in 180 f 1 Vhf 07/01/2004 09/05/05 181 f 4 Vhf 27/04/2005 17/06/06 210 f 13-14 Vhf 04/01/2003 29/06/06 94 211 f 6-9 Vhf 21/01/2004 09/05/05 104 in 240 f 14-15 Vhf 26/02/2004 09/08/04 102 in 241 f 0-1 Vhf 07/10/2005 02/10/06 in 270 f 8-11 Vhf 19/03/2004 14/12/06 out in 370 f 12-15 Vhf 27/02/2003 29/06/06 108 out 391 f 6-9 Vhf 19/02/2003 23/08/05 90 out 410 f 6-9 Vhf 16/01/2003 28/06/06 124 out 430 f 4-7 Vhf 03/01/2003 29/06/06 94 in 510 f 8-10 Vhf 28/01/2003 01/12/04 103 in 530 f 0-4 Vhf 11/02/2003 14/12/06 50 in 550 f 5-8 Vhf 07/01/2004 14/12/06 96 in 570 f 9-12 Vhf 22/01/2003 30/06/07 104 in 610 f 7-9 Gps 06/10/2005 29/10/07 in 630 f 5-6 Gps 28/04/2005 06/03/07 in 810 f 3-4 Vhf 13/03/2003 01/02/04 85 in 830 f 4-7 Vhf 05/03/2003 29/06/06 96 in 850 f 0-3 Vhf 23/01/2003 29/06/06 870 f 9-12 Vhf 07/01/2003 30/06/06 000 M 6-7 Gps 05/10/2007 in 115 in In 030 M 10-12 Vhf 12/10/2004 14/12/06 out 100 M 7-8 Vhf 06/10/2004 05/11/05 out 120 M 7-8 Gps 06710/2007 170 m 4-5 Vhf 04/10/2005 14/12/06 out 260 m 5-7 Vhf 08/04/2004 14/12/06 in 290 m 0 Vhf 29/01/2004 20/03/04 56 291 m 2-5 Vhf 24/03/2004 14/12/06 88 330 m 0 Vhf 28/01/2004 06/03/04 54 331 m 2-5 Vhf 15/03/2004 14/12/06 83 in 340 m 1-4 Vhf 01/03/2004 14/12/06 79 in In in 33 555 m 7-8 Vhf 06/10/2005 14/12/06 out 619 M 10 Gps 06/10/2005 25/11/05 In 620 M 11 Gps 03/10/2006 02/12/06 In 640 m 7-9 Gps 04/10/2005 25/05/06 150 out 890 m 1-4 Vhf 11/02/2003 01/10/05 96 out 910 m 1 Vhf 06/01/2004 22/01/04 65 911 m 1-4 Vhf 10/02/2004 14/12/06 931 m 1-3 Vhf 27/01/2003 12/09/04 101 950 m 1 Vhf 13/02/2003 25/02/03 85 951 m 12-14 Vhf 22/12/2003 13/10/05 129 out 970 m 1-5 Vhf 10/01/2003 29/06/06 105 in in out Al fine di proseguire con l’attività di mark-resight, dall’anno 2006 si è proceduto alla cattura di ulteriori individui che sono stati marcati con collari colorati e dotati di placche catarifrangenti anch’esse colorate. Tabella 3.7- Prospetto degli animali marcati con collare catarifrangente. DATA CATTURA 02/10/06 02/10/06 05/10/06 07/10/06 07/02/07 07/02/07 15/02/07 17/02/07 29/09/07 06/10/07 18/01/08 18/01/08 18/01/08 23/01/08 23/01/08 29/01/08 05/02/08 05/02/08 07/02/08 11/02/08 11/02/08 11/02/08 MORTE 31/12/2006 25/09/2008 SESSO ETA' CLASSE ETA' f f m f m f f f f m f f m f m f f m f m f m 4/5 7 5/6 8/9 1 14 3/4 5 9/10 5 3 4 1 14 2 3 4 1 3 1 4 1 subadulta adulta adulto adulta fusone anziana subadulta adulta adulta adulto subadulta subadulta fusone anziana subadulto subadulta subadulta fusone subadulta fusone subadulta fusone A partire dal gennaio 2003 è cominciata la fase di monitoraggio dei soggetti marcati. Le diverse fasi del lavoro di campo sono state realizzate a diverse riprese da Sara Luchetti, Ilenia Perrotta, Margherita Tommasini, Massimiliano Zaninetti e Natalia Bragalanti, biologi e naturalisti, e da Ivan Callovi, forestale assunto a tempo determinato presso il Parco dello Stelvio. La raccolta dei dati ha previsto un minimo di tre localizzazioni settimanali per animale, distribuite in giorni diversi e non consecutivi (156 all’anno), di precisione compresa tra gli 1 e i 10 ha. La tecnica utilizzata è quella della triangolazione mista alla cerca. A partire dall’aprile 34 2004 il gruppo dei ricercatori incaricati del monitoraggio è stato affiancato dal guardiacaccia dell’Associazione dei Cacciatori della Provincia di Trento Lucio Luchesa. Complessivamente sono state effettuate 12.678 localizzazioni totali (Figura 3.10). Le localizzazioni sono state inserite in un database contenente per ognuna di esse le seguenti informazioni: frequenza del radiocollare, sesso ed età del cervo, data, ora, rilevatore, precisione della localizzazione, coordinate della localizzazione in Gauss-Boaga fuso Ovest, stagione, tipologia di occupazione dello spazio (migratore, stanziale, migratore intermedio). Figura 3.10 - Localizzazioni radiotelemetriche (N = 12.678). In rosa le femmine, in azzurro i maschi. Le elaborazioni dei dati sono state successivamente effettuate mediante i software ArcGis e R. La raccolta dei dati posizionali provenienti dai collari GPS (Figura 3.11) è avvenuta mediante due differenti tipologie di trasferimento dati a seconda della marca di collare utilizzato. I collari Televilt hanno previsto lo scarico dei dati via radioVHF, mediante l’utilizzo di una strumentazione composta da una radio ricevente (RX 9000-Televilt) in grado di ricevere i dati relativi alle localizzazioni GPS mediante un apposito remote control (RC01-Televilt). I collari Vectronic invece prevedono la progressiva trasmissione dei dati mediante messaggi sms che la sim card assemblata nel sistema trasmette al numero di telefono specificato. I messaggi arrivano a Vectronic che invia ai clienti messaggi di posta elettronica contenenti le localizzazioni effettuate. 35 Figura 3.11 - Localizzazioni GPS (N = 29.982). In rosa le femmine, in azzurro i maschi. #0#.+5+&'..#%10&+<+10''%156+67<+10' In parallelo alle indagini sanitarie curate dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, è stata avviata una campagna per la registrazione delle misurazioni e per i prelievi biometrici con finalità di valutazione dello stato di fertilità e di condizione (sempre in collaborazione con l’IZS). Il campionamento è stato effettuato sui cervi abbattuti nelle Riserve di Peio, Rabbi e Vermiglio, i cui cacciatori hanno fornito un valido aiuto per il reperimento dei campioni, e su tutti i soggetti rinvenuti morti all’interno e all’esterno del Parco (sui quali il lavoro di misurazione e campionamento è stato effettuato dagli agenti forestali delle stazioni del Parco e del Distretto della Val di Sole con la collaborazione del personale del Parco. Nel caso del cervo esistono numerosi studi che dimostrano come le misure biometriche siano dei buoni indici per valutare la condizione generale di una popolazione in un determinato habitat e come le variazioni nella massa corporea e nelle misure lineari, siano correlate ad una variazione nella qualità degli habitat occupati (Mitchell et al, 1976; Buchil, 1979, Clutton Brock et al, 1982, Langvatn, 1986). Per valutare lo “stato” complessivo della popolazione vengono valutati in modo quantitativo e comparato alcuni indici che permettono di descrivere la condizione e la costituzione della popolazione stessa. I valori di tali indici vengono anche confrontati con valori analoghi di popolazioni geograficamente limitrofe in modo da poter effettuare gli opportuni paragoni (popolazioni delle UG del Parco Nazionale dello Stelvio, settori lombardo e sudtirolose, e delle limitrofe UG svizzere). Con il termine di condizione si intende lo stato di forma momentaneo di un animale in relazione al suo stato nutrizionale, alla sua salute, alle sue capacità fisiologiche e di resistenza. Tale stato può subire notevoli fluttuazioni sia stagionali sia annuali e viene di norma calcolato mediante complesse misurazioni relative alle riserve di grasso. Ciò rende necessaria una perfetta standardizzazione della raccolta e misurazione delle informazioni. Nella pratica la condizione fisica di un animale viene generalmente valutata attraverso l’apprezzamento del 36 grasso presente nei diversi depositi del corpo, basandosi sul presupposto che la quantità di grasso presente in questi depositi sia proporzionale alle riserve totali di grasso corporeo. Con il termine costituzione di un animale si intende lo stato fisico raggiunto da un soggetto e l’aspetto che il corpo ha assunto, sotto l’influenza delle condizioni di vita, a partire dalla nascita e soprattutto durante la crescita (Buchli, 1979, Klein, 1985). Determinanti sono soprattutto i primi anni dello sviluppo e in questo senso l’indice di costituzione può riassumere le diverse condizioni attraverso le quali l’animale è passato nel corso del proprio sviluppo e rispecchiare l’influsso medio che le condizioni ambientali hanno esercitato nel corso degli anni sullo sviluppo dell’animale. Per la valutazione della costituzione dell’animale vengono utilizzati alcuni parametri somatici definiti “misure morfobiometriche”. Nell’animale adulto, essendo terminata la crescita, queste misure riflettono una condizione fisica anteriore. Ad esempio un piccolo che nasce da una madre che è in cattive condizioni, sarà già alla nascita più debole e riceverà meno latte; questo lo porterà a sviluppare caratteri somatici inferiori alla media. Il ritardo di sviluppo accumulato nei primi anni di vita difficilmente viene recuperato negli anni successivi e l’animale mostrerà caratteri somatici inferiori alla norma durante tutta la sua vita (scarsa costituzione; Buchli, 1979, Leoni, 1995). Per la valutazione della condizione fisica e della costituzione dei cervi, in relazione alla loro densità e alla qualità degli ambienti occupati, si è operato su base campionaria, utilizzando i soggetti abbattuti in Val Venosta nell’ambito del programma di selecontrollo e quelli provenienti dall’attività venatoria nel resto dell’area di studio. Sono stati inoltre utilizzati dati biometrici provenienti da cervi rinvenuti morti nei territori indagati, principalmente provenienti dall’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Nello specifico per il Settore trentino, i dati raccolti durante i campionamenti biometrici si riferiscono agli individui abbattuti durante l’attività venatoria nelle riserve di Peio, Rabbi e Vermiglio, ed a quelli rinvenuti morti nell’intera UG Val di Sole, nel periodo compreso tra l’anno 1997 e il 2007, per un totale di 296 capi (per cui è disponibile il set completo di misurazioni). Per quanto riguarda l’evoluzione storica dei pesi sono stati utilizzate le misurazioni rilevate all’atto del controllo del capo, registrate sul tesserino di abbattimento per un totale di 6.867 records. Dei 172 capi relativi ad individui rinvenuti morti campionati dagli agenti forestali della PAT, 122 provengono dal territorio del Parco. Di seguito le Tabelle che riportano la suddivisione del numero di campioni disponibili. Tabella 3.8 - Abbattuti – misurazione peso. Numero di cervi del campione analizzato, distinti per sesso e classe di età. MASCHI FEMMINE piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni 822 946 882 386 150 36 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni 942 676 462 270 877 235 Tabella 3.9 - Abbattuti – misurazione mandibola. Numero di cervi del campione analizzato, distinti per sesso e classe di età. MASCHI piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 169 193 194 89 47 8 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni 213 129 111 68 246 72 37 Tabella 3.10 - Abbattuti – campionamento completo. Numero di cervi del campione analizzato, distinti per sesso e classe di età. MASCHI piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 19 22 13 16 11 2 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni 24 17 17 13 37 11 Tabella 3.11 - Rinvenuti morti – misurazione peso. Numero di cervi del campione analizzato, distinti per sesso e classe di età; PNS Parco Nazionale dello Stelvio; DVS Distretto Val d Sole. PNS DVS MASCHI Piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 19 10 6 1 2 1 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni MASCHI 8 7 8 1 16 8 piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 9 15 6 2 1 1 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni 18 9 9 2 19 5 Tabella 3.12 - Rinvenuti morti – misurazione mandibola. Numero di cervi del campione analizzato, distinti per sesso e classe di età; PNS Parco Nazionale dello Stelvio; DVS Distretto Val d Sole. PNS DVS MASCHI Piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 54 18 10 6 5 5 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni MASCHI 31 7 14 1 23 9 piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 4 9 4 1 0 1 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni 13 7 4 3 11 5 Tabella 3.13 - Rinvenuti morti – campionamento completo. Numero di cervi del campione analizzato, distinti per sesso e classe di età; PNS Parco Nazionale dello Stelvio; DVS Distretto Val d Sole. PNS DVS MASCHI Piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 23 15 7 1 2 1 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni MASCHI 11 7 12 2 20 9 piccolo fusone 2-4 anni 5-7 anni 8-11 anni 12+ anni FEMMINE 4 5 1 1 1 1 piccolo sottile 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni 8 2 2 0 6 2 Da un sottocampione degli animali abbattuti e rinvenuti morti, sono stati raccolti set di misurazioni biometriche e campionamenti completi successivamente analizzati in laboratorio 38 (tratti riproduttivi per le femmine) o misurati dagli agenti forestali, preventivamente preparati. Le variabili esaminate o prese in considerazione per ogni cervo sono le seguenti: - sesso; - età (mediante la valutazione dell’usura della dentatura della mandibola); - peso completamente eviscerato (field dressed weight di Langvtan (1977)); - lunghezza della mandibola (misurata in linea retta con precisione a 0.5 cm, dal punto mediale di inserzione dei primi incisivi al punto più posteriore del processo angolare); - KFI (indice di grasso perirenale (Riney, 1955); - presenza del piccolo (allattamento in corso o terminato da poco); - accertamento della fertilità (feto evidente o presenza di corpi lutei veri); - lunghezza del garretto (misurato tenendo stirato l’arto dalla punta dello zoccolo al punto più prossimale del calcagno); - circonferenza minima del collo (misurata con metro a nastro nel punto di minore circonferenza del collo). Dall’anno 2006 il personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del Parco, presenzia alle fasi di valutazione dell’età degli animali abbattuti, esposti alla mostra trofei della Val di Sole e collabora con i tecnici dell’ACT alla raccolta dei dati relativi all’età, sesso, peso eviscerato, lunghezza della mandibola (rilevata con calibro elettronico con precisione al decimo di mm), lunghezza delle stanghe dei fusoni, numero delle punte dei maschi adulti, località e data di abbattimento. Tutte le informazioni sono costantemente aggiornate in un geodatabase Access, nel quale per gli individui rinvenuti morti, è possibile risalire anche all’esatto luogo del ritrovamento. Per un maggior approfondimento dei metodi di campionamento e di analisi e dei risultati si veda la relazione “Analisi della densità, dinamica e costituzione delle popolazioni di cervo del Parco Nazionale dello Stelvio” (Bonardi e Pedrotti in Nicoloso et al., 2006). #0#.+5+&'..156#615#0+6#4+1 La conoscenza dello stato sanitario della popolazione di cervo presente nel Parco Nazionale dello Stelvio rappresenta un grosso contributo alla gestione delle patologie sia nel domestico, sia nel selvatico, potendo altresì contribuire a chiarire il ruolo epidemiologico delle specie recettive nel mantenimento nell’ambiente degli agenti eziologici coinvolti. Un esempio in tal senso è rappresentato dalla paratubercolosi, malattia presente con alti valori di prevalenza nei cervi del Parco. La paratubercolosi è una malattia intestinale cronica dei Ruminanti domestici e selvatici causata dal Mycobacterium paratuberculosis; la sintomatologia osservata nei soggetti colpiti dalla malattia è rappresentata da dimagrimento, cattive condizioni del mantello e diarrea. La trasmissione avviene principalmente per via orale e l’eliminazione con feci, ma recentemente altre vie come quella verticale dalla madre al feto sono state dimostrate anche nei Ruminanti selvatici. Tale malattia, pur non dimostrando effetti immediati ed eclatanti sulla dinamica di popolazione, pone tuttavia numerosi problemi gestionali correlati alla possibilità di trasmissione della malattia al domestico e merita un adeguato monitoraggio e approfondimento. L’indagine sullo stato sanitario della popolazione trentina di cervo, attiva dall’anno 1998 al 2005, ha coinvolto il Settore trentino del Parco attraverso la raccolta di visceri e di campioni di sangue su cervi abbattuti durante la stagione venatoria (nelle Riserve di Peio, n=72; Rabbi, n=127 e Vermiglio, n=30) o rinvenuti morti nelle aree del Parco stesso (n=100). 39 La ricerca, svolta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento mediante il coinvolgimento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, è stata indirizzata all’approfondimento delle conoscenze sulla relazione esistente tra la presenza del Mycobacterium paratuberculosis e le densità elevate di cervo nell’area di studio. L’obiettivo del monitoraggio sanitario è stato acquisizione di maggiori conoscenze sulle popolazioni, sia ai fini della loro conservazione, sia per il controllo della diffusione di patogeni trasmissibili in ambito di sanità pubblica e in ambito zootecnico. Vista la situazione pregressa, particolare importanza è stata data alle indagini finalizzate a quantificare lo stato della popolazione rispetto alle già verificate alte prevalenze di paratubercolosi e al significato di tale patologia rispetto alla dinamica delle popolazioni e al rapporto tra selvatici e bestiame domestico. Gli organi campionati sono stati sottoposti ad esame anatomopatologico per verificare la presenza di alterazioni di tipo infiammatorio, degenerativo o la presenza di parassiti. In funzione delle lesioni riscontrate sono stati effettuati, qualora ritenuti necessari, accertamenti diagnostici di tipo microbiologico, parassitologico o istopatologico. Le lesioni anatomopatologiche e le parassitosi riscontrate sono state raggruppate nelle seguenti categorie: Polmoniti: processi infiammatori di tipo catarrale o fibrinoso a carico di lobi o parte dei lobi polmonari, con presenza o meno di enfisema alveolare o interstiziale, interessamento pleurico o presenza di lesioni nodulari parassitarie - Dictyocaulosi: infestazione lungo le vie respiratorie da parte di esemplari adulti di nematodi appartenenti al genere Dictyocaulus. - Dicroceliosi: infestazione del fegato, delle vie biliari, da parte di esemplari adulti di trematodi della specie Dicrocoelium dendriticum. - Periepatiti: processi infiammatori di tipo sostanzialmente fibrinoso a carico della superficie del fegato, glissoniana. - Degenerazione epatica: processi degenerativi principalmente di tipo steatosico a carico del parenchima epatico. - Epatomegalia: aumento di volume del fegato. - Nefriti: processi infiammatori a carico della corticale, della midollare o di più strutture dei reni. - Cysticercus: infestazione parassitaria da parte di forme larvali del cestode Tenia denominate Cysticercus tenuicollis. - Setaria: infestazione da parte di forme adulte del nematode Setaria cervi. - Abomasiti: processi infiammatori a carico della mucosa dell’abomaso. - Enteriti: processi infiammatori a carico dell’intestino di diversa estensione e carattere anatomopatologico, catarrale, emorragico, necrotico o di tipo specifico. - Lifoadeniti: processi infiammatori di tipo iperplastico o emorragico a carico dei linfonodi del canale gastroenterico. - Linfoadenopatie: aumento di volume, edemi o emorragie a carico dei linfonodi del canale gastroenterico. - Strongili: infestazione da parte di esemplari adulti appartenenti a diverse specie di strongili gastrointestinali. - Miasi: infestazione da parte di forme larvali di ditteri della specie Cephenemya stimulator a livello nasofaringeo. - Neotrombicula: ectoparassitosi sostenuta da forme larvali dell’acaro Neotrombicula autumnalis. La paratubercolosi è una malattia intestinale cronica dei ruminanti domestici e selvatici causata da Mycobacterium avium subsp paratuberculosis diffusa in tutti i continenti, grazie anche alle caratteristiche di resistenza nell’ambiente e alla sua patogenesi. È fonte di ingenti 40 perdite economiche nella zootecnia sia per le forme cliniche, sia per le forme subcliniche che determinano riduzione delle produzioni. La sintomatologia osservabile nei soggetti colpiti dalla malattia è rappresentata da dimagramento, cattive condizioni del mantello e diarrea. La trasmissione avviene principalmente per via orale e l’eliminazione con le feci, ma recentemente altre vie come quella verticale dalla madre al feto sono state dimostrate anche nei ruminanti selvatici. L’elenco delle specie sensibili comprende anche mammiferi non ruminanti e in ambito selvatico sono segnalati casi nella volpe, nei mustelidi nel coniglio selvatico e nella lepre. In diversi paesi sono stati promossi studi mirati a verificare l’eventuale ruolo di serbatoio di queste specie nell’epidemiologia della paratubercolosi. Il cervo è la specie che maggiormente presenta caratteristiche biologiche ed ecologiche potenziali per questo ruolo ed è infatti la specie che generalmente anche in Italia presenta le maggiori prevalenze d’infezione. Nell’ambito del monitoraggio sanitario del cervo nel Settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio la ricerca della paratubercolosi assume un significato particolare perché proprio in due cervi nelle aree del Parco Nazionale dello Stelvio, Settore altoatesino, sono stati riscontrati i primi casi in Italia di paratubercolosi nella fauna selvatica nei primi anni ’90. Sebbene esistano diverse metodiche, la diagnosi nei confronti della paratubercolosi è alquanto complessa. Questo dipende da diversi fattori come la lenta crescita sui terreni di coltura, legati alla patogenesi e alla scarsa sensibilità dei test sierologici. La ricerca di lesioni riferibili a paratubercolosi è stata effettuata su tutto il tratto intestinale e sui linfonodi associati di 372 individui. I cervi che non presentavano alterazioni sono stati raggruppati in classi anatomopatologiche secondo la seguente classificazione modulata da Perez et al. 1997: CLASSE A: alterazioni limitate al sistema linfatico intramurale con ispessimento delle placche di Peyer linfangectasia, linfoadenomegalia o linfadenite iperplastica o emorragica; erosioni o petecchie limitate alla valvola ileociecocolica; CLASSE B: enterite di tipo catarrale emorragica con estensione limitata all’ileo o a poche anse con eventuali erosioni e/o petecchie emorragiche; CLASSE C1: enteriti emorragiche o catarrali emorragiche estese con gravi lesioni in corrispondenza della valvola; CLASSE C2: enteriti croniche con ispessimento della parete e corrugamento della mucosa; CLASSE C3: concomitante presenza delle lesioni riscontrate in C1 e C2 con associate gravi linfadeniti iperplastiche. Sulla valvola ileocecale e sui linfonodi è stato effettuato l’esame colturale per Mycobacterium paratuberculosis su terreno di Herrold. L’esame colturale è stato seguito, per ogni soggetto, su un pool di tessuti costituito da una porzione dell’intestino tenue (ileo prossimale) dalla valvola ileo-cieco-colica e dai linfonodi meseraici e ileocecali. I campioni, conservati in congelatore a 21°C per alcune settimane, dopo lo scioglimento son o stati posti per una notte a +4°C in tampone di “Butterfield” e successivamente sottoposti ad omogeneizzazione, digestione con tripsina (0.4% in BPS) e decontaminazione con cloruro di benzalconio allo 1% per 16-18 ore a temperatura ambiente. Il sedimento del materiale è stato quindi seminato su quattro diversi tipi di terreno Herrold. Una prima lettura delle piastre è stata effettuata dopo 30-40 giorni di incubazione a 37°C; i campioni che dopo dodici sett imane non presentavano crescita di alcuna colonia tipica sono stati considerati negativi. L’identificazione dei ceppi isolati è stata effettuata sulla base della morfologia delle colonie, sulle caratteristiche biologiche e tintorali e sulla colorazione di Ziehl-Nielsen. Metà dei campioni di valvole, linfonodi e porzione di intestino tenue utilizzati per l’esame colturale sono stati fissati in formalina tamponata al 10% ed inviati al laboratorio di istologia per l’esame immunoistochimico. I vetrini dopo l’allestimento, subiscono un trattamento di mascheramento antigenico ed infine vengono incubati con siero policlonale di Mycobacterium paratuberculosis a temperatura ambiente per 30 minuti. Viene aggiunto un sistema perossidasi 41 e vengono incubati a temperatura ambiente per altri 30 minuti, e successivamente incubati con un substrato cromogeno per 5 minuti sempre a temperatura ambiente. I vetrini vengono contrastati con ematossilina, disidratati attraverso la serie ascendente degli alcoli, chiarificati in cilene e montate a sezione. Al microscopio la presenza di precipitati colorati indica l’avvenuto legame del coniugato al complesso Ag/Ab e quindi la positività del campione. Sono state inoltre eseguite analisi specifiche nei confronti della Chronic Wasting Disease (CWD). La chronic wasting disease (CWD), malattia da deperimento cronico, appartiene alle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) causate da prioni. È l’unica patologia sostenuta di questa categoria che interessa specie a vita libera. La malattia è stata scoperta per la prima volta nel Nord America nel 1981, ma si ritiene che possa aver circolato in cervidi a vita libera anche venti anni prima. Finora è stata riscontrata soltanto in alcune specie di cervidi (Odocoileus hemonius, Odocoileus virginianus, Cervus elaphus nelsoni). Fino ad oggi la malattia è rimasta confinata negli Stati Uniti e nel Canada ad eccezione di alcuni casi registrati nella Corea del Nord in soggetti importati dal Canada. Il clamore suscitato dalle TSE in Europa ha determinato un incremento dell’interesse nei confronti della CWD con l’implementazione di monitoraggi sanitari indirizzati al controllo di questa malattia. Di riflesso anche in Europa si è iniziato ad effettuare indagini dapprima sottoforma di ricerca ed ora anche come piani di controllo a livello nazionale e comunitario. Sui reni dei soggetti esaminati è stata effettuato l’esame della condizione fisica attraverso il calcolo del kidney fat index (KFI), dato dal rapporto tra il peso del rene e il peso del grasso perirenale (Riney, 1955). #0#.+5+&'..'+06'4#<+10+%10#.64'%1/210'06+ &'..ŏ'%15+56'/#'%10.'#66+8+67/#0' All'interno di un ecosistema ciascun elemento è intimamente legato ed interconnesso in una sorta di rete a tutte le altre componenti, a formare una sorta di equilibrio dinamico in continua evoluzione. Ogni cambiamento può portare conseguenze in cascata sulle altre componenti. Tali aspetti e i possibili effetti connessi alle elevate densità di cervo devono essere opportunamente analizzati e documentati. La presenza del cervo può avere effetti sulla dinamica di altre specie faunistiche, sulle dinamiche evolutive del bosco e innescare conflitti con le popolazioni locali per i danni arrecati alle attività di carattere economico. Nei “ristretti” spazi alpini gli aspetti di convivenza tra l’uomo e gli assetti naturali non possono essere trascurati, in quanto indissolubilmente legati in un equilibrio complessivo di cui è fondamentale trattare gli aspetti tecnici, ma di cui è ancora più importante comprende e risolvere gli aspetti sociali ed emotivi. Le scelte del piano devono mediare e trovare un giusto equilibrio tra necessità dell'uomo, e conservazione degli ecosistemi in tutte le loro componenti. Di seguito vengono riportate alcune brevi note metodologiche sulle componenti dell’ecosistema indagate perché considerate potenzialmente influenzate dalle elevate densità di cervo all’interno dell’area protetta. 42 +/2#66157.$15%1 La valutazione del danno al bosco è stata effettuata mediante due diverse tipologie di campionamento, la prima in base a rilievi per punti di campionamento, la seconda mediante l’impiego di recinti di esclusione. 3.6.1.1. Rilievo per punti di campionamento La valutazione della distribuzione e dell’entità dell’impatto e del danno da brucamento al bosco in Val di Sole è stata effettuata dalla PAT a partire dall’anno 2000 fino all’anno 2003, contemporaneamente in tutto il territorio provinciale, mediante la distribuzione uniforme di punti di campionamento. Complessivamente sono stati individuati 861 siti di rilievo, distribuiti in modo che fossero rappresentate le diverse situazioni di esposizione, quota e pendenza dei versanti. All’interno di ciascun sito è stata ricercata una zona di rinnovazione idonea all’esecuzione del rilievo, in cui fosse presente un numero di alberelli sufficiente a garantire la rinnovazione del bosco. Metodologia di rilievo Un inventario per campionamento é una fotografia istantanea effettuata in una foresta, che, nel caso della presente indagine, permette di determinare la percentuale di rinnovazione danneggiata da parte degli Ungulati selvatici, il tipo di danneggiamento, le specie maggiormente colpite ed i settori geografici maggiormente interessati al danno. In ogni sito di campionamento è stata individuata un’area di saggio rettangolare denominata transetto in cui è stato rilevato il grado di brucamento a carico della rinnovazione di altezza compresa tra 15 e 130 cm. I dati di questo rilievo sono confrontabili con quelli di studi effettuati in altre zone dell’arco alpino e con quanto effettuato in modo sistematico e diffuso nel Parco Nazionale dello Stelvio, con analoghi rilievi nel 1998. Il rilievo dei transetti si è concluso nel 2000 mentre il rilievo delle piantine all’interno della gabbia e dell’area testimone è stato ripetuto negli anni 2001, 2002 e 2003. Il transetto è costituito da una o più strisce di 2 metri di larghezza, lunghe quanto necessario per poter rilevare il numero minimo preventivato di piantine. Per poter evidenziare le dimensioni e la qualità del danno in ogni fase di insediamento della rinnovazione, le piantine rilevate sono state suddivise in cinque classi dimensionali: piante dai 15 ai 25 cm di altezza, dai 26 ai 40 cm, dai 41 ai 70 cm, dai 71 ai 100 cm, dai 101 ai 130 cm. Per ognuno degli alberelli compresi nel transetto, classificato per specie arborea e classe di altezza, è stato rilevato il brucamento subito dal germoglio apicale nei tre anni precedenti il rilievo, distinto in brucamento semplice del germoglio apicale o brucamento ripetuto per due o tre anni. E’ stata inoltre rilevata l’eventuale presenza di soffregamenti. Per la valutazione del carico di brucamento sono stati presi in considerazione gli esemplari di rinnovazione compresi tra 25 e 130 cm di altezza perché le piantine nei primi stadi di sviluppo subiscono l’influenza di molteplici fattori limitanti diversi dal brucamento, quali la concorrenza delle specie del sottobosco. Tali fattori vengono indagati nella sperimentazione relativa al rilievo nelle gabbie e nelle aree testimone. Si deve inoltre considerare che in generale le piante più piccole rimangono protette in inverno dalla copertura nevosa e quindi risultano meno soggette al brucamento. Anche gli analoghi studi effettuati nell’arco alpino utilizzano nell’analisi del brucamento la rinnovazione di altezza superiore ai 25-30 centimetri. L'osservazione del brucamento è stata effettuata riferendosi agli ultimi tre anni in quanto ferite più vecchie sono a volte difficili da osservare perché cicatrizzano molto velocemente (Eiberle, 43 1989) e le piccole discontinuità nel tronco possono essere identificate con sicurezza come brucamento solo mediante analisi della sezione longitudinale del fusto. 3.6.1.2. Rilievi mediante l’impiego di recinti di esclusione Nel corso del 1992 sono state realizzate 10 aree recintate (15 x 20 m) in altrettante località della Provincia di Trento, vicino alle quali, in condizioni stazionali il più possibile simili, sono state individuate delle superfici di confronto delle stesse dimensioni, non recintate e soggette quindi alla normale influenza della fauna selvatica (Figura 3.12). Le aree sono state scelte in soprassuoli differenti per struttura e composizione, nei quali era stata avvertita la presenza di segni di brucamento. L’utilizzo dei recinti presenta il vantaggio di poter monitorare la dinamica dello sviluppo della rinnovazione a partire dal suo insediamento ed ottenere dati relativi al suo potenziale in assenza dell’azione di brucamento; questo, confrontato con l’area omogenea non recintata posta nelle vicinanze evidenzia l’entità dell’azione svolta dagli Ungulati. Figura 3.12 - Rappresentazione dei recinti di esclusione e delle aree di controllo Metodologia di rilievo I rilievi sulle varie componenti vegetazionali sono stati effettuati appena realizzate le aree, nel 1992; in seguito sono stati ripetuti nel 1995 e nel 2007. Questo ultimo rilievo è stato realizzato nelle sole aree di Piazzola e di Maleda, presenti all’interno dei confini del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. La vegetazione è stata suddivisa in 4 categorie: - 44 erbacea; rinnovazione (specie arboree) sotto i 30 cm di altezza; arbustiva (specie arbustive); rinnovazione (specie arboree) compresa fra i 30 ed i 300 cm di altezza. Per ogni area, il rilievo sulle piante erbacee e sulla rinnovazione con altezza inferiore ai 30 cm, secondo una classificazione specifica, è stato effettuato mediante un transetto (largo 130 cm) collocato lungo la diagonale del recinto. Per quanto riguarda lo strato erbaceo una volta individuate le specie è stata stimata la copertura, per quel che concerne la rinnovazione inferiore ai 30 cm, è stato effettuato il conteggio degli individui e l’altezza media dei soggetti ripartita per specie. Le piante con altezza compresa tra i 30 ed i 300 cm e gli arbusti, invece, sono stati conteggiati singolarmente e misurati in altezza su tutta l’estensione delle aree. Inoltre gli operatori hanno determinato lo stato delle singole piante individuando le diverse modalità di interazione degli Ungulati (presenza di brucamento all’apice e/o sulle gemme laterali e di scortecciatura sul tronco) e l’intensità del suo effetto. 3.6.1.3. Rilievo mediante transetti a carico della rinnovazione forestale nel Parco Nazionale dello Stelvio Per procedere al rilievo del carico di morso sulla rinnovazione arborea del Parco Nazionale dello Stelvio è stata approntata una cartografia in scala 1:10:000, sulla base della quale la superficie boscata del Parco è stata suddivisa, mediante una griglia a maglie rettangolari, in aree di 50 ettari di superficie (500 m x 1.000 m). All’interno di ciascuna di queste aree è stata ricercata una zona in rinnovazione idonea all’esecuzione del rilievo. Sono state scelte zone con rinnovazione naturale allo stadio iniziale con una densità di alberelli pari ad almeno 4.000 piantine per ettaro. Metodologia di rilievo L’indagine è stata realizzata nell’estate del 1998. Nel Settore altoatesino sono state effettuate tre indagini (rispettivamente nel 1992, 1995 e 1998). Il carico di morso presente nelle zone di rinnovazione individuate è stato rilevato in un’area di saggio di 50 m2 di superficie, rappresentata da una striscia di controllo lunga 25 m e larga 2 m, delimitata da picchetti in modo da rendere possibile, in tempi successivi, la sua individuazione e quindi la ripetizione del rilievo (Figura 3.13). Figura 3.13 - Forma e dimensioni di ciascuna striscia di controllo. 45 Nella striscia di controllo sono stati esaminati tutti gli alberelli inferiori ai 300 cm di altezza aventi il fusto posizionato entro i confini dell’area di rilievo. Per ognuno di essi, distinto per specie arborea e classe di altezza, è stato rilevato il morso subito dal getto apicale nei tre anni precedenti il rilievo e l’eventuale presenza di un danno da soffregamento. +/2#66157+24#6+2#5%1.+ A partire dal 2005 è stato avviato uno specifico lavoro volto alla quantificazione degli impatti/danni che la popolazione di cervo arreca ai prati a sfalcio ed ai pascoli delle malghe (per consumo diretto), ed agli orti e ai campi coltivati per consumo diretto e calpestio. Ciò al fine di valutare l’impatto in termini economici e sociali e fornire misure di prevenzione e indennizzo . I prati all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, che risultano in attualità di coltivazione e che in parte usufruiscono del contributo allo sfalcio impartito dalla Provincia Autonoma di Trento si estendono su una superficie di circa 200 ettari, pari al 42% della totalità dei prati presenti nel Settore trentino dell’area protetta. Per quantificare la percentuale di ammanco sulla produzione di fieno dovuta alla brucatura del cervo durante la fase primaverile ed estiva, sono stati realizzati recinti di esclusione che permettessero un confronto comparato della differente crescita. I recinti sono stati posizionati in modo da essere rappresentativi dei differenti gradi di produttività dei prati. La produzione di fieno ottenuta dallo sfalcio dei prati è stata suddivisa in tre classi, definite in base ai valori produttivi medi della Val di Sole (AA.VV., 2000): - classe 1: rendimento massimo 30 q/ha; - classe 2: rendimento massimo 50 q/ha; - classe 3: rendimento massimo 90 q/ha. È stato possibile ricavare una cartografia relativa alla suddivisione in classi di produttività dei prati a sfalcio presenti nel Parco, grazie ai precedenti rilievi produttivi effettuati nell’ambito delle indagini floristiche relative alle tipologie prative del Trentino occidentale (Pedrotti, 1963). Tabella 3.14 - Superficie occupata dai prati sfalciati suddivisa per classi. ha CLASSE 1 PEIO RABBI TOTALE 48 2 50 ha CLASSE 2 ha CLASSE 3 71 38 109 33 -33 Tabella 3.15 - Potenziale produttivo ripartito nelle tre diverse classi. - PEIO RABBI TOTALE q CLASSE 1 q CLASSE 2 q CLASSE 3 1.432 72 1.504 3.570 1.901 5.471 2.971 -2.971 L’impiego dei recinti di esclusione ha reso possibile una stima dell’ammanco produttivo dovuto al pascolamento degli Ungulati e, in particolare, del cervo. 46 Le zone escluse consistono in 18 recinzioni (di 3x3 m) aventi ciascuna una superficie di 9 m2, opportunamente distribuite al fine di rappresentare le condizioni produttive delle tre classi. Negli anni 2006 e 2007 ad ogni sfalcio (uno per la classe 1, due per le classi 2 e 3) si è provveduto contemporaneamente al taglio della porzione di prato contenuta all’interno delle recinzioni e ad una equivalente nelle immediate vicinanze della stessa. La differenza di peso tra il fieno sfalciato all’interno delle recinzioni e quello esterno ad esse ha fornito l’ammanco produttivo dovuto al brucamento da parte degli Ungulati. Figura 3.14 - Recinto di esclusione. Analoghi recinti di esclusione sono stati installati nel corso dell’estate 2008 anche sui principali pascoli delle malghe presenti nel Parco per valutare, in futuro, l’ammanco di produzione foraggera nel periodo precedente all’alpeggio del bestiame. +06'4#<+10'%10+.%#24+1.1 Attualmente la stima del trend evolutivo della popolazione di capriolo nell’UG viene effettuata durante la stagione primaverile mediante censimenti su aree campione (2 aree nel Parco e 3 aree nel Distretto Val di Sole) e tramite il conteggio dei soggetti durante il censimento notturno al faro del cervo. Questi ultimi conteggi hanno tuttavia scarsa utilità per la valutazione del trend evolutivo della popolazione in quanto la percentuale di popolazione effettivamente conteggiata durante i censimenti notturni non supera probabilmente il 15-20% della popolazione complessiva e il rumore intra-annuale di tale tipo di censimento, legato alle condizioni meteoclimatiche e allo stato fenologico della vegetazione è di gran lunga superiore. All’interno del Settore trentino del PNS i censimenti primaverili su aree campione sono svolti dal personale del Corpo Forestale Provinciale dal 1998, dal 1996, in collaborazione con le 47 guardie dell’ACT, i cacciatori e il personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del Parco. Lo stesso personale compie quelli notturni al faro. I censimenti su aree campione, ripetuti tre volte per ogni area nell’arco temporale di una decina di giorni, hanno lo scopo di valutare l’andamento della popolazione poiché riferiti a territori monitorati costantemente negli anni. L’operatore ha il compito di osservare la zona fino al sopraggiungere del tramonto, da due ore ad esso antecedenti e segnalare su di un’apposita scheda i soggetti avvistati, distinti per sesso e classi di età. Una specifica attività di monitoraggio e ricerca è stata avviata nel 2006 da parte del Parco, in collaborazione con il Servizio Foreste e fauna e con tutte le Riserve di caccia del Distretto Faunistico Val di Sole (ad eccezione di quella di Rabbi), per la valutazione dello status delle popolazioni di capriolo e per una valutazione delle cause che hanno portato all’attuale situazione (Sotti et al., 2008). Nell’ambito della ricerca sono stati avviati monitoraggi specifici per la valutazione delle consistenze a livello distrettuale, mediante cohort analysis, metodi basati sullo sforzo di caccia e mediante pellet group count per una valutazione più puntuale delle densità presenti nel Parco mediante. +06'4#<+10'%10+.%#/15%+1 I censimenti al camoscio all’interno del Parco sono svolti annualmente durante il periodo estivo (seconda metà di luglio) mediante il metodo standardizzato del block-census (censimento esaustivi per osservazione diretta su settori parcellizzati, Tosi e Scherini, 1991). Il metodo è realizzato in modo perfettamente standardizzato dal 1996. Dal 1973 al 1995 sono disponibili le serie storiche dei censimenti e delle stime effettuate dall’ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali (ASFD) del Corpo Forestale dello Stato che aveva in gestione l’area protetta. I censimenti sono effettuati dal personale del Corpo Forestale Provinciale della Val di Sole, in collaborazione con i guardiacaccia dell’ACT, i cacciatori ed il personale dell’Ufficio Conservazione Ambientale del Parco. L’intero territorio interessato dalla presenza del camoscio è suddiviso in parcelle di censimento (Figura 3.15). Più parcelle sono raggruppate in settori. Ciascun settore deve essere sottoposto a conteggio nella stessa giornata. 48 Figura 3.15 - Parcelle di censimento per il camoscio; in giallo le aree in cui il camoscio è assente, in rosso chiaro quelle in cui il camoscio è presente con densità basse e in modo sporadico, in rosso scuro le aree in cui viene effettivamente realizzato il censimento. Ogni parcella viene assegnata ad una squadra che ha il compito di percorrere l’area e di conteggiare i camosci avvistati in un tempo non superiore alle quattro ore per evitare i doppi conteggi. Ogni squadra ha il compito di segnalare i soggetti avvistati distinti per sesso e classe di età e di restare in contatto con le squadre limitrofe, per segnalare lo spostamento di eventuali gruppi da una parcella all’altra. Il rilievo viene effettuato durante le prime ore di luce della giornata, momento che garantisce la massima contattabilità della specie. +06'4#<+10'%10+.)#..1%'&410' In tutto il territorio del Distretto Val di Sole, a partire dal 1991 è stata istituita una rete di 5 aree campione, corrispondenti ad altrettante arene di canto, che ha permesso di seguire il trend e la dinamica evolutiva della popolazione. L’insieme dei dati raccolti, integrati dalle segnalazioni casuali e da rilievi non sistematici su altre arene, consente di tracciare un buon quadro, a livello quantitativo, di tendenza e di rappresentazioni cartografiche della distribuzione della popolazione, della localizzazione e attività delle arene e del trend di crescita/diminuzione della popolazione stessa. L’attività di campo è svolta dal personale del Corpo Forestale Provinciale in collaborazione con i guardiacaccia dell’ACT. Tutti i soggetti avvistati vengono segnalati mediante la compilazione di una apposita scheda di segnalazione non sistematica. I censimenti primaverili sulle arene di canto, ripetuti tre volte all’anno per ogni area nell’arco temporale di una decina di giorni tra aprile e maggio, si basano sull’osservazione dei soggetti e sull’ascolto del canto dei maschi, al fine di valutare l’andamento della popolazione. Tale attività, 49 ripetuta negli anni, è svolta prima dell’alba e durante le prime ore del giorno, tra la fine di aprile e l’inizio del mese di maggio. +06'4#<+10'%10+.)+2'61 A partire dal 2004, ogni anno viene svolta in modo sistematico una sessione di avvistamento in contemporanea per la valutazione quantitativa della presenza del gipeto nell’UG Val di Sole in simultanea con un analogo conteggio realizzato nel Settore lombardo del Parco. Tale attività è analoga a quella svolta, con identica metodologia, per la valutazione quantitativa della presenza dell’aquila nel mese di febbraio-marzo. La “contemporanea” per l’avvistamento del gipeto si svolge nel mese di novembre/dicembre e vede il coinvolgimento dell’intero territorio del Parco Nazionale dello Stelvio, sebbene in alcune occasioni non è stato possibile concretizzare la contemporaneità dei conteggi in settori diversi per difficoltà di ordine pratico o per motivi climatici. Lo scopo è quello di valutare la presenza numerica e la struttura della popolazione mediante l’osservazione del territorio oggetto di censimento nelle ore più calde della giornata, momento in cui è migliore la contattabilità della specie poiché maggiormente attiva. Il cielo viene osservato da 15 – 20 stazioni di osservazione ad alta visibilità e le squadre mantengono il contatto radio per la segnalazione degli spostamenti degli individui. In modo analogo a quanto riportato per il gallo cedrone, anche le segnalazioni/osservazioni occasionali di gipeto vengono riportate su una apposita scheda e tutte le segnalazioni vengono registrate in uno specifico geodatabase. 4+57.6#6+&').+#0&#/'06+&+5'+#00+&+24'.+'81 Attualmente in provincia di Trento la gestione degli Ungulati fa riferimento ad ambiti territoriali omogenei. Distretti faunistici nel caso dei Cervidi, che raggruppano riserve di caccia limitrofe e, in genere, comprensori di valle, ed aree faunistiche, nel caso dei Bovidi, che raggruppano porzioni di riserve che fanno parte dello stesso massiccio montuoso. I piani di prelievo vengono redatti ogni anno sulla base di censimenti realizzati nel periodo primaverile, finalizzati a valutare la consistenza e la struttura delle popolazioni animali soggetti a prelievo. La gestione del cervo viene programmata all’interno di distretti faunistici. Sulla base dei risultati ottenuti dai censimenti e in riferimento agli obiettivi prefissati, per ciascun Distretto Faunistico (e, in successione, per ciascuna riserva di caccia) vengono stabilite le quote di prelievo da attuarsi da parte dei cacciatori delle varie riserve. Tra il 1971 e il 1992-93, la programmazione e la gestione venatoria è stata di competenza dell’Associazione dei Cacciatori della Provincia di Trento, associazione privata dotata di uno strutturato servizio di vigilanza cui afferisce la quasi totalità dei cacciatori della Provincia. Tra il 1992 e il 2006 la programmazione e la gestione venatoria, in base alla nuova legge sulla caccia (L.P. n. 24/1991), sono passati in capo al Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento. In tale periodo il Servizio, tramite i suoi distretti forestali competenti, si è occupato anche della predisposizione e del controllo dei piani di prelievo, gestendo le assegnazioni per singola Riserva di Diritto. A partire dal 2007 (Determinazione del Dirigente del Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento n. 649 del 29 dicembre 2006), la definizione degli obiettivi e dei criteri della gestione venatoria è rimasta in capo al Servizio Foreste e Fauna, mentre la 50 programmazione dell’attività venatoria e la predisposizione dei piani di prelievo è di competenza dell’Ente gestore della caccia - Associazione Cacciatori Trentini (ACT). L’ACT predispone per ciascun Distretto faunistico un progetto triennale che analizza lo status delle popolazioni, dichiara gli obiettivi e specifica i piani di prelievo. I piani sono articolati per classi di sesso ed età, secondo le specifiche riportate in Tabella 3.16, e successivamente le assegnazioni vengono ripartite per singola riserva del Distretto. I tassi di prelievo non possono superare il 35% della consistenza stimata della popolazione. La verifica della corretta applicazione delle indicazioni in essi contenute viene effettuata durante l’attività venatoria dal personale di vigilanza dell’ACT e dal Corpo Forestale Provinciale e durante le annuali mostre dei trofei in cui è possibile effettuare un riepilogo generale di quanto prelevato ed effettuare valutazioni e misurazioni biometriche. Tabella 3.16 - Distribuzione dei prelievi del cervo per classi di sesso ed età. Piccoli (di entrambi i sessi) 30% Femmine (di uno o più anni) 35% Maschi 35% Di cui Giovani (1 anno) 50% Subadulti (2-6 anni) 30% Adulti (7 o più anni) 20% Per valutare gli esiti della programmazione venatoria e gli effetti dell’applicazione del Piano di Gestione del cervo nell’UG per il periodo 2000-2005 sono stati raccolte e organizzate tutte le informazioni relative ai piani di prelievo predisposti ed ai capi effettivamente abbattuti. Per ogni soggetto abbattuto sono state raccolte le seguenti informazioni: - data di abbattimento; - località e riserva; - numero di cartellino; - quota; - sesso; - età; - peso eviscerato; - lunghezza della mandibola (dal 2006 su tutti i soggetti); - lunghezza delle stanghe nei fusoni (dal 2006); - numero delle punte nei maschi adulti (dal 2006). Le informazioni sono state fornite direttamente su supporto informatizzato dal Servizio Foreste e Fauna per il periodo 1996-2005. Per il periodo precedente (1973-1995) ci si è avvalsi della collaborazione dell’Associazione Cacciatori Trentini che ha permesso la consultazione dei registri di abbattimento ed ha fornito aiuto diretto nel popolamento dei database. Per il recente periodo 2006 e 2007, come già citato, è stata avviata una collaborazione tra il personale tecnico dell’ACT e del Parco per la raccolta e l’inserimento diretto dei dati degli animali abbattuti, in occasione delle fasi di valutazione delle annuali mostre dei trofei. L’attività venatoria al cervo in Val di Sole ha preso avvio nel 1971. Il primo abbattimento fu realizzato nel 1971 nella Riserva di Pellizzano ad opera di Tullio Bontempelli. Gli abbattimenti successivi furono effettuati, nel 1973 e 1974, nelle riserve di Vermiglio e Pellizzano. Nel 1976 i capi prelevati furono sette ed alle prime due riserve si aggiunsero Commezzadura, Mezzana e Monclassico. 51 In Figura 3.16 viene schematizzato l’anno in cui fu realizzato il primo abbattimento in ciascuna riserva dell’UG e di parte dell’alta Val di Non. In Figura 3.17 viene schematizzato l’anno in cui per la prima volta ciascuna riserva dell’UG e di parte dell’alta Val di Non abbatté 5 cervi. Si noti come i primi centri di affermazione del cervo (e quindi della caccia al cervo) siano lontani dal territorio del Parco Nazionale dello Stelvio. Figura 3.16 - Distribuzione temporale dell’anno di abbattimento del primo cervo nelle riserve di caccia dell’UG. Si notano i tre “centri” di prima colonizzazione della popolazione (Vermiglio, Pellizzano-Mezzana, Bresimo-Malgazza). In verde i confini dell’UG, in rosso quelli del PNS. 52 Figura 3.17 - Distribuzione temporale dell’anno in cui per la prima volta ciascuna Riserva di caccia dell’UG abbatté cinque o più cervi. In verde i confini dell’UG, in rosso quelli del PNS. Nel 1976 viene abbattuta la prima femmina e dal 1979 il prelievo delle stesse diventa significativo. Dal 1987 viene introdotto il piano di abbattimento e dal 1992 il prelievo tra i sessi diventa paritario. Complessivamente, tra il 1973 e il 2007, nel Distretto Val di Sole sono stati abbattuti 7.364 cervi di cui 3.657 maschi e 3.707 femmine (Figura 3.18). I prelievi sono costantemente cresciuti tra il 1973 e il 2000 (massimo abbattimento 642 capi), con un tasso medio di crescita del 18.7% annuo, a conferma di una oculata pianificazione della gestione venatoria. Tra il 1993 e il 1999 i piani di prelievo sono passati da 230 a 554 cervi, con un incremento medio annuo quasi del 15%. Nel 2000, primo anno della pianificazione che ha tenuto conto anche delle considerazioni legate al “Progetto Cervo”, i piani sono ulteriormente saliti sino a 680 prelievi programmati (+ 20%) e si sono mantenuti su valori simili per quattro anni, con lo scopo dichiarato di andare ad incidere anche sulla quota di cervi presenti in estate all’interno dell’area protetta. Tuttavia tra il 2000 e il 2007 si è avuta una inversione di tendenza netta e costante nei prelievi effettivamente realizzati (che verrà successivamente analizzata), con un nuovo minimo di abbattimenti nel 2007 (327 cervi) e un tasso medio di decrescita del 7.3% annuo. Ciò ha spinto alla progressiva e conseguente riduzione dei piani di prelievo negli anni successivi. 800 1.40 600 1.20 500 1.00 400 0.80 300 0.60 200 0.40 100 0.20 0 0.00 RS NUM CERVI 700 1.60 ABBATTUTI ASSEGNATI RS ABBATTIMENTI 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 Figura 3.18 - Assegnazioni ed abbattimenti nel Distretto Faunistico Val di Sole. La linea tratteggiata indica il rapporto sessi negli abbattimenti. 53 Consorzio Parco Nazionale dello Stelvio Konsortium National Park StilfserJoch 56#61&'.%'481'4#22146+%10 .ŏ'%15+56'/# 4+&'(+0+<+10'&'..#70+6&+)'56+10' +.2#4%10#<+10#.'&'..156'.8+1 Il Parco Nazionale dello Stelvio si estende, nel cuore delle Alpi centrali, su una superficie di circa 134.000 ettari ed è prevalentemente costituito da territori montani ed alpini. Il Parco Nazionale dello Stelvio rappresenta, per estensione, la seconda area protetta dell‘arco alpino e il quarto Parco Nazionale italiano. L‘area protetta si trova unita, senza soluzione di continuità, al Parco Nazionale Svizzero e al Parco Naturale dell‘Adamello e, unitamente al Parco Naturale dell‘Adamello Brenta e a quello delle Orobie, costituisce uno dei più importanti sistemi di aree protette dell‘Europa occidentale, con un’estensione complessiva di 367.000 ha. Il Parco Nazionale dello Stelvio (Figura 4.1) è ricompreso entro i confini di due regioni (Lombardia, Trentino – Alto Adige) e quattro province (Bolzano, Brescia, Trento, Sondrio), due delle quali autonome, ed abbraccia paesaggi antropici e consuetudini locali tra loro estremamente diversi per situazioni ambientali e socio-economiche. Con le sue molteplici situazioni e problematicità è un’Area protetta in cui l’attuazione di una zonizzazione differenziata appare estremamente importante. Il PNS è stato istituito nel 1935 con la legge N° 7 40 del 24 Aprile. L’istituzione del Parco esprimeva la volontà di una tutela integrale delle diverse componenti ambientali di un'ampia porzione di territorio tipicamente alpino, con estesi ghiacciai e praterie d'alta quota fino alla fascia boscata sottostante, allo scopo di migliorare la flora, incrementare la fauna, conservare le particolari formazioni geologiche, valorizzare le bellezze paesaggistiche e promuovere lo sviluppo turistico. 55 La gestione tecnica e amministrativa fu affidata all’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, il servizio di sorveglianza alla Milizia Forestale, i cui compiti, dopo la sua soppressione, sono stati svolti dal Corpo Forestale dello Stato. Solo nel 1951 fu approvato, con D.P.R. n.1178 del 30.06.51, il regolamento per l’applicazione della legge costitutiva. Questo regolamento alleggerì alcuni divieti posti dalla legge del 1935, demandando all’Azienda di Stato per le foreste demaniali la possibilità di rilasciare autorizzazioni per molte attività. Figura 4.1 – I confini del Parco Nazionale dello Stelvio; in colori diversi i territori ricadenti nelle differenti province; le scritte e i tratti di confine più sottili si riferiscono ai confini delle stazioni forestali adibite alla sorveglianza e ai monitoraggi. Nel 1977 il territorio lombardo del Parco fu ampliato alle zone di Cancano e di Livigno (Provincia di Sondrio), nonché ai monti Sobretta, Gavia e Serottini (Provincia di Brescia), creando così un collegamento con il Parco Nazionale Svizzero. Nell’ambito dell’approvazione delle norme dello Statuto di Autonomia per la Regione Trentino Alto-Adige, con il D.P.R. n. 279 del 22/03/1974 fu affermato per la prima volta il principio che la gestione del Parco non dovesse essere esercitata esclusivamente dallo Stato ma anche dalle province autonome di Trento e Bolzano mediante la costituzione di un apposito consorzio. Solo a partire dal 1995, a seguito degli accordi di Lucca (sottoscritti nel 1992) e del DPCM del 26.11.1993 (con cui si decreta la costituzione del Consorzio di gestione), il PNS ha assunto la forma consortile che permette all’area protetta di venire gestita in accordo e con il contributo dello Stato, delle province autonome di Trento e Bolzano e della Regione Lombardia. Il territorio del PNS non presenta, allo stato attuale, un ambiente naturale conservato integralmente su tutta la propria estensione. Gli ambienti che maggiormente hanno mantenuto le caratteristiche di originaria integrità sono quelli di alta quota, che comprendono i ghiacciai, gli ambienti rupestri, i macereti e i pascoli alto-alpini; essi occupano vaste porzioni del territorio protetto. In alcune zone (Passo dello Stelvio, Valfurva, Peio) lo sviluppo di infrastrutture turistiche, in primo luogo sciistiche, si è tuttavia spinto fino alle quote più alte. 56 Le praterie alpine, poste oltre il limite superiore della vegetazione forestale, si sono generalmente mantenute in condizioni prossime alla naturalità; bisogna tuttavia considerare che la secolare pratica del pascolo del bestiame domestico ha modificato la composizione naturale della vegetazione. Nella fascia boscata, solo alcune formazioni hanno conservato le loro caratteristiche originarie. La maggior parte dei boschi, in particolare quelli caratterizzati dalle condizioni stazionali migliori, sono stati oggetto di costante gestione, finalizzata all‘utilizzo del legname ed hanno subito, con il tempo, notevoli cambiamenti di struttura, composizione e densità rispetto allo stato originario. La continuità della copertura forestale ha inoltre lasciato il posto in diverse zone ai prati a sfalcio, soprattutto nelle vicinanze dei masi di montagna e nei fondivalle. In diverse situazioni le esigenze di sviluppo economico delle popolazioni locali si sono quindi contrapposte alla volontà di tutela alla base dell’istituzione del Parco. Soprattutto nelle zone di potenziale sviluppo economico, la gestione dell‘area protetta non è stata sempre coerente con le finalità da essa perseguite. Tale problematica, comune anche ad altri parchi di grande estensione presenti sul territorio Nazionale, viene affrontata dalla Legge quadro sulle aree protette (L. 394/91). Essa ridefinisce i principi fondamentali per l'individuazione e la gestione delle aree protette e, in particolare, dei parchi nazionali, allo scopo di perseguire le seguenti finalità: 1. conservazione degli ecosistemi, delle loro singole componenti e dei processi evolutivi naturali; 2. applicazione di metodi di gestione che realizzino un‘integrazione tra uomo e ambiente e salvaguardino le attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; 3. promozione di attività educativo-formative, di ricreazione e di ricerca scientifica; 4. difesa e ricostituzione degli equilibri idrogeologici. Le diverse esigenze di tutela e sviluppo vengono affrontate dalla Legge quadro attraverso la zonizzazione del territorio che prevede forme differenziate di uso, godimento e tutela (Art. 12, L. 394/91). +037#&4#/'061)'1)4#(+%1 L’area di studio è situata nella porzione nord-occidentale nella Provincia Autonoma di Trento ed è confinante con la Provincia di Brescia ad ovest, la Provincia di Sondrio a nord ovest e con quella di Bolzano a nord (Figura 4.2). Il territorio oggetto d’indagine si è esteso su di un’area di circa 72.000 ha e comprende: • Il Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, valli di Peio e Rabbi. • L’alta Val di Non tra il passo delle Palade, la Val di Rumo e la Val di Bresimo. • La sinistra e destra orografica della Val di Sole sino al Passo del Tonale. 57 Figura 4.2 - L’area presa in considerazione dal progetto si colloca nelle Alpi centrali italiane e nella porzione nord-occidentale della Provincia di Trento. Essa comprende il Settore trentino del Parco dello Stelvio e i territori della Val di Sole e di parte dell’Alta Val di Non. .ŏ70+6&+)'56+10' Le indagini non si sono limitate all’area del Parco, che non è in grado di ospitare una popolazione di cervo autonoma e autosufficiente, ma si sono estese ad un congruo intorno. I confini dell‘area complessiva sono stati tracciati in una prima fase lungo le linee dei principali fondovalle antropizzati, in modo da interessare un’area sufficientemente vasta per comprendere un’intera popolazione di cervo. Nell’ambito relativo all’intero territorio del PNS, sono stati precedentemente identificati i confini di singole Unità di Gestione in modo da minimizzare gli errori dovuti a possibili spostamenti di soggetti da un‘unità all‘altra. Ciascuna UG comprende quindi una popolazione di cervo “demograficamente isolata” da quelle limitrofe e le aree da essa occupate durante le stagioni estiva e invernale. E‘ opportuno sottolineare come questa suddivisione inizialmente si basasse sulle conoscenze delle popolazioni del Parco e sull‘ecologia del cervo in ambiente alpino e come sia stata successivamente modificata e migliorata in base agli studi ed alle conoscenze di maggiore dettaglio acquisite durante il progetto, marcando e dotando i cervi catturati di radiocollari. L’individuazione delle UG è avvenuta sulla base delle caratteristiche morfologiche e ambientali dell‘area e delle informazioni acquisite sulla distribuzione e consistenza delle popolazioni di cervo presenti. Un’UG è l’ambito territoriale all’interno del quale, per motivi diversi, in genere di carattere biologico, ma anche sociale, si ritiene altamente opportuno gestire una popolazione animale in modo unitario, secondo ben precise finalità e tecniche. L’individuazione si è resa necessaria anche per rispettare le sostanziali diversità esistenti nel Parco, appunto anche di carattere sociale e culturale, esplicabili ad esempio - sia pure in modo semplicistico - nei limiti amministrativi delle quattro Province. Ciascuna UG racchiude al suo interno una singola unità di popolazione di cervo, intesa come insieme di individui che sono quindi caratterizzati da parametri demografici e di dinamica evolutiva comuni. E‘ chiaro come gli spostamenti di soggetti tra UG differenti siano sempre possibili e contribuiscano a mantenere un‘identità genetica comune, ma questi, in base almeno alle indagini fin qui condotte, non partecipano in modo significativo a modificare le caratteristiche demografiche delle singole unità di popolazione (struttura per classi di sesso ed età, tassi di natalità e sopravvivenza età-specifici, reclutamento e incrementi annui, fenomeni di autoregolazione dipendenti dalla densità). 58 L’UG “Val di Sole” cui fa riferimento questo specifico piano coincide con l’attuale Distretto Faunistico Val di Sole, utilizzato dall’Associazione Cacciatori Trentini (ACT) per la pianificazione venatoria e con il territorio del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio (Figura 4.3). Essa comprende tutta la Val di Sole propriamente detta, dal Passo del Tonale sino al ponte di Mostizzolo e le tributarie Val Meledrio, Val di Peioe Val di Rabbi, la cui testata delle ultime due ricade nel Parco Nazionale dello Stelvio. I limiti dell’area sono in genere rappresentati dai principali profili di cresta che racchiudono il bacino del Noce e confinano: - a est con la provincia di Brescia (Valcamonica); a nord-est con la provincia di Sondrio (Valfurva); a nord con la provincia di Bolzano (Val Martello e Val d’Ultimo); a nord ovest con la Val di Bresimo; a ovest e sud-ovest con il massiccio del Brenta; a sud con la Val Rendena e il massiccio della Presanella. L’area ha una estensione di circa 630 km2 di cui il 28% (270 km2) ricade nel PNS e il restante 72% nel Distretto Faunistico Val di Sole che comprende 13 riserve di caccia di diritto (Estensione media 3,41 ± 2.57 km2; min 0.56, max 11.01) L’area di distribuzione del cervo copre circa 380 km2 (61%) e durante l’inverno si concentra su circa 120 km2 (19%), caratterizzati dalle migliori condizioni di svernamento. Le aree forestali coprono circa 270 km2 (43%). Figura 4.3 – I confini dell’attuale Unità di gestione “Val di Sole” (in rosso). In viola i confini delle riserve di caccia e in blu l’estensione dell’UG a parte dell’alta Val di Non considerata tra il 2000 e il 2006. Durante il corso dell’indagine i confini dell’UG individuata sono cambiati per motivazioni di carattere ecologico (le informazioni acquisite sulle migrazioni stagionali del cervo) e pratico (la corrispondenza, se possibile, con altri istituti di gestione). Nella prima fase (1998-2000; area verde in Figura 4.4) il limite dell’area è stato individuato lungo il fondovalle della Val di Sole. I 59 successivi studi sulle capacità di spostamento mediante radio-tracking (si veda il paragrafo 4.2.6) hanno evidenziato la necessità di ampliare l’estensione dell’area per ricomprendere in modo più adeguato l’intera “unità di popolazione”. Pertanto, a partire dal 2003-2004, si è deciso di estendere l’UG e di farla corrispondere a quelli che in tale periodo erano definiti distretti faunistici “Val di Sole Est” e “Val di Sole Ovest” (area rossa e area blu in Figura 4.4) utilizzati dalla Provincia Autonoma di Trento per la programmazione venatoria. Con Determinazione del Dirigente n. 67 del 28 febbraio 2007, è stata recentemente approvata la convenzione tra PAT e ACT che delega a quest’ultima le attività gestionali e la definizione dei programmi di prelievo del cervo. Ciò ha portato ad una ridefinizione dei confini delle “aree omogenee di gestione” che ha portato alla creazione di un unico Distretto faunistico per la Val di Sole con l’esclusione delle riserve dell’Alta Val di Non precedentemente afferenti al Distretto “Val di Sole Est” (area rossa in Figura 4.4). L’Unità di Gestione cui fa riferimento il Piano si estende per 62.469 ettari e corrisponde al Distretto Faunistico Val di Sole, così come definito dal “Progetto triennale cervo (Cervus elaphus hippelaphus, L. 1758), approvato con deliberazione della Consulta Distrettuale della Val di Sole in data 2 maggio 2007, approvato dalla Giunta esecutiva dell’Associazione Cacciatori Trentini in data 7 giugno 2007 e approvato in via definitiva dal Comitato ùFaunistico Provinciale con Delibera n. 513 del 29 agosto 2007. Figura 4.4 – I confini dell’Unità di gestione nelle varie fasi dello studio. In verde l’area più limitata presa in considerazione nel 1999; in rosso l’UG attuale, corrispondente con il Distretto faunistico Val di Sole, e in blu l’estensione a parte dell’alta Val di Non considerata tra il 2000 e il 2006. Nella Tabella 4.1 vengono riportate le principali caratteristiche della UG in relazione ai confini presi in considerazione (si veda la Figura 4.4). La superficie idonea alla presenza del cervo (massima distribuzione potenziale) nello specifico caso risulta corrispondente alla superficie dell’area di distribuzione attuale ed è stata calcolata secondo quanto riportato nel successivo capitolo 4.2.2. Essa è stata utilizzata quale superficie di riferimento per esprimere tutti i valori di densità presi in considerazione nel presente documento. 60 Tabella 4.1 – Caratteristiche ed evoluzione temporale dei confini dell'Unità di Gestione; le superfici relative alla presenza del cervo sono state calcolate secondo quanto riportato nel paragrafo 4.2.2. ANNO Unità di Gestione Superficie (ha) Sup. estiva Sup. invernale % all‘interno Sup. cervo (ha) cervo (ha) del PNS Bosco (ha) N Riserve 19982002 Alta Val di Sole 41.761 23.008 9.828 42% 15.074 9 20032006 Val di Sole – V. di Non 71.430 45.528 13.144 25% 31.237 17 2007 Val di Sole 62.469 37.935 11.609 28% 26.997 13 +037#&4#/'061#/$+'06#.' L’area di indagine presenta un gradiente altitudinale che va dai 500 m s.l.m. in bassa Val di Sole sino ai 3.769 m della cima del Monte Cevedale ed è caratterizzata da un clima prevalentemente continentale. Le precipitazioni raggiungono una media annua di 900 (stazione di Rabbi, periodo dal 1931 al 1960). Nel corso dell’anno l’escursione termica è notevole, l’insolazione elevata e la presenza di nebbia è bassa. Oltre il 40% del territorio è coperto da foreste, prevalentemente di abete rosso e larice, il 27% è occupato dalle praterie alpine, mentre il 20% da terreni improduttivi d’alta quota (ambienti rupestri e macereti). I ghiacciai occupano ormai meno del 4% del territorio, le attività agricole (principalmente coltivazioni di frutta e prati a sfalcio) attorno al 5% e i territori urbanizzati non superano l’1% della superficie totale (Tabella 4.2). Tabella 4.2 – Caratteristiche di uso del suolo dell’Unità di gestione in base alla carta di uso del Suolo della Provincia Autonoma di Trento (superficie in ettari). Uso del suolo Val di SOLE PNS TOTALE urbanizzato 774 84 858 acqua 292 100 392 agricoltura 2786 452 3238 querceti 219 0 219 pinete 96 0 96 faggete 331 21 352 abetine 2085 24 2110 lariceti secondari 2643 0 2643 peccete 11471 1937 13407 lariceti 5120 1181 6300 cembreti 276 656 932 alnete e mughete 53 69 122 pascoli alpini 11654 5347 17001 improduttivo 6393 5825 12218 ghiacciai 666 1806 2472 44856 17503 62359 TOTALE 61 Le praterie alpine oltre il limite della vegetazione arborea posto a circa 2200-2300 metri di quota, sono rappresentati dalle tipiche associazioni di pascolo di alta montagna. I suoli dell’area di studio sono prevalentemente silicei, perciò le formazioni più frequenti sono i prati a Caricetum curvulae, Festucaetum halleri e Festucaetum varie. In destra orografica, sotto le pendici del massiccio del Brenta, dove il suolo si presenta calcareo, la prateria tipica è il seslerieto. I boschi maggiormente rappresentati sono quelli tipici di abete rosso (Picea abies). Sono le formazioni forestali più diffuse; si trovano prevalentemente nella fascia montana e subalpina dove rappresentano uno stadio climax, in equilibrio duraturo con le diverse componenti climatico-stazionali. Nelle stazioni più fertili riveste un’importante interesse economico in quanto è la specie da cui vengono ricavati i maggiori proventi sull’arco alpino. L’area comprende associazioni con pino silvestre (Pinus sylvestris) e roverella (Quercus pubescens) alle quote meno elevate e sui versanti esposti a meridione e con abete bianco (Abies alba) e faggio (Fagus sylvatica) nelle stazioni più fresche e a quote più basse. Il larice (Larix decidua), presente in modd diffuso, assume importanza soprattutto nella fascia montana e subalpina. Nella prima sono presenti perlopiù formazioni secondarie, spesso come conseguenza di interventi antropici volti all’esercizio del pascolo del bestiame domestico. Nelle stazioni più fresche, con il diminuire del pascolo, si instaura lentamente una successione vegetazionale che vede favorita la rinnovazione di abete rosso. A differenza di quest’ultima specie, il larice è più appetito e quindi spesso danneggiato sia dal bestiame domestico che da quello selvatico. Alle quote superiori della Valle di Peio è diffuso il pino cembro (Pinus cembra) in associazione con il larice: queste formazioni hanno assunto nel tempo un rilevante ruolo economico in virtù della alta qualità del legname prodotto. Le formazioni arbustive sono associate a rododendro (Rhododendron ferrugineum) nelle stazioni più fresche e a ginepro (Juniperus communis) in quelle più asciutte. Importanti sono le formazioni di ontano verde (Alnus viridis) caratterizzate da popolamenti molto diffusi nel piano sub-alpino, in stazioni fresche, umide, in ombra e a lungo innevate. Nel fondovalle sono presenti i popolamenti di ontano bianco (Alnus incana); sulle pendici boscate poste a bassa quota si trovano anche la betulla (Betula pendula), il nocciolo (Corylus avellana) e il pioppo tremulo (Populus tremula); Tali formazioni sono spesso il risultato della progressiva colonizzazione dei prati terrazzati e delle coltivazioni abbandonate alle quote inferiori. Alle quote più basse, e sui versanti calcarei, in particolare esposti a nord, è da segnalare la presenza del faggio (Fagus sylvatica), soprattutto in bassa Val di Sole. La continuità della copertura forestale ha inoltre lasciato il posto in diverse zone (Val di Rabbi, Peio e Bresimo) ai prati a sfalcio, soprattutto intorno ai masi di montagna e ai fondovalle. Alle quote più basse (i fondovalle di Val di Sole e Val di Non) si rileva una espansione dei centri abitati e delle zone produttive (coltivazioni intensive di mele nelle aree della Val di Non). Il Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio occupa la testata delle valli tributarie di Peio e di Rabbi, entrambe poste a nord del solco della Val di Sole, posto grossomodo in direzione est-ovest. Questa situazione caratterizza l’area protetta come ambiente tipicamente alpino e alto-alpino rispetto al resto della Val di Sole in cui è ben rappresentato anche l’orizzonte montano. La distribuzione altitudinale illustra in modo chiaro le differenze tra le due aree, che si riflettono sulle caratteristiche climatiche e vegetazionali (Figura 4.5). Il bosco occupa infatti circa il 50% della superficie in Val di Sole e si riduce al 22% nell’area protetta, mentre i pascoli alpini e le aree improduttive si estendono sul 64% della superficie del Parco e sul 40% della Val di Sole Considerevole risulta la presenza di Ungulati che sono presenti con quattro specie: camoscio (Rupicapra rupicapra), stambecco (Capra ibex), cervo (Cervus elaphus) e capriolo (Capreolus capreolus). Tra i Mustelidi sono presenti la donnola (Mustela nivalis), l’ermellino (Mustela erminea), la martora (Martes martes), la faina (Martes foina) e il tasso (Meles meles). Altri Mammiferi presenti nell’area sono la volpe (Vulpes vulpes) che risulta diffusa in tutto il territorio, la lepre variabile (Lepus timidus), la marmotta (Marmota marmota), e diverse specie di 62 micromammiferi, tra cui l’arvicola delle nevi (Chionomys nivalis) e il toporagno alpino (Sorex alpinus). 0.400 0.600 VSOLE 0.350 PNS 0.500 0.300 0.400 0.250 % VSOLE PNS 0.300 0.200 0.200 0.150 0.100 0.100 2.000-2.500 2.500-3.000 3.000-3.500 > 3.500 ia i gh ia cc vo im pr od ut ti al pi ni co li co ni fe la tif og lie ol tu ra re pa s 1.500-2.000 bo sc o 1.000-1.500 bo sc o < 1.000 ag ric at o ur ba ni zz 0.000 ac qu a 0.000 0.050 Figura 4.5 – Distribuzione altitudinale (a sinistra) e di tipologie di uso del suolo (a destra) nell’Unità di Gestione suddivisa tra il territorio del Parco Nazionale dello Stelvio e il restante Distretto della Val di Sole. Per l’erpetofauna sono da segnalare le specie più tipiche dell’ambiente alpino, le quali mostrano particolari adattamenti alle condizioni ambientali d’alta montagna; tra gli Anfibi: la salamandra nera (Salamandra atra) e la rana di montagna (Rana temporaria); tra i Rettili: la lucertola vivipara (Lacerta vivipara) e il marasso (Vipera berus). Per quanto concerne l’avifauna, tra i Rapaci diurni è possibile ricordare il gipeto (Gypaetus barbatus), che è tornato ad occupare il territorio del PNS, grazie ad un progetto di reintroduzione promosso a livello internazionale sull’arco alpino. Inoltre l’aquila reale (Aquila chrysaetos), la poiana (Buteo buteo), l’astore (Accipiter gentilis), lo sparviere (Accipiter nisus), il gheppio (Falco tinnunculus) e il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus). I Rapaci notturni annoverano il gufo reale (Bubo bubo), l’allocco (Strix aluco), la civetta nana (Glaucidium passerinum) e la civetta capogrosso (Aegolius funereus). Tra i Galliformi tutte e cinque le specie alpine: il gallo cedrone (Tetrao urogallus), il gallo forcello (Tetrao tetrix), la pernice bianca (Lagopus mutus), il francolino di monte (Bonasa bonasia) e la coturnice (Alectoris graeca). Altri volatili osservabili sono il picchio nero (Dryocopus martius), il picchio rosso maggiore (Picoides major), il corvo imperiale (Corvus corax), il gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus), la nocciolaia (Nucifraga caryocatactes) e numerose altre specie di passeriformi, tra cui la cincia bigia alpestre (Parus montanus), il picchio muraiolo (Thicodroma muraria), il fringuello alpino (Montifrigilla nivalis) e il crociere (Loxia curvirostra). 56#675#667#.'&'..#2121.#<+10'&+%'481 I meccanismi di regolazione delle popolazioni animali sono spesso complessi, le componenti del sistema in gioco sono molteplici e il loro funzionamento e regolazione sono diversi e non sempre noti. E’ diventato quindi fondamentale, durante il periodo 2000-2006, continuare ad acquisire informazioni sullo stato del sistema e approfondire alcuni aspetti importanti dell’ecologia delle popolazioni, utili per la futura pianificazione della gestione. Nel caso di specie animali non facilmente contattabili (e, quindi, non facilmente sottoponibili a conteggi, come i Cervidi), qualsiasi pianificazione deve inquadrarsi nel campo della gestione adattativa, il cui processo logico d’azione può essere così schematizzato: 63 - acquisizione delle conoscenze di base necessarie alla definizione degli obiettivi per la pianificazione degli interventi; - realizzazione degli interventi; - verifica dei risultati; - confronto tra obiettivi e risultati ottenuti per la pianificazione dei successivi interventi; - eventuale modifica degli obiettivi o dei metodi impiegati. In un simile processo i risultati conseguiti concorrono alla definizione di obiettivi via via più precisi e sostenuti da informazioni e verifiche. E’ questa la logica del presente piano, che si propone una durata quinquennale, una verifica in corso d’opera dopo due anni ed una alla fine del quinquennio e una successiva analisi critica e revisione di obiettivi e metodi per il quinquennio successivo. Per quanto riguarda nello specifico il Settore trentino del Parco dello Stelvio, in questa seconda fase sono proseguite e si sono approfondite le indagini avviate nel primo triennio e sono state avviate nuove attività volte ad ampliare le conoscenze sulla popolazione. Tali attività e i loro obiettivi possono essere così schematizzati: A. Evoluzione numerica, della dinamica e della demografia delle popolazioni di cervo. B. Stato sanitario, condizione e fertilità delle popolazioni di cervo. C. Capacità di spostamento e di dispersione delle popolazioni di cervo. D. Analisi degli effetti della gestione venatoria sul comportamento spaziale e sulla demografia. E. Analisi degli effetti e degli impatti della popolazione sulle altre componenti della biocenosi. 37#&415614+%1 Il territorio del Parco Nazionale dello Stelvio e le aree limitrofe hanno svolto un ruolo fondamentale per il ritorno del cervo sulle Alpi italiane e svolgono tuttora una funzione estremamente importante per lo sviluppo e la conservazione delle sue popolazioni. Scomparso progressivamente su tutto l’arco alpino italiano tra il XVIII e il XIX secolo, il cervo è tornato a far parte della fauna alpina italiana per fenomeni di dispersione naturale e, in seguito, operazioni localizzate di reintroduzione. Il periodo che va dal 1869 ai primi del ‘900 è il più critico per la specie su tutte le Alpi. Da alcuni nuclei relitti, conservati con finalità di caccia esclusiva, situati nel Lichtenstein ed in Germania (Ammer e Karwendel), il cervo ritorna lentamente verso l’Austria ed il Canton Grigioni in Svizzera, anche a seguito di alcune reintroduzioni effettuate in Austria (Voralberg) e in Germania (Allgau). Nei Grigioni tra il 1880 e il 1937 si passa da un abbattimento annuo di 6 cervi ad uno di 430 (Haller, 2002). Nel 1902 si registrano le prime nuove sporadiche segnalazioni nel bormiese. Negli anni ’20 è ormai presente una piccola popolazione nella media Val Venosta, negli anni ’30 il cervo fa la sua comparsa in Val d’Ultimo e negli anni ’40 si registra il ritorno in Val Martello mentre nella zona tra Glorenza e Silandro la specie si è ormai consolidata notevolmente (Figura 4.6). Secondo i più recenti studi genetici effettuati da Kuehn e collaboratori (2004), un piccolo nucleo residuo si è preservato nei dintorni di Glorenza - Valle di Tubre - Monastero, nell’attuale Settore sudtirolese del Parco. Tale nucleo ha tuttavia contribuito poco, da un punto di vista genetico, alla successiva ricolonizzazione del territorio italiano. 64 Figura 4.6 – La sequenza temporale della ricolonizzazione storica delle Alpi centrali da parte del cervo secondo la ricostruzione di Haller (2002). La ricolonizzazione parte nella seconda metà dell’800 dal Liechtenstein (A) e dalle Alpi tedesche (B e C). Il cervo è scomparso dalla Val di Sole per cause umane a metà del XIX secolo. L’ultima segnalazione attualmente nota risale al 1847 per la Val di Rabbi (Figura 4.8). La sua graduale ricomparsa è avvenuta per immigrazione naturale da Svizzera e Alto Adige nei primi decenni del secolo scorso e la sua affermazione avviene progressivamente negli anni ’60 tanto che nel 1972 viene dato avvio alla gestione venatoria. In base alle segnalazioni raccolte (Tabella 4.3) è verosimile ipotizzare che il cervo abbia ricolonizzato la Val di Sole passando dalla Val Venosta, per la Val d’Adige e la Val d’Ultimo, sino all’alta Val di Non (Figura 4.7). Il fatto che il territorio del Parco rappresenti una “scelta secondaria”, in termini di idoneità ambientale rispetto alla Val di Sole, si evidenzia osservando quali siano state le prime core areas strategicamente occupate dal cervo tra gli anni ’60 e ’70. Solo con l’attivazione dell’attività venatoria e con il suo successivo intensificarsi il rapporto nella distribuzione del cervo “fuori e dentro parco” si inverte. 65 Figura 4.7 –Schematizzazione della fase di ricolonizzazione del cervo nelle Alpi centrali e nel Trentino nord-occidentale. I punti a diversi colori rappresentano le prime segnalazioni sporadiche, le aree rosse i primi nuclei stabili che formeranno l’asse portante della popolazione creatasi nel periodo 1965-75. Nei primi decenni del secolo scorso si registrarono in Val di Sole le prime segnalazioni di singoli individui, in probabile dispersione dalla Val Venosta e dal Canton Grigioni. Inizialmente il cervo ha occupato l’asta principale della Val di Sole, disposta tra est ed ovest, tanto che, all’inizio della gestione venatoria della specie, nel 1973, la sua presenza veniva ancora considerata sporadica all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio (Figura 4.9). Nell’inverno del 1951 sei cervi vennero catturati a Vermiglio in precarie condizioni. Ed è a partire dalla seconda metà degli anni ’60 che il cervo può essere considerato una presenza stabile e affermata in Valle, anche se con consistenze ancora limitate. Da notare il fatto che, alla fine degli anni ’60, la presenza del cervo nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio era ancora considerata del tutto sporadica e occasionale, al contrario di una presenza stabile riportata per la Val di Sole (Figura 4.9). Tanto che nel 1971 venne deciso l’avvio dell’attività venatoria, che già dal 1976 aprì anche alle femmine. Da qui in avanti i semplici dati di prelievo testimoniano il trend evolutivo della popolazione. Tra il 1973 e il 1980 i prelievi passarono da 5 a 60, nel 1990 salirono a 160, nel 1993 il numero di femmine abbattute pareggiò quello dei maschi e nel 2000 vennero abbattuti circa 740 capi (negli allora due distretti faunistici di “Val di Sole Ovest” e “Val di Sole Est” che comprendevano anche il territorio di parte dell’alta Val di Non), che diminuirono leggermente negli anni successivi. Sono serviti al cervo cinquanta anni per colonizzare stabilmente la Val di Sole, mentre ne sono bastati trenta per passare da poche centinaia di individui ad oltre 3500. Questo comportamento e questa dinamica non sono né ignoti né anomali. Simili esperienze sono state vissute nei decenni precedenti sia nel Canton Grigioni che in Val Venosta (ed ora anche in alta Valtellina). Una dinamica di popolazione veloce ed esplosiva che ha portato le popolazioni verso densità tra le più alte tra quelle conosciute per l’arco alpino. Oltre alle similitudini geografiche ed ambientali, un altro fattore accomuna le aree citate: la presenza di una porzione più o meno vasta di area protetta. In tutti i casi specifici, un Parco Nazionale. 66 Figura 4.8 – Storia della progressiva ricomparsa del cervo in Val di Sole. Le barre rosse indicano le segnalazioni sporadiche relative alla parte iniziale e centrale del secolo scorso; le barre verdi indicano il progressivo aumento esponenziale dei prelievi venatori negli ultimi trent’anni. La foto di sfondo ritrae due dei sei cervi rinvenuti a Vermiglio nel 1951. E’ importante sottolineare come le aree storiche di stabilizzazione della popolazione negli anni ’60 e ’70 si siano tutte formate ben lontano dal territorio del Parco Nazionale dello Stelvio. In questi anni possono essere individuate tre differenti “core areas” che garantivano le necessarie esigenze di cibo e tranquillità all’asse portante della popolazione e in cui si aveva la massima attività di bramito durante il periodo riproduttivo. A Vermiglio l’area compresa tra Barco, Pozat, Palù e il Monte Boai. A Pellizzano nell’area di Laores e Paludelle. A Bresimo nell’area della Malgazza. L’area del Parco, posizionata alla testata delle due valli laterali di Peio e Rabbi e caratterizzata da altitudini maggiori e da un ambiente più duro per il cervo, è stata colonizzata solo in una fase successiva, con la progressiva crescita della popolazione e l’occupazione di tutti i territori ad essa idonei. Nel 1973, anno del avvio della gestione venatoria in più riserve, all’interno del Parco si stimava la presenza di non più di 20 cervi. La Figura 4.9 mostra il primo anno di avvio della gestione venatoria in ciascuna Riserva della Val di Sole ed evidenzia in modo significativo i tre nuclei di popolazione da cui ha preso avvio la storia del cervo nel distretto. A fronte di un’attività di bramito già affermata in Val di Sole nella seconda metà degli anni ’60, i primi bramiti all’interno del Parco furono registrati negli anni 1979-80 (Casolla in verbis) e una loro affermazione definitiva può essere collocata attorno al 1982. In tale anno, dei circa 700 cervi stimati presenti in Val di Sole, solo una quarantina occupavano il territorio protetto. 67 Figura 4.9 – Primo anno di apertura della caccia al cervo in ciascuna Riserva. Tonalità crescenti di grigio indicano un inizio anticipato e la localizzazione dei nuclei di popolazione più importanti (aree in rosso). Nello stesso decennio la presenza del cervo nel PNS era ancora poco affermata. L’attuale popolazione di cervo che occupa grossomodo i territori del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e del Distretto Faunistico Val di Sole, negli ultimi quattro anni oscilla attorno a consistenze primaverili di 2.300-2.900 capi, è sottoposta ad un prelievo annuo tra i 370 e i 450 capi ed ha una densità media stimata intorno ai 6-7 cervi ogni 100 ha. Il cervo in Val di Sole rappresenta sicuramente una realtà importante - e a volte ingombrante - ed un patrimonio da conservare scrupolosamente e da gestire con oculatezza. In Tabella 4.3 vengono riportate nel dettaglio tutte le segnalazioni relative ai primi decenni di presenza sporadica del cervo in Val di Sole. Tabella 4.3 – Ricostruzione della fase di ricolonizzazione della Val di Sole da parte del cervo. La maggior parte delle segnalazioni sono contenute in Castelli (1941). 1847 Un trofeo di maschio presente presso la casa di Giuseppe Manfroni-Colombo riporta la dicitura “1847 - ultimo abbattimento in Val di Rabbi”. 1915-18 Orme di cervo rinvenute sulla montagna di Castelfondo; 1 femmina passa l’inverno sotto Castel Cles. 1916 1 femmina rinvenuta morta per neve nei pressi di Mezzana. 1922 1 grossa femmina avvistata per due-tre mesi nei pressi di Cles. 1924 4-5 cervi avvistati sul monte Ozol. 1929-30 1 grosso maschio avvistato a Menas in estate-autunno; i palchi vengono ritrovati in primavera 1935 1 cervo avvistato tra Castelfondo e Revò; 1 fusone viene abbattuto a Cagnò; 1 maschio adulto viene avvistato in autunno tra Fontana Maora di Cles e Grum di Caldes. 1936 In settembre viene ritrovato lo scheletro di un maschio in valle della Rocca di Tovel (palchi 68 presso il MTSN). 1937 1 maschio avvistato vicino al paese di Cles mentre si dirige verso il torrente Noce; 1 maschio avvistato in ottobre, inseguito da cani, tra Cles e Mechel. 1938-39 1 maschio ripetutamente avvistato in Faè di Cles, con tracce sicure di 1 altro individuo più piccolo. 1938 2 maschi rilasciati in val di Peio (??). 1946-47 Riportati avvistamenti di “grossi caprioli” a Vermiglio. 1951 6 cervi scendono in paese a Vermiglio a causa della neve. Vengono trasferiti a Terzolas per passare l’inverno in stalla. Una femmina viene portata a Paneveggio. 1971 Primo anno di attività venatoria ufficiale. Assegnazione del primo capo di cervo, in comune, a turno, tra le Riserve di Vermiglio, Mezzana e Pellizzano. Il primo abbattimento viene effettuato a Pellizzano da Tullio Bontempelli. &+564+$7<+10' L‘areale occupato dal cervo nell’UG è stato cartografato sulla base delle informazioni fornite dal personale di sorveglianza e delle informazioni progressivamente raccolte nell’ambito dello studio sulle capacità di spostamento e migrazione stagionale mediante radio-tracking. Sono state individuate con particolare attenzione le zone occupate durante il periodo invernale, la fase più critica per la biologia della specie e per gli effetti del brucamento alla rinnovazione forestale. E’ possibile affermare che nell’UG vi è piena coincidenza tra area di distribuzione reale e potenziale del cervo. Esso occupa in Val di Sole tutte le aree potenzialmente idonee alla sua presenza e la sua distribuzione al di sopra della vegetazione arborea (perlomeno all’interno del Parco) sta raggiungendo quote sempre più elevate e all’interno del Parco ha raggiunto limiti una volta impensabili. Grazie alla tranquillità fornita dalla presenza dell’area protetta, che limita il disturbo dell’uomo, un sempre più cospicuo numero di cervi (sia maschi che femmine con piccoli) trascorre la fase estiva al di sopra del limite della vegetazione arborea anche durante la fase diurna, sfruttando in modo ottimale il foraggio quantitativamente e qualitativamente ricco dei pascoli alpini. Un certo numero di animali trascorre addirittura la fase centrale della giornata al di sopra del limite delle praterie continue, trovando tranquillità e sicurezza nelle zone di macereto con situazioni dominanti in termini di visibilità. Si tratta di un comportamento acquisito e trasmesso che di anno in anno interessa una frazione sempre maggiore della popolazione. La Figura 4.10 mostra il numero di cervi conteggiati annualmente nel mese di luglio durante il censimento del camoscio al di sopra dei 2000 metri di quota. Tale fenomeno, sempre più eclatante, permette di effettuare osservazioni naturalistiche (anche a fini turistici) di notevole efficacia e facilità, ma introduce la possibile problematica delle interazioni competitive con il camoscio di cui si accennerà nel capitolo 4.3.6.2. 69 900 800 DEER COUNTED 700 600 500 400 300 200 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 Figura 4.10 – Numero di cervi conteggiati annualmente durante il censimento estivo del camoscio al di sopra del limite della vegetazione arborea nel Settore trentino del PNS. Durante l‘estate (maggio - ottobre) la specie è ampiamente distribuita, pur con un netto gradiente di densità, nell’intera UG e occupa una superficie complessiva di circa 38.000 ha, pari al 60% del territorio complessivo (Figura 4.11 e Tabella 4.4) Figura 4.11 – Distribuzione del cervo in Val di Sole nel periodo 2003-2007; in verde l’area occupata dal cervo durante l’estate, in rosso le aree in cui il cervo si concentra durante la stagione invernale; l’area utilizzata durante l’inverno si è progressivamente ingrandita all’interno del Parco; il contorno rosso rappresenta il confine dell’attuale Unità di Gestione. 70 L‘area in cui il cervo attualmente si concentra nella stagione invernale (dicembre - marzo) ha una superficie notevolmente più ridotta ed è circa di 11.600 ha, pari al 19% del territorio complessivo. Durante l’inverno la popolazione limita molto la sua distribuzione e si concentra principalmente nelle zone di bosco situate su versanti esposti a sud. I confini del Parco sono posti entro i 1.500 m di quota e questo fa si che i principali quartieri di svernamento si trovino all’esterno dell’area protetta, a quote più basse e sui versanti più soleggiati. Questo induce parte della popolazione ad attuare un comportamento di migrazione stagionale tra quartieri di estivazione (situati all’interno del Parco) e di svernamento (situati principalmente all’esterno). Tabella 4.4 – Unità di Gestione “Val di Sole”. Superficie complessiva e superficie delle aree utilizzate dalla popolazione di cervo durante l’inverno e durante l’estate. UG Sup. totale (ha) Cervo area estiva Cervo area invernale Totale PNS Val di Sole 1998-2002 62.469 37.935 8.751 1.594 7.157 2003-2007 62.469 37.935 11.609 4.439 7.170 Figura 4.12 – Distribuzione del cervo in Val di Sole nel periodo 1998-2002; in verde l’area occupata dal cervo durante l’estate, in rosso le aree in cui il cervo si concentra durante la stagione invernale; il contorno rosso rappresenta il confine dell’attuale Unità di Gestione. In caso di inverni miti e con poca neve tuttavia, una parte significativa della popolazione è comunque in grado di svernare nelle zone situate alle quote maggiori occupate durante l’estate. Anche in questo caso il fenomeno è in costante evoluzione e tra la fine degli anni ’90 ed oggi la situazione sembra essere drasticamente cambiata (Tabella 4.4). Se fino a una decina di anni fa le zone occupate per lo svernamento all’interno del Parco erano di estensione limitata (circa 71 1.600 ha), attualmente sono aumentate di quasi tre volte (circa 4.400 ha). A ciò hanno contribuito, come si vedrà più avanti, i particolari andamenti meteo-climatici degli ultimi anni e, soprattutto, la notevole e pianificata pressione venatoria degli ultimi 8 anni che aveva lo scopo di limitare la crescita della popolazione ed ha favorito la strategia di comportamento spaziale di tipo “stanziale” nelle femmine (capitolo 4.2.6). Tabella 4.5 – Unità di Gestione “Val di Sole”. Superficie complessiva e superficie delle aree utilizzate dalla popolazione di cervo durante l’inverno e durante l’estate. AREA Sup. totale % Cervo area inv % Cervo area est % Parco 17.579 28% 4.439 38% 8.148 21% Esterno al Parco 44.890 72% 7.170 61% 29.787 79% Totale 62.469 11.609 19% 37.935 60% %105+56'0<#'&+0#/+%# Le considerazioni relative alla consistenza, alla demografia e alla dinamica della popolazione si sono sviluppate a seguito dell’applicazione di differenti tecniche volte alla valutazione numerica della popolazione. La stima annuale delle consistenze e dei principali parametri demografici rappresenta l’elemento di base per valutare l’evoluzione temporale e lo status della popolazione di cervo e la sua influenza sull’evoluzione di altre specie animali e vegetali. A tale scopo è stato messo a punto ed affinato un protocollo standardizzato per l’annuale realizzazione di censimenti esaustivi della popolazione di cervo per osservazione diretta notturna. Nel periodo di studio si sono avviati, in riferimento a diversi intervalli temporali, metodi alternativi di stima numerica della popolazione (diretti e indiretti) a supporto, conferma e ulteriore affinamento di quanto già realizzato con i censimenti tradizionalmente realizzati. Di seguito nello specifico sono sintetizzate le metodologie impiegate e i periodi temporali cui fanno riferimento le stime di consistenza ottenute: 1. Conteggi esaustivi notturni primaverili con sorgente di luce (1993-2008); 2. Stima della densità (e della sottostima dei censimenti notturni) mediante mark-resight (2004-2008); 3. Stima della densità e della consistenza mediante IRDS (infra-red distance sampling conteggi in distance sampling mediante scanner termici) (2004-2006); 4. Stima della densità e della consistenza mediante PGCDS (pellet group count distance sampling - conteggi dei gruppi di fatte mediante distance sampling) (2005-2007); 5. Ricostruzione retrospettiva della consistenza, della struttura di popolazione e dell’evoluzione numerica (cohort analysis), mediante raccolta sistematica delle informazioni sui cervi rinvenuti morti e abbattuti in caccia (1973-2002). I risultati e le considerazioni del presente paragrafo fanno riferimento alle informazioni raccolte e analizzate nell’ambito delle metodologie sopra riportate, di cui si è trattato nel paragrafo 3.2. 72 A partire dal 1993 sono stati realizzati censimenti primaverili notturni standardizzati, al fine di modulare i piani di prelievo all’andamento della consistenza censita. Dal 2000 si è cercato di modulare i piani di prelievo al fine di riscontrare, dai dati dei censimenti, una sostanziale stabilizzazione numerica della popolazione. Il cervo occupa durante la fase estiva circa 380 km2 (455 con l’alta Val di Non) e si concentra, durante gli inverni più nevosi, in circa 88 km2 (circa 120 negli inverni caratterizzati da scarse precipitazioni nevose). Il Parco comprendeva sino a pochi anni fa solo il 10-20% delle aree di svernamento dell’intera UG e per questo motivo il passato piano di gestione si era posto come obiettivo la stabilizzazione della popolazione attraverso un graduale innalzamento dei piani di prelievo. L’ipotesi di base considerava che, nel periodo di novembre e dicembre, i prelievi andassero ad incidere in modo significativo sulla parte migratoria di popolazione che trascorre l’estate nel Parco e che si sposta a quote più basse durante l’inverno. Per una corretta valutazione delle azioni intraprese, la precedente strategia di gestione ha previsto l’approfondimento di alcuni aspetti dell’ecologia e della demografia della popolazione. A tale fine è stato deciso di catturare e marcare un numero significativo di soggetti. Il marcaggio, mediante radiocollari VHF e GPS e mediante collari colorati dotati di placche catarifrangenti ha permesso anche di disporre di un campione di soggetti marcati da impiegare per le stime quantitative. Nel contempo, uno sforzo particolare è stato dedicato alla valutazione quantitativa della popolazione e alla ricostruzione della sua dinamica. A tale fine è stato deciso di applicare differenti metodi di valutazione quantitativa della popolazione per valutare la loro accuratezza e affidabilità. La realizzazione di specifiche sessioni di conteggio in presenza di cervi marcati e riconoscibili individualmente ha permesso l’applicazione di tecniche di mark-resight per la valutazione della sottostima dei censimenti notturni effettuati in primavera La raccolta sistematica delle informazioni sui soggetti abbattuti e rinvenuti morti e la stima della produttività della popolazione (effettuata durate i censimenti estivi al camoscio) ha permesso di ipotizzare l’andamento dei censimenti nella stagione successiva (Tabella 4.6) e di avere un ulteriore metodo di verifica dei conteggi e delle stime di consistenza effettuate. Sono stati inoltre applicati tre differenti metodi alternativi per la valutazione delle consistenze per una ulteriore valutazione critica delle stime di consistenza derivate dai conteggi notturni corretti con i coefficienti di sottostima calcolati mediante il mark-resight: la ricostruzione retrospettiva della popolazione - cohort analysis – basata sulla raccolta sistematica di tutti i soggetti abbattuti e rinvenuti morti; il distance sampling mediante thermal imaging (in collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica); il distance sampling mediante pellet count (in collaborazione con il Centro di Ecologia Alpina). Attualmente (2008) nel Distretto Faunistico della Val di Sole è stimata una presenza primaverile di circa 2.900 cervi, di cui circa il 65-70% (circa 1.800) è concentrato all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. La densità complessiva è di circa 7-8 cervi/km2 se consideriamo l’area di distribuzione della popolazione (380 km2) e di circa 45 cervi/km2 se consideriamo l’intera superficie dell’UG, con punte, all’interno del Parco, di 40 cervi/km2 durante le fasi di concentrazione invernale e di 20 cervi/km2 durante le fasi estive. Entrambi sono valori tra i più alti registrati per l’arco alpino (Tabella 4.6). Durante la fase estiva è stimata una presenza di circa 3.640 cervi (di cui 730 nuovi nati), di cui circa il 65-70% (circa 2200-2300) è concentrato all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. 73 Tabella 4.6 – Stima delle consistenze (al netto dei piccoli) e delle densità della popolazione di cervo nell’Unità di Gestione “Val di Sole” (anno 2008). AREA Consistenza % Area UG Densità UG Area inv Densità inv Area est Densità est Parco 1.880 65% 17.579 10.7 4439 42.3 8148 23.1 Esterno al Parco 1.025 35% 44.890 2.3 7170 14.3 29.787 3.4 Totale 2.905 62.469 4.7 11.609 25.0 37.935 7.7 Una simile situazione, caratterizzata da buone consistenze complessive e densità elevate, ma da un evidente disequilibrio tra l’interno e l’esterno dell’area protetta (Tabella 4.6), è frutto della storia degli ultimi quaranta anni, dei criteri di gestione che nelle diverse fasi storiche sono stati applicati e delle sorprendenti capacità adattative del cervo. La storia della dinamica della popolazione di cervo del Parco dello Stelvio e della Val di Sole merita quindi un ulteriore approfondimento, che verrà trattato successivamente in questo paragrafo, per capire i motivi ed i meccanismi che hanno portato alla situazione attuale. 4.2.3.1. Valutazione critica dell’efficienza dei differenti metodi di conteggio adottati Censimenti mediante mark-resight Le stime di consistenza della popolazione di cervo presente all’interno del Parco (e in alcune zone limitrofe ad esso in cui erano presenti soggetti marcati) mediante tecniche di mark-resight (cattura – marcaggio - riavvistamento) sono state effettuate in concomitanza con i censimenti notturni primaverili. In questo caso le sessioni ripetute di osservazione non si sono limitate alle 3 previste dalla standardizzazione provinciale, ma sono andate dalle 4 alle 6 a seconda dell’anno considerato. In Tabella 4.7 sono riportati i risultati delle elaborazioni secondo i due stimatori impiegati (immigration/emigration; Bowden) per gli anni da 2004 al 2008. Tabella 4.7 – Valutazione della sottostima dei censimenti notturni primaverili stimata con il metodo del mark-resight in base ai cervi marcati e riavvistati. MPS minima popolazione stimata; tabella a) stima effettuata mediante il modello immigrazione/emigrazione; tabella b) stima effettuata mediante lo stimatore di Bowden; “occasioni” rappresenta il numero di sessioni di avvistamento utilizzate per la stima. A) IMMIGRATION / EMIGRATION MODEL ANNO occasioni 2004 5 26 1.786 1.512-2.193 1.084 39% 2004 2004 4 3 26 26 1.748 1.735 1.476-2.155 1.445-2.192 1.084 1.084 38% 38% 2005 5 24 1.678 1.459-1.996 1.162 31% 2005 2005 4 3 24 24 1.710 1.694 1.474-2.055 1.433-2.086 1.162 1.162 32% 30% 74 Cervi marcati Consistenz a stimata IC 95% MPS Sottostima 2006 5 26 1.833 1.589-2.176 1.109 39% 2006 2006 4 3 26 26 1.688 1.731 1.460-2-016 1.473-2.128 1.109 1.109 34% 36% 2007# 2007# 4 3 13 13 1.528 1.324 1.253-1.993 1.109-1.721 952 952 38% 28% 2008 5 21 2.009 1.755-2.387 1.368 32% 2008 4 21 2.035 1.762-2.455 1.368 33% 2008 3 21 2.113 1.799-2.617 1.368 35% # la stima si riferisce alla sola Stazione forestale di Peio B) BOWDEN’S ESTIMATOR ANNO occasioni Cervi marcati Consistenza stimata IC 95% MPS Sottostima 2004 2004 2004 5 4 3 26 26 26 1.805 1.860 1.835 1.389-2.346 1.375-2.517 1.36-2.503 1084 1084 1084 40% 42% 41% 2005 2005 2005 5 4 3 24 24 24 1.580 1.729 1.564 1.205-2.073 1.313-2.278 1.190-2.057 1.162 1.162 1.162 26% 33% 26% 2006 2006 2006 5 4 3 26 26 25 1.807 1.669 1.723 1.463-2.232 1.368-2.036 1.369-2.170 1.162 1.162 1.162 39% 34% 36% 2007# 4 13 1.482 1.116-1.968 952 36% 2007# 3 13 1.282 1.007-1-633 952 26% 2008 2008 2008 5 4 3 21 21 21 1.981 2.023 2.139 1.595-2.460 1.631-2.510 1.795-2.551 1.368 1.368 1.368 31% 32% 36% # la stima si riferisce alla sola Stazione forestale di Peio I valori percentuali di sottostima stimati in base all’applicazione dei modelli di mark-resight vanno dal 26 al 42% a seconda dell’anno, del modello e del numero di sessioni considerate. La percentuale di sottostima viene calcolata come il reciproco del rapporto tra il numero di animali effettivamente conteggiati (MPS) e il numero di animali stimati presenti. In base alla distribuzione temporale delle sessioni di avvistamento e agli spostamenti effettuati da alcuni animali marcati da e verso l’area di studio, si è ritenuto opportuno tenere in considerazione le stime effettuate in base al modello “immigration/emigration” e alle 4 sessioni di avvistamento tra loro più ravvicinate nel tempo (massimo entro 14 giorni). La sottostima media dei censimenti notturni primaverili in Val di Sole è quindi risultata variabile a seconda dell’anno considerato, con scostamenti tuttavia di entità medio-bassa. La percentuale di sottostima maggiore si è avuta negli anni 2004 e 2006, con valori pari al 38%, mentre quella minore si è registrata nell’anno 2005 con un valore del 32% ( Tabella 4.8). In media, tra il 2004 e il 2008, la percentuale di sottostima dei censimenti è stata del 35%. 75 La stima di tali valori, di indiscussa utilità per una più corretta interpretazione dei dati dei conteggi primaverili è stata possibile grazie all’elevato numero di cervi marcati e radio-marcati che a partire dal 2003 sono stati catturati grazie al lavoro del personale del Parco. I dati di dinamica di popolazione presentati nelle parti successive del capitolo sono stati ricavati applicando ai dati dei censimenti primaverili i rispettivi valori di sottostima ovvero il dato di sottostima medio, per gli anni antecedenti al 2004. Tabella 4.8 – Valutazione della sottostima dei censimenti notturni primaverili stimata con il metodo del mark-resight in base ai cervi marcati e riavvistati. MPS minima popolazione stimata. ANNO Consistenza stimata MPS Sottostima 2004 1.748 1.084 38% 2005 2006 1.710 1.688 1.162 1.109 32% 34% 2007 2008 1.528 2.035 952 1.368 38% 33% MEDIA 35% Censimenti mediante scanner termici Il metodo applicato si basa sulla realizzazione di transetti notturni (durante la seconda metà di aprile, in concomitanza al periodo dei censimenti con faro, per rendere i dati maggiormente confrontabili) lungo i quali si avvistano i gruppi di cervi e ne viene rilevata la distanza perpendicolare rispetto al transetto percorso. Il metodo, definito distance sampling, è a base campionaria e prevede di contattare solamente una percentuale della popolazione, purché i transetti percorsi possano essere considerati casuali e rappresentativi dell’area di studio in esame (in questo caso approssimativamente la stessa area battuta durante i censimenti con faro). L’idea chiave del metodo è quella che la probabilità di avvistare un animale decresca con la distanza dal transetto e che i soggetti presenti a distanza “zero” abbiano il 100% di probabilità di essere avvisati. Misurando le distanze di avvistamento di ciascun gruppo è possibile stimare curve di “probabilità di avvistamento” e passare quindi dagli animali avvistati a quelli realmente presenti nell’area. Analogamente alle tecniche di mark-resight, l’applicazione del distance sampling permette di ottenere una stima di consistenza di popolazione e il suo annesso intervallo di confidenza statistico. Nel caso specifico, i conteggi notturni lungo i transetti non avvengono con l’ausilio di sorgenti luminose, ma di uno scanner termico in grado di rilevare le radiazioni infrarosse legate alla temperatura degli oggetti. In tal modo è possibile rilevare in modo agevole un corpo “caldo” rispetto allo sfondo quale quello di un cervo totalmente al buio, limitando quindi il disturbo e le reazioni di fuga. Per maggiori dettagli sul metodo si rimanda a Buckland et al., 1993, 2001 e 2004. Questa parte di lavoro nasce in concomitanza ad un progetto dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica volto a valutare l’efficacia e l’applicabilità di un nuovo metodo di censimento delle popolazioni di Ungulati. Il metodo può essere definito “Stima della densità e della consistenza di popolazioni mediante Distance Sampling e termocamera a infrarossi (IRDS – infra-red distance sampling). Distance Sampling è il nome della tecnica statistica di campionamento che permette di stimare la probabilità di avvistamento in relazione alle distanze; 76 gli scanner termici permettono di mappare i gradienti di temperatura in falsi colori e di riconoscere i corpi più caldi anche nel buio più completo. Il lavoro è stato svolto in quattro differenti aree di studio per una valutazione critica del metodo su specie di Ungulati diverse ed in aree differenti. Nel Parco il lavoro è stato svolto per tre anni consecutivi, tra l’aprile 2004 e l’aprile 2006, dalla dott.ssa Barbara Franzetti e dai suoi collaboratori, con l’ausilio tecnico e logistico del personale del Parco. Tale attività si è basata su una convenzione a titolo non oneroso tra i due Enti. In Tabella 4.9 sono riportati i risultati sintetici del lavoro svolto e le stime di consistenza ottenute. Per effettuare il censimento mediante IRDS sono necessarie 6-7 notti di lavoro svolto da due persone in contemporanea che percorrono complessivamente dai 20 ai 30 km di transetti a seconda della situazione distributiva della popolazione. Ad esempio nel 2005 è stato necessario percorrere una lunghezza di transetti maggiore in relazione alla distribuzione meno aggregata sul fondovalle dei cervi, a sua volta legata allo scarso innevamento. Le consistenze stimate aumentano progressivamente nel triennio passando da circa 1.450 a circa 1.700 cervi, ma tali differenze non possono essere considerate significative in base agli intervalli di confidenza annessi. Per maggiori dettagli sull’applicazione specifica del metodo al caso del Parco Nazionale dello Stelvio si rimanda alla specifica pubblicazione di Franzetti e Focardi, 2006. Tabella 4.9 – Risultati di sintesi dei censimenti sperimentali mediante IRDS realizzati tra il 2004 e il 2006 nel territorio del PNS; periodo di realizzazione dei transetti; numero di gruppi di cervi avvistati; numero di cervi avvistati. ANNO PERIODO 2004 16-22 aprile 2005 2006 LUNGH TRANSETTI N GRUPPI N CERVI Consistenza stimata IC 95% 23.2 km 147 643 1.435 837-2.472 20-26 aprile 30.9 km 162 990 1.645 1.042-2.596 21-25 aprile 21.7 km 178 971 1.713 1.030-2.876 Censimenti mediante conteggi dei gruppi di pellet La metodologia prevede la combinazione di un metodo di censimento indiretto, basato sul conteggio dei gruppi di fatte (PGC) deposti dal cervo, con la tecnica di campionamento del distance sampling. I gruppi di fatte (pellet groups - PG) deposte dal cervo, poiché immobili, rappresentano una buona alternativa per l'applicazione di metodi alternativi mirati ad ovviare al problema della scarsa contattabilità e avvistabilità del cervo che può portare a doppi conteggi e sottostime. In questo caso il PGC è stato applicato mediante la tecnica del faecal standing crop (FSC), la quale prevede un solo conteggio in campo e necessita della conoscenza del tasso di decadimento dei pellet group. Il campionamento è stato effettuato percorrendo transetti lineari lungo i quali vengono conteggiati i gruppi di fatte e misurata la loro distanza dalla linea centrale del transetto. I transetti sono stati distribuiti in modo random sull'area di studio; ciascuno ha una lunghezza di 100 metri ed il loro numero è funzione della densità di cervo (e di pellet) e del coefficiente di variazione che si vuole ottenere per la stima. Maggiore è il numero di transetti e il numero di PG conteggiato, maggiore sarà la precisione della stima e minore l'intervallo di confidenza della stima stessa. Analogamente a quanto visto per i censimenti con gli scanner termici, che applicano la stessa tecnica del distance sampling, la misurazione delle distanze permette di stimare la probabilità di 77 contatto dei PG e di passare dai PG conteggiati a quelli presenti (Buckland et al., 1993, 2001 e 2004). Conoscendo la probabilità di “avvistamento” dei PG, il numero di pellet group rilevati, il tasso di defecazione medio degli animali (numero di PG deposti al gg) e il tasso di decadimento dei PG (numero di gg che il PG impiega per decomporsi completamente) , è possibile stimare la densità densità della popolazione e risalire alla stima delle consistenze (Mayle et al., 1999). Il tasso di decadimento è stato calcolato mediante un lavoro sperimentale, realizzato dalla dott.ssa Anna Bonardi, che ha quantificato la velocità di scomparsa delle fatte nei diversi mesi dell'anno in funzione del tempo in giorni, delle tipologie di habitat, dell'esposizione e della pendenza dei versanti (Laing et al., 2003). Le stime di densità sono state ottenute elaborando i dati raccolti con il software Distance (Buckland et al., 2001). Questa parte di lavoro è stata realizzata in collaborazione con la dott.ssa Francesca Cagnacci e con il Centro di Ecologia Alpina, con il quale il Parco ha formalizzato una convenzione non onerosa volta a sviluppare attività di collaborazione nel campo delle ricerca ecologica. Nello specifico il progetto ha voluto valutare l’efficacia e l’applicabilità di un nuovo metodo di censimento delle popolazioni di Ungulati. Il metodo può essere definito “Stima della densità e della consistenza di popolazioni mediante conteggi dei gruppi di fatte mediante distance sampling” (PGCDS – pellet group count distance sampling). Distance sampling è il nome della tecnica statistica di campionamento che permette di stimare la probabilità di avvistamento (delle fatte in questo caso) in relazione alle distanze; una volta stimata la densità dei PG, è possibile risalire alla densità di popolazione del cervo dividendo il valore per i tassi di defecazione e decadimento sopra citati. Il lavoro di campo si è avvalso della collaborazione di 6 studenti che hanno svolto il proprio tirocinio universitario e/o la propria tesi nell'ambito di lauree triennali o specialistiche. L'obiettivo mirava alla valutazione della densità e consistenza invernale o estiva del cervo all'interno del territorio del Parco a diverse fasi temporali. La raccolta dei dati in campo necessita di circa 1 mese di lavoro da parte di due persone che lavorano congiuntamente. Per la stima delle densità invernali i transetti vengono percorsi a fine inverno, nel mese di maggio; per la stima della densità estiva, i transetti sono stati percorsi tra il mese di settembre e quello di ottobre. Per maggiori dettagli sulla teoria e applicazione specifica del metodo, sulle modalità di lavoro di raccolta in campo e sui risultati di dettaglio relativi al caso del Parco Nazionale dello Stelvio si rimanda alle seguenti tesi di laurea e di specializzazione realizzate da studenti delle Università di Edolo, Padova e Parma nell'ambito del progetto: Albero, 2005; Bresaola, 2008; Penasa, 2006; Rossi, 2008; Serini, 2006. In Tabella 4.10 sono riportati i risultati di sintesi del lavoro effettuato. Sono disponibili due stime di densità invernale riferite ai periodi 2004-05 e 2006-07, confrontabili con i risultati dei censimenti primaverili del 2005 e 2007, ed una di densità estiva per l'anno 2005. La consistenza estiva risulta maggiore in relazione alla presenza dei piccoli, nati nel mese di maggio-giugno. L'intervallo di confidenza della stima del 2007 è inferiore per il maggior numero di transetti effettuati e di PG contattati. Tabella 4.10 – Risultati di sintesi dei censimenti sperimentali mediante PGCDS realizzati tra l'inverno 2004-05 e l'inverno 2006-07 nel territorio del PNS; numero di transetti percorsi; numero di PG conteggiati. Periodo di riferimento Inverno 04-05 Estate 2005 Inverno 06-07 Periodo di realizzazione N transetti N PG Consistenza stimata IC 95% 4 mag – 1 giu 120 5.232 1.737 1.442-2.093 6 set – 8 ott 113 4.605 2.258 1.743-2.927 2 mag – 6 giu 139 8.156 1.941 1.706-2.207 # corretta per l’incremento dovuto alla nascita dei nuovi cerbiatti 78 L'applicazione del PGCDS nel territorio del PNS risulta attuabile sia in termini di risultati che di sforzo necessario; pur non essendo un metodo di ordinario impiego, esso conserva tutte le caratteristiche di praticabilità, ripetibilità e confrontabilità tipiche dei più tradizionali metodi di conteggio. Valutazione critica dei differenti metodi di conteggio impiegati Il confronto dei risultati ottenuti applicando tre metodi di conteggio tra loro differenti e indipendenti mostra valori di consistenza del tutto simili, a parte l'eccezione relativa al 2004 tra MR e IRDS (Tabella 4.11 e Figura 4.13). E' quindi possibile affermare con ragionevole sicurezza che il censimento notturno primaverile, opportunamente corretto con i coefficienti di sottostima derivati dall'applicazione del mark-resight, fornisca stime sufficientemente attendibili sulla consistenza totale della popolazione da utilizzare a fini gestionali e per lo studio della sua dinamica. I dati successivamente presentati per descrivere l'evoluzione della popolazione nel tempo derivano da tale set di dati cui vanno aggiunte alcune considerazioni ricavate da un quarto metodo di conteggio della popolazione: la ricostruzione della popolazione per coorti. Tabella 4.11 – Stima di consistenza della popolazione di cervo nel PNS. Confronto tra i risultati ottenuti con metodi diversi e indipendenti. MR mark-resight; IRDS censimento con scanner termico; PGCDS conteggio dei gruppi di fatte. ANNO Consistenza MR IC95% Consistenza IRDS IC95% Consistenza PGCDS IC95% 2004 1.748 1.476-2.155 1.435 837-2.472 -- -- 2005 1.710 1.474-2.055 1.645 1.042-2.596 1.737 1.442-2.093 2006 1.688 1.460-2-016 1.713 1.030-2.876 -- -- 2007 2.015 1.652-2.628 -- -- 1.941 1.706-2.207 79 3500 MARK-RESIGHT PELLET GROUP COUNT 3000 INFRAROSSO NUM CERVI 2500 2000 1500 1000 500 0 2005 2006 2007 ANNI Figura 4.13 - Stima di consistenza della popolazione di cervo nel PNS. Confronto tra i risultati ottenuti con metodi diversi e indipendenti. I valori ottenuti sono molto simili tra loro. Le barre rappresentano l'intervallo di confidenza. 4.2.3.2. Ricostruzione della popolazione per coorti In questo paragrafo vengono presentati i dati di sintesi del quarto metodo di valutazione delle consistenze della popolazione. Il metodo viene definito “Population reconstruction from mortality data” o “Cohort analysis”, ovvero ricostruzione della popolazione per coorti dai dati di mortalità (naturale e di caccia) (Downing, 1980; Rosberry & Woolf, 1991; Skalsky et al, 2005; Skalsky et al, 2007). Il metodo si basa sull’assunto che, conoscendo l’anno di morte di ogni animale (in pratica rinvenendo tutti gli animali morti per cause naturali o antropiche e stimandone il sesso e l’età), è possibile a ritroso determinare l’anno di nascita di ogni individuo e, ripetendo questa operazione per tutto il set dei dati, risalire al numero di nati in un certo anno, cioè di animali appartenenti ad una stessa coorte. Ad esempio, un cervo abbattuto nel 1994, la cui età è stimata di 8 anni, viene considerato nato nel 1986. Si tratta quindi di un metodo retrospettivo che permette di conoscere nel dettaglio la situazione solo nel momento in cui è recuperata (in quanto morta) la gran parte degli animali presenti nell'anno cui si riferisce la stima. Nel caso del cervo della Val di Sole, il 95% dei soggetti abbattuti o rinvenuti morti ha un'età inferiore o uguale ai 10 anni. Pertanto le stime ottenute con questo metodo possono al momento essere considerate pressoché complete fino all'anno 1997 e comunque affidabili sino al 2001. Oltre tale anno le consistenze sono ancora sottostimate e si dovranno attendere gli anni successivi per la loro revisione. Il vantaggio del metodo è dato dal fatto di poter ricostruire la popolazione in tutti i suoi elementi di sesso ed età ed ottenere quindi anche informazioni sulla struttura della stessa. L’accuratezza della Population reconstruction è evidentemente legata al numero di tutti gli animali che muoiono e non vengono trovati, a quelli che vengono uccisi in maniera illegale e agli individui che emigrano dall’area di studio o vi immigrano. È infatti altamente improbabile ritrovare tutti gli animali che muoiono per cause naturali (e conoscere il numero di quelli che vengono bracconati) ma, se si può assumere che la maggior parte degli animali deceduti vengano reperiti (come ad esempio nei parchi) allora l’accuratezza può essere considerata elevata (Mayle et. al., 1999). 80 In Provincia di Trento, nell’ambito della valutazione dei trofei, viene stimata l’età di tutti gli individui abbattuti durante la stagione venatoria, in base all’usura della tavola dentaria. Sono quindi state raccolte (e la raccolta continua di anno in anno) tutte le informazioni sui capi abbattuti a partire dal 1973, primo anno di attività venatoria in Val di Sole per cui sono disponibili i dati. Per gli animali rinvenuti morti invece, viene compilata una scheda di rilevamento in cui analogamente sono riportati sesso ed età del soggetto. All’interno del Parco Nazionale dello Stelvio tale attività è iniziata nel 1995, nel resto del Distretto, nel 1992. Si dispone pertanto di un notevole database che raccoglie i dati relativi a 7.364 cervi abbattuti tra il 1973 e il 2007 (3657 maschi e 3707 femmine) ed a 1.987 cervi rinvenuti morti tra il 1992 e l'aprile 2008 (925 maschi e 1062 femmine). In base a questi dati, è stato possibile determinare il numero di animali morti ogni anno, ripartiti in base al sesso e all’età e, successivamente, calcolare la consistenza di femmine e maschi per ogni anno ed età (Tabella 4.19). In relazione alla carenza di dati sui rinvenuti morti per il periodo 1973-1992 ed alla mancanza di dati sugli ipotizzati prelievi non registrati, è lecito aspettarsi che il metodo fornisca una sottostima rispetto a quelli presentati in precedenza, soprattutto nel citato periodo 1973-1992. Per una analisi più approfondita di pregi e limiti del metodo e per un approfondimento su metodo di calcolo e sui risultati ottenuti sulla popolazione di cervo dell'UG, si rimanda alla Tesi di master in “Gestione e conservazione dell'ambiente e della fauna” della dott.sa Laura Nave (2004). Nella Figura 4.14 è mostrata, per confronto, l'evoluzione nel tempo della consistenza della popolazione calcolata con la ricostruzione della popolazione ed in base ai censimenti corretti con le stime del mark-resight. Il trend delle due curve è in accordo (si escluda la parte tratteggiata della linea rossa che ancora non dispone di tutti i dati e non è quindi affidabile) e mostra, in accordo con le teorie ecologiche, il tipico accrescimento delle popolazioni animali. La differenza tra i due metodi di stima varia dai 200 ai 500 capi. La realizzazione di simulazioni di population reconstruction indica come, per giustificare tale discrepanza, sia sufficiente supporre che ogni anno circa una sessantina-settantina di cervi morti non vengano rilevati se morti, o non ne venga registrato l'abbattimento. Tale ipotesi appare pienamente giustificabile. Tornando alla linea rossa che indica la curva di crescita della popolazione, possiamo comunque registrare alcune indicazioni interessanti sul trend storico di crescita della popolazione stessa. La forma della curva indica il tipico accrescimento logistico delle popolazioni animali, caratterizzato da un primo periodo in cui la consistenza della popolazione è bassa e gli accrescimenti sono lenti, da un secondo periodo di crescita più veloce ed esplosiva e da un terzo periodo in cui la crescita esplosiva tende a rallentare sino ad azzerarsi e la popolazione comincia a fluttuare negli anni attorno ad un valore costante. Tale valore, indicato come capacità portante media dell'ambiente, indica che le risorse ambientali (cibo e rifugi) non sono in grado di sostenere un numero maggiore di animali, e che la popolazione entra in fase di autoregolazione in modo tale che il numero di individui nati sia mediamente uguale al numero dei morti e la crescita netta sia zero. La popolazione ha avuto un periodo di crescita più lenta nel periodo 1973 – 1988, caratterizzata da un tasso medio di crescita netta del 10% (al quale bisogna aggiungere i tassi di prelievo per avere una reale idea degli accrescimenti potenziali della popolazione); una seconda fase di crescita esplosiva tra il 1989 e il 1995, con incrementi netti medi del 20%, un progressivo rallentamento tra il 1996 e il 2000 (incrementi netti medi del 10%) ed un ultima fase di sostanziale stabilizzazione a incrementi netti zero, a partire dal 2000, pur con notevoli fluttuazioni tra un anno e l'altro legate all'andamento meteo-climatico (analizzato nel dettaglio nel proseguo del capitolo). Nel complesso, tra il 1973 e il 2000 la popolazione si è accresciuta con un incremento medio netto annuo del 13%. 81 3500 STIMA dal MARK-RESIGHT 3000 COHORT ANALYSIS 2500 Num cervi 2000 1500 1000 500 0 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 Figura 4.14 – Evoluzione delle consistenze della popolazione di cervo ricostruite mediante cohort analysis (linea rossa), confrontate con i censimenti primaverili notturni corretti con i coefficienti di sottostima ricavati dal mark-resight (linea nera). La parte di linea rossa tratteggiata indica dati non ancora completi e quindi non confrontabili. 2500 0.6 consistenza (cohort analysis) abbattimenti tasso di prelievo 0.5 2000 cervi 1500 0.3 1000 0.2 500 0.1 0 1970 0 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Figura 4.15 – Evoluzione delle consistenze della popolazione di cervo ricostruite mediante cohort analysis (CA) (linea blu, in grigio la parte ancora incompleta), confrontate con l’entità dei prelievi effettuati (linea rossa). La linea nera tratteggiata indica i tassi di prelievo stimati come prelievi / cervi stimati con CA. 82 tasso prelievo 0.4 Dalla Figura 4.15 possiamo notare come i bassi incrementi annui netti tra il 1973 e il 1983 siano in parte da imputarsi ai tassi di abbattimento particolarmente elevati (ben oltre il 30%). A partire dalla fine degli anni '80 i tassi di abbattimento si sono assestati tra il 20 e il 30% della consistenza stimata permettendo la continua crescita della popolazione. Nonostante ciò, a partire dalla seconda metà degli anni '90, gli incrementi annui netti (la linea verde) continuano ad essere positivi ma assumono valori via via inferiori fino ad azzerarsi nel 2000, sintomo che la (parte di) popolazione caratterizzata da densità elevate comincia a rallentare la propria crescita. 4.2.3.3. Ricostruzione della dinamica della popolazione Dopo aver analizzato le differenti tecniche di censimento ed effettuato una valutazione critica sull'efficacia dei metodi impiegati, nel presente paragrafo si dettagliano i dati utilizzati per ricostruire la dinamica della popolazione cui si farà riferimento nel paragrafo 4.2.3.5 in cui si analizzano criticamente le varie fasi evolutive della popolazione. I dati utilizzati per la ricostruzione della dinamica della popolazione hanno la seguente origine: • serie storica dei censimenti notturni primaverili – conteggio massimo per l'intera UG sulle tre ripetute; • i dati sono corretti per il coefficiente di sottostima calcolato con il mark-resight per ottenere la consistenza primaverile stimata; • produttività annuale, calcolata come rapporto piccoli/femmine desunto durante i conteggi estivi di cervo in occasione dei censimenti al camoscio; • stima della consistenza estiva calcolata dalla primaverile in base alla produttività e considerando un rapporto sessi pari a 1 maschio : 1.5 femmine; • abbattimenti realizzati durante il periodo venatorio; • rinvenimenti di cervi morti o investiti per ciascun anno biologico (che ricomprende una coorte di nuovi nati, da giugno dell'anno t a maggio dell'anno t+1). Ciascun dato è riportato anche scorporato tra PNS e riserve di caccia esterne (Distretto Val di Sole). In fondo al capitolo sono riportate le seguenti tabelle che riportano nel dettaglio tutti i dati raccolti, elaborati e necessari alla ricostruzione della dinamica. - Tabella 4.13 – Censimenti del cervo nell’UG suddivisi per Riserva di caccia e Stazioni forestali dal 1993 al 2008. - Tabella 4.14 – Abbattimenti di cervo nell’UG suddivisi per Riserva di caccia dal 1975 al 2007. - Tabella 4.15 – Piani di prelievo di cervo nell’UG suddivisi per Riserva di caccia dal 1987 al 2007. - Tabella 4.16 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG dal 1983 al 2008. Stima delle consistenze primaverili ed estive totali e separate per PNS e Distretto della Val di Sole. - Tabella 4.17 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG dal 1983 al 2008. Consistenze primaverili, abbattimenti e piani di abbattimento. - Tabella 4.18 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG mediante cohort analysis dal 1973 al 2001. 83 Le figure seguenti mostrano la ricostruzione della dinamica di popolazione di cervo nell'UG a partire dal 1983 sino al 2008 (dal 1993 sono disponibili dati ufficiali di censimento, dal 1983 al 1993 sono disponibili stime di consistenza – verosimilmente riferite al periodo estivo – opportunamente riparametrate). 3500 STIMA dal MARK-RESIGHT 3000 CENSIMENTI PRIMAVERILI Num Cervi 2500 2000 1500 1000 500 0 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 Figura 4.16 – Confronto tra i dati dei censimenti notturni primaverili (linea verde) e le stime di consistenza della popolazione di cervo dal 1982 al 2008 (linea nera); la linea nera tratteggiata continua indica le stime ricavate dai censimenti ufficiali realizzati dal Servizio Foreste e Fauna con la collaborazione del Parco dello Stelvio e dell'Associazione Cacciatori Trentini (subentrata alla PAT a partire dal 2007). La popolazione cresce tra il 1982 e il 1999 di 1.850 capi, passando da circa da 700 a 2.550 cervi. Successivamente si hanno oscillazioni legate agli andamenti invernali, tra i 2500 e gli attuali 2900 capi. I prelievi aumentano regolarmente e parallelamente all'aumento della popolazione sino al 2000. Successivamente, nonostante la popolazione non diminuisca, i prelievi diminuiscono costantemente sino al minimo di 374 abbattimenti del 2008, pari a quanto realizzato nel 1996. I prelievi diminuiscono costantemente dal 2000 ad oggi, nonostante i tassi di prelievo siano sempre inferiori al 27% delle consistenze complessive. 3500 0.60 consistenza abbattimenti 3000 tassi di abbattimento 0.50 2500 Num Cervi 0.40 2000 0.30 1500 0.20 1000 0.10 500 0 1980 0.00 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 Figura 4.17 – Accrescimento della popolazione di cervo dal 1982 al 2008 (linea verde); la linea rossa indica gli abbattimenti realizzati, la linea tratteggiata nera i tassi di abbattimento stimati. 84 Scorporando il dato della dinamica nelle due aree “Parco dello Stelvio” e “Distretto Val di Sole” è possibile notare un andamento notevolmente differente (Figura 4.18). Sino al 1996 le consistenze all'esterno del Parco sono maggiori, anche in ragione della maggiore superficie di habitat idoneo disponibile ed anche la crescita è maggiore (Figura 4.18 - A); dal 1996 al 2001 i numeri nei due settori si equivalgono, attorno al migliaio di individui ciascuno (Figura 4.18 - B); mentre a partire dal 2002 la dinamica all'interno del Parco continua a crescere sino a raggiungere stime di 1.800-2.000 cervi, mentre all'esterno diminuisce sino a stime di 500 cervi, per poi successivamente riprendersi e ritornare attorno al migliaio nel 2008 (Figura 4.18 - C). 3000 Parco 2500 Val Sole Totale Numero Cervi 2000 1500 1000 500 A 0 1981 1984 1987 1990 1993 B 1996 1999 C 2002 2005 2008 Figura 4.18 – Accrescimento della popolazione di cervo dal 1982 al 2008 (linea verde); le linee rossa e azzurra rispettivamente indicano l'andamento della popolazione all'interno del Parco dello Stelvio e nel Distretto Val di Sole; negli ultimi anni è possibile evidenziare tendenze opposte a fronte di una complessiva stabilità. Analizzando la Figura 4.19 è possibile meglio comprendere la dinamica complessiva che, a fronte di una diminuzione nel Distretto Val di Sole, ha fatto registrare un ulteriore aumento all'interno del Parco che ha controbilanciato la dinamica totale della popolazione. Questo fenomeno, come verrà illustrato nel dettaglio oltre nel rapporto, è legato al progressivo cambiamento di comportamento dei cervi all'interno del Parco (sempre più le femmine legate al Parco assumono un comportamento stanziale e non migrano più all'esterno del Parco durante l'inverno alla ricerca di migliori condizioni) ed alle miti condizioni che hanno caratterizzato le ultime stagioni garantendo buone condizioni di svernamento anche all'interno del Parco. Venendo progressivamente a mancare la quota di cervi che nella seconda parte della stagione venatoria (all'approssimarsi dell'inverno) escono dal Parco e migrano in quartieri di svernamento più favorevoli, il piano di prelievo si è basato sempre più sul solo contingente di 85 cervi conteggiati e presenti nel territorio libero all'attività venatoria. In una tale situazione di distribuzione disomogenea dei cervi sul territorio, il tasso reale di abbattimento deve essere praticamente riferito quasi esclusivamente alla quota di cervi che occupa il Distretto Val di Sole (e ad una quota di cervi del Parco non superiore al 25% - vedi oltre i dati relativi alle capacità di spostamento e migrazione) Dalla figura si evince come a partire dal 1999 i tassi effettivi di prelievo siano stati sempre superiori al 30% (ipotizzato come massimo incremento annuale possibile per il cervo in una situazione simile alla Val di Sole, si veda il paragrafo 4.2.3.5), causando la diminuzione della popolazione, ripresasi solo ultimamente a fronte di un nuovo calo dei tassi di prelievo. Una ulteriore conferma delle difficoltà verificatesi sul finire degli anni '90 la si può leggere nell'andamento della Figura 4.20 che mostra l'andamento relativo dell'ammontare dei piani di prelievo e degli abbattimenti effettivamente realizzati. Sino al 2000 le due curve sono rimaste pressoché allineate a testimonianza di un buon adattamento tra i piani di caccia e la consistenza della popolazione (media del 90% di realizzazione dei piani). Successivamente la differenza tra quanto previsto e quanto realizzato si fa notevole e continua ad esserlo per ben sei anni (media del 75% di realizzazione) sin a quando i piani di prelievo non sono ulteriormente diminuiti in modo corrispondente alla reale presenza della popolazione in territorio di caccia (89% di realizzazione nel 2008). Complessivamente dal 1973 al 2008 sono stati abbattuti 7.364 cervi di cui 3.657 maschi e 3.707 femmine. I prelievi sono costantemente aumentati sino al 2000 per diminuire poi costantemente sino al 2008. Il primo piano superiore ai 50 capi è stato realizzato nel 1982, nel 1990 si sono superati i 100 cervi, nel 1997 i 400 e nel 2000 è stato realizzato l'unico piano superiore ai 600 animali. 3500 0.70 Consistenza Parco Consistenza Val Sole prelievo Consistenza Totale Tasso di prelievo 0.60 2500 0.50 2000 0.40 1500 0.30 1000 0.20 500 0.10 0 1980 tasso di prelievo Num Cervi 3000 0.00 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 Figura 4.19 – Accrescimento della popolazione di cervo dal 1982 al 2008 (linea verde); le linee rossa e azzurra rispettivamente indicano l'andamento della popolazione all'interno del PNS e nel Distretto Val di Sole; la linea nera i prelievi effettuati e la linea nera tratteggiata i tassi di prelievo calcolati solo sulle consistenze dei cervi conteggiati nel Distretto Val di Sole. 86 800 PIANO DI PRELIEVO CERVI ABBATTUTI 700 CERVI ABBATTUTI 600 500 400 300 200 100 0 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 Figura 4.20 – Piani di prelievo del cervo (linea azzurra) e abbattimenti realizzati (linea rossa) nel Distretto Val di Sole tra il 1986 e il 2007. La Tabella e la Figura successive verificano la coerenza reciproca delle stime di consistenza mediante censimento e quelle relative alla produttività (stimata come rapporto piccoli/femmine durante l'estate) e al numero di soggetti abbattuti e rinvenuti morti. Vengono confrontate le stime di consistenza basate sui censimenti primaverili e la proiezione della stima di consistenza nell'anno successivo calcolata in base alle stime di produttività ed alla detrazione dei soggetti abbattuti e rinvenuti morti. 87 Tabella 4.12 – Ricostruzione della dinamica della popolazione di cervo della UG Val di Sole negli ultimi nove anni in base ai censimenti corretti per la sottostima, al rapporto piccoli / femmine estivo e al numero di individui abbattuti in caccia e rinvenuti morti. anno censiti stimati nati stima estate morti abbattuti stima anno successivo Sottostima Rapp Pic/FF 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 88 821 982 1.187 1.293 1.384 1.413 1.658 1.664 1.372 1.403 1.479 1.386 1.561 1.540 1.725 2.094 35% 0.62 1263 469 35% 0.62 1511 561 35% 0.62 1826 678 35% 0.62 1989 738 35% 0.62 2129 791 35% 0.57 2174 745 35% 0.48 2551 728 35% 0.47 2560 725 35% 0.39 2111 489 35% 0.51 2158 657 35% 0.39 2275 533 35% 0.38 2132 492 32% 0.49 2296 675 34% 0.38 2333 532 38% 0.41 2782 686 28% 0.39 2908 688 1732 24 211 2071 42 256 1497 2504 67 266 1773 2727 100 374 2171 2920 85 431 2253 2919 100 432 2404 3279 128 509 2387 3285 441 642 2642 2600 104 451 2202 2815 155 577 2045 2808 311 527 2083 2624 79 429 1970 2970 160 452 2116 2866 53 407 2358 3468 122 374 2406 3597 2972 3500 RICOSTRUZIONE DINAMICA CENSIMENTI 3000 NUM CERVI 2500 2000 1500 1000 500 0 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Figura 4.21– Confronto tra le stime di consistenza basate sui censimenti primaverili e la proiezione della stima di consistenza nell'anno successivo calcolata in base alle stime di produttività ed alla detrazione dei soggetti abbattuti e rinvenuti morti (per maggiore dettaglio si veda la Tabella 4.12). 4.2.3.4. Analisi della mortalità I dati relativi ai cervi morti riguardano i soggetti abbattuti in caccia e quelli rinvenuti morti e/o investiti da autoveicoli. La causa di morte dei rinvenuti, ad eccezione delle citate collisioni, non è riportata. I dati relativi a tutti i cervi abbattuti e dichiarati sono stati raccolti per il periodo 1973 – 2008. Le informazioni sui rinvenuti morti sono disponibili a partire dal 1984, ma si ritiene che i dati possano essere ritenuti confrontabili solo a partire dal periodo 1993-94 in cui è stato avviato un protocollo di raccolta standardizzata. Complessivamente sono stati abbattuti 7.480 cervi durante la caccia tra il 1973 e il 2008 ed un minimo certo di 1.994 cervi sono morti per cause naturali tra il 1984 e il 2008. Come già discusso gli abbattimenti hanno mostrato un trend di costante crescita con un picco massimo nel 2000 e un successivo trend di costante diminuzione sino al 2008. L’andamento della mortalità naturale ha dei picchi irregolari strettamente legati alle condizioni invernali ed alla densità della popolazione. I tassi annuali di accrescimento (o diminuzione) della popolazione sono maggiormente correlati con l’andamento della mortalità naturale che con quello degli abbattimenti (r2 = -0.89, rispetto a r2 = -0.77; Figura 4.22). Tutte le considerazioni in merito agli andamenti e al significato della mortalità naturale sono riportati ai capitoli 4.2.4.3 e 4.2.4.5. Le considerazioni in merito agli andamenti degli abbattimenti e agli esiti delle strategie di prelievo adottate sono riportati nel capitolo 4.3.9. 89 3500 0.3 0.2 0.1 2000 0 1500 -0.1 1000 -0.2 500 -0.3 0 -0.4 84 85 19 19 19 19 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 2500 82 83 Numero cervi 3000 Tasso di incremento abbattimenti rinvenimenti incremento consistenza Figura 4.22 – Andamento delle consistenze della popolazione di cervo (linea verde) a confronto con l’entità annuale della mortalità naturale (n° di ce rvi rinvenuti morti, barra rossa) e degli abbattimenti (barra nera). I tassi annuali di incremento (punti neri) si abbassano soprattutto negli anni in cui si verifica un alta mortalità naturale). 4.2.3.5. Storia ed evoluzione della popolazione nell'unità di gestione La crescita della popolazione di cervo della Val di Sole e del Parco Nazionale dello Stelvio ha seguito un andamento logisticio a partire dai primi anni ’70 per poi assestarsi negli ultimi 10 anni. La popolazione ha vissuto una fase di massimo accrescimento lungo la curva di sviluppo logistico fino alla fine degli anni’ 90. Dopodiché si è stabilizzata con fluttuazioni attorno ad un valore costante, anche se per ora con ampie fluttuazioni annuali. Dal 1970 al 1985 non venivano effettuati censimenti estensivi e standardizzati della popolazione e non si aveva quindi un'idea sufficientemente precisa di quanti cervi ci fossero in Val di Sole. La crescita della popolazione era relativamente lenta e i tassi di prelievo applicati contribuivano a controllarla (Consistenza soglia). Il cervo era ancora scarsamente presente nel PNS (Figura 4.23). Nel 1973, quando prese avvio la gestione venatoria del cervo in Val di Sole, nel Parco era stimata la presenza di circa 20 cervi e la prima attività di bramito fu registrata nel 1982. All'inizio degli anni '70 esistevano già tre importanti aree di bramito situate lontano dall'area protetta (Vermiglio, PellizzanoMezzana, Bresimo). Anche l'esame della distribuzione dei primi abbattimenti in ciascuna riserva della Val di Sole (Figura 4.23) fa comprendere come il cervo sia probabilmente arrivato in Val di Sole dall'Alto Adige – Val d'Ultimo e si sia stabilizzato lungo l'asse principale della valle dove esistono le migliori condizioni di habitat e di svernamento. Solo in un momento successivo, dopo aver creato in tali aree l'asse portante della popolazione il cervo ha colonizzato anche le restanti zone ed anche le parti più interne delle valli di Rabbi e Peio in cui è presente il PNS. 90 Nel 1982 il 50% dei cervi dell'UG erano stimati presenti nelle core areas della popolazione (tra Bresimo, Vermiglio e Mezzana-Pellizzano; 548 cervi su 1150). Nel PNS, nello stesso periodo erano stimati 51 cervi. Figura 4.23 – Sitazione del cervo in Val di Sole negli anni '70. In diverso gradiente di grigio gli anni in cui viene dato avvio al prelievo venatorio nelle riserve del Distretto Val di Sole e in parte del Distretto Alta Val di Non. Le aree bordate di rosso rappresentano le prime aree in cui negli anni '70 si sviluppo attività di bramito; da sinistra a destra, Vermiglio, Pellizzano-Mezzana e Malgazza. Dal 1985 AL 1993-94 non si ha ancora una chiara idea della consistenza della popolazione di cervi e delle sue capacità di crescita. In questo periodo i tassi di prelievo vengono mantenuti relativamente costanti e ciò consente una più rapida crescita della popolazione. La popolazione cresce all'esterno del Parco, ma comincia ad affermarsi e a crescere più rapidamente anche all'interno dell'area protetta. Il baricentro/asse portante della popolazione è ancora esterno al Parco dello Stelvio. Dal 1994 al 1999 vengono progressivamente alzati gli abbattimenti (e i tassi di prelievo). La popolazione comunque continua a crescere nonostante la programmazione venatoria preveda di prelevare tutto l’IUA (incremento utile annuo). La stesura dei piani di prelievo, a titolo prudenziale, si basa sui numeri derivati dai censimenti che rappresentano ancora delle sottostime della consistenza reale. La crescita è ora più lenta all'esterno del Parco ed esponenziale all'interno, dove si sta creando una nuova core area che garantisce ottime condizioni di tranquillità. In questi anni di continua crescita della popolazione si decide di alzare ulteriormente e costantemente di anno in anno i prelievi e i tassi per riuscire a raggiungere un punto di equilibrio in cui la popolazione smetta di crescere (verifcandolo con gli annuali censimenti primaverili). Questo per rallentare la crescita di una popolazione che comincia a creare alcuni problemi di convivenza (collisioni, danni alle attività agricole) e per capire in modo chiaro qual è la reale consistenza della popolazione e che entità di prelievo applicare per mantenere una situazione di equilibrio (accrescimento zero). A fronte di un prelievo che si fa percentualmente e numericamente sempre più importante, il baricentro della popolazione comincia a spostarsi verso l'interno del Parco Nazionale dello Stelvio (Figura 4.24) che comincia ad essere percepito come zona rifugio prioritaria. Dal 1993 al 2000 i prelievi sono progressivamente aumentati da 211 a 509. Nel 2000 la popolazione raggiunge la sua massima consistenza primaverile stimata in circa 2.560 soggetti (6.7 cervi /Km2 di habitat occupato). 91 100% Distretto Val di Sole PNS 80% 60% 40% 20% 0% 82-84 85-88 89-92 93-96 97-00 01-04 05-08 Figura 4.24 – Distribuzione percentuale dei cervi conteggiati all'interno/esterno del PNS durante i censimenti primaverili. La progressiva e costante concentrazione all'interno dell'area protetta è evidente. A partire dal 2000 l'aumento dei piani di prelievo ha l'ulteriore scopo di ridurre le consistenze anche all'interno del Parco, sfruttando il fatto che l'area protetta ha poche aree idonee allo svernamento e che una buona parte dei cervi che vi trascorre l'estate, compie migrazione all'esterno durante l'inverno e può quindi essere prelevata in tale periodo. La strategia ha lo scopo di ridurre una densità elevata che all'interno del Parco crea problemi notevoli alla rinnovazione del bosco senza la necessità di dover intervenire con abbattimenti all'interno dell'area protetta. Questa strategia si prolunga fino al 2004. Nel 2000 i piani di prelievo subiscono un incremento del 23%, da 554 a 680 e le assegnazioni restano pressoché stabili per 4 anni (Figura 4.25). Tra il 2000 e il 2004 i prelievi non aumentano più (642 nel 2000; 496, media tra il 2001 e il 2004). L’analisi dei prelievi in relazione alla consistenza della popolazione (tasso medio di prelievo 2001-2004, 0.23 ± 0.02) mostra come la stabilizzazione sia da imputarsi anche al sensibile e irregolare aumento della mortalità naturale innescatasi, soprattutto all’interno del Parco, per fenomeni di dipendenza dalla densità (441 e 311 soggetti rinvenuti morti rispettivamente nel 2000-01 e nel 2003-04, con tassi di mortalità pari a 0.17 e 0.14). In questo periodo, contestualmente all'aumento dei piani di prelievo e al prolungamento della stagione venatoria sino al 31 dicembre, vengono definite e istituite le aree di bramito. Tali aree, dell'estensione di centinaia di ettari, sono interdette alla caccia al cervo durante l'attività riproduttiva (dal 15 settembre al 10 di ottobre) ed hanno lo scopo di ricreare condizioni di maggiore tranquillità per la popolazione e di favorire la (ri)creazione di core areas distribuite in modo sufficientemente omogeneo anche nel territorio del Distretto della Val di Sole. Dal 2003, con la prosecuzione della elevata pressione venatoria programmata, si assiste alla definitiva “rottura” delle core areas esterne al Parco e al conseguente marcato decremento della popolazione all'esterno al Parco. La divergenza tra piani di prelievo e abbattimenti effettivamente realizzati si accresce e resta costante nonostante a partire dal 2004 i piani vengano abbassati. 92 3000 1200 Num Cervi abbattimenti consistenza 2500 1000 2000 800 1500 600 1000 400 500 200 0 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 0 2010 Figura 4.25 – Andamento delle consistenze di cervo (in rosso) in relazione agli abbattimenti effettuati (in blu). I prelievi sono aumentati sino al 2000 per poi diminuire progressivamente a fronte di una stabilizzazione della consistenza della popolazione totale. L'esperienza delle aree di bramito risulta fallimentare in quanto nella fase successiva al periodo riproduttivo (la seconda metà di ottobre), la ripresa dell'attività venatoria contribuisce a mantenere alto il disturbo e a non permettere la stabilizzazione di nuclei di femmine. I cervi che cominciano ad utilizzare tali aree vengono solitamente abbattuti durante la seconda fase della stagione venatoria contribuendo a rafforzare il comportamento diffidente e la scarsa propensione dei cervi ad un utilizzo stabile e tradizionale del territorio. Tra il 2001 e il 2006 la popolazione nel suo complesso rimane pressoché costante, fluttuando tra 2.100 e 2.300 capi, in relazione anche agli andamenti invernali (che nel 2000-01 e 2003-04 contribuiscono alla regolazione naturale). In tal modo l’obiettivo di stabilizzazione della popolazione attraverso i soli abbattimenti venatori sembra realizzato. Nel complesso, tuttavia, si ottiene una stabilizzazione della popolazione ma come somma di due fenomeni opposti: nel Distretto della Val di Sole i prelievi elevati fanno diminuire la popolazione, mentre nel Parco i cervi si auto-regolano in modo naturale e proseguono la loro fase di crescita e concentrazione (non naturale, poiché indotta dal disturbo umano). La stabilizzazione della popolazione è in realtà frutto di un contemporaneo aumento dei cervi nel Parco e di una loro diminuzione all’esterno. Il fenomeno è frutto di un duplice effetto: l'innescarsi di meccanismi di dipendenza dalla densità che frenano la crescita all’interno del Parco e i piani di prelievo prossimi o superiori all’incremento utile annuo applicati nell'ultimo decennio nel Distretto Val di Sole. La sostanziale stabilità della popolazione nel quinquennio 2001-2006 maschera quindi tendenze differenti che si sono create all’esterno e all’interno del Parco. Dal 2001 al 2006 la popolazione stimata all’interno del Parco è passata da 1.088 a 1.956 soggetti (tasso istantaneo di crescita 0.12), mentre nelle zone esterne è diminuita da 1.512 a 910 capi (tasso istantaneo di crescita -0.10). A partire dal 2001, la frazione di popolazione presente all’esterno del Parco appare in costante diminuzione, a fronte di una crescita dei cervi presenti nel Parco, in 93 relazione agli elevati piani di prelievo che si sono posti l’obiettivo di fermare la crescita dell’intera popolazione . Figura 4.26 – La maggiori densità di popolazione del cervo in Val di Sole si sono progressivamente spostate all’interno del Parco sino a raggiungere valori molto elevati. All’inizio degli anni ’70 (in alto) la popolazione cominciò ad affermarsi nella Val di Sole esterna. La mappa indica le densità medie rilevate per parcella di censimento nel periodo 2001-2005. L’aumento dei prelievi realizzati solo all’esterno del Parco ha intensificato il comportamento stanziale della popolazione all’interno del Parco e l’effetto rifugio dell’area protetta, creando elevate concentrazioni e portando, nel tempo, ad un elevato gradiente nella distribuzione delle densità progressivamente decrescente man mano che ci si allontana dal territorio del Parco. Conseguentemente, i piani di prelievo, tarati sull’intera popolazione, hanno causato una diminuzione delle consistenze nelle aree sottoposte a prelievo venatorio. In questo periodo il comportamento dei cervi che utilizzano il territorio del Parco si fa sempre meno mobile. La componente femminile migratoria si riduce notevolmente. Aumenta il comportamento di utilizzo tradizionale del Parco anche durante l’inverno da parte soprattutto delle femmine che, spesso, preferiscono le dure condizioni invernali del Parco ad un comportamento migratorio che le porterebbe in aree di maggiore rischio per la sopravvivenza. A ciò contribuisce anche la notevole serie di inverni miti che aiuta i cervi ad assumere comportamenti di tipo stanziale o di tipo migratorio a corto raggio. Negli unici due inverni caratterizzati da notevoli precipitazioni nevose (2000-01 e 2003-04) i 301 e 226 cervi rinvenuti morti all'interno del Parco testimoniano la scarsa propensione ai movimenti migratori e la perdita di conoscenza delle tradizionali rotte di spostamento, anche in caso di situazioni limite che aumentano il rischio di morte per starvation. Attualmente le cerve stanziali o migratrici di corto raggio che occupano il territorio del Parco possono oltrepassare i confini solo in caso di eccezionali e prolungate situazioni di alta neve al suolo che negli ultimi anni non si sono più verificate. L’elevata mortalità invernale in occasione di inverni particolarmente nevosi pare 94 attualmente il principale fattore in grado di regolare la dinamica della popolazione all’interno del Parco. Tale mortalità non è legata a fenomeni epidemici, ma a scarsità di cibo in relazione alle elevate densità (starvation). La componente maschile, al contrario continua a mantenere una percentuale elevata di soggetti che compiono movimenti migratori (circa il 50%) e svernano anche a 10-20 km dall'area protetta. Attualmente le aree con evidente attività di bramito durante il periodo riproduttivo sono distribuite quasi esclusivamente all’interno del Parco. Tra il 2006 e il 2008, grazie a due inverni particolarmente miti e favorevoli (rispettivamente solamente 20 e 56 cervi rinvenuti morti nel corso dei due anni) ed ad una ulteriore diminuzione degli abbattimenti (407 nel 2007 e 374 nel 2008) si verifica un nuovo aumento della popolazione nel suo complesso che passa dai 2.350 cervi stimati nel 2006 agli attuali 2.900. L'aumento non riguarda solo il Parco ma anche il Distretto della Val di Sole in cui i cervi sono passati da 700 a 1.025. Le stime mediante mark-resight dimostrano come la sottostima nei censimenti notturni primaverili si attesti tra il 32% e il 38% con un valore medio del 35%. Le stime di densità calcolate con altri metodi indipendenti forniscono valori confrontabili e supportano le stime effettuate. In base a queste considerazioni si arriva a stimare le consistenze dettagliate nel paragrafo precedente. La situazione si è profondamente modificata dal 1996 ad oggi, probabilmente anche in relazione alla strategia adottata e descritta precedentemente. Come mostrato nella Figura 4.27, il rapporto tra cervi presenti al''interno ed esterno dell'area protetta si è invertito ed ora (durante la fase estiva) nel Parco è presente quasi il doppio dei cervi presenti all'esterno. 2500 PN STELVIO V SOLE 2000 Num cervi 1500 1000 500 0 1996 2007 Figura 4.27 – Stime di consistenza del cervo nel PNS e nel Distretto Faunistico Val di Sole. I rapporti sono profondamente cambiati nell'ultimo decennio. Se focalizziamo la situazione in termini di densità, la densità complessiva della popolazione è ragguardevole (quasi 8 cervi/km2) e quella all’interno del Parco è tra le più alte note per l’arco alpino (23 cervi/km2 di habitat estivo) e supera di un ordine di grandezza quella presente nel Distretto Val di Sole (23 cervi/km2 contro 3.5 cervi/km2!; Figura 4.28). Tale situazione mostra ormai differenze di densità tali e un gradiente delle stesse che tende a diminuire man mano che ci si allontana dall'area protetta (Figura 4.26), da far ritenere la situazione affatto naturale e, all'interno del Parco, a rischio di ingenerare effetti negativi, sia di carattere economico che ecologico, sul lungo termine difficilmente sostenibili. Nel successivo capitolo 4.3 verranno 95 affrontati in maggiore dettaglio tutti gli aspetti quantitativi degli attuali e possibili futuri impatti negativi delle elevate densità della popolazione di cervo. 35 30 PNS Distretto Val di Sole CERVI / KMQ 25 20 15 10 5 0 2006 2007 2008 Figura 4.28 – Stima della densità del cervo, rispetto all'area di distribuzione, nel PNS (rosso) e nel Distretto Val di Sole (blu). Le differenze tra le due aree sono ormai molto elevata e prossime a un ordine di grandezza; le barre indicano l'intervallo di confidenza delle stime. 96 95 107 1994 562 420 982 1993 500 321 821 Val di Sole PNS TOT Alta Val di Non 21 12 72 3 1994 11 9 4 103 0 7 1 28 22 45 8 105 219 156 264 18 10 63 3 1993 4 0 3 52 4 10 0 30 39 56 7 44 251 121 200 RUMO LIVO BRESIMO CIS Riserve CALDES-CAVIZZANA TERZOLAS MALE RABBI CROVIANA MONCLASSICO DIMARO COMMEZZADURA MEZZANA PELLIZZANO OSSANA PEIO VERMIGLIO P.N. STELVIO - RABBI P.N. STELVIO - PEIO 137 1995 640 547 1187 27 15 92 4 1995 32 0 10 117 3 10 0 43 23 60 17 89 236 227 320 193 1996 651 642 1293 34 12 142 5 1996 37 5 19 109 2 20 0 39 25 54 0 75 266 321 321 176 1997 612 772 1384 35 37 99 5 1997 28 11 21 100 2 31 3 28 38 67 8 73 202 407 365 258 1998 781 632 1413 53 20 178 7 1998 27 4 13 240 0 46 1 48 39 81 1 144 137 386 246 222 1999 699 959 1658 55 15 145 7 1999 12 5 11 248 5 23 4 54 41 66 0 72 158 458 501 236 2000 663 1001 1664 75 18 134 9 2000 27 6 34 147 2 24 0 19 48 35 6 155 160 404 597 247 2001 749 623 1372 49 27 166 5 2001 13 8 29 142 1 58 0 27 66 108 12 156 129 384 239 184 2002 511 892 1403 54 22 103 5 2002 11 3 23 153 4 17 0 4 37 34 9 114 102 395 497 254 2003 437 1042 1479 54 49 147 4 2003 4 0 11 188 5 12 1 3 32 23 4 92 62 392 650 225 2004 323 1063 1386 54 24 134 13 2004 1 2 15 102 10 10 0 8 34 27 0 43 71 461 602 268 2005 489 1072 1561 74 56 138 0 2005 15 8 3 115 2 19 0 16 95 44 3 93 76 411 661 185 2006 457 1083 1540 43 41 97 4 2006 14 4 13 112 10 24 0 27 44 34 0 75 100 456 627 242 2007 476 1249 1725 63 55 121 3 2007 26 0 21 112 0 20 0 10 50 24 5 114 94 365 884 2008 739 1355 2094 2008 20 8 14 157 4 49 0 21 103 60 0 160 143 517 838 97 Tabella 4.13 – Censimenti del cervo nell’UG suddivisi per Riserva di caccia. Sono riportati anche i dati delle riserve dell’Alta Val di Non un tempo appartenenti al Distretto faunistico “Val di Sole Est”. 5 0 Alta Val di Non 98 0 1 3 1 1 1 3 2 0 2 0 3 0 2 5 1 0 2 5 3 1 0 10 3 1 3 13 4 3 3 15 6 3 2 17 8 3 4 15 6 3 8 18 6 5 6 20 10 4 4 21 10 5 9 23 13 7 10 24 12 10 15 26 13 9 20 26 14 5 7 7 14 5 24 8 36 10 45 14 45 21 71 27 53 30 50 28 61 35 68 41 84 39 75 50 94 53 107 64 140 69 159 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 2 5 10 17 24 32 29 43 33 25 31 37 44 34 42 48 65 71 1 0 1 1 4 6 6 14 10 11 14 13 20 18 26 31 44 51 2 2 3 6 8 7 10 14 10 14 16 18 20 23 26 28 31 37 0 0 0 0 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 0 0 1 2 1 3 4 6 6 4 6 8 6 8 8 9 13 15 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1 1 2 1 0 2 3 2 0 0 0 0 0 1 1 1 1 0 2 1 2 3 5 4 6 7 0 0 0 0 0 1 1 4 2 3 5 4 6 6 11 16 23 29 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 2 3 2 1 2 2 2 1 2 3 2 2 2 2 3 0 0 1 1 2 1 2 0 2 0 0 1 1 0 2 1 5 4 0 2 3 4 6 4 8 10 8 8 8 8 10 4 9 10 12 13 1 1 3 4 5 9 0 10 8 4 5 5 7 6 5 8 7 8 1 1 2 2 4 8 9 9 4 5 6 8 9 8 7 8 10 12 0 0 0 2 2 4 4 5 2 2 2 3 4 2 4 4 6 7 1 0 1 1 4 5 5 10 8 8 9 9 14 12 15 15 21 22 2 2 3 6 8 7 10 14 10 14 16 18 20 23 26 28 31 37 * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * TOTALE Val Sole Peio-Rabbi Vermiglio RUMO LIVO BRESIMO CIS Riserve CALDES-CAVIZZANA TERZOLAS MALE RABBI CROVIANA MONCLASSICO DIMARO COMMEZZADURA MEZZANA PELLIZZANO OSSANA PEIO VERMIGLIO P.N. STELVIO - RABBI P.N. STELVIO - PEIO Tabella 4.14 – Abbattimenti di cervo nell’UG suddivisi per Riserva di caccia. Sono riportati anche i dati delle riserve dell’Alta Val di Non un tempo appartenenti al Distretto faunistico “Val di Sole Est”. Alta Val di Non TOTALE Val Sole Peio-Rabbi Vermiglio RUMO LIVO BRESIMO CIS Riserve CALDES-CAVIZZANA TERZOLAS MALE RABBI CROVIANA MONCLASSICO DIMARO COMMEZZADURA MEZZANA PELLIZZANO OSSANA PEIO VERMIGLIO P.N. STELVIO - RABBI P.N. STELVIO - PEIO 16 22 39 21 18 30 43 23 21 26 52 27 21 27 52 29 21 28 49 31 23 20 52 32 24 22 49 31 27 21 53 24 24 31 52 29 27 33 60 32 29 38 60 22 30 33 58 29 31 35 53 25 84 211 98 256 114 266 126 374 129 431 129 432 127 509 126 642 125 451 136 577 152 527 149 429 150 452 144 407 374 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 92 115 118 171 192 197 217 251 206 211 182 163 173 158 142 71 83 83 129 160 165 213 297 165 279 271 197 218 185 181 48 58 65 74 79 70 79 94 80 87 74 69 61 64 51 13 21 32 18 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20 20 24 27 33 35 35 38 38 33 31 27 29 28 23 3 3 5 5 7 8 6 11 5 5 8 5 5 3 3 9 10 11 17 17 17 20 22 19 13 13 13 16 13 14 40 46 52 65 78 85 108 149 80 140 144 101 115 97 94 1 1 2 3 4 5 6 7 5 3 4 4 7 5 6 2 8 6 12 17 19 19 24 25 23 19 14 19 16 16 0 4 6 10 6 9 6 5 5 3 2 3 5 3 5 17 22 20 29 31 30 38 38 31 30 18 16 13 18 13 13 14 13 21 23 24 29 40 28 36 28 25 25 20 18 15 18 20 23 29 27 31 34 35 38 39 33 37 38 30 12 15 11 24 25 23 27 32 15 27 20 23 17 14 14 31 37 31 64 82 80 105 148 85 139 127 96 103 88 87 48 58 65 74 79 70 79 94 80 87 74 69 61 64 51 * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * 99 89 45 Alta Val di Non 100 6 10 24 11 8 10 23 13 8 10 24 13 12 16 26 14 14 20 26 15 15 23 34 18 18 24 39 21 20 24 43 22 21 26 52 27 25 28 55 29 23 28 55 32 24 27 53 33 29 26 53 34 28 26 60 33 28 24 55 30 32 26 60 35 33 28 63 37 31 28 63 36 33 28 63 37 51 104 54 105 55 120 68 156 75 174 90 230 102 279 109 304 126 392 137 478 138 508 137 554 142 680 147 678 137 687 153 660 161 618 158 574 161 562 419 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 49 55 54 62 75 85 113 134 143 183 224 235 251 282 283 289 271 232 218 217 162 20 26 25 30 47 52 69 87 97 133 167 185 215 301 301 301 301 301 281 270 197 20 23 26 28 34 37 48 58 64 76 87 88 88 97 94 97 88 85 75 75 60 5 9 21 10 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 8 8 10 12 14 16 20 23 26 31 36 38 38 42 42 42 41 34 32 32 26 2 3 2 2 3 3 5 5 6 11 10 11 12 12 12 13 11 11 9 9 6 2 4 6 8 8 9 9 11 12 17 20 21 24 27 28 28 23 22 20 22 15 6 9 11 16 26 30 38 48 54 69 84 95 108 149 149 149 149 149 140 135 98 1 1 1 1 1 1 3 3 3 5 6 6 6 10 10 10 7 7 8 8 6 4 4 4 4 4 7 9 9 9 11 19 21 23 26 27 28 28 24 24 25 18 3 2 2 4 6 6 9 12 9 14 16 12 13 13 12 13 11 7 9 10 8 8 10 8 10 13 13 17 21 23 29 35 38 39 42 40 42 34 26 22 20 15 7 9 8 8 10 10 14 17 18 23 27 30 33 40 40 40 42 35 31 30 22 9 9 8 8 10 12 15 18 20 23 29 29 31 35 37 38 40 40 38 38 30 5 5 5 5 6 8 12 15 17 19 26 29 32 35 35 35 34 26 25 23 16 14 17 14 14 21 22 31 39 43 64 83 90 107 152 152 152 152 152 141 135 99 20 23 26 28 34 37 48 58 64 76 87 88 88 97 94 97 88 85 75 75 60 * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * TOTALE Val Sole Peio-Rabbi Vermiglio RUMO LIVO BRESIMO CIS Riserve CALDES-CAVIZZANA TERZOLAS MALE RABBI CROVIANA MONCLASSICO DIMARO COMMEZZADURA MEZZANA PELLIZZANO OSSANA PEIO VERMIGLIO P.N. STELVIO - RABBI P.N. STELVIO - PEIO Tabella 4.15 – Piani di prelievo di cervo nell’UG suddivisi per Riserva di caccia. Sono riportati anche i dati delle riserve dell’Alta Val di Non un tempo appartenenti al Distretto faunistico “Val di Sole Est”. 53 77 96 98 136 137 157 154 153 145 142 137 170 212 256 307 368 464 609 770 991 1158 1328 1491 1642 1788 1930 2006 1771 1798 1694 1548 1546 1518 1548 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 CA ad 1973 ANNI 82 104 126 144 168 196 216 222 216 206 214 221 273 325 388 444 555 716 910 1146 1389 1613 1828 2098 2304 2440 2624 2832 2347 2430 2338 2051 2134 2002 2085 CA tot 0.77 0.64 0.62 0.53 0.62 0.62 0.57 0.44 0.56 0.23 0.50 0.34 0.34 0.45 0.32 0.39 0.35 PP/FF RS 1.56 1.61 1.54 1.48 1.38 1.34 1.28 1.26 1.27 1.22 1.15 1.16 1.20 1.19 1.19 1.20 670 491 585 612 718 722 862 928 1078 1194 1263 1511 1826 1989 2129 2174 2551 2560 2111 2158 2275 2132 2296 2333 2782 2908 N tot D tot 1.8 1.3 1.5 1.6 1.9 1.9 2.3 2.4 2.8 3.1 3.3 4.0 4.8 5.2 5.6 5.7 6.7 6.7 5.6 5.7 6.0 5.6 6.3 6.2 7.0 7.7 1732 2072 2505 2728 2920 2919 3279 3285 2600 2815 2808 2624 2970 2866 3468 3597 N est 1589 1526 1781 2072 2228 2367 2341 2544 2279 1817 2003 1848 2024 2379 2327 ST pri 39 58 97 110 142 170 189 213 255 250 320 494 646 842 988 1188 972 1475 1540 958 1372 1603 1635 1576 1641 2015 1882 N PNS 666 611 394 475 470 549 534 650 673 827 874 769 865 985 1002 942 1202 1075 1020 1152 786 672 497 719 692 768 1026 N VS 0.5 0.7 1.2 1.3 1.7 2.1 2.3 2.6 3.1 3.1 3.9 6.1 7.9 10.3 12.1 14.6 11.9 18.1 18.9 11.8 16.8 19.7 20.1 20.2 20.4 23.6 23.1 D PNS 101 D VS Tabella 4.16 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG. CA consistenza ricavata dalla cohort analysis; PP/FF rapporto piccoli-femmine ricavato dalla cohort analysis e, dal 1996, da osservazioni dirette; RS rapporti sessi cohort analysis; N consistenza primaverile ricavata dai censimenti corretti con 2 la sottostima stimata mediante mark-resight; D densità cervi/km area occupata; N est stima consistenza estiva; PNS area del parco; VS resto della Val di Sole. 2.2 2.1 1.3 1.6 1.6 1.8 1.8 2.2 2.3 2.8 2.9 2.6 2.9 3.3 3.4 3.2 4.0 3.6 3.4 3.9 2.6 2.3 1.7 2.5 2.4 2.5 3.4 102 ANNI N tot N PNS N VS PdA Abb 1973 2 1974 2 1975 5 1976 7 1977 14 1978 24 1979 36 1980 45 1981 45 1982 706 39 666 71 1983 670 58 611 53 1984 491 97 394 50 1985 585 110 475 61 1986 612 142 470 68 1987 718 170 549 89 84 1988 722 189 534 104 75 1989 862 213 650 105 94 1990 928 255 673 120 107 1991 1078 250 827 156 140 1992 1194 320 874 174 159 1993 1263 494 769 230 211 1994 1511 646 865 279 256 1995 1826 842 985 304 266 1996 1989 988 1002 392 374 1997 2129 1188 942 478 431 1998 2174 972 1202 508 432 1999 2551 1475 1075 554 509 2000 2560 1540 1020 680 642 2001 2111 958 1152 678 451 2002 2158 1372 786 687 577 2003 2275 1603 672 660 527 2004 2132 1635 497 618 429 2005 2296 1576 719 574 452 2006 2333 1641 692 562 407 2007 2782 2015 768 419 374 2008 2908 1882 1026 419 5 2 7 1 1 7 24 42 67 100 85 100 128 441 104 155 311 79 160 53 122 M 1 22 38 36 26 60 301 60 71 226 38 120 20 83 M PNS 0.12 0.14 0.12 0.13 0.14 0.15 0.18 0.18 0.17 0.20 0.22 0.23 0.22 0.27 0.32 0.32 0.29 0.29 0.25 0.24 0.15 T PdA 0.16 0.19 0.16 0.18 0.19 0.20 0.30 0.32 0.31 0.39 0.51 0.42 0.52 0.67 0.59 0.87 0.98 1.24 0.80 0.81 0.55 T PdA (VS) 0.10 0.08 0.10 0.10 0.11 0.12 0.10 0.11 0.12 0.13 0.13 0.17 0.17 0.15 0.19 0.20 0.20 0.20 0.25 0.21 0.27 0.23 0.20 0.20 0.17 0.13 T Abb 0.11 0.09 0.13 0.13 0.14 0.15 0.14 0.14 0.16 0.17 0.18 0.27 0.30 0.27 0.37 0.46 0.36 0.47 0.63 0.39 0.73 0.78 0.86 0.63 0.59 0.49 T Abb (VS) 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.04 0.05 0.05 0.17 0.05 0.07 0.14 0.04 0.07 0.02 0.04 TM 0.03 0.04 0.03 0.03 0.04 0.20 0.06 0.05 0.14 0.02 0.08 0.01 0.03 TM (PNS) Tabella 4.17 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG. N consistenza ricavata dai censimenti corretti con la sottostima stimata mediante mark-resight; PNS area del parco; VS resto della Val di Sole; PdA piano di prelievo; Abb abbattimenti; M morti; TM tasso di mortalità. 73-74 74-75 75-76 76-77 77-78 78-79 79-80 80-81 81-82 82-83 83-84 84-85 85-86 86-87 87-88 88-89 89-90 90-91 91-92 92-93 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 FEMMINE 0 15 14 17 32 14 32 27 40 31 28 34 46 55 53 60 70 100 144 164 213 238 247 276 330 346 349 377 455 276 297 357 249 296 251 275 5 14 13 11 33 11 27 21 31 23 25 23 43 50 45 52 65 90 128 145 182 199 209 212 263 263 266 270 249 212 211 207 186 202 203 1 2 10 5 13 8 11 25 10 16 13 18 13 14 16 28 37 33 46 54 85 109 124 157 168 171 163 200 208 211 185 187 150 149 161 151 164 5 9 4 8 8 9 20 8 7 10 8 10 10 16 26 31 31 41 52 76 96 108 126 136 148 126 150 164 142 148 136 103 110 120 118 3 0 5 8 3 8 7 8 10 5 5 7 5 9 9 14 24 27 27 39 47 70 83 92 109 111 118 107 124 130 112 113 104 85 86 99 4 5 0 4 5 3 5 4 5 8 4 5 4 5 6 8 12 21 26 24 37 45 62 68 78 90 82 97 78 81 96 82 85 81 68 70 5 0 5 0 3 5 2 4 3 4 7 4 3 4 4 5 7 12 19 24 23 35 40 52 58 66 75 70 78 54 64 73 60 68 62 60 6 0 0 4 0 3 5 2 3 3 1 5 2 3 3 4 4 5 12 16 18 23 29 36 39 50 55 67 58 53 49 47 58 51 54 52 7 0 0 0 3 0 2 4 2 1 2 1 4 1 2 3 2 3 4 11 14 17 18 27 32 29 42 46 58 43 44 37 40 47 44 45 8 0 0 0 0 0 0 2 3 1 1 1 0 3 1 1 2 2 1 3 11 13 14 16 23 25 22 36 38 45 37 32 31 35 33 34 9 0 0 0 0 0 0 0 2 3 1 1 1 0 2 1 1 1 2 1 3 11 12 10 15 15 21 20 28 22 34 27 19 30 23 24 10 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 1 0 2 1 1 1 1 1 2 8 11 9 13 12 18 12 16 20 22 24 12 25 18 11 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 1 0 1 1 1 1 1 0 1 7 11 7 13 8 16 6 12 17 14 20 8 23 12+ TOT 41 52 63 72 84 98 108 111 108 103 107 112 150 175 206 240 315 422 549 698 856 978 1098 1223 1326 1377 1470 1589 1301 1311 1303 1141 1182 1127 1185 73-74 74-75 75-76 76-77 77-78 78-79 79-80 80-81 81-82 82-83 83-84 84-85 85-86 86-87 87-88 88-89 89-90 90-91 91-92 92-93 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 MASCHI 0 14 13 13 14 18 27 32 28 32 33 38 38 48 60 72 67 87 108 137 163 160 208 224 276 317 304 317 372 300 335 336 255 292 233 262 1 10 14 13 13 14 18 27 32 27 29 33 32 34 45 55 65 60 77 97 118 152 133 176 188 206 247 237 243 223 242 235 175 193 185 180 8 10 14 13 13 14 13 20 20 21 12 16 15 21 26 33 38 40 51 66 88 117 89 130 121 135 171 158 115 141 136 124 105 122 120 2 2 6 9 13 12 13 13 10 9 9 14 10 9 6 16 18 26 28 28 46 51 69 90 75 100 103 114 139 115 89 107 99 94 82 93 3 3 2 6 8 13 7 9 9 9 4 7 10 8 7 3 13 15 21 21 25 37 40 57 81 67 86 88 91 93 87 70 84 80 62 63 4 2 3 2 5 7 9 4 7 5 3 2 3 6 4 4 2 10 10 14 13 22 28 34 48 69 54 70 69 62 73 58 50 64 56 50 5 2 2 3 2 3 4 7 1 4 2 1 0 3 5 1 2 2 8 7 10 11 20 24 28 43 53 48 60 46 49 51 36 43 54 37 6 0 2 2 2 2 2 1 2 0 1 0 0 0 2 3 0 1 1 5 4 7 10 18 21 22 35 44 37 36 34 30 37 22 34 39 7 0 0 1 2 1 2 0 1 1 0 0 0 0 0 2 2 0 0 1 3 3 6 9 15 17 16 26 28 23 30 20 17 29 18 25 8 0 0 0 0 1 1 2 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 2 2 5 6 9 15 13 19 15 17 16 10 13 17 14 9 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 2 4 5 9 14 13 8 11 12 7 5 6 11 10 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 0 2 4 9 8 7 8 8 10 5 4 5 11 12+ Tabella 4.18 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG mediante cohort analysis; numero di individui presenti per anno, sesso ed età. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 2 4 7 4 4 6 7 9 4 3 103 TOT 41 52 63 72 84 98 108 111 108 103 107 109 123 150 182 204 240 294 361 448 533 635 730 874 978 1063 1154 1243 1046 1119 1084 910 953 876 901 104 73-74 74-75 75-76 76-77 77-78 78-79 79-80 80-81 81-82 82-83 83-84 84-85 85-86 86-87 87-88 88-89 89-90 90-91 91-92 92-93 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 TOTALE CORRETTO 0 1 2 29 15 18 27 28 15 30 26 27 46 24 21 32 47 24 59 29 39 59 54 23 68 53 36 63 58 33 61 52 39 72 58 25 84 55 30 103 77 31 113 95 49 132 100 63 137 117 66 187 125 84 252 167 94 301 225 136 376 263 175 398 334 212 455 332 274 500 385 257 607 400 301 662 470 284 652 509 336 694 502 378 827 513 368 576 472 300 632 454 328 693 446 286 504 382 273 588 379 266 484 387 273 537 383 284 7 15 13 21 20 22 33 18 16 19 22 20 19 22 42 49 57 69 80 122 147 177 216 211 248 229 265 302 256 237 243 202 204 202 211 3 3 7 14 11 21 14 17 19 14 9 14 15 17 16 17 37 42 48 60 72 107 123 149 190 178 204 195 216 222 198 183 188 165 148 162 4 7 3 6 10 10 14 8 12 13 7 7 7 11 10 12 14 31 36 38 50 67 90 102 126 159 136 167 147 144 168 139 135 145 124 120 5 2 7 3 5 8 6 11 4 8 9 5 3 7 9 6 9 14 27 31 33 46 60 76 86 109 128 118 138 100 114 123 95 111 116 97 6 0 2 6 2 5 7 3 5 3 2 5 2 3 5 7 4 6 13 21 22 30 39 54 60 72 90 111 95 89 83 78 94 72 88 91 7 0 0 1 5 1 4 4 3 2 2 1 4 1 2 5 4 3 4 12 17 20 24 36 47 46 58 72 86 66 74 57 57 75 61 70 8 0 0 0 0 1 1 4 3 1 1 1 0 3 1 1 4 2 1 3 11 15 16 21 29 34 37 49 57 60 54 48 41 49 49 47 9 0 0 0 0 0 1 0 3 3 1 1 1 0 2 1 1 2 2 1 3 11 14 12 19 20 30 34 41 30 45 39 26 35 30 34 10 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 2 1 1 2 1 1 2 8 13 9 15 16 27 20 23 28 30 34 17 29 24 11 12+ 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 1 1 1 1 1 0 1 7 13 7 15 12 23 10 16 23 21 29 12 26 TOT 82 104 126 144 168 196 216 222 216 206 214 221 273 325 388 444 555 716 910 1146 1389 1613 1828 2098 2304 2440 2624 2832 2347 2430 2388 2051 2134 2002 2085 Tabella 4.19 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG mediante cohort analysis; numero di individui totali presenti per anno ed età. 73-74 74-75 75-76 76-77 77-78 78-79 79-80 80-81 81-82 82-83 83-84 84-85 85-86 86-87 87-88 88-89 89-90 90-91 91-92 92-93 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 15 14 17 32 14 32 27 40 31 28 34 46 55 53 60 70 100 144 164 213 238 247 276 330 346 349 377 455 276 297 357 249 296 251 275 PF PM 14 13 13 14 18 27 32 28 32 33 38 38 48 60 72 67 87 108 137 163 160 208 224 276 317 304 317 372 300 335 336 255 292 233 262 29 27 30 46 32 59 59 68 63 61 72 84 103 113 132 137 187 252 301 376 398 455 500 607 662 652 694 827 576 632 693 504 588 484 537 P 26 38 46 40 70 66 81 71 77 75 73 66 95 122 146 170 215 278 385 485 618 731 822 893 980 1029 1092 1135 1025 1014 946 892 885 876 910 FAD 27 39 50 58 66 71 76 83 76 70 69 71 75 90 110 137 153 186 224 285 373 427 506 598 661 759 838 871 746 784 748 655 661 643 639 MAD 53 77 96 98 136 137 157 154 153 145 142 137 170 212 256 307 368 464 609 770 991 1158 1328 1491 1642 1788 1930 2006 1771 1798 1694 1548 1546 1518 1548 ADT 41 52 63 72 84 98 108 111 108 103 107 112 150 175 206 240 315 422 549 698 856 978 1098 1223 1326 1377 1470 1589 1301 1311 1303 1141 1182 1127 1185 FT MT TOT RSP 41 82 1.10 52 104 1.09 63 126 1.29 72 144 2.29 84 168 0.75 98 196 1.18 108 216 0.86 111 222 1.42 108 216 0.98 103 206 0.86 107 214 0.90 109 221 1.21 123 273 1.15 150 325 0.88 182 388 0.83 204 444 1.04 240 555 1.15 294 716 1.33 361 910 1.20 448 1146 1.31 533 1389 1.49 635 1613 1.19 730 1828 1.23 874 2098 1.20 978 2304 1.09 1063 2440 1.15 1154 2624 1.19 1243 2832 1.22 1046 2347 0.92 1119 2430 0.89 1084 2388 1.06 910 2051 0.98 953 2134 1.02 876 2002 1.08 901 2085 1.05 RSA TN TNF 0.95 0.56 1.15 0.97 0.35 0.72 0.92 0.31 0.65 0.69 0.47 1.15 1.07 0.23 0.45 0.93 0.43 0.89 1.06 0.38 0.74 0.86 0.44 0.95 1.01 0.41 0.82 1.06 0.43 0.83 1.05 0.51 1.00 0.93 0.61 1.27 1.27 0.61 1.08 1.36 0.53 0.93 1.33 0.52 0.90 1.24 0.45 0.81 1.41 0.51 0.87 1.49 0.54 0.91 1.72 0.49 0.78 1.70 0.49 0.78 1.66 0.40 0.64 1.71 0.39 0.62 1.62 0.38 0.61 1.49 0.41 0.68 1.48 0.40 0.68 1.36 0.36 0.63 1.30 0.36 0.64 1.30 0.41 0.73 1.37 0.33 0.56 1.29 0.35 0.62 1.26 0.41 0.73 1.36 0.33 0.56 1.34 0.38 0.66 1.36 0.32 0.55 1.42 0.35 0.59 0.24 0.19 0.13 0.15 0.15 0.10 0.03 -0.03 -0.05 0.04 0.03 0.21 0.17 0.18 0.13 0.22 0.25 0.24 0.23 0.19 0.15 0.13 0.14 0.09 0.06 0.07 0.08 -0.19 0.03 -0.02 -0.15 0.04 -0.06 0.04 R0 IUA FAB MAB 0 2 0.27 0 2 0.21 0 5 0.14 1 6 0.17 2 13 0.17 2 22 0.10 10 25 0.03 11 35 -0.03 15 38 -0.05 39 34 0.04 15 36 0.03 17 33 0.24 28 33 0.19 29 40 0.19 35 41 0.14 23 51 0.25 32 52 0.29 37 70 0.27 63 76 0.26 75 73 0.21 111 96 0.16 126 117 0.13 160 110 0.15 185 171 0.10 246 185 0.06 232 178 0.08 259 231 0.08 324 296 -0.17 237 208 0.04 294 287 -0.02 266 263 -0.14 202 224 0.04 234 222 -0.06 189 218 0.04 208 164 AB 2 2 5 7 15 24 35 46 53 73 51 50 61 69 76 74 84 107 139 148 207 243 270 356 431 410 490 620 445 581 529 426 456 407 372 105 TAB SRAB FM MM M TM 0.04 0.00 0 0 0 0.00 0.03 0.00 0 0 0 0.00 0.05 0.00 0 0 0 0.00 0.07 0.17 0 0 0 0.00 0.11 0.15 0 0 0 0.00 0.18 0.09 0 0 0 0.00 0.22 0.40 0 0 0 0.00 0.30 0.31 0 0 0 0.00 0.35 0.39 0 0 0 0.00 0.51 1.15 0 0 0 0.00 0.36 0.42 0 0 0 0.00 0.36 0.52 0 1 1 0.00 0.36 0.85 0 0 0 0.00 0.33 0.73 0 0 0 0.00 0.30 0.85 1 4 5 0.01 0.24 0.45 2 0 2 0.00 0.23 0.62 5 2 7 0.01 0.23 0.53 0 0 0 0.00 0.23 0.83 1 0 1 0.00 0.19 1.03 5 2 7 0.01 0.21 1.16 14 10 24 0.02 0.21 1.08 30 12 42 0.03 0.20 1.45 45 22 67 0.04 0.24 1.08 58 42 100 0.05 0.26 1.33 51 34 85 0.04 0.23 1.30 53 47 100 0.04 0.25 1.12 76 52 128 0.05 0.31 1.09 240 201 441 0.16 0.25 1.14 50 54 104 0.04 0.32 1.02 71 84 155 0.06 0.31 1.01 145 166 311 0.13 0.28 0.90 54 25 79 0.04 0.29 1.05 72 88 160 0.07 0.27 0.87 28 19 47 0.02 0.24 1.27 41 40 81 0.04 Tabella 4.20 – Ricostruzione della dinamica di popolazione del cervo nell’UG mediante cohort analysis; PF piccoli femmine; PM piccoli maschi; P piccoli totali; FAD femmine adulte; MAD maschi adulti; ADT adulti totali; FT femmine totali; MT maschi totali; TOT totale; RSP rapporto sessi nei piccoli; RSA adulti; TN tasso di natalità; TNF tasso natalità sulle femmine; R0 tasso finito di crescita; IUA incremento utile annuo; FAB femmine abbattute; MAB maschi abbattuti; AB totale abbattuti; TAB tasso di abbattimrnto; SR AB rapporto sessi abbattuti; F M femmine rinvenute morte; M M maschi rinvenuti morti; M totale rinvenuti morti; TM tasso mortalità naturale. &'/1)4#(+#'56476674# Nel presente capitolo vengono presentate alcune delle informazioni e delle analisi ricavate dalla raccolta dei dati sulla popolazione di cervi effettuata dalla data di partenza del Progetto, volte a meglio caratterizzare lo stato della popolazione in termini demografici, di struttura della popolazione e di potenzialità di accrescimento. 4.2.4.1. Rapporto tra i sessi Il rapporto sessi (RS) della popolazione non sembra essere vicino alla parità ed è debolmente sbilanciato a favore delle femmine. Tuttavia, in base all'analisi delle sue variazioni nel tempo (basate sui dati della cohort analysis, Figura 4.29), è possibile notare come lo sbilanciamento nel RS sia aumentato sino ai primi anni '90 (1.7 femmine per maschio), per poi diminuire fino a valori medi di 1.3 femmine per maschio in ragione del prelievo selettivo maggiormente orientato alle femmine operato nella seconda metà degli anni '90. 1.8 1.6 1.4 1.2 1 0.8 Rapporto sessi Rapporto sessi abbattimenti 0.6 85-86 87-88 89-90 91-92 93-94 95-96 97-98 99-00 01-02 03-04 05-06 07-08 Figura 4.29 – Variazione del rapporto sessi nella popolazione in base alla cohort analysis (linea blu). Il RS è andato progressivamente verso un riequilibrio quando nei piani di prelievo è stato prelevato un maggior numero di femmine per raggiungere lo scopo (linea nera); il rapporto sessi è indicato come numero di femmine per maschio. Ipotizzando che i cervi morti in modo naturale siano un campione rappresentativo della popolazione, dall'analisi della loro distribuzione per sesso ed età è possibile stimare il rapporto sessi medio della popolazione per il decennio 1997-2007 (a tale periodo si riferisce la maggior parte dei dati – Figura 4.30). In realtà numerosi studi di ecologia e demografia indicano 106 chiaramente come, soprattutto a densità elevate, i tassi di mortalità siano differenziati tra i sessi e maggiori nella classe maschile (Clutton Bock et al., 1982; Clutton Bock et al., 1997; Loesk et al., 1999; Mysterud et al., 2000). Il nostro intento è tuttavia quello di mostrare come e in che entità il rapporto sessi sia comunque sbilanciato a favore delle femmine. In caso di mortalità differenziale tra i due sessi, le stime qui presentate rappresenteranno comunque una sottostima di un RS ancora più sbilanciato a favore delle femmine. Le informazione riferite ai soggetti radiomarcati fanno comunque propendere per una mortalità percentualmente relativamente simile nei due sessi. In base a tali dati il RS medio nella parte adulta della popolazione (3 o più anni) si attesta sul valore di 1 maschio ogni 1.5 femmine (Tabella 4.21). Come lecito attendersi il rapporto sessi dei piccoli è prossimo alla parità in quanto il RS alla nascita è vicino a 1:1. Il RS aumenta poi progressivamente con le classi di età sino a raggiungere il valore di 1 maschio per 2.45 femmine nei soggetti di 11 o più anni. Il RS negli abbattimenti che avvengono all'esterno del Parco è ormai corretto da molti anni. Tra il 1992 e il 2007 il RS medio negli abbattimenti è risultato pari a 1 maschio per 1.12 femmine ± 0.15. In ragione di ciò è lecito attendersi che l'attuale squilibrio tra i sessi sia frutto delle elevate densità presenti ormai da parecchi anni nel Parco. E' noto che elevate densità di popolazione aumentano in modo differenziale i tassi di mortalità e di emigrazione tra i sessi, portando il RS a favore delle femmine. In caso di elevate densità, condizioni difficili e scarsità di alimento sono i maschi, più grossi e pesanti, a pagare il maggior tributo. Ciò sembra essere confermato anche dal rapporto tra i sessi stimato in base alle osservazioni estive (in occasione del censimento del camoscio) il cui sbilanciamento nel Parco sembra aumentare all’aumentare della densità della popolazione (Figura 4.31). 350 femmine maschi 300 250 200 150 100 50 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 20 ANNI Figura 4.30 – Distribuzione dei cervi rinvenuti morti nel periodo 1996-2007 per classi di sesso ed età. 107 Tabella 4.21 – Stima del RS nella popolazione per classi d'età in base ai dati di mortalità. PNS, rinvenuti morti nel Parco; DVS, rinvenuti morti nel Distretto Val di Sole. Classe d'età Rapporto Sessi (mm : ff) Morti totali PNS DVS 0.5 anni 1 : 1.03 1 : 0.94 1 : 1.26 1-2 anni 1 : 0.88 1 : 0.98 1 : 0.81 3-5 anni 1 : 1.36 1 : 0.91 1 : 2.13 6-10 anni 1 : 1.41 1 : 1.16 1 : 1.73 11+ anni 1 : 2.45 1 : 2.56 1 : 2.33 3 o + anni 1 : 1.49 1 : 1.13 1 : 2.01 1.40 rapporto sessi 1.20 1.00 0.80 0.60 0.40 R Sq Linear = 0.614 1000.00 1200.00 1400.00 1600.00 1800.00 2000.00 Consistenza (anno precedente) Figura 4.31– Il rapporto tra i sessi del cervo nel PNS sembra aumentare all’aumentare della densità della popolazione. 4.2.4.2. Struttura della popolazione per età La struttura per età della popolazione è ricavata dalla cohort analysis. I dati risultano pertanto attendibili sino al periodo 2001-02. Un confronto tra la struttura di età nel periodo 1980-85 e 1997-2002 (Figura 4.32), mostra un notevole miglioramento ed invecchiamento della popolazione dovuto sia al progressivo miglioramento dei criteri di gestione venatoria, sia al fatto che ormai più della metà della popolazione stessa gode della protezione del Parco e può quindi raggiungere con maggiore facilità le età più avanzate. Di ciò se ne giova decisamente anche la componente venatoria in grado di raccogliere annualmente un buon numero di maschi adulti caratterizzati da comportamento migratorio da e verso il Parco. L'attuale struttura per età indica una popolazione ben strutturata con età medie che sono andate via via aumentando. Nel periodo citato l'età media dei maschi è passata da 1,2 a 1,85 anni e quella delle femmine da 1,7 a 2,2 anni. Resta ancora il già citato squilibrio tra i sessi. In ogni caso le classi adulte sono ben 108 rappresentate e prossime alla struttura teorica ritenuta ottimale per un popolazione di cervo (Figura 4.32). 12+ FEMMINE 80-85 FEMMINE 97-02 MASCHI 80-85 MASCHI 97-02 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 -40% -30% -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% Figura 4.32 – Struttura della popolazione di cervo per sessi ed età ricavata dalla cohort analysis in due differenti periodi storici. Tabella 4.22 – Evoluzione della struttura della popolazione di cervo per sessi e classi d'età tra il 1980-85 e il 1997-2002. Maschi 80-85 Maschi 97-02 Teorica Femmine 80-85 Femmine 97-02 Teorica Piccoli 31% 29% 25% Piccoli 33% 26% 23% Fusoni 28% 21% 17% Sottili 23% 19% 15% 2-4 anni 33% 31% 29% 2-3 anni 21% 24% 21% 5-9 anni 6% 17% 27% 4-10 anni 22% 30% 38% 10+ anni 1% 2% 2% 11+ anni 1% 2% 2% 4.2.4.3. Analisi della mortalità naturale La Figura 4.33 indica l'andamento numerico della mortalità naturale a partire dagli anni '90. Esiste una stretta relazione, dal momento in cui la popolazione ha cominciato ad assumere valori di densità medio-alti, tra l'entità della mortalità invernale e la nevosità e la durezza dell'inverno (tra il 94-95 e il 2007-08, il coefficiente di correlazione è di 0.92). L'indice di nevosità presentato nella figura è stato calcolato come integrale dell'altezza della neve al suolo dal 1 ottobre al 30 maggio misurata presso la Stazione di Peio Tarlenta (Val di Peio, dati dei campi neve disponibili sul sito web di Meteotrentino – http://www.meteotrentino.it/yeti1/elencoStazioni.aspx?ID=132). Negli anni di mortalità maggiore, legati allo sfavorevole andamento dell'inverno, gli episodi di mortalità particolarmente elevata colpiscono soprattutto il territorio del Parco in cui le densità sono più elevate e più evidenti sono i fattori di regolazione naturale dipendenti dalla densità 109 (Figura 4.34 e Figura 4.35). Tra il 1992 e il 2008, in tutta l'UG il tasso medio di mortalità naturale è risultato pari al 5.6% (con una DS elevata pari al 4%), con punte massime negli anni più duri rispettivamente del 17% e del 7%. Nel solo PNS il tasso medio di mortalità naturale è risultato del 5.8% con punte massime del 20% e del 14%. L'entità dei tassi di mortalità è quindi strettamente dipendente dalla densità della popolazione e dalla quantità di neve che cade durante l'inverno. I due fattori contribuiscono a regolare e rallentare la crescita della popolazione in caso di alte densità. 1000 30000 cervi rinvenuti morti indice di nevosità 900 25000 800 700 20000 Num cervi 600 500 15000 400 10000 300 200 5000 100 0 0 81-82 83-84 85-86 87-88 89-90 91-92 93-94 95-96 97-98 99-00 01-02 03-04 05-06 07-08 Figura 4.33 – Serie storica dei rinvenimenti di cervi morti. Nell'ultimo quindicennio esiste una stretta relazione tra mortalità naturale e nevosità e durezza dell'inverno (linea blu). 350 PNS DVS 300 Num cervi 250 200 150 100 50 0 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 Figura 4.34 – Serie storica dei rinvenimenti di cervi morti. Gli episodi di mortalità particolarmente elevata colpiscono soprattutto il territorio del Parco in cui le densità sono più elevate (barre rosse). 110 .5.5 .4.4 .3.3 .2.2 Mortalityrate rate Mortality .1.1 0.0 0.0 -.1 -.1 00 100000 100000 200000 200000 300000 300000 Total Totalabundance abundance**Average Averagesnow snowdepth depth Figura 4.35 – I tassi di mortalità annuali (mortality rate) della popolazione sono strettamente correlati e regolati da due fattori: la densità/consistenza della popolazione (Total abundance) e la nevosità della stagione invernale che limita la disponibilità di cibo (Average snow depth). Figura 4.36 – Localizzazione geografica di tutti i cervi rinvenuti morti nell'UG. 4.2.4.4. Analisi della natalità e della produttività della popolazione E' possibile farsi un'idea della produttività della popolazione presente all'interno del Parco, valutando il rapporto piccoli/femmine stimato in base ai conteggi dei cervi effettuati durante i 111 censimenti estivi del camoscio, realizzati tra il mese di luglio e agosto. In base ai numerosi studi sull'ecologia e demografia del cervo è noto che la specie modula i suoi accrescimenti in caso di alte densità, non solo a causa dell'aumento della mortalità, ma anche attraverso una riduzione della produttività in termini di piccoli nati (Clutton-Brock et al., 1982). Il meccanismo è legato allo scadimento della condizione media della popolazione (pesi medi inferiori, minori accumuli di grasso) all'aumento della densità. Ciò fa diminuire la probabilità che una femmina raggiunga lo stato di fertilità e fa si che l'età del primo accoppiamento (l'età delle primipare) si dilazioni nel tempo sino ai 4-5 anni. In conseguenza risulta una diminuzione del numero di piccoli prodotti per femmina e in una ulteriore diminuzione dell'incremento utile annuo. Il rapporto tra piccoli e femmine totali in popolazioni caratterizzate da densità medie e buoni incrementi, si attesta su valori del 65-70%. La Tabella 4.23 mostra i valori del rapporto piccoli/femmine, rilevato come descritto per la popolazione di cervi del Parco dello Stelvio. I tassi di natalità all’interno del Parco risultano estremamente variabili in funzione della densità e dell’andamento meteoclimatico dell’inverno. Di conseguenza sono molto variabili anche gli incrementi della popolazione. La Figura 4.37 illustra come, tra il 1997 e il 2008, la produttività della popolazione all'interno del Parco sia andata progressivamente calando (mediamente dal 60% al 40%, con punte del 35%). Tabella 4.23 – Rapporto piccoli/femmine (produttività) e rapporto sessi stimato in base alle osservazioni di cervo effettuate durante i censimenti estivi di camoscio. N, numero di cervi osservati; i rinvenuti morti fanno riferimento all'anno biologico precedente (p.es., per il 1997 al periodo giugno 1996 – maggio 1997). ANNO 112 CERB/FF RS N Rinvenuti morti 1997 0.62 0.70 296 100 1998 0.57 0.46 560 85 1999 0.44 0.94 522 100 2000 nd nd nd 128 2001 0.23 1.13 612 441 2002 0.50 0.67 498 104 2003 0.34 1.02 706 155 2004 0.34 1.24 720 311 2005 0.45 0.96 773 79 2006 0.32 1.30 771 160 2007 0.39 0.98 865 53 2008 0.35 1.26 486 122 0.7 0.6 piccoli / femmine 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Figura 4.37 – La produttività della popolazione di cervo all'interno del Parco (stimata come rapporto estivo piccoli/femmine) è andata progressivamente calando negli ultimi 12 anni. Le cause, come già accennato e come verrà illustrato nel suo complesso nel paragrafo 4.2.4.5, sono legate alle elevate densità ed alla modulazioni degli andamenti meteo-climatici. I tassi di natalità dipendono inversamente dalla densità e dalla neve. Possiamo notare infatti dalle elaborazioni di Figura 4.38, Figura 4.39 e Figura 4.40 come la produttività della popolazione diminuisca all'aumentare della consistenza (e della densità) della stessa e all'aumentare della durezza e nevosità dell'inverno precedente in cui è avvenuta la fase di gestazione. 0.65 0.6 0.55 piccoli / femmine 0.5 0.45 0.4 0.35 0.3 0.25 0.2 0.15 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 Consistenza popolazione Figura 4.38 – La produttività della popolazione di cervo all'interno del Parco (stimata come rapporto estivo piccoli / femmine) diminuisce in modo significativo all'aumentare della densità di popolazione. 113 0.7 0.6 piccoli / femmine 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 nevosità Figura 4.39 – La produttività della popolazione di cervo all'interno del Parco (stimata come rapporto estivo piccoli / femmine) diminuisce all'aumentare della durezza e nevosità dell'inverno. 500 450 400 350 Morti 300 250 200 150 100 50 0 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4 0.45 0.5 0.55 0.6 0.65 Piccoli / femmine Figura 4.40 – La produttività della popolazione di cervo all'interno del Parco (stimata come rapporto estivo piccoli / femmine) diminuisce all'aumentare della durezza e nevosità dell'inverno. Possiamo notare infatti una buona relazione tra l'aumento dei rinvenimenti di cervi morti negli inverni particolarmente duri e la produttività della popolazione nell'anno successivo. Dall'analisi dei dati ricavati durante le osservazioni estive è possibile notare anche una relazione significativa (F=22.9, p<0.01) tra il rapporto piccoli/femmine e il rapporto sessi della popolazione (Figura 4.41). In questo caso il RS viene stimato in base alle osservazioni estive effettuate al di sopra della vegetazione arborea ed è quindi leggermente sottostimato in quanto la presenza estiva dei maschi al di sopra del bosco è percentualmente maggiore. Tuttavia il trend individuato mostra come un rapporto sessi maggiormente equilibrato favorisca una migliore produttività della popolazione. 114 1.6 1.4 1.2 rapporto sessi 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4 0.45 0.5 0.55 0.6 0.65 piccoli / femmine Figura 4.41 – La produttività della popolazione di cervo all'interno del Parco (stimata come rapporto estivo piccoli / femmine) è influenzata anche dalla struttura della stessa. Un rapporto sessi più equilibrato garantisce una maggiore produttività. 4.2.4.5. Dinamica di popolazione nel parco e dipendenza dalla densita' Qualsiasi popolazione animale non si riproduce, in condizioni naturali, illimitatamente, poiché deve far fronte alla competizione per le risorse con gli individui della stessa specie. La Figura 4.42 mette a confronto la curva di crescita teorica, rispetto a quella reale. La curva teorica, a sinistra, tiene conto solamente del tasso intrinseco di crescita della popolazione (r0) e mostra un accrescimento di tipo esponenziale. La curva che descrive i reali incrementi di una popolazione ha un andamento simile solo nella prima parte ed assume poi un andamento di tipo “sigmoide”. Lo scostamento è dovuto all’insieme di fattori intrinseci ed estrinseci che limitano una crescita infinita e che sono nel complesso definiti come resistenza ambientale. L’accrescimento di una popolazione non continua all’infinito, ma è la risultante dell’incremento naturale e dell’azione dei fattori ambientali che tendono a frenare l’aumento della popolazione stessa, stabilizzandola verso uno stato di equilibrio in cui il numero di nascite, in media, equivale il numero di morti mantenendo costante il numero complessivo di individui della popolazione. Tale tipo di accrescimento viene definito “logistico” (dal nome della curva di accrescimento logistico che lo descrive) ed è caratterizzato da una prima fase in cui gli accrescimenti sono piccoli ma in progressivo aumento, da una seconda di accrescimento veloce e a tratti “esplosivo” e da una terza in cui gli accrescimenti tendono a diminuire sino a farsi prossimi allo zero. In una popolazione di Ungulati non sottoposta a sfruttamento venatorio e a predazione naturale, la regolazione è legata alle risorse alimentari pro capite, che si fanno più limitate all’aumentare della densità di popolazione. In ambiente alpino, inoltre, la disponibilità media di risorse alimentari può variare molto di anno in anno a seconda della quantità di neve che cade e permane al suolo durante l’inverno, impedendo l’accesso a buona parte delle risorse alimentari. Questa sorta di “imprevedibilità” di medio periodo fa si che una popolazione nella fase finale della sua curva di crescita non rimanga stabile, ma continui ad oscillare sopra e sotto un valore medio di equilibrio a seconda dei vari andamenti invernali. Più la variabilità della nevosità invernale sarà alta di anno in anno, più queste oscillazioni saranno ampie, alternando fasi di crescita a veri e propri crash demografici in occasione di inverni particolarmente duri. 115 Figura 4.42 – Accrescimento teorico e reale di una popolazione in funzione della resistenza ambientale. I tassi di incremento diminuiscono progressivamente all’aumentare della densità (consistenza). La regolazione della crescita di una popolazione in funzione della sua densità/consistenza dipende dalla disponibilità alimentare pro capite che si fa via via più scarsa. Avere meno cibo a disposizione significa avere un peso e una condizione (e sul lungo termine una costituzione) più scadente. Una condizione più scadente aumenta le probabilità di malattia e di morte e, nel caso delle femmine, rende meno probabile che le stesse si possano riprodurre con successo. L’aumento dei tassi di mortalità e la diminuzione dei tassi di natalità è alla base della complessiva crescita zero della popolazione. Tale fenomeno viene definito regolazione dipendente dalla densità. L’equazione logistica, che ci permette di modellizzare la curva di accrescimento logistico, è caratterizzata da due parametri che ci aiutano a caratterizzare le “performances” della popolazione nel suo specifico ambiente. Il parametro r0, definito tasso intrinseco di crescita e il parametro K, definito capacità portante. K indica la densità (o la consistenza) di popolazione a livello della quale si ha un’autoregolazione della popolazione attorno a valori medi costanti; r0 indica gli accrescimenti annui massimi potenziali di una popolazione, possibili in caso di densità ancora basse. Nel caso in cui la densità sia vicina a K, il valore di r tenderà a zero. In base ai dati disponibili dal 1983 al 2008, relativi all’evoluzione numerica della popolazione di cervo solo all’interno del Parco, agli andamenti meteo-climatici invernali e al numero di animali annualmente rinvenuti morti di morte naturale, è possibile verificare, rispetto alla teoria sopra accennata, quale sia la attuale situazione della popolazione di cervo nel PNS. Come già riportato, la durezza dell’inverno è quantificata attraverso l'indice di nevosità presentato nella Figura 4.43, e calcolato come integrale dell'altezza della neve al suolo dal 1 ottobre al 30 maggio. Dal 1983 ad oggi la popolazione di cervo del Parco ha mostrato un accrescimento di tipo logistico. Il modello applicato ai dati spiega in modo significativo la dipendenza degli accrescimenti annui della popolazione stessa dal suo progressivo aumento di densità. La popolazione ha un tasso annuo potenziale di crescita pari al 28% (nelle fasi a bassa densità) e una capacità portante di circa 1700 cervi all’interno del Parco. Questa situazione indica come la popolazione sia entrata in piena fase di autoregolazione da circa dieci anni e mostri continue oscillazioni dovute agli andamenti invernali attorno al valore di capacità portante K. Il fatto che 116 la popolazione abbia terminato la sua fase di crescita è indicato anche dal notevole aumento della mortalità naturale (le barre blu della Figura 4.43) a partire dal 2001. E’ facile inoltre notare come le elevate mortalità invernali siano direttamente correlate agli inverni più nevosi che rappresentano il principale fattore di regolazione per le popolazioni con elevate densità. 2000 CERVI MORTI PERSISTENZA DELLA NEVE CONSISTENZA MODELLO LOGISTICO 1500 R0 = 0.28 K = 1.703 F = 10.9 p< 0.01 1000 R2 = 0.31 500 20 09 20 07 20 05 20 03 20 01 19 99 19 97 19 95 19 93 19 91 19 89 19 87 19 85 19 83 19 81 19 79 0 Figura 4.43 – Nella stabilizzazione della consistenza complessiva della popolazione all’interno del Parco anche la mortalità naturale legata agli inverni particolarmente rigidi (barre azzurre) gioca un ruolo importante. Possiamo quindi considerare la popolazione all’interno del Parco in una fase di equilibrio caratterizzata da ampie oscillazioni attorno ad un valore K (che cambia continuamente nel tempo). La regolazione degli accrescimenti è denso-dipendente e l’azione della densità modula e regola sia i tassi di natalità (facendoli progressivamente diminuire), sia i tassi di mortalità (facendoli aumentare). La Figura 4.44 indica come la natalità, qui rappresentata dal rapporto piccoli/femmine nei conteggi estivi, tenda a diminuire con l’aumento della consistenza della popolazione e come, al contrario, i tassi di mortalità (calcolati come numero di cervi rinvenuti morti sul totale degli stimati) aumentino all’aumentare della densità. 117 0.30 Tasso di mortalità Piccoli / Femmine 0.60 0.50 0.40 0.20 0.10 0.30 R Sq Quadratic =0.959 0.00 0.20 0.00 R Sq Linear = 0.538 100000.00 200000.00 300000.00 Consistenza * Neve 1000.00 1200.00 1400.00 1600.00 1800.00 2000.00 Consistenza (anno precedente) Figura 4.44 – A sinistra) il tasso di natalità della popolazione diminuisce al crescere della densità; a destra) i tassi di mortalità della popolazione aumentano all’aumentare della densità, con particolare effetto durante gli inverni più nevosi (si veda oltre il testo). Il risultato complessivo è una dipendenza inversa, in questi ultimi 15 anni, tra i tassi di accrescimento netto della popolazione e la sua consistenza (Figura 4.45). Tasso di accrescimento 0.40 0.20 0.00 -0.20 -0.40 R Sq Linear = 0.446 500.00 1000.00 1500.00 2000.00 Consistenza (anno precedente) Figura 4.45 – Il tasso di accrescimento della popolazione viene regolato dalla densità. Il cervo cresce sempre più lentamente con l’aumento delle consistenze della popolazione. Per meglio descrivere la dinamica delle popolazioni in situazioni alpine, in cui l’andamento dell’inverno rappresenta un fattore di estrema importanza per la regolazione delle popolazioni, è possibile verificare le relazioni tra gli accrescimenti delle popolazioni stesse mediante modelli che tengano conto anche del fattore nevosità e verificare, tra i vari modelli testati, quale sia il migliore descrittore della situazione reale. 118 400000.00 Nel caso del PNS sono stati testati tutti i possibili modelli che spiegassero le variazioni dei tassi di accrescimento della popolazione in funzione (Tabella 4.24): - della densità di popolazione l’anno precedente (N); - della nevosità (S); - dell’interazione tra densità e nevosità (N*S). Sono state testate due famiglie di modelli; quella che prevede una relazione continua e una seconda che prevede la possibilità di relazioni differenti al di sopra/sotto di un livello soglia di nevosità (Jacobson et al., 2004). Tabella 4.24 – I tassi di accrescimento della popolazione dipendono dalla consistenza della popolazione 2 stessa, dalla nevosità invernale e dalla loro interazione. Elenco dei modelli testati; R coefficiente di determinazione; AIC Akaike information criterion. N° param. R2 AIC N + S + N*S S + N*S N + N*S N+S N*S N S 4 3 3 3 2 2 2 0.82 0.81 0.82 0.81 0.80 0.44 0.38 -23.66 -25.22 -25.60 -24.67 -25.99 -9.65 -8.09 N + S + N*S S + N*S N + N*S N+S N*S N S 4 3 3 3 2 2 2 0.94 0.83 0.91 0.82 0.81 0.65 0.39 -35.47 -22.59 -32.79 -21.65 -25.05 -15.02 -6.31 MODELLO NORMALE 1 2 3 4 5 6 7 MODELLO SOGLIA 1 2 3 4 5 6 7 Il modello che meglio spiega la dinamica della popolazione di cervo del Parco, in base al valore di AIC, conferma che i tassi di accrescimento dipendono dalla densità, dalla nevosità e dalla loro interazione secondo un modello “soglia” (Tabella 4.47). Il modello spiega il 94% della variabilità dei dati. Ri = a + b ∗ Consistenza i −1 + c ∗ AltezzaNevei + e ∗ Consistenza i −1 ∗ AltezzaNevei + σε i 119 Tasso di accrescimento 0.40 0.20 0.00 -0.20 -0.40 R Sq Linear = 0.707 0.00 100000.00 200000.00 300000.00 400000.00 Consistenza * Neve Figura 4.46 - I tassi di accrescimento della popolazione del Parco dipendono dalla densità, dalla nevosità e dalla loro interazione secondo un modello “soglia”. La selezione del modello soglia quale migliore spiegazione della dipendenza dalla densità indica che l’effetto delle elevate densità sui tassi di accrescimento della popolazione non agisce in modo uguale e continuo, ma che il suo effetto è maggiore e significativo solo al di sopra di un valore soglia di “durezza” e nevosità dell’inverno. E’ quindi la combinazione dei due fattori che rende più forte la regolazione. La sola presenza di densità elevate senza inverni nevosi non è sufficiente a regolare la dinamica (Tabella 4.48). 0.60 neve sotto la soglia . neve sopra la soglia Tasso di accrescimento 0.40 0.20 0.00 -0.20 -0.40 -0.60 R Sq Linear = 0.29 R Sq Linear = 0.491 0.00 500.00 1000.00 1500.00 2000.00 Consistenza (anno precedente) Figura 4.47 – La densità regola gli accrescimenti della popolazione in modo mediato dalla nevosità invernale. L’effetto delle densità sugli accrescimenti è significativo e più elevato in caso di inverno nevosi al di sopra della media (soglia – i punti neri). 120 In sintesi la parte di popolazione di cervo presente all’interno del Parco è caratterizzata da densità molto elevate, tali da avere ormai innescato da una decina d’anni fenomeni di autoregolazione negli accrescimenti della popolazione in relazione alle densità stesse. La dipendenza dalla densità fa si che in media, nel lungo termine, la crescita della popolazione si stabilizzi a zero. Nella pratica la popolazione sperimenta anni di leggera crescita, alternati ad anni di crash demografici ed elevata mortalità in relazione alla durezza e nevosità dell’inverno. Nel casi estremi la mortalità raggiunge valori ragguardevoli (437 soggetti rinvenuti morti nell’inverno 2000-01, 298 nell’inverno 2003-04) e i cervi di norma non muoiono nelle zone più remote del Parco, ma si avvicinano ai paesi e ai fondovalle. E’ quindi possibile affermare che nelle attuali condizioni il cervo nel Parco non continuerà a crescere. Tuttavia, la stabilizzazione della popolazione su valori tanto elevati da innescare fenomeni di autoregolazione da densità ha dei risvolti non trascurabili sulla condizione e costituzione della popolazione stessa e su numerose altre componenti dell’ecosistema che risento di tale situazione. Tali aspetti verranno trattati nei capitoli 4.3.5 e 4.3.6. %10&+<+10''%156+67<+10' Le popolazioni di cervo che insistono nei territori circostanti il massiccio dell’Ortles – Cevedale rappresentano uno dei nuclei più importanti per questa specie nell’intera catena alpina. Nell’ambito di una complessiva valutazione del loro status è importante poter conoscere la condizione e lo “stato di salute” degli animali per valutare il significato delle attuali densità raggiunte dalle popolazioni in rapporto alla qualità degli habitat occupati e ai potenziali effetti sulla vegetazione. In relazione a ciò e per poter effettuare le opportune considerazioni sulla popolazione del Settore trentino del Parco dello Stelvio e della Val di Sole appare importante confrontare le caratteristiche di condizione e costituzione con quelle di altre popolazioni che abitano zone caratterizzate da densità di popolazione differenziate e da qualità ambientali per il cervo non omogenee. 4.2.5.1. Curve di crescita Dai dati relativi ai cervi abbattuti sono state costruite le curve di crescita del peso in funzione dell'età (Figura 4.48). Il cervo è specie con spiccato dimorfismo sessuale, naturale trovare differenze di peso tra i sessi, almeno per gli adulti. Dall’evoluzione del peso eviscerato in funzione dell’età dei cervi campionati sono state stimate le curve di crescita ponderale per entrambi i sessi. Nelle femmine la crescita si arresta prima (attorno ai 4 anni è raggiunto l’asintoto attorno ai 70-72 kg), per i maschi la crescita prosegue fino ai 7-8 anni (115-117 kg). 121 140 femmine maschi 120 PESO VUOTO (kg) 100 80 60 40 20 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 ETA' Figura 4.48 - Curve di crescita del peso in funzione dell’età, per i due sessi (data la scarsa rappresentatività delle età maggiori, per i M l’età 13 rappresenta i 13+; per le femmine l’età 17 le 17+). Le curve di crescita della mandibola, per maschi e femmine, sono riportate nella Figura 4.49. La differenza nella lunghezza è già visibile nei soggetti di circa 6 mesi di età. Il ritmo di crescita è maggiore sino al quarto anno di età per poi rallentare in entrambi i sessi. Nelle femmine la lunghezza massima tra i 27.5 e i 28 cm, mentre nei maschi tra i 29.5 e i 30 cm. 31 LUNGH MANDIBOLA (cm) 29 27 25 23 21 19 femmine maschi 17 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 ETA' Figura 4.49 - Curve di crescita della mandibola in funzione dell’età, per i due sessi (data la scarsa rappresentatività delle età maggiori, per i M l’età 11 rappresenta gli 11+; per le femmine l’età 14 le 14+). 122 4.2.5.2. Condizione e costituzione Il confronto tra le UG per la CONDIZIONE viene limitato alle sole femmine di 3 o più anni, perché rappresentano il campione di maggiori dimensioni e perché esse, rispetto ai maschi, risentono e rispondono maggiormente ai fattori limitanti di carattere ecologico e demografico. Dalla trattazione relativa al peso eviscerato emerge che una differenza significativa tra UG esiste, per tutte le classi d’età di entrambi i sessi. In particolare è stata sottolineata la presenza di due gruppi, caratterizzati da pesi medi molto simili tra loro: le UG in provincia di Bolzano e in Svizzera (pesi inferiori) e quelle in Lombardia e Trentino. Conclusioni analoghe si possono trarre se si considerano le curve di accrescimento della mandibola in funzione dell’età. La Figura 4.50 fornisce un quadro sintetico che evidenzia le differenze tra UG “settentrionali” e “meridionali” , relativa ai risultati ottenuti nella presente indagine per le femmine di 3 o più anni, nelle aree effettivamente campionate. Figura 4.50 - Condizione media delle femmine di 3 o più anni (stimata mediante il peso medio eviscerato), nelle aree indagate. Si conferma l’esistenza di differenze tra popolazioni settentrionali e popolazioni meridionali, che hanno condizione maggiore e soddisfacente. Il raggiungimento di masse corporee più pesanti e di un maggiore sviluppo scheletrico è generalmente considerato indicativo di individui in buone condizioni che vivono in favorevoli condizioni ambientali. Le differenze esistenti tra le due aree identificate (nord vs sud) riguardano le condizioni ambientali (più proibitive al nord) e le densità delle popolazioni di cervo che le abitano. Per il calcolo della COSTITUZIONE si è adottata la formula proposta da Buchli (1979), ottenuta sui cervi grigionesi e valida per le femmine di età maggiore o pari a 3.5 anni. Il suo uso in questo contesto ha valore puramente indicativo, si giustifica solo per la vicinanza geografica e le somiglianze di habitat con l’area in cui è stato messo a punto (intero Cantone dei Grigioni). La costituzione è considerata “buona” quando IC assume valori superiori a 0.14; per valori inferiori è considerata “cattiva”. Nel lavoro proposto da Buchli (1979), viene suggerito che in 123 popolazioni caratterizzate da un buono stato, la percentuale di soggetti con scarsa costituzione non dovrebbe superare il 20%. Superata questa soglia si può ipotizzare che una popolazione mostri i primi sintomi legati alle elevate densità, in rapporto alla qualità degli habitat, e all’innescarsi di fenomeni di competizione intraspecifica. Per avere un’idea delle differenze presenti tra tutte le UG, è riportata la Figura 4.51, che mostra la distribuzione dell’indice misurato sulle femmine di 3 o più anni, nell’intero periodo di studio e da cui si vede come si possano individuare due sottogruppi, uno a costituzione mediamente maggiore (le UG meridionali), l’altra inferiore (le UG settentrionali). Tuttavia la percentuale di femmine caratterizzate da cattiva costituzione nellUG Val di Sole è prossima al 30%. 4 2 0 IC -2 -4 N= 92 105 72 46 318 31 97 LO1 LO2 LO3 TN1 BZ1 BZ2 CH1 UG Figura 4.51 - Diagramma a scatole che mostra i valori dell’indice di Buchli assunti dalle femmine di 3 o più anni nelle diverse UG. La popolazione della Val di Sole (TN1), campionata solo all'esterno del Parco, assume valori al di sopra della media. I valori di condizione e costituzione sinora mostrati sono stati calcolati riferendosi a cervi prelevati in forma venatoria nel Distretto Val di Sole caratterizzato da densità di popolazione decisamente differenti rispetto ai valori di densità presenti all’interno del Parco. Altre considerazioni possono essere fatte attraverso l'analisi dei dati relativi ai cervi provenienti dall’interno del Settore trentino Parco Nazionale dello Stelvio: le misure biometriche degli animali rinvenuti morti. I dati relativi agli abbattimenti si riferiscono interamente a cervi prelevati fuori parco, mentre i rinvenimenti provengono tutti dall’interno del Parco; in questo senso la variabile “morte” (naturale o per abbattimento) identifica anche l’origine dell’animale (Parco o Distretto Val di Sole). Vengono confrontate le misure di lunghezza della mandibola, lunghezza del garretto e peso eviscerato, benché sia ragionevole aspettarsi che quest’ultimo sia notevolmente inferiore nei cervi rinvenuti morti, di solito, per inedia. Per questa ragione non è stato possibile calcolare l’indice di costituzione di Buchli, precedentemente utilizzato. Per un maggior approfondimento delle analisi e dei risultati si veda la relazione “Analisi della densità, dinamica e costituzione delle popolazioni di cervo del Parco Nazionale dello Stelvio” (Bonardi e Pedrotti, in Nicoloso et al., 2006). Nell’allegato G della citata relazione sono riportate 124 le statistiche descrittive di femmine e piccoli usate nelle analisi seguenti. La suddivisione in classi d’età utilizzata qui comprende le femmine di 3 anni tra le adulte. I risultati delle analisi statistiche evidenziano come i pesi siano significativamente differenti in base all’età e al tipo di morte (maggiori per gli abbattuti), mentre nessun effetto è rilevato per le misure scheletriche (Tabella 4.25). Tabella 4.25 – Valori medi di peso, mandibola e garretto nelle femmine adulte dell'UG Val di Sole abbattute in caccia e rinvenute morte. Sono considerate adulte le femmine di 3 o più anni. Peso (kg) Lungh. Mandibola (cm) Lungh.garretto (cm) abbattuti morti abbattuti morti Abbattuti morti Piccola 37.32 24.53 19.60 20.14 44.17 42.36 Sottile 54.77 33.87 23.93 23.00 47.33 47.31 Subadulta 64.49 39.33 25.82 25.25 48.53 48.4 Adulta 70.25 53.87 27.43 27.44 49.21 49.36 Sino al 2004 non sembrano quindi esserci differenze nella costituzione per le femmine che vivono all'interno del Parco alle densità maggiori. Per escludere un effetto troppo recente della densità sulle misure scheletriche da poter essere rilevato con dati di esemplari adulti, sono stati analizzati anche i soli piccoli, maschi e femmine, la cui crescita riflette solo le condizioni ambientali dell’anno prima e i risultati confermano quelli dell’analisi precedente. E' comunque possibile, in assenza di differenze nella costituzione, ipotizzare una significativa differenza nella condizione media, tra la parte popolazione che mediamente occupa l'area protetta e la restante in ragione delle enormi differenze (anche se recenti) di densità. La costituzione media, come già visto, può essere stimata confrontando i pesi medi delle femmine adulte. Diventa quindi interessante confrontare i cervi che vivono a queste differenti densità mediante la loro condizione, valutata in base al peso. Esiste un campione, seppur limitato, di animali che sono stati catturati all’interno del Parco, nell’ambito dello stesso progetto. Il peso delle femmine catturate di 3 o più anni può essere confrontato con quelle delle cerve abbattute fuori Parco, dopo opportuna trasformazione (abbiamo a disposizione pesi di animali vivi, non eviscerati come quelli considerati finora). Secondo Perco (1987) il peso dei cervi eviscerati è il 65% di quello totale. Applicando questa correzione, è stata effettuata un'analisi della varianza per confrontare i pesi medi delle cerve catturate entro Parco, di quelle abbattute nelle riserve di Peio e Rabbi (più vicine al Parco) e di quelle abbattute nel resto dell'UG, nello stesso arco temporale, dal 2001 al 2003. I risultati evidenziano come la condizione dei cervi abbattuti nelle riserve di Peio e Rabbi sia significativamente inferiore rispetto al resto dell'UG, mentre sia paragonabile a quella dei cervi catturati entro Parco, con un peso medio intermedio rispetto agli altri due campioni (F = 10.8, 2 gl, p<0.01; Tabella 4.26). Questo sembra indicare il recente innescarsi di meccanismi densodipendenti che potrebbero portare, nel tempo, ad una diminuzione della qualità degli individui (in termini di costituzione) che gravitano dentro e attorno all’area protetta, rispetto a quelli del resto della Val di Sole, dove le densità di cervi sono ancora basse. 125 Tabella 4.26 – Valori medi di peso nelle femmine di 3 o più anni dell'UG Val di Sole, provenienti da tre subunità differenti. Sono considerate adulte le femmine di 3 o più anni. Intervallo di confidenza N campione Peso medio minimo massimo Riserve Val di Sole 254 72.04 70.86 73.22 Riserve Peio e Rabbi 155 68.35 67.01 69.69 Parco 22 65.89 62.20 69.57 TOTALE 431 70.40 69.52 71.28 4.2.5.3. Fertilità e potenziale riproduttivo In questa parte del lavoro viene esaminata la fertilità delle femmine di cervo in relazione all’età, alle dimensioni corporee e allo stato riproduttivo. Nei territori del Parco e nelle aree limitrofe il cervo vive in habitat la cui offerta alimentare invernale viene ampiamente modulata dall’esposizione dei versanti e dal disturbo antropico ed è caratterizzato da densità relativamente elevate nel contesto alpino italiano (fino a 6 capi/100 ha). In ambienti caratterizzati da una scarsa qualità trofica e da densità di popolazione paragonabili o superiori, quali le brughiere scozzesi, le popolazioni mostrano tassi riproduttivi e di crescita relativamente bassi (Mitchell, 1973). I tassi di natalità minori dipendono in parte da un ritardo nel raggiungimento dell’età della pubertà e in parte da una riduzione dei tassi di gravidanza nelle femmine sessualmente mature. Le frequenze di femmine gravide e allattanti sono diverse entro classe d’età. La percentuale di femmine gravide è non significativa nelle femmine sottili, ed è risultata attorno al 60% nelle femmine di due anni e di circa l'80% nelle femmine adulte (Figura 4.52). La percentuale di femmine risultate allattanti è risultata inferiore in tutte le classi di età e si assesta sul 65-70% nelle adulte (Figura 4.53). 100 90 80 70 60 50 40 30 GRAVIDA 20 no % 10 0 sì piccolo 1 anno 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni classe d'età Figura 4.52 - Grafico a barre che mostra le percentuali di femmine risultate gravide nell’intero campione, entro classe d’età. 126 100 90 80 70 60 50 40 30 AL LAT T 20 asciutta % 10 0 allattante piccolo 1 anno 2 anni 3 anni 4-9 anni 10+ anni classe d 'e tà Figura 4.53 - Grafico a barre che mostra le percentuali di femmine risultate allattanti nell’intero campione, entro classe d’età. In Tabella 4.27 sono messi a confronto i pesi medi delle femmine risultate gravide e non gravide, distinte per classe d’età all'interno dell'UG. Sotto i 33 kg nessuna femmina è risultata gravida e il peso massimo delle non gravide è stato di 82 kg ed i pesi medi delle femmine gravide sono significativamente più alti. L'analisi multivariata sull'intero campione, effettuata per indagare contemporaneamente l’effetto sul peso dovuto alla classe d’età, alla fertilità, allo stato fisiologico (allattante o no) e alla diversa UG di provenienza ha confermato che le femmine gravide hanno pesi medi superiori alle non gravide, che le UG settentrionali hanno pesi inferiori, ma non rilevano alcun effetto statisticamente significativo dovuto allo stato fisiologico. Tabella 4.27 – Pesi medi delle femmine gravide e non a seconda della classe di età. Intervalllo di confidenza Classe d'età 2-3 anni 4+ anni N Peso medio minimo massimo Non gravida 9 53.89 46.47 61.31 Gravida 19 68.26 63.76 72.77 Totale 28 63.64 59.17 68.11 Non gravida 13 63.12 56.13 70.10 Gravida 38 68.11 65.15 71.06 Totale 51 66.83 64.06 69.60 Per indagare in termini quantitativi in che modo la condizione degli animali possa influire sulla probabilità delle femmine di essere fertili sono stati costruiti due tipi di modelli logistici (la cui adeguatezza in questi casi è stata dimostrata ad esempio da Albon et al. 1983) utilizzando come descrittori : a) soltanto il peso eviscerato e b) peso eviscerato e KFI come misure di condizione, le variabili biometriche disponibili e, per l’età, anche i termini quadratici e cubici, come suggerito da Albon et al. (1983). L’analisi a), effettuata separatamente per le cerve delle UG settentrionali (Settore sudtirolese) e meridionali (Settore trentino), evidenzia come cambi, con il peso, la probabilità di essere 127 fertile per una femmina del nord rispetto a una del sud. Il campione analizzato è stato di 260 femmine di cui 176 gravide, per il nord e di 98 femmine di cui 57 gravide, per il sud. In Tabella 4.28 sono riportate le stime dei coefficienti con l’intervallo di confidenza al 95%, mentre in Figura 4.54 sono mostrate le due curve stimate dal modello. Tabella 4.28 - Costante e coefficiente della variabile “peso eviscerato”, come stimato dal modello nell’analisi a) per le femmine del nord (A) e del sud (B). N O RD df 1 1 Sig. .000 .000 E xp( B) 1.157 .001 Wald 20.426 df 1 Sig. .000 Exp(B) 1.153 -8.307 1.945 18.243 a. Variable(s) entered on step 1: PESO_INV. 1 .000 .000 Satep 1 PE SO _INV C onstan t B .145 -7.006 S.E. .021 1.109 W ald 48 .135 39 .946 95.0% C .I.for EXP ( B) Lower U pper 1.110 1.205 a. Variable(s) enter ed on step 1 : PESO _IN V . SUD 95.0% C.I.for EXP(B) Step a 1 PESO_INV Constant B .142 S.E. .032 Lower 1.084 Upper 1.226 1 Probabilit à di essere f ert ile 0.9 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 nord sud 0.1 0 25 35 45 55 65 75 85 Peso eviscerat o (kg) Figura 4.54 - Curve stimate dal modello logistico per la probabilità di essere fertile delle femmine del nord e del sud, relative all’analisi a) descritta nel testo. Risulta evidente come per le cerve settentrionali la probabilità di essere fertile sia, a parità di peso, ben superiore rispetto alle femmine del sud, che devono raggiungere masse corporee maggiori di circa 10 kg prima di raggiungere una probabilità di essere fertile del 50%. Per effettuare l’analisi b) è stato scelto il metodo backward stepwise, con la statistica likelihood ratio come criterio di eliminazione dei descrittori che non forniscono contributi significativi alla riduzione della varianza residua. In questo modo si ottiene il modello più parsimonioso, che spiega la maggior varianza possibile. Poiché la prima analisi effettuata ha escluso le due misure scheletriche (lunghezza di mandibola e garretto), ne è stata effettuata un’altra escludendo queste variabili, in modo da ottenere un campione più numeroso (non tutti i casi presentano le misure di ogni parametro biometrico). 128 Il campione analizzato è stato di 340 femmine, di cui 228 gravide. Nella Tabella 4.29 e Tabella 4.30 sono mostrati l’elenco dei descrittori testati, le stime dei coefficienti per quelli selezionati, con l’intervallo di confidenza al 95%, e gli step cui gli altri sono stati esclusi (riclassificazione corretta: da 67.1 a 84.4%; -2 Log Likelihood: da 430.958 a 261.624; GOF test di Hosmer e Lemeshow: Χ2 = 9.498, df = 8, P = 0.302). Tabella 4.29 - Descrittori inseriti nell’analisi di regressione logistica per stimare l’effetto che hanno sulla probabilità delle femmine di essere gravide. Variabile Abbreviazione KFI medio KFI_MED Peso eviscerato PESO_INV Nord – sud (UG di appartenenza, variabile categorica) NORD_SUD Allattamento (asciutta o allattante, variabile categorica) ALLATT Età ETA_REAL Età 2 ETA2 Età 3 ETA3 Interazione età * nord - sud ETA_REAL * NORD_SUD Costante Constant Tabella 4.30 - Stime dei coefficienti dei descrittori selezionati dal modello. Variables in the Equ atio n 95.0% C.I.for EXP(B) Step 3a KFI_MED PESO_INV NORD_SUD(1) ETA_ REAL ETA2 ETA3 Constant B .0 29 .0 82 1.041 S.E. .0 07 .0 22 .4 11 Wald 19.235 14.485 6.405 1.657 -.174 .0 05 -9.486 .3 38 .0 46 .0 02 1.405 23.994 14.487 8.249 45.575 df 1 1 1 Sig. .0 00 .0 00 .0 11 Exp(B) 1.029 1.085 2.831 Lower 1.016 1.041 1.265 Upper 1.043 1.132 6.336 1 1 1 1 .0 00 .0 00 .0 04 .0 00 5.241 .8 40 1.005 .0 00 2.701 .7 69 1.002 10.169 .9 19 1.009 a. Variable( s) en tered on step 1: KFI_ MED, PESO_ INV, NORD_SUD, ETA_REAL , ETA2, ETA3, ALLATT, ETA_REAL * NORD_SUD . Essere in buona condizione, si può affermare ancora una volta, consente di essere fertile a pesi relativamente inferiori e questo effetto è sicuramente più marcato a 6 anni, rispetto che a 10: a età maggiori bisogna raggiungere un peso relativamente più elevato, rispetto alle età inferiori. 4.2.5.4. Distribuzione dei concepimenti Le date dei concepimenti sono state stimate in base al giorno dell’abbattimento e all’età, in giorni, stimata per il feto in base alla lunghezza totale dalla punta del muso alla base della coda, misurata in occasione dell’analisi degli uteri. In base alle lunghezze dei feti per femmine di cui era noto il momento del concepimento (Valentincic, 1958), è stata ricavata la seguente relazione lineare tra le due variabili che ha permesso di stimare l’età in giorni con un sufficiente grado di approssimazione (F = 312.9, 7gl, p<0.01). Età _ in _ giorni = 24.99 + 3 .557 • Lungh _ del _ Feto ( cm ) I concepimenti verificati (n = 157) si sono distribuiti tra il 4 settembre e il 28 ottobre, con un picco massimo di attività riproduttiva tra il 29 settembre e il 5 di ottobre, periodo in cui si sono verificati il 44 % degli eventi (Figura 4.55). 129 40 35 30 N 25 20 15 10 5 0 4-8 sett 9-13 sett 14-18 sett 19-23 sett 24-28 sett 29 sett-3 ott 4-8 ott 9-13 ott 14-18 ott 19-23 ott 24-28 ott Periodo Figura 4.55 - Distribuzione delle date di concepimento, stimate in base alla lunghezza del feto. Sull’Isola di Rhum, in Scozia, è stato verificato che le femmine di rango superiore, caratterizzate da una costituzione superiore alla media, in genere sono in grado di produrre nella loro vita un numero maggiore di figli maschi (Clutton-Brock et al., 1982). Nel nostro caso il rapporto sessi al concepimento non è risultato significativamente diverso da 1:1 (test binomiale: n = 116, P = 0.164). Inoltre, non sono state rilevate differenze significative tra cerve che portano feti maschi o femmine nei valori medi o mediani dei parametri peso, KFI, lunghezza della mandibole, in grado di descrivere la condizione e la costituzione dei soggetti. 4.2.5.5. Conclusioni Dalle analisi è emerso come le UG indagate possano essere suddivise in tre tipologie: quelle settentrionali (provincia di Bolzano e Val Müstair), quelle meridionali (Val di Sole, alta Valcamonica, Valfurva - Valdisotto – Sondalo) e Livigno – Valdidentro, che mostra caratteristiche a sé. Le popolazioni delle UG del nord presentano una condizione e una costituzione inferiori, in relazione alle elevate densità ed alla qualità degli habitat occupati. Anche i parametri riproduttivi mettono in evidenza l’insorgenza di meccanismi atti a deprimere i tassi di natalità e regolare gli incrementi della popolazione; anche se tale fenomeno non sembra ancora manifestarsi con l’intensità tipica delle popolazioni ad elevata densità studiate negli ambienti scozzesi. Tale situazione deve essere considerata una naturale conseguenza delle elevate consistenze che innescano fenomeni di autoregolazione nelle popolazioni. Ciò non significa comunque che il numero di cervi presenti possa essere considerato in equilibrio con le esigenze dell’economia forestale e agricola, per le quali la densità limite si situa generalmente al di sotto di quella biologica, né con le eventuali necessità di accelerare i processi di naturale evoluzione degli ecosistemi forestali. Le popolazioni meridionali, pur contraddistinte da densità elevate, insistono su territori caratterizzati da una buona qualità ambientale e ampia disponibilità di quartieri di svernamento con elevata offerta alimentare (vero soprattutto per Val di Sole e alta Valcamonica). Il loro stato appare tuttora generalmente buono e anche i parametri riproduttivi non sembrano risentire in modo significativo delle elevate densità. Si rilevano tuttavia segnali che indicano un possibile inizio di peggioramento della costituzione dei cervi che vivono dentro il Parco, a densità maggiori e ci si può attendere un peggioramento se non cambieranno le condizioni, cioè se i valori di densità entro Parco continueranno a restare alti. E' infatti possibile affermare come la condizione media della popolazione sia andata diminuendo dagli anni ’90 ad oggi. A titolo di esempio, la Figura 4.56 e Figura 4.57 mostrano 130 come la distribuzione dei pesi e i pesi medi, rispettivamente delle femmine adulte e dei maschi fusoni sia costantemente diminuita dal 1980 ad oggi, verosimilmente in relazione al costante aumento della densità della popolazione sino all'inizio di questo secolo. Per meglio comprendere il fenomeno è utile soffermarsi sui pesi medi delle femmine adulte. L'analisi della varianza a due vie dimostra come i pesi medi siano diminuiti in modo significativo tra prima e dopo il 1998 (periodo di raggiungimento delle massime densità; F = 5.28, p<0.01, 2 gl), ma come i pesi medi delle femmine abbattute nelle riserve di Peio e Rabbi abbiano pesi medi inferiori al resto del Distretto (F = 7.31, p<0.01, 2 gl). La condizione della popolazione è diminuita nel tempo in modo generalizzato, ma tale diminuzione, nell'ultimo decennio è stata più veloce nelle riserve prossime al Parco (Figura 4.58). 110.0 100.0 PESO VUOTO 90.0 80.0 70.0 60.0 50.0 40.0 1980 1985 1990 1995 1998 2000 2003 2006 Figura 4.56 – Diminuzione dei pesi medi delle femmine di 3 o più anni abbattute in Val di Sole dal 1980 ad oggi. La linea nera centrale indica la media e il box grigio ricomprende il secondo e terzo quartile della distribuzione. 120.0 PESO VUOTO 100.0 80.0 60.0 40.0 1980 1985 1990 1995 1998 2000 2003 2006 Figura 4.57 – Diminuzione dei pesi medi dei maschi fusoni (1 anno) abbattuti in Val di Sole dal 1980 ad oggi. La linea nera centrale indica la media e il box grigio ricomprende il secondo e terzo quartile della distribuzione. 131 In sintesi la costituzione della parte di popolazione presente all’esterno del Parco può considerarsi ancora soddisfacente. Attualmente è possibile affermare che esistono differenze significative nella condizione dei cervi che svernano nel Parco, rispetto all’esterno ed è possibile ipotizzare che esistano differenze significative anche nella costituzione. Ciò sembra confermato che esistono differenze anche tra i cervi delle riserve di Peio e Rabbi e i restanti, sempre in relazione alle diverse densità. L’attuale condizione e costituzione dei cervi del Parco, diminuita nel corso degli anni ed inferiore rispetto alle zone esterne, influenza pesantemente la demografia e la dinamica della popolazione. Figura 4.58 – Peso medio completamente eviscerato delle femmine di cervo adulte (3 o più anni) abbattute durante la stagione venatoria; a sx i pesi medi tra il 1984 e il 1998, a dx quelli tra il 1999 e il 2006; in rosso i pesi medi delle femmine abbattute nelle riserve di Peio e Rabbi, confinanti con il Parco, in nero quelli delle femmine abbattute nelle altre riserve dell’UG. Differenze significative tra periodo (F=5,28, p<0.01, 2 gl) e tra settore (F=7,31, p<0.01, 2gl). %#2#%+6&+52156#/'061'&+&+52'45+10'&'..#2121.#<+10' Quanto possa essere importante la presenza di aree in cui il cervo sia in grado di godere della giusta tranquillità è testimoniato da numerose esperienze (Wotschikowsky et al., 2006). Per capirlo è sufficiente pensare alla sua complessa struttura sociale, alle sue necessità durante il periodo riproduttivo ed alle sue dimensioni corporee e del palco. La disponibilità di aree in cui possa godere di adeguata tranquillità è tanto fondamentale che attualmente si ritiene ancora più importante, rispetto alla definizione quantitativa dei piani di prelievo, la creazione ed il mantenimento di una rete di aree di rispetto capillarmente diffuse in tutto il territorio (al fine di mantenere densità omogenee su vasti territori). Una risorsa importante come il cervo (anche numericamente!) va gestita oculatamente. E una buona gestione, non lo scopriamo oggi, implica una conoscenza approfondita della risorsa stessa, della sua distribuzione, della sua consistenza, della sua evoluzione e anche dei suoi 132 spostamenti. Come già visto, la gestione del cervo in Val di Sole è stata impostata ipotizzando che gli individui presenti nel Distretto faunistico, Parco compreso, appartenessero ad un’unica popolazione, e, quindi, gli obiettivi gestionali e le scelte di pianificazione sono sempre state riferite ad un’unica Unità di Gestione in base a due considerazioni principali: • il cervo ha esigenze spaziali di vasta scala e, soprattutto in ambiente alpino, effettua notevoli spostamenti per ricercare idonei territori per lo svernamento e l’estivazione, anche se distanti tra loro decine di chilometri; • il territorio del Parco rappresenta una porzione piuttosto piccola dell’unità di gestione (circa il 28%) e al suo interno è presente una percentuale ancora minore di territori idonei allo svernamento (circa dal 15% negli anni scorsi sino all'attuale 38%). Di conseguenza, un prelievo che si concentrasse soprattutto tra novembre e dicembre su una specie ad elevata mobilità, era stato ipotizzato sufficiente per riuscire ad incidere sulle popolazione nella sua totalità. Ma cosa vuol dire “specie ad elevata mobilità”? Gli studi sinora condotti sull’arco alpino hanno evidenziato modelli comportamentali simili per tutte le popolazioni studiate (Atzler, 1984; Georgii, 1980; Georgii e Schröder, 1983; Koube e Hrabe, 1996; Luccarini et al., 2006; Meyer e Filli, 2006; Schmidt, 1993): • esistono due tipologie di individui; i cervi stanziali, che rimangono nella stessa area per tutto il corso dell’anno, e i cervi migratori, che occupano aree di svernamento e di estivazione distinte (Figura 4.59); • le aree occupate durante le due stagioni principali possono distare tra loro da poche centinaia di metri a 4-5 km e sino a 20-30 km in situazioni climatico-ambientali particolarmente dure; • la percentuale di individui migratori in ciascuna popolazione è estremamente variabile e dipendente da numerosi fattori collegati con la disponibilità alimentare, il comfort termico e la tranquillità; • il comportamento migratorio si riscontra in particolare nelle regioni alpine ed è composto da periodi stazionari intercalati da due movimenti stagionali che avvengono generalmente nel periodo primaverile e (tardo) autunnale; • la scelta dei luoghi estivi e di svernamento e le relative rotte di spostamento vengono tramandati dalla madre al piccolo, instaurando un movimento migratorio di tipo tradizionale e più marcato nelle femmine che nei maschi; • una parte della popolazione mostra fenomeni di dispersione che spingono alcuni esemplari a colonizzare nuove regioni senza più fare ritorno al luogo d’origine; • le femmine occupano annualmente aree familiari (home ranges) in genere di minore estensione rispetto ai maschi (500-1.000 ettari le femmine; 1-5.000 ettari i maschi). 133 Figura 4.59 - Un esempio di differenti strategie di uso dello spazio nelle femmine di cervo; a sinistra una femmina stanziale che occupa tutto l’anno una stessa area, a destra una migratrice che ha quartieri invernali ed estivi distanti e ben differenziati. In rosso sono mostrati gli home range estivi, in blu quelli invernali (MCP al 95%). L’obiettivo dello studio specifico realizzato nel Parco dello Stelvio e in Val di Sole è stato l’approfondimento delle conoscenze dirette e locali sul comportamento spaziale della popolazione presente all’interno del Parco e nei restanti territori della Val di Sole sottoposti a prelievo venatorio. Le domande cui si è cercato di rispondere possono essere così riassunte: 1. che rapporti esistono tra i cervi del Parco e quelli della Val di Sole ?; possono essere considerati un’unica popolazione o devono essere trattati in modo distinto al momento della pianificazione dei prelievi ?; 2. qual è la dimensione media degli home ranges annuali e stagionali ?; 3. quali sono le capacità medie di spostamento dei soggetti che compiono migrazioni stagionali tra i quartieri di svernamento e di estivazione ? e che percentuale della popolazione ha un comportamento migratorio ?; 4. in che periodo avviene la migrazione stagionale ?; 5. come funzionano i meccanismi di dispersione nei giovani ?; 6. qual è o quali sono le unità di popolazione della Val di Sole e qual è di conseguenza la migliore unità territoriale da prendere in considerazione per la gestione del cervo in Val di Sole ? La fase di monitoraggio dei cervi non è ancora definitivamente conclusa, anche se ormai la maggior parte dei radiocollari apposti ha terminato il suo ciclo vitale e la raccolta dei dati ha raggiunto la sua fine per la maggior parte dei soggetti. Per questo i risultati e le considerazioni conclusive presentate sul comportamento spaziale della popolazione possono essere considerate pressoché definitive. La quantità di dati raccolta merita un primo momento di divulgazione e di approfondimento e alcune delle domande che hanno stimolato l’avvio del progetto possono avere delle prime 134 risposte. I risultati presentati si riferiscono ai dati raccolti nel periodo gennaio 2003 – giugno 2007. Le analisi riportate sono frutto del lavoro svolto dalla dott.ssa Anna Bonardi nell’ambito della sua tesi di dottorato. 4.2.6.1. Qual è l’unità di popolazione della Val di Sole e qual è di conseguenza la migliore unità territoriale da prendere in considerazione per la gestione del cervo in Val di Sole ? La Figura 4.60 mostra la distribuzione di tutte le localizzazioni dei cervi monitorati dal gennaio 2003 al giugno 2007. Nonostante 35 dei 39 cervi (di cui si è analizzato il comportamento) siano stati catturali all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, si evidenziano notevoli spostamenti in tutto il restante territorio dell’Unità di Gestione con le sole eccezioni dell’alta valle posta in comune di Vermiglio e della destra orografica della bassa Val di Sole. Una femmina ha passato parte del suo tempo in Val d’Ultimo, per poi fare ritorno in Val di Rabbi, mentre una seconda ha effettuato un notevole movimento di dispersione che l’ha portata a stabilizzarsi nella bassa Val di Non, tra Vigo di Ton e il Biotopo della Rocchetta (Figura 4.73). Si è dimostrato come altri soggetti compiano migrazioni stagionali tradizionali tra la Val di Rabbi e la Val di Bresimo ed altri trascorrano la fase invernale in Val di Rabbi e la fase estiva in Val di Peio. I maschi, sia giovani che alcuni adulti, hanno mostrato spostamenti di maggiore entità e, soprattutto, più imprevedibili e variabili nel tempo. Complessivamente, gli spostamenti effettuati dal piccolo campione di cervi monitorati (39 su una popolazione di oltre 3.000!) hanno coperto una superficie di 660 km2 che si sovrappone in modo sufficientemente fedele ai confini della prima ipotesi di UG (comprendente anche le riserve di Bresimo, Cis, Livo e Rumo in alta Val di Non). L’estensione della prima ipotesi di unità di gestione per il cervo in Val di Sole, non ha dimensioni molto diverse ed è pari a 715 km2, mentre l'UG attualmente considerata e coincidente con il Distretto Val di Sole più il PNS, ha una superficie complessiva di 625 km2. Considerata la notevole frequenza con cui sono stati verificati fenomeni di migrazione stagionale verso i territori dell'alta Val di Non (6 cervi su 39!), l'Unità di Gestione biologicamente più significativa avrebbe dovuto prendere in considerazione anche tali territori. Tuttavia in prima battuta e per semplificare l'approccio amministrativo, si è preferito limitare i confini dell'attuale UG ai confini dell'attuale Distretto Val di Sole, evitando, quindi, l'inserimento di una parte del Distretto Alta Val di Non (che comprende anche la riserve di Fondo e Castelfondo). Per una futura migliore gestione delle popolazioni si suggerisce tuttavia di ampliare i confini dell'UG a ricomprendere le citate riserve di caccia dell'alta Val di Non. 135 Figura 4.60 – Localizzazioni totali dal gennaio 2003 al giugno 2007 dei 39 cervi muniti di radiocollare. In verde i confini dell’unità di gestione della Val di Sole e in blu quelli del PNS. Si noti come una parte non trascurabile di localizzazioni faccia riferimento a cervi che, pur essendo stati catturati all'interno del Parco, hanno passato parte del loro tempo in alta Val di Non. 4.2.6.2. Quali sono le differenti strategie di occupazione dello spazio ? Su un campione di 24 femmine, è stato possibile identificare tre differenti modi di occupazione dello spazio e di utilizzo stagionale dell’habitat, indipendentemente dalla classe d’età e dalle dimensioni degli home ranges effettivamente utilizzati. Un esempio di ciascun schema comportamentale è mostrato nelle figure successive, utilizzando i dati di singoli individui. I moduli generali possono essere così schematizzati: F. Animali stanziali: stazionano tutto l’anno nello stesso luogo, con modesti spostamenti altitudinali o longitudinali. Oltre alle zone di fondovalle, i loro home ranges includono solo le porzioni inferiori dei versanti vallivi. In tardo autunno esse riducono le dimensioni del loro home range in relazione alle prime nevicate. Le aree invernali e quelle estive si sovrappongono abbondantemente (Figura 4.61). 136 5000 FEMMINA STANZIALE 12/04/2004 4000 06/10/2005 distanza netta percorsa (m) 26/04/2005 3000 2000 01/10/2004 1000 0 tempo Figura 4.61 - Comportamento spaziale della femmina 870, stanziale, dall’inverno 2002 – 2003 all’inverno 2005 - 2006. In rosso le localizzazioni e gli home range estivi, in blu quelli invernali. Gli home range sono rappresentati con i Minimi Poligoni Convessi che, per ciascuna stagione, racchiudono il 95% delle localizzazioni. G. Animali migratori: tra autunno, inverno e primavera mostrano un home range situato a quote più basse lungo i fianchi vallivi. Durante l’estate, dopo uno spostamento veloce e repentino, utilizzano un home range completamente separato e distante, situato spesso in aree alpine ai limiti della vegetazione arborea (Figura 4.62). 137 14000 FEMMINA MIGRATRICE distanza netta percorsa (m) 12000 10000 11/05/2004 02/05/2005 8000 6000 4000 13/09/2005 22/09/2004 2000 0 tempo Figura 4.62 - Comportamento spaziale della femmina 410, migratrice, dall’inverno 2002 – 2003 all’inverno 2005 - 2006. In rosso le localizzazioni e gli home range estivi, in blu quelli invernali. Gli home range sono rappresentati con i Minimi Poligoni Convessi che, per ciascuna stagione, racchiudono il 95% delle localizzazioni. Il punto rosso isolato è una localizzazione effettuata durante la migrazione dai quartieri invernali a quelli estivi. H. Animali migratori “intermedi”: è una variante del modulo precedente (definiti anche come “type III” o migratori di corto raggio. Questi animali ritardano e rallentano la fase di migrazione verso le zone di estivazione, soffermandosi, durante la primavera-estate, a quote intermedie, dove stabiliscono un ulteriore home range che utilizzano per 2-6 settimane prima di salire verso le quote superiori. Queste aree “intermedie” possono essere utilizzate anche durante l’autunno. La fase estiva può altresì essere preceduta da una frenetica fase esplorativa primaverile che porta l’animale ad occupare uno spazio molto esteso. Questa fase primaverile (maggio-giugno) caratterizzata da 138 spostamenti più ampi e irregolari è stata registrata soprattutto (ma non in modo esclusivo) nelle femmine di 1-2 anni, forse in relazione al momentaneo distacco dal gruppo familiare durante il periodo dei parti (Figura 4.63). 7000 FEMMINA TYPE III distanza netta percorsa (m) 6000 5000 4000 21/05/2004 24/05/2005 3000 2000 1000 02/10/2005 04/10/2004 0 tempo Figura 4.63 - Comportamento spaziale della femmina 530, type III, dall’inverno 2002 – 2003 all’estate 2006. In blu le localizzazioni e gli home range invernali, in rosa gli home range relativi al resto dell’anno. Le localizzazioni non invernali sono distinte in primaverili (verdi), estive (rosse) e autunnali (gialle). Gli home range sono rappresentati con i Minimi Poligoni Convessi, che racchiudono il 95% delle localizzazioni. La fedeltà al sito e la tradizionalità nell'utilizzo degli stessi quartieri estivi ed invernali di anno in anno è risultata sorprendente (il 92% delle femmine studiate!). La distribuzione spaziale dei differenti quartieri stagionali degli animali è rimasto sorprendentemente identica di anno in anno con due sole eccezioni su 24. Una femmina di 6 anni ha modificato le zone in cui ha trascorso 139 l’estate (Val Maleda, Rabbi e Val d’Ultimo) e una seconda, di 9 anni, ha effettuato un movimento di dispersione che l’ha portata a stabilirsi definitivamente in bassa Val di Non. Nel caso dei maschi la fedeltà al sito non è risultata altrettanto regolare e presente spesso solo dopo il raggiungimento dell’età adulta. Un comportamento esplorativo e irregolare è tipico di parte dei maschi di età compresa tra gli uno e i 5 anni. La Tabella 4.31 riporta le caratteristiche principali dei cervi catturati e muniti di radiocollare nel corso dello studio. Non sono stati analizzati i cervi evidenziati in grigio (numero troppo esiguo di localizzazioni) e in arancione (femmina spostata artificialmente da una valle all’altra). Tabella 4.31 – Elenco dei cervi muniti di radiocollare; FR = frequenza radiotrasmittente associata al collare; SEX = sesso; CL ETA’ = classe d’età (1 = maschio fino a 6 anni; 2 = maschio con più di 6 anni; 3 = femmina fino ai 3 anni; 4 = femmina tra i 4 e gli 11 anni; 5 = femmina con più di 11 anni); COMP. SP. = strategia di occupazione dello spazio, valutata sull’intero periodo di monitoraggio dell’individuo e per ogni anno (inverno più estate successiva); N fix = numero complessivo di localizzazioni durante l’intero periodo di monitoraggio; CATTURA = dove è avvenuta la cattura rispetto al territorio del Parco. FR SEX CL ETA' COMP. SP. 50 f 5 migr 60 f 4 stanz 61 f 4 --- COMP. SP. COMP. SP. COMP. SP. COMP. SP. COMP. SP. 2003 2004 2005 2006 2007 type III migr migr stanz --- 80 f 3 type III 111 f 4 dispersione type III --- type III 120 f 4 migr migr migr 150 f 4 stanz stanz stanz 180 f 3 --- 181 f 4 --- 210 f 5 spec 211 f 4 migr migr 240 f 5 stanz stanz 241 f 3 stanz type III N fix CATTU RA % fix in Parco 401 in 93.5 120 in 99.2 25 in 100.0 490 in 99.2 195 in 38.5 318 out 37.1 399 in 98.7 --- 24 in 83.3 --- 94 in 100.0 stanz spec type III 152 in 54.6 migr 411 in 99.5 63 in 98.4 stanz 146 in 100.0 69.3 270 f 4 migr migr migr 394 out 370 f 5 type III type III type III type III migr 486 in 63.8 391 f 4 migr migr migr migr 355 in 79.4 410 f 4 migr migr migr migr 464 in 67.2 430 f 4 migr migr migr migr 503 in 80.9 267 in 97.0 540 in 98.0 510 f 4 migr migr migr 530 f 3 type III type III type III 550 f 4 migr 570 f 4 stanz stanz 610 f 4 stanz stanz 630 f 4 Migr stanz 810 f 4 Type III migr 830 f 4 Type III stanz type III type III migr migr migr type III stanz type III type III stanz 427 in 95.6 499 in 98.6 318 in 97.8 322 in 100.0 153 in 95.4 480 in 83.5 850 f 3 stanz type III type III type III 500 in 98.6 870 f 4 stanz type III stanz stanz 511 in 100.0 313 in 56.9 157 in 41.4 30 m 2 Migr migr 100 m 2 Migr migr 170 m 1 Migr 260 m 1 type III 290 m 1 --- --- 291 m 1 stanz type III 140 type III migr migr 171 in 59.6 type III 386 out 81.1 24 in 50.0 stanz 388 in 100.0 330 m 1 --- 331 m 1 stanz migr stanz stanz 394 in 97.5 340 m 1 type III type III type III stanz 399 in 99.7 555 m 2 migr migr 169 in 59.8 640 m 2 migr migr 111 in 21.6 890 m 1 vagrant 381 out 0.0 910 m 1 --- 6 in 100.0 911 m 1 type III 931 m 1 vagrant 950 m 1 --- 951 m 2 type III 970 m 1 stanz --- vagrant vagrant 16 migr vagrant --- type III vagrant type III type III vagrant --- type III type III type III stanz stanz stanz Tot 4.2.6.3. in 100.0 408 in 99.5 207 in 42.5 6 in 100.0 262 in 39.3 514 in 97.3 13369 93.5 Che percentuale della popolazione ha un comportamento migratorio ? Per definire in modo oggettivo il tipo di comportamento spaziale delle femmine di cervo monitorate sono stati presi in considerazione e calcolati due parametri. L’entità dello spostamento tra quartieri invernali ed estivi e la percentuale di sovrapposizione tra gli uni e gli altri. L’indice VI (Volume of Intersection statistic) fornisce un modo sintetico per effettuare tali valutazioni; esso varia da 0 (sovrapposizione nulla) a 1 (home range con identico pattern di utilizzo dello spazio e sovrapposizione completa). La Tabella 4.32 mostra i valori di sovrapposizione tra home range stagionali nelle diverse tipologie di comportamento spaziale. Le femmine con comportamento stanziale hanno aree estive ed invernali che si sovrappongono in media per il 45%, le migratrici di corto raggio hanno sovrapposizioni minori con media del 14%, mentre le migratrici mostrano sovrapposizioni pressoché nulle (2%). Tabella 4.32 - Media e range di VI (Volume di intersezione, espresso in percentuale) per l’uso stagionale dello spazio nelle femmine, stimato con il kernel, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio e per ogni anno. FEMMINE stanziali type III migratrici 2003 2004 2005 2006 2007 Totale media 41.3 51.0 47.7 39.4 54.2 44.9 min 39.3 49.5 45.1 20.2 20.2 max 43.2 52.5 51.1 63.6 63.6 N 2 2 3 4 media 11.1 12.2 19.0 9.0 min 5.3 5.4 9.5 5.3 max 18.3 22.0 33.6 33.6 N 4 7 6 1 18 media 0.0 1.2 3.7 0.9 1.9 min 0.0 0.0 0.0 0.6 0.0 max 0.0 3.0 10.2 1.7 10.2 N 2 6 7 4 19 1 12 14.1 141 media Totale 15.9 13.0 17.7 18.9 min 0.0 0.0 0.0 0.6 0.0 max 43.2 52.5 51.1 63.6 63.6 8 15 16 9 N 54.2 1 16.9 49 Figura 4.64 - Grafico a dispersione che mostra come varia la distanza tra il centroide della core area frequentata in inverno e quello della core area frequentata nell’estate successiva in funzione della sovrapposizione degli home range stagionali, espressi come VI percentuale, per le femmine con diverso comportamento migratorio. Il 43% delle femmine (10 su 23) ha mostrato un comportamento migratorio, il 22% un comportamento migratorio a corto raggio e il restante 35% è risultato stanziale (Figura 4.64 e Tabella 4.33). Tuttavia se consideriamo il comportamento migratorio stagionale ai fini di stimare la percentuale di femmine monitorate che escono dai confini del Parco durante i mesi invernali, è importante notare come sei delle dieci femmine con comportamento migratorio abbia comunque entrambi gli home-range stagionali all'interno dell'area protetta e come le migratrici di corto raggio siano in termini generali del tutto assimilabili, ai fini della nostra indagine, alle femmine con comportamento stanziale. Pertanto, sul totale del campione di femmine indagate, il 78% ha mostrato un comportamento di tipo stanziale o migratorio “entro Parco”, mentre solo il 22% ha mostrato un comportamento migratorio che le ha portate all'esterno del Parco durante i mesi invernali. Tale percentuale è decisamente bassa rispetto a quanto atteso in base alla strategia di gestione applicata e rispetto a quanto evidenziato in studi analoghi (Buchli, 1979; Georgii, 1980; Georgii e Schröder, 1983; Luccarini et al., 2006; Meyer e Filli, 2006; Monaco, in verbis). Le femmine catturate in Val di Peio e in Val di Rabbi hanno ugualmente mostrato comportamenti sia stanziali, sia migratori. 142 Tabella 4.33 - Strategie migratorie delle femmine e rapporti col territorio del Parco. Strategia migratoria N % Stanziale 8 34.8 Type III 5 21.7 Migratrice 10 43.5 TOTALE 23 N “in” Parco % “in” Parco 12 92.3 6 60.0 18 78.3 Decisamente differente si presenta la situazione dei maschi il cui comportamento particolarmente variabile su base individuale ha reso difficoltosa una classificazione in tipologie precise come fatto per le femmine (Tabella 4.34). Circa la metà dei maschi ha effettuato spostamenti stagionali di limitata estensione. La quasi totalità di essi (6 su 7) è stazionata all’interno del Parco per tutto il corso dell’anno. L’altra metà ha mostrato un netto comportamento migratorio a lungo raggio o un comportamento vagante tipico dei soggetti più giovani che non hanno ancora assunto un comportamento tradizionale di utilizzo del territorio (si veda oltre nel capitolo). Tabella 4.34 - Strategie migratorie dei maschi e rapporti col territorio del Parco. Strategia migratoria Spostamenti minori Spostamenti maggiori TOTALE 4.2.6.4. N % Stanziale 3 21.4 Type III 4 28.6 Vagrant 2 14.3 Migratore 5 35.7 14 N “in” Parco % “in” Parco 6 85.7 0 0 6 42.9 Che spostamenti compiono le cerve che effettuano migrazioni stagionali tra i quartieri di svernamento e di estivazione ? Per le femmine, analizzando le distanze tra quartieri di svernamento ed estivazione in funzione della strategia migratoria presentata, risulta che le medie relative ai diversi comportamenti sono significativamente differenti (Figura 4.65 e Tabella 4.35). Il risultato resta lo stesso sia considerando la distanza tra i centroidi degli home range stagionali (inverno vs estate successiva) calcolati con il MCP al 95%, sia le core areas stagionali, stimate con il kernel al 50%. Analizzando più nel dettaglio i dati con un test post hoc, è possibile individuare come siano le migratrici a compiere le distanze maggiori, mentre stanziali e type III sono da considerarsi assimilabili secondo il test LSD, differenti secondo il test di Games-Howell. 143 Figura 4.65 – La distanza tra aree occupate durante l’estate e durante l’inverno è differente a seconda del tipo di strategia utilizzata dalle femmine di cervo. Le femmine stanziali hanno una distanza tra i quartieri stagionali evidentemente modesta, che misura in media 735 m (ds 396 m). Le femmine migratrici e migratrici intermedie, pur rappresentando il 70% del campione studiato, hanno mostrato distanze medie relativamente basse se paragonate a quanto riportato negli studi effettuati nel Canton Grigioni (Buchli, 1979) e in Trentino orientale (Monaco, in verbis). La distanza media delle migratrici è risultata pari a 5.244 m (ds 3.147 m), mentre quella delle migratrici intermedie è pari a 2007 m (ds 669 m). L’elevato numero di femmine “migratrici a corto raggio” può essere messo in relazione a numerosi fattori e merita approfondimenti specifici. Tra i vari fattori cui possono essere attribuite parte delle motivazioni, possiamo ricordare gli effetti delle densità elevate, l’ampia variabilità e idoneità ambientale della Val di Sole su piccola scala (che permette ai cervi di trovare tutto ciò di cui hanno bisogno senza la necessità di effettuare spostamenti eccessivi) e la presenza di un’area protetta entro cui godere della necessaria tranquillità durante tutto il corso dell’anno. Tabella 4.35 - Distanza media (in metri) tra quartieri di svernamento e di estivazione delle femmine, calcolata come distanza lineare tra i centroidi della core area invernale ed estiva, calcolate con il kernel al 50%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. 2003 2004 2005 2006 2007 Totale media 483.2 719.7 1242.5 629.7 166.6 734.9 DS 149.8 75.2 120.7 359.2 N 2 2 3 4 media 1846.4 1996.3 1981.1 2881.9 2007.1 DS 419.6 750.7 648.6 0.0 668.6 N 4 7 6 1 18 media 7714.4 5329.6 4787.2 4677.3 5243.5 DS 2369.6 3219.8 3300.8 2423.4 3147.1 N 2 6 7 4 19 media 2972.6 3159.4 3070.3 2678.8 DS 3049.9 2778.4 2699.6 2512.7 8 15 16 9 stanziali type III migratrici N 144 396.2 1 166.6 12 2950.5 2758.8 1 49 4.2.6.5. In che periodo avvengono le migrazioni stagionali ? Come per l’utilizzo tradizionale dei quartieri stagionali da parte di ciascun animale, così la maggior parte delle femmine inizia gli spostamenti della migrazione primaverile in un periodo estremamente preciso e simile per tutti. La fase di migrazione tra quartieri estivi ed invernali è risultata altamente sincronizzata e repentina per tutte le femmine monitorate (8-10 giorni; Tabella 4.35). In tutti gli anni di monitoraggio, tutte le femmine hanno iniziato la propria migrazione stagionale tra gli ultimi giorni di aprile e la prima settimana di maggio (Tabella 4.36). Tali spostamenti, di differente durata tra le migratrici e le migratrici intermedie, hanno portato parte delle femmine ad occupare aree di estivazione completamente separate e poste mediamente ad altitudini maggiori (in un caso, una femmina ha trascorso i mesi di luglio e agosto tra i 2.300 e i 2.700 m, sempre al di sopra del limite del bosco). Tabella 4.36 - Mediana, minimo e massimo della data di migrazione per le femmine entro ogni stagione di ciascun anno e complessiva per estate ed inverno. Mediana Min Max est03 2-mag 14-apr 18-mag inv03-04 18-ott 4-set 13-nov 15-mag 26-apr 25-mag inv04-05 8-nov 22-set 26-dic est05 29-apr 5-apr 7-giu inv05-06 12-nov 13-set 23-dic est06 2-mag 23-apr 17-mag inv06-07 14-nov 22-ago 11-dic ESTATE 2-mag 5-apr 7-giu INVERNO 10-nov 22-ago 26-dic est04 Il periodo entro il quale i cervi lasciano le aree estive e quelle riproduttive per rientrare in quelle di svernamento è risultato molto più variabile, sia tra animali differenti, sia, soprattutto, tra gli anni di monitoraggio, caratterizzati da una permanenza del manto nevoso estremamente differente (massima durante l’inverno 2003-04 e pressoché minima durante l’inverno 2004-05). I cervi radiomarcati sono ad esempio rientrati nelle zone di svernamento utilizzate l’inverno precedente tra il 4 settembre e il 13 novembre nel primo anno, mente tra il 22 settembre e il 26 dicembre il secondo anno, caratterizzato da quasi completa assenza di neve. La Tabella 4.37 mostra gli analoghi risultati nel caso della classe maschile. Pur mostrando una maggiore variabilità, sia di classe, sia individuale, le date medie delle migrazioni appaiono comunque del tutto simili tra i due sessi. 145 Tabella 4.37 - Mediana, minimo e massimo della data di migrazione per i maschi entro ogni stagione di ciascun anno e complessiva per estate ed inverno. Mediana Min Max est03 6-mag 2-mag 13-mag inv03-04 24-ott 21-ott 6-nov 12-mag 17-mar 2-giu inv04-05 20-ott 10-set 30-dic est05 2-mag 23-mar 28-mar inv05-06 23-nov 10-set 29-dic est06 24-apr 2-apr 5-giu inv06-07 15-nov 23-set 14-dic ESTATE 4-mag 17-mar 5-giu INVERNO 4-nov 10-set 30-dic est04 4.2.6.6. Qual è la dimensione media degli home range annuali e stagionali ? La dimensione degli home ranges occupati durante le diverse stagioni subisce una caratteristica variazione annuale, come può essere evidenziato analizzando l’intero campione a livello inter e intra-individuale. Le estensioni degli home ranges annuali in entrambi i sessi, considerati come inverno + estate successiva, sono stati calcolati secondo il modello del minimo poligono convesso che racchiude il 95% delle localizzazioni tra loro più vicine. Le estensioni degli home ranges stagionali in entrambi i sessi, sono stati calcolati secondo il modello del minimo poligono convesso che racchiude il 95% delle localizzazioni tra loro più vicine (Hayne, 1949) e secondo il modello dello stimatore kernel (Worton, 1989). Di quest’ultimo si riportano le stime effettuate al 95% (area entro cui si ha il 95% di probabilità di trovare l’animale), che rappresentano l’estensione dell’home range e le stime al 50% (area più piccola entro cui si ha in 50% di probabilità di rinvenire l’animale), che rappresentano l’estensione della core area (Samuel e Garton, 1988). Tutte le stime di estensione degli home range sono state calcolate per femmine e maschi, raggruppando le prime secondo le tre categorie “stanziali”, “migratrici a corto raggio” e “migratrici” e i secondi in due classi di età, “da 1 a 6 anni”, “oltre i 7 anni”. Nel caso delle femmine le aree di estensione minore sono occupate durante l’inverno e misurano in media 247 ettari (deviazione standard 202.2; numero del campione 72), mentre le aree estive, comprensive dei territori di prima migrazione e di quelli autunnali, occupano dimensioni da due a tre volte maggiori e mostrano un valore medio di 522 ettari (deviazione standard 549.2; numero del campione 69). Le stesse differenze si verificano anche considerando separatamente gli anni di indagine. Se si analizza l’estensione degli home ranges stagionali suddividendo le femmine secondo le differenti strategie di occupazione dello spazio, si può notare come le dimensioni medie delle aree invernali non differiscano tra le diverse categorie (da 210 a 262 ha), mentre siano decisamente maggiori nelle femmine migratrici durante la fase estiva (rispettivamente 631 e 146 623 ha contro 300 ha), in ragione di un più ampio utilizzo del territorio durante la fase primaverile ed autunnale. Nessuna differenza è stata invece messa in evidenza, tra le diverse tipologie di occupazione dello spazio, nell’estensione delle core areas sia estive (media di 153 ha), sia invernali (media di 83 ha). Le femmine che hanno evidenziato un comportamento stanziale, hanno occupato durante tutto l’anno un home range che può essere considerato continuo e che ha dimensioni medie di 500 ettari. Le femmine che hanno mostrato un comportamento di tipo migratorio intermedio hanno anch’esse home ranges stagionali parzialmente sovrapponibili o perlomeno in continuità tra loro, con dimensioni annuali medie simili e pari a 743 ettari. Sulla base del comportamento delle femmine migratrici, non appare invece ragionevole combinare le differenti aree stagionali in un unico home range annuale. Le rotte utilizzate per la migrazione non devono essere considerate parte dell’home range, perché percorse in un periodo di tempo molto breve e perché l’inserimento di tali corridoi aumenterebbe in modo sproporzionato e artificiale l’estensione delle aree calcolate. Per tali aree annuali risulterebbe infatti un’estensione media di 1.912 ettari, comprendenti tuttavia porzioni di territorio in realtà non utilizzato. A conferma della maggiore variabilità individuale e della maggiore tendenza dei maschi ad effettuare spostamenti di estensione più ampia, gli home range occupati risultano sempre significativamente più grandi e la deviazione standard delle stime è superiore al valore medio delle stime stesse, mentre nel caso delle femmine ciò avviene solo nel caso delle migratrici. Nel caso dei maschi l’estensione media degli home ranges stagionali è risultata maggiore rispetto alle femmine, sia durante l’estate (media di 983 ha contro 522 ha), sia durante l’inverno (media di 1.138 ha contro 247 ha). Anche in termini di home range annuali i maschi hanno occupato superfici di maggiore estensione, superiori di oltre il doppio (media di 2.757 ha contro 1.173 ha). Tuttavia, raggruppando i maschi secondo due classi di età (i giovani più i subadulti e i soggetti adulti al di sopra dei 6 anni di età) si evidenziano due comportamenti di occupazione dello spazio differenti. Da una parte i soggetti più giovani che, durante l’estate, occupano aree più ampie dell’inverno analogamente alle femmine (media estiva 1.042 ha, media invernale 555 ha). Dall’altra i maschi adulti che mostrano home ranges estivi simili (media di 843 ha), ma aree invernali decisamente vaste (media di 3.016 ha). Ciò è legato al fatto che la parte di maschi adulti caratterizzati da comportamento migratorio passa parte dell’inverno in Val di Sole e parte compiendo migrazioni di estensione ancora maggiore verso la bassa Val di Sole e la Val di Non in cui trovano condizioni di svernamento particolarmente vantaggiose. Mentre nelle femmine sono stati messi in evidenza comportamenti simili e consistenti nel tempo e chiare strategie differenziate di occupazione dello spazio, nel caso dei maschi la variabilità inter-individuale è risultata molto elevata e maggiori difficoltà sono sorte al momento di “incasellare” il comportamento di ciascun individuo entro schemi ben definiti. Abbiamo già visto come una percentuale ben più elevata di soggetti (oltre la metà) abbia attuato una strategia di carattere migratorio, mentre altri abbiano mostrato un comportamento decisamente stanziale all’interno del Parco. Tra i maschi sono stati messi in evidenza anche individui definiti come “vagrant” (cioè, vaganti), di norma soggetti giovani, che non hanno mostrato un comportamento stabile, ma hanno continuato a cambiare luoghi e comportamento con il passere degli anni. L’individualità, in questo caso, gioca un ruolo importante nel definire e quantificare le caratteristiche di migrazione e occupazione dello spazio. Sembra possibile, basandosi su alcuni esempi di comportamento di singoli individui esemplificati nelle figure, tracciare alcune interessanti considerazioni di carattere descrittivo e qualitativo. A differenza delle femmine, una elevata percentuale di maschi ha evidenziato una tendenza a effettuare spostamenti di maggiore entità e un’occupazione dello spazio più frammentata e variabile e meno prevedibile. E’ possibile affermare che ogni individuo mostra un comportamento decisamente variabile e personalizzato, tanto da rendere possibili molte 147 varianti, dalla quasi totale stanzialità a movimenti irregolari o di elevata entità. Alcuni soggetti giovani mostrano un comportamento molto conservativo e simile a quello delle femmine, mentre altri mostrano generalmente home ranges stagionali più ampi, frammentati e disgiunti rispetto alle femmine, una tendenza ad effettuare spostamenti più improvvisi anche durante la stessa stagione e a volte aree di svernamento diverse in differenti stagioni. Diverso il comportamento dei maschi adulti i quali, se migratori, hanno verosimilmente ormai terminato la fase esplorativa e di dispersione ed occupano home ranges stagionali identici nel corso degli anni, spesso tra loro distanti anche decine di chilometri. A titolo esemplificativo, il maschio 890, di due-tre anni, se confrontato con la femmina 410 (Figura 4.66), mostra una distribuzione stagionale più dispersa ed una propensione ad occupare aree stagionali differenti nei due diversi anni, senza mai entrare nel territorio del Parco. Figura 4.66 – Distribuzione ed estensione degli home ranges stagionali del maschio 890, in confronto a quelli della femmina 410 di 7 anni. In marrone gli home ranges invernali della femmina e in viola quelli estivi. In blu gli home ranges invernali del maschio, in verde quelli primaverili, in giallo quelli estivi e in rosso quelli autunnali. Gli home ranges sono calcolati con il metodo del kernel e le linee racchiudono il 75% delle localizzazioni stagionali. La Figura 4.67 e Figura 4.68 mostrano, a titolo di esempio, i movimenti monitorati per quattro maschi adulti muniti di radiocollare. Il maschio 951, di 12 anni, ha abitudini estremamente stanziali, anche se occupa aree nettamente differenziate nelle diverse stagioni. L’estate viene trascorsa all’esterno del Parco, mentre l’autunno in una delle più importanti aree di bramito. Il maschio 100, di 7 anni, catturato in periodo riproduttivo all’interno del Parco in Val di Peio, si è spostato, per lo svernamento in Val di Sole, di circa 26 chilometri, muovendosi sino all’imbocco della Val di Rabbi e passando attraverso otto riserve di caccia differenti. Il maschio 030, di 10 anni, è stato catturato, durante l’attività riproduttiva del 2004 all’interno del Parco e al termine del bramito si è repentinamente trasferito nella zona di svernamento situata in Val di Sole a 8 chilometri di distanza. L’anno successivo è tornato nel Parco, occupando durante il periodo riproduttivo esattamente la stessa area, per poi effettuare uno spostamento migratorio invernale sino all’alta Val di Non. Il maschio 640, di 10 anni è stato catturato in Val di Rabbi, all’interno del Parco, durante il periodo del bramito. Il radiocollare con tecnologia GPS di cui è stato munito ha tracciato in modo preciso lo spostamento di circa 30 km che l’animale ha percorso in pochi giorni per portarsi nella sua abituale zona di svernamento posta tra l’alta Val di Non e la Provincia di Bolzano. Il cervo ha occupato per due anni consecutivi le stesse aree compiendo esattamente gli stessi spostamenti negli stessi periodi. 148 Figura 4.67 – Localizzazioni del maschio 951 di 12 anni (in giallo) e del maschio 100 di 7 anni (in blu). La linea continua unisce le localizzazioni in ordine temporale. Figura 4.68.– Localizzazioni del maschio 030 di 10 anni (in blu) La linea continua unisce le localizzazioni in ordine temporale. Durante l’estate e l’autunno il cervo usufruisce del territorio del Parco attirato dalla elevata densità di femmine. Durante la fase invernale esce completamente dall’area protetta, effettuando spostamenti di decine di chilometri e occupando i territorio di molte diverse riserve di caccia. 149 Figura 4.69 – Localizzazioni del maschio 640 di 10 anni (in blu), dotato di radiocollare con tecnologia GPS. Lo spostamento tra la zona occupata durante la fase estiva ed autunnale nel Parco e quella occupata in inverno è stata effettuata in 3-5 giorni ed ha una lunghezza di circa 30 chilometri. Durante l’estate e l’autunno il cervo usufruisce del territorio del Parco attirato dalla elevata densità di femmine. Durante la fase invernale esce completamente dall’area protetta, effettuando spostamenti di decine di chilometri e attraversando i territori di molte diverse riserve di caccia sino alla Provincia di Bolzano. Nei due anni in cui è stato munito di radiocollare ha occupato aree estive ed invernali identiche, effettuando gli stessi percorsi di spostamento. 150 Figura 4.70 - Confronto tra il comportamento spaziale di maschi e femmine nei mesi invernali. In blu sono rappresentate le core area dei maschi (stimate con i kernel al 50%) e in azzurro quelle delle femmine. Figura 4.71 - Confronto tra il comportamento spaziale di maschi e femmine nei mesi estivi. In rosso sono rappresentate le core area dei maschi (stimate con i kernel al 50%) e in rosa quelle delle femmine. 151 Tabella 4.38 - Dimensione media (in ettari) degli home range annuali delle femmine calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio compiuta entro anno. MCP95 - FEMMINE media stanziali DS N media type III DS N media migratrici DS N media DS N 2003 620.33 303.9251 3 789.078 367.0694 5 2347.11 1111.496 5 2004 491.79 194.9891 3 694.57 129.7282 7 2139.67 1144.603 8 2005 857.47 176.7139 3 862.1333 226.5949 6 1939.074 980.8684 7 2006 293.362 114.4078 5 621.854 211.356 5 1312.741 931.5789 7 2007 137.34 1349.4 1083.8 13 1303.0 1077.0 18 1332.4 855.7 16 809.7 753.2 17 137.3 1 1 Totale 500.8613 296.9068 15 743.0196 256.1 23 1911.69 1111.352 27 1172.584 976.1807 65 Tabella 4.39 - Dimensione media (in ettari) degli home range annuali delle femmine calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per migratrici e stanziali o type III. MCP95 - FEMMINE media non migr DS N 2003 725.8 354.3 8 2004 633.7 178.4 10 2005 860.6 211.3 9 2006 457.6 236.3 10 media DS N 2347.1 1111.5 5 2139.7 1144.6 8 1939.1 980.9 7 1312.7 931.6 7 1349.4 1083.8 13 1303.0 1077.0 18 1332.4 855.7 16 809.7 753.2 17 migratrici media DS N 2007 137.3 1 Totale 647.4 297.5 38 1911.7 1111.4 27 137.3 1 1172.6 976.2 65 Tabella 4.40 - Dimensione media (in ettari) degli home range annuali dei maschi calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per ciascuna classe d’età. MCP95 - MASCHI media 1-6 anni DS N 2003 2082.7 1316.5 3 2004 1868.4 2001.2 7 2005 1563.3 1370.9 7 2006 1276.7 1273.6 6 Totale 1649.1 1586.7 23 media DS N nd 911.8 nd 1 6840.2 5470.5 3 6526.4 8874.7 4 5942.2 7364.7 8 2082.7 1316.5 3 1748.8 1898.5 8 3146.4 4017.6 10 3376.5 6252.3 10 2757.0 4403.8 31 7+ anni media DS N 152 Tabella 4.41 - Dimensione media (in ettari) degli home range stagionali delle femmine calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. MCP95 FEMMINE stanziali type III migratrici media DS N media DS N media DS N media DS N inv0203 149.3 62.8 4 133.6 71.6 5 149.5 84.9 4 143.3 73.9 13 est03 311.1 76.8 4 955.3 354.9 5 484.5 236.5 4 612.2 381.7 13 inv0304 190.3 102.1 6 199.5 58.6 5 184.9 64.0 9 190.2 76.6 20 est04 369.5 147.7 5 519.0 147.8 4 791.2 841.0 9 613.6 631.5 18 inv0405 498.8 224.2 4 270.6 69.9 4 437.1 404.7 9 412.4 326.3 17 est05 424.5 259.5 6 646.4 181.0 4 873.0 913.5 9 683.7 679.6 19 inv0506 276.5 138.9 6 262.0 102.3 4 241.7 77.2 8 257.8 107.9 18 est06 145.1 63.4 6 323.1 234.7 4 220.6 80.3 8 218.2 143.8 18 inv0607 110.7 7.7 2 135.8 21.7 2 123.2 20.5 4 est07 Totale 99.9 277.8 192.6 44 415.0 326.4 35 436.8 572.9 62 381.8 432.8 141 1 99.9 1 Tabella 4.42 - Dimensione media (in ettari) degli home range stagionali delle femmine calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per migratrici e stanziali o type III. MCP95 - FEMMINE non migr migratrici media DS N media DS N media DS N inv0203 140.6 68.3 9 149.5 84.9 4 143.3 73.9 13 est03 669.0 418.4 9 inv0304 194.5 85.3 11 484.5 236.5 4 612.2 381.7 13 184.9 64.0 9 190.2 76.6 20 est04 435.9 165.4 9 inv0405 384.7 201.5 8 791.2 841.0 9 613.6 631.5 18 437.1 404.7 9 412.4 326.3 17 est05 513.3 255.6 10 inv0506 270.7 125.8 10 est06 216.3 179.0 10 inv0607 110.7 7.7 2 873.0 913.5 9 683.7 679.6 19 241.7 77.2 8 257.8 107.9 18 220.6 80.3 8 218.2 143.8 18 135.8 21.7 2 123.2 20.5 4 est07 Totale 99.9 338.6 269.3 79 1 436.8 572.9 62 381.8 432.8 141 99.9 1 Tabella 4.43 - Dimensione media (in ettari) degli home range stagionali dei maschi calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per ciascuna classe d’età. MCP95 MASCHI media 1-6 anni DS N media 7+ anni DS N media DS N inv02-03 365.7 260.8 3 nd 365.7 260.8 3 est03 1577.2 1480.4 3 nd inv03-04 471.8 800.3 9 131.5 nd 1 1577.2 437.8 1480.4 766.1 3 10 est04 1334.9 1494.7 8 520.6 419.9 2 1172.0 1388.7 10 inv04-05 913.8 1103.1 7 4858.3 4269.5 3 2097.1 3096.4 10 est05 690.4 307.5 8 888.1 550.4 5 766.4 428.9 13 inv05-06 531.0 235.1 7 3079.5 4152.3 4 1457.8 2794.2 11 est06 880.2 685.9 7 946.3 226.1 4 904.3 564.8 11 inv06-07 214.7 60.7 3 122.8 nd 1 191.7 65.9 4 Totale 785.4 960.8 55 1820.7 2968.7 20 1061.5 1799.1 75 153 Tabella 4.44 - Dimensione media (in ettari) degli home range stagionali delle femmine calcolati con il kernel al 95%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. K95 - FEMMINE stanziali type III migratrici media DS N inv0203 352.6 160.1 4 media DS N 488.9 201.0 4 inv0304 396.1 57.0 4 180.3 69.8 2 1170.4 280.5 5 media DS 428.3 319.8 N 3 339.5 234.3 9 media DS N est03 est04 563.0 136.0 5 inv0405 748.0 306.7 4 est05 763.6 205.1 4 inv0506 316.3 162.4 6 est06 268.4 70.7 5 996.9 324.5 4 375.9 114.4 4 846.6 170.1 4 416.2 197.7 4 866.8 652.8 162.9 284.2 61.5 738.6 396.1 525.6 188.5 645.7 326.5 384.3 141.2 340.4 161.8 236.0 507.7 300.3 3 813.8 384.1 12 7 307.2 81.9 16 9 747.2 361.0 18 8 543.8 249.4 16 9 720.7 283.3 17 8 368.7 166.9 18 5 360.2 223.6 9 1 200.1 35.9 2 53 529.9 328.2 118 224.4 41.6 3 inv0607 164.3 est07 Totale 110.5 1 1 462.7 258.0 36 653.9 411.0 29 1 110.5 1 Tabella 4.45 - Dimensione media (in ettari) degli home range stagionali delle femmine calcolati con il kernel al 95%, per migratrici e stanziali o type III. K95 - FEMMINE non migr media DS N inv0203 295.1 159.1 6 migratrici media DS N media DS N est03 867.5 419.9 9 inv0304 325.1 90.8 9 428.3 319.8 3 652.8 162.9 3 339.5 234.3 9 813.8 384.1 12 est04 755.9 321.8 9 inv0405 561.9 297.0 8 284.2 61.5 7 738.6 396.1 9 307.2 81.9 16 747.2 361.0 18 est05 805.1 192.9 8 inv0506 356.2 184.0 10 est06 inv0607 164.3 est07 Totale 385.0 280.5 4 110.5 1 1 548.0 348.3 65 525.6 188.5 8 645.7 326.5 9 384.3 141.2 8 340.4 161.8 5 236.0 543.8 249.4 16 720.7 283.3 17 368.7 166.9 18 360.2 223.6 9 200.1 35.9 2 507.7 300.3 53 1 110.5 1 529.9 328.2 118 Tabella 4.46 - Dimensione media (in ettari) degli home range stagionali dei maschi calcolati con il kernel al 95%, per ciascuna classe d’età. K95 - MASCHI media 1-6 anni DS N inv02-03 342.9 8.2 3 est03 1276.8 814.1 3 inv03-04 2465.2 3986.3 5 est04 1328.6 626.4 8 inv04-05 943.8 678.5 7 est05 1015.5 470.5 7 inv05-06 643.8 288.0 6 est06 812.6 451.9 7 Totale 1110.4 1509.9 46 media DS N nd nd 342.9 8.2 3 1276.8 814.1 3 175.8 nd 1 2083.6 3737.6 6 663.3 nd 1 1254.7 626.5 9 1364.3 1018.7 3 1069.9 819.0 10 1203.5 328.4 3 1071.9 441.3 10 15456.1 25374.6 4 6568.7 17614.1 10 1224.4 499.7 3 936.2 503.4 10 4936.0 14570.9 15 2051.2 7526.0 61 7+ anni media DS N 154 Tabella 4.47 - Dimensione media (in ettari) delle core area stagionali delle femmine calcolate con il kernel al 50%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. K50 - FEMMINE stanziali type III migratrici media DS N media DS N media DS N media DS N inv0203 76.9 39.8 4 24.3 nd 1 34.0 nd 1 61.0 39.7 6 est03 114.4 63.3 4 267.9 65.2 5 131.6 30.5 3 182.6 92.6 12 inv0304 84.8 20.4 4 55.9 21.5 5 50.2 13.6 6 61.3 23.4 15 est04 116.7 23.7 5 255.1 90.6 4 154.1 88.2 9 166.1 91.6 18 inv0405 171.4 70.2 4 70.4 28.2 4 97.8 46.4 8 109.4 62.6 16 est05 185.0 67.4 4 201.3 51.6 4 131.9 68.7 9 160.7 71.8 17 inv0506 69.5 46.0 6 103.8 62.4 4 96.8 45.3 7 88.8 52.1 17 est06 47.1 9.9 2 166.3 1 78.2 36.6 5 81.4 45.4 8 inv0607 37.8 est07 Totale 25.0 1 1 105.4 65.9 35 154.7 104.2 28 106.3 66.2 49 118.1 80.2 112 56.0 1 46.9 9.1 2 25.0 1 Tabella 4.48 - Dimensione media (in ettari) delle core area stagionali delle femmine calcolate con il kernel al 50%, per migratrici e stanziali o type III. K50 – FEMMINE non migr media DS N migratrici media DS N media DS N inv0203 66.4 41.4 5 34.0 nd 1 61.0 39.7 6 est03 199.7 99.8 9 inv0304 68.7 25.5 9 131.6 30.5 3 182.6 92.6 12 50.2 13.6 6 61.3 23.4 15 est04 178.2 93.3 9 inv0405 120.9 73.6 8 154.1 88.2 9 166.1 91.6 18 97.8 46.4 8 109.4 62.6 16 est05 est06 193.1 60.5 8 inv0506 83.2 55.7 10 est07 Totale 86.8 56.7 3 inv0607 37.8 nd 1 25.0 nd 1 127.3 88.5 63 131.9 68.7 9 160.7 71.8 17 96.8 45.3 7 88.8 52.1 17 78.2 36.6 5 81.4 45.4 8 56.0 nd 1 46.9 9.1 2 nd 106.3 66.2 49 118.1 80.2 112 25.0 nd 1 Tabella 4.49 - Dimensione media (in ettari) delle core area stagionali dei maschi calcolate con il kernel al 50%, per ciascuna classe d’età. K50 - MASCHI media 1-6 anni DS N media 7+ anni DS N media DS N inv02-03 63.3 5.8 2 nd est03 305.8 217.4 3 nd 63.3 5.8 2 305.8 217.4 3 inv03-04 108.2 29.5 4 30.3 nd 1 92.6 40.8 5 est04 319.5 164.4 8 118.5 nd 1 297.1 167.4 9 inv04-05 214.0 175.8 7 215.9 145.4 3 214.6 167.3 10 est05 233.4 142.3 7 229.1 97.4 3 232.1 130.4 10 inv05-06 140.3 53.5 5 173.8 146.1 3 152.8 100.3 8 est06 160.9 82.9 7 284.9 143.1 3 198.1 119.1 10 155 Totale 209.1 155.1 43 204.3 141.3 14 207.9 151.9 57 Tabella 4.50 - Dimensione media (in ettari) degli home range di tutte le stagioni estive ed invernali delle femmine, calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. MCP95 - FEMMINE media stanziali DS N media type III DS N media migratrici DS N media DS N Estate 300.4 198.0 22 631.2 345.1 17 622.7 738.0 30 Inverno 255.2 184.3 22 210.9 94.1 18 262.5 250.2 32 Totale 277.8 192.6 44 415.0 326.4 35 436.8 572.9 62 522.0 549.2 69 247.4 202.2 72 381.8 432.8 141 Tabella 4.51 - Dimensione media (in ettari) degli home range di tutte le stagioni estive ed invernali delle femmine, calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per migratrici e stanziali o type III. MCP95 - FEMMINE media non migr DS N Estate 444.6 317.7 39 Inverno 235.3 152.2 40 Totale 338.6 269.3 79 media DS N 622.7 738.0 30 262.5 250.2 32 436.8 572.9 62 522.0 549.2 69 247.4 202.2 72 381.8 432.8 141 migratrici media DS N Tabella 4.52 - Dimensione media (in ettari) degli home range di tutte le stagioni estive ed invernali dei maschi, calcolati con il Minimo Poligono Convesso al 95%, per ciascuna classe d’età. MCP95 - MASCHI media 1-6 anni DS N Estate 1042.1 1095.7 26 Inverno 555.2 749.8 29 Totale 785.4 960.8 55 media DS N 842.5 460.5 11 3016.3 4089.8 9 1820.7 2968.7 20 982.8 956.6 37 1138.1 2342.1 38 1061.5 1799.1 75 7+ anni media DS N 156 Tabella 4.53 - Dimensione media (in ettari) degli home range di tutte le stagioni estive ed invernali delle femmine, calcolati con il kernel al 95%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. K95 - FEMMINE Estate Inverno Totale stanziali media DS N 506.4 254.9 17 423.6 254.5 19 462.7 258.0 36 type III media DS N 1006.6 291.1 14 324.7 151.7 15 653.9 411.0 29 migratrici media DS N 620.0 345.8 26 399.6 195.2 27 507.7 300.3 53 681.1 362.7 57 388.7 210.1 61 529.9 328.2 118 media DS N Tabella 4.54 - Dimensione media (in ettari) degli home range di tutte le stagioni estive ed invernali delle femmine, calcolati con il kernel al 95%, per migratrici e stanziali o type III. K95 - FEMMINE media non migr DS N Estate 732.3 368.6 31 Inverno 380.0 220.8 34 Totale 548.0 348.3 65 media DS N 620.0 345.8 26 399.6 195.2 27 507.7 300.3 53 681.1 362.7 57 388.7 210.1 61 529.9 328.2 118 migratrici media DS N Tabella 4.55 - Dimensione media (in ettari) degli home range di tutte le stagioni estive ed invernali dei maschi calcolati con il kernel al 95%, per ciascuna classe d’età. K95 - MASCHI media 1-6 anni DS N Estate 1090.3 608.1 25 Inverno 1134.5 2133.7 21 Totale 1110.4 1509.9 46 media DS N 1135.3 436.5 7 8261.7 19344.7 8 4936.0 14570.9 15 1100.1 575.2 32 3100.6 10801.7 29 2051.2 7526.0 61 7+ anni media DS N 157 Tabella 4.56 - Dimensione media (in ettari) delle core area di tutte le stagioni estive ed invernali delle femmine calcolati con il kernel al 50%, per ciascuna tipologia di comportamento migratorio. K50 - FEMMINE Estate Inverno Totale stanziali media DS N 118.8 68.0 16 94.1 61.8 19 105.4 65.9 35 type III media DS N 237.9 76.1 14 71.4 45.3 14 154.7 104.2 28 migratrici media DS N 129.2 73.6 26 80.5 44.3 23 106.3 66.2 49 153.4 87.6 56 82.8 51.9 56 118.1 80.2 112 media DS N Tabella 4.57 - Dimensione media (in ettari) delle core area di tutte le stagioni estive ed invernali delle femmine calcolati con il kernel al 50%, per migratrici e stanziali o type III. K50 - FEMMINE media non migr DS N Estate 174.4 93.3 30 Inverno 84.5 56.5 33 Totale 127.3 88.5 63 media DS N 129.2 73.6 26 80.5 44.3 23 106.3 66.2 49 153.4 87.6 56 82.8 51.9 56 118.1 80.2 112 migratrici media DS N Tabella 4.58 - Dimensione media (in ettari) delle core area di tutte le stagioni estive ed invernali dei maschi calcolati con il kernel al 50%, per ciascuna classe d’età. K50 - MASCHI media 1-6 anni DS N Estate 249.3 161.6 25 Inverno 153.3 125.9 18 Totale 209.1 155.1 43 media DS N 237.2 125.9 7 171.3 148.0 7 204.3 141.3 14 246.7 154.6 32 158.3 132.7 25 207.9 151.9 57 7+ anni media DS N 158 4.2.6.7. Come funzionano i meccanismi di dispersione ? Poche informazioni sono disponibili su questo argomento vista l’esiguità del campione raccolto, la frazione della popolazione che entra in dispersione e colonizza nuove aree senza più fare ritorno al luogo d’origine è di per sé bassa e non è facile metterla in evidenza con campioni di questa entità. Il numero di soggetti giovani, quelli più propensi a effettuare spostamenti di questo tipo non è trascurabile (4-5 femmine e 7 maschi). Per il momento due sono i soggetti maschi giovani che hanno mostrato un comportamento irregolare e non simile negli anni, con frequenti cambiamenti di aree di estivazione e svernamento (Figura 4.72). Tale tipo di comportamento è stato definito “vagrant” (vagante) e non è stato considerato per il calcolo delle medie prima riportate. Nel caso del maschio 890 di 2-3 anni, il percorso che unisce idealmente gli home ranges occupati nelle differenti stagioni dei tre anni di monitoraggio assomma a circa 42 chilometri e non comprende mai, unico caso, il PNS. Figura 4.72 – Distribuzione delle localizzazioni e comportamento spaziale di tipo vagante senza home ranger stabili di due maschi giovani (in alto il maschio 890, di 1-4 anni, in basso il maschio 931, di 1-3 anni). Un notevole e inconsueto movimento di dispersione è invece stato effettuato dalla femmina 111, adulta di 9 anni, che dopo aver trascorso l’inverno e parte dell’estate 2004 nel Parco 159 Nazionale dello Stelvio della Val di Peio, ha velocemente attraversato tutta la Val di Sole discendendo lungo la destra orografica della Val di Non per stabilirsi, tra fine estate e inverno tra Vigo di Ton e il biotopo della Rocchetta (Figura 4.73). Le due aree distano in linea d’aria circa 32 chilometri, ma lo spostamento della cerva si è sviluppato lungo un percorso di almeno 53 chilometeri. Figura 4.73 - Comportamento di dispersione mostrato dalla femmina 111 che, dopo aver svernato in Val di Peio, alla fine di luglio 2004 ha raggiunto la bassa Val di Non, dove è rimasta fino all’inverno successivo. I punti sono rappresentati con un gradiente di colore che rappresenta le prime localizzazioni (più chiare) fino alle più recenti (più scure). 4.2.6.8. Quali sono state la sopravvivenza e le cause di morte degli animali marcati con radiocollare? La Tabella 4.59 riassume gli esiti della sopravvivenza e le cause di morte dei soggetti muniti di radiocollare tra il 2003 e il 2006. Il 56% dei cervi è ancora vivo, il 21% è morto per cause naturali (tra cui starvation, clostridiosi e collisioni con autoveicoli), il 9% è stato abbattuto fuori Parco durante la stagione venatoria e il 14% è stato abbattuto in modo illegale principalmente all’esterno del Parco. 160 Tabella 4.59 - Esiti della sopravvivenza e le cause di morte dei soggetti muniti di radiocollare tra il 2003 e il 2006; tra parentesi gli animali morti di morte naturale nei mesi successivi alla cattura durante l’inverno 2003-04, particolarmente duro e nevoso. Vive Femmine Morte naturale Abbattimento in caccia Bracc TOT Vive Morte naturale Abbattimento Bracc 14 8 (2) 2 2 26 (2) 54% 31% 8% 8% Maschi giovani 5 0 (4) 1 2 8 (4) 63% -- 13% 25% Maschi adulti 5 1 (1) 1 2 9 (1) 56% 11% 11% 22% 24 9 (7) 4 6 43 (7) 56% 21% 9% 14% TOTALE 4.2.6.9. Conclusioni In base ai dati raccolti tra gennaio 2003 e dicembre 2006 è possibile tracciare le seguenti considerazioni ed evidenziare le prospettive future di gestione della popolazione. Lo studio sulle capacità di spostamento evidenzia come non sia possibile considerare i cervi del Parco e quelli della Val di Sole come due unità distinte e separate. Più della metà dei soggetti monitorati mostra un comportamento stagionale migratorio e circa il 30% della popolazione compie spostamenti di parecchi chilometri tra l’estate e l’inverno. In base all’esame della distribuzione delle localizzazioni dei cervi monitorati (Figura 4.60) e alla distribuzione geografica delle catture, sembra confermata l’ipotesi che l’unità territoriale entro cui gestire la popolazione di cervo (Unità di Gestione) debba comprendere tutto il territorio trentino del Parco, il Distretto Faunistico della Val di Sole e parte del Distretto Faunistico alta Val di Non. Lo studio ha confermato l’esistenza di due principali strategie di uso dello spazio. Tra i cervi che presentano un comportamento migratorio e stanziale si collocano i cervi con comportamento di tipo intermedio, con areali stagionali separati, ma contigui nello spazio. Le tre tipologie di comportamento risultano più marcate per le femmine: Il 44% delle femmine monitorate mostra un comportamento stagionale migratorio e circa il 22% di esse compie spostamenti di parecchi chilometri tra l’estate e l’inverno, tra l’interno e l’esterno dell’area protetta. Tuttavia il restante 78% mostra un comportamento sostanzialmente stanziale e una parte significativa delle femmine (il 73%) trascorre l’intero anno all’interno del Parco e ne mappa i confini. La percentuale di individui migratori e l’estensione delle migrazioni è sinora risultata mediamente bassa rispetto a quanto verificato in altre situazioni alpine I cervi iniziano gli spostamenti migratori primaverili in un periodo estremamente preciso e limitato nel tempo, tra gli ultimi giorni di aprile e la prima settimana di maggio. Il rientro nelle zone di svernamento appare più variabile e dipendente dagli andamenti meteo-climatici. La distanza tra i siti di estivazione e svernamento passa dai 735 m (±396) per le stanziali ai 5.244 m (±3.147) per le migratrici. La quasi totalità delle femmine monitorate ha utilizzato in modo tradizionale negli anni le stesse aree di estivazione e di svernamento. Le dimensioni medie degli home ranges invernali variano tra i 140 e i 400 ha, mentre gli home ranges estivi, comprensivi dei territori di prima migrazione e di quelli autunnali, occupano dimensioni da due a tre volte maggiori e mostrano valori medi tra i 475 e i 873 ha. 161 Nel caso dei maschi, soprattutto negli adulti, le caratteristiche individuali giocano un ruolo significativo nel comportamento spaziale e la maggioranza di essi, pur utilizzando il territorio del Parco durante il periodo riproduttivo e l’estate, trascorre l’inverno all’esterno, spesso anche a parecchie decine di chilometri di distanza. La Figura 4.74 schematizza le principali rotte di spostamento che è stato possibile mettere in evidenza per i maschi. Una parte (circa il 40-50%) resta all’interno del Parco o in prossimità dei suoi confini per tutto il corso dell’anno, compiendo movimenti migratori di limitata entità. Altri (il 50-60%) si spostano dalle Valli di Peio e Rabbi verso la media e la bassa Val di Sole, giungendo, in alcuni casi, sino a Bresimo. Figura 4.74 – Principali rotte di migrazione messe in evidenza per i maschi catturati nel PNS. La Figura 4.75 mette in evidenza le principali rotte di spostamento che è stato possibile individuare per le femmine monitorate. Alcune di esse si spostano durante l’estate nella Valle di Bresimo, una è arrivata a visitare anche la Val d’Ultimo, mentre altre svernano nella porzione di Parco dello Stelvio della Val di Rabbi per andare poi a estivare in quella della Val di Peio. Una porzione probabilmente significativa sverna sui versanti soleggiati della media Val di Sole per portarsi poi repentinamente all’interno del Parco in Val di Peio al sopraggiungere della primavera. Una, infine, sembra essersi definitivamente spostata nella bassa Val di Non. Tuttavia una frazione cospicua delle femmine monitorate (18 su 23) trascorre l’intero anno all’interno del Parco e ne mappa praticamente i confini (Figura 4.76). A differenza di quanto emerge per i maschi, che mostrano un comportamento spaziale con frequenti movimenti che li portano a valicare i confini del Parco, una parte consistente di esse, pari al 78% del totale, passa praticamente l’intero ciclo annuale all’interno dell’area protetta . E tra queste, sono 4 (il 22%) quelle che effettuano alcuni limitati spostamenti, limitati nello spazio e nel tempo, all’esterno del Parco (Figura 4.77). Decisamente diversa la situazione dei maschi, tra cui circa la metà dei soggetti monitorati (il 55%) ha mostrato un netto comportamento migratorio che li ha portati ad utilizzare in modo significativo anche i territori all’esterno dell’area protetta. 162 Figura 4.75 – Principali rotte di migrazione e dispersione messe in evidenza per le femmine catturate nel Parco dello Stelvio e nelle aree limitrofe. In conclusione le dimensioni dell’UG sono ritenute sufficienti a comprendere gli spostamenti dei cervi marcati ed alla gestione della popolazione. Tuttavia, solo il 25% delle cerve ha evidenziato una strategia migratoria di occupazione dello spazio. Le distanze tra aree di svernamento e di estivazione sono risultate piccole rispetto ad altre realtà. Le femmine hanno mostrato un comportamento estremamente conservativo e tradizionale e si sono mosse su brevi spazi, nei limiti del possibile sempre all’interno del Parco. I maschi hanno invece un comportamento più imprevedibile, variabile di anno in anno e si muovono su aree molto più vaste uscendo in modo significativo dall’area protetta. I comportamenti di maschi e femmine sono risultati diversi al punto da rendere necessarie modalità di gestione differenti. Gli spostamenti stagionali delle femmine sono risultati inferiori all’atteso e non sufficienti ad una gestione realizzata solo all’esterno del Parco. L’eventuale controllo all’interno del Parco per ridurre la densità della popolazione dovrà quindi concentrarsi maggiormente sulle femmine per essere più efficace. Il periodo di migrazione primaverile rende necessaria una oculata pianificazione delle attività di censimento che avvengono proprio a cavallo di tale periodo. Il periodo di migrazione autunnale, soprattutto nel caso dei maschi che compiono spostamenti di notevole estensione, rende necessaria una oculata pianificazione delle attività venatorie. 163 Figura 4.76 – Una percentuale cospicua delle femmine monitorate trascorre praticamente l’intero arco vitale all’interno del Parco, mostrando un comportamento stanziale o migratore a corto raggio. Figura 4.77 – Una percentuale basse delle femmine monitorate (5 su 23) ha compiuto spostamenti stagionali di entità notevole al di fuori del Parco, mostrando un comportamento migratore. 164 Figura 4.78 – Circa la metà dei maschi monitorati (5 su 11, 45%) trascorre praticamente l’intero arco vitale all’interno del Parco, mostrando un comportamento stanziale o migratore a corto raggio. Figura 4.79 – Circa la metà dei maschi monitorati (6 su 11, 55%) ha compiuto spostamenti stagionali di entità notevole al di fuori del Parco, mostrando un comportamento migratore. 165 56#615#0+6#4+1 (a cura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Sezione di Trento) La paratubercolosi è una malattia enterica ad andamento cronico causata da Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis (MAP), che colpisce principalmente ruminanti domestici e selvatici; fra questi ultimi i cervidi risultano essere particolarmente sensibili (Pacetti et al., 1994; De Lislie et al., 1995). Recenti indagini hanno dimostrato che lo spettro d’ospite è molto più ampio, essendo sensibili all’infezione anche specie non ruminanti (Beard et al., 1999; Greig et al., 2002; De Lisle et al., 2002). La sintomatologia è caratterizzata da diarrea intermittente, progressivo deperimento e cachessia terminale. La principale via di trasmissione dell’infezione è quella oro fecale. Feci di animali infetti e grandi eliminatori possono contaminare acqua, alimenti e ambiente, ed essere fonti importanti per la trasmissione dell’infezione ad animali recettivi. In Italia la paratubercolosi è stata segnalata in diverse specie selvatiche dell’arco alpino: cervi, stambecchi, camosci, caprioli, mufloni con prevalenze variabili a seconda del test diagnostico utilizzato e della zona considerata (Tolari et al., 1987; Nebbia et al., 2000; Ferroglio et al., 2000). La prima segnalazione in Italia di casi clinicamente conclamati di infezione paratubercolare in cervi risale agli anni ’90 e riguarda animali provenienti dal Settore altoatesino del Parco Nazionale dello Stelvio (Pacetti et al., 1994). Nei cervidi la maggior positività all’esame colturale si riscontra soprattutto nella frazione più giovane della popolazione (fusoni e sottili) (Carpi G. et al. 2005). In un’indagine eseguita nel Settore altoatesino del Parco Nazionale dello Stelvio la prevalenza riscontrata all’esame colturale varia dal 31.96 % al 61 % (Fraquelli et al., 2000). Mentre una ricerca condotta tra il 1998 e il 2002 in Trentino ha messo in evidenza valori di prevalenza, che variano da 55 % al 80 % nel settore occidentale, e da 36 % a 6 % nel settore orientale (Carpi G. et al. 2005). I ceppi di Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis, isolati da bovini, ovini e cervi, sono stati sottoposti ad analisi PCR-REA e la tipizzazione, basata sul polimorfismo presente nell’IS1311, ha dimostrato l’origine bovina dei ceppi (Robbi et al., 2000). Il monitoraggio nel Parco Nazionale dello Stelvio L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, dopo le osservazioni effettuate agli inizi degli anni ’90 dal direttore della sezione di Bolzano, dr. Pacetti, a partire dal 1997 ha iniziato uno studio sistematico dello stato sanitario del cervo presente nel territorio delle due province autonome. Negli anni 2004 e 2005 ha realizzato in queste province e con propri fondi di ricerca, uno studio sulla paratubercolosi in ambiente alpino. Nel Trentino sono state controllate la parte orientale (Primiero, Fassa e Fiemme), e la parte occidentale (Val di Sole); la maggior parte dei campioni occidentali è giunta dal Parco Nazionale dello Stelvio. La prevalenza all’esame colturale per paratubercolosi nei cervi è risultata di 39.13% (n = 46) nella zona occidentale del Trentino (Settore trentino del PNS e zone limitrofi) e di 8.82% (n = 34) nel settore orientale del Trentino. Nella Provincia di Bolzano si è riscontrato una prevalenza superiore pari a 62.79% (n = 43) nel Settore Altoatesino del PNS e a 29.73% (n = 37) nelle restanti zone della provincia. In Tabella 4.60 sono indicate le prevalenze di cervo capriolo camoscio nelle diverse zone considerate. 166 Tabella 4.60 - Valori di prevalenze all’esame colturale in cervo, capriolo e camoscio CERVO POS N tot CAPRIOLO CAMOSCIO P (%) POS N tot P (%) POS N tot 39.13% 4 17 23.53% 0 3 8.82% 3 29 10.34% 2 26 3 66 4.55% 0 4 P (%) PNS e Trentino occidentale 18 Trentino orientale 3 34 Altre zone Trentino 0 3 PNS Altoatesino 27 43 62.79% --- --- --- --- --- --- Altre zone provincia Bolzano 11 37 29.73% 5 11 45.45% 4 10 40.00% 46 7.69% In Figura 4.80 è riportato il confronto tra le prevalenze e i diversi anni di indagine. 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 2000 2001 TN occidentale 2002 TN orientale 2004/5 PNS altoatesino Figura 4.80 - Prevalenze all’esame colturale in cervi per settore di indagine in diversi anni di indagine. La Figura 4.81 permette di confrontare i dati di popolazione (densità) con la prevalenza di infezione all’esame colturale nei cervi dei due settori trentini considerati dal 200 al 2005. 167 10 8 6 4 2 densità (capo/100 ha) prevalevza 12 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0 2000 2001 % Est 2002 % Ovest 2003 D Est 2004/5 D Ovest Figura 4.81 - Correlazione tra densità (D) di popolazione di cervo e prevalenza (%) all’esame colturale. Il grafico consente di rilevare una prevalenza sostanzialmente e stabilmente bassa dopo il 2000 nel settore orientale, dove la densità è inferiore a quella del settore occidentale. Quest’ultimo presenta una tendenza al decremento della prevalenza, pur manifestando una decisa tendenza all’incremento della densità. C’è da dire che il dato del Trentino orientale è più omogeneo di quello del Trentino occidentale, dove il campionamento è stato effettuato al di fuori del territorio del Parco. È riferito che a partire dal 2001 si è osservato un costante aumento della densità entro il Parco e una diminuzione all’esterno. Considerato che il campionamento ha coinvolto cervi cacciati all’esterno, esso risulta poco significativo per lo stato sanitario dei cervi che vivono stabilmente entro i confini e che hanno densità notevolmente più elevate. Considerazioni Gli studi effettuati in questi anni e culminati nella ricerca corrente, hanno permesso di evidenziare una stabile circolazione di infezione paratubercolare in ambiente selvatico in zone in cui la prevalenza sierologica negli allevamenti bovini è prossima allo zero e non sono osservate forme cliniche o lesioni anatomopatologiche riferibili a paratubercolosi, nei bovini ivi allevati. Abbiamo anche rilevato che le lesioni più gravi, osservate all’esame anatomopatologico come appartenenti al gruppo C, che sono significativamente espressione di paratubercolosi, costituiscono una percentuale relativamente esigua del campione esaminato, sia in Trentino che in Alto Adige e che tale rapporto appare direttamente correlato con le densità di popolazione. A fronte di tali considerazioni si può ragionevolmente dedurre che nell’area di studio la paratubercolosi è in grado di mantenersi in ambito selvatico indipendentemente dalla presenza di ruminanti domestici che ne sostengano la presenza e la diffusione. A tale proposito i nostri risultati suggeriscono che la specie cervo è in grado di mantenere nel tempo l’infezione paratubercolare nelle proprie popolazioni e nell’ambiente selvatico, con la possibilità di contaminare altre specie selvatiche e domestiche. Considerato che la paratubercolosi, anche in popolazioni in cui vi è elevata prevalenza all’esame batteriologico, non è mai stata osservata come causa di elevata mortalità del cervo, si può dedurre che nella maggior parte dei cervi batteriologicamente positivi per MAP, l’infezione decorrerà in modo lieve, inapparente o forse anche transitorio, mentre solo pochi manifesteranno la malattia e contribuiranno a mantenere l’infezione nel territorio. In alcune zone la prevalenza d’infezione appare particolarmente elevata nelle popolazioni di cervo studiate e coinvolge anche altre specie selvatiche ruminanti e non ruminanti. Le lesioni anatomopatologiche caratterizzate e descritte nel corso degli anni, evidenziano una precocità di forme cliniche rispetto ai ruminanti domestici con interessamento delle classi più giovani. La prevalenza d’infezione e la presenza di forme patologiche gravi sono inferiori nelle aree dove la densità di popolazione è inferiore. Questo dato viene rafforzato dal confronto di diverse 168 aree di studio nelle due province e dai risultati ottenuti da altre indagini effettuate dall’Istituto. Infatti anche studi effettuati nel Settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio confermano questi risultati, con densità, prevalenze d’infezione e frequenza di lesioni gravi (classe C) analoghe a quelle del Trentino orientale. Nel Trentino nord occidentale, che corrisponde alla zona che comprende il Parco Nazionale dello Stelvio, il controllo attuato su bovini allevati e macellati in quel territorio non ha rilevato nessun caso di lesioni specifiche all’osservazione anatomopatologica. A ciò si aggiunga che da parecchi anni in quella zona non vengono segnalati casi di paratubercolosi nel bovino e la prevalenza osservata all’esame sierologico per paratubercolosi è vicina allo zero. Ciò tuttavia appare correlato alla peculiare forma di allevamento (razze allevate e consistenza delle stalle) e non esclude in alcun modo il fatto che un territorio caratterizzato da un’elevata prevalenza nel selvatico costituisca una fonte potenziale di infezione per il domestico. Le nostre osservazioni ripetute suggeriscono quindi che vi sia un certo numero di cervi in grado di mantenere l’infezione in ambiente selvatico attraverso la contaminazione dei pascoli e del foraggio. I risultati forniti dall’analisi molecolare evidenziano un grado di similarità molto alto tra i ceppi isolati dalle diverse specie. Per la maggior parte dei ceppi isolati non sono state rilevate differenze per zona d’origine, mentre rimane aperta la possibilità che vi siano variabili determinate della specie dell'animale ospite. In relazione alla differenza tra prevalenza d’infezione e malattia nelle diverse specie va tenuto in considerazione il fatto che la paratubercolosi sia ritenuta una patologia condizionata da fattori scatenanti, quali possono essere fattori stressanti come il periodo degli amori per i maschi, la gravidanza e il parto per le femmine, patologie concomitanti, il sovraffollamento, come negli allevamenti intensivi per i domestici, determinato da densità elevate per le popolazioni a vita libera. E’ possibile utilizzare i cervi del Parco per operazioni di reintroduzione e ripopolamento? Allo stato attuale non vi sono vincoli di legge che impediscano il trasferimento dei cervi presenti nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, per causa di patologie in essi riscontrate. Tuttavia, alla luce delle nostre indagini sanitarie, questa possibilità è avversata da diversi fattori: - L’elevata prevalenza di soggetti riscontrati positivi all’esame colturale per Micobacterium avium subsp. paratunberculosis, è riferita a cervi sottoposti a prelievo venatorio al di fuori del Parco, per cui è lecito supporre che le densità molto più elevate entro il Parco siano associate ad una maggiore diffusione dell’agente eziologico e ad un numero consistente di soggetti infetti ed eliminatori. È noto, tra l’altro, che la densità accentua la probabilità di incontro tra parassita e ospite recettivo. - Per quanto indicato al punto precedente e poiché buona parte dei cervi non ne lasciano mai il territorio, i dati che abbiamo non consentono di definire correttamente lo stato sanitario del cervo all’interno del Parco, perlomeno per il segmento femminile della popolazione. - Sebbene sia stato dimostrato che solo pochi dei cervi positivi all’esame colturale siano destinati a manifestare la malattia, allo stato attuale non vi sono metodiche di laboratorio in grado di identificare animali eliminatori o destinati a diventarlo. In base alle considerazioni effettuate non è possibile oggi porsi il problema del trasferimento dei cervi presenti nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, in quanto mancano i prerequisiti di conoscenza e gestione delle problematiche sanitarie, indispensabili per tale azione. È prioritario programmare e realizzare uno studio che accerti lo stato sanitario del cervo all’interno del Parco e che definisca le azioni di gestione necessarie per ridurre l’impatto della paratubercolosi sul cervo e sulle altre specie simpatriche, nonché per impedire che le 169 attività zootecniche ne subiscano un danno. Solo a posteriori sarà possibile valutare la possibilità del trasferimento dei cervi. Deve però essere chiaro che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non sarà possibile ridurre a zero la possibilità di trasferire cervi con rischio di paratubercolosi e, dunque, ogni singolo progetto dovrà essere valutato sia per gli aspetti della provenienza dei cervi, sia per quelli della destinazione. 170 37#&41&'..'241$.'/#6+%*''&'..'8#.'0<' &'..'2121.#<+10+&+%'4810'.%106'561 #/$+'06#.')'56+10#.''51%+1'%101/+%1&'..ŏ 70+6&+)'56+10' All'interno di un ecosistema ciascun elemento è intimamente legato ed interconnesso in una sorta di rete a tutte le altre componenti, a formare una sorta di equilibrio dinamico in continua evoluzione. Ogni cambiamento può portare conseguenze in cascata sulle altre componenti. Tali aspetti e i possibili effetti connessi alle elevate densità di cervo devono essere opportunamente analizzati e documentati. La presenza del cervo può avere effetti sulla dinamica di altre specie faunistiche quali il capriolo o i Tetraonidi ed anche sulle dinamiche evolutive del bosco. Analogamente un adeguata numerosità e distribuzione della popolazione è necessaria al fine di creare e mantenere una rete trofica adeguata a favorire l’espansione delle aree di presenza dei grandi predatori e dei consumatori secondari. Inoltre, in ambiente alpino, la presenza umana e le sue interrelazioni con l'ambiente naturale non possono essere trascurate in quanto indissolubilmente legate in un equilibrio complessivo. Le scelte del piano devono mediare e trovare un giusto equilibrio tra necessità dell'uomo, e conservazione degli ecosistemi in tutte le loro componenti. La gestione del cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio non può prescindere dalla conoscenza delle eventuali interazioni con altre specie di ungulati presenti nell’area protetta e nelle aree limitrofe e nemmeno dagli impatti che la popolazione arreca alle attività umane di interesse socio-economico. Di seguito vengono riportate alcune brevi note che descrivono e quantificano i rapporti tra la popolazione di cervo, l’ecosistema e le attività umane, cercando nel possibile di mettere in luce e quantificare in modo oggettivo gli aspetti positivi e negativi, sul medio e lungo termine, legati alle elevate densità della popolazione. +/2#66+57..#4+0018#<+10'&'.$15%1 La stabilità fisica ed ecologica e la capacità di rinnovazione delle foreste di montagna presuppongono la presenza di un equilibrio tra la componente animale e vegetale. L’azione degli Ungulati selvatici sulla rinnovazione del bosco è dovuta prevalentemente a motivazioni di origine alimentare (brucamento e scortecciamento) e nel caso dello sfregamento ha origini comportamentali. Il brucamento alla rinnovazione forestale da parte degli Ungulati selvatici è un fenomeno naturale ed i giovani alberi rappresentano, in particolare durante la stagione invernale, una componente fondamentale della loro alimentazione. Il brucamento diventa un fattore limitante per la pianta solo nel caso di un’asportazione significativa, o ripetuta nel tempo, di gemme e rametti; nel caso di piantine di un anno di età o di pochi centimetri di altezza si può verificare la loro completa asportazione. 171 In generale, il danneggiamento di una pianta da parte degli Ungulati selvatici diventa dannoso per l’intero popolamento solo nel caso in cui non rimanga una presenza di piantine sufficiente a garantire i normali meccanismi di rigenerazione del bosco. Difficile risulta individuare la soglia oltre la quale la brucatura porta ad un effettivo danno economico, visto che i fattori concorrenti sono molto complessi ed interrelati. In linea generale, i processi naturali prevedono la produzione di un numero elevatissimo di semi delle diverse specie forestali; semi che saranno poi sottoposti agli agenti della selezione naturale per ottenere una rinnovazione affermata. In tal senso, la brucatura degli Ungulati, costituisce un naturale anello delle catene alimentari e meccanismo di selezione. La possibilità di rinnovazione di una foresta dipende quindi dalla sua capacità di produrre seme fertile, dalla presenza di condizioni idonee alla germinazione ed allo sviluppo e da un idoneo equilibrio con le componenti consumatrici dell’ecosistema. A tal riguardo va tenuto presente che, in condizioni di difficoltà ecologico-stazionale congiunturali, una foresta subisce in modo molto più forte l’impatto della brucatura. Anche il tipo di gestione determina un diverso effetto della brucatura: la gestione naturalistica prevede la continuità della rinnovazione. L’interruzione, anche temporanea, dei processi di rigenerazione può essere da un lato poco evidente, ma produce effetti deleteri sulla sostenibilità dei prelievi ed accentua il danno economico. Lo scortecciamento produce inoltre dei danni economici diretti per scadimento delle qualità tecnologiche del legname. L’azione degli Ungulati sulla rinnovazione è diretta in modo preferenziale verso determinate specie vegetali (ad esempio abete bianco e latifoglie). Da ciò ne può derivare un’alterazione della naturale mescolanza specifica ed un impoverimento nella varietà ecologica del bosco. Gli Ungulati selvatici hanno iniziato a costituire un serio problema per la rinnovazione dei popolamenti forestali verso l'inizio degli anni '60 nelle foreste dell'Europa centrale ed orientale. Nelle Alpi italiane, problemi relativi ad uno squilibrio tra la consistenza delle popolazioni di Ungulati selvatici e l'affermazione della rinnovazione forestale sono stati segnalati per la prima volta nella seconda metà degli anni ‘70. I primi studi sull’argomento sono stati effettuati da Aldous negli Stati Uniti (1944). In Italia studi sull'impatto degli ungulati selvatici sulla rinnovazione forestale sono stati effettuati in alcuni territori di Piemonte, Valle d'Aosta, Trentino (Parchi naturali) - Alto Adige (Motta, 1995; Motta, Quaglino, 1989; Motta, Franzoi, 1997; Armani e Franzoi, 1998; Provincia Autonoma di Bolzano, 1997). Nel corso degli anni ’90 sono state eseguite ricerche analoghe anche in altre regioni alpine (Baviera, 1994; Tirolo, 1995). L’esperienza del Parco Nazionale Svizzero e delle aree limitrofe del Canton Grigioni risulta di particolare interesse, in quanto analizza l’impatto della brucatura in diretta relazione con la dinamica di popolazione del cervo in area protetta in una situazione in parte simile a quella presente in Val di Sole. I risultati di un monitoraggio di 9 anni mediante recinti di escusione in Val Trupchun, all’interno del Parco, portano alla conclusione che la rigenerazione naturale è rallentata dagli Ungulati, anche se le condizioni stazionali e geografiche hanno una notevole importanza come co-fattore (Abderhalden e Campell, 2006). L’impatto è risultato maggiore sul versante destro della valle (quello caratterizzato dalle esposizioni più meridionali e favorevoli allo svernamento) e maggiore sull’abete rosso, rispetto al larice. In Val Trupchun è presente una densità di cervo paragonabile a quella dello Stelvio trentino, anche se durante l’inverno gli animali lasciano quasi completamente la valle (esposta prevalentemente a nord) per uscire lungo i versanti posti a quote inferiori all’esterno del Parco. La situazione non è in realtà completamente paragonabile al Settore trentino del PNS in cui sono presenti densità di svernamento attorno ai 40 cervi/km2. L’impatto del cervo è risultato maggiore durante le prime fasi di germinazione. Un ulteriore lavoro mediante recinti di esclusione fa riferimento ad un area più vasta della Valle dell’Engadina (Abderhalden at al., 2006). In tre dei nove recinti la brucatura degli ungulati è stata ritenuta responsabile del rallentamento della rinnovazione. 172 In Provincia di Trento, già nei primi anni ’90, l’impatto della brucatura risultava localmente evidente e spingeva il Servizio Foreste ad attivare una prima rete di monitoraggio impostata su recinti di esclusione, di dimensioni 10x10 m, abbinati ad analoghe aree testimone. Due di questi recinti vennero realizzati all’interno del PNS. Nel 1998 il PNS ha attivato una campagna di rilevamento mediante transetti su tutto il territorio. Nel 2001 il Servizio Foreste e fauna ha impostato una campagna analoga su tutto il territorio provinciale, compreso il territorio trentino del Parco. Nel 2007 il PNS ha monitorato i due recinti di esclusione del ’92. I risultati della ricerca del ’98 nel PNS hanno evidenziato la gravità dell’impatto per il Settore trentino. In particolare hanno portato, allora, alle seguenti considerazioni: • la percentuale media di brucamento a carico della rinnovazione forestale è superiore a quella registrata in altre regioni dell’arco alpino con analoghi rilievi (Figura 4.82); • in alcune zone del Parco il livello di brucamento è così elevato da pregiudicare l’affermazione e lo sviluppo della rinnovazione forestale; • le zone in cui è stato rilevato il carico di morso più elevato, e tra queste il Settore trentino della Val di Rabbi, si sovrappongono a quelle in cui si verificano le massime concentrazioni di cervo durante il periodo invernale (Figura 4.83); • le altre specie di Ungulati selvatici ed il bestiame domestico concorrono al danno da morso solo in aree di limitata estensione; • particolarmente significativa risulta la fotografia dello stato della rinnovazione che deriva dall’analisi comparata delle situazioni più problematiche: Lasa e Rabbi. Percentuali di morso in Baviera, Tirolo, Alto Adige e Parco nazionale dello Stelvio Baviera 50 40 Tirolo 30 Alto Adige 20 Parco Nazionale dello St l i 10 latifoglie conifere pino silvestre larice 0 abete rosso Percentuale di morso annuo 60 Figura 4.82. – Raffronto tra le percentuali annuali di morso alla rinnovazione arborea esaminata in altre zone. I valori del Tirolo si riferiscono a un periodo di 1,5 anni. I valori di brucatura a Rabbi infatti sono paragonabili a quelli di Lasa (pur leggermente inferiori), anche se il danno alla rinnovazione forestale non è, a prima vista, così evidente. La rigenerazione della foresta non sembra essersi fermata perché gli alberi che hanno raggiunto i venti anni di età non presentano ritardi nella crescita. Tuttavia le piantine più giovani, sotto il metro di altezza, mostrano un carico di morso notevole. A Lasa invece, in Val Venosta, l’impatto sulla rinnovazione forestale è particolarmente evidente e la vegetazione assume, su porzioni assai vaste del territorio, un portamento a cespuglio basso, con ritardi notevoli nella crescita. Tale situazione è pienamente giustificata dal ritardo temporale con cui le densità di cervo sono divenute limitanti a Rabbi rispetto a Lasa, dove la consistenza del cervo era già ragguardevole negli anni ’60. 173 Il raffronto con Lasa ci aiuta quindi ad ipotizzare l’evoluzione dell’impatto nel tempo, nel caso in cui le attuali densità elevate permangano e perpetuino la ripetuta azione di brucatura: se le consistenze di cervo in Val di Sole dovessero rimanere ai livelli attuali anche in futuro, gli effetti prodotti potrebbero essere simili a quelli ora presenti nella stazione di Lasa. In Figura 4.84 è individuata la distribuzione spaziale delle stime di densità di cervo realizzate mediante pellet group distance sampling. I dati si riferiscono agli inverni 2004-05 e 2006-07 nei quali è stata stimata una densità media all’interno del Parco di oltre 30 cervi / km2. Sono passati già 10 anni dai rilievi per la valutazione dell’impatto da morso sulla rinnovazione forestale ed è verosimile, in base alla densità e distribuzione evidenziata, attendersi un impatto ancora più accentuato. Figura 4.83 – Percentuale del carico da morso sulle conifere rilevato nel 1998 nel Parco dello Stelvio. 174 Figura 4.84 – Confronto tra l’entità del danno da morso sulla rinnovazione forestale stimato nel biennio 1998-99 e la distribuzione e densità invernale del cervo nel Settore trentino del PNS in due periodi più recenti, stimata mediante la tecnica del pellet group count distance sampling. 175 Tabella 4.61 - Percentuali di morso al getto apicale a carico delle principali specie arboree, secondo quanto rilevato nel 1998. Stazioni del Parco Abete rosso Gomagoi 15 Lasa 54 Val Martello 33 Val d’Ultimo 23 Settore altoatesino 30 Rabbi 57 Peio 32 Settore trentino 41 Vezza d‘Oglio 25 Sondalo 21 Valfurva 27 Livigno-Valdidentro 12 Settore lombardo 24 Totale Parco 31 Abete bianco ** ** ** ** ** ** Larice 26 60 18 23 42 25 21 23 33 33 53 36 38 38 Pino silvestre 8 32 ** 13 38 41 18 26 19 Pino cembro 8 28 19 24 17 27 27 34 15 15 19 19 Conifere Latifoglie 16 54 25 23 31 47 28 34 31 26 25 29 27 31 61 88 70 82 74 ** ** ** 94 83 ** ** 87 76 ** specie presente nella rinnovazione rilevata con valori inferiori all’1% - specie assente nella rinnovazione rilevata Per quanto riguarda il mantenimento della variabilità ecologica, il brucamento risulta colpire in misura più rilevante le latifoglie e l'abete bianco, la cui la presenza nei popolamenti, già costituzionalmente scarsa, risulta ulteriormente ridotta. Anche per quanto riguarda lo strato arbustivo, alcune specie come mirtillo nero e ginepro nano risultano maggiormente appetite di altre. Nelle zone ad elevato brucamento il bosco tende quindi a ridurre la propria variabilità specifica. Il danno di natura ecologica, pur presente, non pare irreversibile dato che i rilievi effettuati all’interno di superfici recintate nella stazione di Lasa, mostrano la grande capacità di riaffermazione delle latifoglie nell‘arco di pochi anni. La funzione produttiva: i boschi delle regioni alpine sono da sempre utilizzati dalle popolazioni locali per la produzione di legname. Sui versanti soleggiati, sotto copertura dei popolamenti più radi a larice, si sviluppa un cotico erboso che veniva utilizzato per il pascolo del bestiame domestico. Sui versanti esposti a settentrione, in condizioni stazionali migliori e su terreni più freschi, si sono sviluppate invece formazioni più dense, soprattutto di abete rosso, con buona rinnovazione naturale, sottoposte a tagli regolari per la fornitura di legname. L’utilizzo economico dei boschi nel Parco Nazionale dello Stelvio è proseguito fino ad oggi e l'istituzione dell'area protetta non ne ha sostanzialmente modificato la gestione tecnicoeconomica, viste le modalità di gestione improntate alla selvicoltura naturalistica. Il bosco all'interno del Parco è di proprietà di enti pubblici (comuni e a.s.u.c.) anche se, nel caso di Rabbi, prevale la proprietà collettiva (consortele), non sempre soggetta ad uso civico. La Tabella 4.62 riassume alcuni dati provvigionali e di utilizzazione significativi, ricavati dai piani di assestamento forestale. 176 Tabella 4.62 - Dati provvigionali e di utilizzazione nei tre settori del Parco Nazionale dello Stelvio ricavati dai piani di assestamento forestale. Settori del Parco superficie d‘altofusto provvigione totale taglio annuo autorizzato taglio annuo effettuato ha m³ m³ m³ Lombardo 7.032 738.692 3.369 n.d. Trentino 3.608 631.228 5.041 4.171 16.834 3.087.297 22.556 19.726 Altoatesino L'alta intensità di brucamento presente nei boschi della stazione di Lasa, determina un significativo ritardo nella crescita della rinnovazione naturale nelle superfici sottoposte a taglio boschivo. In futuro pertanto sarà possibile utilizzare una quantità di legname inferiore rispetto a quella attuale. Al fine di garantire lo sviluppo della rinnovazione nelle zone a maggiore produzione e in quelle ad elevato rischio idrogeologico, l'autorità forestale ha provveduto ad adottare costose misure di prevenzione, come la recinzione di intere superfici in rinnovazione o la protezione individuale degli alberelli. Ambedue queste ultime considerazioni espresse per la realtà altoatesina sono viste, nel ’98, come future ipotesi plausibili per la realtà trentina. La funzione protettiva: certamente la funzione di difesa idrogeologica svolta dal bosco è più importante, dal punto di vista sociale, rispetto a quella produttiva. Dall'esame dei piani di assestamento risulta che le zone all’interno delle quali il livello di brucamento è maggiore appartengono alla categoria del bosco di produzione e solo in misura minore alla categoria del bosco di protezione. E’ peraltro evidente che in presenza di pendenze elevate, la scomparsa del bosco per mancanza di rigenerazione potrebbe instaurare e/o accentuare problematiche idrogeologiche (in particolare valanghive). I risultati del rilievo 2001, eseguito a livello provinciale dal Servizio Foreste e Fauna, permettono non solo di confermare le analisi svolte nel Parco nel 1998, ma anche di rendere evidente la differenza di pressione sulla rigenerazione della foresta nei vari ambiti. A tal proposito, si ritiene opportuno presentare i dati relativi all’abete rosso. Questa specie infatti, risulta da un lato la più rappresentata nella rinnovazione naturale del Trentino (50% degli esemplari totali rilevati) e, d’altro canto, viene ritenuta dalla letteratura specifica, non particolarmente appetita dagli Ungulati. La percentuale media di bruciamento, che a livello provinciale è risultata contenuta (19%), sale al 28% nell’ambito della Val di Sole ed all’interno del PNS supera il 60%! Nelle tabelle seguenti vengono riportati i valori di presenza e di brucamento nei diversi distretti forestali. Le percentuali di brucamento maggiori si riscontrano in Val di Sole, Valsugana e Val di Fiemme e Fassa. 177 Tabella 4.63 - Presenza dell’abete rosso nei distretti forestali e percentuale di brucamento totale riferita agli esemplari di altezza compresa tra 25 e 130 cm. presenza totale presenza > 25 cm presenza > 70 cm numero % numero % numero % 2502 73% 2068 76% 771 82% F. di Primiero % di brucamento 20% Trento 846 21% 741 25% 269 30% 18% Pergine 1395 48% 1109 49% 391 61% 12% Cavalese 2425 73% 1997 76% 721 80% 24% Cles 2860 57% 2423 59% 891 68% 8% Malè 2099 76% 1683 77% 730 85% 28% Tione 3298 54% 2826 58% 1073 64% 20% Borgo Vals. 1438 49% 1054 46% 329 44% 24% Riva del G. 821 38% 520 37% 187 64% 13% Rovereto 826 19% 713 21% 262 28% 9% TOTALE 18510 50% 15134 53% 5624 61% 19% Tabella 4.64 - Percentuali di presenza e di brucamento nei distretti forestali relative alle specie arboree principali. abete rosso abete b. pres bruc pre s bruc pre bru s c larice pres pino silv. bruc pre s cembro bru c pre bru pres bru pres s c c bruc F. di Primiero 76 21 16 71 5 14 0 - - 1 61 97 28 3 56 Trento 25 17 16 81 4 8 4 12 2 0 15 17 51 34 49 31 Pergine 49 10 28 67 5 12 7 3 0 - 2 13 92 27 8 32 Cavalese 75 25 3 77 8 21 0 - 13 10 0 - 100 24 0 - Cles 59 8 20 62 4 25 5 13 0 - 4 32 90 22 10 31 Malè 77 30 8 82 9 32 1 9 2 11 1 21 97 33 3 73 Tione 58 21 8 79 2 24 0 - 1 11 16 28 70 28 30 33 Borgo Vals. 46 27 19 58 9 40 1 23 2 32 12 34 80 35 20 39 Riva del G. 37 11 8 57 2 47 0 - 0 - 16 28 49 19 51 45 Rovereto 21 9 5 48 1 24 2 12 0 - 25 14 30 17 70 30 0 faggio conifere latifoglie A tal riguardo risulta esemplificativa la rappresentazione grafica dell’impatto a livello provinciale, dove le aree del PNS spiccano rispetto al complesso provinciale per una brucatura superiore al 60% (Figura 4.85). Nel 2007 il PNS ha proposto il controllo dei recinti di esclusione istituiti all’interno dell’area protetta nel 1992, utilizzando le stesse modalità di rilievo. Benché l’ispezione sia stata effettuata in due località, poste una al di sopra dell’abitato di Piazzola e la seconda sita all’imbocco della Val Maleda, per quest’ultima il dato ottenuto è stato alterato dall’azione di pascolamento dei bovini domestici; per questo motivo nell’elaborazione finale è stata posta maggiore attenzione sui dati conseguiti nell’area di studio presente in prossimità del abitato di Piazzola. L’area di Piazzola è posta a circa 1500 m s.l.m. ed è rappresentata da un lariceto esposto a sud originatosi su un ex pascolo, dove nel periodo invernale i gruppi di cervi si concentrano numerosi. 178 Figura 4.85 - Percentuali di brucamento a carico della rinnovazione di abete rosso. I risultati ottenuti, confrontati con le analisi passate sono davvero interessanti: il numero di piante per ettaro passate in rassegna durante il controllo del 1995 era praticamente simile, sia nell’area recintata, sia nella superficie senza recinto; durante la verifica del 2007 invece i valori sono notevolmente cambiati, mostrando in questo modo l’elevata influenza del cervo sulla rinnovazione nell’area non recintata e nel contempo la capacità di recupero della rinnovazione all’interno della superficie recintata (Figura 4.86). 3500 3000 APERTO CHIUSO N° piante / ha 2500 2000 1500 1000 500 0 1995 2007 Figura 4.86 - Confronto tra la rinnovazione forestale presente all’interno e all’esterno del recinto di esclusione a distanza di 12 anni. I dati si riferiscono all’area di Piazzola (Rabbi) e sono relativi alle indagini del 1995 e del 2007. 179 Confrontando i rilievi effettuati nel recinto di Piazzola nel 1995 e successivamente nel 2007 si è potuto evidenziare accanto ad un incremento del numero degli individui presenti, anche l’aumento del numero delle specie, con la comparsa di alcune latifoglie. In particolare sono stati rinvenuti numerosi esemplari di giovani piante con altezza compresa trai 10 ed i 300 centimetri di Sorbus aria, Sorbus aucuparia e Prunus avium piante molto appetite dai Cervidi. Proprio per questo nella limitrofa area non recintata contraddistinta dalle medesime caratteristiche ecologiche le latifoglie non sono state segnalate (Figura 4.87). Recinto di Piazzzola 1995 2007 120 100 80 60 40 20 Sorbus aucuparia 1995 Sorbus aria Corylus avellana 2007 Juniperus communis Fraxinus ornus Prunus avium Picea abies 0 Figura 4.87 - Confronto tra la rinnovazione forestale, suddivisa per specie, presente all’interno e all’esterno del recinto di esclusione a distanza di 12 anni. I dati si riferiscono all’area di Piazzola (Rabbi) e sono relativi alle indagini del 1995 e del 2007. Un metodo sintetico di valutazione dell’impatto della brucatura è possibile all’atto dell’assestamento e della gestione ordinaria della foresta; i due tipi di analisi sono formalizzati rispettivamente nello stesso piano di assestamento e nelle annotazioni manuali del registro storico particellare di ogni elaborato. 1) Nel primo caso, il tecnico incaricato della revisione deve inserire in relazione un giudizio sintetico sull’impatto della brucatura, esprimendone quindi localizzazione e valori in ogni singola descrizione particellare. Nel piano di assestamento del 1978 si parla espressamente di difficoltà di rinnovazione nel lariceto, ma l’impatto viene attribuito unicamente al pascolo domestico. Nel successivo elaborato del 1993 la “difficoltà di affermazione” della rinnovazione nel lariceto viene invece attribuita a “concentrazione invernale del cervo”, mettendo in evidenza un danno sulle piantine già sviluppate, in via di affermazione. La recente revisione del piano di assestamento (2003) ha preso in considerazione in modo approfondito l’impatto degli Ungulati sulla rinnovazione concludendo sinteticamente che “all’interno dei lariceti la situazione di rigenerazione della foresta è pressoché ferma a 25 anni fa”. In base a tali conclusioni il piano auspica la realizzazione di interventi artificiali a sostegno della rinnovazione, con realizzazione di chiudende. 180 2) Nel secondo caso, le operazioni di martellata impongono al tecnico di valutare la presenza, idoneità e possibilità di sviluppo della rinnovazione per poter decidere i criteri di assegno ed individuare le piante da utilizzare. Durante gli anni ’90 era evidente al selvicoltore che le foreste del Settore trentino del PNS erano sottoposte ad un’azione di brucatura da parte degli Ungulati. In linea generale tale azione veniva peraltro considerata compatibile con la capacità di rigenerazione della foresta. Solo nel caso della Consortela Piazzola, già nel 1991 si era attivata una procedura di indennizzo dei danni da brucatura, in base ad un’istruttoria dell’allora Capo dell’ispettorato di Malè, dott. Bruno Crosignani che, nelle conclusioni, così recitava: ”… la situazione non evidenzia danni di natura e misura tale da incidere al presente sulle funzioni del bosco e sul suo reddito. La loro presenza tuttavia indica probabili conseguenze future su entrambi. L’incertezza sui processi di interrelazione tra fauna e soprassuolo e sulla loro velocità non permette allo scrivente di eseguire previsioni fondate su quantificazioni accertate. Se la persistenza delle azioni di danno dovesse incidere in futuro in modo significativo sulla funzionalità del bosco oltre che sul suo reddito, il problema che si pone non è evidentemente solo di quantificare o monetizzare il danno, ma è come porvi rimedio. A tal fine, non si ritiene perseguibile la contemporanea conservazione di alta densità di Ungulati e alta densità di efficienza dei soprassuoli senza ricorrere a costosi interventi artificiali quali ad esempio recinzioni e protezioni che, oltre ad essere di dubbia efficacia, snaturerebbero l’intero ecosistema forestale.” Il caso della Consortela Piazzola risulta senz’altro significativo, trattandosi di circa 170 ha di lariceto, costituenti area di svernamento preferenziale del cervo. Nella seconda metà degli anni ’90, le martellate nel PNS risultavano poco condizionate dal cattivo stato della rinnovazione. Nel territorio di Peio, l’impatto compariva solo nei lariceti a monte dell’abitato, mentre tutta la Val de la Mare, sembrava sopportare in modo sufficiente la pressione di brucatura. A tal riguardo va detto che la sinistra orografica di La Mare, pur costituendo area di svernamento, presenta una notevole presenza di canaloni da valanga occupati da arbusteti, che sicuramente sollevano le fustaie da una buona parte della pressione del cervo. Nel territorio di Rabbi, assume rilevanza l’impatto sulla rinnovazione nei lariceti della Consortela Piazzola; il caso di alcune particelle (nello specifico la n° 13, 14 e 17) è senz’altro emblematico. Gli assegni eseguiti erano spesso impostati su sgomberi a gruppi e strisce in funzione di illuminare la rinnovazione esistente, di altezza variabile da 50 a 100 cm, che pur brucata, veniva considerata di probabile affermazione. Seguendo la normale cadenza decennale, le martellate degli ultimi anni (2003-2007) sulle medesime superfici hanno invece rilevato la completa scomparsa delle piante a cui a suo tempo era stata affidata la rigenerazione. In assenza di rinnovazione i normali prelievi garantiti da una produttività medio-buona della foresta si rendono quindi non più possibili se non con notevoli rallentamenti o mediante interventi artificiali di stimolo alla rinnovazione previa realizzazione di chiudende. Anche nel territorio di Peio l’impatto della brucatura sta assumendo sempre più rilevanza. Nei lariceti sopra l’abitato la situazione è piuttosto simile a quella di Piazzola, ma ciò che è cambiato in modo incisivo è l’impatto sia in destra che in sinistra di Val de la Mare. Come sopra accennato, le formazioni forestali sono qui più varie ed intercalate a mosaico da tessere vegetazionali che possono scaricare parte della pressione del cervo. Ciò malgrado, frequenti sono le aree in cui i prelievi vengono eseguiti senza avere la garanzia che la rinnovazione ancora presente vedrà garantita la propria affermazione. 181 Contestualmente, nell’ultimo decennio si è rivelato sempre più incisivo l’impatto sulle componenti arbustive; se la brucatura su mirtillo rosso e nero risulta poco evidente e non percepibile (si nota unicamente la loro assenza) la distruzione del ginepro nano in tutte le aree con pendenza medio-elevata e buona esposizione è ormai constatata su tutto il territorio del Parco. In destra di La Mare, inoltre, dove il cervo sverna malgrado l’esposizione non favorevole, anche il rododendro pare subire il medesimo impatto. Gli effetti quantitativi e qualitativi sullo strato arbustivo possono avere un effetto a cascata su altre componenti faunistiche quali i Tetraonidi forestali. In termini di impatto ecologico, le già piccole percentuali di latifoglie e di abete bianco presenti vanno incontro ad un destino di progressiva diminuzione. Esistono differenze significative negli impatti sulla rinnovazione forestale nei boschi utilizzati dal cervo durante l’inverno rispetto ai boschi utilizzati esclusivamente durante l’estate. Sul lungo termine una azione così pesante non appare sostenibile in relazione agli obiettivi di gestione forestale. In futuro potrà rendersi necessario definire quali siano gli obiettivi di gestione per le due tipologie di bosco e quali azioni sia necessario mettere in campo per ottenere gli stessi risultati che si otterrebbero in assenza di elevate densità di cervo. In conclusione, in base alle analisi realizzate sia dal Parco dello Stelvio che dalla PAT, l’impatto del cervo sulla rinnovazione forestale per brucatura delle gemme apicali all’interno del Parco risulta di notevole entità e con valori massimi se confrontato con le restanti realtà trentine e alpine. Benché non sia ancora possibile trarre conclusioni definitive di carattere scientifico sull’effetto della brucatura sulla dinamica di sviluppo del bosco a lungo termine, tuttavia a livello locale di scala, la rinnovazione forestale è ridotta a zero laddove esistono le maggiori concentrazioni invernali di cervo. Gli scenari futuri di una simile situazione sono facilmente ipotizzabili. In termini di impatto ecologico, le gia piccole percentuali di latifoglie presenti vanno incontro ad un destino di progressiva diminuzione e parimenti diminuisce lo strato arbustivo del sottobosco. +/2#66+57+24#6+2#5%1.+ La densità del cervo nei territori del Parco Nazionale dello Stelvio ha raggiunto valori molto elevati che si pongono in assoluto fra i più alti mai registrati sull'arco alpino. La presenza di una popolazione così cospicua ha innescato il conflitto con le popolazioni locali per le proprie ripercussioni sulle attività agricole tradizionali delle valli. Nelle valli trentine del Parco Nazionale dello Stelvio l'agricoltura tradizionale è in crisi in quanto il turismo ha modificato l'economia locale e le colture tipiche della valle sono state progressivamente abbandonate. Oggi le uniche pratiche agricole tradizionali all’interno del Parco riguardano quasi esclusivamente lo sfalcio dei prati, attività estremamente importante per il mantenimento degli ecosistemi e dei paesaggi tradizionali. La fauna selvatica, e in particolare il cervo, esercita oggi un impatto pesante sui prati da sfalcio del territorio del Parco e gli agricoltori locali lamentano danni ingenti in relazione al quantitativo di erba sfalciata e alla sua qualità. Bisogna infatti rilevare che la presenza costante del Cervide in aree limitate determina calpestio e presenza di escrementi nel fieno. Danni vengono anche segnalati a livello dei pascoli, dove il cervo è entrato in conflitto con il bestiame domestico per il loro sfruttamento. 182 La presenza di una elevata densità di cervi provoca la concentrazione stagionale di una buona parte della popolazione in determinate zone caratterizzate dal possedere la maggiore (e migliore) disponibilità alimentare. Tipica è la situazione primaverile (seconda metà di aprile – prima decade di maggio) in cui la popolazione si abbassa in modo cospicuo verso le fasce altitudinali inferiori per alimentarsi durante la fase notturna nei prati a sfalcio e nei prati pascoli del fondovalle che per primi si liberano dalla neve al termine della stagione invernale e iniziano la nuova fase vegetativa. Recenti studi effettuati nel Parco Nazionale Svizzero, area protetta con una popolazione numericamente paragonabile a quella del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, dimostrano come l’aumento della densità di cervi e il conseguente aumento della brucatura che questi arrecano sulle aree un tempo sottoposte a pascolo intensivo da parte del bestiame domestico, determina un incremento del numero di specie erbacce e quindi della biodiversità che caratterizza le zone a prato-pascolo (Schütz et al., 2003). Ciò nonostante la situazione dei prati mantenuti in attualità di sfalcio è differente in quanto è lo sfalcio stesso, selettivamente differente rispetto alla brucatura dei domestici, a contribuire al mantenimento di una elevata qualità in termini di ricchezza specifica. La brucatura a carico dei prati a sfalcio comporta una perdita di produttività che si riflette sulla diminuzione del profitto ottenuto dalla loro gestione e su un calo di motivazione da parte di chi ancora svolge tali attività che non sono più economicamente competitive . Attualmente la PAT incentiva economicamente l’attività di sfalcio presso i conduttori dei prati di fondovalle, al fine di mantenere attiva la conduzione e la conservazione dei paesaggi culturali nelle zone rurali di montagna come contributo alla conservazione della biodiversità. I cervi ricercano attivamente i prati meglio gestiti (e, quindi, dalla qualità migliore) e il continuo verificarsi di danni e ammanchi nella produzione spesso crea un senso di frustrazione che disincentiva ulteriormente. Figura 4.88 – Prati in attualità di sfalcio all’interno del Parco (in rosso). In verde le superfici prative complessive. La linea rossa rappresenta i confini del Parco e i punti gialli la localizzazione dei recinti di esclusione utilizzati per le stime. L’utilizzo dei recinti di esclusione per la valutazione dell’impatto del cervo dei prati situati all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio ha reso possibile una stima dell’ammanco produttivo dovuto al pascolamento degli Ungulati. 183 Le zone escluse consistono in 18 recinzioni aventi ciascuna una superficie di 9 m2, opportunamente distribuite al fine di essere rappresentative delle condizioni produttive delle diverse tipologie di prato a sfalcio (suddiviso in tre classi di produttività). I prati all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio (PNS) che sono in attualità di coltivazione e che in parte usufruiscono del contributo sullo sfalcio fornito dalla Provincia Autonoma di Trento si estendono su una superficie di circa 200 ettari, pari al 42% della totalità dei prati presenti nell’area protetta (Figura 4.88). La produzione di fieno ottenuta dallo sfalcio dei prati è stata suddivisa in tre classi definite in base ai valori produttivi medi della Val di Sole (AA.VV. 2000): • classe 1: rendimento massimo 30 q/ha; • classe 2: rendimento massimo 50 q/ha; • classe 3: rendimento massimo 90 q/ha. È stato possibile ottenere una cartografia relativa alla suddivisione in classi grazie ai precedenti rilievi produttivi effettuati nell’ambito delle indagini floristiche relative alle tipologie prative del Trentino occidentale (Pedrotti, 1963) (Tabella 4.65, Tabella 4.66). Tabella 4.65 - Superficie occupata dai prati sfalciati suddivisa per classi. PEIO RABBI TOTALE ha CLASSE 1 48 2 50 ha CLASSE 2 71 38 109 ha CLASSE 3 33 -33 Tabella 4.66 - Potenziale produttivo ripartito nelle tre diverse classi. PEIO RABBI TOTALE Q CLASSE 1 1.432 72 1.504 Q CLASSE 2 3.570 1.901 5.471 Q CLASSE 3 2.971 -2.971 Negli anni 2006 e 2007 ad ogni sfalcio (uno per la classe 1, due per le classi 2 e 3) si è provveduto contemporaneamente al taglio della porzione di prato contenuta all’interno delle recinzioni e ad una equivalente nelle immediate vicinanze della stessa. La differenza di peso tra il fieno sfalciato all’interno delle recinzioni e quello esterno ad esse ha fornito l’ammanco produttivo dovuto al brucamento da parte degli ungulati (Tabella 4.67, Tabella 4.68). 184 Tabella 4.67 - Produzioni ed ammanchi ricavati dal confronto con i recinti di esclusione - anno 2006. COMUNE CATASTALE NOME Peio Covel KG FIENO INTERNO – CLASSE I° TAGLIO 1 13 KG FIENO ESTERNO – I° TAGLIO 9 KG FIENO INTERNO – II° TAGLIO 0 KG FIENO ESTERNO – II° TAGLIO 0 % AMMANCO I° TAGLIO 31 Peio Masi Lagostel 1 13 11 0 0 15 -- Peio Socina 1 16.5 15 8 6 9 25 Peio Peio Daverte Ronc 1 1 12.5 13 6.5 8 8 -- 5 -- 48 38 38 -- Peio Mezzoi 2 14 8 14 9 43 36 Peio Le Palu' 2 13.5 10 9 8 26 11 Cogolo Canedi 2 14 14 14 7 0 50 Peio Cogolo Loc. Val del Sol 2 Masi Vicla 2 12.5 12 6.5 10.5 9 9 5 7 48 13 44 22 Peio Masi Mont 2 16 16 8 7 0 13 Cogolo Peio Iscla Toecli 2 2 -30 -17 12 28 7 13.5 -43 42 52 Cogolo Pegaia 3 25 13.5 14 12 46 14 Cogolo Guilnova 3 0 0 19 15 -- 21 Cogolo Planet 3 33.5 19 16 14 43 13 Cogolo Guilnova 2 3 -- -- 12 7.5 -- 38 % AMMANCO II° TAGLIO -- Tabella 4.68 - Produzioni ed ammanchi ricavati dal confronto con i recinti di esclusione-anno 2007. COMUNE CATASTALE NOME KG FIENO KG FIENO KG FIENO KG FIENO % INTERNO – ESTERNO – INTERNO – ESTERNO – AMMANCO CLASSE I° TAGLIO I° TAGLIO II° TAGLIO II° TAGLIO I° TAGLIO % AMMANCO II° TAGLIO Peio Covel 1 12 10 -- -- 17 -- Peio Peio Masi Lagostel Socina 1 1 8 18 6 18 2.5 -- 2 -- 25 0 --- Peio Daverte 1 12 5.5 4 1.5 54 63 Peio Ronc 1 -- -- -- -- -- -- Peio Peio Mezzoi Le Palu' 2 2 14 -- 11 -- 7 -- 7 -- 21 -- 0 -- Cogolo Canedi 2 23 13.5 10 8 41 20 Peio Cogolo Loc. Val del Sol 2 Masi Vicla 2 11 -- 11 -- 6.5 -- 3 -- 0 -- 54 -- Peio Masi Mont 2 24 24 -- -- 0 -- Cogolo Iscla 2 23.5 22 10 7.5 -- 25 Peio Toecli 2 24 12 16 14 50 13 Cogolo Cogolo Pegaia Guilnova 3 3 29 -- 29 -- --- --- 0 -- --- Cogolo Planet 3 34.5 34.5 20 20 0 0 Cogolo Guilnova 2 3 -- -- -- -- -- -- 185 L’impiego dei recinti di esclusione ha permesso di stabilire la percentuale di ammanco nelle classi produttive (Tabella 4.69). Tabella 4.69 - Percentuale di ammanco ricavata dai recinti di esclusione. CLASSE % AMMANCO 2006 % AMMANCO 2007 MEDIA 3 32 0 16 2 1 32 23 21 19 26.5 21 Definita la produzione massima potenziale e la percentuale di ammanco ricavata dai recinti di esclusione è stato possibile quantificare la mancata produzione (Tabella 4.70). Tabella 4.70 - Mancata produzione dovuta al brucamento da Ungulati. TOTALE q CLASSE 1 241 q CLASSE 2 1.450 q CLASSE 3 624 Considerando un prezzo del fieno pari a 15 euro al quintale, come valore medio per la Val di Sole, viene riportato nella seguente tabella il valore dell’indennizzo per ettaro per classe: €/ha CLASSE 1 95 €/ha CLASSE 2 199 €/ha CLASSE 3 216 Secondo una media su due anni della stima di ammanco ,il danno economico ad esso legato per brucatura dei prati a sfalcio assomma quindi a quasi 34.000 euro. Complessivamente l’impatto dovuto alla brucatura di prati a sfalcio e pascoli da cui si ricava alimentazione per il bestiame domestico, in base a rilievi sistematici di campo, può variare tra i 40.000 e i 60.000 euro annui. Nella valutazione complessiva non ci si deve fermare al semplice valore economico, ma è necessaria una riflessione più approfondita sul significato del mantenimento dei paesaggi culturali nelle zone rurali di montagna, non in termini economici, ma di mantenimento complessivo del paesaggio. Il brucamento dei pascoli si fa sentire non solo sui fondovalle ma anche sui pascoli secondari delle malghe. Le attuali densità di cervi fanno si che anche i pascoli delle malghe, posti alle quote intermedie subiscano un danno causato dall’eccessivo brucamento (Figura 4.89). Ciò causa una sensibile riduzione del primo foraggio disponibile durante il mese di giugno e può essere motivo di un ritardo nella monticazione. Ad oggi si stima in media un ritardo di circa 15 giorni nel carico delle malghe dovuto alla mancanza del primo foraggio. Attualmente all’interno del Parco o nelle sue immediate vicinanze sono attive 19 malghe che in media durante l’estate caricano una quantità di bestiame pari a 1.170 u.b.a (Figura 4.89). Per ottenere una stima oggettiva di tale effetto, nel 2008 sono stati posizionati 8 recinti di esclusione nei pascoli delle principali malghe in modo da poter ottenere una prima stima nell’estate 2009. Per ovviare a tale problema sono state previste per il momento modalità forfetarie di indennizzo. 186 Figura 4.89 – L’attività zootecnica è ancora presente all’interno del Parco. Le aree con vari colori rappresentano i pascoli disponibili per ciascuna malga ancora attiva. A partire dal 2007 il Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio ha predisposto un regolamento per l’indennizzo dei danni da Ungulati sui prati a sfalcio, sui pascoli e sulle coltivazioni e per la prevenzione dei danni agli orti privati (Allegato 2). Durante l’anno 2007 sono pervenute 36 richieste di indennizzo allo sfalcio per un totale di 20.200 € liquidati. Per l’ammanco di produzione causato dal cervo ai pascoli delle malghe è stato pagato un indennizzo complessivo di 6.800 €. È previsto per l’anno 2008 l’aggiornamento dei dati provenienti dai recinti di esclusione siti nei prati a sfalcio e la valutazione dell’ammanco relativo ai pascoli monticati mediante la posa di ulteriori recinti di esclusione. �+#146+'%1.6+8#<+10+2'4%#.2'56+1'$47%#/'061 Nelle zone di margine ai centri abitati solitamente frequentate da Cervidi, rappresentati da aree coltivate ed ambienti boscati, generalmente la maggior parte dei danni a carico delle colture orticole è causata dal capriolo, poiché specie più tollerante agli ambienti e al disturbo antropico e con minori necessità in termini di spazio (Putman e Moore, 1998). Tuttavia la particolare situazione nella quale si trova il territorio del Settore trentino del PNS (si veda la parte specifica dedicata alle interazione del cervo con il capriolo), rende maggiormente probabile l’insorgere dei danni a carico del cervo, poiché presente con densità notevolmente più elevate. I danni arrecati ai piccoli appezzamenti orticoli ad uso familiare, ubicati nei pressi dei centri abitati, rendono necessaria per alcuni proprietari, la posa di recinzioni al fine di diminuire la brucatura ed il calpestio provocato, o la rinuncia alle coltivazioni. Un esempio di questa situazione può essere rappresentato dagli orti posti attorno all’abitato di Peio che si estendono 187 su una superficie di circa 4 ha e che devono essere adeguatamente protetti per poter portare a termine la produzione (Figura 4.90). Figura 4.90 – Distribuzione degli orti privati nei pressi del paese di Peio (in azzurro). I danni a orti e campi coltivati ad uso privato rappresentano una fattispecie poco importante da un punto di vista economico, ma decisamente di grande peso in termini di accettazione da parte delle popolazioni locali. Il problema è, almeno in parte, densità indipendente e l’unica soluzione effettiva è rappresentata dalla recinzione di orti e coltivazioni con funzione di prevenzione del rischio di danno. La rifusione dei danni agli orti o ai campi coltivati per consumo privato non viene pertanto ritenuta sostenibile in assenza di opere di prevenzione. Per far fronte al problema il Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Parco Nazionale dello Stelvio, ha previsto, a partire dal 2008, la fornitura di materiale (staccionate in legno e/o recinzioni metalliche) per la recinzione e la protezione degli appezzamenti orticoli presenti nell’area protetta come metodo di prevenzione ai potenziali danni. Le attività agricole a livello imprenditoriale rappresentano un’eccezione, in relazione alla situazione orografica e climatica del territorio del Parco e comunque necessitano di adeguate strutture di protezione (recinzioni). %1..+5+10+%108'+%1.+ Negli ultimi decenni si è verificato in tutto il territorio nazionale, un notevole aumento del traffico veicolare, con il conseguente incremento della rete stradale. Tale fenomeno si è verificato in concomitanza con l’accrescimento e la relativa espansione delle popolazioni di Ungulati, che ha provocato un aumento degli incidenti stradali. Il rischio di collisione con autoveicoli rappresenta un costo in termini economici (il cui indennizzo è peraltro già coperto dalla PAT) ed un rischio per l’incolumità e la salute delle persone. Negli ultimi 15 anni, in Val di Sole si sono verificato 344 investimenti, senza, per il momento, gravi conseguenze per la salute umana. Tra il 1992 e il 2007 ogni anno in Val di Sole si verificano in media 21 investimenti automobilistici provocati dall’attraversamento di cervi lungo la rete viaria principale (344 188 investimenti). Tale fenomeno, contenuto fino a circa dieci anni fa (media di 11,6 investimenti all’anno), è andato via via aumentando (media di 27 investimenti all’anno nell’ultimo decennio), al punto da indurre la Provincia Autonoma di Trento a realizzare sottopassi lungo i tratti di strada maggiormente interessati dall’attraversamento di cervi e quindi dagli investimenti. Vengono messi in evidenza due picchi nel corso dell’anno, il primo in concomitanza con la fase di utilizzo dei pascoli di fondovalle (aprile), il secondo in (probabile) occasione della fase di migrazione autunnale verso le zone di svernamento (Figura 4.91). 0.2 0.18 0.16 0.14 % 0.12 0.1 0.08 0.06 0.04 0.02 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 MESI Figura 4.91 – Distribuzione percentuale degli investimenti nel corso dell’anno. La Figura 4.92 riassume l’andamento di tale fenomeno negli anni. Si è assistito ad un incrmento sino al 2000, ad una successiva diminuzione e ad una recente stabilizzazione, nell’ultimo triennio, attorno ai 27-28 cervi. Il numero di investimenti complessivi all’anno, come è lecito attendersi, sembra dipendere in modo significativo dalla consistenza della popolazione (F = 14.2, 1 gl, p < 0.01; Figura 4.94). 45 40 35 NUM CERVI 30 25 20 15 10 5 0 92-93 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 Figura 4.92 - Serie storica dei cervi investiti in Val di Sole dal 1992 al 2007. 189 45 40 35 INVESTIMENTI 30 25 20 15 10 5 0 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000 CONSISTENZA POPOLAZIONE Figura 4.93 – Il numero di cervi investiti ogni anno in Val di Sole dipende dalla consistenza complessiva della popolazione. La progressiva riduzione delle collisioni negli ultimi anni è probabilmente da mettersi in relazione con il già illustrato fenomeno di progressiva concentrazione della popolazione all’interno del Parco. Notiamo infatti come sia correlato l’andamento degli investimenti nella sola Val di Sole con il numero di cervi conteggiati annualmente in questo settore di UG (r2 = 0.52; Figura 4.93). Il numero di soggetti investiti all’interno del Parco non è aumentato in modo corrispondente in relazione alla scarsità della rete viaria principale in esso presente. 30 300 cervi censiti in Val di Sole investimentib in Val di Sole 250 25 200 20 150 15 100 10 50 5 0 0 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 00-01 01-02 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 07-08 Figura 4.94 – Gli investimenti di cervi lungo l’asse principale della Val di Sole sono correlati con la presenza della popolazione. La Figura 4.95 mostra la localizzazione di tutti gli investimenti avvenuti in Val di Sole negli anni analizzati. Le aree di colore verde indicano le zone in cui tendono a concentrarsi le collisioni. Il 65% degli investimenti può essere localizzato in 6 aree “calde” verso cui la 190 popolazione mostra particolare predilezione per gli attraversamenti da un versante all’altro. Interventi infrastrutturali per la mitigazione dei rischi (recinzioni, sottopassi per l’attraversamento della fauna) si rendono comunque necessari in quanto i rischi maggiori sono presenti all’esterno delle aree del Parco in cui le strade sono di maggiore traffico e scorrimento. Attualmente in Val di Sole, in occasione delle opere di rettificazione di un tratto stradale, è stato realizzato un apposito sottopasso per la fauna selvatica con funzione di prevenzione. Il sottopasso è posizionato nel comune di Pellizzano nei pressi del bivio per Termenago sulla SS 42, dove si è sinora verificata la più alta percentuale di incidenti. Il costo di realizzazione, per la PAT, è stato pari a circa 150.000 €. La gestione di tutte le restanti aree a rischio comporterebbe una spesa pari a circa 1.000.000 €. Figura 4.95 – Oltre il 65% delle collisioni avviene lungo specifici e prevedibili punti di attraversamento tra un versante e l’altro. /146#.+60'+24'55+&'+%'064+#$+6#6+ Le condizioni climatiche agiscono spesso come fattore determinante sulla regolazione della dinamica di popolazione di una specie, selezionando quella parte di individui caratterizzata da una buona condizione e costituzione, a discapito degli individui più deboli. L’abbondanza e il perdurare della neve al suolo determina in modo cruciale le disponibilità alimentari del periodo invernale. Come già visto nel capitolo 4.2.4.5. gli inverni caratterizzati da abbondanti precipitazioni nevose e dal lungo perdurare della neve fino a primavera inoltrata, sono teatro di consistenti morti per inedia (starvation). La parte di popolazione di cervo presente all’interno del Parco è caratterizzata da elevate densità, tali da avere ormai innescato da 8-9 anni fenomeni di autoregolazione negli accrescimenti della popolazione in relazione alle densità stesse. 191 Nella pratica la popolazione sperimenta anni di leggera crescita, alternati ad anni di crash demografici ed elevata mortalità in relazione alla durezza e nevosità dell’inverno. Con tempi di ritorno variabili tale fenomeno è ormai frequente nel territorio del Settore trentino del PNS, dove le densità di cervo sono elevate. Nel casi estremi la mortalità raggiunge valori ragguardevoli (441 soggetti rinvenuti morti nell’inverno 2000-01, 311 nell’inverno 2003-04) e i cervi di norma non muoiono nelle zone più remote del Parco. Spesso gli animali defedati e in deboli condizioni si spostano alle quote più basse in corrispondenza ai limiti dei territori di svernamento e vengono a morire nelle vicinanze dei centri abitati (Figura 4.96). Figura 4.96 - Distribuzione dei cervi rinvenuti morti in Val di Rabbi nell’inverno 2000-2001. In inverni particolarmente duri e limitanti il numero di soggetti che muoiono attorno ai centri abitati può farsi elevato e innescare problemi di ordine sociale. L’accumulo di un numero tanto elevato di carcasse in breve tempo (di norma la seconda parte dell’inverno) nei pressi dei centri abitati suscita, in una parte della popolazione residente, opinioni contrastanti. Spesso il giusto ruolo che la selezione naturale dovrebbe poter giocare all’interno di un’area protetta non è capito nei suoi significati positivi. Polemiche, richieste di azioni di foraggiamento supplementare e problemi di smaltimento delle carcasse per questioni sanitarie rappresentano una situazione di crisi e di emergenza che ormai si ripropone ad intervalli intra-annuali sempre più regolari. Lo smaltimento di una carcassa di cervo presso un inceneritore comporta per il Parco dei costi basati sul peso dell’animale (0.50 €/kg + IVA) e sul trasporto dello stesso presso una struttura appropriata (25 € a viaggio). 192 +06'4#<+10+%10#.64'%1/210'06+(#70+56+%*'&'..ŏ'%15+56'/# 4.3.6.1. Interazioni con il capriolo Il rapporto tra cervo e capriolo (Capreolus capreolus) è ben noto in letteratura. Le due specie, pur essendo sufficientemente diverse in termini strutturali e di esigenze ecologiche, possono avere un’ampia sovrapposizione di nicchia, soprattutto nel caso in cui le densità di una delle due specie sia tanto elevata. Il fenomeno di competizione (in termini di dinamica di popolazione) si basa su una sovrapposizione dello spettro trofico delle due specie e su una sorta di intolleranza spaziale da parte del capriolo, in caso di elevate concentrazioni di cervo. Il fenomeno è stato studiato e documentato in numerose occasione anche se ancora manca un quadro chiaro e complessivo (Latham et al., 1996; Latham et al., 1999; Putman, 1986; Schoeder and Schoeder, 1984). Già negli anni ‘60 il capriolo occupava il territorio del Parco con buone consistenze di popolazione. Nell’ultimo ventennio l’Amministrazione del Parco ha segnalato un notevole regresso di questa specie e sussiste l’ipotesi che, parallelamente alla progressiva affermazione del cervo nell’area protetta, abbia avuto luogo una graduale diminuzione delle popolazioni di capriolo presenti all’interno del Parco. A partire dal secondo dopoguerra, il capriolo ha mostrato nell’area della Val di Sole un continuo incremento numerico, legato alle ottimali condizioni di habitat e al progressivo miglioramento della gestione faunistico venatoria delle popolazioni, arrivando ad occupare tutti gli ambienti ottimali e sub-ottimali per le sue caratteristiche ecologiche. Nell’ultimo ventennio le popolazioni di capriolo all’interno del Parco sembrano aver subito una netta inversione di tendenza che ha portato ad un drastico calo e ad una presunta fase di flessione nella dinamica delle popolazioni stesse. A seguito dell’accrescimento esponenziale delle popolazioni di cervo, avvenuto nell’ultimo ventennio, è lecito aspettarsi un’interazione conflittuale tra le due specie con conseguente decremento nella dinamica delle popolazioni di capriolo. Capriolo e cervo tendono a sovrapporsi, perlomeno parzialmente, nell’utilizzo dello spazio, nella selezione degli habitat e quindi nello sfruttamento delle risorse trofiche. Ciò comporta l’innescarsi di fenomeni di competizione interspecifica che, nel caso in cui le popolazioni di cervo aumentino considerevolmente le loro densità (ed è questo il caso della Val di Sole, in cui è presente una delle più alte densità di cervi note per l’arco alpino), può portare ad un riaggiustamento delle consistenze e densità delle popolazioni di capriolo verso livelli inferiori. Tale forma di competizione non porta alla scomparsa del capriolo, ma ne limita l’incremento e, soprattutto, lo spinge verso l’utilizzo delle aree sub-ottimali, in relazione alle esigenze ecologiche della specie. La situazione appena descritta porta probabilmente ad un decremento delle consistenze del capriolo, ad una diminuzione delle “condizioni medie” degli individui e a un minor grado di percettibilità. Il calo di percettibilità riduce in modo considerevole la fruibilità della specie, anche a fini turistici. Esistono numerose impressioni che tale meccanismo si sia ormai instaurato nei territori compresi nel Parco. Tuttavia nella situazione del Parco attualmente non esistono dati attendibili sulla consistenza assoluta delle popolazioni di capriolo anche se recentemente sono stati avviati monitoraggi specifici sia nel Settore trentino, sia in quello lombardo. Di seguito vengono presentate tutte le informazioni quantitative attualmente disponibili a supporto delle ipotesi avanzate. Dal 1996 vengono effettuati con regolarità censimenti standardizzati primaverili per aree campione. Tali censimenti non forniscono valori assoluti, ma se effettuati in modo standardizzato possono fornire un quadro del trend evolutivo della popolazione. Il trend dei 193 censimenti all’interno del Parco dal 1998 ad oggi mostra un costante decremento, che ha portato all’attuale dimezzamento dei caprioli che vengono avvistati rispetto a dieci anni fa (Figura 4.97) e che ha un andamento decisamente opposto a quello della popolazione di cervo rilevato mediante i censimenti notturni. Inoltre anche il numero di caprioli e cervi contati annualmente durante i censimenti notturni dal 1995 al 2008 è correlato negativamente in modo significativo (r2 = -0.57; Figura 4.98). 40 2200 35 2000 1800 25 1600 20 1400 15 1200 10 1000 800 1997 caprioli osservati stima consistenza cervo 30 5 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 0 2008 Figura 4.97 – Confronto tra il trend evolutivo dei censimenti per aree campione del capriolo all’interno del Parco dello Stelvio (in blu) e i cervi conteggiati annualmente durante i censimenti notturni (in rosso). 1300 1200 1100 1000 cervi 900 800 700 600 500 400 0 10 20 30 40 50 60 70 80 caprioli Figura 4.98 - Il numero di caprioli contati tra il 1995 e il 2008 durante il censimento notturno nel Parco è correlato in modo negativo alla presenza del cervo (numero di cervi conteggiati nello stesso censimento). 194 Una ulteriore idea sullo status attuale e sugli attuali bassi valori di densità del capriolo legati alla presenza del cervo deriva dai primi monitoraggi recentemente effettuati mediante pellet group count, nell’ambito del progetto per la valutazione dello status del capriolo (Sotti, 2008). In Tabella 4.71 sono riportate le prime stime di densità di confronto tra le due specie, riferite a due aree campione che coprono grossomodo la riserva d caccia di Peio e la porzione di Parco della stessa Val di Peio. All’interno del Parco esiste un ordine di grandezza di differenza nelle stime tra le due specie. Tabella 4.71 - Stime di densità di cervo e capriolo effettuate mediante pellet group count su plot ripuliti (clearence count) riferite ad aree campione poste nel Parco in Val di Peio (PNS) e nella Riserva di Peio (PEIO). CERVO 4.3.6.2. Numero pellet group Densità (capi / km2) PNS PEIO PNS PEIO Capriolo 15 13 2.9 2.5 Cervo 210 26 32.4 4.0 Interazioni con il camoscio Il camoscio è l’ungulato più comune che è possibile incontrare alle quote più alte nel Parco Nazionale dello Stelvio. E’ un tipico abitante degli ambienti di alta quota, dall’orizzonte submontano a quello alpino, in una fascia altitudiale che mediamente va dai 1.500 ai 2.500 metri. Il camoscio non è mai completamente scomparso dal gruppo dell’Ortles-Cevedale. Dal 1968 ad oggi, nell’area protetta la popolazione è aumentata da circa 250 a circa 1350 individui dopo avere raggiunto picchi di oltre 2200 capi nella seconda metà degli anni ’90. La consistenza della popolazione è annualmente monitorata mediante una tecnica di censimento per osservazione diretta definita block-count, effettuato nei mesi estivi. La realizzazione di accurati conteggi e la loro disponibilità a partire dal 1973 ci permettono di analizzare la “storia” della popolazione e di trarre alcune considerazioni sui suoi andamenti negli ultimi anni. E’ possibile evidenziare come i fenomeni demografici e la recente fase di calo della popolazione sia imputabile a fattori di dipendenza dalla densità ed alle condizioni invernali degli ultimi anni, ma anche probabilmente alla competizione con il cervo che nella fase estiva sempre più massicciamente frequenta e utilizza per l’alimentazione le praterie alpine un tempo occupate solo dal camoscio. Grazie alla tranquillità fornita dalla presenza dell’area protetta, un sempre più cospicuo numero di cervi trascorre la fase estiva al di sopra del limite della vegetazione arborea, sfruttando in modo ottimale il foraggio quantitativamente e qualitativamente ricco dei pascoli alpini (Figura 4.10). Un certo numero di animali trascorre addirittura la fase centrale della giornata al di sopra del limite delle praterie continue, trovando tranquillità e sicurezza nelle zone di macereto con situazioni dominanti in termini di visibilità. Un carico di oltre 1.000 cervi che si alimentano nelle stesse zone di estivazione del camoscio non può che sottrarre cibo alla popolazione e costringerla ad evitare le aree più massicciamente frequentate dai cervi, spostandosi a quote sempre più alte (Figura 4.99). Negli ultimi anni si è infatti assistito ad un progressivo spostamento estivo della popolazione verso quote sempre più alte. I maschi adulti, che sino a pochi anni fa occupavano prevalentemente il limite superiore della vegetazione arborea dei lariceti, ora si distribuiscono abbondantemente al di sopra di tale limite. 195 2660 2640 ALTITUUDINE (m) 2620 2600 2580 2560 2540 2520 2500 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 ANNI Figura 4.99 – Altitudine media degli avvistamenti di camoscio durante i censimenti estivi. Negli ultimi dodici anni l’altitudine media di osservazione si è alzata di oltre 100 m, forse in relazione alla presenza sempre più consistente del cervo nelle praterie alpine. Analizzando la Figura 4.100, che riporta la dinamica di popolazione di cervo e camoscio nel Parco dal 1983 ad oggi, è possibile notare come, dopo il grosso crash di entrambe le specie a causa dell’inverno 2000-2001, particolarmente duro e nevoso, la popolazione di cervo abbia ripreso la sua crescita, mentre il camoscio sia entrato in una nuova fase di equilibrio, assestato su densità inferiori. 30000 2500 NEVE CAMOSCIO CERVO 25000 2000 20000 1500 15000 1000 10000 500 5000 0 19 83 19 84 19 85 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 0 ANNI Figura 4.100 – Andamento dei censimenti di camoscio e di cervo all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio dal 1983 al 2007. Le barre grigie rappresentano l’indice di nevosità della stagione invernale. Per verificare la significatività statistica e quantificare le relazioni tra gli accrescimenti della popolazione di camoscio e i fattori di regolazione prima citati (denso-dipendenza, nevosità e 196 competizione con il cervo), sono stati testati tutti i possibili modelli mediante regressione multipla (in Tabella 4.72 sono mostrati i primi sette in base al valore dell’AIC). Tabella 4.72 – Modelli che testano la significatività della relazione tra i tassi di accrescimento della popolazione di camoscio e, rispettivamente, la densità di popolazione di camoscio, la densità di popolazione di cervo e la nevosità dell’inverno. Ncam-1 densità di camoscio all’anno t-1; Ncer-1 densità di cervo all’anno t-1; Ncer-2 densità di cervo all’anno t-2; i modelli di regressione testati possono essere continui oppure separati sopra e sotto il livello soglia di neve oltre il quale si innescano fenomeni di denso-dipendenza. Il modello con AIC più basso è quello che meglio spiega i dati raccolti. Parametri nel modello df AIC Ncam-1, Ccer-2, 5 417.8 Continuo; soglia durezza dell’inverno su camoscio; nessuna soglia su densità cervo Ncam-1, Ccer-2, 5 418.1 Broken stick; soglia durezza dell’inverno su densità camoscio; nessuna soglia su densità cervo Ncam-1, Neve 7 418.4 Continuo; soglia durezza dell’inverno su camoscio; nessuna soglia su densità cervo densità Ncam-1, Ccer-2, 6 419.4 Continuo; soglia camoscio e cervo durezza dell’inverno su densità Ncam-1, Neve Ccer-1, 8 419.6 Continuo; soglia camoscio e cervo durezza dell’inverno su densità Ncam-1, Neve Ccer-2, 8 419.6 Continuo; soglia camoscio e cervo durezza dell’inverno su densità Ncam-1, Ccer-2, 6 419.8 Continuo; soglia durezza dell’inverno su camoscio; nessuna soglia su densità cervo densità Ncam-1, Ccer-2, 6 419.8 Broken stick; soglia durezza dell’inverno su densità camoscio e cervo Ccer-2, tipo densità durezza dell’INVERNO (effetto soglia) R consistenza CAMOSCIO (t-1) (tasso accrescimento camoscio) consistenza CERVO (t-2) Figura 4.101 – In base alle analisi effettuate è possibile affermare che l’accrescimento della popolazione di camoscio dipende dalla densità della popolazione (i cui meccanismi di autoregolazione entrano in gioco solo durante gli inverni particolarmente duri e rigidi - effetto soglia) e dalla densità della popolazione competitrice di cervo (con due anni di ritardo). 197 I risultati mostrano come l’accrescimento della popolazione di camoscio degli ultimi trent’anni dipenda in modo significativo dalla densità di popolazione stessa, i cui meccanismi di autoregolazione entrano in gioco solo durante gli inverni particolarmente duri e rigidi (effetto soglia), ma anche dalla densità della popolazione competitrice di cervo, indipendentemente dalla situazione invernale. E infatti l’ipotesi riguarda una competizione trofica e spaziale durante la fase estiva di alimentazione (Figura 4.101). Le analisi mostrano come i tassi di natalità rimangano relativamente costanti, mentre siano i tassi di mortalità ad essere strettamente dipendenti dalla densità della popolazione. La diminuzione della popolazione occorsa nell’ultimo decennio è legata all’interazione tra meccanismi di regolazione dipendenti dalla densità, fattori meteo-climatici e competizione con il cervo (Figura 4.101). In una prima fase (sino all’inizio degli anni ’90), caratterizzata da nevosità invernale medio-alta, la popolazione è cresciuta costantemente. In una seconda fase (gli anni ’90), la scarsa nevosità media ha permesso una ulteriore crescita della popolazione sino al raggiungimento delle massime densità. Nella terza fase (il nuovo secolo), il ritorno di inverni con nevosità medio-alta e i fenomeni di competizione con il cervo hanno nuovamente alzato i tassi di mortalità naturale invernale, causando un riequilibrio della popolazione su valori inferiori di capacità portante. E’ possibile mettere in evidenza una significativa dipendenza dei tassi di accrescimento del camoscio dalla densità della popolazione stessa (con un anno di ritardo) solo al di sopra di una determinata soglia di “durezza” della stagione invernale (i punti blu della Figura 4.102a). E’ possibile inoltre mettere in evidenza una significativa dipendenza dei tassi di accrescimento del camoscio dalla densità della popolazione di cervo (con due anni di ritardo) indipendentemente dall’andamento della stagione invernale (Figura 4.102b). Figura 4.102 – A destra) i tassi di accrescimento del camoscio diminuiscono all’aumentare della densità di popolazione solo in caso di inverni di durezza superiore alla media (i punti blu). A sinistra) i tassi di accrescimento del camoscio diminuiscono all’aumentare della densità di popolazione del cervo indipendentemente dalla situazione invernale (i punti rossi rappresentano gli inverni al di sotto della media). 198 4.3.6.3. Interazioni con il gallo cedrone La distribuzione del gallo cedrone sul territorio alpino è limitata al settore centro-orientale dell’area e i nuclei presenti nel Parco Nazionale dello Stelvio ne rappresentano una delle propaggini più occidentali. Lo status della specie sulle Alpi negli ultimi trent’anni è andata via via peggiorando probabilmente a causa della modificazione degli habitat legati all’azione dell’uomo e ai cambiamenti climatici. Dall’anno 1990 ne è stata sospesa la caccia in provincia di Trento. A partire dall’anno 2003 la specie non è più cacciabile in tutto il territorio nazionale. Il gallo cedrone trova il suo naturale habitat in foreste con attitudini alla produzione legnosa. In ambito alpino il suo naturale habitat è incentrato nelle foreste di conifere con presenza di radure ricche di piante suffrutticose, ambiente facilmente riscontrabile nel territorio del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. La medesima tipologia di territorio è frequentata anche dal cervo, al punto da influenzare potenzialmente la disponibilità trofica della specie con un’azione di pesante modifica dello strato arbustivo del sottobosco. Al momento attuale, in Val di Sole, si stima una consistenza minima primaverile di 110 maschi su di un area occupata di quasi 80 km². Il rapporto maschi/femmine sulle arene risulta costantemente a favore dei maschi (da 1,5/1 a 3/1) indicando, secondo De Franceschi (1996), una dinamica favorevole della specie. Adottando prudenzialmente un rapporto maschi/femmine di 1/1 (De Franceschi 1996) ed una sottostima dei maschi subadulti (Mollet et al. 2003) pari al 20%, la stima della popolazione primaverile dovrebbe superare i 300 individui. Tale densità si allinea quindi con i valori di 2-4 individui/km² registrati da Storch in Baviera (1993a/b), e ritenuti corrispondere alle massime densità per il centro Europa. A partire dal 1997 la dinamica del cedrone in Val di Sole viene monitorata mediante censimenti primaverili in 5 aree campione. Due delle cinque aree sono poste all’interno del Parco. I soggetti censiti nel 2007 ammontano a 24 maschi adulti e 10 femmine; all’esterno delle aree campione sono stati rilevati altri 8 maschi e 6 femmine, per un totale complessivo di 30 maschi e 16 femmine. Mediante rilievo estensivo, nell’UG sono state rilevate 91 aree di canto. I dati dei primi censimenti sono stati aggiornati mediante le aree campione ed altri rilievi non sistematici, suddividendo le aree di canto in tre differenti tipologie (Figura 4.103): A. arene caratterizzate da più punti di canto tra loro collegati, con presenza di un numero di maschi superiore a 3, forte continuità dell’areale occupato e dinamismo della popolazione (n = 26); B. arene caratterizzate da singoli punti di canto con presenza di un numero limitato di maschi (1–2), scarsa continuità di areale con le arene più vicine e sintomi di scarso dinamismo di popolazione (n = 27); C. arene abbandonate (n = 38). In tutte le aree registrate come problematiche nei primi anni ’90, a distanza di 15 anni, la situazione è stabile o peggiorata. 199 Figura 4.103 - Densità di gallo cedrone maschio sulle arene di canto in rapporto all’area di svernamento del cervo in Val di Sole. La distribuzione delle arene in base alla densità di maschi pare rispondere ad alcune regole di fondo. Caratteristica comune dell’area ottimale (i versanti esposti a settentrione), in Val di Sole, è la pecceta altimontana a mirtillo nero, da secoli utilizzata in modo intensivo, anche con tagli a raso fino ai primi decenni del ‘900. In alcuni casi si tratta di peccete subalpine e lariceti a mirtillo nero/rododendro, con minore incidenza della selvicoltura. L’importanza del mirtillo nero è registrata da molti autori (Storch 1993a/b; Bollmann et al. 2005) e, secondo Storch, porta il cedrone a preferire le esposizioni fresche. L’area scadente corrisponde invece a tutti i versanti ad esposizione calda, trasformati dall’uomo in lariceti o rade peccete xeriche a mirtillo rosso. Su questi versanti, la fascia di habitat idoneo per il cedrone è di per sé più ridotta, traslata verso l’alto, erosa dai pascoli di quota e limitata ai terrazzi dove la minor pendenza, paludi o macereti favoriscono lo sviluppo del mirtillo nero (Mattedi 2001). I lariceti in esposizione calda costituiscono inoltre aree di svernamento preferenziali del cervo, subendo così una fortissima brucatura dello strato arbustivo-suffruticoso e la conseguente scomparsa di ericacee e ginepro. Gli effetti delle elevate densità di cervo sulle aree di svernamento sono visibili, non solo sulla rinnovazione della foresta ma anche sulle specie arbustive e suffruticose, con particolare evidenza sul ginepro e sulle ericacee. Pur in assenza di ricerche scientifiche che ne dimostrino il legame di causa-effetto, è constatabile una sensibile riduzione degli elementi trofici fondamentali per i Tetraonidi (Angeli e Brugnoli 2005). Nel caso del gallo cedrone, l’ipotesi di impatto negativo da parte del cervo si basa sugli effetti esercitati nelle zone di svernamento. In tali aree la componente del sottobosco risulta pesantemente brucata fino a ridursi sensibilmente e trasformarsi progressivamente da rodoro-vaccinieto a strato erbaceo con abbondante presenza di Calmagrostis villosa. La diminuzione della disponibilità dello strarto arbustivo (in particolare del mirtillo nero unanimemente riconosciuto come elemento essenziale per la specie), fonte di riparo e alimentazione della prole (maggiore ricchezza di entomofauna), porterebbe ad una diminuizione dell’idoneità ambientale per il cedrone. Nel Parco Nazionale dello Stelvio, il fenomeno è ancor più accentuato. L’andamento dei censimenti sulle aree campione del Parco sembra avere un trend negativo, al contrario di quanto rilevato nella restante Val di Sole (Figura 4.104). 200 25 Parco dello Stelvio Val di Sole CEDRONI CONTATTATI 20 15 10 5 0 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 Figura 4.104 – Trend dell’evoluzione della popolazione di gallo cedrone nelle aree esterne (in blu) ed interne (in rosso) al Parco nell’UG. Nell’area campione Marassina, in particolare, lo strato arbustivo del lariceto ha visto una rapida trasformazione da mirtillo/rododendro a Calamagrostis villosa (Figura 4.105); pur non potendo determinarne le cause in modo univoco, il processo è sicuramente accelerato dalla brucatura del cervo che qui sverna, malgrado esposizioni non favorevoli. La corrispondente dinamica del cedrone è fortemente negativa. Il ruolo del cervo nel declino del cedrone, a causa della brucatura dello strato arbustivo, è già stato ipotizzato da De Franceschi (1996), in riferimento alle foreste di Paneveggio (TN) e Tarvisio (UD), da Landmann (1985) relativamente ai Vosgi, da Storch (1993a) in Baviera e da Mollet e Marti (2001) in Svizzera. Per maggiori approfondimenti sullo status e sulla conservazione del gallo cedrone nell’UG Val di Sole si veda Angeli e Pedrotti (2007a e 2007b). Figura 4.105 – Degrado dell’habitat nell’area campione “Marassina” nel Parco Nazionale dello Stelvio. 201 4.3.6.4. Interazione con il gipeto Come già descritto, la situazione attuale vede la popolazione di cervo del Parco caratterizzata da elevate densità e da conseguenti elevate mortalità a causa dei meccanismi di autoregolazione innescatisi. Tali episodi di elevata mortalità vengo spesso visti dagli occhi umani come uno spreco di risorse. Spesso il punto di vista si limita agli aspetti connessi alle attività e interessi umani, trascurando i legami e le interrelazioni di carattere ecosistemico. Le elevate densità e mortalità (di Ungulati) presenti nel Parco favoriscono i livelli trofici superiori. Il gipeto già beneficia di questa situazione e in futuro potrebbero beneficiarne anche lince e lupo, attualmente assenti dal territorio del Parco, ma in fase di dinamica (e spesso problematica) espansione sull’arco alpino occidentale e orientale. Il gipeto, incluso nell’allegato II della Convenzione di Berna e nell’allegato I della Direttiva Uccelli, è specie particolarmente protetta dalla Legge quadro 157/92 per la protezione della fauna selvatica omeoterma. È l’avvoltoio nidificante di maggiori dimensioni presente sulle Alpi italiane con un’apertura alare che sfiora i tre metri. Si nutre essenzialmente di animali morti di cui è in grado di assimilare con efficienza anche le ossa. La sua alimentazione si basa sui resti degli Ungulati morti e la presenza di aree in cui esistono alte densità di questi animali è un fattore fondamentale per la sua sopravvivenza e riproduzione. Estinto all’inizio del XX secolo per persecuzione diretta dell’uomo, è stato oggetto di un progetto di reintroduzione internazionale iniziato negli anni ‘80 che ha visto il coinvolgimento diretto di tutte le nazioni alpine. Dal 1986 al 2007 sono stati rilasciati quasi 150 individui ed attualmente si stima una popolazione complessiva tra i 97 e i 116 individui, si riproduce autonomamente in natura dal 1996. Il successo dell’operazione è testimoniato dalle attuali 17 coppie territoriali che si sono formate, dalle 13 coppie riproduttive e dai 43 giovani involati in natura dal 1996 al 2006, al ritmo attuale di 6-7 ogni anno. Questo fa ritenere ormai non più necessaria la prosecuzione dei rilasci di giovani individui provenienti dagli zoo, a favore di un maggior impegno del programma verso azioni volte al monitoraggio della popolazione naturale, a favorire la sua conservazione ed espansione e all’individuazione e mitigazione dei principali fattori di disturbo e di mortalità verificati in questi anni. L’importanza del territorio del Parco Nazionale dello Stelvio per il gipeto è legato, come già accennato, all’elevata densità di potenziali prede (cervo, camoscio, stambecco), all’elevata percentuale di territorio posto al di sopra della vegetazione forestale e, quindi, facilmente ispezionabile, e dalla notevole disponibilità di siti di nidificazione sulle pareti calcaree del Settore lombardo del Parco. L’importanza del sito è facilmente dimostrabile se si prendono in considerazioni i dati seguenti: • nell’area sono presenti 4 coppie riproduttive sulle 13 presenti su tutto l’arco alpino (l’ultima formata occupa un territorio a cavallo dell’area protetta e del territorio svizzero (Figura 4.106); 202 • tra il 1997 e il 2007, quasi il 50% di tutti i giovani gipeti nati in natura (21 su 43) si è involato dal territorio del Parco dello Stelvio e aree limitrofe (Figura 4.107); • dal 1989 al 2005 sono state raccolte oltre 2600 osservazioni relative ad oltre 40 individui differenti. Figura 4.106 – Osservazioni e ipotesi di distribuzione delle tre coppie riproduttive di gipeto nel Parco Nazionale dello Stelvio. Una quarta coppia si è recentemente formata e riprodotto a cavallo tra territorio italiano e svizzero. L’area è inoltre frequentata da numerosi altri individui e dai nuovi giovani involati. Come si nota dalla Figura 4.106, le coppie attualmente presenti hanno progressivamente occupato la porzione più settentrionale dell’area. Negli ultimi anni, le osservazioni nella porzione più meridionale si sono fatte più frequenti, a testimonianza della futura possibile formazione di altre coppie riproduttive. 203 25 PAIRS FLEDGED YOUNGS (cumulative) 20 15 10 5 0 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Figura 4.107 – Nel PNS sono presenti 4 coppie riproduttive di gipeto. Tra il 1998 e il 2007 oltre la metà dei nuovi giovani nati in natura su tutto l’arco alpino si sono involati nell’area protetta. Un contributo importante all’idoneità dell’area per la specie è sicuramente legata alla elevata densità di cervo, oltre che, naturalmente, di camoscio e di stambecco (nella parte lombarda del Parco). Attualmente le coppie territoriali e riproduttive sono tutte presenti nel Settore lombardo del Parco. La situazione è in continua evoluzione e di anno in anno nuove aree limitrofe cominciano ad essere frequentate dai nuovi individui involati e nuove coppie territoriali continueranno probabilmente a formarsi. Le indagini genetiche effettuate sulle penne recuperate recuperate nei pressi di nidi e posatoi abituali, hanno lo scopo di verificare l’identità dei vari soggetti (soggetti rilasciati, giovani nati in natura e adulti) ed hanno mostrato come già esista un turnover nei componenti delle coppie del Parco i cui individui storici e ormai vecchi sono stati in alcuni casi sostituiti da soggetti reintrodotti più recentemente o nati in natura. Nel Settore trentino e nell’UG di riferimento non esistono al momento coppie territoriali, ma la frequentazione del territorio è pressoché continua durante i mesi invernali (a fini alimentari e di perlustrazione) e sempre più frequente durante i mesi estivi (Figura 4.108). Il trend degli avvistamenti occasionali registrati su apposite schede tra il 1996 e il 2007 dal personale forestale è in aumento. La popolazione di Gipeto nel Parco Nazionale dello Stelvio sembra destinata a una lenta ma graduale espansione anche nei territori circostanti. Tuttavia esistono ancora numerosi fattori che, in futuro, possono metterne a rischio la conservazione, compromettendo la buona riuscita del progetto di reintroduzione e di una sua prossima espansione nei territori al di fuori del Parco, già attualmente frequentati per fini trofici. Tra questi fattori, potrebbe rivestire un ruolo particolare l’inquinamento indiretto da piombo, in relazione all’ingestione di carcasse o resti di ungulati abbattuti a caccia e nei quali siano presenti frammenti di piombo. L’avvelenamento da piombo, infatti, non riguarda la sola avifauna acquatica: recenti pubblicazioni hanno dimostrato che numerose specie di rapaci possono rimanere vittime del saturnismo qualora si nutrano di soggetti morti o debilitati a causa dell’intossicazione da piombo o del ferimento con armi da fuoco (avvelenamento secondario). 204 Figura 4.108 – Distribuzione degli avvistamenti di gipeto nell’ultimo decennio. Nel Settore trentino del Parco non sono attualmente presenti coppie riproduttive, ma la frequenza degli avvistamenti si fa ogni anno maggiore (46 avvistamenti registrati nel 2007. Sono ormai disponibili numerose evidenze che dimostrano come modeste tracce di piombo, ingerite da rapaci e necrofagi quali il gipeto e l’aquila reale, possano condurre gli individui a intossicazione, inedia cronica fino a morte certa. Sulle Alpi sono noti diversi casi di animali morti e in difficoltà di entrambe le specie (Kenntner et al., 2006; Garcia-Fernandez et al., 2005; Kenntner et al., 2001; Hunt et al., 2006), ma la reale portata del problema non è ancora del tutto nota. Nel 2006 Knollseisen et al. riportano il primo caso di intossicazione da Piombo registrato sulle Alpi nell’individuo Doraja, BG 465. Tale rischio potrebbe essere particolarmente elevato nelle aree circostanti il Parco dove viene praticata la caccia a tre specie di ungulati (capriolo, camoscio e cervo), e dove il gipeto può facilmente imbattersi in carcasse di ungulato ferito a morte da colpo d’arma da fuoco e non più recuperato, o in parti di ungulato lasciate sul posto dai cacciatori (visceri in particolare), ma anche nel territorio del Parco stesso, nel momento in cui dovesse essere attivato il controllo numerico delle popolazioni. Una recente ricerca condotta in Austria ha evidenziato in modo dettagliato che il proiettile nella maggior parte dei casi rilascia frammenti di piombo nel corpo dell’ungulato colpito la cui consistenza e numerosità varia a seconda della tipologia della palla e del punto in cui l’animale viene colpito (Hecht; 2000; Figura 4.109). 205 Figura 4.109 - Modalità di frammentazione dei proiettili di piombo nel corpo di un ungulato colpito. Pochi frammenti ingeriti da un rapace possono condurlo a inedia cronica fino a morte certa. (Radiografia, da Hecht, 2000). La ricerca ha dimostrato che alcuni tipi di palla di piombo perdono, a seguito dell’impatto con l’ungulato, percentuali comprese tra il 24.3% e il 40% del proprio peso iniziale che si disperde nella carcassa. In Canada e negli USA si calcola che il 10% della mortalità post involo dell’Aquila reale sia dovuta a questa causa. Il saturnismo ha svolto un ruolo non secondario in altre aree europee per diversi rapaci diurni quali l’astore, il pellegrino, l’aquila di mare e lo sparviere (Thomas 1980; Storch 1994; Pain 1990; Kenntner et al. 2001; Hunt et al. 2006, Brant et al. 2003). Il gipeto è un avvoltoio solitario e territoriale che si nutre principalmente di ossa. La sua dieta si basa soprattutto su ungulati, sia selvatici, sia domestici, di media taglia (Brown e Plug 1990). Il comportamento alimentare è tuttavia abbastanza opportunistico e la specie sembra mostrare un’ampia diversità trofica (piccoli mammiferi, micro-mammmiferi e uccelli possono costituire il 20% della dieta; Margalida et al., 2005). Tuttavia, gli Ungulati selvatici (come il camoscio e il cervo) costituiscono una parte importante della sua dieta nelle aree montuose e alpine (Tabella 4.73; Margalida et al., 2007). L’utilizzo delle ossa è una forma di alimentazione abbastanza inusuale. Le parti piccole vengono ingoiate intere, mentre quelle più grosse sono fatte ripetutamente cadere sulle rocce in modo da romperle in pezzi di minori dimensioni (Brown, 1988). Studi più recenti hanno confermato che le ossa sono l’alimento più frequente e rappresentano il 70-90% dell’intera dieta (Brown e Plug, 1990). Gli stessi autori hanno verificato che, di fronte a una possibile scelta, il gipeto seleziona le ossa rispetto alla carne fresca e le ossa vecchie ed essiccate, rispetto a quelle fresche.Le ossa dei mammiferi hanno un contenuto energetico superiore a quello del tessuto muscolare (6.7 e 5.8 KJ/g rispettivamente; Brown, 1988), in parte per il loro alto contenuto in grasso. Una dieta “media” da gipeto disponibile in natura (70% ossa, 25% tessuto muscolare e 5% pelle) fornisce 674 KJ di energia per 100 g, rispetto ai 586 KJ di energia per un equivalente peso di tessuto muscolare (Brown e Plug 1990). Tenendo conto anche delle differenti efficienze e tempi di digestione delle ossa rispetto ai muscoli, una dieta basata sulle prime è comunque ugualmente efficiente (Houston e Copsey, 1994). Tuttavia alimentarsi di 206 ossa ha un altro vantaggio perché queste non si decompongono e possono essere ritrovate ed utilizzate a distanza di mesi. Tabella 4.73– Percentuale di differenti tipologie di preda di otto coppie di gipeto nei Pirenei, in relazione a due diversi metodi di analisi della dieta (da Margalida et al., 2007). Tipo di preda Portata al nido Presente nel nido Medi 66.9 72.5 Grandi 4.0 5.1 Sus spp. 8.0 10.7 Piccoli 11.8 6.9 Micro 4.5 0.6 Uccelli 4.0 3.8 Rettili 0.8 0.4 Mammiferi I mammiferi di taglia media includono pecora, capra, camoscio e cervo; i grandi includono cavallo e vacca; i piccoli includono coniglio, lepre e volpe; i micro includono principalmente topo selvatico e talpa comune. La presenza di consistenti popolazioni di ungulati selvatici rappresenta quindi una condizione fondamentale per garantire la conservazione e il futuro sviluppo della popolazione alpina di gipeto e per svincolare il più possibile la sua futura crescita ed espansione dalla disponibilità di carcasse di ungulati domestici (pecore soprattutto) e dalla predisposizione di punti di alimentazione artificiali appositamente predisposti (carnai; Piper, 2006). Per questo può essere opportuno provare a valutare l’attuale “biomassa” disponibile per la specie nell’area del Parco Nazionale dello Stelvio e delle aree limitrofe delle UG e le variazioni della stessa qualora si dovesse dare avvio al piano di controllo numerico e raggiungere le nuove consistenze obiettivo fissate nel piano. E’ opportuno infatti valutare se l’eventuale (parziale) riduzione delle consistenze delle differenti popolazioni di cervo che gravitano attorno al Parco Nazionale dello Stelvio possa avere un effetto limitante sulla conservazione e sul futuro sviluppo della neoformata popolazione di gipeto, per una conseguente riduzione della disponibilità alimentare in termini di carcasse. La stima quantitativa di un simile effetto richiede la conoscenza di un elevato numero di fattori tra loro interagenti in modo complesso. Per tutte le quantificazioni seguenti sono stati usati dati desunti dalla bibliografia, tranne le stime di consistenza delle popolazioni di Ungulati che provengono dalle attività di censimento già ampiamente trattate. Applicando il principio di massima precauzione a garanzia della conservazione del gipeto, la stima si basa sulle seguenti assunzioni: • la dieta del gipeto è costituita per l’80% da carcasse di ungulati selvatici e domestici e da un restante 20% da altre categorie (Margalida et al., 2007); nella presente stima è stata presa in considerazione la sola componente degli ungulati selvatici per la copertura degli intero fabbisogno energetico, senza tenere in conto l’eventuale potenziale presenza anche di carcasse di domestici; • per la quantificazione della disponibilità di carcasse sono stati applicati tassi di mortalità medi per le differenti specie di ungulati selvatici desunti da letteratura, senza considerare i possibili effetti delle elevate densità sui tassi di mortalità stessi; • per ciascuna carcassa non è stato considerata disponibile l’intera biomassa, ma solo una percentuale varabile tra il 7 e il 10% in modo che venga tenuto in conto il fatto che: 207 a) non tutte le carcasse possono essere trovate; b) altre specie si nutrono di carogne; c) il gipeto spesso predilige e ricerca solo le parti dei tessuti ossei. Al fine di calcolare la disponibilità di biomassa sono stati definiti dei tassi di mortalità minimi per le diverse specie di ungulati. La mortalità del cervo è stata stimata nel 3% annuo per gli adulti e nel 20% annuo per i piccoli (la mortalità naturale media stimata nell’UG Val di Sole tra il 1992 e il 2007, in base ai soli cervi ritrovati, è dell’8.5% per i piccoli e del 4.6% negli adulti. La mortalità del camoscio è stata stimata nel 3% annuo per gli adulti e nel 20% annuo per i piccoli (Schoder (1971) e Trimalle (1985) riportano mortalità del 30-50% nei capretti e inferiori al 10% negli adulti). La mortalità dello stambecco è stata stimata nel 3% annuo per gli adulti e nel 20% annuo per i piccoli (Ratti e Habermehl (1977) riportano mortalità del 5-10% annue, a fronte di reclutamenti annuali medi del 18% e incrementi utili annui media dell’11%). La quantità di biomassa disponibile per ciascuna carcassa è stata stimata pari a 7 kg per un cervo adulto, 3.5 kg per un cervo piccolo, 3.5 kg per un camoscio adulto, 1.5 kg per un camoscio piccolo, 5 kg per una stambecco adulto e 2 kg per uno stambecco piccolo. La biomassa di carcasse effettivamente disponibile per il gipeto è stata calcolata nel modo seguente: Biomassa(kg ) = ∑ Nad i ∗ TMad i ∗ Kg _ ad i + Npici ∗ TMpici ∗ Kg _ pici con i = specie (cervo, camoscio, capriolo); N = consistenza della popolazione (adulti e piccoli); TM = tasso di mortalità (adulti e piccoli); Kg = biomassa effettivamente disponibile per ciascuna carcassa Assumendo quindi un tasso medio di mortalità stimato del 3% annuo per gli adulti delle tre specie di ungulati e del 20% per i piccoli nel loro primo anno di vita e tenendo in considerazione quanto riportato da Margalida et al. (1997) che considerano necessari 341 kg di biomassa per i fabbisogni annui di una coppia di gipeti (di cui 223 kg durante il periodo riproduttivo), è possibile stimare la quantità di alimento teorico minimo disponibile per coprire i fabbisogni energetici della popolazione di gipeto. La stima fa riferimento all’area vasta di indagine che comprende le sette unità di gestione per il cervo che sono state individuate nel capitolo 2, le quali racchiudono l’intero territorio del Parco Nazionale dello Stelvio e parti delle province di Bolzano, Brescia, Sondrio e Trento per un totale di circa 2.980 km2. In base alle attuali stime di consistenza delle popolazioni di ungulati selvatici ed alle considerazioni sinora effettuate, è possibile stimare (in modo prudenziale) che in tale area sia presente una disponibilità alimentare di biomassa per il gipeto pari a circa 4.130 kg che, in base a quanto riportato da Margalida et al. (1997), dovrebbe essere sufficiente alla riproduzione ed alla sopravvivenza di 12 coppie di gipeto (Tabella 4.74). 208 Tabella 4.74 – Stima della biomassa disponibile per il gipeto nell’area vasta comprendente le sette unità 2 di gestione del cervo incentrate attorno al Parco Nazionale dello Stelvio (2980 km ). La stima della biomassa disponibile tiene prudenzialmente conto solo degli Ungulati selvatici; per ulteriori spiegazioni si veda il testo. N UG N N Cervi morti cervo camoscio stambecco adulti piccoli Lombardia 3600 1900 Bolzano 3750 Trento 2900 1100 Camosci morti Stambecchi morti Biomassa adulti piccoli adulti piccoli disponibile (Kg) 28 33 1581 86 144 47 68 1800 90 150 44 65 1407 1800 70 116 44 65 1145 TOTALE 4134 Numero di potenziali coppie di gipeto 12.1 Questa stima si basa solamente su considerazioni di carattere energetico e di disponibilità di prede e non prende i considerazione gli aspetti connessi alle esigenze ecologiche della specie in termini di habitat e disturbo, non ritenuti pertinenti per lo scopo della presente valutazione volta essenzialmente a valutare l’eventuale incidenza della diminuzione di carcasse disponibili, a seguito della riduzione della densità delle popolazioni di cervo, sullo stato di conservazione del gipeto (Margalida et al., 2007). Dati i valori prudenziali applicati nella stima, sembra possibile affermare che nell’area considerata ci sia una quantità di cibo disponile per la potenziale presenza di 12 coppie di gipeto. Per effettuare una valutazione della possibile incidenza del progetto di gestione del cervo le stime sono state ricalcolate, sostituendo i valori di consistenza delle popolazioni di cervo delle sette UG, con i valori di consistenza obiettivo individuati dai differenti piani di gestione già approvati o in fase di approvazione (UG “Media Venosta – Martello”; UG “Gomagoi-Tubre”; UG “Val di Sole”; UG “Valfurva – Sondalo”; Tabella 4.75). Tabella 4.75 – Stima della biomassa disponibile per il gipeto nell’area vasta comprendente le sette unità 2 di gestione del cervo incentrate attorno al Parco Nazionale dello Stelvio (2980 km ), nel caso in cui le consistenze delle popolazioni di cervo fossero ridotte secondo quanto previsto dai piani di gestione. La stima della biomassa disponibile tiene prudenzialmente conto solo degli Ungulati selvatici; per ulteriori spiegazioni si veda il testo. N UG N N Cervi morti cervo camoscio stambecco adulti piccoli Lombardia 3400 1900 Bolzano 3250 Trento 2400 1100 Camosci morti Stambecchi morti Biomassa adulti piccoli adulti piccoli disponibile (Kg) 28 33 1520 82 136 47 68 1800 78 130 44 65 1253 1800 58 96 44 65 991 TOTALE 3764 Numero di potenziali coppie di gipeto 11.0 La biomassa disponibile diminuisce da 4.134 kg a 3.764 kg, garantendo comunque la presenza potenziale di 11 coppie di gipeto. In base ai dati sinora disponibili l’incidenza del piano sulla conservazione della popolazione di gipeto appare non significativa. La presenza di elevate consistenze di camoscio e stambecco garantisce comunque la disponibilità di un numero 209 significativo di carcasse. Inoltre, i piani di gestione delle popolazioni di cervo hanno come obiettivo una significativa riduzione delle densità solo in ambito locale, che si traduce in una riduzione più leggera della consistenza complessiva nell’intera area vasta di indagine (riduzione del 12%). Per avere un quadro complessivo e di maggiore dettaglio sullo status delle conoscenze sul gipeto nel Parco si fa riferimento al rapporto di Bassi (2007). 4.3.6.5. Interazioni con i grandi predatori I grandi predatori danno vita nell’immaginario collettivo a un’insieme di emozioni spesso contrastanti, di rispetto e disprezzo, fascino e paura, sentimenti che li hanno visti protagonisti della storia dell’uomo e nel contempo vittime di numerosi episodi di estinzione. I grandi carnivori in grado di effettuare una attività di predazione significativa sul cervo in ambito alpino sono il lupo e la lince. Il primo ha recentemente riconquistato per colonizzazione naturale le Alpi occidentali italiane e francesi, ma è attualmente ancora assente (con branchi riproduttivi) dalle Alpi centrali (Figura 4.110). Se il processo di ricolonizzazione manterrà i ritmi attuali, è tuttavia lecito aspettarsi un suo ritorno entro i prossimi anni. Figura 4.110 - Diffusione attuale del lupo in Europa (Kora, 2005). La popolazione appenninica di lupo, come è stato ampiamente dimostrato dalle analisi genetiche, si è naturalmente espansa e dispersa attraverso l’Appennino tosco/emiliano e ligure/piemontese verso le Alpi occidentali. Dalle prime segnalazioni sporadiche dell’inizio degli 210 anni ’90, si può ormai considerare la popolazione insediata, a settant’anni dalla scomparsa, in forma stabile sino alla Regione Valle d’Aosta. La distribuzione attuale interessa l’arco alpino compreso tra Italia, Francia e Svizzera (in modo ancora irregolare). I dati evidenziano un trend positivo della popolazione, caratterizzato da una crescita inferiore rispetto ad altre popolazioni in fase di ricolonizzazione. Le buone capacità riproduttive e l’elevato turn-over annuale degli individui all’interno dei branchi monitorati indicano che i fenomeni di mortalità e/o dispersione hanno un ruolo fondamentale in tale processo. La mortalità dovuta a bracconaggio sembra avere un ruolo nella dinamica di popolazione anche se di difficile quantificazione. L’area di distribuzione della specie è ancora discontinuo (Figura 4.111) e caratterizzata dalla presenza di due nuclei principali (Alpi Liguri-Marittime, Val di Susa). Questa distribuzione può essere legata alla disponibilità di prede, al “disturbo” dell’uomo e alla frammentazione degli habitat. I giovani individui in dispersione sono in grado di effettuare spostamenti di centinaia di chilometri e rendere possibile in tempi brevi la colonizzazione delle Alpi centrali già provata a più riprese negli ultimi otto anni (Kora, 2005). Attualmente tra Piemonte e Valle d’Aosta è stimata la presenza di 30-40 lupi suddivisi in 7-9 branchi (circa 18 branchi se si considerano anche le Alpi francesi). Le grandi capacità di dispersione tipiche della specie, unite alla ripresa delle popolazioni di Ungulati selvatici sono il motivo principale del ritorno del lupo sulle Alpi; un ritorno che attesta da un lato la loro riqualificazione ecologica e che dall’altro ha importanti implicazioni di carattere sociale, economico e culturale. Il futuro del lupo, e in generale dei grandi carnivori, sulle Alpi necessita di un grande lavoro di informazione e di gestione per risolvere i conflitti che si vengono a creare con l’uomo e rendere possibile e stabile il processo di colonizzazione in atto. 211 Figura 4.111 – Il lupo sulle Alpi; (a) Localizzazione dei branchi di lupo e dimensioni minime dei territori occupati in Piemonte (Marucco, 2008); (b) Localizzazione dei branchi di lupo e dimensioni minime dei territori occupati in Francia (Duchamp, 2008); (c) Presenza confermata di esemplari di lupo in Svizzera nel 2006 (Weber, 2008). Durante gli anni ’70 del secolo scorso la lince è tornata a far parte della fauna alpina grazie alle reintroduzioni effettuate nelle Alpi svizzere e in Slovenia, con esemplari provenienti dai Carpazi. Le zone occupate si sono dapprima rapidamente estese fino alle Alpi svizzere centrali ed occidentali, poi è sopravvenuta una fase di stasi, un nuovo incremento negli anni ’90, legato anche a nuove reintroduzioni e una successiva stasi nell’ultimo quinquennio. Attualmente sulle Alpi è stimata la presenza di circa 120 individui, suddivisi in due popolazioni tra loro ben distinte. A ovest, in Francia e tra il Vallese, il Bernese e il Canton S.Gallo svizzero, una popolazione di un centinaio di individui (Figura 4.112). A est, tra Slovenia, Austria e Alpi orientali italiane, una ventina di soggetti in continuità con la popolazione dinarica (altri 130 soggetti tra Slovenia, Croazia e Bosnia). Attualmente meno del 10% del territorio idoneo sulle Alpi è stato ricolonizzato e in futuro sarà fondamentale riuscire a creare un ponte di contatto tra le due popolazioni alpine che al momento sono tra loro completamente isolate. Figura 4.112 - Segnalazioni di linci confermate nelle Alpi dal 1995 al 1999, con esclusione delle popolazioni di linci limitrofe (KORA, 2005 ). 212 Figura 4.113 – Distribuzione dei segni di presenza di lince sulle Alpi italiane nel periodo 2000-2004. (a) dati di categoria 1: foto, fatte confermate; (b) dati di categoria 2: tracce, Ungulati selvatici e domestici uccisi; (c) dati di categoria 3: tracce e prede non confermate, avvistamenti e vocalizzazioni (Molinari et al., 2006). In Italia la lince è presente in modo stabile solo nel settore più orientale del Friuli (Figura 4.113), mentre individui in dispersione sono sporadicamente e a più riprese segnalati lungo tutte le aree di confine, dalle Alpi occidentali sino al Trentino-Alto Adige (Kora, 2005). 213 Gli esperti considerano la popolazione alpina ancora in pericolo per la sua limitata distribuzione e per le intrinseche limitate capacità di dispersione della specie, legate anche all’attuale frammentazione degli habitat che contraddistingue i fondovalle alpini. La conservazione della lince è anche resa particolarmente difficile dalle basse densità che la specie raggiunge anche in condizioni ambientali favorevoli (0.9-2.1 individui/100 km2), e dagli enormi requisiti spaziali, che rendono inefficace ogni politica di conservazione ristretta alle sole aree protette (Spagnesi e De Marinis, 2002). Per questo le future azioni per la conservazione della specie dovranno mirare all’ampliamento dell’attuale areale distributivo per favorire il progressivo congiungimento dei due nuclei attualmente esistenti (Kora, 2005). La scomparsa dei grandi predatori sull’arco alpino è legata principalmente alla persecuzione diretta da parte dell’uomo che ha sempre visto nel lupo, nell’orso e nella lince dei competitori diretti. Verso la fine del XIX secolo, a seguito della caccia incontrollata e dei massicci disboscamenti, le popolazioni di Ungulati, principale preda di queste specie, sono state distrutte o drasticamente ridotte; ciò ha fortemente influenzato le abitudini alimentari dei grandi predatori che hanno dovuto ripiegare sul bestiame domestico, entrando così in conflitto con l’uomo. I grandi predatori giocano un ruolo fondamentale per gli ecosistemi naturali e la loro conservazione comporta un beneficio per tutte le altre componenti ad esse legate. Queste specie infatti necessitano di spazi ampi, la cui conservazione può garantire in ricaduta benefici per molte altre specie: la loro conservazione perciò è un importante contributo al mantenimento della biodiversità. Il lupo è il principale predatore di mammiferi di grandi dimensioni nell’emisfero settentrionale e ci si aspetta quindi che possa esercitare una forte influenza su di essi (Mech, 1966). La principale fonte di cibo della lince sulle Alpi sono gli Ungulati e in particolar modo il capriolo e il camoscio (Breitenmoser et Haller, 1993 in Okarma et al., 1997). Secondo Mech (1970) gli effetti diretti della predazione dei grandi carnivori possono essere suddivisi in tre tipologie: • l’effetto sanitario che mantiene in buona salute la popolazione preda, eliminando gli individui vecchi, malati o inferiori alla media; • il controllo numerico totale o parziale sulla consistenza della popolazione preda; • la stimolazione della produttività nella popolazione preda e la disponibilità di alimento per le specie che si nutrono di carcasse. Un quarto effetto indiretto è connesso a possibili cambiamenti comportamentali della popolazione preda (cambiamento dei territori più frequentemente utilizzati, con conseguente migliore distribuzione spaziale e di utilizzo del foraggio, aumento del comportamento di vigilanza e variazione della numerosità dei branchi). La percentuale di prede uccise dal lupo è significativamente elevata per le classi giovani e immature. Nel caso del wapiti americano è dimostrata una selezione dei piccoli (Vignon, 1997). In genere, gli animali adulti uccisi dal lupo sono feriti, malati o in scarsa condizione. Uno studio effettuato nell’Idaho ha dimostrato che i cervi prelevati dall’uomo in caccia avevano condizioni fisiche migliori di quelli uccisi dal lupo (Power, 2001). Di conseguenza il lupo potrebbe migliorare la qualità media di una popolazione (Switalski et al., 2002). Alla luce delle conoscenze disponibili, l’impatto della predazione di lupo non può essere semplificato poiché i sistemi preda-predatore sono estremamente complessi e caratterizzati da una moltitudine di fattori di difficile valutazione e misurazione. Alcune generalizzazioni nel caso del lupo si possono comunque trarre: • le interazioni variano secondo uno spettro di casistiche ai cui estremi si rilevano, da una parte, situazioni in cui l’impatto sulle popolazioni preda appare trascurabile, dall'altra, situazioni in cui le popolazioni preda sono regolate dal lupo e mantenute a basse densità; 214 • le specie preda differiscono nelle loro capacità di sostenere la predazione. Ungulati altamente produttivi e poco affetti da altri fattori limitanti (come il cervo) possono mantenere, in presenza del lupo, densità maggiori rispetto a specie meno produttive; • in assenza di predazione, gli Ungulati selvatici vengono comunque regolati da fattori densità-dipendenti; • le specie di Ungulati che nella loro storia evolutiva si sono coevolute con i predatori, possono mantenere densità elevate anche in presenza degli stessi. L’attuale fase di ricolonizzazione del lupo che sta avvenendo sia negli Stati Uniti che nell’arco alpino permette di capire le funzioni ecologiche della specie e i suoi effetti sugli ecosistemi. Il lupo deve essere considerato un predatore che sta ai vertici delle catene alimentari e la cui presenza è un buon indicatore dell’integrità degli ecosistemi (Switalski, 2002). La letteratura disponibile sembra suggerire che la ricomparsa del lupo avrà probabilmente piccoli effetti sulla dinamica di popolazione degli Ungulati. Tuttavia potrà avere un grande effetto nel modificare il comportamento delle specie preda con effetti a cascata sugli ecosistemi. Il lupo è stato reintrodotto da una decina d’anni nel Parco Nazionale di Yellowstone e benché non siano ancora disponibili dati a lungo termine, sembra che la presenza del lupo abbia effetti significativi sugli ecosistemi (Ripple e Betscha, 2004). Tuttavia il grado a cui il lupo può regolare o limitare le popolazioni preda rimane controverso (Gese e Knowlton, 2001). Di norma il lupo non sembra ridurre le popolazioni preda (Van Ballenberghe, 1985; Fuller, 1990), ma sembra ridurne le fluttuazioni numeriche (Leopold, [1933] 1986; Pimlott, 1967; Carbyn, 1983). Il motivo è legato al fatto che i lupi selezionano le prede più vulnerabili (giovani, vecchi, malati e feriti; (Murie, 1944; Fuller and Keith, 1980; Kunkel and Pletscher, 1999). L’età media delle cerve uccise a Yellowstone dai lupi è di 14 anni, mentre quella delle cerve uccise in caccia è di 6 anni (D. Smith, 2001; B. Smith and Berger, 2001). Inoltre il lupo può migliorare la salute di una popolazione eliminando gli animali malati o in cattive condizioni (Mech, 1966; Carbyn et al., 1993). La predazione può agire sulla mortalità in termini compensatori (se l’aumento della predazione causa la riduzione di altri fattori di mortalità) o additivi (se aumenta i tassi di mortalità compessivi) (Bartmann et al., 1992). Studi condotti in Alaska suggeriscono che la predazione del lupo può limitare la popolazione preda solo in combinazione con altri predatori (Kay, 1996; Kunkel and Pletscher, 1999). Tuttavia la limitazione si verifica nei casi in cui la preda viene ridotta da altri fattori concomitanti che possono includere la caccia, l’impoverimento degli habitat, condizioni climatiche limitanti (Ballard et al., 2001; Mech and Nelson, 2000). Ad esempio gli inverni severi sono comunque il primo fattore limitante per le popolazioni di Ungulati a Yellowstone. Il cervo è la preda principale del lupo nell’area (>90%), tuttavia la popolazione è rimasta complessivamente stabile nel periodo del ritorno del predatore (ed è cresciuta dopo crash legati a inverni severi) perché probabilmente la predazione è stata di tipo compensativo (D. Smith, 2000). Secondo il Piano di gestione del lupo del Minnesota, il lupo è cresciuto negli ultimi 20 anni e, nonostante la presenza di inverni particolarmente duri, si è registrato anche un progressivo aumento delle popolazioni di cervidi testimoniato dall’aumento degli abbattimenti in caccia (wildlife.utah.gov/wolf/pdf/mn-wolf-plan-01.pdf, 2001). Per le foreste temperate dell’Europa settentrionale (foresta di Bieloweza, Polonia), Okarma et al. (1997) e Jedrzejewsky et al (2002) hanno messo in evidenza che il lupo può sostanzialmente limitare le popolazioni di cervo in relazione alla particolare situazione climatica e trofica del area. Gli autori hanno evidenziato che il cervo è la specie preda di elezione del lupo (Jedrzejewsky et al, 2002) e i cerbiatti rappresentano la classe più ricercata (Jedrzejewsky et al, 2000). L’effetto limitate della predazione dipende dalla produttività degli habitat e dal clima: solo in condizioni favorevoli il cervo riesce a compensare le perdite dovute alla predazione. Gli effetti della predazione sulle densità di Ungulati sono più forti nei periodi a clima più freddo, mentre nei periodi a maggiore produttività degli ecosistemi le popolazioni preda riescono a compensare meglio (Selva et al., 2005). Inoltre la predazione del lupo è risultata essere parzialmente additiva rispetto ai prelievi venatori. 215 L’esperienza effettuata in Alta Val Susa relativamente all’analisi della dieta del lupo, mostra come la specie prediliga un’alimentazione basata sugli Ungulati selvatici, ed in particolar modo su cervo e capriolo. In particolare i lupi dell’Alta Val Susa mostrano una preferenza alimentare verso i piccoli di cervo, accentuata nel periodo invernale, momento in cui la specie tende solitamente a concentrarsi in territori di minore estensione. Inoltre gli studi condotti mostrano come il lupo tenda a selezionare tra la porzione di popolazione di cervo disponibile, gli individui debilitati e come alla preferenza del lupo nei confronti del cervo si associa una stretta relazione spaziale tra le due specie (Gazzola et al., 2007). Questi studi, peraltro al momento confermati dagli studi relativi all’ambiente appenninico e alpino (Gazzola, 2005; Apollonio e Mattioli, 2006), suggeriscono che la ricolonizzazione del lupo non dovrebbe avere effetti significativi sulla consistenza delle popolazioni di Ungulati in ambienti simili a quello alpino. Ad esempio, le stime dei tassi di predazione ottenuti dagli studi effettuati a Yellowstone (Phillips and Smith, 1997; D. Smith, 1998; D. Smith et al., 1999b), in Idaho (Husseman and Power, 1999) e nella regione dei grandi laghi (WWAC, 1999) che variano da 12.4-18 Ungulati uccisi per lupo all’anno, indicano che una popolazione di circa 200 lupi presente nello Utah non dovrebbe uccidere più di 3.600 Ungulati selvatici all’anno. Per rendere meglio l’idea, lo Utah ha una superficie di circa 220.000 km2, circa 35 volte quella dell’intera provincia di Trento. A Bialoweza un branco di lupi uccide in media un ungulato ogni due giorni (Jedrzejewsky et al., 2002) e annualmente ogni lupo uccide in media 42 ungulati (27 cervi, 12 cinghiali e 2 caprioli). Le densità della specie sono comunque molto basse in quanto ciascun branco ha bisogno di estensioni di territorio molto vaste per continuare a cacciare con efficienza. I quattro branchi studiati hanno mostrato un home range annuale medio, calcolato con il minimo poligono convesso al 95%, di 201 km2 (min-max 116-310 km2; Jedrzejewsky et al, 2007). Nel caso dei branchi di lupo presenti sulle Alpi occidentali italiane e monitorati in questi ultimi anni, l’estensione minima del territorio annuale dei singoli branchi corrisponde a una media di 149.9 km2 con un minimo di 50.6 km2 ed un massimo di 236.9 km2. La dimensione media dei branchi nel periodo 1999-2005 è stata di 4.2 (± 1.8) lupi (Progetto Lupo Piemonte, 2005). Basandosi su tali informazioni ci si può aspettare che all’interno del PNS potrebbe essere presente al massimo un branco di lupi e nell’intera UG circa 3 branchi La presenza del lupo può comunque avere un effetto non trascurabile sul comportamento delle specie preda. Berger (1998) ha ipotizzato che nel caso in cui un predatore sia assente per generazioni, le prede possono perdere la loro capacità nel riconoscerlo ed evitarlo. Se questo fosse vero, nelle prime fasi della ricolonizzazione il lupo potrebbe avere vita più facile. Di norma le prede sono in grado di modificare il loro comportamento in tempi relativamente rapidi con effetti sulle dimensioni dei gruppi, sul tempo di vigilanza e sugli habitat utilizzati. Recentemente Berger et al. (2001) hanno verificato che le femmine di alce a Yellowstone hanno sviluppato un ipersensibilità verso gli ululati, mentre il cervo del National Elk Refuge del Wyoming ha aumentato il proprio tempo dedicato alla vigilanza e formato gruppi più piccoli (B. Smith and Berger, 2001). In casi simili le popolazioni di Ungulati hanno modificato il loro comportamento nel giro di una sola generazione. Ancora a Yellowstone, la popolazione di cervo è rimasta sostanzialmente stabile nelle sue consistenze in tutto il periodo di comparsa del lupo; tuttavia essa ha modificato la propria occupazione dello spazio e utilizzo degli habitat, abbandonando le aree riparali di fondovalle (prima molto utilizzate durante l’inverno), assiduamente frequentate dai branchi di lupo. Dopo la reintroduzione del lupo, vaste aree di salice ripariale hanno cominciato a recuperare e ad estendersi, mentre prima soffrivano un pesante sovra-brucamento causato dal cervo (Figura 4.114; Ripple e Beschta, 2004). Il ritorno del lupo, in chiave ecosistemica ha anche aiutato il ristabilirsi dei boschi di pioppo (Chadde and Kay, 1988). Ripple and Larson (2000) ipotizzano che i lupi siano responsabili del recupero del pioppo negli anni recenti per aver influenzato gli spostamenti e i pattern spaziali di alimentazione del cervo. 216 Figura 4.114 – Parco Nazionale di Yellowstone. Salici lungo il fiume nella primavera del 1996 (sinistra) e nell’estate del 2002 (destra). Dopo un periodo di 70 anni in cui il lupo non era più presente, la pesante brucatura di salici e conifere è evidente nella foto. Dopo 7 anni dal ritorno del lupo i salici mostrano evidenti segni di ripresa dall’impatto causato dalla brucatura (Ripple e Beschta, 2004) Nel caso della lince, le situazioni in cui il predatore risulta in grado di “regolare” l’evoluzione numerica del cervo sono ancora più rare, in quanto il felide si è evoluto su specie preda target di dimensioni inferiori. Non è comunque possibile escludere che l’eventuale presenza della lince possa influire sulla distribuzione spaziale delle popolazioni di cervo, limitando le “eccessive” concentrazioni invernali (Perco et al, 2001). Nel caso della lince, l’influenza della predazione su una comunità di Ungulati dipende dalla struttura della comunità e dalla consistenza e struttura sociale della popolazione di lince e dalle altre cause di mortalità (malattie o caccia). Tale impatto può cambiare considerevolmente nel tempo (Molinari-Jobin et al., 2001). In ogni caso i tassi di predazione sul cervo sono molto spesso estremamente bassi. Studi recenti hanno mostrato che la mortalità del capriolo causata dalla lince può essere molto bassa (2%) e arrivare, su scala locale, fino al 41% (Filonov 1980, Breitenmoser e Haller 1987, Okarma et al. 1997, Molinari-Jobin et al., 2001). Tuttavia in generale lo sviluppo delle popolazioni di lince non ha impedito un aumento considerevole delle popolazioni di capriolo (Stahl et al., 2001 in Molinari-Jobin et al, 2001). Okarma et al. (1997) hanno mostrato che, nella foresta di Bialoweza, la lince contribuisce in media al 40% della mortalità naturale del capriolo e a circa il 10% della mortalità del cervo, concludendo che la predazione della lince, nelle foreste temperate dell’Europa settentrionale, rappresenta un fattore limitante importante delle popolazioni di capriolo, ma non di cervo, per il quale, analogamente, la stessa importanza è giocata da fattori quali la predazione del lupo e la caccia (Jedrzejewska e Jedrzejewsky, 1998; Jedrzejewsky et al., 2002). Anche nel caso della lince è possibile ipotizzare degli impatti comportamentali sulle specie preda che portano a cambiamenti nella loro dispersione e organizzazione sociale. L’influenza sui meccanismi 217 comportamentali può portare a riduzioni indirette della capacità di carico per le prede per aumento della competizione intraspecifica (Perret, 2003). Non sono al momento disponibili studi specifici sulla lince che permettano di fare considerazioni quantitative su questi aspetti (Molinari-Jobin et al., 2001). Anche la lince ha necessità di spazi molto vasti. Le dimensioni del territorio variano molto, in funzione della disponibilità di cibo e dello stato della popolazione, ma sono comunque molto grandi per poter disporre di un numero di prede sufficienti. E’ anche importante che le stesse prede non vengano allertate troppo frequentemente, affinché non si abituino e diventino “troppo” abili ad evitare la predazione. I territori (difesi dai conspecifici) dei maschi hanno estensioni che variano tra i 90 e i 760 km2 (più dell’intera Val di Sole!), quelli delle femmine tra i 60 e i 480 km2 (Breitenmoser-Würsten, 2001; Breitenmoser e Haller, 1993; Herfindal et al., 2004). In base all’attuale quadro relativo allo status delle popolazioni alpine di lupo e di lince e delle loro possibili interazioni con il cervo, è naturale pensare che in risposta alle elevate densità di Ungulati che occupano il territorio del Parco, la reintroduzione di predatori quale il lupo o la lince, potrebbe essere una risposta al problema come suggeriscono alcuni autori (Nilsen et al, 2004) che vedono l’attività del lupo come una valida alternativa al controllo numerico in zone dove la caccia è poco praticata e non riesce a compensare il fenomeno dell’aumento degli ungulati. Tuttavia, le considerazioni sotto riportate fanno ritenere la conservazione dei grandi predatori un obiettivo prioritario per il Parco Nazionale dello Stelvio, ma comunque svincolato da eventuali operazioni di immissione, che nell’attuale situazione generale e locale, vengono ritenute non opportune o non sensate al livello di scala geografica del solo Parco Nazionale dello Stelvio. A. Le esigenze spaziali di specie come la lince e il lupo rendono necessario affrontare le problematiche di conservazione e gestione di tali specie a livello globale di scala. Nel caso specifico il livello di scala adeguato è l’intero arco alpino o una sua consistente porzione. L’esperienza della reintroduzione dell’orso bruno appare in tal senso paradigmatica (Genovesi et al., 1999). Tempi di realizzazione e scala geografica appaiono attualmente non consistenti con le problematiche legate al cervo. B. Il successo di operazioni di reintroduzione di grandi predatori è molto basso. Il primo fattore da prendere in considerazione per valutare l’opportunità di simili operazioni è la dimensione umana. Attualmente le Alpi sono un ottimo ambiente per i grandi predatori da un punto di vista ecologico. Sono i conflitti tra predatore e uomo il principale fattore di crisi che crea gli attuali problemi di conservazione delle popolazioni. C. Il territorio del Parco Nazionale dello Stelvio riveste, per le elevate densità di ungulati e per il fatto di essere una vasta area dove è vietata la caccia, un ruolo fondamentale per la conservazione dei grandi predatori che stanno tentando di ricolonizzare l’arco alpino. Il Parco dovrà mettere in atto tutte la azioni ritenute opportune per favorire il ritorno spontaneo di lince e lupo e cooperare con gli enti che si stanno occupando della loro conservazione su vasta scala. D. Il processo di colonizzazione spontanea della popolazione appenninica di lupo che nell’arco di meno di un ventennio ha occupato tutte le Alpi occidentali e che continua tuttora in modo deciso verso le Alpi centrali, rende di fatto inutile pensare ad altri interventi diretti ad opera dell’uomo. Visto l’attuale scenario di crisi legato all’estrema conflittualità nei rapporti tra uomo e lupo, le eventuali azioni dovranno essere rivolte a mitigare tali conflitti per favorire un processo già in atto. 218 E. In particolar modo per quanto riguarda la lince, caratterizzata da maggiore lentezza nella colonizzazione di nuovi territori, le Alpi centrali e il PNS assumono una notevole importanza poiché situate in posizione equidistante dalle due attuali aree di presenza dell’arco alpino. In questo caso un eventuale programma per la creazione di un nuovo nucleo, se opportunamente preparato e pianificato su scala trans-nazionale, potrebbe essere ritenuto utile e opportuno. Si rimanda comunque a quanto detto al punto 1, per quanto riguarda i rapporti con la gestione del cervo. In questo quadro si inserisce la recente notizia della comparsa, il 22 marzo 2008, di un giovane maschio di lince in dispersione in Trentino nord-occidentale. Questo fatto testimonia il verificarsi di fenomeni di dispersione naturale dalla Svizzera verso est, a colmare le attuali lacune distributive. La lince era stata catturata il 22 febbraio scorso nel Parco Nazionale Svizzero e dotata di un radiocollare con tecnologia GPS. Le analisi genetiche hanno rivelato che si tratta dell’animale B132 (Molinari-Jobin, 2008), nato nel 2006 nella Svizzera nordorientale da genitori rilasciati nell’ambito del progetto di reintroduzione realizzato nel Cantone S. Gallo (Ryer et al., 2006). Dopo aver trascorso gran parte dell’inverno tra la Svizzera e il Parco dello Stelvio lombardo (Figura 4.115), la lince ha attraversato le montagne del Gavia, a quote di poco superiori ai 3.000 m, e si è portata in Provincia di Trento in Val di Sole dove ha proseguito la sua notevole marcia verso est, sino a stabilizzarsi, per ora nel massiccio del Brenta. Da quando è partito dal territorio del Parco Nazionale Svizzero a quando è arrivato in Trentino, in circa 18 giorni, ha compiuto uno spostamento di oltre 100 km, mentre 200 sono i chilometri di distanza dal luogo di nascita! Da quando il soggetto è stato catturato e dotato di radiocollare, è possibile seguirne gli spostamenti e rinvenire gli animali predati. La specie maggiormente predata risulta sinora il capriolo, con l’eccezione del periodo trascorso dalla lince nel Parco Nazionale Svizzero in cui ha predato soprattutto camosci e piccoli di cervo, in relazione alla disponibilità (Haller, ex verbis). Figura 4.115 – Il movimento di dispersione di B132, un giovane maschio di lince nato nel 2006 nel Cantone S. Gallo (CH). In rosso e in blu gli home range dei genitori, NEMA e TURO, individuati mediante l’analisi del DNA. La stessa rossa rappresenta il sito di cattura nel Parco Nazionale Svizzero e i punti blu le localizzazioni del movimento di dispersione in territorio italiano (Molinari-Jobin, 2008). 219 /#06'0+/'061&'..'#4''#2'46' Gli elevati raggruppamenti di cervi nelle zone di svernamento, che si concentrano principalmente nei versanti esposti a sud, esercitano, come già analizzato, una notevole azione di brucamento invernale sulla rinnovazione forestale e sugli strati arbustivi del sottobosco (mirtillo nero e rosso, ginepro e, in alcune situazioni limite, anche rododendro). Tale azione permette il mantenimento delle aree di pascolo secondarie. La fase di ricolonizzazione delle aree aperte da parte delle essenze arbustive (in particolare ginepro, rododendro ed altre ericacee), non più efficacemente controllate dal pascolo dei domestici, è notevolmente rallentata dalla presenza del cervo. Manca tuttavia ancora una conoscenza specifica sull’entità temporale del rallentamento del recupero del bosco e degli arbusteti nelle praterie secondarie causato dal cervo. Anche in Val di Sole l’abbandono della montagna ha portato alla diminuzione del pascolo, permettendo un rapido recupero della foresta ma causando anche la progressiva colonizzazione delle superfici pascolive e delle aree aperte all’interno del bosco. All’inizio degli anni ’90 si è pertanto definita, nell’ambito dei piani di assestamento, una strategia di intervento mirata a conservare sia una parte delle radure in bosco, sia il pascolo vero e proprio (Zanin, 2001). Negli ultimi 15 anni, in Val di Sole, si sono recuperati pascoli, ex pascoli e radure in bosco, per circa 60 ha/anno, con una spesa, su fondi provinciali e mediante l’applicazione del Piano di Sviluppo Rurale, di circa 150.000 €/anno. Nelle aree in cui il cervo non contribuisce a rallentare tale fenomeno, il mantenimento delle aree di pascolo secondarie viene in alcune situazioni aiutato da interventi dell’uomo. Ad esempio, l’effettuazione di lavori di manutenzione lungo le piste da sci hanno un costo medio di circa 2.000 €/ha ogni 20 anni. A titolo di esempio si riportano due fotografie relative alla Val di Rabbi. La prima è stata scattata all’interno del Parco nei pressi della malga Terzolasa, la seconda, a soli 2 km di distanza ma all’esterno del Parco, scattata nei pressi della malga Caldesa Alta. La differenza nello sviluppo degli arbusti di ginepro nei pascoli è notevole. Sebbene manchino conoscenze specifiche sull’entità temporale del rallentamento del bosco e degli arbusteti nelle praterie secondarie, è comunque facilmente osservabile la significativa differenza che l’impatto delle alte densità è in grado di provocare, rallentando le fasi di colonizzazione degli arbusteti nei pressi di malghe o radure. Uno studio sul foraggiamento selettivo realizzato nel Parco Nazionale Svizzero ha descritto il cervo come un pascolatore di tipo intermedio (Märki et al., 2000). Il cervo si alimenta su tutte le specie disponibili, ma con diversi gradi di intensità. Non è stato tuttavia possibile evidenziare 220 correlazioni significative tra il bruciamento selettivo e lo sviluppo della vegetazione a lungo termine. Il cervo sembra tuttavia rappresentare un fattore non trascurabile nella trasformazione della vegetazione, per lo spostamento dei nutrienti (che rientrano in circolo con le feci) e per la pressione di brucatura che esercita in modo differenziato (a seconda della resistenze di ciascuna specie). Nei pascoli monitorati è stata infatti evidenziata una tendenza alla prevalenza di specie indicatrici di terreni oligotrofici, resistenti alla brucatura o non appetite. Sempre all’interno del Parco Svizzero, mediante l’utilizzo di plots permanenti monitorati a partire dal 1915, è stato possibile verificare un aumento della ricchezza in specie (fanerogame) nelle praterie subalpine sottoposte a pascolo intensivo da parte dei cervi e una volta utilizzate per il pascolo del bestiame domestico (Schütz et l., 2000). (47+<+10'5%+'06+(+%#'674+56+%10#674#.+56+%# La popolazione di cervo che occupa il territorio del Parco è ormai caratterizzata da un’elevata contattabilità (soprattutto nella fase estiva ed autunnale) che con il passare del tempo diventa sempre più evidente ed accentuata. L’assenza dell’attività venatoria senza dubbio favorisce questo fenomeno ed ha spinto i cervi a recuperare le loro originarie abitudini di animali diurni e legati agli ambienti aperti di prateria. In una simile situazione la fruibilità della specie anche a fini turistici diventa senza dubbio più efficace e di maggiore soddisfazione. Le alte densità presenti durante l’estate e durante il giorno anche nelle aree al di sopra del bosco favoriscono la contattabilità e la visibilità dei cervi anche da parte di turisti e persone non esperte. Il fenomeno si fa ancora più evidente e marcato durante il periodo riproduttivo in cui è relativamente facile ascoltare i bramiti dei maschi ed osservarne i comportamenti di corteggiamento e sfida. Il cervo è un animale che indubbiamente suscita forte interesse e coinvolgimento. L’alta contattabilità all’interno del Parco, se opportunamente veicolata e promossa, potrebbe contribuire al turismo nel periodo estivo-autunnale, sull’esempio di quanto già accade nel Parco Nazionale Svizzero, nel quale la sentieristica per i turisti e l’obbligo a non abbandonare i sentieri indicati, riduce ulteriormente l’attività di disturbo sulla specie, aumentando la sua confidenza nei confronti dell’uomo. L’area protetta gode oggi di un vero e proprio turismo basato su tale peculiarità che si intensifica ulteriormente durante la stagione dei bramiti. A tale proposito è importante sottolineare che non solo l’attività venatoria può causare disturbo, avere impatto e plasmare in modo significativo il comportamento di una specie sensibile e adattabile come il cervo. Qualsiasi tipo di disturbo, se prevedibile e regolare nello spazio e nel tempo, porta ad una sorta di abitudine (abituazione) e non diventa più tale. La regolare frequentazione dei sentieri può essere tranquillamente tollerata dalla popolazione, tanto da far diminuire progressivamente le distanze di fuga. Tutto questo purché non si continui ad uscire dai sentieri stessi, rendendo così imprevedibile la fonte di disturbo. Inoltre, i disturbi non prevedibili che causano continuamente reazioni di fuga da parte dei cervi portano ad un continuo dispendio supplementare di energie preziose per la sopravvivenza. Se ad esempio il disturbo viene arrecato in modo continuo (e imprevedibile) durante la seconda fase dell’inverno, si possono verificare condizioni di rischio, in quanto gli animali sono costretti a consumare troppe energie nel periodo di minore “disponibilità energetica”. E’ questo il caso del disturbo arrecato dai cercatori di palchi che frequentano la montagna nei mesi di marzo e aprile. Se non opportunamente regolamentata, tale attività in anni particolari può essere dannosa per i tassi di sopravvivenza. Ridurre le distanza di fuga degli animali con regolamentazioni e comportamenti adeguati non può che portare un doppio beneficio, sia alla popolazione che ai fruitori turistici. 221 Inoltre, una popolazione di cervo come quella del PNS, caratterizzata da elevate densità, da una contattabilità sempre crescente e da una dinamica denso-dipendente che al momento la auto-regola in modo naturale, rappresenta una preziosa fonte di studio per approfondire le conoscenze specifiche sui meccanismi naturali di crescita e regolazione della popolazioni di fauna selvatica e sugli aspetti della loro ecologia. )'56+10'8'0#614+# La presenza di una vasta area protetta, rappresenta un grande bacino di tranquillità per la specie e favorisce la creazione di core areas di riferimento per la struttura portante della popolazione. Ciò favorisce secondariamente anche l’attività venatoria realizzata all’esterno e in prossimità del Parco in quanto quest’ultimo funge da serbatoio (di conservazione) che progressivamente rilascia all’esterno i soggetti in migrazione e dispersione, garantendo un contingente in parte svincolato dalla programmazione venatoria in base alle consistenze della popolazione all’esterno del Parco. E’ noto come la presenza di aree di tranquillità sia fondamentale garanzia per lo sviluppo e il mantenimento di un una popolazione di cervo in un territorio. La realizzazione del controllo numerico all’interno del Parco senza che, contestualmente, venga prevista la realizzazione di una rete di (piccole) zone di tranquillità all’esterno del Parco (in Val di Sole) rischia di scompaginare l’assetto dell’intera popolazione e causarne una pesante destrutturazione. Analisi della mortalità indotta dal prelievo venatorio La Figura 4.116 indica l'andamento numerico degli abbattimenti effettuati durante la stagione venatoria sulla popolazione di cervo dell'UG. I prelievi hanno continuato a crescere sino al 2000, e successivamente non sono riusciti a mantenere il trend di crescita, ma, al contrario, hanno evidenziato un brusco trend significativo di diminuzione tra il 2000 e il 2007, legato alla progressiva concentrazione della popolazione all'interno del Parco e ad una significativa diminuzione delle migrazioni stagionali all'esterno dell'area protetta (anche in relazione agli andamenti meteo-climatici favorevoli). I piani di prelievo, come visto precedentemente, sono risultati sovradimensionati, rispetto alla consistenza “utile” della popolazione, sino al 2006 e sono nel 2007 si sono probabimente rialineati alla attuale disponibilità di popolazione “prelevabile” presente all’esterno del Parco. I prelievi erano 45 nel 1980, 66 nel 1985, 107 nel 1990, 266 nel 1995 e 642 nel 2000, picco massimo di abbattimento, a testimoniare la sostenibilità dei prelievi sino a questo periodo e la continua crescita della popolazione. Il trend annuo medio di crescita tra il 1980 e il 1990 è stato del 9%, mentre quello tra il 1990 e il 2000 è stato del 18%. In sette anni, dal 2000 al 2007 i prelievi si sono quasi dimezzati (da 642 a 374) con un tasso annuo di decremento dell'8%. 222 700 600 Num cervi 500 400 300 200 100 20 07 20 05 20 03 20 01 19 99 19 97 19 95 19 93 19 91 19 89 19 87 19 85 19 83 19 81 19 79 19 77 19 75 19 73 0 Figura 4.116 – Serie storica degli abbattimenti di cervo nel Distretto Val di Sole dall'inizio dell'attività venatoria al 2007. Figura 4.117 – Numerosità dei prelievi di cervo nelle riserve del Distretto Val di Sole in anni differenti. Il gradiente di colore dal bianco al nero indica 5 classi di numerosità crescenti. Con il passare degli anni i prelievi si concentrano sempre più nelle riserve di Peio e Rabbi, a ridosso del Parco Nazionale dello Stelvio. Lungo l'ultimo trentennio è inoltre possibile mettere in evidenza un netto trend geografico relativo alla consistenza/densità dei prelievi (Figura 4.117). Nel corso degli anni i prelievi di maggiore consistenza si sono spostati dall'asse centrale della Val di Sole sempre più verso le riserve confinanti con il Parco. 223 %105+&'4#<+10+&+5+06'5+5756#675' 241$.'/#6+%*' ).++/2#66+'%1.1)+%+&'..#5184#$$10�<#&'+%'48+ Nell’arco dell’ultimo secolo, i temi della gestione delle popolazioni di Cervidi sono passati dalla necessità di fare aumentare le consistenze, regolamentare la caccia e realizzare il controllo dei predatori al chiedersi quale sia la migliore soluzione per limitare le densità e i conseguenti impatti sulla funzionalità degli ecosistemi e sulle attività umane (Garrot et al., 1993). Come già accennato nell’introduzione, il considerare una popolazione “sovrabbondante” (overabundant) significa attribuirle un valore e dare un giudizio di merito che assume un chiaro significato solo se posto all’interno di uno specifico contesto e scenario umano (McShea et al., 1997). Caughley (1981) ha proposto una serie di definizioni per sintetizzare i valori ecologici e non ecologici su cui solitamente si basa la diagnosi di overabundance. Una popolazione di cervi può essere considerata sovrabbondante nel caso in cui: - minacci la salute o il benessere dell’uomo; - sia troppo numerosa per il suo stesso benessere (in termini di parametri demografici e di costituzione); - abbia un impatto significativo su altre specie importanti da un punto di vista economico o estetico; - causi disfunzione negli ecosistemi. I primi studi sistematici sull’overabundance dei Cervidi nacquero contestualmente alla nascita dell’ecologia della fauna selvatica tra gli anni ’40 e gli anni ’50 negli Stati Uniti (Leopold ,1933, Leopold et al., 1947). Ampia considerazione è stata data all’argomento nel 1994, in una conferenza organizzata dallo Smithsonian Institution (McShea et al., 1977) e nel 1997 in un numero monografico del Wildlife Society Bullettin (Vol. 25, n. 2). Review simili, con particolare riferimento agli effetti sulle foreste in Europa sono state pubblicate su Forestry (2001, Vol. 74, n. 3) e su Forest Ecology and Management (2003, Vol. 181, n. 2-3) Il sovrasfruttamento delle popolazioni culminato nella seconda metà del XIX secolo portò verso un declino generalizzato, sia nelle consistenze che negli areali di distribuzione, di numerose specie di Cervidi. La successiva protezione e regolamentazione della caccia favorì il progressivo e rapido incremento delle popolazioni in Europa e Nord America (Jedrzejewska et a., 1997; Mysterud et al., 2000). In questo processo l’Italia paga un ritardo di almeno 15-20 anni rispetto al mondo mitteleuropeo. Dagli anni ’60 e ’70 gli incrementi si fecero rapidi in risposta ai cambiamenti ambientali (abbandono dell’agricoltura come base primaria) e alla razionalizzazione della pressione venatoria. Densità superiori ai 10 capi/km2 sono frequentemente verificate nelle zone temperate (Fuller e Gill, 2001; Russel et al., 2001). 224 Il fattore principale che ha contribuito alla rapida espansione delle popolazioni di Cervidi è stato l’aumento del foraggio disponibile. Le diffuse attività agricole e selvicolturali hanno costantemente migliorato gli habitat lungo tutto il XX secolo (Alverson et al., 1988). Le prime successioni degli ambiti forestali successive ai tagli forniscono cibo abbondante e di alta qualità che aumenta in modo significativo la carrying capacity degli habitat (Bobek et al., 1984). A questo si deve aggiungere la progressiva riduzione dei predatori e il miglioramento delle pratiche venatorie. A metà del XX secolo il lupo è scomparso dalle Alpi e solo da un decennio ha rifatto la sua comparsa sulle Alpi occidentali. In assenza di predatori le popolazioni di Ungulati crescono più rapidamente e, in alcuni casi, superano la capacità portante determinata dalla quantità di alimento disponibile (McCullough, 1997; Saether et al., 1996). Si è visto che i climi più moderati, come quelli delle Alpi meridionali e degli Appennini, possono contribuire all’overabundance delle popolazioni (Forchhammer at al., 1998). Gli inverni miti favoriscono un aumento della massa corporea (Mysterud et al., 2001) e diminuiscono i tassi di mortalità (Loison et al., 1999), favorendo la crescita della popolazione. Analogamente, con la nuova fase di espansione del lupo negli Appennini settentrionali e sulle Alpi, si sta verificando come la presenza stabile del predatore non sia al momento un fattore limitante per la crescita delle popolazioni di Ungulati selvatici. Impatti sulle attività umane Il cervo è in grado di generare impatti economici positivi o negativi e generalmente quelli negativi aumentano quando la popolazione si fa sovrabbondante (Conover, 1997). La brucatura della rinnovazione forestale riduce il valore economico della foresta, la sua diversità specifica e la stabilità ecologica. Inoltre il rallentamento della crescita degli alberi può diminuire la protezione che la foresta assicura nel contrastare l’erosione (Reimoser, 2003). Tuttavia è tuttora difficile stimare i costi dei danni da cervo per l’industria forestale. La perdita delle giovani piante causa una perdita economica sul lungo termine solo se crea un danno sulla composizione e la qualità dei lotti delle piante da sfruttare. Nonostante l’apparente severità dei danni, il loro significato economico è considerato piccolo o trascurabile in Gran Bretagna (Putman, 1986; Putman e Moore, 1998). In contrasto i danni sono considerati un grosso problema negli Stati Uniti e in Austria dove il loro impatto annuale è stimato rispettivamente in 750 milioni di $ (Conover, 1997) e 220 milioni di € (Reimoser, 2003). Lo scortecciamento può uccidere le piante, ma più spesso ne diminuisce la qualità rallentandone la crescita ed aumentando il rischio di infezioni fungine (Gill, 1992). Reimoser (2003) suggerisce che l’entità del danno dipenda anche dal grado di “attrattività” della foresta oltre che dalla densità delle popolazioni. Le piante diventano più suscettibili al danno nel caso di (a) bassa densità di cibo alternativo, (b) bassa densità di pianticelle, (c) elevate concentrazioni di azoto nel suolo, (d) ricca copertura di sottobosco per nascondersi, (e) elevati indici di ecotono. Su scala più ampia, inoltre, gli impatti sulla vegetazione sono maggiori in ambienti molto frammentati (Reimoser, 2003) o a bassa produttività (Danell et al., 1991). Uno dei costi primari per la società è legato agli incidenti stradali che cominciano ad essere un problema serio in Europa e negli Stati Uniti. Le collisioni aumentano con le densità e con l’aumento del traffico. Groot Bruinderink e Hazebroek (1996) hanno stimato che ogni anno in Europa (Russia esclusa) si verificano 507.000 collisioni tra ungulati e veicoli che “costano” 300 morti, 30.000 feriti e 1 miliardo di dollari in danni materiali. In genere alte densità favoriscono la trasmissione di agenti infettivi (Davidson e Doster, 1997). E’ allo studio l’ipotesi che alte densità di Cervidi favoriscano l’aumento della trasmissione di zoonosi mediate dalle zecche aumentando l’abbondanza di queste (Ostfeld et a., 1996; Wilson e Childs, 1997). Non è però il caso del PNS che si trova a livelli altitudinali elevati. 225 Conseguenze ecologiche della sovrabbondanza dei cervi I cervi influenzano la crescita, la riproduzione e la sopravvivenza delle piante consumandone foglie, apici, fiori e frutti. Le piante a loro volta si difendono dagli erbivori in vari modi e questo determina quali piante saranno brucate maggiormente, come esse risponderanno agli attacchi, come i singoli cervi e la popolazione aggireranno le difese e, infine, come in generale gli erbivori influenzeranno la produttività degli ecosistemi e il ricircolo dei nutrienti. In generale le piante dalla crescita lenta tollerano meno l’impatto della brucatura, particolarmente se questo è ripetuto. Per questo le piante tipiche del sottobosco, gli arbusti sciafili e i giovani semenzali possono essere particolarmente vulnerabili al brucamento. La presenza di alberi maturi può garantire il ripopolamento di un’area con la produzione di nuovi semenzali e alberelli se l’impatto della brucatura diminuisce per un congruo intervallo di tempo. E questo intervallo può essere lungo circa 70 anni come nel caso della Tsuga che ha un accrescimento lento (Anderson e Katz, 1993). Le foreste di conifere possono essere particolarmente intolleranti alla brucatura in quanto le piante investono molto nelle foglie, le cambiano lentamente e non fanno circolare i nutrienti verso le radici velocemente come le latifoglie decidue (Ammer, 1996). Inoltre, solitamente il cervo esercita il suo impatto sulle conifere durante l’inverno, quando le risorse alternative diventano scarse. I cervi si cibano in modo selettivo e questo influenza le relazioni di competizione tra le specie vegetali. Questi effetti possono, a seconda delle situazioni locali, aumentare o diminuire la copertura o la diversità specifica. Il risultato dipende spesso dal fatto che i cervi si alimentino soprattutto su specie vegetali dominanti oppure no. Una alimentazione selettiva del cervo su piante dominanti di altezza maggiore, in praterie alpine, ha favorito ad esempio le specie di dimensioni minori ed ha causato un aumento della ricchezza in specie (Schütz et al., 2003). Solitamente la diminuzione della copertura e della ricchezza specifica si manifesta nel caso in cui una specie resistente o tollerante alla brucatura diviene dominante. Sono riportati numerosi casi in cui l’elevata densità di cervi ha portato ad una diminuzione della diversità specifica degli alberi (Gill e Beardall, 2001; Horsley et al., 2003; Kuiters e Slim, 2002). Influenzando le interazioni di competizione tra le piante e alterando le traiettorie delle successioni ecologiche della vegetazione, i cervi sono in grado di alterare i processi ecologici che includono i trasferimenti di energia, lo sviluppo del suolo e i cicli dell’acqua e dei nutrienti (Hobbs, 1996; Paine, 2000). Le deiezioni di animali in grado di compiere spostamenti notevoli possono in questo caso accelerare il ciclo dell’azoto e modificare la sua distribuzione sul territorio (Bargett e Wardle, 2003). In caso di alte densità, la biomassa consumata dai cervi diventa notevole se confrontata con la biomassa presente in ambienti con bassa produttività come il sottobosco di foreste mature (Brathen e Oksanen, 2001). Per questo ci si attende che negli ecosistemi forestali i cervi riducano la produttività e rallentino il ciclo dei nutrienti. Conseguenze sulle specie animali I cervi possono esercitare effetti a cascata su altre specie animali per competizione diretta per le risorse o indirettamente modificando la composizione e la struttura fisica degli habitat (Fuller, 2001; Stewart, 2001; Van Wieren, 1998). Ad esempio la brucatura del cervo può esercitare un effetto sulla composizione delle comunità di invertebrati, Uccelli e piccoli mammiferi (Tabella 4.76). Solitamente la massima diversità si presenta con livelli moderati di brucatura (DeCalesta e Stout, 1997). Livelli più forti riducono la copertura e la complessità del sottobosco che spesso forniscono numerosi habitat per gli animali più piccoli. Le comunità di invertebrati e Uccelli sono particolarmente sensibili ai cambiamenti nel sottobosco e, in particolare nella densità fogliare (McShea e Rappole, 1997). DeCalesta (1994) ha dimostrato attraverso un esperimento controllato l’esistenza di una relazione negativa e non lineare tra la diversità specifica degli Uccelli e l’abbondanza di una popolazione di cervo coda bianca. 226 Tabella 4.76 – Alcuni esempi di studi che verificano gli effetti delle elevate densità di cervo sulla struttura di comunità di invertebrati, Uccelli e piccoli mammiferi forestali. Fonte Tipo di foresta Specie Risultati Bailey e Whitham, 2002 Prateria con pioppi Cervus elaphus Aumento del 30% della ricchezza in specie di artropodi e del 40% dell’abbondanza dopo l’esclusione della brucatura; declino del 69% della ricchezza e del 72% dell’abbondanza dopo una pesante brucatura. Baines et al., 1994 Foresta di conifere Cervus elaphus Abbondanza più elevata di Lepidotteri nei siti non brucati. DeCalesta, 1994 Foresta di aceri e faggi Odocoileus virginianus Declino del 25% della ricchezza in specie di Uccelli nidificanti in foresta e del 37% dell’abbondanza tra le densità basse e alte di cervo. Nessun effetto sugli Uccelli nidificanti a terra e sull’apice delle chiome. Densità soglia di cervo tra 8 e 15 capi / km2. Moser e Witmer, 2000 Foresta di conifere Cervus elaphus Nessuna differenza in ricchezza in specie e abbondanza di Uccelli nelle aree brucate e non brucate. Moser e Witmer, 2000 Foresta di conifere Cervus elaphus Maggiore ricchezza in specie e abbondanza di piccoli Mammiferi nelle aree non brucate rispetto a quelle brucate. Interazione con i predatori Il ruolo dei predatori nel controllo delle popolazioni di Ungulati rimane tuttora non chiaro e variabile in funzione delle condizioni locali. Esistono esempi particolari in cui l’introduzione di un predatore non è servita a controllare l’evoluzione numerica della popolazione (Peterson, 1999). Ricerche più recenti suggeriscono tuttavia che i grandi predatori (lupo e lince su tutti, in Europa) hanno un importante ruolo ecologico. Per un’analisi di tali aspetti si rimanda a quanto riportato al paragrafo 4.3.6.5. Nella prosecuzione del capitolo vengono riassunte e presentate in modo sintetico le considerazioni specifiche sinora effettuate sullo status della popolazione di cervo e sulle problematiche e valenze che il suo status attuale esercita nel contesto ambientale, gestionale e socio-economico dell’UG. .#5+67#<+10'0'.2#4%10#<+10#.'&'..156'.8+1 Con una popolazione estiva che negli ultimi sei anni oscilla tra i 2.800 e i 3.600 cervi, con un prelievo compreso tra i 400 e i 500 abbattimenti all’anno e con una densità media stimata intorno ai 5 cervi ogni 100 ha, che sale sino a 8 cervi ogni 100 ha se si considera solo la superficie effettivamente occupata, il cervo della Val di Sole rappresenta una delle realtà faunistiche più importanti - e a volte ingombranti - di tutto l’arco alpino, ed un patrimonio da conservare scrupolosamente e da gestire con oculatezza. Attualmente si stima che i cervi presenti nel Distretto faunistico della Val di Sole rappresentino il 34% della popolazione provinciale, pur occupando il 14% del complessivo areale del Trentino. Nello stesso distretto viene annualmente prelevato il 25% del complessivo piano provinciale. 227 Questi numeri sono il risultato finale di una escalation progressiva, prima lenta e inavvertita, e negli ultimi decenni esplosiva e sotto gli occhi di tutti. Una simile crescita, veloce e continua, ha portato ad un sensibile aumento degli impatti sulla rinnovazione del bosco e al probabile innescarsi di fenomeni di competizione con altre specie faunistiche. Nel Parco è stimata la presenza primaverile di circa 1.900 cervi (1.641, 2.015 e 1.882 sono i cervi stimati negli ultimi tre anni) che corrispondono, rispetto all’area occupata, a densità di circa 23 cervi per km2. Tali densità sono tra le più alte note per l’arco alpino. Le elevate consistenze hanno innescato fenomeni di dipendenza dalla densità che hanno progressivamente diminuito i tassi di natalità ed incrementato i tassi di mortalità in funzione della densità stessa e della nevosità invernale. L’elevata mortalità invernale, in occasione di inverni particolarmente nevosi, pare attualmente il principale fattore in grado di regolare la dinamica della popolazione all’interno del Parco. Tale mortalità non è legata a fenomeni epidemici, ma a scarsità di cibo in relazione alle elevate densità (starvation). Gli accrescimenti della popolazione all’interno dell’area protetta sono quindi attualmente guidati dai meccanismi naturali di autoregolazione della specie. Questa situazione tuttavia non può essere considerata “naturale”, in quanto la concentrazione della popolazione nel territorio del Parco è dovuta alla risposta estremamente adattabile del cervo in rapporto alle attività umane, all’assetto del territorio in Val di Sole e alle strategie gestionali adottate. La popolazione ormai da parecchi anni tede a rimanere all’interno dell’area protetta lungo tutto l’arco dell’anno e a concentrarsi nelle poche aree di svernamento disponibili, raggiungendo densità locali superiori ai 40 cervi per km2. Una simile situazione con elevate densità di cervo comporta problemi e costi ambientali, sociali ed economici. 1. L’impatto da brucamento sulla rinnovazione forestale è notevole e rallenta la crescita del bosco e ingenera danni economici su vaste superfici in cui ASUC (Associazioni per gli usi civici, presenti soprattutto in Val di Peio) e Consorelle (sorta di cooperative create per la gestione comune di proprietà private indivise, presenti soprattutto in Val di Rabbi) effettuano una gestione anche economica del bosco. Se non si può affermare che il brucamento incida in modo significativo nelle zone di estivazione, nelle aree in cui il cervo si concentra durante i mesi invernali la rinnovazione forestale è letteralmente ridotta a zero, non lasciando dubbi sull’evoluzione a medio termine del bosco. 2. Il brucamento del cervo è selettivo. Esistono essenze arboree brucate in misura di quanto sono disponibili (l’abete rosso) ed altre che vengono attivamente ricercate e selezionate per le loro caratteristiche pabulari. E’ il caso dell’abete bianco e delle latifoglie (ormai potenzialmente) presenti (sorbi, aceri, faggio). Il brucamento selettivo prolungato su alcune specie può creare un impatto di tipo ecologico portando ad un cambiamento specifico nella composizione del bosco e alla riduzione della presenza delle specie più appetite. Ciò è in contrasto anche con le attuali linee di conservazione e gestione delle foreste della Provincia di Trento. 3. Soprattutto durante la fase primaverile di aprile e maggio, i cervi spostano la loro attività notturna di alimentazione sui prati di fondovalle che, nel momento più difficile e limitante dell’anno, per primi garantiscono la ricrescita della nuova erba. In questo periodo durante la notte si contano oltre 1.000 cervi distribuiti lungo i prati a sfalcio posti all’interno del Parco. Il cervo è un efficiente selezionatore e soprattutto in questa fase dell’anno, se può scegliere, ricerca attivamente i prati con l’erba di migliore qualità. Migliore qualità significa minore contenuto in fibra grezza e maggior contenuto in proteine e tali caratteristiche le si ritrovano nei prati ancora attivamente gestiti e sottoposti a regolare sfalcio. Il brucamento sistematico di tali prati causa una significativa diminuzione delle produzioni. Le stime effettuate quantificano l’ammanco nel 20-30% della produzione, per un ammontare economico che può variare dai 20.000 ai 40.000 euro. Il problema, tra l’altro, non è solamente economico perché i 228 soggetti maggiormente colpiti sono quelli che contribuiscono attivamente al mantenimento delle attività tradizionali e dei paesaggi culturali. Esiste il rischio di aggiungere un ulteriore fattore critico ad una situazione che già necessita di aiuti e incentivi per sopravvivere e la cui importanza per il mantenimento degli ecosistemi legate ai paesaggi modellati dall’uomo è fuori discussione. 4. Il brucamento comincia ad essere significativo anche sui pascoli secondari delle malghe, causando una sensibile riduzione del primo foraggio disponibile per la monticazione dei domestici. Il fenomeno non è generalizzato, ma localizzato nelle aree di maggiore densità e in cui è più basso il rapporto pascolo disponibile/aree boscate. In tali situazioni l’ammanco può superare il 50%. 5. Nelle zone di margine dei centri abitati, per i motivi sopra ricordati, elevati sono i rischi di danno ai piccoli appezzamenti orticoli ad uso familiare, dovuti ad alimentazione e calpestio. Danni simili hanno uno scarso peso da un punto di vista strettamente economico, ma contribuiscono in modo forte a formare e modificare l’opinione che i locali hanno nei confronti del cervo. 6. L’elevata frequentazione dei fondovalle, soprattutto durante la prima fase dell’inverno e la primavera, è causa di un elevato numero di collisioni con autoveicoli. In media nell’ultimo decennio di verificano 21 incidenti all’anno. Si è visto come, a parità di altri fattori, il numero di incidenti sia proporzionale al numero di cervi presenti, e come la distribuzione delle collisioni si concentri in pochi punti caldi preferiti per gli spostamenti. Le problematiche legate alle collisioni sono di due ordini, i danni economici legati alla rottura delle autovetture e rischi per l’incolumità personale. 7. Le consistenze elevate della popolazione sembrano avere innescato fenomeni di competizione con specie che condividono in parte la stessa nicchia trofica e spaziale come il capriolo. Il trend dei censimenti di capriolo in aree campione all’interno del Parco mostra un costante decremento, che ha portato all’attuale dimezzamento dei caprioli che vengono avvistati rispetto a dieci anni fa ed ha un andamento decisamente opposto a quello della popolazione di cervo rilevato mediante i censimenti notturni. I recenti monitoraggi per la stima della densità mediante pellet group count riportano valori di densità del cervo dieci volte superiori a quelli del capriolo (32 cervi/km2 contro 3 caprioli/km2). Tale forma di competizione non porta alla scomparsa del capriolo, ma ne limita l’incremento e, soprattutto, lo spinge verso l’utilizzo delle aree sub-ottimali, in relazione alle esigenze ecologiche della specie. La situazione appena descritta porta probabilmente ad un decremento delle consistenze del capriolo, ad una diminuzione delle “condizioni medie” degli individui e a un minor grado di percettibilità. Il calo di percettibilità riduce in modo considerevole la fruibilità della specie, anche a fini turistici. 8. Negli ultimi anni si assistite ad un progressivo spostamento estivo della popolazione di cervo verso quote sempre più alte, nettamente al di sopra del limite della vegetazione arborea. Questo crea un’alta sovrapposizione spaziale tra il cervo e il camoscio e fa nascere l’ipotesi di una possibile competizione trofica tra le due specie con effetti sul raggiungimento delle condizioni minime necessarie per sopravvivere all’inverno per il camoscio. La dinamica di popolazione del camoscio nel Parco, dopo la grossa diminuzione a causa dell’inverno 2000-2001, particolarmente duro e nevoso, sembra entrata in una nuova fase di equilibrio, assestandosi su livelli di densità inferiori a quelli degli anni ’90 (circa il 35-40% in meno), a fronte di una continua crescita del cervo. E’ possibile mettere in evidenza come la densità del cervo influisca sull’accrescimento del camoscio sulla base dell’ipotesi di una competizione trofica e spaziale durante la fase estiva di alimentazione. 229 9. Il pesante effetto di riduzione del sottobosco nelle aree di massima concentrazione invernale può essere la causa indiretta della verificata diminuzione della presenza e della dinamica negativa di gallo cedrone e gallo forcello nel Parco, specie che già hanno problemi di conservazione. Nel caso del gallo cedrone, l’ipotesi di impatto negativo da parte del cervo si basa sugli effetti esercitati nelle zone di svernamento. In tali aree la componente del sottobosco risulta pesantemente brucata fino a ridursi sensibilmente e trasformarsi. La diminuzione della disponibilità dello strarto arbustivo, fonte di riparo e alimentazione della prole (maggiore ricchezza di entomofauna), porterebbe ad una diminuizione dell’idoneità ambientale per il cedrone. Una simile situazione con densità elevate comporta ugualmente altrettanti benefici da un punto di vista ambientale, sociale ed economico. 10. La presenza di una popolazione animale in grado di auto regolarsi rappresenta un’importante componente della biodiversità negli ecosistemi forestali. Una elevata (ma non eccessiva…) densità di popolazione contribuisce alla conservazione di habitat importanti. La progressiva chiusura dei pascoli secondari da parte di arbusti e alberi viene rallentata dal brucamento esercitato dal cervo. Tuttavia i meccanismi di autoregolazione della popolazione si innescano a causa di un generale scadimento della condizione e della costituzione della popolazione. 11. Gli elevati tassi di mortalità annuale della popolazione, legati alle alte densità, contribuiscono a meglio garantire la sopravvivenza dei livelli trofici superiori. Nel Parco dello Stelvio sono attualmente presenti 22-24 coppie territoriali di Aquila reale e 4 coppie nidificanti di Gipeto barbuto. Quest’ultimo si nutre esclusivamente di carogne e animali morti che trova grazie alla vista acuta, sorvolando vaste aree di territorio. La sua alimentazione si basa sulla disponibilità di carcasse e ossa di Ungulati selvatici e domestici. Non è probabilmente un caso che le quattro coppie si siano stabilite nel Parco e nelle aree limitrofe dove trovano una facile e abbondante fonte di cibo. 12. Il territorio del Parco Nazionale dello Stelvio riveste, per le elevate densità di Ungulati, un ruolo fondamentale per la conservazione di specie, quali i grandi predatori, che stanno lentamente ricolonizzando l’arco alpino. Il cervo assume un ruolo chiave per il futuro ritorno del lupo, in quanto sua specie preda d’elezione. Il ritorno del lupo non è evento lontano nel tempo e improbabile. I nuclei riproduttivi più vicini sono in Val d’Aosta (in parte nel Parco del Gran Paradiso) e gia più di un individuo in dispersione è arrivato a occupare la Valtellina e le Alpi Orobie. Per quanto riguarda la lince, le Alpi centro orientali e la zona dello Stelvio assumono una notevole importanza e un ruolo strategico poiché potrebbero avere una funzione di area “ponte” per favorire nel tempo la connessione tra le due popolazioni esistenti (presenti in Svizzera - Francia e in Slovenia - Croazia - Austria - Italia) e tuttora considerate a rischio di estinzione. 13. La presenza di un’area riproduttiva così importante e ricca di animali come il Parco, indubbiamente fornisce ulteriori opportunità di sfruttamento della stessa risorsa all’esterno del Parco e rende l’attività venatoria particolarmente ricca e di maggiore soddisfazione. 14. Le alte densità di cervo presenti durante l’estate e durante il giorno anche nelle aree al di sopra del bosco favoriscono la contattabilità e la visibilità dei cervi anche da parte di turisti e persone non esperte. Il fenomeno si fa ancora più evidente e marcato durante il periodo riproduttivo in cui è relativamente facile ascoltare i bramiti dei maschi ed osservarne i comportamenti di corteggiamento e sfida. Il cervo è un 230 animale che indubbiamente suscita forte interesse e coinvolgimento. L’alta contattabilità all’interno del Parco, se opportunamente veicolata e promossa, potrebbe contribuire al turismo nel periodo estivo-autunnale .#5+67#<+10'0'.&+564'661(#70+56+%18#.&+51.' Con una popolazione estiva che negli ultimi sei anni oscilla tra i 2.800 e i 3.600 cervi, con un prelievo compreso tra i 400 e i 500 abbattimenti all’anno e con una densità media stimata intorno ai 5 cervi ogni 100 ha, che sale sino a 8 cervi ogni 100 ha se si considera solo la superficie effettivamente occupata, il cervo della Val di Sole rappresenta una delle realtà faunistiche più importanti - e a volte ingombranti - di tutto l’arco alpino, ed un patrimonio da conservare Attualmente nell’Unità di Gestione della Val di Sole è stimata una presenza estiva di circa 3.500 – 3.600 cervi, di cui circa il 60-70% sembra essere concentrato all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. La densità complessiva sull’habitat occupato è di circa 7-8 cervi/km2, con enormi differenze tra le densità medie nei territori esterni all’area protetta (3.4 cervi/km2) e quelle presenti nel Parco (23.1 cervi/km2). Entrambi sono comunque valori tra i più alti registrati per l’arco alpino. Da 10 anni la consistenza complessiva della popolazione può essere definita costante, pur con fluttuazioni numeriche in relazione agli andamenti meteo-climatici dell’inverno, che hanno fatto oscillare la popolazione da minimi di 2.100 a massimi di 2.900 cervi durante il periodo primaverile. Tuttavia, in base ai censimenti e all’andamento dei prelievi venatori, la frazione di popolazione presente all’esterno del Parco appare in costante diminuzione dal 2001, a fronte di una corrispondente crescita dei cervi presenti nel Parco. Il trend verificato deve essere messo in relazione agli elevati piani di prelievo applicati, che avevano come l’obiettivo di stabilizzare la crescita dell’intera popolazione. La strategia applicata si basava sull’assunto che i cervi presenti nel Parco, durante l’inverno uscissero in percentuale elevata e che quindi l’aumento dei prelievi avesse un effetto significativo anche sulla parte di popolazione presente d’estate in area protetta. La realizzazione di piani di prelievo consistenti e commisurati alla consistenza dell’intera Unità di Gestione ha al contrario progressivamente modificato il comportamento della popolazione, creando, in una specie eclettica e adattabile come il cervo, una sempre maggiore concentrazione di animali all’interno del Parco. E questo nonostante il Parco ospitasse una esigua frazione delle potenziali aree di svernamento presenti nell’Unità di Gestione (circa il 15%). Ciò è peraltro confermato anche dal trend dei censimenti dell’ultimo decennio che mostrano la progressiva e costante concentrazione della popolazione all’interno del Parco, a fronte di una sostanziale stabilità della popolazione complessiva. I prelievi hanno toccato il loro massimo nel 2000 con l’abbattimento di 642 cervi. Successivamente, nonostante per altri tre anni i piani di prelievi fossero rimasti ugualmente alti, i prelievi sono drasticamente diminuiti al ritmo del 8% all’anno per giungere al minimo di 374 cervi abbattuti nel 2007. In base all’esame dei capi prelevati e ai risultati della cohort analysis, la popolazione sembra ancora ben strutturata e con buone età medie, ma il 65% di tale popolazione vive mediamente all’interno dell’area protetta. La struttura per sessi e classi di età dei soggetti prelevati rispetta in modo soddisfacente quanto previsto in sede di pianificazione e testimonia la presenza di una popolazione ben strutturata e con una buona percentuale di soggetti adulti. In base all’esame dei capi prelevati e ai risultati della cohort analysis è possibile effettuare proiezioni sulla struttura di popolazione, che necessiteranno delle opportune future verifiche, per l’ultimo 231 triennio: rapporto tra i sessi 1 maschio : 1,2 femmine; femmine di 4 o più anni, 46%, maschi di 5 o più anni, 29%. Le aree all’esterno del Parco sono progressivamente meno utilizzate e, in controtendenza con le apparenti necessità, a partire dal 2007 è stato deciso di sospendere la validità delle aree di bramito (zone di tranquillità), create nel 2001. I risultati relativi allo studio sulle migrazioni stagionali e sulla dispersione portano a considerare l’intera superficie di indagine come un’unica unità di gestione in cui in futuro sarà probabilmente utile discriminare sub-popolazioni femminili parzialmente distinte. Tuttavia, il fatto che i piani di prelievo vengano predisposti e tarati tenendo in considerazione l’intera popolazione e vengano successivamente realizzati solo nel territorio aperto alla caccia, ha portato ad una apparentemente netta differenziazione delle densità presenti all’interno e all’esterno dell’area protetta. L’apparente stabilità numerica della popolazione sembra quindi essere la risultante di un’ulteriore aumento della parte di popolazione che di norma occupa il Parco, che maschera la progressiva diminuzione della parte di popolazione che è sottoposta a prelievo venatorio. Per questo motivo e in base alle conoscenze acquisite negli ultimi anni, è importante riconsiderare in modo critico le attuali modalità di gestione della popolazione al fine di rendere più omogenea la distribuzione della specie sull’intero territorio, ottimizzare la gestione venatoria, diminuire i danni al bosco e garantire la conservazione della popolazione nel lungo termine. % cervi che si muove all'esterno del Parco in inverno 0.400 0.350 0.300 0.250 0.200 0.150 0.100 0.050 0.000 2500 7500 12500 17500 22500 Altezza e persistenza della neve Figura 4.118 – La percentuale di cervi che durante l’inverno sceglie di uscire dal territorio del Parco 2 dipende dalla quantità e dalla persistenza della neve caduta (F = 16.4, p < 0.01 R = 0.56). In base a quanto sinora verificato mediante radio-tracking, gli spostamenti dei maschi adulti verso l’interno del Parco durante la stagione riproduttiva sono quantitativamente importanti, ribadiscono come, soprattutto per il segmento maschile, sia necessario considerare una popolazione unica in tutta la Val di Sole e testimoniano come la disponibilità di aree di tranquillità sia un elemento critico e fondamentale per lo sviluppo di popolazioni consistenti e ben strutturate. La situazione è differente per le femmine, struttura portante della popolazione che sempre più percepiscono il Parco come core area in cui incentrare le proprie attività. La strategia finora perseguita (mantenimento di prelievi elevati per compensare gli accrescimenti della popolazione) ha portato ad un effetto indesiderato legato alla progressiva 232 modifica del comportamento spaziale e migratorio della popolazione. Le consistenze di popolazione all’esterno dell’area protetta sono diminuite e le differenze di densità tra l’interno e l’esterno dell’area protetta si sono fatte ancora più elevate. Attualmente gli elevati piani di prelievo possono essere completati solo in caso di stagioni particolarmente nevose a partire dalla prima parte dell’inverno. Le percentuale di individui che stagionalmente si sposta all’esterno del Parco per lo svernamento è infatti correlata all’andamento meteo-climatico e non può perciò essere prevista a priori al momento della predisposizione dei piani di prelievo (Figura 4.118). Una futura e costante prosecuzione dei prelievi sugli attuali livelli rischia di fare diminuire eccessivamente la porzione di popolazione stagionalmente presente nelle riserve di caccia e minare l’obiettivo di avere una popolazione di cervi equilibrata e il più possibile omogeneamente distribuita sull’intero territorio. 8'45170#8+5+10'2'4+.071812+#01&+%105'48#<+10'')'56+10'&'.%'481 Se alcune specie traggono beneficio dalla presenza di popolazioni sovrabbondanti, dall’altra alte densità di cervo possono eliminare altri taxa e modificare la composizione delle comunità e le proprietà degli ecosistemi (DeCalesa e Stout, 1997). Tra questi due estremi c’è tuttavia ancora molta incertezza ed è compito degli ecologi provare ad identificare dei livelli di densità soglia che garantiscano l’integrità ecologica e delle strategie per limitare l’impatto dei cervi. Per integrità ecologica si intende la capacità di un ecosistema di conservare tutte le sue componenti e le relazioni funzionali tra di esse a seguito di una perturbazione esterna (De Leo e Levin, 1997). Quali specie sono influenzate dal cervo e a che livelli di densità?; In che tempi le piante, le foreste e i processi ecosistemici sono in grado di recuperare?; A che livello le popolazioni di cervo che creano impatti sono limitate dalle risorse di cibo, dai predatori o dalla caccia? Tutte queste incertezze rendono scomoda la posizione di chi prova a dare raccomandazioni su come gestire i cervi. La gestione del cervo deve mutare l’attuale approccio basato sulla popolazione e adottare una visione che prenda in considerazione gli effetti su tutto l’ecosistema (McShea et al., 1997). Anche gli aspetti legati alla gestione venatoria dovrebbero essere opportunamente documentati. E’ ancora difficile attualmente prevedere come l’abbattimento delle femmine filopatriche influenzi a livello locale le densità della popolazione (Coté et al., 2004, McNulty et al., 1997, Oyer e Porter, 2004). In questa situazione, la gestione adattativa cerca di combinare gestione e ricerca usando le attività di gestione come casi di manipolazione sperimentale e incorporando i risultati delle ricerche più recenti nelle nuove pratiche gestionali (Walters, 1986). La “gestione a livello ecosistemico” può essere considerata un’estensione della gestione sensu strictu che da particolare risalto all’evoluzione della densità della popolazione in rapporto alla dinamica degli ecosistemi a varie scale (Christensen et al., 1996). Un simile approccio sottolinea l’importanza di affrontare la gestione del cervo come parte di un sistema più complesso. (Come) possono essere mitigati gli impatti dei cervi? I forestali impiegano numerose tecniche per controllare l’impatto dei cervi a livello locale. Mantenere elevate densità di alberelli giovani ed aumentare la pressione di abbattimento può riuscire a garantire lo sviluppo di una sufficiente rinnovazione (Martin e Balzinger, 2002; Reimoser, 2003). Protezioni di plastica e recinzioni individuali sono efficaci ma costose (Coté et al., 2004). Le recinzioni elettriche sono meno costose ma anche meno efficaci e di complessa manutenzione (Hygnstrom e crafen, 1988). Anche i repellenti possono funzionare, ma hanno un durata breve che richiede frequenti somministrazioni (Nolte, 1998; Swihart et a., 1991). Un simile accorgimento è utilizzato per ridurre il rischio di collisioni lungo le strade (Groot Bruinderink e Hazebroek, 1996). Catarifrangenti e allarmi acustici come gas esplosivi sembrano 233 poco efficaci sul lungo termine a meno che non siano accoppiati a sensori di movimento (Belant et al., 1996). Il prelievo (mediante abbattimento o cattura e successivi rilasci) è uno dei metodi per effettuare un razionale controllo numerico delle popolazioni di cervo. La maggior parte dei wildlife managers considera il prelievo mediante abbattimento come il metodo più efficace ed efficiente in termini di rapporto costi-benefici (Brown et al., 2000). Il prelievo mediante catture può avere un impatto di molto superiore in termini di costi-benefici e si pone il problema di trovare luoghi idonei al nuovo rilascio dei cervi catturati. Il prelievo mediante abbattimenti si deve avvalere di personale esperto o appositamente addestrato e deve essere programmato, organizzato in modo rigoroso e in modo tale da minimizzare i rischi e gli effetti negativi sulla popolazione. Chi effettua i prelievi in forma di controllo deve focalizzare gli abbattimenti sul segmento più giovane della popolazione ed effettuarli nei periodi dell’anno più indicati. I programmi di “Quality Deer Management” (QMD) rappresentano una proposta in relative controtendenza alle pratiche attualmente più accettate. QDM (https://www.qdma.com) è una pratica di gestione che unisce gestori, proprietari terrieri, agricoltori e cacciatori nell’obiettivo comune di produrre e mantenere popolazioni di cervi in equilibrio tra aspetti biologici e sociali e nel rispetto degli attuali vincoli ambientali, sociali e normativi. Questo approccio enfatizza i prelievi di femmine e animali giovani per ridurre le densità, in modo da favorire la crescita di individui maschi di buona qualità (Miller e Marchinton, 1995). Nel prossimo futuro la necessità di attivare azioni di controllo numerico delle popolazioni (culling) continuerà ad aumentare in modo generalizzato (McIntosh et al., 1995; McLean, 1999). Abbattimenti maggiormente orientati nei confronti delle femmine facilitano la riduzione delle consistenze e delle densità su scala locale perché sono i gruppi sociali di femmine ad avere un comportamento maggiormente filopatrico (Kilpatrick et al., 2001; McNulty et al., 1997; Sage et al., 2003). Tale comportamento rallenta e/o previene la rapida ricolonizzazione delle aree in cui viene effettuato un controllo intensivo (Oyer e Porter, 2004). In alcune particolari situazioni suburbane, il controllo viene esercitato da personale specializzato che effettua i prelievi di notte con carabine dotate di visori notturni e silenziatori. In altri casi sono stati sperimentati metodi di controllo delle nascite per prevenire e rallentare crescite indesiderate. Varie tecniche di controllo della fertilità e immunocontraccettive possono limitare la riproduzione nel cervo (McShea et al., 1997a; Turner et al., 1992; Waddell et al., 2001). Tuttavia questi metodi richiedono azioni complesse (e spesso non realizzabili in situazioni naturali) e sconvolgono il normale comportamento riproduttivo (Nettles, 1997), rendendo la loro applicazione costosa e difficile da realizzare su grande scala (McCullough et al., 1997; McShea et al.,1997a). Spesso gli sforzi per il controllo delle popolazioni di Cervidi si sono basati sull’attività venatoria, sulla realizzazione di prelievi in forma specifica e sulla protezione specifica di piccole aree considerate di grande valore. E spesso gli sforzi si sono rivelati inadeguati per prevenire fenomeni di overabundance su vasta scala. Cacciatori ed ecologi della selvaggina contestano il fatto che spesso il problema sia ridotto all’eccessiva densità di cervi senza valutarne gli effetti sulle restanti componenti. Altri sostengono che i problemi siano solo di carattere locale o temporaneo. Anche quando si arriva ad un accordo generale sul fatto che le densità di popolazione creano problemi non tollerabili e che è necessario il controllo numerico, spesso non si trova alcun consenso su come raggiungere l’obiettivo. Né sembra emergere in modo chiaro tra i cacciatori un nuovo approccio etico che sottolinei il loro possibile ruolo ecologico nel limitare le popolazioni e gli impatti connessi. In ogni caso, nella situazione attuale, i prelievi mediante abbattimenti potrebbero aiutare in modo concreto ed efficace la necessità di riduzione delle densità a livello locale e in questo caso i cacciatori locali potrebbero rappresentare un valido aiuto (Brown et al., 2000; Coté et al., 2004; Martin e Baltzinger, 2002). Tuttavia, poiché raramente i cacciatori comprendono appieno gli effetti che il cervo esercita sugli ecosistemi e le motivazioni di simili interventi diretti (Diefenbach et al., 1997), i responsabili di questo tipo di pianificazione devono fornire ad essi ed 234 alla società specifici obiettivi, strategie ed azioni per raggiungere gli scopi dichiarati e conservare al meglio gli ecosistemi. In termini generali la situazione descritta nel Settore trentino del Parco dello Stelvio e nel Distretto Faunistico della Val di Sole vede il cervo come una risorsa comune che necessita di un adeguato controllo per conservare altri aspetti di carattere ecologico, sociale ed economico. Lo scopo di una “visione” a lungo termine (nel senso dato, dagli anglosassoni al termine “vision”) di obiettivo, di elemento informatore delle azioni a lungo termine, è quello di fornire un quadro conciso cui tendere nei prossimi anni. In tal senso la “visione” possibile sotto riportata è composta da una breve serie di principi guida e, per avere buone probabilità di successo, dovrà essere supportata da tutte le categorie interessate e da un’ampia gamma di persone ed organizzazioni con diversi interessi e priorità. In termini generali la “visione” vuole integrare verso obiettivi comuni aree con (anche) differenti finalità e ottenere una riduzione relativa delle consistenze della popolazione per migliorare gli equilibri ecologici legati alle interazioni con il bosco ed altre componenti faunistiche e beneficiare anche gli interessi forestali. Gli obiettivi della visione: 1. Una popolazione di cervo stabile, ben strutturata e distribuita è presente nell’UG. 2. La gestione del cervo è integrata con gli obiettivi locali di uso del territorio. 3. Gli squilibri ecologici all’interno del Parco vengono minimizzati. 4. La contattabilità e osservabilità del cervo nel Parco è ancora alta. 5. La gestione venatoria del cervo all’esterno del Parco si basa su considerazioni ecologiche; le Riserve di caccia si associano e si impegnano in una gestione comune su alti standard. 6. La popolazione di capriolo ricomincia a crescere. 7. Il cervo viene percepito come un valore in sé, che produce benefici economici, sociali ed ambientali sia a livello locale che nel pubblico interesse. Sarà quindi compito del Parco valutare tutti gli elementi e gli aspetti in gioco e stabilire l’eventuale opportunità di intervento all’interno dell’area protetta mediante controllo numerico, al fin e di ridurre gli impatti negativi ritenuti più importanti. 37#&41014/#6+81&+4+('4+/'061 La norma di riferimento per le aree naturali protette nazionali è la Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle aree protette, successivamente modificata dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 426, che all’art. 11, comma 4, indica che all’interno del regolamento del parco, in deroga al divieto di cattura, uccisione, danneggiamento e disturbo delle specie animali, siano previsti “[…] eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente parco. Prelievi ed abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere attuati dall’Ente parco o da persone all’uopo autorizzate dall’Ente parco stesso”. Il comma 6 sancisce che “il regolamento del parco è approvato dal Ministero dell’ambiente, previo parere degli enti locali interessati […] e comunque d’intesa con le regioni e le province autonome interessate […]”. 235 Dell’attività di controllo numerico “nelle zone vietate alla caccia” parla anche il dettato della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, prevedendo per tale attività “l’utilizzo di mezzi ecologici su parere dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica” (art. 19, comma 2). Tali aree tuttavia non corrispondono a quelle ricadenti nell’ambito di applicazione della già citata L. 394/1991 ma bensì a quelle istituite ai sensi della L. 157/1992, art. 8, comma 9, ovvero le Oasi di protezione e le Zone di ripopolamento e cattura. Tale dettato normativo pertanto è da considerarsi applicabile unicamente alle succitate tipologie di istituto ove vige il divieto di caccia. Deroghe al regime di protezione della fauna sono previste anche dal Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 – Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, successivamente modificato dal DMA 20 gennaio 1999 e dal DPR 12 marzo 2003 n. 120. Nell’art. 11, comma 1 del Decreto è previsto che, relativamente alle specie contenute nell’allegato D, lettera a, “Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentiti per quanto di competenza il Ministero per le politiche agricole e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, può autorizzare le deroghe […] a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata della sua area di distribuzione naturale […]”. Sempre nelle stesso comma sono illustrate poi le finalità delle deroghe, tra le quali viene citata la necessità di “ proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali” e di “prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico”. Il comma 2 poi specifica che nei casi di cattura, prelievo o uccisione in deroga delle suddette specie “sono comunque vietati tutti i mezzi non selettivi, suscettibili di provocarne localmente la scomparsa o di perturbarne gravemente la tranquillità”. Un ulteriore riferimento normativo nazionale al fine della scelta degli strumenti da utilizzare nell’ambito di operazioni di controllo numerico è la Legge 20 luglio 2004, n. 189 - Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate. La disciplina del controllo numerico è inoltre prevista a livello sovranazionale nell’art. 9, commi 1 e 2 della Convenzione di Berna del 1979 (“Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa”), nell’art. 9, commi 1-4 della Direttiva (CEE) 79/409 (“Conservazione degli uccelli selvatici”) e nell’art. 16, comma 1 della Direttiva (CEE) 92/43 (“Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche”). In sintesi, nel caso delle necessità di controllo delle popolazioni nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio si può riportare quanto segue: 1. La caccia e il prelievo di fauna (mediante abbattimenti) nei Parchi e nelle Aree protette sono vietati. L’articolo 11, comma 3, lett. a) della legge quadro sulle aree protette (L 394/91) vieta la cattura, l'uccisione, il danneggiamento e il disturbo delle specie animali. 2. Tuttavia è’ possibile effettuare prelievi di fauna in forma di controllo numerico, purché il controllo sia adeguatamente motivato. L’attivazione del controllo necessita del Regolamento del Parco. Il Regolamento del Parco può stabilire deroghe a tale divieto e prevedere eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco (Art. 11, comma 4, L 394/91). Successivamente all’iter di adozione del Piano per il Parco, è stata avviata la predisposizione dell’annesso Regolamento la cui approvazione si configura quale elemento base, da un punto di vista normativo, per poter avviare l’iter relativo alla 236 formulazione, approvazione e applicazione del piano di gestione e controllo del Cervo nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. 3. In caso di assenza di Regolamento, il piano di gestione e controllo stesso deve/può essere approvato dal Parco come regolamento stralcio con le stesse procedure del regolamento. In questo caso il regolamento stralcio contenente anche del specifiche del Piano di gestione e controllo deve essere sottoposto ad approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Una procedura analoga è stata recentemente attivata dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga per dare prosecuzione alle attività di controllo numerico delle popolazioni di cinghiale all’interno dell’area protetta (regolamento per la cattura e l’abbattimento selettivo e per la definizione dei protocolli sanitari relativi). 4. L’attivazione del controllo necessita dell’autorizzazione della Provincia Autonoma di Trento (Articolo 12 della legge provinciale 9 dicembre 1991 n. 24). Nel caso della Provincia Autonoma di Trento, l’eventuale attivazione del controllo della popolazione di cervo dell’area protetta necessita anche dell’autorizzazione provinciale per le deleghe legate all’autonomia. Nel 2001 il Comitato Faunistico Provinciale, deputato a rilasciare tali autorizzazioni, ha preferito soprassedere al rilascio dell’autorizzazione ravvedendo nell’attuale mancanza del Regolamento del Parco, un vizio di forma che rende il procedimento non ammissibile. 5. Il piano di gestione e controllo deve essere sottoposto a valutazione di incidenza perché all’interno del Settore trentino del Parco in cui si applica il piano di controllo sono presenti tre SIC e tre ZPS (Figura 4.119). Il DPR 8 settembre 1997 n. 357 (integrato dal DPR 12 marzo 2003 n. 120) recepisce la Direttiva Europea Habitat 92/43/CEE sulla conservazione di habitat, flora e fauna e ne rappresenta il regolamento di attuazione. L’articolo 5 del decreto afferma che nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalisticoambientale dei dei siti di importanza comunitaria (SIC) e delle zone di protezione speciale (ZPS). I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G del decreto, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sui sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale e interregionale, alle regioni e alle province autonome competenti. Il Parco, in quanto autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza. 6. La programmazione l’organizzazione e la realizzazione delle attività di controllo sono effettuate sotto la diretta responsabilità del Parco. Tutte le attività previste per il controllo diretto del cervo dovranno essere quindi approvate con determinazioni del Direttore. 7. Il controllo è realizzato da personale di istituto che può essere coadiuvato da personale appositamente formato dal Parco (selecontrollori). Deve essere quindi previsto che il personale di vigilanza del Parco e il personale tecnico coinvolto nel progetto debba occuparsi direttamente degli aspetti connessi all’organizzazione delle eventali attività di controllo. Attualmente le attività di vigilanza e di monitoraggio delle risorse naturali nel Parco sono in carico al Corpo Forestale della Provincia Autonoma di Trento le cui stazioni forestali di Peio e Rabbi sono comandate presso il Comitato di 237 Gestione per la PAT del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio. Gli agenti forestali presenti sono in numero limitato per poter pensare di ridirigere i loro sforzi esclusivamente verso le attività di controllo del cervo. Per questo deve essere previsto il coinvolgimento di personale esterno appositamente formato dal Parco. In ragione della attività di controllo che dovrà essere svolta, appare naturale il coinvolgimento di persone già dotate di porto d’arma lunga e in grado di effettuare in modo efficace gli abbattimenti con carabina. Tuttavia il personale prescelto dovrà essere appositamente formato mediante la partecipazione ad un corso pratico-teorico direttamente organizzato dal Parco e ne dovrà essere verificata la preparazione e l’idoneità a svolgere tale compito. Gli agenti forestali avranno un ruolo di organizzazione, in parte di realizzazione, e di controllo delle attività. 8. L’applicazione del Piano e la sua condivisione con gli Enti territorialmente competenti negli ambiti limitrofi può incidere sulla pianificazione dell’attività venatoria nelle aree esterne al Parco (aree contigue) in relazione al fatto che diventa fondamentale agire su una intera popolazione, garantendone la conservazione e il benessere. I Commi 1 e 2 dell’Articolo 32 della Legge 394/91 prevedono che le regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree naturali protette e con gli enti locali interessati, stabiliscano piani e programmi e le eventuali misure di disciplina della caccia, relativi alle aree contigue alle aree protette, ove occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori delle aree protette stesse. I confini delle aree contigue di cui al comma 1 sono determinati dalle regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta. Figura 4.119 – Localizzazione delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) presenti nel Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. ZPS: A) Alta Val del Monte; B) Alta Val La Mare; C) Alta Val di Rabbi. SIC: A) Alta Val del Monte; B) Alta Val La Mare; C) Alta Val di Rabbi. 238 .+0''564#6')+%*'2'4.# %105'48#<+10'')'56+10'&'..# 2121.#<+10'&+%'4810'..ŏ70+6&+ )'56+10' In base a quanto si è verificato negli ultimi sei anni, una strategia di riduzione della consistenza della popolazione di cervo che si limiti agli interventi effettuati all’esterno dell’area protetta non si è rivelata efficace per gli obiettivi complessivi di conservazione. D’altronde la consistenza all’interno del Parco sembra ormai essersi stabilizzata e oscillare attorno ai valori di capacità portante. Tale situazione genera episodi di elevate e non regolari mortalità invernali in funzione dell’andamento meteo-climatico e i già citati problemi di ordine ecologico, sociale ed economico. Il Parco ritiene necessario ridurre le densità di popolazione all’interno del suo territorio e ammette e pianifica le azioni di controllo numerico in relazione ai problemi di carattere ecologico, sociale ed economico già evidenziati. PIANO SOLE DI CONSERVAZIONE E GESTIONE DELLA POPOLAZIONE DI CERVO DELL'UG VAL DI Il presente piano definisce un obiettivo generale volto alla risoluzione delle problematiche connesse alle elevate densità della popolazione di cervo all'interno del Parco, garantendo, nel contempo, la conservazione ed il benessere a lungo termine della popolazione stessa. Dall'obiettivo generale derivano differenti obiettivi specifici che dettagliano e dichiarano in modo esplicito gli intenti e i traguardi di medio-lungo termine che il piano si pone. In merito alle problematiche connesse alle elevate densità di cervo, gli obiettivi specifici vengono raggruppati per aree tematiche che riguardano la popolazione di cervo stessa, i risvolti economici connessi, gli aspetti di carattere sociale e le implicazioni di carattere ecologico che possono riguardare gli effetti sulle altre componenti dell'ecosistema. A seguire vengono schematicamente delineate tutte le azioni che il piano ritiene necessarie per il conseguimento degli obiettivi dichiarati. Anche le azioni vengono per chiarezza 239 raggruppate in ragione della loro natura in tre categorie differenti. Nei “monitoraggi” sono indicate tutte le azioni che riguardano l'acquisizione di dati e informazioni (sia a carattere di monitoraggio routinario e standardizzato, che a carattere straordinario e finito nel tempo). In “analisi e procedure” sono indicate tutte le azioni che riguardano la predisposizione di rapporti di valutazione delle informazioni raccolte, la stesura di regolamenti di attuazione e disciplina, la predisposizione di piani e di strategie di azione. Nelle “attività” sono comprese tutte le azioni che riguardano attività concrete e specifiche, volte all'implementazione di piani e strategie sopra riportati e alla creazione delle strutture necessarie all'implementazione del piano. La durata del piano è di cinque anni a partire dal primo anno di realizzazione 1$+'66+81)'0'4#.' Ottenere nel medio termine, nell’intera Unità di Gestione, una popolazione di cervo ben strutturata per sessi ed età, con un buon grado di condizione, caratterizzata da densità medie o medio-alte nelle core areas e che sia in buon equilibrio con le restanti componenti ambientali (ecologiche) e le attività umane sostenibili (riduzione dei danni e delle problematiche connesse). 1$+'66+8+52'%+(+%+ La visione complessiva di un piano di gestione e conservazione di una popolazione di fauna selvatica deve prendere in opportuna considerazione tutti gli aspetti connessi alla specie in oggetto ed alle sue possibili relazioni con le tematiche analizzate ed argomentate. Il piano individua 15 obiettivi specifici, suddivisi secondo le aree tematiche individuate nel corso delle analisi del capitolo 4.3. Cervo L’obiettivo specifico fa riferimento alla consistenza e densità relativa della popolazione di cervo che si vuole raggiungere e mantenere e, soprattutto, alla distribuzione della popolazione nelle diverse porzioni dell’intera UG. L’auspicato aumento delle consistenze nell'area esterna al Parco, con particolare riferimento all'asse principale della Val di Sole, rafforzerebbe un importante nucleo di espansione del cervo verso il medio e basso Trentino e renderebbe più omogenea la distribuzione della popolazione nell'UG. L'obiettivo fa riferimento anche alla struttura, per sessi ed età, che dovrebbe caratterizzare in futuro la popolazione. Si ritiene necessario ipotizzare tale aspetto tenuto conto del fatto che spesso le popolazioni cacciate presentano squilibri in relazione al rapporto sessi e alla rappresentatività della porzione di maschi adulti presenti. 1. Raggiungere e mantenere una popolazione (primaverile) complessiva di circa 2.400 cervi (in Val di Sole), di cui il 60% è presente all’esterno del Parco, con un RS di almeno 1 maschio : 1,5 femmine ed una percentuale di maschi di 5 o più anni di almeno il 20-25%. 2. mantenere del comportamento confidente e diurno del cervo nelle sue aree di estivazione e durante la stagione riproduttiva all’interno del Parco. 240 Aspetti economici I quattro obiettivi specifici hanno la finalità di consentire e facilitare il perdurare delle attività agricole tradizionali ancora presenti sul territorio. Tali attività, caratterizzate da notevoli difficoltà in relazione alla crisi economica e alla scarsa competitività delle attività montane sul mercato agricolo e zootecnico attuale, per quanto possibile non devono essere oggetto di ulteriori aggravi legati alla elevata presenza di fauna selvatica nelle aree che il Piano per il Parco definisce come “aree di protezione”. In tali aree i paesaggi antropici tradizionali sono conservati attraverso il mantenimento e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali e di artigianato compatibili con le finalità del Parco, nonché della fruizione turistica sviluppatasi secondo principi di sostenibilità. Particolare attenzione va posta inoltre agli aspetti della rinnovazione del bosco. Nelle zone di massima concentrazione invernale la rinnovazione è prossima allo zero e tale situazione deve essere invertita. 3. Ridurre l’entità e la frequenza dei danni alle attività di interesse economico e legate al mantenimento dei paesaggi culturali, mediante prevenzione e indennizzo. 4. Mettere in campo opere per garantire una sufficiente rinnovazione del bosco dove questo è ritenuto necessario 5. Ottenere nel medio termine una riduzione della percentuale di ammanco per brucamento della produzione dei prati a sfalcio. 6. Verificare nel lungo termine una riduzione dell’impatto sulla rinnovazione forestale. Aspetti sociali I tre obiettivi mirano a modificare nel medio periodo la attuale percezione che, soprattutto i residenti e le popolazioni locali, hanno nei confronti della specie ed ottenere una diversa consapevolezza che faccia da fondamento alla strategia di conservazione complessiva. Attualmente vengono maggiormente percepiti gli aggravi e gli aspetti negativi legati alla presenza del cervo, mentre bassa è ancora la consapevolezza del possibile utilizzo a fini turistici di una popolazione altamente percettibile. 7. Ridurre il conflitto sociale predisponendo la prevenzione e l’indennizzo dei danni alle attività di interesse economico e legate al mantenimento dei paesaggi culturali (una riduzione dell’atteggiamento e delle opinioni negative delle popolazioni locali nei confronti del cervo in relazione ai supposti danni e problemi creati dalla specie). 8. Aumentare e razionalizzare il turismo escursionistico legato alla presenza del cervo. 9. Sostenere azioni dirette per favorire una modifica degli attuali criteri di gestione venatoria e per la realizzazione di adeguate aree di rispetto all’esterno del Parco. Aspetti ecologici All'interno di un ecosistema ciascun elemento è intimamente legato ed interconnesso in una sorta di rete a tutte le altre componenti, a formare una sorta di equilibrio dinamico in continua evluzione. Ogni cambiamento può portare conseguenze in cascata sulle altre componenti. Tali aspetti e i possibili o gia verificati effetti connessi alle elevate densità di cervo sono già stati analizzati nel Capitolo 4.3. La presenza del cervo crea effetti sulla dinamica di altre specie faunistiche quali il capriolo o i Tetraonidi ed anche sulle dinamiche evolutive del bosco. Analogamente un adeguata numerosità e distribuzione della popolazione è necessaria al fine di 241 creare e mantenere una rete trofica adeguata a favorire l’espansione delle aree di presenza dei grandi predatori e dei consumatori secondari. Inoltre, in ambiente alpino, la presenza umana e le sue interrelazioni con l'ambiente naturale non possono essere trascurate in quanto indissolubilmente legate in un equilibrio complessivo. Le scelte del piano devono mediare e trovare un giusto equilibrio tra necessità dell'uomo, e conservazione degli ecosistemi in tutte le loro componenti. 10. Verificare un aumento della consistenza delle popolazioni di capriolo. 11. Verificare una modifica del trend negativo dei censimenti in area campione del gallo cedrone all’interno del Parco. 12. Un aumento del trend di avvistamenti di gipeto nel Settore trentino del Parco. 13. Verificare nel lungo termine una diminuzione della prevalenza della popolazione di cervo alla paratubercolosi. 14. Attivazione di azioni volte a favorire il ritorno spontaneo dei grandi predatori attraverso la divulgazione e la discussione delle problematiche connesse. 15. Impostazione di ricerche specifiche per valutare gli effetti di elevate densità di cervo sulle popolazioni di capriolo e gallo cedrone e sulla vegetazione naturale. #<+10+2412156' Di seguito vengono schematicamente elencate le 34 azioni previste per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Per una trattazione di maggiore dettaglio, in allegato è predisposta una scheda descrittiva completa per ogni azione, che ne definisce compiutamente l'attività, l’area di riferimento, la tempistica dell’intervento, la modalità di realizzazione, il personale da utilizzare, i materiali necessari, le problematiche connesse all’efficacia, i costi, gli indicatori da utilizzare per giudicare l’esito dell’azione e i risultati attesi al termine dell’azione. A. Monitoraggi 1. Prosecuzione delle attività di monitoraggio standardizzato per le valutazioni quantitative mediante censimenti notturni primaverili. 2. Prosecuzione delle attività di monitoraggio standardizzato per le valutazioni quantitative mediante tecniche di mark-resight. 3. Attivazione annuale di tirocini per la valutazione numerica della popolazione mediante PGCDS. 4. Prosecuzione dei monitoraggi standardizzati sui soggetti abbattuti (all’esterno del Parco) e rinvenuti morti. 5. Campionamenti biometrici e sanitari sugli abbattuti in controllo (entro Parco). 6. Prosecuzione del monitoraggio sanitario. - Monitoraggio campionario sui rinvenuti morti per la paratubercolosi - Monitoraggio campionario sui soggetti abbattuti in controllo per la paratubercolosi - Valutazione dei carichi sulle feci 242 7. Attivazione annuale di campagne di cattura per il marcaggio di soggetti a fini di monitoraggio (20 all’anno). 8. Radiomarcaggio di soggetti con collari GPS per valutare l’effetto del controllo sul comportamento spaziale dei cervi. 9. Attivazione annuale di tirocini per la valutazione dell’eventuale diminuzione del comportamento confidente dei cervi durante il periodo estivo. 10. Monitoraggio sul lungo termine degli effetti del brucamento sui pascoli delle malghe. 11. Prosecuzione dei monitoraggi sugli impatti sui prati a sfalcio. 12. Monitoraggio sul lungo termine degli effetti del brucamento sullo sviluppo del bosco (monitoraggio sul lungo termine degli effetti delle alte densità di cervo sulle altre componenti ecologiche). - Creazione e monitoraggio regolare di recinti di esclusione per valutare l’effetto della brucatura sulla rinnovazione forestale - Realizzazione di transetti campione sistematici per valutare entità e distribuzione del danno da morso 13. Prosecuzione delle azioni di monitoraggio del gipeto e della azioni per favorire la sua presenza nel territorio del Parco (monitoraggio sul lungo termine degli effetti delle alte densità di cervo sulle altre componenti ecologiche). 14. Censimenti del gallo cedrone in aree campione (monitoraggio sul lungo termine degli effetti delle alte densità di cervo sulle altre componenti ecologiche). 15. Censimenti di camoscio mediante block-count (monitoraggio sul lungo termine degli effetti delle alte densità di cervo sulle altre componenti ecologiche). 16. Censimenti di capriolo in aree campione (monitoraggio sul lungo termine degli effetti delle alte densità di cervo sulle altre componenti ecologiche). 17. Attivazione di tirocini per la valutazione della densità di capriolo mediante PGCDS (monitoraggio sul lungo termine degli effetti delle alte densità di cervo sulle altre componenti ecologiche). B. Analisi e procedure 18. Analisi dello status e della dinamica della popolazione di cervo. 19. Definizione di un regolamento per l’indennizzo dei danni. 20. Definizione di una strategia per la protezione e la garanzia della rinnovazione del bosco nelle aree di svernamento del cervo e per l’indennizzo dei danni economici ai boschi privati. 21. Definizione di una strategia per l’organizzazione delle attività turistiche ai fini di una riduzione del disturbo sulla popolazione di cervo nei momenti stagionali maggiormente delicati. Questa dovrà contenere la definizione delle aree dedicate allo sci-alpinismo e loro regolamentazione; l’individuazione delle aree di bramito e la regolamentazione del loro accesso durante l’attività riproduttiva (regolamentazione degli accessi nelle zone di tranquillità all’interno del Parco in cui da gennaio a metà maggio e durante il periodo riproduttivo è interdetto l’accesso tranne sulla viabilità segnalata); la regolamentazione della raccolta dei palchi. 243 22. Piano per un razionale ed efficiente utilizzo a fini turistici e di educazione ambientale della popolazione di cervo del Parco. 23. Definizione e stesura di un piano numerico di controllo. Il Piano viene dettagliato nell’ultima parte del presente capitolo, secondo i contenuti principali di seguito esposti. - Definizione di azioni volte a favorire la diminuzione della concentrazione dei cervi nel Parco a favore delle aree esterne (modifiche dei criteri di gestione venatoria). - Definizione, per la gestione anche venatoria del cervo, di una zonizzazione delle aree di caccia del Distretto faunistico, su base sovra-riservistica, cui fare riferimento in fase di definizione dei piani di prelievo e della loro distribuzione geografica. - Definizione di aree di particolare rilevanza per l’ecologia del cervo – scelta e creazione delle zone di rispetto (di bramito) all’esterno del Parco (vengono definite aree specifiche in cui la caccia al cervo è interdetta per periodi quinquennali rinnovabili). - Adattamento dei piani di prelievo al piano di gestione complessivo (il piano deve tenere conto in termini complementari dei cervi abbattuti in caccia e in controllo). - Definizione di pratiche venatorie (e di controllo) in relazione alla biologia del cervo (tempi, modi). C. Attività 24. Attivazione annuale di campagne di cattura per il marcaggio di soggetti a fini di cessione ad altri enti. 25. Predisposizione di idonee strutture per lo stoccaggio e per lo smaltimento dei cervi rinvenuti morti e per i monitoraggi. 26. Attivazione degli indennizzi sulle attività agricole (prati a sfalcio, recinzioni, pascoli, coltivazioni). 27. Attivazione delle azioni per la protezione e la garanzia della rinnovazione del bosco nelle aree di svernamento del cervo. 28. Creazione, in collaborazione con tour operator, di pacchetti inerenti l’offerta turistica naturalistica di qualità del Parco. 29. Partecipazione, in collaborazione con Trentino S.p.A. e ApT Val di Sole, al progetto “Parchi da vivere” con un pacchetto settimanale nel mese di settembre in cui si dia spazio agli aspetti legati al bramito del cervo. 30. Organizzazione di un censimento autunnale al bramito con finalità di coinvolgimento a fini turstici. 31. Azioni volte a favorire il ritorno dei grandi predatori. - Azioni di comunicazione volte ad una maggiore conoscenza dei grandi carnivori realizzazione di giornate di comunicazione e di istruzione per target differenti sui grandi predatori. - Realizzazione di uno studio sulla dimensione umana legato alle problematiche create dal cervo nell’area protetta ed alla possibile futura presenza dei grandi carnivori. - Realizzazione di un’area faunistica dedicata alla lince. 32. Attivazione dei corsi per la formazione dei selecontrollori. 33. Addestramento degli agenti forestali. 244 34. Realizzazione dei piani di controllo. Ciascuna azione, o gruppo di azioni, viene dettagliata nelle schede presenti in Allegato 1 secondo il seguente schema: • obiettivi dell’azione; • area cui fa riferimento l’azione; • frequenza con cui deve essere realizzata l’azione; • tempistica di realizzazione dell’intervento; • modalità per la realizzazione dell’intervento; • personale da utilizzare per l’azione; • materiali necessari per l’azione; • problematiche connesse all’efficace realizzazione dell’azione; • costi – budget plan per l’azione; • indicatori di valutazione da utilizzare per giudicare l’esito di quanto fatto; • risultati attesi al termine dell’azione; 245 2+#01&+%10641..1&'..#2121.#<+10'&+%'481 1$+'66+8+&'.2+#01&+%10641..1 L’Unità di Gestione (UG) cui fa riferimento il piano corrisponde al Distretto Faunistico Val di Sole, così come definito dal “Progetto triennale cervo (Cervus elaphus hippelaphus, L. 1758)”, approvato con deliberazione della Consulta Distrettuale della Val di Sole in data 2 maggio 2006 e approvato dalla Giunta esecutiva dell’Associazione Cacciatori Trentini in data 7 giugno 2006 (a seguito della Determinazione del Dirigente del Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento n. 649 del 29 dicembre 2006) e dal Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Tabella 5.1 – Unità di Gestione “Val di Sole”. Superficie complessiva e superficie delle aree utilizzate dalla popolazione di cervo durante l’inverno e durante l’estate. AREA Sup. totale Cervo area inv Cervo area est Parco 17.579 4.439 8.148 Esterno al Parco 44.890 7.170 29.787 Totale 62.469 11.609 37.935 Tabella 5.2 – Distribuzione percentuale tra il territorio del Parco Nazionale e quello delle riserve di caccia delle superfici riportate nella tabella precedente. AREA Sup. totale Cervo area inv Cervo area est Parco 28% 38% 21% Esterno al Parco 72% 62% 79% Di seguito sono definiti e quantificati due possibili differenti obiettivi per la popolazione di cervo che il piano può perseguire nel medio termine: OBIETTIVO A L’obiettivo del piano è la riduzione della consistenza della popolazione a circa 2.400 cervi in tutta l’UG (per una densità media di circa 6-7 cervi/km2), in modo che la popolazione stessa sia progressivamente più omogeneamente distribuita sull’intero territorio, secondo quanto di seguito riportato: - Il 60% circa della popolazione dovrà essere distribuito all’esterno del Parco - circa 1400 cervi al netto dei piccoli - densità media 5-6 cervi/km2 246 - Il 40% circa della popolazione dovrà essere distribuito all’interno del Parco - circa 960 cervi al netto dei piccoli - densità media 9-10 cervi/km2 OBIETTIVO B L’obiettivo del piano è la riduzione della consistenza della popolazione a circa 2.200 cervi in tutta l’UG (per una densità media di circa 5.8 cervi/km2), in modo che la popolazione stessa sia progressivamente più omogeneamente distribuita sull’intero territorio, secondo quanto di seguito riportato: - Il 50% circa della popolazione dovrà essere distribuito all’esterno del Parco - circa 1100 cervi al netto dei piccoli - densità media 3.7 cervi/km2 - Il 50% circa della popolazione dovrà essere distribuito all’interno del Parco - circa 1100 cervi al netto dei piccoli - densità media 13.5 cervi/km2 ATTUALMENTE (i dati riportati si riferiscono ai censimenti effettuati nella primavera del 2008) si stima una presenza primaverile di 2908 cervi di cui: - Il 35% è distribuito all’esterno del Parco circa 1025 cervi per una densità media di 3.4 cervi/km2 - Il 65% è distribuito all’interno del Parco circa 1880 cervi per una densità media di 23.1 cervi/km2 Nel 2007 e per i due anni successivi, il programma approvato ha definito di applicare un piano di prelievo costante pari a 457 cervi così suddivisi per classi di sesso ed età: - 160 Maschi (35%); - 160 Femmine (35%); - 137 Piccoli (30%); /1&#.+6&+4+&7<+10'&'..#2121.#<+10'#..+06'401&'.2#4%1 La riduzione delle consistenze della popolazione nel Parco avverrà mediante prelievi effettuati con abbattimenti e con catture ed eventuali traslocazioni (qualora sarà possibile in base agli aspetti sanitari). Il sistema più semplice e apparentemente il più consigliabile è l’abbattimento degli animali mediante armi da fuoco di precisione (con ottiche montate), preceduto da una scelta (identificazione) del soggetto da prelevare, distinto in classi di sesso, età ed eventualmente qualità. La qualità è tuttavia, attualmente, un parametro molto discusso e messo in dubbio nel suo fondamento stesso, in quanto vi sono studi che hanno dimostrato come l’esasperazione dell’abbattimento per qualità possa portare ad un impoverimento della variabilità genetica. A parte l’abbattimento qualitativo, questa prassi è - nell’attività venatoria - null’altro che la caccia di selezione e, sempre apparentemente, non vi sarebbero profonde differenze fra il controllo selettivo e la prima, se non forse nella circostanza di chi materialmente andrebbe ad esercitare il prelievo stesso. Accantonando per il momento questo problema per nulla affatto secondario, soprattutto alla luce del dispositivi di legge in precedenza citati (art. 11 della LN 394/91), va detto che gli abbattimenti possono innescare fenomeni di sospettosità da parte delle popolazioni trattate. Questo rischio è particolarmente evidente nel caso di Ungulati sociali non solo perché l’abbattimento di un soggetto può provocare fughe precipitose o persino spostamenti. In questo caso infatti, decisiva è l’accortezza dell’operatore che, almeno in teoria, può condurre un abbattimento pulito senza traumi sociali per gli altri soggetti. Tuttavia è certo che gli Ungulati, dopo un certo periodo, imparano a collegare determinati fenomeni, dalla presenza umana al 247 rumore dell’autoveicolo e persino al colpo, quando il recupero della spoglia avviene in un lasso di tempo ridotto. Gli effetti negativi dell’abbattimento sono comunque riducibili grazie alla prudenza, alla ristrettezza del periodo (dopo un certo tempo gli animali possono dimenticare...) alle cautele di carattere generale. E‘ ovvio pertanto che l’operatore non può essere una persona qualsiasi e anzi, lo spirito venatorio è spesso in questo caso di ostacolo ad un’operazione che non deve provocare stress psicologici negli animali sopravvissuti. In tal senso non vi sarebbe nulla di meglio del personale d’istituto, opportunamente preparato ed addestrato anche alla raccolta dei reperti. Questi sono infatti comunque sempre necessari anche in un abbattimento di controllo e, sempre, indispensabili ai fini di monitoraggio. D’altra parte il personale a disposizione è in genere ridotto e il distoglierlo da altri compiti rappresenta pur sempre un costo. Molti parchi europei hanno pertanto adottato il sistema (con diverse varianti) di avvalersi della collaborazione dei cacciatori, confidando anche nelle buone ricadute (sociali) che tale operazione, quando ben gestita, può avere. Nel caso del PNS, il prelievo mediante abbattimenti è ormai adottato come forma di gestione in due delle 3 UG del Settore sudtirolese del Parco . L’operazione, denominata “selecontrollo” (controllo selettivo), ha dovuto forzatamente basarsi sulla collaborazione di personale esterno, dotato di porto d’armi e di capacità specifiche e quindi di fatto di un certo numero di cacciatori, denominati all’uopo “selecontrollori”. Questi sono stati istruiti e abilitati mediante un corso che si è concluso con una prova scritta, pratica, ottica e di sparo. L’esercizio del selecontrollo deve essere utilizzato dal Parco quale strumento di comunicazione, non soltanto quale utilizzo pratico di volontari in operazioni necessarie. Ciò è sicuramente possibile ma richiede anche un costante approfondimento dei compiti e delle eventuali gratificazioni, circostanza che è comune in tutte le operazioni che coinvolgono un volontariato che si vuole mantenere sempre ricco di motivazioni. Ovviamente il selecontrollo presenta alcuni problemi, in particolare la sua ripetizione in tempi ravvicinanti (per esempio annuali) circostanza che lo avvicinerebbe nella prassi e nella percezione all’attività venatoria. Deve comunque essere sottolineato che il selecontrollo non è infatti, e non deve essere, un sistema autorizzativo, esercitato per metter a tacere alcuni scontenti e guadagnare un po’ di respiro. Pensare al selecontrollo come un allentamento dei poteri del Parco (cioè come una serie di concessioni) rappresenta non soltanto un errore (le informazioni e la gestione del procedimento saranno in tal caso molto più difficili) ma un grave rischio strategico. Alcune considerazioni quantitative sull’efficacia ed efficienza del prelievo mediante catture possono essere effettuate analizzando i dati relativi alle prime catture effettuate nel Settore sudtirolese del Parco negli anni 1999-2000. L’obiettivo delle campagne intensive è stato il marcaggio dei cervi per la valutazione delle capacità di spostamento e la stima delle consistenze e dei tassi di sopravvivenza Analizzando i dati relativi ai soggetti catturati nei due inverni di attività e allo sforzo impiegato per le catture stesse, è stato possibile effettuare alcune considerazioni preliminari sull’efficienza del sistema di cattura e sull’impiego di tale metodo per il prelievo dei cervi con finalità di controllo numerico delle popolazioni. L’attività si è concentrata nell’Unità di Gestione “Media Val Venosta”, dove sono stati predisposti 6 recinti di cattura. Tale UG ha un’estensione di 32.670 ha di cui 17.170 ha sono considerati idonei alla presenza del cervo. Le catture sono strettamente dipendenti dall’andamento meteorologico annuale, in quanto l’altezza e la permanenza del manto nevoso invernale condizionano positivamente la frequentazione delle mangiatoie e quindi delle trappole in relazione alla diminuzione dell’offerta alimentare disponibile. Nel 1999 sono stati attivate 4 trappole tra febbraio e marzo e nel 2000 ne sono state attivate 6 tra dicembre e marzo. 248 In questi periodi le trappole venivano controllate ogni mattina da 2 operatori e, in caso di cattura, 2 guardiaparco e un veterinario si occupavano della narcotizzazione e del marcaggio dei soggetti. Durante il primo inverno sono stati catturati 27 cervi in 25 notti utili di cattura (67 giorni in cui le trappole sono risultate innescate), mentre nel secondo ne sono stati catturati 23 in 15 notti utili (69 giorni in cui le trappole sono risultate innescate). In base a queste informazioni è stato possibile quantificare l’efficienza del sistema di cattura registrata nei due inverni nell’UG “Media Val Venosta”. Con una densità di 1 recinto ogni 4.300 ha di bosco nel 1999 e ogni 2.860 ha di bosco nel 2000, sono stati catturati 6,8 e 3,8 cervi per trappola. Mediamente sono stati catturati 25 cervi ogni anno, pari al 3,5% della consistenza censita e al 2% di quella stimata presente; questi valori sono di gran lunga inferiori ai tassi medi di incremento annuo tipici di una popolazione di cervo in ambiente alpino (dal 15% al 25-30%). Calcolando i valori medi per le due annate, sono stati catturati 0,26 cervi per ogni trappola e per ogni giornata utile di cattura e 0,07 cervi per ogni trappola e per ogni giorno di innesco effettivo; quest’ultimo dato può essere considerato quale migliore stima disponibile dell’efficienza media di cattura e utilizzato per valutare lo sforzo necessario per effettuare un prelievo che limiti l’accrescimento numerico della popolazione. In base alla stima di consistenza della popolazione di cervo nel Settore trentino del Parco di circa 1.800, ne deriva che un prelievo minimo, in grado perlomeno di arrestare l’accrescimento della popolazione, deve essere pari al 15-20% della consistenza (270-360 cervi). Applicando le stime di efficienza di cattura sinora ottenute, ne deriva che una trappola è in grado di catturare mediamente 6-7 cervi ogni anno (in inverno). Se ipotizziamo, in termini molto ottimistici di riuscire a triplicare tale efficienza di cattura, per raggiungere il livello di prelievo fissato sarebbe quindi necessario poter disporre di circa 13-17 recinti di cattura, per una densità media di 1 trappola ogni 220-290 ha di bosco. Tale sforzo appare, in questo primo approccio, decisamente eccessivo, in relazione ai costi per la predisposizione dei recinti, alle necessità di personale e all’impatto esercitato dalla presenza di un’elevata densità di trappole nel territorio del Parco. Per quanto riguarda i costi, in base alle informazioni fornite dal dott. Zöschg, allora Direttore dell’Ufficio Periferico di Glorenza, è stato possibile stimare l’impegno del personale impiegato e derivare i costi complessivi dell’operazione. Senza tenere conto dei costi legati ai materiali e alla costruzione delle trappole (ogni recinto può costare mediamente 2-3.000 €) sono stati catturati 0.29 cervi per ogni giornata-uomo. Il costo complessivo di ogni cervo catturato è risultato pari a 400 € (nel 1999). Questi primi risultati sembrano indicare come il solo prelievo mediante recinti di cattura non sia al momento in grado di contenere l’incremento delle popolazioni. E’ tuttavia importante sottolineare come l’efficienza di cattura sia fortemente dipendente dall’esperienza acquisita e dalle condizioni locali e annuali di innevamento. Soprattutto questo secondo fattore non esclude un futuro aumento nell’efficienza di cattura, ma lo rende comunque estremamente aleatorio. Queste considerazioni non portano all’esclusione di tale metodo, ma ad un suo utilizzo complementare rispetto ai prelievi mediante abbattimento. Metodi alternativi E’ difficile ipotizzare sistemi sostanzialmente diversi dal prelievo e che siano, nel contempo, decentemente praticabili ai fini del controllo. Il più naturale, quindi il più raccomandabile, resta senza dubbio il ritorno dei grandi predatori (lince e lupo nel caso del PNS). Come detto in precedenza, si ritiene che le influenze dei due 249 Carnivori possano essere nel caso del cervo difficili da prevedere ma comunque non risolutive, se si eccettua - per il lupo - un effetto di miglior distribuzione dei cervi sul territorio. Si omettono naturalmente gli ulteriori problemi innescabili da una reintroduzione, con le possibili (anche se, con un po’ di attenzione, evitabili...) ripercussioni sociali. I miglioramenti ambientali (per esempio la derecinzione di alcune aree prative) non sono mezzi per risolvere il problema del controllo, per due motivi essenziali. In primo luogo essi sono per loro natura provvisori, e cioè possono alleviare momentaneamente la pressione del cervo sull’ecosistema montano ma sono destinati persino a rendere possibile un ulteriore aumento della consistenza. E non è questo ad essere voluto, quanto un equilibrio accettabile. Se non fosse così paradossale sarebbe invece da prendere in considerazione l’idea di peggiorare la ricettività ambientale ma senza rendere ancora più pesante il problema dell’impatto sull’ecosistema. E’ evidente che si tratta dunque di un problema posto scorrettamente, in quanto le specie si modellano sull’ambiente in cui esse vivono. Il secondo motivo che qualifica quale poco interessante il miglioramento ambientale è che esso dovrebbe intervenire dopo un’azione decisa di controllo e non prima o durante, pena l’assoluta inutilità. Del resto, un miglioramento ambientale quale quello suggerito, avrebbe un notevole significato perché le recinzioni sono state apposte proprio per risolvere il problema dei danni, meglio sopportabili con una consistenza inferiore. Altri sistemi di controllo non sono che evoluzioni o varianti più o meno complesse della cattura o degli abbattimenti. I recinti di svernamento, ampie zone recintate anche di 100 ettari, dove i cervi vengono attratti e mantenuti durante l’inverno per essere poi liberati in tarda primavera, possono essere una semplice variante dei prelievi (i cervi vengono trasferiti o abbattuti). A parte il problema del costo, l’iniziativa (“normale” in alcuni parchi della Germania) appare assai poco dotata di requisiti estetici e naturali, con un evidente abbassamento dell’idea della selvaticità dell’animale. E si deve ricordare che il cervo è un animale simbolo e ridurlo a ornamento zootecnico è un processo che non qualifica un’area protetta. Da ultimo, per dovere di completezza si può citare la castrazione ovvero la sterilizzazione di un numero significativo di soggetti. Il sistema è stato sperimentato la prima volta sul cervo mulo in alcuni impianti militari recintati negli Stati Uniti. Questa scelta non appare raccomandabile non soltanto per i costi e l’impegno (cfr. le già ben note difficoltà della cattura) e soprattutto l’efficacia ma anche per l’eccesso di manipolazione, si vuol sostenere quasi “umiliante”, che anche in questo caso si verrebbe ad infliggere la specie. In un discorso di tipo animalista, quindi non tecnico, ma non per questo da non discutere assolutamente, si potrebbe affermare ... “meglio prigionieri o sterilizzati che morti” ..... In altre situazioni (parchi urbani, aree faunistiche, recinti privati), queste affermazioni potrebbero essere anche considerate ma, nel caso del PNS, è necessario rifarsi alle sue finalità generali (naturalità, equilibrio naturale) che non ammettono deviazioni così pesanti. Oltre a ciò anche considerazioni di carattere tecnico confermano che allo stato attuale il controllo della fertilità non è un opzione efficace per il cervo in quanto troppo costosa e impraticabile su popolazioni selvatiche numerose. I contraccettivi orali possono essere mischiati al cibo ma hanno il difetto di non essere selettivi ed agire anche sulle altre specie. L’immunocontraccezione è una tecnica relativamente nuova. Si basa sulla somministrazione mediante fucili ad aria compressa, di proiettili compressi di cellulosa contenenti una proteina del sistema riproduttivo del maiale (PZP, Porcine Zona Pellucida) che causa il rigetto dell’uovo fecondato da parte dell’utero. Nel caso del trattamento di animali selvatici gli inconvenienti sono (The Wildlife Society, 2008): - i cervi devono essere immunizzati due volte prima dell’estro il primo anno e poi una volta all’anno; - è necessario marcare le femmine già trattate; - se trattata, una femmina continua ad andare in estro (Il PZP previene la fertilizzazione ma non l’ovulazione) stimolando i maschi ad accoppiarsi nuovamente per mesi e alterando il loro comportamento riproduttivo. 250 Uno studio effettuato mediante simulazioni per i dintorni suburbani di Minnetonka (Minneapolis) ha dimostrato che per ridurre la popolazione sarebbe necessario trattare (rendendo non fertili) tutte le femmine per tre anni con un costo approssimativo di 110.000 dollari all’anno (files.dnr.state.mn.us/publications/fwt/1995/Deercont.pdf). Il problema non è solo di costi ma è anche legato alla necessità di riconoscere individualmente le femmine già trattate. 2412156#&+2+#0124'.+'81 Considerando le difficoltà tecniche e logistiche che la realizzazione della riduzione della popolazioni in tempi minori comporterebbe, la riduzione della popolazione alla consistenza soglia appare attuabile mediante prelievi condotti in un arco di tempo di 3 anni. La proposta di piano prevede uno/due anni di prelievo sperimentale, di entità numerica limitata, volto alla valutazione dell’efficienza e fattibilità dei metodi proposti, e una seconda fase di prelievi a regime, volti ad una effettiva riduzione numerica della popolazione all’interno del Parco. Per evitare qualsiasi rischio, durante il triennio dovranno essere costantemente effettuate le operazioni di monitoraggio sulla popolazione e, qualora dopo il primo periodo di interventi la consistenza riscontrata (censimenti) non si discostasse significativamente dal valore soglia, il programma dovrà essere riequilibrato. • I Fase sperimentale di prelievo di controllo - 2009 - 2010 Prelievo di 180 cervi all’anno all’interno del Parco • II Fase a regime di prelievo di controllo per la riduzione – 2011 - 2013 Prelievo di 400 cervi all’anno all’interno del Parco I Fase sperimentale (2009 - 2010) Nella prima fase sperimentale: • Il prelievo di controllo di 180 cervi all’interno del Parco viene suddiviso per il 60% in Val di Peio (108 cervi) e per il 40% in Val di Rabbi (72 cervi), in funzione delle diverse consistenze di popolazione presenti nelle due Stazioni forestali; • I capi da prelevare in controllo in Val di Peio vengono suddivisi percentualmente tra i selecontrollori delle riserve di Peio e Pellizzano in ragione dei capi assegnati a ciascuna riserva nel piano di prelievo triennale 2007-2009; • I capi da prelevare in controllo in Val di Rabbi vengono suddivisi percentualmente tra i selecontrollori delle riserve di Rabbi, Malé e Terzolas, in ragione dei capi assegnati a ciascuna riserva nel piano di prelievo triennale 2007-2009; • La struttura per sessi e classi d’età del controllo è: 25% maschi, 30% piccoli e 45% femmine; nella classe maschile viene prelevato il 50% di soggetti di 1 anno e il 50% di soggetti di 2-6 anni con palco con numero di punte inferiore a 9; 251 • In conseguenza all’avvio del piano di controllo numerico all’interno del Parco, il numero di capi da prelevare durante l’attività venatoria (all’esterno del Parco) nelle riserve di Malé, Peio, Pellizzano, Rabbi e Terzolas è pari alla differenza tra il piano previsto nel programma triennale e il numero di capi prelevati in controllo all’interno del Parco. Nella pratica il numero di capi che vengono prelevati all’interno del Parco vengono detratti dal piano di prelievo della Riserva di caccia. Inoltre, in fase sperimentale, in ciascuna delle cinque riserve, il numero di cervi da prelevare in forma di caccia è aumentato di una quota pari alla metà della percentuale di cervi assegnati come piano di controllo; ad esempio, nel caso della Riserva di Rabbi, questa ha attualmente un piano di 108 cervi. Poiché ne abbatterebbe 58 in controllo all’interno del Parco, il piano di prelievo sarebbe quindi di 50 capi. A questi tuttavia ne vanno aggiunti altri 16 che rappresentano la metà dei cervi assegnati percentualmente in controllo alla Riserva di Rabbi sul totale dei cervi da abbattere in controllo (32 su 100). I cervi nel piano di abbattimento venatorio risultano quindi 66 (50 + 16). • La struttura per sessi e classi d’età dei cervi prelevati in forma di caccia da ciascuna Riserva è pari al 35% maschi, 35% femmine e 30% piccoli; nella classe maschile viene prelevato il 50% di soggetti di 1 anno, il 30% di soggetti di 2-6 anni e il 20% di soggetti di 7 o più anni. 2009-10 (sperimentale) AREA Peio PNS Abbattimenti totali MM FF PP 108 27 49 32 Rabbi PNS 72 18 32 22 TOT PNS 180 45 81 54 Riserve del DF Val Sole 320 113 112 96 Totale 500 158 193 150 La Tabella 5.3 esemplifica l’ipotetica suddivisione dei prelievi venatori e dei prelievi di controllo nel’UG Va di Sole per il biennio sperimentale 2009 – 2010. 252 Ossana 60 175 216 60 451 Vermiglio Val Sole Peio-Rabbi Vermiglio TOTALE 108 18 Pellizzano Peio 24 30 Mezzana 16 9 20 Commezzadura Dimaro Monclassico 6 108 Rabbi Croviana 18 8 26 TOT Malè Terzolas Caldes-Cavizzana Riserve 501 60 256 185 60 132 18 36 24 16 9 20 6 124 21 9 26 TOT PIANO PIANO 2007-09 2009 4 2 3 8 11 8 5 6 16 21 321 112 21 3 6 60 1 3 55 11 19 25 4 7 39 1 2 52 11 23 113 1 2 2 4 4 35 6 12 17 6 5 2 2 2 2 1 2 1 7 1 1 3 MM 1 2-6 9 T 148 60 47 18 13 24 16 9 20 6 66 11 5 26 TOT 22 4 8 10 4 3 1 1 2 1 1 1 0 5 1 2 7+ FUORI PARCO 18 34 45 18 14 6 4 7 5 3 6 2 20 3 1 8 PP 112 97 21 40 51 21 17 6 4 9 5 3 7 2 23 4 2 9 FF 180 143 37 85 23 58 10 4 TOT 0.79 0.21 0.47 0.13 0.32 0.05 0.02 % 1 2 45 36 9 21 6 15 T 1 3 8 1 24 19 5 11 1 MM 21 17 4 10 3 7 1 0 2-6 NEL PARCO 0 7+ 81 64 17 38 10 26 5 2 MM FF PP MM FF PP struttura controllo FF PP struttura totale MM 0.33 0.38 0.29 0.38 0.31 0.31 0.33 0.33 0.33 0.35 0.35 0.30 0.33 0.33 0.33 0.33 0.33 0.33 0.35 0.35 0.30 0.29 0.41 0.30 0.33 0.37 0.30 0.35 0.35 0.30 54 0.35 0.35 0.30 0.25 0.45 0.30 0.31 0.39 0.30 0.35 0.35 0.30 43 0.34 0.35 0.30 11 0.35 0.34 0.30 0.35 0.35 0.30 26 0.34 0.36 0.30 0.25 0.45 0.31 0.28 0.42 0.30 0.33 0.33 0.33 7 0.38 0.31 0.31 0.26 0.43 0.30 0.30 0.38 0.30 0.33 0.38 0.29 0.38 0.31 0.31 0.33 0.33 0.33 0.35 0.35 0.30 0.33 0.33 0.33 17 0.35 0.35 0.30 0.26 0.45 0.29 0.31 0.39 0.30 3 0.36 0.36 0.27 0.21 0.52 0.31 0.29 0.44 0.29 1 0.41 0.41 0.20 0.23 0.47 0.23 0.33 0.44 0.22 FF PP struttura caccia Tabella 5.3 - I Fase sperimentale (2009 - 2010) - Prelievo in controllo di 180 cervi all’anno all’interno del Parco (108 SF Peio, 72 SF Rabbi). 253 II Fase a regime per la riduzione (2011-13) In relazione al numero di cervi attualmente presenti lungo l’intero corso dell’anno all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio (circa 1900 capi al netto dei piccoli), negli anni successivi dovrà essere prevista una fase perlomeno triennale di prelievo di controllo con finalità di riduzione della popolazione di almeno 400 cervi all’anno all’interno dell’area protetta. La II Fase a regime prevede due ipotesi di realizzazione a seconda che vengano coinvolti nelle attività di controllo solo i selecontrollori abilitati appartenenti alle riserve di diritto che hanno partecipato alla I fase sperimentale, oppure tutti i selecontrollori abilitati appartenenti alle riserve di diritto del Distretto Faunistico della Val di Sole. 2011-13 (riduzione) AREA Abbattimenti totali MM FF PP Peio PNS 240 48 108 84 Rabbi PNS 160 32 72 56 TOT PNS 400 80 18056 140 Riserve del DF Val Sole 250-350 150-186 50-82 50-82 Totale 650-750 230-266 230-262 190-222 Nella seconda fase a regime: • il prelievo di controllo di 400 cervi all’interno del Parco viene suddiviso per il 60% nella Stazione Forestale di Peio (240 cervi) e per il 40% nella Stazione Forestale di Rabbi (160 cervi) a seconda delle diverse consistenze; • la struttura per sessi e classi d’età del controllo è: 25% maschi, 30% piccoli e 45% femmine; nella classe maschile viene prelevato il 50% di soggetti di 1 anno e il 50% di soggetti di 2-6 anni con palco con numero di punte inferiore a 9. IPOTESI A – Controllo per le Riserve di Malé, Peio, Pellizzano, Rabbi e Terzolas 1. I capi da prelevare in controllo in Val di Peio vengono suddivisi percentualmente tra i selecontrollori delle Riserve di Peio e Pellizzano in ragione dei capi assegnati a ciascuna riserva nel piano di prelievo triennale 2007-2009; 2. I capi da prelevare in controllo in Val di Rabbi vengono suddivisi percentualmente tra i selecontrollori delle riserve di Rabbi, Malé e Terzolas, in ragione dei capi assegnati a ciascuna riserva nel piano di prelievo triennale 2007-2009; 3. Il numero di capi da prelevare (all’esterno del Parco) nelle riserve di Malé, Peio, Pellizzano, Rabbi e Terzolas è pari alla differenza tra il piano previsto nel programma triennale e il numero di capi prelevati in controllo all’interno del Parco. Inoltre in fase sperimentale, in ciascuna delle cinque riserve, il numero di cervi da prelevare in forma di caccia è aumentato di una quota pari alla metà della percentuale di cervi assegnati come piano di controllo; il numero di capi complessivo da prelevare in caccia nelle cinque riserve non può comunque essere inferiore al 40% del piano previsto per il 2007. 254 IPOTESI B – Controllo per le Riserve del Distretto Faunistico Val di Sole 1. I capi da prelevare in controllo vengono suddivisi percentualmente tra i selecontrollori delle Riserve del Distretto Faunistico della Val di Sole in ragione dei capi assegnati a ciascuna riserva nel piano di prelievo triennale 2007-2009; 2. Il numero di capi da prelevare durante l’attività venatoria (all’esterno del Parco) nelle riserve del Distretto Faunistico della Val di Sole è pari alla differenza tra il piano previsto nel programma triennale e il numero di capi prelevati in controllo all’interno del Parco. Inoltre in fase sperimentale, in ciascuna Riserva, il numero di cervi da prelevare in forma di caccia è aumentato di una quota pari alla metà della percentuale di cervi assegnati come piano di controllo; il numero di capi complessivo da prelevare in caccia nelle riserve non può comunque essere inferiore al 40% del piano previsto per il 2007. 3. La struttura per sessi e classi d’età dei cervi prelevati in forma di caccia da ciascuna riserva è pari al 35% maschi, 35% femmine e 30% piccoli; nella classe maschile viene prelevato il 50% di soggetti di 1 anno, il 30% di soggetti di 2-6 anni e il 20% di soggetti di 7 o più anni. Al fine del completamento del piano di controllo, ha maggiore importanza, nella prima fase del controllo, l’aspetto quantitativo di quello qualitativo. La Tabella 5.4 esemplifica l’ipotetica suddivisione dei prelievi venatori e dei prelievi di controllo nel’UG Va di Sole per il triennio di riduzione 2011 – 2013, secondo l’ipotesi A. La Tabella 5.5 esemplifica l’ipotetica suddivisione dei prelievi venatori e dei prelievi di controllo nel’UG Va di Sole per il triennio di riduzione 2011 – 2013, secondo l’ipotesi B. La scelta per il secondo triennio del piano tra ipotesi A e ipotesi B dovrà essere valutata di concerto con le Riserve che parteciperanno alla realizzazione della fase sperimentale e con la Consulta della Val di Sole. 255 30 18 Pellizzano Ossana 175 216 60 451 Val Sole Peio-Rabbi Vermiglio TOTALE 256 60 Vermiglio 108 24 Peio 16 Mezzana 9 20 Commezzadura Dimaro Monclassico 6 108 Rabbi Croviana 18 8 26 TOT Malè Terzolas Caldes-Cavizzana Riserve PIANO 2007-09 687 60 403 224 60 231 18 64 24 16 9 20 6 172 28 13 26 TOT PIANO 2011 1 3 4 2 3 6 8 4 30 21 60 11 16 24 288 100 51 49 86 11 4 7 21 1 2 3 8 15 8 1 3 6 1 15 4 1 29 6 8 15 6 4 2 1 2 2 1 2 1 4 1 3 MM 1 2-6 9 T 141 60 43 18 12 24 16 9 20 6 43 7 3 26 TOT 18 2 6 10 4 3 1 1 2 1 1 1 0 3 1 2 7+ FUORI PARCO 99 21 30 48 21 15 6 4 9 5 3 7 2 15 2 1 9 FF 88 18 26 44 18 13 6 4 7 5 3 6 2 13 2 1 8 PP 400 317 83 188 52 129 21 10 TOT 0.79 0.21 0.47 0.13 0.32 0.05 0.02 % 5 3 100 79 21 47 13 32 T 53 41 12 24 7 17 3 2 47 38 9 23 6 15 2 1 MM 1 2-6 NEL PARCO 143 37 85 23 58 10 4 0 180 7+ FF FF PP 0.35 0.35 0.31 MM MM FF struttura controllo PP FF PP struttura totale MM 120 0.35 0.35 0.30 0.25 0.45 0.30 0.29 0.41 0.30 0.35 0.35 0.30 95 0.35 0.35 0.30 25 0.35 0.34 0.31 0.35 0.35 0.30 56 0.35 0.35 0.30 0.25 0.45 0.30 0.27 0.43 0.30 0.33 0.33 0.33 16 0.33 0.33 0.33 0.25 0.44 0.31 0.26 0.42 0.31 0.33 0.38 0.29 0.38 0.31 0.31 0.33 0.33 0.33 0.35 0.35 0.30 0.33 0.33 0.33 39 0.35 0.35 0.30 0.25 0.45 0.30 0.27 0.42 0.30 6 0.42 0.28 0.28 0.23 0.47 0.28 0.28 0.42 0.28 3 0.31 0.31 0.31 0.31 0.42 0.31 0.31 0.39 0.31 PP struttura caccia Tabella 5.4 - II Fase a regime per la riduzione (2011-13) - Prelievo in controllo di 400 cervi all’anno all’interno del Parco (240 SF Peio, 160 SF Rabbi). IPOTESI A – coinvolgimento delle sole riserve di Malé, Peio, Pellizzano, Rabbi e Terzolas. Fuori Parco, i piani per l’attività venatoria sono pari al 40% di quelli del 2007. 30 18 Pellizzano Ossana 60 175 216 60 451 Vermiglio Val Sole Peio-Rabbi Vermiglio TOTALE 108 24 Peio 16 Mezzana 9 20 Commezzadura Dimaro Monclassico 6 108 Rabbi Croviana 18 8 26 TOT Malè Terzolas Caldes-Cavizzana Riserve 650 86 314 250 86 154 25 42 34 22 13 29 9 160 26 12 38 TOT PIANO PIANO 2007-09 2011 1 1 2 3 2 3 5 6 89 12 35 250 35 42 96 43 6 21 16 6 2 4 12 1 1 2 10 20 11 1 3 4 1 2 22 2 29 4 13 12 4 7 1 2 2 1 1 1 0 6 1 1 2 MM 1 2-6 5 T 119 35 63 10 17 14 9 5 12 3 56 9 4 13 TOT 17 2 8 7 2 4 1 1 1 1 0 1 0 4 1 0 1 7+ FUORI PARCO 85 12 41 32 12 22 3 6 5 3 2 4 1 19 3 1 4 FF 76 11 36 29 11 19 3 5 4 3 1 4 1 17 3 1 4 PP 400 51 195 154 51 91 15 25 20 13 8 17 6 104 17 8 25 TOT 0.49 0.39 0.13 0.23 0.04 0.06 0.05 0.03 0.02 0.04 0.01 0.26 0.04 0.02 0.06 % 4 2 6 99 13 49 37 13 23 4 6 5 3 2 4 1 26 T 2 1 3 52 7 25 20 7 12 2 3 3 2 1 2 1 13 1 47 6 24 17 6 11 2 3 2 1 1 2 0 13 2 1 3 2-6 NEL PARCO MM 7+ 182 23 88 71 23 41 7 11 9 6 4 8 3 47 8 4 11 FF MM FF PP MM FF PP struttura controllo FF PP struttura totale MM 119 0.36 0.34 0.30 0.25 0.46 0.30 0.29 0.41 0.30 15 0.34 0.34 0.31 0.26 0.46 0.30 0.29 0.41 0.30 58 0.35 0.34 0.30 0.25 0.45 0.30 0.29 0.41 0.30 46 0.36 0.33 0.30 0.24 0.46 0.30 0.29 0.41 0.30 15 0.35 0.35 0.32 0.26 0.46 0.30 0.29 0.41 0.30 27 0.35 0.35 0.30 0.25 0.45 0.30 0.29 0.41 0.30 4 0.38 0.29 0.29 0.26 0.46 0.26 0.31 0.39 0.27 8 0.35 0.35 0.29 0.24 0.44 0.32 0.28 0.40 0.30 6 0.36 0.36 0.29 0.25 0.45 0.30 0.29 0.41 0.29 4 0.32 0.32 0.32 0.22 0.45 0.30 0.26 0.40 0.31 2 0.38 0.38 0.19 0.26 0.53 0.26 0.31 0.47 0.23 5 0.35 0.35 0.35 0.24 0.48 0.30 0.28 0.42 0.32 2 0.32 0.32 0.32 0.17 0.52 0.35 0.22 0.45 0.34 31 0.36 0.34 0.30 0.25 0.45 0.30 0.29 0.41 0.30 5 0.32 0.32 0.32 0.23 0.46 0.29 0.26 0.41 0.30 2 0.48 0.24 0.24 0.26 0.52 0.26 0.34 0.42 0.25 8 0.37 0.30 0.30 0.24 0.44 0.32 0.29 0.39 0.31 PP struttura caccia 257 Tabella 5.5 - II Fase a regime per la riduzione (2011-13) - Prelievo in controllo di 400 cervi all’anno all’interno del Parco (240 SF Peio, 160 SF Rabbi). IPOTESI B – coinvolgimento di tutte le riserve del Distretto Faunistico Val di Sole. Fuori Parco, i piani per l’attività venatoria sono calcolati come segue: Piano 2007 – Piano controllo + 50% del piano controllo. #4'#&++06'48'061 Le aree in cui verrà autorizzato ed effettuato il controllo (Aree di controllo) devono riguardare esclusivamente parte delle aree di svernamento del cervo (Tabella 5.1), evitando comunque di andare ad agire nelle aree utilizzate principalmente dal cervo durante l’estate per garantire la costante disponibilità di aree caratterizzate dal la necessaria tranquillità. La cartografia sottoriportata (Figura 5.2 e Figura 5.3) definisce due ipotesi di confini di aree di controllo in Val di Peio e in Val di Rabbi. Le aree di controllo vengono suddivise in sottozone che possono essere sottoposte a controllo in periodi ed anni diversi. • Area di controllo Val di Peio - max 1.366 ha - min 798 ha • Area di controllo Val di Rabbi - max 920 ha - min 578 ha Figura 5.1 - Area di distribuzione del cervo in Val di Sole. In rosso scuro e in verde rispettivamente, le aree di svernamento e di estivazione della popolazione. 258 Figura 5.2 – Definizione dei confini massimi delle aree in cui viene effettuata l’attività di controllo all’interno del Parco (in nero). Per ciascuna valle (Peio e Rabbi) sono individuate quattro differenti zone che possono essere sottoposte a controllo in periodi ed anni diversi. In rosso scuro e in verde rispettivamente, le aree di svernamento e di estivazione della popolazione di cervo. Figura 5.3 – Definizione dei confini minimi delle aree in cui viene effettuata l’attività di controllo all’interno del Parco (in nero). Per ciascuna valle (Peio e Rabbi) sono individuate quattro differenti zone che possono essere sottoposte a controllo in periodi ed anni diversi. In rosso scuro e in verde rispettivamente, le aree di svernamento e di estivazione della popolazione di cervo. 259 6'/2+&++06'48'061 Sono sicuramente i preferibili gli abbattimenti tardo-autunnali diurni, come ha dimostrato l’esperienza. Il periodo migliore va dal (20 ottobre) 1 novembre al 31 dicembre (o meglio più corto) – potenzialmente 7 giorni su 7. E’ meglio, tenuto conto dell’efficienza, ridurre al minimo il periodo di controllo per limitare il disturbo cui il cervo risulta particolarmente sensibile ed adattabile. Sono possibili proroghe sino alla fine di gennaio in caso di non completamento del piano. Possono essere previsti, se ritenuti necessari, abbattimenti primaverili diurni e/o notturni. Da eseguirsi subito dopo i censimenti con l’intento di completare il piano previsto annualmente, qualora l’intervento autunnale non fosse stato sufficiente. Questa eventuale azione sarebbe preferibilmente da realizzarsi durante le ore notturne, con carabine con ottiche infrarosse e silenziatori. L’obiettivo è di prelevare molti animali in poche notti senza preoccuparsi troppo della selezione qualitativa e minimizzando in termini assoluti il disturbo e la percezione dell’abbattimento. L'ipotesi di abbattimenti estivi diurni non viene presa in considerazione, anche se la sua efficienza sarebbe probabilente soddisfacente. Essi infatti andrebbero a cadere negli ambienti di estivazione delle quote più alte, zone da tutelare rigorosamente, dove oltretutto esistono favorevoli possibilità di osservare gli animali. 2'4510#.' Può partecipare alle attività di controllo anche personale non d’istituto che faccia parte delle riserve di diritto del Distretto faunistico della Val di Sole e che possieda l’abilitazione all’esercizio venatorio ed abbia seguito il percorso formativo realizzato dal Parco ed abbia sostenuto con successo il relativo esame finale. Il personale così formato viene definito “selecontrollore”. I prelievi sono coordinati e realizzati dagli agenti forestali (AF) che sono coadiuvati, per la realizzazione delle attività di prelievo, da selecontrollori appositamente scelti e formati che hanno seguito un corso di addestramento ed hanno sostenuto un esame teorico, pratico di riconoscimento e di tiro. I selecontrollori sono scelti tra persone abilitate all’esercizio venatorio. La scelta dei criteri sui requisiti di ammissibilità ai corsi spetterà al Parco, di concerto con la PAT e l’ACT. Ogni Agente forestale è giornalmente responsabile di un gruppo di selecontrollori (massimo 10) e ne organizza la dislocazione e le attività. A fine giornata controlla le attività svolte. Si ritiene inoltre opportuno preparare con un corso di 15-20 ore, quindi estremamente approfondito, un gruppo selezionato di selecontrollori, scelti soprattutto fra quelli più efficienti e affidabili; questo gruppo andrà investito di responsabilità analoghe a quelle del personale. Il percorso formativo per il corso per l’abilitazione all’esercizio del selecontrollo potrebbe essere strutturato ed avere i contenuti di seguito riportati: 260 1° Sessione - Introduzione alla problematica del controllo della fauna nelle aree protette e della necessità e ruolo dei selecontrollori in queste attività. - La storia del cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio. - Gli aspetti legislativi. - I contenuti del piano di gestione e controllo. - Biologia ed ecologia del cervo in funzione degli obiettivi di gestione (gli aspetti dell’ecologia della specie cui bisogna prestare maggiore attenzione nell’applicazione delle pratiche di gestione). 2° Sessione - Criteri di riconoscimento della specie e delle sue classi di sesso ed età. - Spiegazioni sui criteri di riconoscimenti in campo e sul capo abbattuto. - Proiezione di immagini e filmati da analizzare da debita distanza. - Esame di mandibole e trofei (questa seconda parte viene realizzata suddividendo i partecipanti in gruppi). 3° Sessione - Organizzazione e regolamentazione delle attività di controllo numerico della popolazione (aree di intervento, regolamentazione uscite, punti fissi di sparo ecc.). - La figura del selecontrollore. - Armi e tiro (norme di comportamento e pratiche di comportamento in funzione dell’operatività). - Organizzazione delle attività di abbattimento in controllo. - Realizzazione dell’abbattimento. - Reazione al colpo e recupero dei soggetti feriti. - Trattamento della spoglia e destino delle spoglie. - Valutazioni biometriche. Nella prima fase di controllo sperimentale partecipano alle attività gli AF coadiuvati dai soli selecontrollori appartenenti alle riserve di caccia con diritti all’interno delle Zone di Controllo (Peio, Pellizzano, Tezolas, Rabbi, Malé). Nella seconda fase di regime, a seguito di un adeguamento del piano e solo a seguito di nuovi accordi tra le riserve, definiti in sede di Consulta, potranno partecipare alle attività di controllo anche i selecontrollori appartenenti alle restanti riserve di caccia del Distretto Faunistico della Val di Sole. Nel caso in cui i piani di controllo non vengano completati nei tempi previsti, è prevista la possibilità che i piani stessi vengano direttamente completati dagli agenti forestali in una seconda ulteriore fase. I prelievi in questa seconda fase potranno anche essere realizzati durante la fase primaverile dagli agenti forestali, durante le ore notturne, con carabine con ottiche IR e silenziatori. Agli eventuali abbattimenti della seconda fattispecie dovrà essere ammesso solamente il personale di istituto. 261 /1&#.+6&++06'48'061 Dovranno essere quelle di uso corrente. Per eventuali abbattimenti notturni sarà necessario l’uso di fonti luminose e il silenziatore. Oltre all’aspetto e la cerca, non sono da scartare metodologie più sofisticate ed efficienti, come per esempio la girata/bewegungjagd (spostamento cauto e lento degli animali innescato da disturbi percettibili, come transito a piedi e/o con cane da traccia al guinzaglio lungo). Sono da escludere le battute oppure l’uso di cani da seguita. Particolare attenzione dovrà essere posta nella sperimentazione di tecniche di prelievo che minimizzino il disturbo e non modifichino l’attuale comportamento del cervo all’interno del Parco; a tale proposito si suggerisce di effettuare interventi repentini e massicci in un lasso di tempo estremamente breve, in modo da minimizzare le possibilità di condizionamento negativo dei cervi, in aree che attualmente rappresentano il fulcro dello svernamento nel Parco. Di seguito vengono specificate le modalità secondo cui organizzare e disciplinare le attività di controllo. 1. Gli abbattimenti vengono effettuati mediante carabina con ottica di precisione, secondo i calibri consentiti dalla legislazione sul prelievo venatorio. Il calibro minimo consentito è il 7mm, comprensivo del 270W. 2. Ogni selecontrollore coinvolto deve sempre essere accompagnato o coordinato da un agente forestale. Ogni Agente forestale è giornalmente responsabile di un gruppo di selecontrollori e ne organizza la dislocazione e le attività. A fine giornata controlla le attività svolte. 3. In caso di assenza sul campo di un agente forestale i selecontrollori devono agire sempre in coppia. 4. La distanza di tiro non deve superare i 200 m per non aumentare eccessivamente la distanza di fuga della popolazione e rendere via via più difficoltosa l’attività di controllo (tiri da postazioni fisse?). 5. In caso di femmina con piccolo, deve tassativamente essere abbattuto prima il piccolo. 6. E’ previsto l’abbattimento solo di maschi di età inferiore ai 7 anni suddivisi per il 50% in fusoni e per il restante 50% in palcuti. Non è consentito l’abbattimento di palcuti con numero di punte superiore a 9. 7. Il selecontrollore che contravviene alle regole di base per due volte viene sospeso dall’attività di controllo per 2 mesi, dopo 3 sospensioni il selecontrollore viene cancellato dall’albo degli abilitati. 8. Tutti i capi prelevati devono passare da un centro di controllo fisso (uno sito in Val di Peio ed uno in Val di Rabbi) dove vengono effettuati i controlli, i campionamenti biometricosanitari e le misurazioni biometriche. 9. Il capo è di proprietà del Parco e il selecontrollore che effettua l’abbattimento nelle regole acquisisce il diritto del ritiro della spoglia, a rimorso spese per l’attività svolta. 10. Il trofeo dei maschi abbattuti rimane di proprietà del Parco. 241$.'/#6+%*'%100'55'#..#4'#.+<<#<+10'&'.2+#01&+%10641..1 L’attività di controllo è finalizzata alla riduzione della consistenza della popolazione di cervo all’interno del Parco. Se, contestualmente all’avvio del piano, verranno mantenuti i programmi 2007-2009 relativi all’attività venatoria (450-460 cervi da prelevare in ciascun anno, senza la presenza sul territorio di alcuna Zona di Rispetto), si rischia una pesante riduzione e destrutturazione della popolazione nel suo complesso. 262 Pertanto, per una reale efficacia della strategia di gestione proposta e per non creare ricadute negative sulla conservazione della complessiva popolazione di cervo, si ritiene fondamentale ed estremamente importante che, contestualmente all’avvio del piano di controllo, si sostengano tutte le possibili azioni volte a favorire la diminuzione della concentrazione dei cervi nel Parco a favore delle aree esterne, anche attraverso alcune modifiche degli attuali criteri di gestione venatoria e si verifichino le seguenti condizioni: • Adattamento dei piani di prelievo al piano di gestione complessivo (il piano deve tenere conto in termini complementari dei cervi abbattuti in caccia e in controllo), secondo la proposta quantitativa e qualitativa sopra riportata. • Definizione, per la gestione anche venatoria del cervo, di una zonizzazione su base sovrariservistica, cui fare riferimento in fase di definizione dei piani di prelievo e della loro distribuzione geografica. • Definizione di aree di particolare rilevanza per l’ecologia e la conservazione del cervo attraverso la creazione di Zone di rispetto (di bramito) all’esterno del Parco in cui la caccia al cervo è interdetta per periodi quinquennali rinnovabili (Figura 5.4 e Figura 5.5). La definzione delle zone di rispetto è compito dei rettori delle Riserve all’interno della Consulta e la loro creazione e mantenimento è un atto proprio della Consulta. Nel caso in cui l’attività di controllo all’interno del Parco sia limitata ai selecontrollori delle Riserve di Malé, Peio, Pellizzano, Rabbi e Terzolas, in tali aree la presenza di Zone di rispetto appare di particolare rilevanza. Figura 5.4 – Ipotesi di definizione delle zone di rispetto in cui sospendere l’attività venatoria nel Distretto Faunistico Val di Sole (in verde). La situazione prospettata in carta ricalca la già utilizzata struttura di “aree di bramito” utilizzata per la sperimentazione effettuata tra il 1999 e il 2005. In rosa le zone di controllo all’interno del Parco. 263 • Definizione di pratiche venatorie (e di controllo) che tengano in debito conto della biologia e delle esigenze ecologiche del cervo (tempi, modi, zone di rispetto) [stagione corta e spezzata, prelievo di femmina e piccolo] Figura 5.5 – Nuove Zone di Rispetto in cui sospendere l’attività venatoria nel Distretto Faunistico Val di Sole (in rosso). A titolo di esempio la Figura 5.6 mostra l’attuale zonizzazione per la caccia agli ungulati, attuata nel Cantone Grigioni (CH). Le aree a diversi colori rappresentano la rete di aree a vario titolo protette che garantiscono una distribuzione più omogenea delle popolazioni cacciate sull’intero territorio. Si può notare come esistano zone protette anche limitrofe al Parco Nazionale Svizzero. A proposito dell’efficienza delle zone di protezione è esplicativo quanto riportato nella relazione annuale fatta dall’Ufficio per la caccia e la pesca dei Grigioni (Brösi e Jenny, 2008) che testualmente per l’anno 2007 riporta “Durante la caccia alta il 40-60% degli abbattimenti di cervo (a dipendenza della regione) sono avvenuti all’interno di un perimetro d’influsso delle zone di protezione della selvaggina. In altre parole le zone di protezione della selvaggina giocano un ruolo determinante durante la caccia alta.” 264 Figura 5.6 – Cantone Grigioni; zonizzazione e presenza delle aree a diverso regime di protezione. Inquinamento da piombo Tra i fattori che potrebbero influire negativamente sulla conservazione dei rapaci necrofagi ed in particolare sul gipeto, rivestire un ruolo particolare l’inquinamento indiretto da piombo, in relazione all’ingestione di carcasse o resti di ungulati abbattuti in controllo e nei quali siano presenti frammenti di piombo. Sono ormai disponibili numerose evidenze che dimostrano come modeste tracce di piombo, ingerite da rapaci e necrofagi quali il Gipeto e l’Aquila reale, possano condurre gli individui a intossicazione, inedia cronica fino a morte certa. Tale rischio potrebbe essere particolarmente elevato nel momento in cui venisse attivato il controllo numerico delle popolazioni. Al fine di ridurre drasticamente questa minaccia, sarebbe opportuno, contestualmente all’avvio della fase di controllo numerico, intraprendere alcune azioni di valenza e utilità più generale: - una sperimentazione mirata ad approfondire le conoscenze sulla problematica; - il recupero dell’intera carcassa e dei visceri degli animali abbattuti, senza lasciare alcun materiale biologico sul territorio; - la sostituzione della palla di piombo con munizioni costituite da materiali non tossici per le eventuali attività di controllo. Per quanto attiene il primo punto, l’obiettivo principale è definire, con buona sicurezza, la quantità di piombo presente nei visceri degli ungulati abbattuti, poiché questi vengono lasciati dal cacciatore sul sito dell’abbattimento nella quasi totalità dei casi e costituiscono quindi la prima causa potenziale di intossicazione. In particolare, il Gipeto è una delle specie di uccelli più fortemente esposta ai rischi di contaminazione da piombo che rappresenta una delle più importanti cause di mortalità non naturale; negli ultimi 7 anni (2000-2007) infatti, sono già stati recuperati 3 Gipeti intossicati da piombo sulle Alpi e numerose aquile reali (in Baviera il 40% delle aquile recuperate morte presenta sintomi da inquinamento da piombo). Per quanto riguarda il nostro Paese, nessuno studio specifico è stato condotto su questa problematica e pertanto, data la peculiarità dello Stelvio, unica area italiana che ospita una popolazione vitale di Gipeto, si ritiene fondamentale intraprendere in Valtellina questo tipo di analisi. 265 Si ritiene dunque urgente agire, anche in considerazione del fatto che il Gipeto è ancora vulnerabile al rischio di estinzione. A complemento di ciò, questo fenomeno non è assolutamente conosciuto dall’opinione pubblica né tanto meno dalle associazioni venatorie, e la pratica di abbandonare i visceri dei capi regolarmente abbattuti è ancora ampiamente attuata. Sul lungo termine, tuttavia, la soluzione risolutiva e più semplice sarà quella di eliminare l’utilizzo delle palle di piombo. Si prevede pertanto di attivare la sperimentazione di utilizzo di proiettili che non contengano piombo. Di proiettili per arma rigata senza piombo ne esistono molti, sono prodotti e commercializzati ormai da tutte le case più note e sono perlopiù monolitici. Si definiscono proiettili monolitici quelli che, invece che essere composti da un nucleo di piombo rivestito da una camiciatura più o meno complessa, sono formati da un singolo pezzo del medesimo materiale, quasi sempre rame. L’utilizzo di palle monolitiche nel munizionamento da caccia non è una novità e non si è sviluppato per rispondere ad esigenze di carattere ambientale, ma più prosaicamente per ottenere migliori effetti in determinate situazioni di caccia. Una palla composta da un unico compatto blocco di metallo può garantire una maggior penetrazione, assenza di frammentazione o quasi e quindi, conservando pressoché tutta la sua massa, maggiore efficacia lesiva. I proiettili monolitici, con qualche anno di ritardo, hanno fatto ingresso nella caccia agli Ungulati di dimensioni mediopiccole. Attualmente sul mercato ne esistono numerose varianti. In ogni caso si tratta di proiettili realizzati da un blocco di lega di rame, con percentuali più o meno importanti di zinco o nichel. L’incognita di questi proiettili, soprattutto nella prima fase del loro sviluppo, è stata che, avendo il rame un peso specifico ben inferiore a quello del piombo, a parità di calibro e di peso essi risultano significativamente più lunghi dell’equivalente palla camiciata tradizionale. Questo aspetto può creare problemi di compatibilità col passo di rigatura delle carabine più comunemente utilizzate. Le case produttrici di munizionamento hanno aggirato l’ostacolo proponendo pesi inferiori. Il concetto (semplificato) è che la minore massa verrà compensata dalla maggiore velocità. In base alle sperimentazioni effettuate in campo negli ultimi anni sembra possibile affermare che il potere di arresto e la precisione dei proiettili monolitici in rame sia equivalente, se non superiore a quelli in piombo (Zanon, in verbis). I recenti sviluppi di questo tipo di munizionamento hanno spinto numerose case produttrici europee a proporre ogive monolitiche, anche in virtù degli aspetti ambientalisti dell’assenza di piombo. Ancora più recentemente alcune case produttrici hanno abbandonando di fatto la concezione strettamente “monolitica”: il vecchio nucleo ritorna, non in piombo, ma in tungsteno che ha un peso specifico ancora maggiore senza avere, per quanto se ne sappia, i problemi di tossicità del piombo. Ponendo particolare attenzione agli effetti sull’ambiente, ma senza nel contempo trascurare le esigenze di sviluppo tecnologico dei proiettili da caccia, sembra concretamente fattibile che in futuro si usino sempre meno proiettili contenenti piombo. Negli USA, più precisamente in California, qualche “farmer” illuminato ha già reso obbligatorio l’uso di proiettili “lead-free” nella propria azienda venatoria. È il caso del famoso “Tejon Ranch” che si è attivato per tutelare la locale popolazione di condor californiano (Gymnogyps californianus), una specie a rischio di estinzione. La scelta ha giovato anche all’immagine dei promotori. In Europa la questione è sul tavolo di diverse istituzioni localmente competenti in materia di gestione faunistica. Alcuni paesi alpini quali l’Austria e la Germania sono in procinto di adottare misure rigorose che mettano al bando anche l’utilizzo del piombo nelle munizioni impiegate per la caccia agli ungulati, al fine di evitare che rimangano nei visceri degli animali colpiti frammenti del proiettile di piombo capaci di provocare, a loro volta, il decesso dei rapaci necrofagi. E anche sul versante italiano delle Alpi alcune amministrazioni stanno considerando l’opportunità di un passaggio graduale alle munizioni senza piombo. 266 Recupero degli animali feriti Per stabilire l’eventuale ferimento di un animale, è in ogni caso fatto sempre obbligo di verifica del colpo sparato sul luogo in cui si trovava l’animale al momento dello sparo, indipendentemente dall’esito accertato del colpo stesso. Nel caso in cui si presentino le evidenze per le quali sia ipotizzabile anche la minima possibilità di ferimento del cervo, è fatto obbligo al selecontrollore di provvedere ad una scrupolosa ricerca del selvatico. Per le operazioni di ricerca il selecontrollore deve avvalersi di cani del personale di vigilanza dell’Associazione Cacciatori Trentini, ovvero esclusivamente di binomi cane – conduttore riconosciuti idonei a tale scopo da parte dell'ACT stessa e inseriti negli albi del Gruppo Conduttori Cani da Recupero PAT e della Società Amatori Cani da Traccia (in riferimento a quanto previsto dall’art. 11 delle Prescrizioni tecniche 2008/2009 per l’esercizio della caccia in Provincia di Trento, approvate con Delibera n. 527 del 15 aprile 2008 dal Comitato faunistico provinciale). Il ferimento deve essere segnalato nel più breve tempo possibile e comunque entro la fine della giornata agli Agenti Forestali delle Stazioni di Peio e Rabbi. Le uscite di verifica dell’eventuale ferimento, per la ricerca e per il recupero di cervi feriti, anche con l’uso del fucile, devono sempre essere fatte in presenza di uno degli Agenti Forestali del Corpo Forestale Provinciale delle Stazioni di Peio o Rabbi, ovvero, in caso di impedimento, delle Stazioni Forestali di Dimaro, Malé e Ossana, secondo le modalità previste in un apposito regolamento che disciplina l’attività di controllo. Qualora il cervo ferito si porti all’esterno del territorio del Parco, in una riserva di caccia confinante, il recupero deve essere preceduto dalla segnalazione del fatto al rettore della riserva interessata e agli agenti di vigilanza dell’ACT. Il conduttore di cani da traccia riconosciuto idoneo ed in possesso dell'apposito tesserino rilasciato dall'ACT, nello svolgimento dell'attività di recupero può portare il suo fucile a canna rigata, previa segnalazione agli Agenti Forestali delle Stazioni di Peio e Rabbi. %156+ I costi specifici legati all'azione di realizzazione del piano di controllo possono essere così di seguito riassunti. - costi del personale impegnato nell’organizzazione delle attività di controllo (riunioni con la Provincia Autonoma di Trento e con l’Associazione Cacciatori trentini per la definizione del Piano di Prelievo complementare, predisposizione del Programma delle uscite dei selecontrollori); - costi degli automezzi per i necessari spostamenti; - costi di personale tecnico e veterinario per la partecipazione al controllo dei capi prelevati; - costi per le analisi sanitarie previste (paratubercolosi in particolare); - costi per il materiale necessario all’avvio del piano e al successivo controllo dei capi prelevati. Tra questi l’acquisto delle fascette da apporre ai cervi prelevati e dei mezzi necessari al trattamento della spoglia oltre che di tutto il materiale di consumo utile ai vari campionamenti (schede, sacchetti, contenitori ecc); - costi per l’adeguamento dell’attuale punto di controllo a disposizione del Parco o la predisposizione di un nuovo centro di controllo adeguato al numero di soggetti che dovranno essere controllati; 267 - costi per le attività di gestione e controllo svolte dal personale forestale (materiali e prestazioni straordinarie). La predisposizione di un nuovo centro di controllo potrà comportare una spesa elevata. Tuttavia si ritiene che, durante gli anni in cui verranno realizzati i prelievi di riduzione, la struttura attualmente utilizzata per il controllo degli animali rinvenuti morti non sia adeguata. Il nuovo centro di controllo dovrà essere dotato di una cella di dimensioni maggiori di quella attuale e di binario di entrata per il trasporto degli animali con relativo verricello sollevatore per la pesatura e la preparazione delle carcasse oltre che di vasca di raccolta residui organici svuotabile regolarmente. Una siffatta organizzazione necessita di un luogo (macello) apposito in cui effettuare tutte le operazioni di valutazione, misurazione, prelievo di materiale sui cervi abbattuti e in cui stoccare le carcasse in attesa del ritiro da parte dei selecontrollori o delle macellerie. La vendita e commercializzazione delle carni rende obbligatorie le verifiche sanitarie del caso. Per questo sarà imprescindibile l’utilizzo di un macello a norma e tutti i capi dovranno essere sottoposti a controllo sanitario. In riferimento agli obblighi di ordine igienico sanitario si precisa che a partire dai nuovi regolamenti comunitari del 2006 sono stati introdotti o modificati i seguenti obblighi: 268 • Le carni di selvaggina di grossa taglia possono essere immesse sul mercato soltanto se la carcassa è trasportata a un centro di lavorazione riconosciuto; i locali ove effettuare le operazioni di eviscerazione, deposito ed eventuale sezionamento, dovranno essere riconosciuti ai sensi del Reg. CE 853-2004 art. 4 con i requisiti di cui alla Sezione 1, allegato I punto 1.18, ovvero dotati dei requisiti strutturali specifici che dovranno preventivamente essere autorizzati dall’ASL e sommariamente costituiti da una serie di locali per il ricevimento, lavorazione, deposito in celle frigorifere e spedizione delle carni, oltre al rispetto del sistema di autocontrollo basati sul sistema HACCP che dovrà essere attivato e gestito durante il periodo di apertura del centro di raccolta. • Gli animali abbattuti dovranno subire una visita sanitaria post-mortem da parte del veterinario ufficiale dell’ASL come previsto dal Reg. Ce 854-04. • Le carni dovranno essere commercializzate con documentazione commerciale (DDT) che comprovi: • il possesso di Riconoscimento sanitario del centro di raccolta e lavorazione della selvaggina (BOLLO CE) come previsto dal Reg. CE 853-04 e 854-04; • i dati relativi alla provenienza dell’animale (zona di caccia) come previsto dal Reg. CE 17802; • i dati relativi alla rintracciabilità delle carni n. di lotto sia da parte del centro di raccolta, sia da parte poi dell’acquirente nei confronti di un’ulteriore scambio commerciale (cessione a negozi o ristoranti). • Le persone che cacciano fauna selvatica al fine di commercializzarla (ovvero se abbattono o acquistano più di n. 2 capi dovranno: • aver effettuato un corsi di formazione con esame finale su materie di igiene e sanità veterinaria, inerenti le patologie della selvaggina e sulle modalità di trattamento della selvaggina e delle carni dopo l’abbattimento, come previsto al capitolo I Sezione IV dell’allegato I • aver effettuato presso l’ASL di residenza la registrazione di commercio di carni di selvaggina uccisa a caccia come previsto dal Reg. CE 852-04, oltre a trasmettere al venditore al dettaglio o di somministrazione (Macellerie o Ristoranti) i dati relativi alla tracciabilità e provenienza delle carni commercializzate Sarebbe opportuno limitare l’attività di commercio al territorio provinciale che sottosta alla stessa circolare di applicazione delle normative comunitarie citate. (per questo punto risulta conveniente informare preventivamente le ASL delle Provincie che potrebbero essere interessate). Al fine di semplificare la procedura e di rimanere nell’ambito di applicazione delle normative vigenti, risulta consigliabile l’utilizzo di macelli presenti in zona e già abilitati ai sensi dell’attuale normativa. Solo in alternativa si ritiene ipotizzabile l’utilizzo di una struttura idonea ex-novo, i cui costi di realizzazione, in relazione al rispetto delle regolamentazioni sanitarie vigenti, risulterebbero decisamente elevati. +0&+%#614+&+8#.76#<+10' - Stesura e approvazione, in accordo con la Provincia Autonoma di Trento e della Consulta del DF Val di Sole del Piano di conservazione e gestione del cervo per le aree del Parco dello Stelvio, che tenga conto in termini complementari dei cervi abbattuti in caccia nel DF Val di Sole e in controllo nel Parco. - Definizione e approvazione delle zone di rispetto da parte della Consulta della Val di Sole. - Stesura di un documento finale annuale che relazioni sull’esito degli abbattimenti di controllo. Questo dovrà contenere oltre alle informazioni numeriche in merito alla quantità dei capi abbattuti, la loro definizione in termini di sesso ed età. Dovrà essere anche quantificato lo sforzo resosi necessario e la relativa frequentazione e successo di prelievo a livello di sottozona. Per l’esecuzione dell’ultimo punto sarà necessaria un accurata analisi dei libretti di uscita dei selecontrollori. 4+57.6#6+#66'5+ - Stabilità della popolazione complessiva di cervo; Riduzione delle densità estive di cervo all'interno del Parco; Aumento delle densità di cervo nel Distretto faunistico Val di Sole; Riduzione dei danni sui prati a sfalcio all'interno del Parco; Aumento della rinnovazione forestale all'interno del Parco; Crescita della popolazione di capriolo all’interno del Parco. 269 $+$.+1)4#(+# AA. VV. (2000). Tipologia dei prati permanenti delle Valli del Noce. Monografia ESAT. Abderhalden W., Campell S. (2006). Seedling establishment in forests of Val Trupchun at high ungulate densities studied by means of exclosures. In: Filli F. e Suter W. (eds), Ungulates research in the Swiss National Park. 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Tempistica In primavera 5/6 notti, 3 delle quali in concomitanza con le riserve della Val di Sole. Modalità realizzazione di L’attività prevede il ripetersi negli anni degli stessi percorsi, da compiersi mediante automezzi dotati di faro, al fine di aumentare la contattabilità degli animali. Gli animali avvistati vengono conteggiati ed annotati su apposita scheda, distinti quando è possibile in sesso e classi di età. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.2.1. Personale A bordo di ogni automezzo (due a Rabbi e due a Peio) deve essere presente un autista, un addetto all’utilizzo del faro e un addetto al conteggio ed annotazione su apposita scheda degli individui avvistati. Un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta dei dati. Materiali 4 automezzi, 4 fari, 12 binocoli, schede di campo. Problematiche Condizioni meteo avverse quali la pioggia che limita la visibilità, e la presenza di neve sulle strade forestali che impedisce il completamento dei percorsi stabiliti. Costi Manutenzione dei fari e delle apparecchiature ottiche, spese ordinarie degli automezzi e ore lavorative del personale. Indicatori valutazione Risultati attesi di Uscite di censimento. Relazione annuale sugli esiti dei censimenti. Paragone con l’esito dell’attività di mark-resight e Distance Sampling applicato al Pellet Group Count. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima di densità, consistenza e dinamica della popolazione. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.2 Prosecuzione delle attività di monitoraggio standardizzato per le valutazioni quantitative mediante tecniche di mark-resight Obiettivi Valutazione della sottostima dei censimenti notturni con faro mediante l’applicazione della tecnica del mark-resight. Avvistamento degli individui marcati e/o muniti di collare catarifrangente, mantenendo un buon compromesso tra lo sforzo effettuato e quantità/qualità dei dati ottenuti. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo di riduzione e per i 5 anni ad esso successivi. Tempistica In primavera 5/6 notti, 3 delle quali in concomitanza con le riserve della Val di Sole. Modalità realizzazione di Contemporaneamente ai censimenti notturni primaverili al faro, vengono segnalati anche i soggetti muniti di collare catarifrangente, riconosciuti individualmente, al fine di calcolare con maggiore precisione la sottostima. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.2.1. Personale A bordo di ogni automezzo (due a Rabbi e due a Peio) deve essere presente un autista, un addetto all’utilizzo del faro e un addetto al conteggio ed annotazione su apposita scheda degli individui avvistati. Un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta dei dati. Materiali 4 automezzi, 4 fari, 12 binocoli, schede di campo. Problematiche Condizioni meteo avverse quali la pioggia che limita la visibilità, e la presenza di neve sulle strade forestali che impedisce il completamento dei percorsi stabiliti. Costi Manutenzione dei fari, spese ordinarie degli automezzi e ore lavorative del personale. Indicatori valutazione Risultati attesi di Uscite di censimento. Relazione annuale sugli esiti dei censimenti. Paragone con l’esito dell’attività di Distance Sampling applicato al Pellet Group Count e dei censimenti primaverili al faro. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima della percentuale di sottostima dei censimenti primaverili da applicare come coefficiente di correzione. Stima di densità della popolazione all’interno del Parco. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.3 Attivazione di tirocini per la valutazione numerica della popolazione mediante Distance Sampling applicato al Pellet Group Count. Obiettivi Stima della densità della popolazione di cervo all’interno del Parco durante il periodo invernale (ed eventualmente estiva) mediante il conteggio dei gruppi di fatte, mantenendo un buon compromesso tra lo sforzo effettuato e quantità/qualità dei dati ottenuti. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio ed aree ad esso limitrofe. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo di riduzione e per i 5 anni ad esso successivi. Ad anni alterni Tempistica Per la valutazione della densità invernale: dal 20 aprile al 30 maggio. Per la valutazione della densità estiva: dal 1 settembre al 10 ottobre. Modalità realizzazione di Viene percorso un numero predeterminato di transetti di 100 m di lunghezza, distribuiti in modo casuale all’interno dell’area di studio, e conteggiati i gruppi di fatte di cervo osservati e la loro distanza dal transetto. L’applicazione della tecnica del distance sampling permette di stimare la densità della popolazione. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.2.1. Personale 2/4 tirocinanti per l’attività di campo, un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta e analisi dei dati. Materiali Spago da 50 m, schede di campo, GPS, barra metrica. Problematiche Eccessiva altezza del manto erboso durante la stagione estiva e precoci nevicate durante il periodo autunnale, riducono la contattabilità delle fatte. Costi Ore lavorative del personale e costi di utilizzo dell’autovettura. Indicatori valutazione Risultati attesi di Tesi di tirocinio dei tirocinanti coinvolti. Confronti con le stime di densità proveninenti dall’attività di conteggio mediante mark-resight. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima di densità della popolazione all’interno del Parco. Stima di occupazione relativa stagionale dello spazio all’interno del Parco. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.4 Prosecuzione dei monitoraggi standardizzati sui soggetti abbattuti (all’esterno del Parco) e rinvenuti morti. Obiettivi Raccolta dei dati per la caratterizzazione della demografia, della condizione e costituzione dei cervi presenti all’esterno e all’interno del Parco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e Distretto Faunistico Val di Sole. Frequenza Ogni anno. Tempistica Durante tutto l’anno. Inserimento dei dati in database a scadenza quadrimestrale. Modalità realizzazione di Per ogni soggetto abbattuto o rinvenuto morto vengono rilevati oltre al sesso e all’età i dati biometrici, secondo la scheda presente in Allegato 3. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.4. Personale Tutti gli agenti delle stazioni forestali comprese nel Parco dello Stelvio e nel Distretto Faunistico Val di Sole; un dipendente dell’ufficio faunistico per la raccolta e l’inserimento dei dati. Materiali Metro rigido, metro flessibile, pesola, calibro digitale, schede di raccolta dati. Un freezer ed un frigorifero. Problematiche Il rinvenimento tardivo dei soggetti può causare l’impossibilità di rilevare alcuni parametri, poiché la carcassa può essere in avanzato stato di decomposizione o consumata da animali necrofagi. Costi Ore lavorative del personale. Acquisto di materiale per le misurazioni e lo stoccaggio dei reperti. Indicatori valutazione Risultati attesi di Il rapporto tra il totale degli animali rinvenuti morti o abbattuti e quelli dei quali sono stati ricavati i dati biometrici, non deve essere inferiore all’80%. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito geodatabase. Relazione annuale sullo stato dei rinvenimenti Stima dello stato quantitativo dei rinvenimenti e degli abbattimenti; stima dello stati qualitativo della popolazione. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.5 Campionamenti biometrici sui soggetti abbattuti in controllo (entro Parco) e rinvenuti morti. Obiettivi Raccolta dei dati per la caratterizzazione della demografia, della condizione e costituzione dei cervi presenti all’esterno e all’interno del Parco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo. Tempistica Durante la realizzazione dei prelievi mediante abbattimento. Modalità realizzazione di Per ogni soggetto abbattuto vengono rilevati oltre al sesso e all’età i dati biometrici secondo la scheda presente in Allegato 3. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.4. Personale Gli agenti forestali delle stazioni di Rabbi e Peio e il personale dell’ufficio faunistico del Parco, un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta e inserimento dei dati. Materiali Metro rigido, metro flessibile, pesola, calibro digitale, schede di raccolta dati. Un freezer ed un frigorifero. Problematiche Il rinvenimento tardivo dei soggetti può causare l’impossibilità di rilevare alcuni parametri, poiché la carcassa può essere in avanzato stato di decomposizione o consumata da animali necrofagi. Costi Ore lavorative del personale, materiali per effettuare il rilievo, smaltimento degli individui controllati. Indicatori valutazione Risultati attesi di Il rapporto tra il totale degli animali rinvenuti morti o abbattuti e quelli analizzati, non deve essere inferiore al 90%. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito geodatabase. Stima di entità e distribuzione dei prelievi all’interno del Parco. Stima dello stato qualitativo della popolazione all’interno del Parco. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.6 Campionamenti sanitari sui soggetti abbattuti in controllo (entro Parco) e rinvenuti morti. Obiettivi Raccolta dei dati relativi allo stato sanitario dei cervi presenti all’interno del Parco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo. Tempistica Durante la realizzazione dei prelievi in controllo e durante tutto l’anno per i rinvenuti morti. Modalità realizzazione di Sul 30-50% dei soggetti per i quali vengono effettuati i rilievi previsti dall’azione A.5, viene vengono effettuati anche i campionamenti biologici di tessuti al fine di effettuare valutazioni sanitarie relative alla prevalenza della paratubercolosi e dei carchi di micobatterio nelle feci. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.5. Personale Gli agenti forestali delle stazioni di Rabbi e Peio e il personale dell’ufficio faunistico del Parco, un dipendente dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Trento, un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta dei dati. Materiali Sala adeguatamente attrezzata per il trattamento delle spoglie e per effettuare i rilievi biometrici e i prelievi biologici. Materiale sterile per la raccolta dei campioni. Per una trattazione di dettaglio relativa ai requisiti della struttura per il trattamento delle spoglie secondo le vigenti normative comunitarie si veda il capitolo 5. Problematiche Il rinvenimento tardivo dei soggetti può causare l’impossibilità di rilevare alcuni parametri, poiché la carcassa può essere in avanzato stato di decomposizione o consumata da animali necrofagi. Costi Ore lavorative del personale, materiali per effettuare il rilievo, circa 30.000 € per l’allestimento dei centri di controllo a Rabbi e Peio (escluso l’acquisto o l’affitto degli edifici), smaltimento dei rifiuti biologici provenienti dagli animali controllati. Indicatori valutazione Risultati attesi di Il rapporto tra il totale degli animali rinvenuti morti o abbattuti per i quali vengono effettuati i rilievi previsti dall’azione A.5 e quelli analizzati, non deve essere inferiore al 30-50%. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito geodatabase. Stima dello stato sanitario e della condizione - costituzione della popolazione. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.7 Attivazione annuale di campagne di cattura per il marcaggio di soggetti a fini di monitoraggio. Obiettivi Cattura di almeno 15 soggetti all’anno, per ill raggiungimento di 60 soggetti marcati contemporaneamente mediante collari colorati per il riconoscimento individuale. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del selecontrollo e per i 5 anni ad esso successivi. Tempistica Dal 1 gennaio al 15 aprile; dal 20 settembre al 15 ottobre. Modalità realizzazione di Le catture vengono effettuate mediante trappole di tipo corral durante la stagione invernale e mediante telenarcosi in free-ranging durante il periodo riproduttivo. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.3. Personale Gli agenti forestali delle stazioni di Rabbi e Peio e il personale dell’ufficio faunistico del Parco, un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta dei dati. Un veterinario per l’utilizzo dei narcotici e per gli aspetti del benessere degli animali catturati. Materiali Collari colorati e dotati di catarifrangenti, fucile lancia siringhe, siringhe, trasmettitori VHF per dardi, metro rigido e flessibile per le misurazioni, stringi zampe, coperta termica, mascherine copri occhi, antenna e radio VHF, narcotici. Problematiche Condizioni meteo avverse quali pioggia che limita la visibilità e presenza di neve sulle strade forestali che impedisce il raggiungimento delle trappole. Costi Ore lavorative del personale e 200 €/giorno per il veterinario, 500 €/anno materiali per fucile lanciasiringhe. Indicatori valutazione Risultati attesi di Il rapporto tra le giornate di cattura e il numero degli animali catturati non deve essere inferiore a 1. I dati relativi ai soggetti catturati vengono raccolti in un apposito database. Il numero di cervi marcati rimane superiore ai 50 individui a regime Stima della densità della popolazione e della sottostima dei censimenti primaverili mediante l’applicazione della tecnica del mark-resight . Localizzazione nel tempo degli animali marcati. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.8 Radiomarcaggio di soggetti con collari GPS per valutare l’effetto del controllo sul comportamento spaziale dei cervi. Obiettivi Cattura di almeno 5 soggetti all’anno, per un totale di 20 marcati contemporaneamente. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo. Tempistica Dal 1 gennaio al 15 aprile; dal 20 settembre al 15 ottobre. Modalità realizzazione di Le catture vengono effettuate mediante trappole di tipo corral durante la stagione invernale e mediante telenarcosi in free-ranging durante il periodo riproduttivo. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.3. Personale Gli agenti forestali delle stazioni di Rabbi e Peio e il personale dell’ufficio faunistico del Parco, un dipendente dell’ufficio faunistico per il coordinamento delle attività e la raccolta dei dati, un veterinario. Materiali Radiocollari GPS, fucile lancia siringhe, siringhe, trasmettitori VHF per dardi, metro rigido e flessibile per le misurazioni, stringi zampe, coperta termica, mascherine copri occhi, antenna e radio VHF, narcotici. Problematiche Condizioni meteo avverse quali pioggia che limita la visibilità e presenza di neve sulle strade forestali che impedisce il raggiungimento delle trappole. Costi Ore lavorative del personale, 200 €/giorno per il veterinario, 500 €/anno per i materiali per il fucile lanciasiringhe, 10.000 €/anno per l’acquisto di collari GPS. Indicatori valutazione Risultati attesi di Il rapporto tra le giornate di cattura e il numero degli animali catturati non deve essere inferiore a 1. I dati relativi ai soggetti catturati vengono raccolti in un apposito database. Il numero di cervi marcati con radiocollari è superiore a 10. Valutazione dell’effetto del controllo numerico della popolazione sugli spostamenti e sul comportamento spaziale dei cervi marcati. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.9 Attivazione annuale di tirocini per la valutazione dell’eventuale diminuzione del comportamento confidente dei cervi durante il periodo estivo Obiettivi Valutare, mediante osservazioni dirette opportunamente pianificate, eventuale modificazioni nel comportamento diurno e nelle reazioni di fuga del cervo nelle zone di estivazione situate nel Parco, in relazione all’avvio dei prelievi mediante abbattimenti. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo a fini di riduzione e per i 5 anni ad esso successivi. Tempistica Da maggio a ottobre. Modalità realizzazione di L’attività prevede che vengano definite sessioni standardizzate di osservazione (da punti fissi o lungo transetti nelle zone di estivazione della popolazione), mediante i quali si ottiene un valore relativo al numero degli animali avvistati e alla distanza di fuga, al fine di valutare se il selecontrollo provoca una variazione del comportamento dei cervi nei confronti dell’uomo. Personale Due tirocinanti all’anno e un collaboratore dell’ufficio faunistico per la pianificazione dell’attività di campo e l’elaborazione dei dati ottenuti. Materiali Schede di campo, binocolo, cannocchiale e telemetro. Problematiche Condizioni meteo avverse quali pioggia che limita la visibilità e presenza di neve che impedisce o limita la regolare percorrenza dei transetti. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Utilizzo dell’automezzo Indicatori valutazione Risultati attesi di Tesi di tirocinio dei tirocinanti coinvolti. Il numero e la disposizione dei transetti percorsi deve mantenersi costante negli anni. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Valutazione dell’eventuale effetto del controllo numerico sul comportamento dei cervi e verifica di un eventuale modifica delle reazioni di fuga nei confronti dell’uomo. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.10 Monitoraggio sul lungo termine degli effetti del brucamento sui pascoli delle malghe Obiettivi Valutare l’ammanco produttivo dei pascoli utilizzati dal bestiame domestico, causato dal brucamento dei cervi. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del programma di selecontrollo e per i 5 anni ad esso successivi. Tempistica Da giugno a settembre. Modalità realizzazione di L’attività prevede la realizzazione di recinti di esclusione di 3x3 m, distribuiti nei pascoli delle malghe, in modo rappresentativo a seconda delle diverse tipologie di pascolo e delle diverse densità locali di cervo presenti nell’area. La differenza di peso tra l’erba sfalciata ottenuta all’interno del recinto e lo sfalcio di una porzione equivalente al suo esterno, fornisce una stima dell’ammanco produttivo dovuto all’attività di brucamento da parte dei cervi. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.2. Personale 1/2 persone del Parco per effettuare lo sfalcio e la pesatura. Materiali Una pesola, una falce. Materiale per la costruzione dei recinti Problematiche Mancata comunicazione dell’arrivo del bestiame sul pascolo della malga da parte del massaro che comporta una perdita del dato produttivo relativo all’area esterna al recinto di esclusione, prima dell’inizio dell’alimentazione da parte dei domestici. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Realizzazione di un numero opportuno di recinti, rappresentativi delle situazioni del Parco (8-15). La quantità dei dati di pesatura ottenuti dai recinti di esclusione non deve essere inferiore al 90% dei recinti posizionati. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima dell’impatto percentuale della brucatura dei cervi sui pascoli delle malghe, differenziato per aree geografiche. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.11 Prosecuzione dei monitoraggi sugli impatti sui prati a sfalcio Obiettivi Valutare l’ammanco produttivo causato dal brucamento dei cervi sui prati a sfalcio in attualità di coltivazione. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del selecontrollo e per i 5 anni ad esso successivi. Tempistica Da maggio a settembre. Modalità realizzazione di L’attività prevede la realizzazione di recinti di esclusione di 3x3 m, distribuiti nella varie classi di produttività. La differenza di peso tra l’erba ottenuta all’interno del recinto e lo sfalcio di una porzione equivalente al suo esterno, fornisce l’ammanco produttivo dovuto all’attività di brucamento da parte dei cervi. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.2. Personale 1/2 persone per lo sfalcio e la pesata. Materiali Una pesola, una falce. Problematiche Mancata comunicazione dello sfalcio da parte del proprietario del prato che comporta una perdita del dato produttivo relativo all’area esterna al recinto di esclusione. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di La quantità dei dati ottenuti dai recinti di esclusione non deve essere inferiore al 90%. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Valutazione dell’impatto della brucatura dei cervi sui prati a sfalcio. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.12a Monitoraggio sul lungo termine degli effetti del brucamento sullo sviluppo del bosco Obiettivi Valutazione della dinamica e della potenzialità di rinnovazione del bosco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni 3-5 anni. Tempistica Da luglio a settembre Modalità realizzazione di L’attività prevede la realizzazione di 12 recinti di esclusione di 20x15 m e il confronto con relative aree di controllo di uguali dimensioni. I recinti devono prendere in considerazione tre distinte classi di altezza della copertura arborea. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.1.2. Personale Due tirocinanti, un collaboratore dell’ufficio faunistico per la pianificazione dell’attività di campo e l’elaborazione dei dati ottenuti, operai per la costruzione dei recinti. Materiali Carta topografica, scheda di campo, metro flessibile, bussola, corda, metro rigido. Problematiche Condizioni meteo avverse, carenza di tempo a disposizione poiché i rilievi coincidono con l’inizio del periodo vegetativo, relativamente breve per l’attuazione dell’attività prevista, poiché nevicate precoci possono impedirne il completamento. Costi Ore lavorative del personale del Parco, 10.000 € per la realizzazione dei recinti. Indicatori valutazione Risultati attesi di Devono essere indagati tutti i recinti presi in considerazione, così come tutte le aree di riferimento all’esterno di questi. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Valutazione dell’impatto della brucatura dei cervi sulla rinnovazione del bosco. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.12b Monitoraggio a lungo termine sull’impatto del cervo sulla vegetazione nel territorio del Parco Obiettivi Raccolta di dati relativi al diversificarsi nell’area dell’impatto del cervo sulla vegetazione Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni 5-10 anni. Tempistica Da luglio a settembre. Modalità realizzazione di L’attività prevede il ripercorrere i transetti già monitorati alla fine degli anni ’90. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.1.3. Personale Due tirocinanti, un collaboratore dell’ufficio faunistico per la pianificazione dell’attività di campo e l’elaborazione dei dati ottenuti. Materiali Carta topografica, scheda di campo, metro rigido, stanga metrica. Problematiche Condizioni meteo avverse, carenza di tempo a disposizione poiché i rilievi coincidono con l’inizio del periodo vegetativo, relativamente breve per l’attuazione dell’attività prevista, poiché nevicate precoci possono impedirne il completamento. Costi Ore lavorative di un dipendente dell’ufficio faunistico per la pianificazione dell’attività e l’elaborazione dei dati. Indicatori valutazione Risultati attesi di Deve essere verificato il 100% dei transetti. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Valutazione relativa all’azione di brucamento del cervo su tutto il territorio forestale del Parco. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.13 Prosecuzione delle azioni di monitoraggio del gipeto e delle azioni per favorire la sua presenza nel territorio del Parco. Obiettivi Avvistamento dei soggetti che transitano nel territorio del Parco, mantenendo un buon compromesso tra lo sforzo effettuato e quantità/qualità dei dati ottenuti. Valutazione dell’opportunità e della fattibilità di realizzazione di un carnaio volto all’alimentazione del gipeto. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Nel mese di novembre. Modalità realizzazione di La contemporanea prevede la disposizione di numerose squadre entro l’area da indagare in punti in cui l’osservabilità del cielo è massima e la comunicazione tramite radio tra le varie squadre, al fine di segnare su carta i soggetti avvistati e il percorso che questi compiono in volo. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.6. Esamina delle attuali normative di carattere sanitario per una valutazione della fattibilità e dei costi di realizzazione e gestione di un carnaio. Personale Tutti i collaboratori dell’ufficio faunistico del Parco e tutti gli agenti forestali a disposizione. Materiali Ogni squadra (20 in tutto) deve disporre di un binocolo, un cannocchiale ed una scheda da campo. Problematiche Scarsa visibilità del cielo a causa delle condizioni metereologiche avverse e difficoltà nel reperire il personale. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Tutti i punti di osservazione devono essere occupati da almeno un operatore. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Quadro storico relativo alla distribuzione della specie. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.14 Censimenti del gallo cedrone in aree campione Obiettivi Mantenere costante lo sforzo di campionamento, indagando ogni anno le stesse aree campione, al fine di ottenere un dato sempre paragonabile nel tempo. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Nel mese di maggio. Modalità realizzazione di I censimenti primaverili sulle arene di canto, ripetuti tre volte per ogni area nell’arco temporale di una decina di giorni, constano nell’osservazione di tutti i soggetti in determinate zone determinabile mediante l’ascolto del canto dei maschi, al fine di valutare l’andamento della popolazione. Tale attività, ripetuta negli anni, è svolta durante le prime ore del giorno. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.5. Personale Collaboratori dell’ufficio faunistico ed agenti forestali del Parco. Materiali Schede di campo e binocolo. Problematiche Condizioni meteo avverse che causano scarsa visibilità (nebbia) o difficoltà nella percezione del canto (pioggia). Costi Circa 3.200 € per acquisto di 2 binocoli 10x50, ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Ogni anno deve essere garantito lo stesso sforzo di campionamento e la copertura di tutte le aree indagate. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima dei maschi sulle arene di canto e valutazione della loro presenza nel tempo. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.15 Censimenti di camoscio mediante block-count Obiettivi Contattare il maggior numero di soggetti possibile, mantenendo costante lo sforzo di campionamento. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Modalità realizzazione di L’attività di campo consta nella suddivisione del territorio in parcelle di censimento. Ogni squadra ha il compito di segnalare all’interno di ognuna i soggetti avvistati distinti per sesso e classe di età, restando in contatto con le squadre limitrofe, per segnalare lo spostamento di eventuali gruppi avvistati. Il rilievo viene effettuato durante le prime ore di luce della giornata, momento che garantisce la massima osservabilità della specie. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.4. Personale Collaboratori dell’ufficio faunistico ed agenti forestali del Parco. Materiali Schede di campo, binocoli. Problematiche Condizioni meteo avverse che causano scarsa visibilità (nebbia). Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Ogni anno deve essere garantito lo stesso sforzo di campionamento e la copertura di tutte le aree indagate. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima dell’andamento demografico della popolazione. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.16 Censimenti di capriolo in aree campione Obiettivi Contattare il maggior numero di soggetti possibile, mantenendo costante lo sforzo di campionamento. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Nel mese di luglio. Modalità realizzazione di I censimenti su aree campione, ripetuti tre volte per ogni area nell’arco temporale di una decina di giorni, hanno lo scopo di valutare l’andamento della popolazione poiché riferiti a territori monitorati costantemente negli anni. L’operatore ha il compito di osservare la zona fino al sopraggiungere del tramonto, da due ore ad esso antecedenti, e segnalare su di un’apposita scheda i soggetti avvistati, distinti per sesso e classi di età. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.3. Personale Collaboratori dell’ufficio faunistico ed agenti forestali del Parco. Materiali Schede di campo, binocoli. Problematiche Condizioni meteo avverse che causano scarsa visibilità. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Ogni anno deve essere garantito lo stesso sforzo di campionamento e la copertura di tutte le aree indagate. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima dell’andamento demografico della popolazione. UG VAL DI SOLE Monitoraggi Azione A.17 Attivazione di tirocini per la valutazione della densità di capriolo mediante Distance Sampling applicato al Pellet Group Count Obiettivi Contattare gruppi di fatte, mantenendo un buon compromesso tra lo sforzo effettuato e la quantità dei dati ottenuti. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio ed aree ad esso limitrofe. Frequenza Per tutta la durata del selecontrollo e per i 5 anni ad esso successivi. Tempistica Per la valutazione della densità invernale: dal 20 aprile al 30 maggio. Per la valutazione della densità estiva: dal 1 settembre al 10 ottobre. Modalità realizzazione di Vengono percorsi dei transetti distribuiti in modo casuale all’interno dell’area di studio, i quali forniscono dati relativi alla densità della popolazione attraverso il conteggio dei gruppi di fatte presenti sul territorio. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.2.1.4. Personale 2/4 tirocinanti per l’attività di campo, un dipendente dell’ufficio fauna per il coordinamento delle attività. Materiali Spago da 50 m, schede di campo, GPS, barra metrica. Problematiche Condizioni meteo avverse quali pioggia che limita la visibilità e presenza di neve sulle strade forestali che impedisce il completamento del percorso stabilito. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Paragone con l’esito dell’attività di censimento. I dati ottenuti vengono raccolti in un apposito database. Stima di densità e demografia della popolazione. UG VAL DI SOLE Analisi e procedure Azione B.18 Analisi dello status e della dinamica di popolazione di cervo Obiettivi Approfondire le conoscenze relative a status e dinamica di popolazione. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio ed aree ad esso limitrofe. Frequenza Ogni anno Tempistica Per tutto l’anno. Modalità realizzazione di Per mezzo dei dati raccolti grazie alle azioni A.1 - A.17, è possibile ottenere un quadro complessivo della status e della dinamica di popolazione che occupa l’intera Unità di Gestione secondo quanto illustrato nel capitolo 4. Personale Personale dell’ufficio faunistico del Parco. Materiali - Problematiche Difficoltà nel reperire alcuni dati poiché forniti da altri enti o strutture. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Ogni anno deve essere possibile reperire ed analizzare l’intera serie storica, che richiede il continuo aggiornamento dei dati, i dati ottenuti vengono raccolti ed analizzati in un apposito database. Applicare le conoscenze acquisite nell’ambito della gestione del cervo all’interno del Parco. UG VAL DI SOLE Analisi e procedure Azione B.19 Definizione di un regolamento per l’indennizzo dei danni Obiettivi Stesura di un regolamento per la refusione dei danni provocati dal cervo all’interno del parco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per il periodo in cui restano elevate le densità di cervo all’interno del Parco. Tempistica Il regolamento è stato stilato e reso operativo da gennaio 2007. Modalità realizzazione di I dati ricavati dalle azioni A.10 e A.11 vengono utilizzati per la stesura del regolamento. Per approfondimenti si rimanda al capitolo 3.6.2 e all’Allegato 2. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del parco per la stesura del regolamento e la sua modifica nel tempo. Materiali - Problematiche - Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di La nuova versione del regolamento deve essere pubblicata entro e non oltre il 31/01 di ogni anno. Diminuzione della percezione dell’immagine negativa del cervo, poiché animale che provoca danni. UG VAL DI SOLE Analisi e procedure Azione B.20 Definizione di una strategia per l’indennizzo dei danni economici ai boschi privati. Obiettivi Rifondere i danni provocati al bosco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per il periodo in cui restano elevate le densità di cervo all’interno del Parco. Tempistica Entro il 31/01 di ogni anno deve essere stilato un regolamento valido per l’anno in corso. Modalità realizzazione di Mediante l’identificazione delle maggiori aree di svernamento della specie ed il loro paragone con i territori da questa non frequentati, è possibile valutare la mancata rinnovazione del bosco secondo quanto previsto nel capitolo 3.6.1 e nelle azioni A.12a, A.12b e in conseguenza quantificare l’ammanco produttivo in legname che ne deriva. Inoltre l’attivazione di azioni volte alla protezione del bosco quali la costruzione di recinti, favorisce la sua rinnovazione naturale. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del parco per la stesura di un apposito regolamento e la sua successiva attuazione. Materiali - Problematiche - Costi Ore lavorative del personale del Parco, costi dei materiali per le recinzioni ed eventuali costi per la rifusione dei danni. Indicatori valutazione Risultati attesi di Ottenimento di un regolamento atto a rifondere i danni provocati al bosco. Diminuzione della percezione dell’immagine negativa del cervo, poiché animale che provoca danni. UG VAL DI SOLE Analisi e procedure Azione B.21 Definizione di una strategia per l’organizzazione delle attività turistiche ai fini di una riduzione del disturbo sulla popolazione di cervo. Obiettivi Creazione di una regolamentazione degli accessi nelle zone di tranquillità all’interno del Parco e delle attività turistiche connesse alle aree di sci-alpinismo, a quelle di bramito e per la raccolta dei funghi. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Una volta. Tempistica Valido durante le stagioni più delicate per la biologia del cervo. Modalità realizzazione di Mediante l’identificazione delle aree di maggiore importanza per la conservazione della specie, viene stilato un regolamento che limiti e incanali lungo direttrici preferenziali l’azione di disturbo provocata dall’uomo. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del Parco per la stesura del Regolamento e gli agenti delle stazioni forestali di Rabbi e Peio le operazioni di vigilanza. Materiali - Problematiche Difficoltà nella percezione dei divieti da parte della popolazione poiché comportano riduzione della libertà delle azioni svolte da sempre. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Devono essere rispettate tutte le limitazioni contenute nel regolamento. Diminuzione dell’azione di disturbo provocata dall’uomo nei confronti del cervo con la finalità di rendere meno problematici alcuni periodi in cui questa è particolarmente sensibile. UG VAL DI SOLE Analisi e procedure Azione B.22 Piano per un razionale ed efficiente utilizzo a fini turistici e di educazione ambientale della popolazione di cervo del Parco Obiettivi Organizzazione di eventi per la valorizzazione turistica della presenza del cervo e sfruttamento delle peculiarità e potenzialità del Parco per incentivare un turismo prettamente naturalistico legato alla fruizione della specie. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Durante la stagione dei bramiti. Modalità realizzazione di Organizzazione di un censimento autunnale al bramito per favorire il coinvolgimento di potenziali turisti; creazione, in collaborazione con tour operator, di pacchetti inerenti l’offerta turistico-naturalistica di qualità del Parco; partecipazione, in collaborazione con la Trentino s.p.a. e A.P.T. Val di Sole al progetto “Parchi da vivere” con un pacchetto settimanale nel mese di settembre in cui si dia spazio agli aspetti legati al bramito del cervo. Personale Un collaboratore dell’ufficio faunistico del Parco per la programmazione delle attività e agenti forestali e ulteriori collaboratori dell’ufficio faunistico del Parco per le attività sul campo. Materiali Attrezzature ottiche, veicoli 4x4, videoproiettori. Problematiche Difficoltà nell’avviare una nuova forma di turismo in una zona in cui questa non è mai stata presa in considerazione. Costi Ore lavorative del personale del Parco Indicatori valutazione Risultati attesi di Aumento delle richieste con il passare del tempo. Instaurazione di un flusso turistico legato alla presenza del cervo nel Parco. UG VAL DI SOLE Analisi e procedure Azione B.23 Definizione e stesura di un piano numerico di controllo Obiettivi Produzione di un piano numerico di controllo Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni tre anni. Tempistica Entro il 31/05 di ogni triennio successivo, deve essere prodotto il nuovo piano di controllo. Modalità realizzazione di Stesura di un apposito regolamento che stabilisca tempi e modalità per la realizzazione del piano di controllo. Per la visione del primo piano di controllo si rimanda al capitolo 5.4. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del Parco. Materiali - Problematiche Con le riserve di caccia della Val di Sole in fase di definizione delle zone di controllo e del numero di capi da abbattere. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Ottenimento di un piano numerico di controllo entro il 31/01 di ogni anno, che sia approvato da tutte le figure coinvolte nella sua realizzazione. Applicazione di ciò che è previsto dal piano di controllo. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.24 Attivazione annuale di campagne di cattura per il marcaggio di soggetti a fini di cessione ad altri enti Obiettivi Catturare soggetti ai fini di cessione ad altri enti. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Durante la stagione invernale e quella autunnale dei bramiti. Modalità realizzazione di Le catture vengono effettuate con le stesse modalità previste dall’azione A.7. I soggetti catturati vengono trattenuti in apposite gabbie e trasportati a destinazione. Personale Dipendenti dell’ufficio faunistico del Parco, agenti forestali delle stazioni di Rabbi e Peio. Materiali Fucile lancia siringhe, siringhe, dardi, trasmettitori vhf per dardi, metro rigido e flessibile per le misurazioni, stringi zampe, coperta termica, mascherine copri occhi, antenna e radio vhf, casse per il trasporto. Problematiche Costi Indicatori valutazione Risultati attesi Ore lavorative del personale e 200 €/giorno per il veterinario, 500 €/anno materiali per fucile lanciasiringhe, 50 € all’ora per il trasporto degli animali. di Il rapporto tra le spese sostenute per la cattura dei soggetti e il guadagno ottenuto dalla loro vendita, deve risultare positivo. Fungere da struttura alla quale gli enti interessati alla specie per reintroduzioni o ripopolamenti, possono appoggiarsi. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.25 Predisposizione di idonee strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento dei cervi rinvenuti morti e per i monitoraggi. Obiettivi Smaltire i soggetti rinvenuti morti Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza - Tempistica Le strutture devono essere realizzate prima dell’inizio del selecontrollo e dei monitoraggi sui soggetti rinvenuti morti. Modalità realizzazione di L’azione prevede la realizzazione di apposite celle frigorifere all’interno dei centri di controllo, munite di sistema di carrucole per facilitare il posizionamento degli animali al loro interno. Queste contengono circa 7/8 animali. Personale - Materiali Due celle frigorifere aventi una temperatura inferiore ai 7°C dotate di un sistema di carrucole. Problematiche Per le problematiche legate alla messa a norma dei locali rispetto alle vigenti normative si veda il capitolo 5.4.9. Costi Circa 24.000 € per l’allestimento di due strutture, una sita presso il centro di controllo di Rabbi e l’altra presso quello di Peio. Indicatori valutazione Risultati attesi di Le carcasse stoccate non devono mai superare il numero di 7 individui e il loro smaltimento deve essere repentino al fine di assicurare spazio libero per l’arrivo di ulteriori carcasse. Efficienza nelle operazioni di smaltimento degli animali. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.26 Attivazione degli indennizzi sulle attività agricole (prati a sfalcio, recinzioni, pascoli, coltivazioni) Obiettivi Rifondere i danni provocati dalle elevate densità di cervo presenti all’interno del Parco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Entro il 31/12 di ogni anno. Modalità realizzazione di La sua realizzazione prevede l’esecuzione del Regolamento per l’indennizzo dei danni da cervo illustrata nell’azione B 19. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del Parco per l’inserimento dei dati e la verifica delle dichiarazioni effettuate dai richiedenti, un dipendente dell’ufficio contabilità per effettuare i versamenti. Materiali Recinzioni metalliche e in legno per gli orti e campi dei privati. Problematiche False dichiarazioni. Costi Circa 25.000 € all’anno per la rifusione dei danni e l’acquisto del materiale per la recinzione di orti e campi, ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di La rifusione dei danni deve essere effettuata entro e non oltre il termine stabilito annualmente dal regolamento e la messa in opera delle recinzioni entro 1 anno dalla fornitura del materiale. Diminuzione della percezione dell’immagine negativa del cervo, poiché animale che provoca danni. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.31a Azioni volte a favorire il ritorno dei grandi predatori mediante la realizzazione di giornate di comunicazione e di istruzione per target differenti. Obiettivi Aumentare le conoscenze relative alla lince della popolazione. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Ogni anno. Tempistica Per tutto l’anno. Modalità realizzazione di Tramite l’istituzione dell’area faunistica dedicata alla lince prevista nell’azione A.29, è possibile effettuare giornate informative legate all’avvistamento della specie per scuole o gruppi, unite ad incontri aventi lo scopo di informare gli interessati sulla sua biologia e conservazione. Personale Un dipendente dell’ufficio fauna o didattica del Parco. Materiali - Problematiche - Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Almeno il 30% delle visite all’area faunistica, devono essere accompagnate. Aumento della sensibilità nei confronti della specie e delle conoscenze ad essa relative. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.31b Realizzazione di uno studio sulla dimensione umana legato alle problematiche create dal cervo nell’area protetta ed alla possibile futura presenza dei grandi carnivori Obiettivi Indagare sulle possibili interazioni tra uomo e cervo/grandi carnivori Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Prima e dopo 5 anni dall’inizio del selecontrollo. Tempistica - Modalità realizzazione di Mediante l’interrogazione della popolazione che occupa il territorio del Parco, si ottengono risposte, relative all’indagine effettuata, utili per interpretare la dimensione umana legata alla figura di cervo e grandi predatori. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del Parco. Materiali Un questionario. Problematiche Scarsa collaborazione da parte delle persone interrogate. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Indicatori valutazione Risultati attesi di Deve essere intervistato almeno il 20% della popolazione. Identificarsi nella popolazione al fine di impostare determinate scelte gestionali UG VAL DI SOLE Attività Azione C.31c Azioni volte a favorire il ritorno dei grandi predatori mediante la realizzazione di un’area faunistica dedicata alla lince Obiettivi Creazione di un’area faunistica dedicata alla lince. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Tempistica Modalità realizzazione L’area faunistica deve essere realizzata entro 3 anni dall’approvazione del seguente piano di gestione. di Costruzione di un recinto con annesse le strutture per l’eventuale ricovero degli animali, secondo le direttive in materia relativa alla loro realizzazione. Personale Operai per collaborazione alla realizzazione della struttura, un dipendente del parco adeguatamente formato per la cura degli animali la manutenzione della struttura e un dipendente dell’ufficio fauna o didattica per l’accompagnamento dei visitatori. Materiali - Problematiche Costi elevati che possono suscitare la percezione di spreco delle risorse tra la popolazione. Costi Circa 500.000 € per la realizzazione dell’area faunistica. Indicatori valutazione Risultati attesi di Il centro visitatori deve essere frequentato da almeno 10.000 visitatori all’anno. Aumento della sensibilità nei confronti della specie e delle conoscenze ad essa relative. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.32 Attivazione dei corsi per la formazione dei selecontrollori Obiettivi Formare personale in grado di effettuare il selecontrollo all’interno del Parco. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Frequenza Per tutta la durata del selecontrollo. Tempistica I corsi vengono realizzati una volta all’anno almeno 3 mesi prima dell’inizio del selecontrollo. Modalità realizzazione di Lezioni di 4/8 ore relative alla biologia e conservazione della specie, alle modalità di caccia. Prova di tiro al poligono per l’abilitazione al controllo. Personale Un dipendente dell’ufficio faunistico del Parco e docenti esterni, esperti di gestione faunistica e tecniche di prelievo. Materiali Sala per proiezioni, videoproiettore, dispense. Problematiche Scarso coinvolgimento da parte dei cacciatori delle riserve della Val di Sole che può provocare un numero di iscritti al corso troppo basso rispetto ai selecontrollori necessari per attuare il piano. Costi Ore lavorative del personale del Parco. Costi per i docenti esterni Indicatori valutazione Risultati attesi di Almeno il 70% dei cacciatori della Val di Sole potenzialmente abilitati a diventare selecontrollori deve iscriversi ai corsi di formazione. Numero di selecontrollori abilitati sufficiente per completare i piani previsti UG VAL DI SOLE Attività Azione C.33 Addestramento degli agenti forestali Obiettivi Formare gli agenti forestali Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e territori ad esso limitrofi. Frequenza Ogni anno. Tempistica Almeno 1 mese prima dell’inizio delle attività di selecontrollo. Modalità realizzazione di Gli agenti forestali dovranno seguire un corso di formazione relativo al selecontrollo nel quale verranno illustrati tempi, modalità e relativi problemi dovuti all’inosservanza dello stesso e al trattamento delle spoglie. Personale Tutti gli agenti forestali delle stazioni di Rabbi, Peio, Ossana e Malè. Personale del Parco, docenti esterni, veterinari, esperti di gestione faunistica e tecniche di prelievo. Materiali Dispense relative al piano di controllo, videoproiettore e sala per proiezioni. Problematiche - Costi Ore lavorative degli agenti forestali. Costi per i docenti esterni Indicatori valutazione Risultati attesi di Non si devono verificare errori nell’attuazioni del selecontrollo dovuti a fenomeni di bracconaggio o inosservanza del regolamento stabilito. Autonomia da parte degli agenti forestali nelle operazioni di vigilanza relative al selecontrollo. UG VAL DI SOLE Attività Azione C.34 Realizzazione di piani di controllo Obiettivi Attuare quanto stabilito dal piano di controllo. Area di riferimento Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e territori ad esso limitrofi. Frequenza Ogni anno. Tempistica In concomitanza con la stagione venatoria nelle riserve di caccia. Modalità realizzazione di All’interno di aree ben definite, viene effettuato il selecontrollo, secondo quanto stabilito nel capitolo 5.4. Personale Selecontrollori abilitati al prelievo di cervi all’interno del Parco, agenti forestali per la vigilanza, dipendenti dell’ufficio faunistico per i controlli sanitari sul capo abbattuto. Materiali Realizzazione dei centri di controllo. Problematiche Inosservanza di quanto stabilito dal piano. Costi Ore lavorative del personale del parco e degli agenti forestali Indicatori valutazione Risultati attesi di I piani previsti devono essere completati nella loro totalità e il 100% degli animali abbattuti deve passare tramite il centro di controllo. Riduzione della popolazione di cervo all’interno del parco. ALLEGATO 2: REGOLAMENTO INDENNIZZO DANNI REGOLAMENTO PER LA CONCESSIONE DI INDENNIZZI PER DANNI ARRECATI DAGLI UNGULATI SELVATICI – ANNO 2008 FISSAZIONE DELLE MODALITÀ E PROCEDURE PER LA CONCESSIONE DELL’INDENNIZZO E DEI MATERIALI PER LA REALIZZAZIONE DI OPERE DI PREVENZIONE PER DANNI ARRECATI DAGLI UNGULATI SELVATICI ALLA PRODUZIONE AGRICOLA, AI PRATI-PASCOLI E AGLI ORTI ALL’INTERNO DEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO FINALITA’ E INDENNIZZO Art. 1 - Nel territorio del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio l’indennizzo dei danni arrecati dagli ungulati selvatici alle colture agrarie, viene effettuato dall’Ufficio periferico del Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio (Comitato di Gestione), ai sensi dell’art. 15 della legge 394/91. Il presente Regolamento disciplina, ai sensi dell’art. 15, comma 4 della stessa Legge, le modalità per la richiesta, l’accertamento, la valutazione e la liquidazione dell’indennizzo dei danni provocati dal cervo e dalle restanti specie di ungulati selvatici all’interno del territorio del Parco. Art. 2 - Alle spese relative agli indennizzi si fa fronte con apposito capitolo di bilancio, la cui dotazione, adeguata al prevedibile fabbisogno, è annualmente determinata dal Comitato di Gestione, ai sensi dell’art. 6, comma 6 del DPCM 26/11/1993. Nel caso in cui la dotazione annuale non risulti sufficiente a garantire la copertura del fabbisogno totale, per la priorità nella liquidazione degli indennizzi farà fede la data di presentazione della domanda. Le restanti richieste di indennizzo saranno liquidate entro il 30 settembre dell’anno successivo alla presentazione della domanda. Art. 3 - L’accertamento del danno e la valutazione del suo indennizzo sono determinati sulla base dei principi equitativi e si devono attenere a criteri uniformi per tutto il territorio del Parco. Art. 4 - L’indennizzo non può essere erogato qualora si usufruisca di eventuali indennizzi/risarcimenti da parte di altri Enti. Art. 5 - Le provvidenze si riferiscono all’indennizzo dei danni causati dagli ungulati selvatici ed alla realizzazione di opere di prevenzione secondo le fattispecie ammesse all’art. 7. L’ambito di applicazione del presente Regolamento è il territorio ricadente all’interno del Settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio. Per ungulati selvatici si intendono esemplari appartenenti alle specie cervo, capriolo, camoscio e stambecco. DEFINIZIONE DEL DANNO CAUSATO DAGLI UNGULATI SELVATICI ALLE ATTIVITA’ AGRICOLE Art. 6 - Il danno insorge: a) a carico dei prati a sfalcio in attualità di coltivazione in quanto la costante attività di alimentazione degli ungulati selvatici diminuisce, in termini percentuali, la produttività degli stessi; b) a carico dei pascoli secondari e dei campivoli monticati in prossimità delle malghe in quanto la costante attività di alimentazione degli ungulati selvatici diminuisce in termini percentuali la produttività degli stessi; c) a carico degli orti e dei campi, in attualità di coltivazione per fini privati e ad utilizzo personale dei prodotti, quando l’azione degli ungulati selvatici danneggia per utilizzo o calpestio le colture e i prodotti stessi; d) a carico delle coltivazioni agricole, che costituisco fonte primaria di reddito, quando l’azione degli ungulati selvatici danneggia le colture, i raccolti e/o le strutture connesse e funzionali alle coltivazioni stesse. Art. 7 - Le fattispecie ammesse alle procedure di indennizzo o alla fornitura di materiali per la realizzazione di azioni di prevenzione sono le seguenti: a) b) c) d) danni da brucamento ai prati a sfalcio; danni da brucamento ai pascoli monticati; danni da consumo e calpestio a orti e campi privati; danni da consumo e calpestio a produzioni agricole di interesse economico (piccoli frutti, ortaggi e cereali). DANNI DA BRUCAMENTO AI PRATI A SFALCIO Art. 8 - Per i prati a sfalcio in attualità di coltivazione è assunto un danno inteso come percentuale media di ammanco nella produzione di fieno per ettaro, dovuto alla brucatura degli ungulati selvatici. La stima media degli ammanchi è stata effettuata dal Comitato di Gestione ed i risultati riassuntivi del lavoro sono forniti in allegato al presente regolamento. Art. 9 - L’indennizzo è concesso nella misura del 70% per le classi 2 e 3 e per la classe 1 dell’ 80% del valore ammesso del prodotto perduto, pari all’ammontare del valore del prodotto mediamente sottratto dall’attività di brucatura degli ungulati selvatici, solo nel caso in cui la produzione non venga successivamente distrutta. I prati appartenenti alla classe 3 che ricadono nella tipologia di meccanizzazione “A” indicata dalle misure agroalimentari del Piano di Sviluppo Rurale della Provincia Autonoma di Trento sono soggetti ad un’ulteriore riduzione del 20% rispetto all’indennizzo previsto. Art. 10 – Per i prati a sfalcio in attualità di coltivazione è previsto un indennizzo forfetario per ettaro di prato secondo la seguente tabella: PRATO A SFALCIO Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 3 – meccanizzazione “A” VALORE AMMESSO DEL PRODOTTO PERDUTO 95 € / ha 199 € / ha 216 € / ha 216 € / ha INDENNIZZO 76 € / ha 139 € / ha 151 € / ha 121 € / ha Art. 11 - La tipologia di classe di produttività di ciascuna particella fondiaria (pf) è riportata nella cartografia di sintesi allegata al seguente regolamento. Le cartografie di dettaglio in scala 1:10.000 e 1:3.000 approvate dal Comitato di Gestione, sono depositate per la consultazione a Cogolo di Peio presso la sede del Comitato stesso e a San Bernardo presso la sede del Comune di Rabbi. Art. 12 - Le stime dei valori di produttività dei prati, delle percentuali di ammanco dovute alla brucatura degli ungulati selvatici e delle spese ammesse sono dettagliate in allegato al presente regolamento. Art. 13 - Sono beneficiari delle provvidenze tutti gli operatori agricoli (conduttori dei fondi) e i soggetti privati che mantengono i prati in attualità di coltivazione. Per ciascuna particella fondiaria sottoposta a sfalcio è ammesso l’indennizzo annuale ad un solo soggetto. Art. 14 - Le domande per beneficiare degli indennizzi vanno inoltrate dagli interessati, nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2008 e il 15 giugno 2008, all’Ufficio periferico di Cogolo del Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio, via Roma 65 – 38024 Cogolo di Peio (TN), agli uffici comunali e alle stazioni forestali di Peio e Rabbi negli orari di ufficio, mediante la compilazione dell’apposito modulo. Art. 15 - Il Comitato di Gestione potrà effettuare controlli per verificare la veridicità di quanto dichiarato dal beneficiario in autocertificazione e provvedere alla revoca dell’indennizzo in caso di dichiarazioni non veritiere, fatte salve le eventuali responsabilità penali. DANNI DA BRUCAMENTO AI PASCOLI MONTICATI Art. 16 - Per i pascoli secondari e i campivoli monticati in prossimità delle malghe è assunto un danno inteso come ritardo temporale nell’inizio della monticazione, dovuto al rallentamento della produzione dei pascoli per brucamento intensivo da parte degli ungulati selvatici. La stima media dell’indennizzo è stata effettuata dal Comitato di Gestione e va riferita a ciascun capo di bestiame bovino e ovicaprino presente in alpeggio. Il Comitato di Gestione si riserva l’opzione di surrogare l’indennizzo con opere di manutenzione agli alpeggi di equipollente valore. Art. 17 - L’indennizzo è concesso per i territori e per i capi monticati sulle seguenti malghe differenziate nelle sotto riportate classi: CLASSE 1 2 3 MALGHE Paludè, Pontevecchio Borche-Levi, Covel, Cercen, Stablasolo, Stablaz Artisè, Fratte, Monte Sole, Saline, Villar, Cespedè Attualmente Malga Saènt è esclusa dall’elenco sopra riportato in quanto in disponibilità del Comitato di Gestione con contratto di locazione. Art. 18 - Per i pascoli secondari monticati e per i campivoli delle malghe attive è previsto un indennizzo forfetario per capo bovino o ovicaprino presente all’alpeggio secondo la seguente tabella: CAPO INDENNIZZO CLASSE 1 INDENNIZZO CLASSE 2 Vacche da latte e sopra i 24 mesi Vacche di 6-24 mesi Capre Pecore Cavalli 4.00 € / capo 2.00 € / capo 1.20 € / capo 0.70 € / capo 4.00 € / capo 6.00 € / capo 3.00 € / capo 1.20 € / capo 0.70 € / capo 6.00 € / capo INDENNIZZO CLASSE 3 10.00 € / capo 5.00 € / capo 1.20 € / capo 0.70 € / capo 10.00 € / capo Art. 19 - Sono beneficiari delle provvidenze i massai delle malghe o i legali rappresentanti delle società di alpeggio. Per ciascuna malga di cui all’art. 18 è ammesso l’indennizzo annuale ad un solo soggetto. Art. 20 - Le domande per beneficiare degli indennizzi vanno inoltrate dagli interessati, nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2008 e il 15 giugno 2008, all’Ufficio periferico di Cogolo del Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio, via Roma 65 – 38024 Cogolo di Peio (TN), agli uffici comunali e alle stazioni forestali di Peio e Rabbi negli orari di ufficio, mediante la compilazione dell’apposito modulo (Allegato 4). Art. 21 - Il Comitato di Gestione potrà effettuare controlli per verificare la veridicità di quanto dichiarato dal beneficiario in autocertificazione e provvedere alla revoca dell’indennizzo in caso di dichiarazioni non veritiere, fatte salve le eventuali responsabilità penali. DANNI DA CONSUMO E CALPESTIO A ORTI E CAMPI PRIVATI Art. 22 - Il Comitato di Gestione favorisce le spese per la realizzazione di azioni e misure di prevenzione, secondo le indicazioni fornite, al fine di eliminare o ridurre le condizioni determinanti una vulnerabilità, rispetto agli ungulati selvatici, delle colture. Art. 23 - Nell’ambito della presente attività il Comitato di Gestione può inoltre direttamente realizzare e fornire strutture o strumenti idonei allo scopo. La realizzazione delle azioni previste comporta la rinuncia ad ulteriori forme di indennizzo. Art. 24 - Per gli orti e i campi coltivati ad uso familiare il Comitato di Gestione fornisce, a titolo gratuito, a chi ne farà richiesta, il materiale per la costruzione di recinzioni a difesa delle colture, che limitino il rischio di danno alle fattispecie individuate dall’art. 7, lettera c). Art. 25 - Le fattispecie ammesse alla fornitura di paleria e rete per la costruzione della recinzione sono le seguenti: a) orti coltivati per utilizzo familiare posizionati nelle pertinenze di una struttura permanentemente utilizzata con perimetro non superiore ai 40 metri; b) campi coltivati per utilizzo familiare con perimetro non superiore ai 100 metri. Art. 26 – Per metrature superiori a 40 m, il proprietario può richiedere la fornitura a pagamento anche direttamente al Parco. Art. 27 - Sono beneficiari delle provvidenze tutti i proprietari degli orti e/o campi che ne facciano richiesta. Art. 28 – Nel caso di orti o campi contigui, la recinzione fornita dal Parco potrà limitarsi al solo perimetro esterno della somma delle particelle interessate. Art. 29 - Le domande per beneficiare della fornitura dei materiali vanno inoltrate dagli interessati, nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2008 e il 31 marzo 2008, all’Ufficio periferico di Cogolo del Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio, via Roma 65 – 38024 Cogolo di Peio (TN), agli uffici comunali e alle stazioni forestali di Peio e di Rabbi negli orari di ufficio, mediante la compilazione dell’apposito modulo (Allegato 6). Art. 30 - Ogni anno il Comitato di Gestione stabilirà un importo destinato alla fornitura dei materiali per le recinzioni. La data di presentazione delle domande farà fede per soddisfare le richieste. Le domande relative al primo orto e/o campo, di cui ciascun proprietario richiede la recinzione, saranno progressivamente accolte secondo la data di presentazione della domanda stessa. In seguito verranno accolte le domande successive di ciascun proprietario sino al termine del materiale disponibile per il corrente anno. Le domande restanti saranno soddisfatte nell’anno successivo alla presentazione della domanda. L’accoglimento delle domande verrà comunicato agli interessati tramite lettera, nella quale sarà specifica la quantità e la tipologia dei materiali concessi e luogo e modalità per il ritiro degli stessi. Art. 31 - Il Comitato di Gestione potrà effettuare controlli e sopralluoghi per verificare le necessità e le tipologie costruttive di recinzione da utilizzare. Art. 32 - A seguito delle domande pervenute, il Comitato di Gestione si occuperà direttamente della preparazione degli elaborati progettuali con estratto mappa delle particelle interessate, complete di computo metrico, stima dei lavori necessari, della dichiarazione di inizio lavori e fornirà il materiale. Art. 33 - La realizzazione delle recinzioni diviene obbligatoria per il beneficiario una volta che il materiale richiesto sia stato accordato entro un anno dalla fornitura del materiale. La messa in opera della recinzione è a carico del beneficiario. In fase successiva, per le recinzioni fornite dal Comitato di Gestione, sono ammesse richieste di materiale per azioni di manutenzione straordinaria, previa valutazione da parte del Comitato stesso. Art. 34 - Il Comitato di Gestione potrà effettuare controlli e sopralluoghi per verificare la corretta realizzazione delle opere previste e la veridicità di quanto dichiarato dal beneficiario in autocertificazione e provvedere al ritiro dei materiali in caso di dichiarazioni non veritiere, fatte salve le eventuali responsabilità penali. DANNI DA CONSUMO E CALPESTIO A PRODUZIONI AGRICOLE DI INTERESSE ECONOMICO Art. 35 - Per le produzioni agricole di interesse economico relative a coltivazioni intensive di piccoli frutti, cereali ed ortaggi, la causa e l’ammontare del danno devono essere accertate e certificate dal personale dell’Ufficio periferico, il quale ha anche il compito di raccogliere eventuali prove testimoniali. Art. 36 - Il Comitato di Gestione, per mezzo del proprio personale tecnico dell’Ufficio periferico, provvede a valutare l’entità del danno e a liquidarne l’indennizzo. DENUNCIA DEL DANNO Art. 37 - La denuncia del danno deve essere effettuata dall’interessato presso l’Ufficio periferico di Cogolo del Comitato di Gestione per la Provincia Autonoma di Trento del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio, via Roma 65 – 38024 Cogolo di Peio (TN), agli uffici comunali e alle stazioni forestali di Peio e Rabbi negli orari di ufficio, mediante la compilazione dell’apposito modulo, entro 2 giorni dall’evento. Art. 38 - La denuncia deve essere effettuata in carta libera, impiegando l’apposto modulo in allegato al presente regolamento, deve contenere tutti gli elementi in esso indicati e deve essere sottoscritta dal danneggiato. Art. 39 - In caso di danni alle colture il danneggiato deve astenersi dal procedere a qualsiasi operazione di tipo agronomico sulla coltura danneggiata per almeno 5 giorni successivi alla denuncia, al fine di consentire l’accertamento del danno. ACCERTAMENTO DEL DANNO Art. 40 - L’accertamento del danno viene disposto da parte del personale dell’Ufficio periferico individuato con apposito atto dal Dirigente del Comitato di Gestione. Art. 41 – Al responsabile dell’accertamento del danno dipendente dal Comitato di Gestione, è affidato il compito di raccogliere le denunce, redigere il verbale di accertamento dell'evento dannoso, certificarne la causa, procedere alla quantificazione del danno e trasmettere la documentazione alla Direzione del Comitato di Gestione per le procedure di risarcimento. L'accertamento sarà effettuato nel minor tempo possibile dalla denuncia e comunque entro il termine minimo consentito affinché i danni siano rilevabili. Art. 42 - Il responsabile dell’accertamento del danno redige un verbale contenente i dati della denuncia di cui all'art. 37, l'accertamento del danno, la quantificazione e la proposta di indennizzo con altre eventuali informazioni ed indicazioni utili a diminuire la vulnerabilità dell'attività danneggiata. Il verbale di accertamento, redatto su apposita modulistica predisposta dal Comitato di Gestione, dovrà indicare: - il titolo di possesso e l’ubicazione catastale delle particelle fondiarie interessate; la descrizione dello stato colturale generale (tipo di coltura, fase vegetativa, cure colturali); - la descrizione del danno (cause e tipo di danno); - eventuali misure di protezione adottate o non adottate; - la quantificazione del danno desunta; - eventuali altri elementi utili per il procedimento estimativo quale la documentazione fotografica. L’accertamento deve avvenire in presenza e in contraddittorio con il richiedente. Eventuali rilievi o eccezioni devono essere riportate nel verbale. Qualora il danneggiato sottoscriva per accettazione il verbale, ricevendone copia, questo costituisce proposta formale e motivata di indennizzo. Art. 43 - Nel caso in cui l’agricoltore, in mancanza di accordo, non sottoscriva il verbale di accertamento dei danni, dovrà essere presentata una controperizia firmata da un tecnico abilitato entro 30 giorni dal sopralluogo. Trascorso tale termine senza che sia stata presentata la controperizia, si provvederà alla liquidazione del danno in base alla perizia effettuata per conto del Comitato di Gestione. Nel caso in cui venga presentata una controproposta, questa sarà valutata dal Dirigente dell’Ufficio periferico e sottoposta per l’approvazione al Comitato di Gestione. VALUTAZIONE DEL DANNO Art. 44 - La valutazione economica del danno viene effettuata dal Comitato di Gestione, per mezzo del responsabile dell’accertamento del danno. Art. 45 - La determinazione economica del danno viene eseguita sulla base di indagini di mercato comparative e sulla base di valori fissati dai mercurali della Camera di Commercio territorialmente competente. Art. 46 - La stima definitiva, ai fini dell’indennizzo, sarà sottoscritta dal Dirigente dell’Ufficio periferico del Comitato di Gestione, che dovrà predisporre inoltre gli atti affinché si possa procedere alla liquidazione di quanto dovuto. Art. 47 - Il valore dell’indennizzo per i danni di cui all’art. 34 non potrà superare il 60% della valutazione della mancata produzione vendibile, accertata a seguito del danno o dell’eventuale deprezzamento del prodotto. LIQUIDAZIONE Art. 48- Per la concessione degli indennizzi di cui agli art. 9, 17 e 46, l’importo minimo del danno ammissibile che può essere indennizzato è pari a 30 €. Art. 49 – Non sono indennizzabili danni da consumo e calpestio a produzioni agricole di interesse economico di cui all’art. 7, lettera d) di importo stimato superiore ai 1.000 €, in quanto già indennizzabili dal Servizio Strutture, Gestione e Sviluppo delle Aziende agricole, in base all’art. 6.1, lettera a) della DGP 4 ottobre 1996 n. 12609. Art. 50 - Il Consorzio provvede tramite l’Ufficio periferico del Comitato di Gestione alla liquidazione degli indennizzi, di cui agli art. 9, 17 e 45, ove non sia impedito da obiettive difficoltà di carattere amministrativo: a) entro il 31/10/2008 relativamente alla richiesta di indennizzo per le fattispecie di cui all’art. 7, lettere a) e b) b) entro 60 giorni dalla denuncia del danno per le fattispecie di cui all’art. 7, lettera d). Art. 51 - Il Consorzio provvede tramite l’Ufficio periferico del Comitato di Gestione alla fornitura del materiale, di cui all’ art. 25, ove non sia impedito da obiettive difficoltà di carattere amministrativo entro un anno dalla data della richiesta. DISPOSIZIONI FINALI Art. 52 – Entro il 28 febbraio di ogni anno in cui è stata sporta denuncia, viene sottoposta all’approvazione del Comitato di Gestione, da parte degli uffici del Consorzio, una relazione contenente il rendiconto degli interventi effettuati nell’anno precedente, una sintesi tecnica dell’attività svolta nell’ambito del Regolamento ed eventuali proposte per migliorarne l’efficacia. ALLEGATO 3: SCHEDA DI RILEVAMENTO BIOMETRICO