Intervista - La dignità spirituale

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Intervista - La dignità spirituale
La dignità spirituale
Intervista a Laura Boggio Gilot
1) Quando si tratta di definire la dignità spirituale si sarebbe tentati di farlo in
modo negativo, cioè affermando piuttosto ciò che la dignità non è ...
La dignità spirituale è uno stato di coscienza transpersonale che sintetizza le più alte
qualità dell'Anima, dall'umiltà, all'armonia, alla saggezza discriminante, all'amore
incondizionato e alla dedizione al percorso meditativo. È uno stato di onnipresenza
sattvica, e corrisponde a una condizione interiore di tranquillità, ordine, consapevolezza,
apertura, profonda pace ed equanimità, in cui si può realizzare una chiarezza di
percezione capace di trascendere l'inconsapevolezza ego-centrata.
Nella Triplice via del fuoco, Raphael afferma: “Nella frammentazione egoica non c'è
Dignità; nel soggiacere all'istinto, all'emozione, alla passione e all'idealizzazione non c'è
Dignità; nel renderti coscienza di massa non c'è Dignità; nell'essere debole non c'è
Dignità; nell'essere violenti non c'è Dignità; nell'essere fanatici non c'è Dignità; nella
credulità non c'è Dignità; nel disprezzare gli altri non c'è Dignità; nella dipendenza fisica o
psichica non c'è Dignità; nell'odiare non c'è Dignità; nell'essere carichi di irrequietezze e di
desideri non c'è Dignità. Per vivere con Dignità occorre avere un preciso orientamento
interiore. Non sono le parole in sé stesse che penetrano e incidono, ma l'effluvio della
Dignità interiore e sulfurea. Occorre svegliare in sé una qualità invisibile, ma penetrante,
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che richiami le Potenze sovrasensibili” .
2) Come si manifesta questo stato di coscienza in un sadhaka, il praticante in
un percorso di trasformazione interiore?
Risultato del percorso di trasformazione del meditante, la dignità spirituale comincia ad
apparire quando l'operare della pratica porta come dono l'alba della discriminazione e la
corrispondente perdita dell'immagine illusoria di sé stessi. Da questo può partire quel
processo di purificazione profonda che dona armonia alle forme dell'individualità: sinché si
è schiavi di un'immagine illusoria di sé, prodotta dalla distorsione dei filtri percettivi intrisi
di meccanismi difensivi e sistemi selettivi di identificazione, non può cominciare il
processo profondo della purificazione mentale: come si farebbe, infatti, a purificare ciò
che non si vede ancora, ed è nascosto dal velante e tamasico torpore?
3) Come si attua dunque la purificazione nel contesto della pratica
meditativa?
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Raphael, La triplice via del fuoco, Asram Vidya, Roma 1986, pag. 71.
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Per il meditante che sta superando l'illusorietà egocentrica, la purificazione investe tutte le
aree della sua individualità a cominciare dal corpo.
Un corpo purificato mostra armonia nelle sue forme esteriori e usa i sensi con
discernimento. Il corpo dignitoso è pulito, ordinato e vestito con modalità non sgargianti, i
sensi agiti con dignità sono usati con rispetto della loro natura e si appuntano su forme
armoniose nella consapevolezza che tutto ciò che essi colgono viene interiorizzato e
compone le forme mentali. Così la vista, rispettata nella sua dignità, si appunta sulla
bellezza, le orecchie sul suono della musica sacra, l'olfatto sugli odori della natura o sui
profumi di incenso e il gusto sui cibi delicati e naturali.
La purificazione si estende dal corpo alla mente, quando si cominciano a
trasformare non solo i pensieri ostili e sciocchi, ma anche quelli inutili, e si è in grado di
sostare nel silenzio, accogliente e vigilante, che dissolve il chiacchiericcio mentale e il suo
disturbo, nella possibilità di chiarezza percettiva e calma mentale.
4) Rendere dignitosa la mente sembra coinvolgere un processo più difficile di
quello sotteso alla purificazione del corpo, per attuare la quale si richiedono,
almeno in apparenza, più che altro cambiamenti di abitudini e atteggiamenti
consolidati...
Per rendere dignitosa la mente bisogna avere acquisito l'arte della centralità della
coscienza e il dominio sul flusso del pensiero, che è il risultato della pratica incessante di
autosservazione, la “Coscienza Osservante”, e della sua inclusiva potenza testimoniante.
Osservare e rettificare il pensiero come ci ha insegnato Raphael, è il retto incedere
del vedantino, così si arriva al pensiero dignitoso per eccellenza che è quello nondualistico, che include gli opposti ed ha superato ogni divisione, nella comprensione che
tutto ciò che esiste nello schema della realtà è al suo giusto posto e non merita né rifiuto,
né antagonismo, né contrapposizione, né sdegno, né paura.
Dimorante nel distacco e nell'equanimità di una coscienza vuota, la mente dignitosa
e non dualistica, perché resa veramente pura, non è incapace di distinguere il male dal
bene, ma, diversamente dalla mente impura, è capace di comprendere le ragioni
profonde delle cose così come sono, e in questa divina comprensione perde verso di
esse desiderio, reattività e avversione.
Come diceva Maslow: “Se pensassimo come Dei, non criticheremmo né
biasimeremmo mai nessuno, non saremmo mai né delusi, né scandalizzati”.
5) Esiste, in base alla sua esperienza di meditante e di Istruttore di
meditazione, qualche pericolo nell'intraprendere questo lavoro di
purificazione?
Nell'incedere verso lo sviluppo di un pensiero non dualistico il rischio è la pre-transconfusione; per esempio, confondere gli aspetti narcisistici con quelli aspirativi, ovvero la
comprensione con l'iperindulgenza o l'equanimità con la passività: queste confusioni
arrestano naturalmente il processo di autorealizzazione e di liberazione dall'ignoranza e
dall'egoismo che richiede pronta discriminazione e trasformazione.
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6) Vi sono altri aspetti della purificazione da curare oltre al corpo e al
pensiero?
Oltre il corpo e il pensiero, la purificazione mentale comprende il sentimento. Il sentimento
puro è ricco di generosità, compassione e pazienza, capacità di perdono ed empatia,
mentre è incapace di indifferenza, di risentimento e di invidia.
Per rendere il sentimento puro è vano reprimere le pulsioni e le emozioni negative,
ciò che occorre è il riconoscimento umile di queste ultime, onde risalire alla loro causa ed
alle connessioni con il pensiero negativo. Per lo più è il pensiero illusorio e ostile a
generare le emozioni negative, e senza una modificazione del pensiero, non è possibile
modificare le emozioni.
Se la sostituzione del pensiero non basta occorre trovare il giusto e temperato modo
per una elaborazione delle energie emotive: quivi, spesso, è proprio la psicoterapia
transpersonale che può andare in aiuto al meditante in difficoltà.
Corpo, pensiero e sentimenti resi dignitosi perché splendenti di purezza,
costruiscono uno stato di armonia e di perfetta unità con la vita, liberando le qualità
sattviche dell'Anima ed i suoi archetipi che hanno potere risanante sulle afflizioni della
personalità e sulla sua fragilità.
Le qualità che compongono un'individualità pura e informano la dignità spirituale,
nonché l'itinerario atto a realizzarle, rispondono alla domanda presente nell' “Imitazione di
Cristo”: “chi è colui che ama il bene e la pace”?
Colui che ama il bene e la pace è lo stesso che si incammina con coraggio nel
sentiero della non-dualità e ne acquisisce la virtù e la visione, e ne sviluppa la forza e la
pazienza, risvegliandosi e risvegliando l'eterna dignità dell'Anima e, con essa, quella sua
divina potenza creativa che è l'amore.
7) Come contribuisce la psicologia transpersonale al raggiungimento della
dignità spirituale?
La ricerca transpersonale che procede accostando alla tradizione scientifica i principi della
Tradizione meditativa, ci lascia comprendere che le discipline per raggiungere la dignità
spirituale sono le stesse che costruiscono gli alti gradi di salute mentale e di sviluppo della
coscienza: la via della dignità spirituale è la stessa via della pace del cuore e di un vivere
sereni con pienezza e significato.
Tali discipline sono: la pratica della coscienza osservante, lo studio applicato della
saggezza tradizionale, la ricerca del silenzio e della solitudine, le discipline di austerità
estese al corpo, alla parola, al pensiero ed al comportamento e, infine, la retta azione
donata alla vita senza attaccamento ai frutti.
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