Neruda - Cinema Primavera
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Neruda - Cinema Primavera
è poesia. Tutto informa: la Storia, i Popoli, i loro oppressori, il film stesso. La forma biopic progressivamente svanisce e nascono altre immagini, infettate dallo sguardo del poeta. Irreali ma definitivamente più vere. Così, la demistificazione della dittatura e della sua retorica mortificante e mortifera, incarnata da un draculesco Videla (Alfredo Castro) e dal suo scagnozzo Peluchoneau (Gael Garcia Bernal), passa dall’incantesimo di uno sguardo immaginativo, ironico, onirico, libero. Uno sguardo visivamente sostanziato da contrappunti sonori, finti raccordi, continui raddoppiamenti, fondali posticci e atmosfere flou. Al potere politico, esangue e senza immaginazione, si contrappone quello creatore e vitale dell’Arte: l’uno vuole sottomettere, l’altro elevare. La Storia per Larraín è un insanabile scarto tra l’Utopia e la vita (un tema che Jackie svilupperà ulteriormente): quando un’attivista del partito chiede a Neruda se dopo la rivoluzione comunista gli uomini saranno tutti come lei “che pulisce la merda dei borghesi dall’età di 11 anni” o tutti come lui “che fa la colazione a letto e l’amore in cucina”, il poeta resta turbato. L’arte non cambia il mondo, promettendo però di cambiarlo gli dà senso. Ispira, consola e sana. Soprattutto quella civile, come Larraín fa dire al suo narratore, l’ispettore Peluchoneau. Quest’ultimo che vorrebbe arrestare il poeta (pazzia!) è vanitoso tanto quanto il Neruda che vorrebbe farsi arrestare per morire da martire. La Storia ricorderà solo il secondo, Larraín risarcisce entrambi. Perché a differenza della vita, nella poesia - e nel cinema - non esistono personaggi secondari. Ci sono sempre e soltanto uomini. Gianluca Arnone www.cinematografo.it 11 Ottobre 2016 Mercoledì 7 dicembre, ore 16.30 - 19 - 21.00 Giovedì 8 dicembre, ore 19.00 - 21.00 Un film di Pif con Pif e Andrea Di Stefano New York, 1943. Arturo Giammarresi, palermitano trapiantato in America, sogna di sposare la bella conterranea Flora, ma lei è già promessa a Carmelo, figlio del braccio destro di Lucky Luciano. L'unico modo per ottenere la mano di Flora è quello di chiederla direttamente al padre della donna, rimasto in Sicilia. E siccome anche gli Alleati stanno per sbarcare in Trinacria, Arturo si arruola nell'esercito americano e approda nel paesino di Crisafulli dove comandano, in ordine sparso, la Madonna, il Duce, il boss locale Don Calò e un pugno di gerarchi fascisti. MERCOLEDí 30 NOVEMBRE 2016, ORE 16.30-19.00-21.00 GIOVEDí 1° DICEMBRE 2016, ORE 19.00-21.00 VENERDí 2 DICEMBRE 2016, ORE 21.00 Il cast tecnico. Regia: Pablo Larraín. Sceneggiatura: Guillermo Calderón. Fotografia: Sergio Armstrong. Montaggio: Hervé Schneid. Scenografia: Estefanía Larraín. Musica: Juan Federico Jusid. Origine: Argentina-Cile-SpagnaFrancia, 2016. Durata: 1h47. Gli interpreti. Luis Gnecco (Pablo Neruda), Gael García Bernal (Oscar Peluchonneau), Mercedes Morán (Delia del Carril), Diego Muñoz (Martínez), Pablo Derqui (Víctor Pey), Michael Silva (Álvaro Jara), Alfredo Castro (Videla) La trama. Cile, 1948. Il governo di Videla, eletto grazie ai voti della sinistra, sceglie di abbracciare la politica USA e di condannare il comunismo alla clandestinità. Pablo Neruda, poeta, senatore e massima personalità artistica del Paese, avversa questa decisione, fino a diventare il ricercato numero 1. In accordo con il partito comunista, Neruda sceglie l'esilio anziché il carcere, ma per riuscire a fuggire deve fare i conti con Oscar Peluchonneau, l'ispettore di polizia che Videla sguinzaglia contro di lui. Non pensate che il nuovo film del geniale regista cileno (...) sia una biografia del grande scrittore. Mai rilettura di un personaggio leggendario fu più libera e irriverente. Mai una figura monumentale come quella dell'autore di 'Canto general' è stata insieme evocata e sbeffeggiata, celebrata e reinventata con più estro, divertimento, passione che in questo film inventivo e entusiasmante dalla prima all'ultima scena. Ma anche saldamente ancorato a una realtà storica precisa, malgrado il tono spesso surreale: il 1948, l'anno in cui Neruda, ormai leggenda vivente della sinistra mondiale, è costretto a fuggire dal voltafaccia del presidente cileno Videla. (...) Anche se non è tenero con il protagonista (un rotondo, obliquo, molteplice, meraviglioso Luis Gnecco), 'Neruda' non dissacra e non smitizza. Al contrario. Esalta il ruolo creatore di quel poeta che modella il suo persecutore (un logico, affilato, disperato Gael García Bernal). Fino al lancinante dubbio finale, espresso in quel dialogo impossibile ma vero, una delle mille invenzioni della sceneggiatura di Guillermo Calderón, tra la moglie di Neruda e il poliziotto circa il loro peso narrativo in quella storia. Si pensa a un altro grande esule cileno, Raul Ruiz, a De Oliveira, a Borges e al suo 'Tema del traditore e dell'eroe'. Ma in fondo non servono troppi riferimenti. Come tutti i capolavori, 'Neruda' basta a se stesso. Fabio Ferzetti Il Messaggero 13 Ottobre 2016 Un film eccellente e secondo noi superiore a molti dei sopravvalutati titoli precedenti di Pablo Larraín «Neruda» fa fatica a rientrare nel formato del biopic perché trasforma, sulla scorta della sceneggiatura di Guillermo Calderón, una delle più drammatiche fasi della vita del poeta premio Nobel in un ritratto ambiguo, spiazzante, visionario nonché felicemente estraneo al consueto canone agiografico. (...) Con un furbo guizzo registico, che peraltro combacia perfettamente con la realtà, il film dota il protagonista di caratteristiche tutt'altro che sacrali o irreprensibili: grazie anche all'ottima incarnazione di Luis Gnecco (...). Lo scorcio biografico non s'accontenta della vittoria della buona (o presunta tale) politica contro le nequizie della dittatura, ma cerca e ottiene la massima potenza nel transfert finale sulla cordigliera andina degno di un neowestern di Tarantino. Valerio Caprara Il Mattino 13 Ottobre 2016 L'impresa temeraria di un film che si fa poesia senza essere banalmente poetico. La provocazione di raccontare eventi notissimi della Storia recente immergendoli in un'atmosfera misteriosa e sospesa, come quella che accompagna la nascita delle grandi opere d'arte. Solo Pablo Larraín, il talentuoso regista cileno (...) poteva dedicare a uno dei massimi protagonisti della letteratura mondiale, un'opera affascinante come 'Neruda', lontana anni luce dalle semplificazioni di un biopic, eppure capace di restituire appieno l'anima controversa del protagonista (...). Fulvia Caprara La Stampa 13 Ottobre 2016 Il poeta e il poliziotto: esiste un modo per dire al cinema lo scontro tra lirica e legge, letteratura e politica, libertà e potere? Autore tra i più intelligenti e personali degli anni 2000 (...), Larraín cerca più l'essenza che l'esistenza di Neruda, costruendo una caccia all'uomo come percorso interiore tra l'inseguito e l'inseguitore, infine due parti della stessa medaglia, l'uomo. (...) il gioco al gatto e al topo con il prefetto di polizia trascende i fatti e diventa un percorso metafisico. Titolo aperto, come l'opera, non è un tentativo di biografia, ma una sorta di 'nerudiade', purtroppo afflitta nel finale da prosaiche ripetizioni. Potente la carnalità, la fresca corruttela creativa, del Neruda di Luis Gnecco. Antagonista giusto Bernal. Silvio Danese Il Giorno 13 Ottobre 2016 (...) Pablo Larraín ha diretto un altro ritratto storico (...) lontanissimo dai luoghi comuni delle biografie filmate ma capace di aprirsi con una riflessione bella e affascinante sul rapporto tra i singoli e la Storia e sul fascino della narrazione come specchio (e prigione) per i suoi personaggi. Così, invece di inseguire un'impossibile ansia di esaustività si concentra su una piccola porzione di vita (...). Se da una parte la sceneggiatura di Guillermo Calderón racconta con una certa disinvoltura le varie tappe della fuga di Neruda (...) dall'altra la regia di Larraín sembra giocare con questa vaghezza cronologica per spostare l'attenzione dello spettatore sul confronto «a distanza» tra il poeta fuggitivo (Luis Gnecco) e il testardo prefetto di polizia Oscar Peluchonneau (Gael García Bernal). Intanto, qual è la vera faccia di Neruda? La sua vera essenza? II film sembra divertirsi a sottolineare le sue contraddizioni umane e politiche. (...) Larraín, che gioca con il tempo (difficile capire dal film che quella fuga durò 13 mesi) e con lo spazio (cambiando spesso ambientazioni, per finire su una cordigliera innevata che sembra il Montana del vecchio West), trasforma un fatto storico in una riflessione sulla forza della poesia e usa la materia romanzesca del film per continuare la sua ricerca sulla forza dell'immagine e su come l'apparire finisca per dare nuove forme anche alla realtà. Paolo Mereghetti Il Corriere della Sera 12 Ottobre 2016 Come nel Pifferaio di Hamelin, il cinema di Pablo Larraín vive di una fascinazione totale e spesso pericolosa per il suo oggetto, come se inquadrare il mondo, un mondo, significhi anche introiettarlo, lasciarsene riempire. Lo sguardo che riconfigura il reale non proviene da un fantomatico “fuori”, ma dal suo stesso ventre, là dove si immerge l’occhio larraìniano. E’ l’opera che fa l’autore. Tutto questo per dire che Neruda, altro grande film del regista cileno, è quanto di più lontano dal precedente El Club (che era a sua volta diverso da No), ma funziona allo stesso modo: là era lo sguardo ambiguo e quasi patologico a dire del peccato tergendosi nel peccato, qua è la poesia stessa a contaminare il biopic sul poeta. Un biopic che, come in una pedana mobile, porta avanti il contenuto (l’incorporeo) e indietro il contenitore (l’individuo Neruda). L’uomo si maschera di continuo (per sfuggire alla polizia di Videla), la sua parola invece resta sempre sé stessa. D’altra parte il contenuto di Neruda (l’ottimo Luis Gnecco)