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Il mercato del private equity e degli LBO a cura di valter conca
economia & management 4 - 2012
Valter Conca
[email protected]
Osvaldo M. Baione
[email protected]
l mercato del private equity nel 2011 ha
mostrato la dinamica già conosciuta nel
2010 confermando le previsioni di una situazione di rallentamento strutturale, i
cui motivi sono riconducibili a: peggioramento delle performance aziendali che
hanno ostacolato l’individuazione di target attrattivi, scarsa propensione al finanziamento bancario con leva, indisponibilità degli imprenditori ad accettare condizioni di prezzo fortemente a sconto rispetto a valori storici.
Come di consueto, il Laboratorio private
equity e LBO della SDA Bocconi fornisce
una fotografia sistematica degli attori di
mercato, con particolare riferimento agli
investitori più attivi e agli advisor finanziari, legali e fiscali. La classifica tiene
conto delle operazioni censite dal database
interno, segnalate e verificate direttamente dagli interessati.
La ricerca, svolta in collaborazione con Alvarez & Marsal, Innovia Advisors, Clessidra Sgr, Di Tanno e Associati, Pedersoli e
Associati, Business Engineering Network, Experis e patrocinata da Andaf, ha
censito, nel corso del 2011, nuovi investimenti in 84 società italiane (esclusi gli
add-on e gli apporti di capitale alle partecipate), numero in linea rispetto ai 78
deal registrati nel 2010.
Al 31/12/2011 il portafoglio delle partecipate dai fondi presenta uno stock di circa
I
810 società, in continuo aumento per il
rallentamento dei disinvestimenti (52
uscite di cui otto parziali nel 2011). Da ciò
deriva un preoccupante aumento di anno
in anno della quota di partecipazioni detenute da oltre quattro anni (circa il 60%)
e da sei anni (circa il 35%).
L’analisi per tipologia di operazioni mostra un lieve incremento dell’expansion
che attualmente pesa per il 49% del mercato; in diminuzione i secondary e ancora
di scarso rilievo gli investimenti in operazioni di turnaround (tabella 1).
tabella 1
Tipologia
operazioni
per tipologia
2010 2011
Buy-out
23
26
Early Stage
13
–
Expansion
27
41
Replacement
3
4
SBO
10
9
Turnaround
3
4
Totale
79
84
Andamento
Per quanto concerne l’analisi per fasce di
mercato, nel picco della crisi aumenta il
peso delle target con fatturato inferiore a
50 mln di euro che rappresentano oltre il
60% circa del totale delle operazioni confermando la forte attenzione al segmento
del mid-market.
Osservando la distribuzione settoriale,
crescono le operazioni nei settori investment goods e componentistica e consumer
goods (storicamente predominanti rispetto a tutti gli altri). Le operazioni su aziende target appartenenti a questi settori rappresentano congiuntamente il 48% del
mercato. A seguire il settore dei servizi
con nove operazioni nel campo dei busi-
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PE ranking:
la classifica
degli operatori e
degli advisor
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ness services e sette nel professional services
(in aggregato circa il 20% del totale). Discreta la presenza nel campo delle commodities (con l’8%) ed energie rinnovabili.
Da sottolineare la tendenza all’investimento, da parte dei fondi di private equity nazionali, in aree a forte interesse pubblico e nello sviluppo di infrastrutture.
Quanto all’analisi dei prezzi, si riscontra
che l’andamento medio del multiplo
EV/EBITDA pagato non ha subito contrazioni rispetto all’anno precedente, attestandosi su un valore di circa 7x. Interessante notare il significativo differenziale
di prezzo per le PMI che nel 2011 mostrano uno sconto del 9,4% rispetto ai prezzi
medi (figura 1).
Gli operatori attivi durante il 2011 sono
stati 61, tra i quali spicca il Fondo Italiano
d’Investimento con sedici operazioni,
tutte classificate come expansion, che
hanno riguardato quote di minoranza in
imprese già avviate al fine di creare medi
campioni nazionali pronti alla competizione internazionale, in linea con la filosofia di investimento del fondo. L’anno
precedente tale posizione era occupata da
Fondamenta sgr, con sei nuove operazioni, caratterizzate da un enterprise value
medio di 8,5 mln di euro (tabella 2).
Nel 2011 si segnalano, inoltre, come investitori particolarmente attivi IMI fondi
chiusi, SICI e F2i, il fondo italiano per le
infrastrutture che ha chiuso altre quattro
operazioni (SEA, E.on Rete, Metroweb e
G6 Rete Gas). Da sottolineare come i
primi operatori, per numero di deal, si caratterizzino per una forte presenza di investitori pubblici quali LP tra cui possiamo annoverare Cassa Depositi e Prestiti.
In particolare il Fondo Italiano di Investimento e F2i hanno nella propria mission
la realizzazione di investimenti che comportino lo sviluppo del sistema paese. Il
secondo posto nel 2010 viene conteso tra
diversi fondi con mediamente tre opera-
64
figura 1
andamento dei prezzi
7,7x
7,2x
7,0x
EV/EBITDA
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7,0x
7,0x
6,8x
6,3x
6,4x
6,1x
2007
2008
Totale
tabella 2
5,9x
2009
2010
2011
PMI
operatori attivi 2010-2011
2010
Investitori
2011
Numero
operazioni
Investitori
Numero
operazioni
Fondamenta SGR
6
Fondo Italiano d'Investimento
16
SICI
4
SICI
6
CA Agro-alimentare Spa
3
IMI Fondi Chiusi SGR
5
Vertis SGR
3
F2i
4
Xenon Private Equity
3
Futurimpresa
3
Consilium SGR
3
Xenon Private Equity
3
IMI Fondi Chiusi SGR
3
21 Investimenti
2
Alto Partners
2
Alcedo SGR
2
Ambienta SGR
2
Amber Capital
2
AXA Private Equity
2
AXA Private Equity
2
BC Partners 2
2
Ersel Investment club
2
Cape
2
Intesa Sanpaolo
2
DGPA
2
Investindustrial
2
Friulia SGR
2
Mandarin Capital
2
Mandarin Capital Partners
2
NEM
2
Opera SGR
2
Palladio Finanziaria
2
Palladio Finanziaria
2
Quadrivio SGR
2
Star Capital
2
Varese Investimenti
2
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advisor finanziari
2010-2011
Advisor finanziari
Numero
operazioni
tabella 4
tabella 5
advisor legali
2010-2011
Advisor legali
Numero
operazioni
advisor tributari
2010-2011
Advisor tributari
Numero
operazioni
Banca IMI
9
Dewey & LeBoeuf
12
Russo de Rosa Bolletta
& Associati
15
Deloitte
7
Gianni Origoni
Grippo & Partners
10
PWC
6
CBA Studio Legale
e Tributario
4
Pedersoli e Associati
9
Deloitte
3
Chiomenti
8
Di Tanno & Associati
3
8
KPMG
3
Bofa-Merrill Lynch
Ernst & Young
5
4
UniCredit
4
Russo De Rosa
Bolletta & Associati
DVR Capital
3
Ughi Nunziante
8
Studio CST Bolla
Quaglia
3
HSBC
3
Orrik Herrington
& Sutcliffee
7
PWC
2
KPMG
3
Bonelli Erede Pappalardo
6
Studio Poggi
2
Lazard & Co.
3
6
2
3
Marena Castorino
D’Angelo & Fagotto
Studio Spadacini
Rothschild
Ashurst
4
Legance
4
NCTM
4
Norton Rose
4
Simmons & Simmons
4
zioni cadauno, tra i quali primeggia, in
termini di enterprise value delle target oggetto di investimento, il fondo Crédit
Agricole Agro-alimentare.
Per quanto riguarda il ranking degli advisor finanziari (tabella 3) si mettono in luce
le società di consulenza internazionali
che si occupano di servizi professionali
alle imprese (transaction services). Andando ad analizzare i singoli advisor si nota
come, nonostante in Italia siano presenti
importanti advisor bancari, tra i quali
anche banche di investimento globali, si
riescano a ritagliare uno spazio di primo
piano anche advisor locali focalizzati sul
mid-market, probabilmente per la cono-
scenza del contesto nazionale e per il loro
ampio network di contatti.
Tra i consulenti legali (tabella 4), invece,
spiccano nel biennio l’internazionale
Dewey LeBoeuf, cui seguono a cascata
importanti studi associati nazionali come
Pedersoli e Associati, Gianni Origoni
Grippo (quattro deal nel 2011), Russo de
Rosa Bolletta (tre deal nel 2011) e Bonelli
Erede Pappalardo (due deal nel 2011).
Infine, tra gli advisor tributari (tabella 5) si
ha una netta predominanza dello studio
Russo De Rosa Bolletta & Associati con
ben quindici mandati (sette nel 2011) confermando la posizione di primato nel
biennio 2010-2011. π
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tabella 3
rubrica
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rubrica
π Anatomia di un deal1
Osvaldo M. Baione
[email protected]
Le transazioni tra fondi di private equity
rappresentano una tipologia di deal frequente nel mercato, ed è proprio un secondary buy-out l’oggetto dell’attenzione
di questa rubrica. Nell’ultimo anno si registrano nove deal di questo tipo, che rappresentano circa il 10% delle operazioni
complessive registrate sul mercato italiano. Tale fenomeno conferma come una
percorribile strategia di exit sia la cessione ad altri “investitori istituzionali” il cui
razionale strategico può essere ricondotto
a diverse motivazioni.
Il deal in questione è quello che ha riguardato la società Vesevo nel 2011, operato
dal fondo Change Capital Partners 2 che
ha rilevato la maggioranza del pacchetto
azionario precedentemente detenuto dai
soci fondatori e dal fondo Quadrivio 1.
vede oggi il fondo Change Capital Partners 2 detenere il 63% del pacchetto azionario mentre i soci fondatori e il management il 30% delle quote e infine il fondo
Quadrivio 2 il restante 7%.
Con il contributo del dottor Ricciotti, amministratore delegato della management
company dei fondi Quadrivio, ripercorriamo in breve la storia della società dall’ingresso di Quadrivio nel capitale ad oggi.
Tra il 2005 e il 2006 l’azienda entra sotto
i riflettori del mondo degli operatori di
private equity; la potenziale target si trovava in una fase di espansione e pertanto il
fondo Quadrivio decide di investire in
maniera graduale fino a detenere nel
2007 il 47% del pacchetto azionario, eseguendo una tipica operazione full-equity
di expansion per sostenere la fase di crescita che l’azienda stava attraversando.
2011
2007
Tipologia operazione
Compratore
Venditore
Società target
1. I dati utilizzati fanno riferimento a notizie pubblicate su
fonti pubbliche, stampa, database
e stime interne. Si ringrazia il
dottor Ricciotti.
66
Secondary buy-out
Fondo CCP2
Soci fondatori-Fondo Q2
Vesevo spa
Vesevo Spa
Quota azionaria
Fondo CCP2
63%
Soci fondatori
30%
Fondo Q2
7%
Vesevo è la società che gestisce i ristoranti dal marchio “Rosso pomodoro”,
“Anema e cozze” e “Rosso sapore”, la catena di locali leader in Italia nella ristorazione “casual” di cucina tipica napoletana
(se ne contano più di 110 in Italia e una
decina all’estero). Nel 2010 si registra un
giro di affari nell’intorno dei 100 milioni
di euro. L’attuale compagine societaria
Vesevo spa
Quota azionaria
Fondo Q1
47%
Soci fondatori
53%
Le motivazioni che hanno spinto il management team del fondo Quadrivio 1 a investire, come ci racconta il dottor Ricciotti, sono riconducibili a due aspetti fondamentali, e cioè quello in primis di investire in un concept molto valido e interessante e secondo, ma non meno importante, quello di poter dialogare con ottimi imprenditori/manager per poter coniugare
le migliori competenze imprenditoriali
con una valida strategia.
La strategia alla base dell’investimento vedeva sostanzialmente quattro pilastri sui
quali imperniare lo sviluppo e l’espansione dell’azienda secondo Quadrivio: riorganizzazione della società, costruzione di
strumenti di supporto decisionali, sviluppo di una più incisiva e consapevole stra-
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2006-2007
Enterprise value
EBITDA
PFN
2011
Range 25-30 mln 53 mln circa
4 mln circa
6 mln circa
7 mln
1 mln
Nel 2011, quando il fondo Quadrivio decide di cedere la propria quota, si registrano diverse manifestazioni di interesse, il
fondo CCP2 vince un’asta competitiva;
come ci racconta il dottor Ricciotti, la scelta dell’acquirente, oltre a soddisfare le
condizioni economiche doveva anche e
soprattutto dare prosecuzione al percorso
messo in atto dall’azienda negli ultimi
anni e il fondo inglese, soprattutto in termini di espansione sui mercati internazionali, dava le credenziali adeguate.
Oggi, con l’ingresso del nuovo investitore,
si prosegue quindi una strada già tracciata, confermata anche dalla scelta di Quadrivio di continuare a credere nella società e nel suo percorso, riacquisendo una
quota minoritaria del capitale con il suo
secondo fondo. Si punta a consolidare il
mercato domestico e a sviluppare con
forti investimenti il mercato estero con
l’obiettivo per il prossimo quinquennio di
triplicare i punti vendita. π
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tegia del canale franchising e attuazione
di un concreto processo di internazionalizzazione.
Durante la permanenza del fondo Quadrivio 1 nel capitale dell’azienda, la stessa
ha messo in atto le seguenti azioni al fine
di proseguire il processo di crescita: una
nuova architettura organizzativa e societaria al suo interno; maggiore efficienza e
ingresso di nuove figure professionali all’interno della struttura; avvento di nuovi
strumenti decisionali attraverso i quali le
scelte potevano essere supportate da maggiori e più robuste considerazioni; nuova
enfasi alla politica del franchising; creazione di una scuola interna per affermare
sempre meglio la filosofia del gruppo e, in
ultimo ma molto importante, l’inizio di
un vero processo di internazionalizzazione con l’apertura di nuovi ristoranti in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone.
L’investimento di Quadrivio con il fondo
Q1 ha avuto un holding period di circa cinque anni nei quali i dati di seguito riportati evidenziano il buon esito dell’investimento sia per gli investitori sia per
l’azienda, considerando anche che il periodo temporale preso in considerazione
e nel quale si è sostenuto l’investimento è
stato caratterizzato da una forte crisi.
rubrica
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box
rubrica
il senior management assessment
IL PARERE DELL’ESPERTO
EDOARDO FERRARI, INTERNATIONAL SALES MANAGER EXPERIS ITALIA
[email protected]
LA VALUTAZIONE DEL CAPITALE UMANO IN UNO SCENARIO DI CAMBIAMENTO:
IL SENIOR MANAGEMENT ASSESSMENT
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Una famosa frase di Arthur Rock, il leggendario venture capitalist, recita “Quando ho commesso degli errori, per lo
più si è trattato della scelta delle persone, non delle idee”.
Il tema della valutazione del capitale umano è sempre
stato di fondamentale importanza nella riuscita di un investimento, che si tratti di attività di M&A o venture capital e partecipazione come General o Limited Partner. L’approccio alla valutazione, soprattutto nelle fasi preliminari
è tuttavia trascurato del tutto a favore di una focalizzazione assoluta su indicatori più tangibili o condotto secondo
criteri poco sistematici.
I criteri di valutazione e i risultati sono altrettanto validi in
scenari di cambiamento del modello di business o di
espansione, dove l’impresa affronta da sola il cambiamento e scenari di mercato nuovi. Il contesto attuale di forte
cambiamento del mercato, risorse più limitate e innalzamento del rischio intrinseco di ogni attività di investimento stanno riportando l’attenzione degli operatori e delle
imprese su un utilizzo migliore di asset già presenti in
azienda o una valutazione molto più accurata di nuovi inserimenti. Esiste infatti una correlazione molto forte (rispettivamente del 44% e del 47%) tra la qualità del top
management di un’azienda e il suo profit margin e quotazione del titolo.1
È utile circoscrivere il contesto su cui stiamo focalizzando
la nostra attenzione: stiamo cercando di descrivere un approccio corretto e redditizio all’attività di Senior Management Assessment come strumento per la mitigazione del
rischio e l’incremento delle probabilità di successo in uno
scenario di investimento e/o di merger. Se parliamo di Senior Management intendiamo la fascia di ruoli e funzioni
apicali in azienda che più comunemente sono denominate C-Suite. L’attività di assessment di questi ruoli è di
norma una delle componenti principali della practice defi-
68
nita Human Due Diligence che comprende anche la valutazione di indicatori facilmente misurabili (quali, per
esempio, dati relativi a compensation, turnover, processi
HR ecc.).
L’attività di assessment su ruoli apicali riprende in parte le
attività più tipiche che vengono condotte su altre categorie
di candidati (interni o esterni all’azienda) collocati in ruoli
di minore responsabilità. Le metodologie di assessment
sono svariate e possono essere a grandi linee suddivise in
attività che vengono condotte attraverso indagini di natura psicologica (con strumenti ad hoc e da persone con formazione specifica) o con orientamento al business/esperienza. Nelle indagini di natura psicologica gli strumenti
utilizzati più di frequente sono i test di ragionamento critico, le modalità definite come in-basket/inbox (dove si
sottopone il candidato a un’esperienza che lo porti a prendere decisioni e iniziative in un contesto che rappresenti le
caratteristiche che vogliamo misurare) o role-play (vera e
propria simulazione di situazioni reali). Sul lato di metodologie legate più al business/esperienza, le attività più
frequenti sono le interviste e le valutazioni a 360° del manager, solitamente appannaggio di operatori che non
hanno un’impostazione di formazione in psicologia. Le interviste possono essere condotte valutando il comportamento del candidato in specifiche circostanze passate, in
ipotetiche situazioni di business, indagando in maniera
esaustiva il percorso professionale o un mix delle tre modalità. Nel caso delle valutazioni a 360° si parte dal presupposto che una valutazione da parte dei peer del candidato
e delle risorse gestite si svolga per manager già inseriti nel
contesto aziendale (e hanno anche tempi più dilatati).
Non ci vogliamo dilungare nello specifico sui diversi tipi
di assessment, poiché da soli coprono un ambito di indagine vastissimo. È molto più interessante e utile capire in
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sui risultati conseguiti successivamente), nel 90% dei casi
un assessment ha individuato i ruoli chiave su cui si è fatta
attività di retention durante la due diligence o entro i primi
trenta giorni dall’announcement del deal.5
L’attività di assessment manageriale può essere portata
avanti da diversi operatori. Da questo punto di vista la
scelta è apparentemente molto ampia: queste attività
sono appannaggio di società di consulenza in ambito risorse umane (che non si specializzano nella ricerca del
candidato) e società di head-hunting che offrono questo
servizio come corollario all’attività di ricerca stessa, o alla
struttura HR dell’azienda stessa (se esistente, e capace).
La scelta del partner giusto è influenzata dal committente
dell’assessment, che deve valutare quanto un’eventuale
struttura HR debba entrare nel processo (anche per coadiuvare la conoscenza del contesto) o meno, anche in
virtù della possibile riservatezza dei dati e dei riscontri che
escono dall’assessment. In linea di principio, un operatore esterno ha dati e competenze stratificate più estese di
una struttura HR, e in casi dove è a rischio lo status quo
aziendale può offrire un risultato meno disincantato su
quali siano le risorse strategiche o il candidato esterno migliore del caso.
Per concludere, si può affermare con un elevato grado di
sicurezza che un’attività di assessment dedicata a ruoli di
Senior Management è un processo essenziale per facilitare il successo di un investimento, M&A o trasformazione
aziendale nell’asset che è fondamentale alla execution
della strategia aziendale, e che l’investimento in termini di
costi e tempo dedicato è sempre molto basso rispetto ai
potenziali ritorni nel medio termine.
1. Weiner N., Mahoney T., “A Model of Corporate Performance as Function of Environmental, Organizational and Leadership Influences”, The
Academy of Management Journal, 24 (3), 1981, pp. 453-470.
2. Carey D.C., The Human Side of M&A: How CEOs Leverage the Most
Important Assed in Deal Making, 2004.
3. Smart G.H., Management Assessment Methods in Venture Capital,
Claremont Graduate University, 1998.
4. Stamoulis D., Senior Executive Assessment. A key to responsible corporate governance, Wiley & Sons, 2009.
5. Harding D., Rouse T., “Human Due Diligence”, Harvard Business Review, April 2007.
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che cosa differisca un’attività di assessment per ruoli apicali rispetto ad altre tipologie di ruoli: in un ruolo apicale
risulta cruciale una corretta valutazione della capacità decisionale e dell’adattabilità a contesti di comando e cambiamento, oltre che un’analisi delle performance pregresse. Si è dibattuto a lungo sulla validità delle performance
passate nel determinare successi futuri della persona e,
tranne in casi estremamente specifici di completa aderenza del business, l’esperienza pregressa non è un indicatore affidabile dal punto di vista statistico.2 Uno degli studi
più importanti condotto sull’argomento ha dimostrato
che i diversi approcci che i VC hanno nella valutazione del
capitale umano ottengono risultati diversi. L’approccio
che combina una strategia di assessment manageriale
composta da elementi di valutazione attraverso testistica,
interviste (di norma comportamentali e situazionali), parametri di risultati economici, tutti presi con eguale dignità, e condotti con grande livello di dettaglio, ha ottenuto
correlazione positiva dell’80% dei casi sull’Investment
Rate of Return atteso da parte del VC.3
Uno degli aspetti più cruciali che deve essere sempre oggetto dell’indagine è la cultura dell’azienda: che essa sia
considerata fattore positivo o negativo (quindi da mantenere o da modificare) nel processo di valutazione del manager, i criteri di adattabilità culturale o di capacità di
change management della persona sono elemento di valutazione che il committente dell’assessment (VC o altri)
deve definire prima e con estrema precisione. In questo
senso è anche utile considerare i timing delle iniziative di
assessment: se si considera l’intero arco di tempo che impiega un assessment manageriale, esso può durare per
ogni singolo individuo da poche ore a più di un giorno.4
Queste unità di tempo, apparentemente irrilevanti, assumono grande importanza se prendiamo in considerazione
la circostanza che i manager in questione potrebbero
anche essere parte di un processo di selezione esterno, interno o misto. La fretta di chiudere e decidere può avere
effetti negativi sulla profondità della decisione da prendere. Il timing riguarda anche il momento in cui si effettua
una valutazione: su un campione di quaranta deal di acquisizione nei quindici casi di maggior successo (valutati
rubrica
69