Appunti di Analisi I

Transcript

Appunti di Analisi I
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
ARGOMENTI NECESSARI DI ANALISI MATEMATICA I
0.SIMBOLOGIA
τ (tau) (x; y.z) = teorema a pagina x; numero y punto z.
δ (delta) (x; y.z) = dimostrazione del teorema a pagina x; numero y punto z.
λ (lambda) (x) = definizione a pagina x.
α (alfa) (x) = assioma a pagina x.
π (pi) (x; y.z) = proposizione pagina x; numero y punto z.
χ (chi) (x; y.z) = corollario pagina x; numero y punto z.
1.INSIEMI E NUMERI
λ Minimo: Se esiste un elemento a di A che è minore di ogni altro elemento di A, a si dice il minimo di A e si scrive
a=min A.
λ Massimo: Se esiste un elemento b di B che è maggiore di ogni altro elemento di B, b si dice il massimo di B e si
scrive b=max B.
λ Estremo inferiore: L’estremo inferiore di un insieme A sottoinsieme R è il più grande dei minoranti di A (se esiste).
λ Estremo superiore: L’estremo superiore di un insieme A sottoinsieme R è il più piccolo dei maggioranti di A (se
esiste).
τ (27; 5.3) Relazione fra minimo ed estremo inferiore: Se A sottoinsieme R ha minimo a, allora a è anche estremo
inferiore di A. Viceversa, se A ha estremo inferiore a, e a appartiene ad A, allora a è anche il minimo di A.
τ (27; 5.3) Relazione fra massimo ed estremo superiore: Se B sottoinsieme R ha massimo b, allora b è anche estremo
superiore di B. Viceversa, se B ha estremo superiore b, e b appartiene ad B, allora b è anche il massimo di B.
τ (28; 5.5) Caratterizzazione dell’estremo superiore e inferiore: Sia A un sottoinsieme di R. Un numero a
appartenente ad R coincide con sup A se e soltanto se: x è minore o uguale ad a qualunque sia x appartenete ad A; per
ogni a primo appartenente ad R tale che a primo minore di a, deve esistere un x appartenente ad A per cui a primo
minore di x. Analogamente, un numero b appartenente ad A coincide con inf A se e soltanto se: b minore o uguale ad x,
qualunque sia x appartenente ad A; per ogni b primo appartenente ad R tale che b minore di b primo, deve esistere un x
appartenente ad A per cui x minore di b primo.
α (34) Proprietà di completezza: Sia A un sottoinsieme non vuoto di R limitato superiormente. Allora esiste l’estremo
superiore di A. Sostituendo per l’insieme A l’insieme A primo definito come {x appartenete ad R: -x appartenente ad
A} (ottenuto ribaltando A rispetto all’origine), si deduce che un sottoinsieme non vuoto e limitato inferiormente ha
estremo inferiore. In particolare un insieme limitato ha estremo inferiore e superiore.
τ (34; 7.2) Proprietà delle classi contigue e separate: Se A e B sono separati e contigui, esiste un unico elemento x
appartenente ad R che separi A da B, cioè tale che risulti a minore uguale ad x minore uguale a b per ogni a
appartenente ad A e b appartenente a B.
τ (35; 7.3) Proprietà degli intervalli incapsulati: Se I zero, I uno, ecc, I enne, ecc, sono intervalli chiusi e limitati
incapsulati, esiste almeno un elemento x comune a tutti gli intervalli.
τ (37; 8.3) Densità di Q in R: L’insieme Q dei numeri razionali è denso in R.
π (40; 8.5) Allineamenti decimali: Ogni numero reale ha almeno un allineamento decimale e ogni allineamento
decimale individua un numero reale. Due allineamenti decimali diversi individuano lo stesso numero reale se e soltanto
se uno di essi ha periodo 9 e l’atro si ottiene da esso eliminando il periodo e aumentando di 1 la cifra immediatamente
precedente.
τ (42; 9.2) Principio di induzione: Sia P di enne un predicato la cui variabile n è un numero naturale. Si supponga che:
P di zero è vera; se per un dato n è vero P di enne, allora è vera anche P di enne più 1. Allora P di enne è vera per ogni
enne appartenente ad N.
τ (46; 10.2) Formula del binomio di Newton: Per ogni enne appartenente ad N vale l’identità: (a+b) elevato alla enne
è uguale = (enne su zero) per a alla (enne) + (enne su 1) per a alla (enne - 1 ) b + ecc + (enne su kappa) per a alla (enne
– kappa) b alla (kappa) + ecc + (enne su enne –1) per a per b alla (enne –1) + (enne su enne) per b alla (enne).
τ (49; 11.1) Esistenza della radice n-esima di un numero reale positivo: Dati comunque un intero enne maggiore o
uguale a 2 e un numero reale alfa maggiore di 0, esiste un unico numero reale t maggiore di 0 tale che t alla (enne) = ad
alfa.
χ (49; 11.4) Densità degli irrazionale in R: L’insieme dei numeri irrazionali Z è denso in R.
Pagina 1 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
2.RELAZIONI E FUNZIONI
δ (53) Prodotto cartesiano di due insiemi: Dati due insiemi A e B, il prodotto cartesiano AxB è, per definizione,
l’insieme di tutte le coppie ordinate (a,b) in cui la prima componente a è un elemento di A e la seconda componente b è
un elemento di B.
δ (54) Il Piano cartesiano: Un sistema di riferimento cartesiano su un piano consente di rappresentare i punti del piano
mediante coppie ordinate di numeri reali. Per far ciò si fissano due rette orientate intersecantesi in un punto O, ciascuna
dotata di un suo riferimento cartesiano avente origine in O. Esse vengono dette assi coordinati.
λ (63) Definizione di funzione: Siano A e B due insiemi non vuoti. Una funzione da A in B è definita
dall’assegnazione di un sottoinsieme f di A cartesiano B che soddisfi la proprietà: per ogni a appartenente ad A esiste
uno ed un solo b appartenente a B tale che la coppia (a,b) appartenga ad f. Gli insiemi f, A, B si chiamano
rispettivamente il grafico il dominio e il codominio della funzione. Si dice anche che la funzione e definita su A ed è a
valori in B.
λ (63; 6.11) Suriettività: se Immagine di f è uguale a B si dice che f è suriettiva, o che è su tutto B. Oppure: dato
comunque b nel codominio, la retta orizzontale di equazione y = b interseca il grafico f in almeno un punto.
λ (63; 6.12) Iniettività: Una funzione da A in B si dice iniettiva, o uno a uno, se dati due elementi distinti a e a primo in
A, si ha: f di a diversa da f di a primo. Oppure: due punti distinti del grafico non possono avere la stessa ordinata; ogni
retta orizzontale y = b interseca il grafico in al più un punto.
λ (64; 6.13) Biiettività: Una funzione da A in B si dice biiettiva se è iniettiva e suriettiva. Si dice anche che f stabilisce
una corrispondenza biunivoca tra gli elementi di A e quelli di B.
λ (69-70) Prodotto di composizione: Si supponga di avere due funzioni f da A in B e g da B in C. Fissato un elemento
a appartenente ad A, applicando la funzione f si ottiene l’elemento (b = f di a ) appartenente a B. A tale elemento si può
allora applicare la funzione g, ottenendo l’elemento c = g di b = f di g di a. La funzione definita da A in C è detta
prodotto di composizione.
λ (72) Funzione inversa: La funzione inversa di una funzione f è definita alla seguente legge: a ogni elemento b
appartenente a B facciamo corrispondere quell’unico elemento a appartenente ad A tale che f di a = b.
λ (79-80; 9.2) Funzioni crescenti e decrescenti, monotonia: Una funzione si dice crescente se per ogni x uno e x due
appartenenti al dominio di f, e x uno minore di x due, f di x uno è minore o uguale di f di x due. Si dice che è
decrescente se per ogni x uno e x due appartenenti al dominio di f, e x uno minore di x due, f di x uno è maggiore o
uguale di f di x due. (Per la definizione di strettamente cresc. o descresc. si usa la simbologia del minore o maggiore
stretto). Le funzioni crescenti e quelle decrescenti si dicono in generale monotone (strettamente monotone).
π (80; 9.3) Iniettività delle funzioni strettamente monotone: Se f è strettamente monotona, allora è iniettiva.
λ (81; 9.4) Funzioni limitate: Sia A un sottoinsieme di R, e sia f una funzione reale di variabile reale, tale che A sia
contenuto nel dominio di f. Si dice che f è limitata su A se esistono due numeri reali m ed m primo tali che: m minore o
uguale ad f di x minore o uguale ad m primo, per ogni x appartenente ad A.
λ (81; 9.5) Funzioni pari e dispari: Una funzione f si dice pari se il suo dominio è simmetrico rispetto all’origine (cioè
x appartiene al dominio di f allora –x appartiene al dominio di f) e inoltre soddisfa la proprietà: f di –x = f di x. Una
funzione si dice dispari se il suo dominio è simmetrico rispetto all’origine e inoltre soddisfa la proprietà: f di –x=-f di x.
3.CONTINUITA’ E LIMITI
λ (101; 1.1) Intorno: Sia x zero un elemento di R e sia r un numero positivo. Si chiama intorno di centro x zero e
raggio r l’intervallo aperto (x zero – r, x zero + r). Oppure: l’intorno di centro x zero e raggio r è costituito dai punti
aventi distanza da x zero minore di r.
λ (102; 1.2) Punto interno: Sia A un sottoinsieme di R. Un elemento x zero appartenente ad A si dice interno ad A se
esiste un intorno di x zero interamente contenuto in A.
λ (102; 1.3) Insieme aperto: Un sottoinsieme A di R si dice aperto se ogni punto di A è interno ad A.
λ (102; 1.4) Insieme chiuso: Un sottoinsieme di R si dice chiuso se il suo complementare è aperto.
λ (102; 1.5) Punto aderente: Un punto x zero appartenente ad R si dice aderente ad A se ogni intorno I di x zero ha
intersezione non vuota con A.
λ (103; 1.9) Punto isolato: Un punto x zero appartenente ad A si dice un punto isolato di A se esiste un intorno I di x
zero tale che A intersezione I contenga il solo elemento x zero.
λ (103; 1.10) Punto di accumulazione: Un punto x zero si dice un punto di accumulazione per A se ogni intorno di x
zero contiene punti di A distinti da x zero stesso.
λ (105; 2.1) Continuità in un punto: Sia f una funzione reale di variabile reale, e sia x zero appartenente al dominio di
f. Si dice che f è continua in x zero se: per ogni epsilon maggiore di zero esiste un delta maggiore di zero tale che valore
assoluto di (x – x zero) minore di delta e x appartenga al dominio di f, tale che valore assoluto di (f di x – f di x zero)
minore di epsilon.
π (109; 2.6) Continuità della radice: La funzione f di x = radice n-esima di (x) è continua su dominio = [0, + infinito).
Pagina 2 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
π (111; 2.8) Continuità nei punti isolati: Sia x zero un punto isolato di A di una funzione f. Allora f è continua in x
zero.
τ (113; 3.1) Permanenza del segno: Sia f una funzione continua in x zero e si supponga f di x zero maggiore di 0. Dato
un numero nu tale che 0 minore o uguale a nu minore di f di x zero, esiste un intorno (x zero – delta, x zero + delta) di x
zero tale che f di x minore di nu, in tutti i punti x appartenente al dominio di f intersezione (x zero – delta, x zero +
delta). Analogamente, se f di x zero minore di 0, dato un numero nu tale che f di x zero minore di nu minore o uguale a
0, esiste un intorno (x zero - delta, x zero + delta) di x zero tale che f di x minore di nu in tutti i punti x appartenenti al
dominio di f intersezione (x zero – delta, x zero + delta).
δ (113; 3.1) Permanenza del segno: Consideriamo il caso f di x zero maggiore di 0 e prendiamo epsilon = f di (x zero)
– nu. Essendo f continua in x zero, esiste delta maggiore di 0 tale che: x appartiene al dominio di f intersezione (x zero –
delta, x zero + delta) allora f di (x zero) - epsilon minore di f di x minore di f di (x zero) + epsilon. In particolare, per
tali valori di x si avrà f di x maggiore di f di (x zero) – epsilon = nu, come richiesto. In modo analogo si procede nel
caso in cui f di x zero minore di 0.
τ (114; 3.2) Limitatezza locale: Sia f una funzione continua in x zero. Esiste allora un intorno (x zero – delta, x zero +
delta) di x zero tale che f di x sia limitata su dominio di f intersezione (x zero – delta, x zero + delta).
δ (114; 3.2) Limitatezza locale: Si fissi per esempio epsilon = 1. Essendo f continua in x zero, esiste un delta maggiore
di 0 tale che: x appartiene al dominio di f intersezione (x zero – delta, x zero + delta) allora f di (x zero) – 1 minore di f
di x minore di f di (x zero) + 1. Dunque i valori f di (x zero) – 1 ed f di (x zero) + 1 costituiscono rispettivamente una
limitazione inferiore e superiore per la restrizione di f a dominio di f intersezione (x zero – delta, x zero + delta).
λ (121; 4.1) Limite: Sia f di x una funzione reale di variabile reale, e sia x zero un punto di accumulazione di dominio
di f. Si dice limite di f di x per x che tende ad x zero un numero l che soddisfi la seguente condizione: per ogni epsilon
maggiore di 0 esiste un delta maggiore di 0 tale che: 0 minore di valore assoluto di (x – x zero) minore di delta e x
appartenente a dominio di f, allora valore assoluto di (f di (x) – l) minore di epsilon.
τ (123; 4.3) Unicità del limite: Sia x zero un punto di accumulazione per il dominio di f. Se l uno e l due soddisfano
entrambi la condizione di limite, allora l uno = l due.
δ (123; 4.3) Unicità del limite: Supponiamo che sia l uno diverso da l due e poniamo epsilon = valore assoluto (l uno –
l due) fratto 3. Allora gli intervalli (l uno – epsilon, l uno + epsilon) e (l due – epsilon, l due + epsilon) sono disgiunti.
Poiché l uno soddisfa la condizione di limite, esiste un delta uno maggiore di 0 tale che: 0 minore di valore assoluto di
(x – x zero) minore di delta uno, x appartenente al dominio di f, valore assoluto di (f di (x) – l uno) minore di epsilon.
Analogamente, esiste un delta due tale che: 0 minore di valore assoluto di (x – x zero) minore di delta due, x
appartenente al dominio di f, valore assoluto di (f di (x) – l due) minore di epsilon. Sia delta il minimo tra delta uno e
delta due. Poiché x zero è di accumulazione per dominio di f, l’intersezione del dominio di f con (x zero – delta, x zero
+ delta) contiene almeno un punto x distinto da x zero. Per un tale punto x si hanno entrambe le disuguaglianze: valore
assoluto di (f di (x) – l uno) minore di epsilon e valore assoluto di (f di (x) – l due) minore di epsilon, ossia f di x
appartiene a (l uno – epsilon, l uno + epsilon) ed f di x appartiene a (l due – epsilon, l due + epsilon). Ma questi due
intervalli sono disgiunti, da cui l’assurdo.
λ (124; 5.1) Limite sinistro e destro: Sia x zero un punto di accumulazione per dominio di f intersezione (- infinito, x
zero). Si dice che l è il limite destro di f di x per x che tende ad x zero se: per ogni epsilon maggiore di 0 esiste un delta
maggiore di 0 tale che: x zero – delta minore di x minore di x zero e x appartiene al dominio di f, e valore assoluto di (f
di (x) – l) minore di epsilon. Analogamente, sia x zero un punto di accumulazione per dominio di f intersezione (x zero,
+ infinito). Si dice che l è il limite destro di f di x per x che tende ad x zero se: per ogni epsilon maggiore di 0 esiste un
delta maggiore di 0 tale che x zero minore di x minore di x zero + delta e x appartiene al dominio di f, e valore assoluto
di ( f di (x) – l) minore i epsilon.
λ (126; 5.5) Limite = + infinito: Sia x zero un punto di accumulazione per il dominio di f. Si dice che f ha limite +
infinito per x che tende ad x zero se: per ogni a appartenente ad R esiste un delta maggiore di 0 tale che: 0 minore di
valore assoluto di (x – x zero) minore di delta e x appartiene al dominio di f, e f di x maggiore di a.
λ (128, 5.7) Limite a + infinito: Si supponga che il dominio di f sia superiormente illimitato. Si dice che f di x tende a l
appartenente ad R per x che tende a + infinito se: per ogni epsilon maggiore di 0 esiste un a appartenente ad R tale che:
x maggiore di a e x appartenente al dominio di f, e valore assoluto di (f (x) –l) minore di epsilon.
λ (131; 6.2) Discontinuità eliminabile: Sia x zero un punto del dominio di f di x. Si dice che f ha una discontinuità
eliminabile in x zero quando esiste finito il limite per x che tende ad x zero di f di x, ma il suo valore l è diverso da f di
x zero.
λ (132; 6.4) Discontinuità di prima specie: Sia x zero un punto del dominio di f di x. Si dice che f di x ha una
discontinuità di prima specie in x zero se esistono finiti i limiti destro e sinistro di f di x in x zero, ma tali limiti risultano
diversi tra loro.
λ (132; 6.6) Discontinuità di seconda specie: Sia x zero un punto del dominio di f di x. Si dice che si ha una
discontinuità di seconda specie se almeno uno dei due limiti laterali è infinito oppure se almeno uno di essi non esiste.
τ (138; 8.4) Primo teorema del confronto: Siano f di x e g di x definite su uno stesso insieme A, e sia x zero un punto
di accumulazione per A. Sii supponga inoltre che esistano (finiti o uguali a + o – infinito) i limiti per x che tende ad x
Pagina 3 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
zero di f di x e g di x, uguali rispettivamente ad l e m. Se esiste un intorno V di x zero tale che f di x minoer o uguale a g
di x in tutti i punti di (V meno x zero) intersezione A, allora l minore o uguale ad m.
τ (139; 8.5) Secondo teorema del confronto: Siano f di x , g di x e h di x tre funzioni definite su uno stesso insieme A
e sia x zero un punto di accumulazione per A. Se esiste un intorno V di x zero tale che: x appartenga a (V meno x zero)
intersezione A tale che: f di x minore o uguale a g di x minore o uguale ad h di x, e inoltre si hanno i limiti per x che
tende a x zero di f gi x e h di x uguali ad l appartenente ad R, allora anche il limite per x che tende ad x zero di g di x è
uguale ad l.
χ (140; 8.6) Limite del prodotto di una funzione limitata per un infinitesimo: Siano f di x e g di x definite su un
insieme A, e sia x zero un punto di accumulazione per A. Si supponga che f sia limitata in un intorno di x zero e che il
limite per x che tende a x zero di g di x è uguale a 0. Allora il limite per x che tende a x zero di f di x per g di x è uguale
a 0.
τ (143; 9.1) Limite di una funzione monotona: Sia f crescente in A e sia x zero tale che ogni suo intorno sinistro
contenga punti di A. Allora il limite sinistro di f in x zero esiste ed è l’estremo superiore dell’insieme (f di x: x
appartiene ad A e x minore di x zero). Analogamente, se ogni intorno destro di x zero contiene punti di A, esiste il
limite destro di f in x zero ed è l’estremo inferiore dell’insieme (f di x: x appartiene ad A e x maggiore di x zero).
λ (152; 11.4) o-piccolo: Si dice che f = o-piccolo di g per x che tende a x zero se per ogni epsilon maggiore di 0 esiste
un intorno V tale che x appartenga a V intersezione A, x diverso da x zero, valore assoluto di (f di x) minore o uguale ad
epsilon per valore assoluto di (g di x). In altri termini equivale a dire che quanto più ci si avvicina a x zero, tanto più
piccola f diventa in confronto a g. Si dice anche che f è trascurabile rispetto a g per x tendente a x zero.
π (153) Proprietà dell’o-piccolo: f è o-piccolo di g per x tendente a x zero se e soltanto se il limite di f di x fratto g di x
in x zero è uguale a 0.
τ (153; 11.7) Principio di eliminazione dei termini trascurabili: Se f uno è un o-piccolo di f e g uno un o-piccolo di g
per x tendente a x zero, allora il limite per x tendente a x zero di (f di x + f uno di x) fratto (g di x + g uno di x) è uguale
al limite per x che tende a x zero di f di x fratto g di x.
λ (156; 11.12) Funzioni equivalenti: Si dice che f e g sono equivalenti per x tendente a x zero, se esiste una funzione h
di x tale che f di x uguale ad h di x per g di x e il limite per x tendente a x zero di h di x è uguale a 1.
5.SUCCESSIONI
λ (167) Successione: Si chiama successione una funzione definita sull’insieme N dei numeri naturali. Se il codominio
di tale funzione è R, si parla di successione di numeri reali.
π (169; 1.2) Comportamento di una successione: Sia [a, b] un intervallo di numeri reali. Se per ogni n si ha che a con
n appartiene ad [a, b] e se il limite per n di a con n è uguale ad l, allora l appartiene ad [a, b]. Una successione si dice
convergente se ha limite finito, divergente se ha limite infinito, indeterminata se il limite non esiste.
τ (170; 1.5) Limitatezza delle successioni convergenti: Ogni successione convergente è limitata.
δ (170; 1.5) Limitatezza delle successioni convergenti: Sia l il limite della successione, e applichiamo la definizione
con epsilon uguale ad 1. Esiste allora un n zero tale che per ogni n maggiore o uguale di n zero si abbia: l – 1 minore di
a con n minore di l + 1. Siano poi M il massimo dell’insieme (a con 0, a con 1, a con 2, …, a con (n zero –1)) ed m il
minimo dello stesso insieme. Sa A è uguale al minimo tra l – 1 ed m e B il massimo tra l + 1 ed M, allora A minore o
uguale ad a con n minore o uguale a B, qualunque sia n appartenente ad N (limitata).
τ (171; 1.6) Relazione fra continuità e continuità per successioni: Sia f da A in R e sia x segnato appartenente ad A.
Allora f è continua in x segnato se e soltanto se è verificata la seguente condizione: per ogni successione x con n di
elementi di A convergente ad x segnato, si ha che il limite per n di f di (x con n) è uguale ad f di (x segnato).
χ (172; 1.7) Relazione fra limite e limite per una successione: Sia x segnato un punto di accumulazione per il
dominio A di un funzione f. Allora il limite di f di x in x segnato è uguale ad l se e soltanto se per ogni successione x
con n di elementi di A meno x segnato convergente ad x segnato si ha che il limite per n tendente all’infinito di f di (x
con n) è uguale ad l.
λ (178; 3.1) Sottosuccessione: Sia a con n una successione e sia phi da N in N una successione di numeri naturali
strettamente crescente. La successione ottenuta come composizione tra phi ed a da N in R si chiama sottosuccessione, o
anche successione estratta, della successione data.
τ (179; 3.3) Relazione fra la convergenza di una successione e di una sua sottosuccessione: Se il limite per n di a
con n è uguale ad l e a con n con k è una sottosuccessione di a con n, allora il limite per k di a con n con k è uguale ad l.
τ (179; 3.4) Esistenza di punti di accumulazione per insiemi infiniti e limitati: Sia A sottoinsieme R un sottoinsieme
infinito e limitato. Allora A ha almeno un punto di accumulazione.
τ (180; 3.5) Teorema di Bolzano Weierstrass: Sia a con n una successione limitata. Esiste allora una sua
sottosuccessione convergente.
δ (180; 3.5) Teorema di Bolzano Weierstrass: Sia A l’insieme (a con n: n appartenente ad N) l’insieme immagine
della funzione a da N in R. Allora A può essere finito o infinito. Se A è finito, A è uguale ad (alfa 1, alfa 2, …, alfa m),
la controimmagine di uno almeno degli alfa con j è infinita. In altri termini, si possono trovare infiniti indici n 0 minore
di n 1 minore di … minore di n k minore di … tali che a con n con k è uguale ad alfa con j. Ma ciò equivale a dire che la
Pagina 4 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
sottosuccessione a con n con k è costante, e dunque converge ad alfa con j. Supponiamo ora che A sia infinito. Per
ipotesi A è anche limitato, e possiamo affermare che esiste un punto x zero di accumulazione per A. Consideriamo
inizialmente l’intorno (x zero – 1, x zero + 1) si x zero. Poiché esso contiene infiniti elementi di A, esiste sicuramente n
zero tale che a con n zero appartenga ad (x zero –1, x zero +1). Consideriamo ora l’intorno (x zero – ½, x zero + ½).
Anch’esso contiene infiniti elementi di a, per cui possiamo scegliere un indice n uno maggiore di n zero tale che a con n
uno appartenga ad (x zero – ½, x zero + ½). Procedendo in questo modo, si viene a scegliere, per ogni k, un indice n
kappa in modo che n kappa maggiore di n (kappa – 1) e inoltre a con n con k appartiene ad (x zero – 2 alla – kappa, x
zero + 2 alla – kappa). Si ottiene così una sottosuccessione a con n con k che soddisfa la proprietà: valore assoluto di (a
con n con k – x zero) minore di 2 alla – kappa. Dunque il limite per kappa di (a con n con k – x zero) è uguale a 0, ossia
il limite per kappa di a con n con k è uguale a x zero.
λ (181; 4.1) Successione di Cauchy: Una successione a con n si dice una successione di Cauchy se per ogni epsilon
maggiore di 0 esiste un indice n zero tale che n e m maggiori di n zero e valore assoluto di (a con n – a con m) minore di
epsilon.
τ (182; 4.2-4.3) Relazioni tra successioni convergenti e successioni di Cauchy: Se una successione a con n è
convergente allora è di Cauchy. Se una successione a con n è di Cauchy allora è convergente.
τ (188; 5.6) Relazione fra ordine d’infinitesimo e di infinito di esponenziali e potenze: Se a maggiore di 1, la
funzione a alla x è un infinito di ordine superiore a qualunque potenza di x per x tendente a + infinito, cioè il limite per
x tendente a + infinito di (a alla x) fratto (x alla k) è uguale a + infinito qualunque sia k maggiore o uguale a 0. Per x
tendente a – infinito la funzione a alla x è invece un infinitesimo di ordine superiore a qualunque potenza di 1 su x, cioè
il limite per x tendente a – infinito di x alla k per a alla x è uguale a 0 per ogni k maggiore o uguale a 0.
λ (193; 6.2) Numero e di Nepero: Si indica con e il limite per n tendente a + infinito di (1 + 1 su n) alla n.
6.SERIE NUMERICHE
λ (App: 98) Serie numerica: Prendiamo in considerazione una successione a con n, n appartenente ad N. Si definisce s
con n con n in questo modo: s con 0 = ad a con 0, e s con (n + 1) = ad s con n + a con (n + 1).
λ (App: 98) Carattere di una seria: Diciamo che la serie converge, diverge o è indeterminata rispettivamente se s con
n converge, diverge o è indeterminata.
λ (App: 99) Carattere della Serie Geometrica: La serie geometrica di q alla n converge ad 1 su (1 – q) se q è
compreso tra –1 ed 1, diverge a + infinito se q è maggiore o uguale ad 1 ed è indeterminata se q è minore o uguale a – 1.
τ (App: 99) Criterio di Cauchy per le serie: Una seria a con n converge se e soltanto se per ogni epsilon maggiore di
0 esiste un n con 0 tale che il valore assoluto di (a con n + a con (n + 1) + … + a con (n + q)) è minore di epsilon per
ogni n maggiore o uguale ad n con 0 e per ogni q appartenente ad N.
χ (App: 100) Condizione necessario per la convergenza: Se la serie a con n converge allora il limite per n di a con n
è uguale a 0.
τ (App: 101) Carattere delle serie a termini non negativi: Una serie a termini non negativi o converge oppure
diverge a + infinito.
δ (App: 101) Carattere delle serie a termini non negativi: La serie s con n con n è monotona crescente, quindi s con
(n + 1) è uguale a s con n + a con (n +1). Dato che a con (n +1) è maggiore o uguale a 0, s con n + a con (n +1) è
maggiore o uguale ad s con n per ogni n appartenente ad N. Quindi il limite per n di s con n sarà l’estremo superiore
dell’insieme dei valori di s con n. Se s con n è limitata allora la serie a con n converge, se s con n è illimitata allora la
serie a con n diverge a + infinito.
τ (App: 102) Criterio del confronto: Supponiamo serie a con n e serie b con n a termini non negativi e supponiamo
anche che a con n si a compresa (non strettamente) tra 0 e b con n definitivamente. Allora se la serie b con n è
convergente anche la serie a con n è convergente. Se la serie a con n diverge allora anche la serie b con n diverge.
λ (App: 102) Carattere della Serie Armonica generalizzata: La serie armonica generalizzata è del tipo: serie per n
che va da 1 a + infinito di 1 su n alla alfa, alfa appartenente ad R. Essa converge se alfa è maggiore di 1 e diverge con
alfa minore o uguale a 1.
τ (App: 104) Criterio del confronto asintotico: Supponiamo seri a con n e b con n a termini positivi e supponiamo che
esista finito e diverso da 0 il limite per n del rapporto fra a con n e b con n. Allora le serie a con n e b con n hanno lo
stesso carattere.
τ (App: 104) Criterio della radice: Supponiamo seria a con n a termini non negativi. Se esiste un l appartenente a [0,
1) tale che la radice n-esima di a con n è minore o uguale ad l definitivamente allora la serie a con n è convergente. Se la
radice n-esima di a con n è maggiore o uguale ad 1 la serie a con n è divergente.
τ (App: 106) Criterio del rapporto: Supponiamo serie a con n a termini positivi e supponiamo che esista un l
appartenente a (0, 1) tale che il rapporto tra a con (n +1) ed a con n sia minore o uguale ad l definitivamente, allora la
serie a con n è convergente. Se il rapporto è maggiore o uguale di 1 allora la serie divergerà.
τ (App: 107) Criterio di condensazione: Supponiamo serie a con n a termini positivi e supponiamo che a con n con n
sia monotona decrescente. Allora la serie a con n converge se e soltanto se converge la serie di 2 alla n per a con n.
Pagina 5 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
τ (App: 109) Convergenza assoluta: Se consideriamo una serie a termini qualsiasi , e troviamo che la serie dei suoi
valori assoluti converge, allora la serie converge anche semplicemente.
τ (App: 109) Criterio di Liebniz: Sia la serie a con n a termini di segno alterno. Supponiamo che a con n con n sia
monotona decrescente quindi a con (n +1) è minore o uguale ad a con n. Supponiamo anche che il limite per n di a con
n sia 0, allora la serie a con n converge.
7.PROPRIETA’ GLOBALI DELLE FUNZIONI CONTINUE
τ (203; 1.1) Esistenza degli zeri: Se f è continua sull’intervallo [a, b] e i valori f di a e f di b sono discordi, allora esiste
almeno un punto x segnato appartenente ad (a, b) tale che f di x segnato è uguale a 0.
δ (204; 1.1) Esistenza degli zeri: Supponiamo che sia f di a minore di 0 e f di b maggiore di 0. Si consideri il punto
medio (a + b) fratto 2 dell’intervallo, e si calcoli f di ((a+b)/2). Si possono presentare tre possibilità: f di ((a+b)/2)
uguale a zero. In tal caso abbiamo già trovato uno zero di f in (a, b) e abbiamo terminato oppure f di ((a+b)/2) maggiore
di zero. In questo caso chiamiamo [a uno, b uno] l’intervallo [a, (a+b)/2], in modo che i valori di f di a uno e f di b uno
siano nuovamente discordi, e ripetiamo l’operazione, calcolando f di ((a uno + b uno)/2) oppure f di ((a+b)/2) minore di
0. Procediamo con nel caso precedente chiamando questa volta [a uno, b uno] l’intervallo [(a+b)/2, b]. Iterando questo
procedimento, può succedere che dopo un numero finito di passi si incontri un punti in cui f si annulli. Allora ci
arrestiamo, avendo trovato quello che cerchiamo. Se non siamo così fortunati, otteniamo una successione di intervalli
incapsulati chiusi e limitati. Per costruzione, [a con n, b con n] ha ampiezza uguale a (b – a)/2 alla n, e inoltre f di a con
n minore di 0 minore di f di f di b con n. Per le proprietà degli intervalli incapsulati, esiste un punto x segnato comune a
tutti gli intervalli [a con n, b con n]. Poiché l’ampiezza degli intervalli tende a 0 per n tendente a infinito di ha che i
limiti per n tendente a infinito di a con n e b con n sono uguali a x segnato. Essendo f continua in x segnato, si ha che i
limiti per n tendente a infinito di f di a con n e f di b con n sono uguali a f di x segnato. Per il primo teorema del
confronto, essendo f di a con n minore di 0 per ogni n, si ha f di x segnato minore o uguale a 0. Analogamente, essendo
f di b con n maggiore di 0 per ogni n, risulta f di x segnato maggiore o uguale a 0. Concludiamo quindi che f di x
segnato è uguale a 0.
χ (206; 1.3-1.4-1.5) Conseguenze del teorema sull’esistenza degli zeri: Siano f e g due funzioni continue in [a, b] tali
che f di a minore di g di a e f di b maggiore di g di b. Esiste allora almeno un punto x segnato appartenente ad (a, b) tale
che f di x segnato = a g di x segnato. Sia f una funzione continua che applica l’intervallo chiuso e limitato [a, b] in sé.
Allora f ha almeno un punto fisso in [a, b]. Sia f continua su R avente limite sia per x tendente a + infinito che per x
tendente a – infinito, e si supponga che questi limiti (eventualmente infiniti) siano discordi. Esiste allora almeno un
punto x segnato appartenente ad R tale che f di x segnato uguale a 0.
τ (207; 2.1) Valori intermedi: Sia f continua sull’intervallo [a, b]. Allora f assume tutti i valori compresi tra f di a ed f
di b.
τ (207; 2.2) Immagine di una funzione continua su un intervallo: Sia f continua sull’intervallo I. Allora l’insieme
immagine f di I è un intervallo.
χ (208; 2.4) Immagine della funzione esponenziale: Sa a maggiore di 0 e a diverso da 1, l’immagine della funzione
esponenziale exp di a è R +, uguale a (0, + infinito).
τ (211; 3.3) Continuità della funzione inversa: Sia f una funzione continua e iniettiva sull’intervallo I. Posto J uguale
ad f di I, f alla – 1 è continua su J.
τ (213; 4.1) Teorema di Weierstrass: Sia f continua sull’intervallo chiuso e limitato I uguale ad [a, b]. Allora f assume
in [a, b] valore massimo e minimo.
δ (213; 4.1) Teorema di Weierstrass: Dimostreremo solo che f ha massimo. Indichiamo con s (eventualmente uguale a
+ infinito) l’estremo superiore di f di x. Facciamo vedere che esso non può essere infinito. Per assurdo, se così fosse, f
non sarebbe limitata superiormente e fissato un qualunque n appartenente ad N esisterebbe un x con n appartenente ad I
tale che f di x con n maggiore di n. Dunque il limite di f di x con n all’infinito è uguale a + infinito. La successione x
con n è limitata, per il teorema di Bolzano-Weierstrass esiste una sua sottosuccessione x con n con k convergente.
Indichiamo con x segnato il limite di tale successione. Essendo a minore o uguale ad x con n con k minore o uguale a b,
per il primo Teorema del Confronto si ha a minore o uguale ad x segnato minore o uguale a b, ossia x segnato
appartiene ad I. Ma allora, per la continuità di f in x segnato il limite di f di x con n con k per k tendente all’infinito è
uguale a f di x segnato. Avremo l’assurdo di una successione divergente a + infinito e dotata di una sottosuccessione
convergente. Ora che abbiamo appurato che s è finito, dimostriamo che s appartiene ad f di I. Per la definizione di
estremo superiore, fissato comunque n maggiore o uguale a 1, esiste un y con n uguale ad f di x con n che appartiene ad
f di I tale che s – 1 su n minore di y con n minore o uguale ad s. Ripetendo le considerazioni già svolte, dalla
successione limitata x con n si può estrarre una sottosuccessione x con n con k convergente ad x segnato appartenente
ad I. Essendo il limite per n all’infinito di f di x con n uguale al limite per n all’infinito di y con n uguale ad s, si ha che
il limite per k all’infinito di f di x con n con k è uguale ad s. D’altra parte il limite per k tendente all’infinito di f con n
con k è uguale a f di x segnato, in quanto f è continua in x segnato. Per l’unicità del limite, si ha f di x segnato uguale ad
s.
Pagina 6 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
λ (217; 5.2) Uniforme continuità: Una funzione f si dice uniformemente continua sull’intervallo I se per ogni epsilon
maggiore di 0 esiste un delta maggiore di 0 tale che x uno e x due appartenenti ad I, valore assoluto di (x uno – x due)
minore di delta, valore assoluto di (f di x uno – f di x due) minore di epsilon.
τ (218; 5.5) Teorema di Heine-Cantor: Sia f continua sull’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Allora f è uniformemente
continua in [a, b].
λ (219; 5.6) Funzione Lipschitziana: Si dice che una funzione f soddisfa la condizione di Lipschitz sull’itervallo I se
esiste una costante L maggiore di 0 tale che x uno e x due appartennte ad I, e valore assoluto di (f di x uno – f di x due)
minore o uguale ad L per il valore assoluto di (x uno – x due).
8.DERIVATE
λ (229: 1.1) Derivabilità in un punto: Sia x zero un punto interno al dominio di f. Si dice che f è derivabile in x zero
se il limite per x tendente ad x zero di (f di x – f di x zero) fratto (x meno x zero) esiste finito. Il valore di tale limite si
chiama la derivata di f in x zero.
τ (230; 1.3) Relazione fra derivabilità e continuità: Se f di x è derivabile in x zero, allora f di x è continua in x zero.
λ (236; 4.1) Derivate laterali: Sia [x zero, x zero + delta] incluso nel dominio di f. Si definisce derivata destra di f in x
zero il limite, se esiste finito, per x che tende ad x zero da destra di (f di x – f di x zero) fratto (x – x zero).
Analogamente si definisce la derivata sinistra.
π (249; 6.1) Segno della derivata di funzioni monotone: Sia f una funzione monotona crescente (rispettivamente
decrescente) su un intervallo I incluso nel dominio di f, e sia x zero un punto interno ad I. Se f è derivabile in x zero,
allora f primo di x zero è maggiore o uguale a 0 (rispettivamente minore o uguale a 0).
π (250; 6.2) Monotonia in un punto di funzioni con derivata non nulla nel punto: Sia f di x derivabile in x zero e sia
f primo di x maggiore di 0. Allora esiste un delta maggiore di 0 tale che f di x maggiore di f di x zero per x appartenente
ad (x zero, x zero + delta) e f di x minore di f di x zero per x appartenente ad (x zero- delta, x zero). Ragionamento
analogo se f primo di x è minore di 0.
λ (252; 7.1) Massimo e minimo relativo: Sia f una funzione reale di variabile reale e sia x zero appartenente al
dominio di f. Si dice che x zero è un punto di minimo relativo (rispettivamente massimo relativo) se esiste un delta
maggiore di zero tale che f di x maggiore o uguale ad f di x zero (rispettivamente f di x minore o uguale a f di x zero)
per ogni x appartenente a (x zero – delta, x zero + delta) intersezione dominio di f.
τ (254; 7.3) Teorema di Fermat o condizione necessaria per l’estremalità: Se x zero è un punto di minimo o do
massimo reativo di f e se f è derivabile in x zero, allora f primo di x zero è uguale a 0.
δ (254; 7.3) Teorema di Fermat o condizione necessaria per l’estremalità: Supponiamo che x zero sia un punto di
minimo relativo, con f di x maggiore o uguale a f di x zero per ogni x appartenente a (x zero- delta, x zero + delta). Per
tali x si ha la possibilità che il rapporto incrementale sia maggiore o uguale di zero se x maggiore di x zero, oppure
minore o uguale di zero se x minore di x zero. Poiché f primo di x zero è il limite sia destro che sinistro dei rapporti
incrementali al tendere di x a x zero, il primo teorema del confronto implica che la derivata prima sia
contemporaneamente maggiore o uguale di 0 e minore o uguale di 0, da cui si deduce che f primo di x zero è uguale a 0.
τ (257; 8.2) Formula di Leibniz per la derivata n-esima di un prodotto: La formula di Leibniz dice che la derivata
n-esima del prodotto di f per g in x zero è uguale alla sommatoria per k che va da 0 a n di (n su k) per la derivata kesima di f in x zero per la derivata (n-k)-esima di g in x zero.
9.TEOREMI E APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE
τ (259; 1.1) Teorema di Rolle: Sia f una funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile
nell’intervallo aperto (a, b). Si supponga inoltre che f di a sia uguale a f di b. Esiste allora almeno un punto x zero
appartenente ad (a, b) tale che f primo di x zero sia uguale a 0.
δ (259; 1.1) Teorema di Rolle: Per il teorema di Weierstarss, la funzione f assume valore massimo M e minimo m
sull’intervallo [a, b]. Indichiamo con x uno un punto di massimo (tale cioè che f di x uno sia uguale ad M) e con x due
un punto di minimo (f di x due uguale ad m). Se entrambi i punti sono estremi di [a, b], allora M è uguale ad m perché i
valori assunti da f agli estremi coincidono. In tal caso f è costante, e dunque f primo di x è uguale a 0 in ogni punto di
(a, b). Se invece almeno uno di essi è interno all’intervallo, allora si può applicare il teorema di Fermat e concludere che
in tale punto f primo si annulla.
τ (260; 1.2) Teorema di Lagrange o del valor medio: Sia f continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile
nell’intervallo aperto (a, b). Esiste allora almeno un punto x zero appartenente ad (a, b) tale che f primo di x zero è
uguale a (f di b – f di a) fratto (b - a).
δ (260; 1.2) Teorema di Lagrange o del valor medio: Si consideri la funzione g di x ottenuta sottraendo alla f di x la
retta passante per gli estremi del grafico (f di a – ((f di b – f di a) fratto (b – a) per (x – a))). La g soddisfa le ipotesi del
teorema di Rolle. Infatti essa è continua in [a, b] (perché differenza di funzioni continue in [a, b]) e derivabile in (a, b)
(per motivo analogo). Inoltre g di a è uguale a g di b che è uguale a 0. Per il teorema di Rolle esiste dunque un punto x
zero appartenente ad (a, b) tale che g primo di x zero è uguale a 0, da qui si ricava facilmente la tesi.
Pagina 7 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
τ (262; 1.4) Teorema di Cauchy: Siano f e g due funzioni continue nell’intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabili
nell’intervallo aperto (a, b); si supponga inoltre che g primo sia diverso da 0 per ogni x appartenente ad (a, b). Allora g
di b è diverso da g di a ed esiste almeno un punto x zero appartenente ad (a, b) tale che il rapporto tra le derivate di f e g
in x zero sia uguale ad (f di b – f di a) fratto (g di b – g di a).
δ (262; 1.4) Teorema di Cauchy: Se fosse gi di a uguale a g di b, per il teorema di Rolle g primo si annullerebbe in
almeno un punto interno. Ma ciò è in contrasto con una delle ipotesi. Come per il teorema di Lagrange, si costruisce una
funzione ausiliaria h di x uguale ad f di x – f di a – ((f di b – f di a) fratto (g di b – g di a)) per (g di x – g di a). La
funzione h soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle, per cui esiste almeno un x zero appartenente ad (a, b) tale che h
primo sia uguale a 0, da cui segue la tesi.
τ (263; 2.1) Monotonia della funzione con derivata di segno costante: Sia f una funzione derivabile nell’intervallo
aperto I e si supponga che f primo di x sia maggiore o uguale a 0 (rispettivamente minore o uguale a 0) per ogni x
appartenente ad I. Allora f è crescente (decrescente) in I.
τ (264; 2.3) Condizioni sufficienti per l’estremalità: Sia f derivabile nell’intervallo aperto I e sia x zero appartenente
ad I un punto critico (derivata uguale a 0) di f. Si supponga che esista un delta maggiore di 0 tale che: la derivata prima
di x è maggiore o uguale a 0 per x zero minore di x minore di x zero + delta, e minore o uguale a 0 per x zero – delta
minore di x minore di x zero. Allora x zero è un punto di minimo locale per f. Analogo il discorso per un massimo
locale.
τ (267; 3.1) Regola di de l’Hopital: Siano f e g derivabili in un intorno destro (x zero, x zero + a) di x zero. Si
supponga inoltre che i limiti destri di f di x e gi di x in x zero siano uguali a 0 e che g primo non si annulli in (x zero, x
zero + a). Se esiste il limite (finito o infinito) da destra del rapporto delle derivate di f di x e g di x in x zero uguale ad l,
allora esiste anche il limite da destra in x zero del rapporto delle due funzioni ed è anch’esso uguale ad l.
τ (283; 5.2) Formula di Taylor con resto di Peano: Sia f derivabile n volte in x zero. Il polinomio di Taylor è la
sommatoria per k che va da 0 ad n di 1 su k fattoriale per la derivata k-esima di f in x zero per (x – x zero) alla k.
Mentre la differenza fra la f di x ed il polinomio di Taylor è, secondo Peano, un o-piccolo di ((x – x zero)alla n) per x
tendente ad x zero.
τ (287; 5.6) Formula di Taylor con resto di Lagrange: Sia f una funzione di classe C alla n nell’intorno I di x zero e
derivabile n + 1 volte in I meno x zero. Dato x appartenente ad I meno x zero, esiste un punto t compreso strettamente
tra x zero ed x tale che il resto tra f di x ed il polinomio di Taylor sia uguale ad 1 su ((n + 1) fattoriale) per la derivata (n
+1)-esima di f in t per (x – x zero) alla (n + 1).
τ (315; 9.10) Relazione fra segno della derivata seconda a convessità (concavità) di una funzione: Sia I un
intervallo aperto e sia f derivabile due volte su I. Allora, f è convessa su I se e soltanto se f seconda di x è maggiore o
uguale a 0 per ogni x appartenente ad I.
10.INTEGRALI INDEFINITI
λ (323; 1.1) Primitiva: Sia f una funzione definita sull’intervallo aperto I, eventualmente non limitato. Si dice che F è
una primitiva di f su I se F è derivabile su I e la derivata prima di F di x è uguale ad f di x per ogni x appartenente ad I.
11.INTEGRALI DEFINITI
λ (352) Partizione di un intervallo: Sia I un intervallo limitato di estremi a e b, con a minore di b, e consideriamo un
numero qualunque, ma finito, di punti x uno x due x tre tali che a minore di x uno minore di x due minore di ecc minore
di x con (n –1) minore di b (x con zero uguale ad a e x con n uguale a b). Diremo che essi determinano una suddivisione
dell’intervallo I in n sottointervalli.
λ (352; 1.1) Funzione a scala: Una funzione definita nell’intervallo I a valori reali si dice a scala se esiste una
suddivisione dell’intervallo I tale che f sia costante su ciascuno degli intervalli aperti (x con (i – 1), x con i) .
λ (353; 1.3) Integrale di una funzione a scala: Sia f una funzione a scale definita dell’intervallo I, sia c con i il valore
assunto da f nell’intervallo (x con (i – 1), x con i) della sua partizione. Si chiama integrale definito di f sull’intervallo I il
numero dato dalla sommatoria per i che va da 1 ad n di c di i per (x di i – x di (i – 1)). L’integrale definito di f su I
rappresenta la differenza tra l’area della parte di trapezoide al di sopra dell’asse x e quella della parte di trapezoide al di
sotto dell’asse x.
λ (356; 2.1) Integrale superiore: Si chiama integrale superiore di f su I l’estremo inferiore dell’insieme di tutte le
funzioni a scala h di x maggiori o uguali ad f di x.
λ (356; 2.1) Integrale inferiore: Si chiama integrale inferiore di f su I l’estremo superiore dell’insieme di tutte le
funzioni a scala h di x minori o uguali ad f di x.
λ (356; 2.3) Funzione integrabile: La funzione f si dice integrabile nell’intervallo I se il suo integrale superiore in I è
uguale al suo integrale inferiore in I.
π (359; 2.7) Condizione necessaria e sufficiente per l’integrabilità: Sia f una funzione limitata sull’intervallo I. Essa
è integrabile se e soltanto se, dato comunque un epsilon maggiore di 0 esistono una funzione a scala h di epsilon
appartenente all’insieme di tutte le funzioni a scala maggiori o uguali ad f di x, e una g di epsilon appartenente
Pagina 8 di 9
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Argomenti necessari di Analisi Matematica I
all’insieme di tutte le funzioni a scala minori o uguali ad f di x tali che la differenza tra gli integrali in I di h di epsilon
ed g di epsilon sia minore di epsilon.
τ (359; 3.1) Integrabilità delle funzioni continue su intervalli compatti: Sia f una funzione continua nell’intervallo
chiuso I uguale ad [a, b]. Allora, f è integrabile in I.
τ (363; 3.4) Integrabilità delle funzioni monotone: Sia f una funzione monotona nell’intervallo I = [a, b]. Allora, f è
integrabile in I.
τ (373; 5.3) Teorema della media Integrale: Sia f integrabile nell’intervallo I di estremi a e b, e siano m l’estremo
inferiore in I di f di x ed M l’estremo superiore di f di x in I. Allora, m minore o uguale ad 1 su (b – a) per l’integrale tra
a e b di f di x dx minore o uguale ad M. Se inoltre f è continua in I, esiste un punto t appartenente ad I tale che f di t sia
uguale ad 1 su (b – a) per l’integrale da a a b di f di x dx.
χ (374; 5.4) Conseguenze della media integrale: Sia f integrabile dell’intervallo I di estremi a e b. Posto M l’estremo
superiore del valore assoluto di (f di x), si ha che il valore assoluto dell’(integrale tra a e b di f di x dx) è minore o
uguale ad M per valore assoluto di (b – a).
λ (374) Funzione integrale: Sia I un intervallo non necessariamente limitato. Si dice che f è localmente integrabile su I
se è integrabile su ogni intervallo chiuso e limitato [a, b] appartenente ad I. Se f è localmente integrabile si I e x zero
appartiene ad I, si definisce la funzione integrale come: F di x uguale all’integrale tra x zero ed x di f di t dt (F di x zero
è uguale a 0).
π 375; 6.1) Continuità della funzione integrale: Sia F la funzione integrale di f relativa al punto x zero. Allora F è
continua su I.
τ (376; 6.2) Teorema fondamentale del calcolo integrale: Sia f una funzione continua sull’intervallo aperto I, x zero
appartiene ad I e F di x la funzione integrale di f relativa al punto x zero. Allora F è derivabile su I e la sua derivata
prima è uguale ad f di x per ogni x appartenente ad I.
δ (376; 6.2) Teorema fondamentale del calcolo integrale: Sia x segnato appartenente ad I e sia x un altro punto di I.
Si consideri il rapporto incrementale di F di x come uguale a 1 su (x – x segnato) per l’integrale tra x segnato ed x di f di
t dt. Essendo f continua, per il teorema della media integrale si ha che il rapporto incrementale di F di x è uguale ad f di
t di x. Dove t di x è un numero compreso tra x ed x segnato, dipendente dalla scelta di x. Per il secondo teorema del
confronto il limite di t di x in x segnato è uguale ad x segnato e, ancora per la continuità di f, il limite del rapporto
incrementale di F di x è uguale al limite di f di t di x che è uguale al limite per di f di t per t tendente ad x segnato che è
uguale ad f di x segnato. Ciò prova che F è derivabile in x segnato e che la derivata prima di F in x segnato è uguale ad f
di x segnato.
12.INTEGRALI IMPROPRI
λ (389; 1.1) Integrale improprio: Si dice che f ammette integrale improprio convergente tra a e + infinito se esiste
finito il limite per m tendente a + infinito dell’integrale tra a ed m di f di x dx. Se il limite ha valore + o – infinito si dice
che f ha integrale improprio divergente. Infine, se non si verifica nessuno dei casi precedenti, si dice che l’integrale
improprio di f è indeterminato.
τ (392; 2.2) Criterio di convergenza del confronto: Siano f e g due funzioni localmente integrabili si [a, + infinito), e
sia g di x compresa (non strettamente) tra 0 ed f di x. Si ha allora che: se l’integrale improprio di f su [a, + infinito)
converge, anche l’integrale improprio di g su [a, + infinito) converge, e se l’integrale improprio di g su [a, + infinito)
diverge, anche l'integrale improprio di f su [a, + infinito) diverge.
τ (393; 2.3) Criterio di convergenza assoluta: Sia f una funzione localmente integrabile su [a, + infinito), e si
supponga che l’integrale improprio tra a e + infinito del valore assoluto di (f di x) dx converga. Allora anche l’integrale
improprio di f converge e il valore assoluto dell’(integrale tra a e + infinito di f di x dx) è minore o uguale all’integrale
tra a e + infinito del valore assoluto di (f di x) dx.
Pagina 9 di 9