La liminalità. Essere sulla soglia

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La liminalità. Essere sulla soglia
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La liminalità.
Essere sulla soglia
Come accompagnare i ragazzi nel loro cammino di maturazione anche religiosa.
Lo spazio liminale può rappresentare la pista giusta.
Studi sulla liminalità
In classe qualche alunno “nascondeva” tra i libri posti sul banco
il foglietto distribuito all’ingresso da alcuni ragazzi “impegnati” e
“alternativi”. A grandi lettere si leggeva il titolo “Sbattezzo”: erano indicate le modalità per ottenere l’eliminazione del proprio
nominativo dagli archivi parrocchiali con tanto di indirizzo internet
e forum di discussione. Se questa è la conclusione del processo
di iniziazione cristiana, che termina di solito verso la prima classe
superiore con l’“amministrazione del sacramento della cresima”,
bisogna fare attenzione…
I ragazzi non desideravano parlarne in classe, ma l’evidenziazione
– appositamente mal celata – dichiarava la volontà di comunicare
sul tema. Era necessario trovare altri momenti di dialogo, ad esempio durante l’intervallo: in classe si evitano sistematicamente certi
discorsi, considerati personalmente compromettenti.
E a questo punto l’Idr deve armarsi di coraggio e trascorrere alcuni pomeriggi, dedicandoli ad attività extra come la redazione del
Giornale di Istituto, la formazione per la navigazione in Internet,
l’organizzazione di feste in istituto. Mangiare un panino sui gradini
di ingresso della scuola (questa è la mensa scolastica alle Superiori) fa bene al corpo, alla mente e allo spirito dei docenti e dei diGiovane zulu sudafricano,
tratto da blessing sundays osuchukwu
L’autore
Alessandro Toniolo ha insegnato Irc fino al
2010 in scuole statali nelle diocesi di Milano e Vicenza e ha perfezionato i suoi studi
conseguendo il dottorato con specializzazione liturgico-pastorale. Pubblica su Rivista
Liturgica, ha curato con Manlio Sodi i volumi
della collana “Monumenta Liturgica Piana”
e segue il settore delle concordanze nelle edizioni della collana “Monumenta studia instrumenta liturgica” (Lev).
È autore responsabile del sito www.liturgia.it
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scenti. Ben vengano Idr figure strumentali, vice-presidi e speriamo
presto anche presidi: si facilitano il contatto con gli alunni e l’autorevolezza dell’Irc, necessari per poter esprimere significativamente
il proprio ruolo docente all’interno di qualsiasi istituto scolastico.
Vorrei terminare questa serie di articoli riferendomi agli studi sulla liminalità (stato di soglia), condotti presso l’Istituto di Liturgia
Pastorale a Padova. Faccio riferimento all’opera La foresta dei
segni irc, riti e segni irc, riti e segni irc, riti e
simboli. Aspetti del rituale Ndembu di Victor Turner (pp. 488,
Brescia, Morcelliana 2001) e particolarmente al capitolo: “Nello
spazio intermedio: il periodo liminale”.
Nei riti di passaggio possono essere evidenziate tre fasi così descritte: separazione, margine (precisato in seguito con limen, che
in latino significa soglia, da cui liminalità), aggregazione.
«La prima fase (di separazione) comprende un comportamento simbolico che significa il distacco dell’individuo o
del gruppo da un punto della struttura sociale precedentemente fissato, da un insieme di condizioni culturali (uno
stato) o da entrambi. Durante il periodo ‘liminale’ (seconda
fase), le caratteristiche del soggetto del rito (il passeggero)
sono ambigue; egli passa attraverso una situazione culturale che ha pochi attributi (o nessuno) dello stato passato o
di quello a venire. Nella terza fase (riaggregazione o reincorporazione) si compie il passaggio» (op. cit., p.111). Interessanti sono le caratteristiche del neofita descritte, corrispondenti, pur in una società post-industriale, a quelle dell’adolescente, del teenager.
Il giovane viene strutturalmente e spazialmente separato dalla vita
del villaggio per un certo periodo di tempo. Viene ritenuto invisibile a tutti gli effetti, a tal punto che anche se fosse presente all’interno dello spazio-tempo del villaggio non sarebbe visibile.
Conseguenza prima di questo stato di neutralità o invisibilità è: la
non classificazione. L’adolescente oggi si sente invisibile,
questo tema è molto toccato nei diari e nelle discussioni. Se
il neofita a volte viene camuffato con maschere o costumi
grotteschi, dipinto a strisce di argilla bianca, rossa o nera,
gli adolescenti di oggi usano, a gruppi, modi di camuffamento e di riconoscibilità (dai tatuaggi agli emo).
Un altro aspetto è denominato: non ancora classificato. Il neofita
viene considerato racchiuso, coperto, protetto alla stregua di un
feto: è un vivente, ma non si sa ancora quale possa essere la sua
forma definitiva. Il giovane oggi si sente in questa situazione
esistenziale trattato da bambino: vorrebbe essere un adulto, ma sa di non esserlo. Soprattutto non vuole essere un
adulto come quelli che lo circondano, apostrofati con epiteti poco lusinghieri.
Un altro carattere fondamentale dello stato liminale è la neutralità o l’ambiguità spinta fino al paradosso. Il neofita non è né vivo
né morto e nel contempo è sia vivo che morto. È il sì e il no, una
posizione di Tao: il campo della possibilità pura. In una società
primitiva questa posizione termina nel giro di pochi mesi. Nella
nostra società parcheggiamo in questa modalità sociale,
con sottili scusanti capitalistiche, giovani fino a trenta e più
anni. Bisogna dare un limite al paradosso.
Archivio Elledici / G. Pera
Tre fasi fondamentali
Spazio e tempo intermedi
Proviamo allora a creare per gli adolescenti uno spazio e un tempo intermedi nel nostro sistema sociale. Uno spazio liminale
per riportare la forma religiosa allo statu nascenti, senza preconcetti, caratterizzato dalla libertà, necessaria per ricercare la propria forma, e dall’amore, fondamento della condivisione e
dell’agire, uno spazio capace di creare forme nuove rispondenti
alla nuova generazione che nasce. Il rapporto di fraternità che
si instaura tra i giovani tende a permanere nel tempo e a superare la momentaneità del periodo dell’iniziazione; è un vincolo duraturo superiore al cameratismo e talvolta, presso alcune tribù, al
vincolo familiare stesso.«Il gruppo liminale è una continuità o
‘comitiva’ di compagni e non una struttura di posizioni disposte
gerarchicamente» (op. cit., p.131).
Un’esperienza positiva già sperimentata, coordinabile con oratori e strutture parrocchiali, è la settimana di convivenza: preghiera delle Lodi, colazione, lezione a scuola, rientro con pranzo,
studio personale o in gruppo, momento ricreativo, riflessione,
collatio sulla parola di Dio, celebrazione eucaristica/dibattito, cena, “tirata fino tardi” tra giochi vari, discussioni e riflessioni, meritato riposo in due strutture diverse per maschi e femmine.
Una proposta valida, inoltre, risulta quella di orientare i giovani a
esperienze missionarie in Africa o America Latina, con cammini di condivisione spazio/tempo. Sono numerose le scuole che lo
fanno sistematicamente (vedi: http://afrikasi.wordpress.com/,
oppure: http://blog.intoscana.it/noiconglialtri/2010/01/29/africa-numero-3-da-san-miniato-al-burkina/). Per non citare il PIME, i Saveriani, il Vis dei Salesiani o il Cam dei Missionari della
Consolata. In tal modo certi problemi, come il crocifisso in classe, o l’accoglienza del Vescovo del luogo in visita pastorale, pur
seguendo le procedure previste dalla normativa, si risolvono con
più facilità: altrimenti tutto diventa sempre più complicato, in nome di un laicismo sempre meno formativo.
Alessandro Toniolo
Insegnare religione • Maggio-Giugno 2012
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