Diapositiva 1 - italian glamour

Transcript

Diapositiva 1 - italian glamour
Dicembre 1961
Irene Galitzine modello di
Pigiama Palazzo in alta moda
1960
IL PIGIAMA PALAZZO
Irene Galitzine, di origini russe, ma
cresciuta in Italia, incarna e rappresenta
al meglio il glamour di una elite
cosmopolita. Bella, affascinante e
naturalmente elegante è la perfetta
anfitrione per gli amici internazionali che
riceve a Roma o a Capri. Diana Vreeland,
Eleonore Lambert, Jaqueline Kennedy,
Consuelo Crespi, Liz Taylor, Audrey
Hepburn, le Ford, le Ghetty, le Thyssen,
le Agnelli sono tutte clienti e quasi tutte
sono anche amiche.
La sua moda, curata nelle sue prime
stagioni da Federico Forquet è
essenziale, composta e sempre chic,
proprio come lei.
Il suo nome sarà per sempre associato al
“Pigiama Palazzo” nome con il quale
vengono battezzati alcuni insiemepantalone da sera.
Il senso che ha acquistato poco a poco
questo termine non ha di fatto nulla a che
vedere con quello che rappresentava in
origine.
Il termine palazzo si associa spesso alle
dimensioni della svasatura del pantalone
ma di fatto non era cosi in origine dove il
pantalone era quasi sempre a sigaretta e
molto stretto alla caviglia.
L’idea di “pigiama” confonde
ulteriormente il lettore contemporaneo
abituato a vederlo come un abito per
dormire.
Con il Pigiama Palazzo si consacra
soprattutto una delle grandi conquiste
della donna in termini di moda: il
pantalone.
In effetti quando Diana Vreeland,
battezzò questo indumento con questo
nome, aveva in mente il Pajama degli
anni Venti. L’unica tenuta socialmente
accettabile che giustificasse una donna
che indossasse i pantaloni. Il Pajama era
tollerato in spiaggia, per alcune attività
sportive oppure come tenuta da casa.
Pioniere indiscusso anche per Irene
Galitzine è stato Emilio Pucci.
Quelli della Galitzine destinati per
ricevimenti informali in casa erano così
ricchi e preziosamente ricamati che la
casa non poteva che essere all’altezza
dell’abito e quindi un palazzo nobiliare
con affreschi, stucchi ed arredi dorati. Per
questo motivo, proprio la Vreeland
commissionò un servizio su Vogue usa
per presentare questi modelli innovativi e
come cornice fu scelto palazzo Doria
Pamphili, sede dell’ambasciata
brasiliana.
Di fatto questo aneddoto rivela il clima nel
quale era riscoperta l’Italia dal pubblico
americano. Da una parte il mare una vita
sportiva e disinvolta e dall’altro il fasto
dell’aristocrazia. Il tutto concordava ad
alimentare il sogno e la favola dei quali si
nutriva la nuova industria, la moda.
La combinazione di camicia in seta con
stampe colorate e pantaloni in shantung
colorati era il suo tratto distintivo e si
diffuse da Capri a tutte le altre località
balneari.
Irene Galitzine ricorda di aver iniziato
creando per se stessa dei completi
pantalone utilizzando delle sete
thailandesi. Era stufa di adottare a capri
una divisa, quella di Pucci, che faceva
sembrare le donne delle “collegiali” in
vacanza.
I suoi modelli furono notati dal buyer di
Harvey Nichols a Londra che richiese una
esclusiva per avere quei modelli nella
versione “boutique”. I tessuti per le prime
collezioni furono realizzati da Terragni.
La sfilata a Palazzo Pitti per la boutique
primavera estate del 1962 fu un trionfo.
Life le dedico una doppia copertina.
Da life dicembre 1961
Modelli realizzati per la boutique Irene Galitzine 1961 ca
William Klein fotografa irene Galitzine ed alcuni personaggi della società
romana nei saloni di Palazzo Doria Pamphili a Piazza Navona a Roma.
Da pigiama palazzo a pantalone
Il pantalone è in assoluto la più
grande rivoluzione sociale in moda.
La minigonna aveva significato
indipendenza sessuale e le varie
forme di esibizionismo del corpo,
dal topless al tanga, dall’ombellico
al vento, alle trasparenze, sono
state mode stagionali.
Il Pantalone invece era legato sia ad
un simbolo di potere, sia ad un
pregiudizio sulla sessualità e quindi
mal visto talvolta dalle stesse
donne.
Negli anni ‘10 apparvero delle
tenute per pedalare in bicicletta ma
numerose attività sportive come
sciare o pattinare sul ghiaccio erano
da farsi in gonna. Negli anni 20,
grazie alla rivoluzione delle
lunghezze e dei tagli in sbieco che
lasciavano indovinare le forme del
corpo, anche il pantalone da
spiaggia e da casa vede un suo
sviluppo nelle località balneari. Gli
anni 30 e 40 associano da un lato il
pantalone da donna ad un
atteggiamento androgino,
maliziosamente sensuale,
manifestamente ambiguo. Sono le
eroine dei film, le femme fatale, forti
e fragili allo stesso tempo che gli
danno visibilità.
Dall’altro lato la guerra, ed il nuovo
ruolo della donna attiva nella lotta,
ammorbidiscono le ostilità che
suggeriva.
Emilio Pucci ha contribuito a farne
un indumento elegante da usare
durante le villeggiature . La sua idea
partiva dalla diretta partecipazione
ad una vita sportiva, in particolare lo
sci, che aveva bisogno di un
abbigliamento tecnico e funzionale.
Irene Galitzine ne fa un indumento
da sera elegante. E solo una
stagione dopo di lei che i grandi
Balenciaga, Bohan per Dior,
Givenchy li introducono in
collezione.
La moda del pigiama palazzo dura
qualche anno, e si trasforma
progressivamente in completi
pantalone o in abiti da sera. Quando
la svasatura del pantalone è molto
ampia è difficile distinguere se si
tratta di gonna o di pantalone.
Il pantalone fino ad oggi non è
ammesso dai protocolli più formali.
Dalla fine degli anni 60 a tutto gli
anni 70. il pantalone da donna è un
elemento di contestazione, che sia
in jeans o di taglio maschile, si è
trasformato in una divisa simbolo
delle lotte per la parità dei diritti.
Yves Saint Laurent, li ha introdotti
nelle sue collezioni di alta moda già
nel 66. Il suo non è un primato in
quanto era presente nelle collezioni
di tutti i suoi colleghi, ma la
produzione e la diffusione di questo
indumento nella linea di pret à
porter Rive Gauche, nel corso degli
anni 70, aiutano ad imporre questo
indumento.
La sua ispirazione principale resta
quella legata agli anni 40. E quindi
legata ad atmosfere androgine,
sensuali ed ambigue.
In Italia negli stessi anni, da Missoni
a Walter Albini, da Caumont a
Valentino la ricerca va in parte nella
stessa direzione. Gli anni ‘20, ‘30 e
‘40 sono rivisitati nel corso
dell’intera decade.
Negli anni 80 diventa più
riconoscibile il lavoro di Giorgio
Armani. Inizia con una produzione
molto sportiva. Indumenti legati alla
vita all’aria aperta, al giorno.
Progressivamente applica alla
donna i parametri di sartoria
maschile, tessuti e tagli delle
giacche, che si adattano al nuovo
modello di donna in carriera.
Questo tipo di donna, ha acquisito i
suoi diritti, non fa contestazione,
non fa della sensualità androgina un
suo strumento. Armani diventa il
simbolo di questa figura così
contemporanea a quegli anni da
essere adottata immediatamente
anche da Calvin Klein negli USA.
Il tailleur di Armani si declina nelle
stagioni seguendo gli stessi
principi. Per il suo lavoro si può
parlare di stile e non di moda
passeggera. Nel suo linguaggio il
pantalone è sempre intercambiabile
con la gonna, ma acquista una
disinvoltura, una forza visiva ed un
impatto estetico cosi naturale da
diventare iconico.
Arianna settembre 1962
IRENE GALITZINE
ai 1969 -1970
L’idea di pigiama palazzo perde
progressivamente Ii suo significato di
origine per trasformarsi in un completo
pantaloni da sera.
Per la primavera estate del
1992, Prada recupera quel
tipo di eleganza essenziale
divenuto iconico degli anni
Sessanta, spesso associato
a Jaqueline Kennedy, e che
deve comunque molto ad
Irene Galitzine a al suo
pigiama palazzo.
Giorgio Armani realizza per la collezione 1990 – 1991
Questo insieme pantalone da sera. E interamente ricamato
di conterie di vetro e ricorda il famoso pigiama palazzo a cascata
Di Irene Galitzine realizzato nel 1960.