il contratto di franchising

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il contratto di franchising
IL CONTRATTO DI FRANCHISING
1Il contratto di franchising è una forma di collaborazione tra aziende indipendenti, secondo regole
accettate e sottoscritte dalle parti: le parti che stipulano un contratto di tal genere vengono chiamate “franchisor”
(l’azienda che cede), “franchisee” (l’azienda che acquista). La pratica italiana parla di “affiliante” e “affiliato”. Di
origine statunitense, tale figura contrattuale è oggi diffusa nel settore dell’abbigliamento (catene Benetton), della
distribuzione di prodotti petroliferi ed anche nel campo della prestazione di servizi (catene di alberghi, di agenzie
di viaggio, e via di seguito). Esso ha quindi un vasto campo di applicazione, in quanto può riguardare non solo la
vendita di beni (ed avremo in tal caso il cosiddetto “franchising di distribuzione”) ma anche la produzione di beni
(cosiddetto “franchising di produzione”) o la distribuzione di servizi (“franchising di servizi”); anzi, spesso la pratica ci
presenta forme di franchising che sono nel contempo sia di produzione che di distribuzione di beni e servizi. In
dottrina si è osservato che il franchising presenta delle affinità operative con un’altra forma contrattuale anch’essa
molto diffusa nella distribuzione, vale a dire il “contratto di concessione di vendita”2. Senza volerci troppo dilungare su
tale istituto contrattuale, è qui il caso di ricordare che nella concessione di vendita si verifica una più limitata
forma di ingerenza del concedente nell’attività commerciale dei concessionari, i quali, in ogni caso, mantengono
l’organizzazione dei singoli punti vendita. Tale forma di ingerenza è di solito riassunta da clausole contrattuali che
impongono3:
- un’efficiente organizzazione di vendita;
- l’acquisto di quantitativi minimi di merce a scadenze determinate e la detenzione di un minimo di scorte
e di pezzi di ricambio;
- la pratica di prezzi e di condizioni di rivendita prestabiliti dal produttore;
- la fornitura di assistenza tecnica alla clientela dopo la vendita;
- controlli periodici da parte del concedente sull’efficienza dell’organizzazione di vendita.
Per tali motivi, la concessione di vendita non è risolubile nello schema del contratto di vendita 4,
“sottraendosi anche all’integrale inquadramento nello schema della somministrazione con esclusiva a favore del
somministrato”5.
Il franchising si caratterizza comunque rispetto alla concessione di vendita per il fatto che l’affiliato:
a) è sempre tenuto ad utilizzare i segni distintivi (marchio ed insegna) dell’affiliante ;
b) è tenuto ad adeguarsi completamente ai modelli operativi prefissati dell’affiliante in modo uniforme
per tutti gli affiliati e che coinvolgono ogni aspetto dell’attività di distribuzione (allestimento dei locali, pubblicità,
condizioni di vendita ecc..).
L’immagine sul mercato dei distributori finisce perciò con l’identificarsi con quella del produttore,
spingendo il pubblico a pensare che sia il produttore stesso ad agire come distributore dei prodotti.
L’accordo di franchising presenta pertanto un contenuto più complesso della concessione di vendita: in
esso confluiscono una pluralità di prestazioni tipiche di altri contratti nominati (licenza d’uso di segni distintivi,
somministrazione, appalto di servizi, locazione o comodato di beni mobili od immobili), tutte unitariamente
finalizzate alla realizzazione della piena integrazione economica tra affiliante e affiliato.
Da quanto detto in precedenza è facile dedurre che si è in presenza di un classico contratto atipico 6, la
cui disciplina convenzionale non manca tuttavia di sollevare delicati problemi di tutela degli affiliati soprattutto
Per una completa trattazione sulla figura giuridica del franchising si rimanda, tra gli altri, a: G. Fauceglia, Il franchising: profili sistematici e
contrattuali, Giuffré, Milano, 1988, pp. 11 e ss.
2 Si noti che, talvolta, la denominazione è usata anche per contratti nominati (come, ad esempio, l’agenzia, la commissione, e la
mediazione) che si distinguono dal contratto in questione in quanto tali intermediari non acquistano la proprietà della merce che
contribuiscono a collocare sul mercato e non assumono perciò su di sé il rischio della mancata rivendita. Nettamente diverso è perciò il
ruolo economico degli stessi svolto rispetto ai distributori integrati: cfr. R. Pardolesi, I contratti di distribuzione, Jovene, Napoli, 1979, pp. 2 e
ss.
3 Per una più dettagliata esposizione del contenuto tipico dei contratti di concessione di vendita si rimanda a: O. Cagnasso, Concessione di
vendita. Profili di qualificazione, Giuffré, Milano, 1983, pp. 17 e ss.
4 Cagnasso configura la concessione di vendita come contratto misto di somministrazione e di mandato: cfr. O. Cagnasso, Concessione di
vendita. Profili di qualificazione, op. cit.
5 G. F. Campobasso, Diritto commerciale, 3, UTET, Torino, 1999, p. 36.
6 Trib. Milano, 30 aprile 1982, in “Foro it.” 1982, I, p. 2042 con nt. di Pardolesi, che, sulla base del fondamento unitario dei diritti e degli
obblighi delle parti, ha inibito, con provvedimento di urgenza, all’affiliato, inadempienti all’obbligo di pagare le forniture, l’uso dei segni
distintivi dell’affiliante. In dottrina si veda al proposito: G. Fauceglia, Il franchising: profili sistematici e contrattuali, Giuffrè, Milano, 1988,
pp.162 e ss.
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per quanto riguarda la cessazione del rapporto7. Si badi comunque che, dal punto di vista prettamente
economico, rispetto ad altri rapporti tra aziende (ad esempio, il contratto di concessione di vendita) il contratto di
franchising è fortemente innovativo: le conoscenze acquisiste nel tempo da un produttore di beni o servizi,
vengono solitamente mantenute segrete per non agevolare la concorrenza, specie se queste si sono rivelate
strumento di successo. Nel franchising è invece interesse delle parti che queste vengano scambiate e che tutti
partecipino allo sviluppo e alla pratica attuazione di nuove conoscenze. Più specificatamente, nel rapporto di
franchising un’azienda che possiede un’esperienza di valore la concede ad altre aziende contro particolari
corrispettivi e a determinate condizioni. Oltre all’esperienza, l’azienda concedente può cedere l’uso del marchio e
di altri propri contrassegni per distinguere i prodotti o servizi forniti anche dall’azienda in avviamento.
È interessante notare che il franchising pone in essere un rapporto continuativo tra le parti mediante il
quale da un lato si attua gradualmente nel tempo il trasferimento di conoscenze, contemporaneamente si fa
partecipare l’affiliato all’organizzazione dell’affiliante per cui anche l’attività dell’affiliato diventa occasione di
conoscenza per l’intera organizzazione.
Non abbiamo mancato di far notare come, fino ad oggi, in Italia non esistesse alcuna regolamentazione
ad hoc per il franchising, che quindi doveva essere qualificato come un contratto atipico disciplinato dalle regole
generi previste dal codice civile. L’importanza sempre crescente del fenomeno ha però sensibilizzato il nostro
legislatore, facendogli avvertire in maniera sempre più pressante l’esigenza di tutelare i contraenti (ed in
particolare il franchisee, notoriamente parte più debole del rapporto): ecco spiegate brevemente le ragioni che
hanno portato alla recente approvazione della legge 6 maggio 2004, n. 129, che regola l’affiliazione commerciale,
la quale è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 del 24 maggio 2004. Queste nuove disposizioni
prevedono obblighi sia per l’affiliante, sia per l’affiliato, che andremo in appresso ad esaminare più
dettagliatamente. A livello introduttivo, è comunque interessante notare che per l’operatività della L. 129/2004
non è prevista alcuna vacatio legis: pertanto, la normativa in questione è da subito applicabile a tutti i contratti in
corso. Le regole sono quindi entrate in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
e sono applicabili a tutti i contratti di affiliazione commerciale, compresi quelli in corso nel territorio dello Stato.
Per quanto riguarda gli accordi di affiliazione commerciale già stipulati, ma che non siano stati redatti per iscritto,
dovranno essere regolarizzati entro un anno. Inoltre, entro il 25 Maggio 2005 anche i contratti redatti per iscritto,
ma che non siano conformi alle prescrizioni della legge 129, dovranno essere adeguati: la ratio di tale disposizione
è ovviamente quella di fornire regole chiare e precise ad un settore con grande vitalità, a garanzia di entrambe le
parti contraenti.
Passando ad un esame più particolareggiato delle disposizioni, possiamo affermare che la L. 129/2004 si
applica a tutti gli accordi in cui fra due soggetti, economicamente e giuridicamente indipendenti, si preveda,
dietro corrispettivo, che una parte conceda all’altra la disponibilità di un insieme di diritti di proprietà intellettuale
o industriale (ad esempio, marchi, brevetti, insegne, know – how, ecc.), inserendola in un sistema costituito da
una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. La legge
disciplina inoltre anche i contratti di franchising con i quali un’impresa concederà ad un’altra il diritto di stipulare
a sua volta accordi di affiliazione con i terzi.
Emerge chiaramente l’obiettivo di tutela della parte debole contrattuale, il che, tra l’altro, è chiaramente
evidenziato anche dai comportamenti precontrattuali che le parti devono tenere. Infatti, ai sensi dell’art. 6, “le
parti non devono tenere per sé alcun tipo di informazione inerente al rapporto che andranno a costituire”. In
particolare, “l’affiliante non può tacere notizie ed informazioni relative, ad esempio, all’indicazione
dell’investimento totale, ai costi di tassa d’ingresso, ai risultati di ricerche di mercato e quant’altro vada ad influire
direttamente o indirettamente” sul rapporto di franchising.
Forma, contenuto del contratto, come pure obblighi dell’affiliante e dell’affiliato sono accuratamente
definiti dal legislatore. In particolare, per ciò che riguarda la forma, l’articolo 3 della legge 129 stabilisce una
forma scritta a pena di nullità. Inoltre, il terzo comma del su menzionato articolo fissa una durata minima
triennale del contratto di franchising, nel caso in cui il contratto sia a tempo determinato. Esso dovrà inoltre
espressamente indicare l’ammontare di spese e investimenti a carico dell’affiliato prima di iniziare l’attività, le
modalità di calcolo e di pagamento delle royalties a carico di quest’ultimo, l’ambito dell’eventuale esclusiva
territoriale, le caratteristiche del know how e dei servizi di assistenza e consulenza forniti dall’affiliante. Devono poi
Secondo Campobasso, “il mancato rinnovo del contratto alla scadenza o il recesso ad nutum con breve preavviso (quando il contratto è a
tempo indeterminato) possono infatti prestarsi ad abusi a danno dell’affiliato, esposto al rischio di perdere tutta ala clientela e di non poter
recuperare ( in tutto o in parte) gli investimenti per l’allestimento del punto di vendita e per l’acquisto delle scorte di merce. Non sono per
altro mancati interventi correttivi a riguardo della giurisprudenza”: G. F. Campobasso, Diritto commerciale, 3, op. cit. , p. 38; R. Pardolesi, I
contratti di distribuzione, op. cit. , pp. 299 e ss. In giurisprudenza, a tale proposito, si veda, tra l’altro, Pret. Roma, 11 giugno 1984, in Giur. it.
1985, I, 2, p. 710, con nt. di Frignani, in presenza di un rapporto a tempo indeterminato risolto con preavviso di tre mesi e mezzo, ha
disposto con provvedimento di urgenza la prosecuzione del contratto per altri 10 mesi al fine di consentire lo smaltimento delle scorte.
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essere esposte con chiarezza le caratteristiche dei servizi offerti dall’affiliante in termini di assistenza tecnica e
commerciale, progettazione ed allestimento, formazione e le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale
cessione del contratto.
Uguale attenzione è poi riservata anche agli obblighi delle parti contraenti.
Gli obblighi del franchisor (o affiliante) sono (art. 4):
- aver testato per almeno due anni la propria formula commerciale con almeno due punti vendita;
- segnalare costi dell’investimento, minimo di vendite, specificazione delle know how, condizioni di
rinnovo contrattuale e cessione del contratto;
- specificare una serie di informazioni (oltre al bilancio degli ultimi tre anni, se richiesto), che vanno
dall’indicazione dei marchi alle variazioni della rete degli affiliati. Nei novanta giorni successivi all’entrata in
vigore della legge il Ministero delle Attività Produttive dovrà poi precisare le informazioni che dovranno essere
comunicate dagli affilianti i quali, per la prima volta, si affacciano sul mercato italiano;
- qualora l’accordo sia a tempo determinato, l’obbligo di garantire alla controparte una durata minima
sufficiente per l’ammortamento dell’investimento.
Gli obblighi del franchisee (o affiliato) sono (art. 5):
- il divieto di trasferire la sede senza consenso del franchisor;
- l’impegno ad osservare e a fare osservare ai dipendenti la massima riservatezza sull’attività commerciale.
Ad ulteriore conferma della tutela di una corretta gestione del rapporto contrattuale milita del resto il
primo comma del già richiamato art. 4, ai sensi del quale “almeno 30 giorni prima della sottoscrizione di un
contratto di affiliazione commerciale l’affiliante deve consegnare all’aspirante affiliato copia completa del
contratto da sottoscrivere, corredato” di tutti quei dati che abbiamo in precedenza sintetizzato come obblighi a
carico di tale parte. La correttezza dell’informazione è pertanto sancita dalla legge con il massimo rigore: infatti,
ai sensi dell’art. 8, è previsto anche l’annullamento del contratto nei casi di false informazioni8.
Le suddette norme mirano quindi ad un consolidamento del rapporto tra le due parti, oltre che ad una
più volte richiamata trasparenza nell’intero rapporto contrattuale, il che, ovviamente, contribuisce non
indifferentemente al consolidarsi dello stesso. Il legislatore non ha comunque trascurato l’ipotesi di eventuali
patologie del rapporto contrattuale. Infatti, qualora dovessero sorgere liti all’interno del rapporto, è previsto
l’obbligo di adire in via preventiva un tentativo di conciliazione davanti alla C.C.I.A.A. della provincia in cui ha
sede il franchisee. Nel caso in cui tale tentativo dovesse fallire, allora si aprono due ulteriori possibilità:
- adire l’autorità giudiziaria competente;
- ricorrere all’arbitrato, qualora ciò sia previsto contrattualmente.
Possiamo affermare, alla luce delle disposizioni circa le eventuali patologie del contratto di affiliazione
commerciale, la ferma volontà di tutelare l’affiliato conferendo la competenza a dirimere la controversia alla
Camera di Commercio del territorio ove lo stesso risiede e non a quella del franchisor.
Con riguardo agli accordi già in essere, qualora non risultino conformi con le nuove previsioni, è posto
un obbligo:
- per quelli stipulati oralmente di essere formalizzati per iscritto entro un anno dall’entrata in vigore delle
nuove norme;
- per quelli, invece, che prevedono clausole contrarie a quelle ora imposte dalla legge, di essere adeguati
sempre entro lo stesso termine.
In conclusione, possiamo affermare che la legge 129/2004, oltre a coprire una lacuna normativa di lunga
durata che penalizzava un settore non indifferente della nostra economia, ha voluto tutelare in maniera piena e
completa, cercando di garantire la maggiore trasparenza possibile al contratto di affiliazione commerciale.
Domenico Lamanna Di Salvo
Docente presso la libera Università di Bolzano
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Ad esempio, nel caso in cui il franchisor fornisca indagini di mercato false.
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