12 gainnakoulas - Richard e Piggle
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12 gainnakoulas - Richard e Piggle
In memoria Moses Laufer ANDREAS GIANNAKOULAS, MARCO ARMELLINI Molti hanno parlato di Moses Laufer, in occasione della sua morte, come di un ‘pioniere’ della psicoanalisi dell’adolescente - in realtà, ciò che appare pionieristico in Laufer non è tanto il rivolgersi all’adolescenza, che fin dalle origini era stata, anzi, uno dei primi territori in cui si era avventurato lo stesso Freud. La statura pionieristica di Laufer sta nella sua estraneità alla visione psicosociologica e nel rivolgersi, senza trascurare gli aspetti sociali e culturali (a lui sempre ben presenti) all’approfondimento della dimensione dinamica, economica, oggettuale e identitaria specifica della trasformazione adolescenziale, nell’articolazione tra interno ed esterno, biologico e psicologico. Il suo contributo è legato, in particolare, ad una formulazione teoricoclinica, quella del developmental breakdown, che ancora si impone per chiarezza e pregnanza. A distanza di oltre venti anni, la traduzione italiana ‘breakdown evolutivo’ è stata spesso criticata, ma quando entrò nel nostro lessico, a metà degli anni ‘80 - grazie alla pronta traduzione di ‘Adolescence and Developmental Breakdown’, voluta tempestivamente da Arnaldo Novelletto e condotta da Margherita Cerletti Novelletto per Boringhieri - ebbe il grande merito di costringere ad un cambiamento di prospettiva rispetto a tutto ciò che, sull’adolescenza, era stato detto prima di allora in psicoanalisi, soprattutto sulla normatività della crisi e sull’analizzabilità. Era stato proprio Novelletto a far capire nel nostro Paese quanto grande fosse la portata di quel libro e di quei concetti: del collasso - o arresto - dello sviluppo, in relazione all’irruzione nella vita mentale dell’adolescente del corpo sessuato maturo e delle connesse fantasie masturbatorie inconsce, traslate nelle relazioni oggettuali. Erano anni emozionanti per chi si avvicinava in Italia alla psicoanalisi e alla psichiatria dell’adolescente e del bambino, una congiuntura straordinaria che aveva un’epifania speciale nell’Istituto di via dei Sabelli, per la capacità didattica dolcemente esplosiva e sovversiva di Giannotti, per lo sviluppo del Corso di Psicoterapia e dei Seminari, per la lucidità di Novelletto, per la presenza travolgente di Marco Lombardo Radice, per la possibilità di confronto diretto con chi, in Europa e negli Stati Uniti, stava lavorando nella Richard e Piggle, 15, 2, 2007 210 A. Giannakoulas, M. Armellini: In memoria di Moses Laufer stessa direzione, anche se con accenti diversi: ad esempio Jeammet, Ladame, i Novick, Miller, e, appunto, i Laufer. La fondazione dell’I.S.A.P. (voluta e presieduta da Giannotti) arrivò a completare un processo turbolento e affascinante. In tante occasioni, da allora, abbiamo avuto l’occasione di ascoltare le accurate (e appassionate) presentazioni di Moses ed Eglé Laufer, coppia inseparabile per 50 anni. Solo nel novembre 2005, a Milano, per il Congresso su Winnicott, Eglé era venuta sola, perché le condizioni di Moses erano già molto compromesse. ‘Moe’, con Eglé, non esibiva un pensiero teorico particolarmente sofisticato: ciò che colpiva in lui (in loro) era la fluidità, la linearità e, potremmo dire, l’urgenza, che esprimeva al livello della formulazione teorica la spinta dei ragazzi che incontravano. Ma, oltre l’understatement e l’umiltà, entrambi erano soprattutto degli esperti: esperti nell’accompagnare i pazienti più difficili, esperti nel far crescere i propri allievi e collaboratori, e anche nell’integrare e sintetizzare i lavori di altri clinici. In ogni caso, lo sviluppo teorico fluiva tranquillamente, profondamente e in maniera logica. Era anche questa la sensazione che trasmettevano in supervisione Laufer, estremamente efficace nel cogliere i nodi della clinica dell’adolescente, emanava, soprattutto, una sommessa capacità di ‘concern’, un’assoluta assenza di indulgenza e seduttività e una grande capacità di contenere le più bizzarre manifestazioni del malessere e della malattia degli adolescenti. Possiamo esser più o meno convinti della natura della fantasia masturbatoria centrale, ma la comunicazione che continua a venirci dall’esperienza dei Laufer è che non bisogna farsi accecare dal pregiudizio sulla ‘crisi normativa’ o della sua apparente assenza, ma che dobbiamo sempre interrogare il transfert sul ruolo che - nel processo evolutivo - assumono le difese contro l’irruzione della capacità reale di esercitare una sessualità matura e di procreare, e quanto la relazione con il nuovo oggetto riproponga qualità della relazione con il corpo come oggetto. Uno degli aspetti centrali del loro pensiero, ci hanno sempre ricordato, è il riferimento non tanto alla costellazione sintomatologica, ma al rischio di un’arresto dello sviluppo, di uno stallo senza soluzioni del processo; sullo sfondo, la preoccupazione costante del rischio suicidario. Nel 1985, al 34 Congresso IPA di Amburgo, il suo contributo su “Adolescenza e Psicosi” cominciava così: “The psychoanalytic understanding of psychosis and of the period of adolescence, when combined, may enable us to view the severe psychopathologies during adolescence in such a way as to create serious doubt about the usefulness of the diagnosis ‘psychotic’ during adolescence. Hopefully, instead, we may be able to differentiate more minutely between behaviour and thought which contain psychotic manifestations and functioning, and that behaviour and thought which might, in some special circumstances, be considered to be structurally and dynamically similar to the adult psychoses. But I begin with a comment borrowed from William Gillespie that ‘psychosis in adolescence is a prognosis Richard e Piggle, 15, 2, 2007 A. Giannakoulas, M. Armellini: In memoria di Moses Laufer 211 and not a diagnosis’, a comment which is central to what I want to discuss, and one which summarizes the many serious doubts I have had during my clinical work with seriously ill adolescents about the suitability or the usefulness of the description ‘psychotic’”. “La comprensione psicoanalitica della psicosi e del periodo dell’adolescenza, quando combinati, possono consentirci di vedere le gravi patologie psicologiche dell’adolescenza in modo tale da creare seri dubbi sull’utilità della diagnosi di ‘psicosi’ durante l’adolescenza. Possiamo essere capaci di differenziare più accuratamente tra comportamento e pensiero che che contengono manifestazioni e funzionamento psicotico, e comportamento e pensiero che potrebbero, in particolari circostanze, essere considerati sovrapponibili, dal punto di vista struttrale e dinamico, alle psicosi dell’adulto. Ma prendo a prestito, per iniziare, un commento di William Gillespie: ‘La psicosi in adolescenza è una prognosi e non una diagnosi’; è un’affermazione centrale rispetto a ciò che intendo discutere, e che riassume i molti e seri dubbi che ho avuto, nel lavoro con adolescenti gravemente malati, sull’utilità e pertinenza dell’etichetta ‘psicotico’”. (International Journal of PsychoAnalysis, 67: 367-372, 1986). L’adolescenza, nella sua essenza, comprende un impegno personale radicale e profondo. Una schiera di valori, già percepiti come stabili, è temporaneamente minacciata e comunque destinata a subire delle profonde trasformazioni di prospettiva. L’equilibrio interno stesso, costituito dalle introiezioni e identificazioni familiari, ambientali e sociali, gradualmente si destabilizza ed evolve verso un estrema eterodossia personale, percepita o inconsapevole, negata o esibita. Sappiamo come questo periodo di vita gioca una parte cruciale nello sviluppo completo della persona. L’isolamento, la tristezza, la sensazione che qualcosa va male o si è irrimediabilmente guastato, la sensazione di essere un fallimento sociale, o forse la sensazione che i propri pensieri siano anormali e terrificanti sono alcune delle manifestazioni del breakdown psicologico in adolescenza, che a volte si presenta con i caratteri della tempesta inattesa: “Quello che possiamo osservare è un collasso delle modalità precedenti di affrontare le diverse situazioni di stress” dice M. Laufer. A volte, i Laufer sono stati accusati di eccessiva sudditanza al dato biologico della maturazione sessuale, all’equazione puberale; in realtà, essi hanno sempre messo in luce le conseguenze dinamiche, strutturali ed economiche della trasformazione puberale e della capacità reale di procreare sull’organizzazione e sugli equilibri della ragazza e del ragazzo. Né hanno mai trascurato, nel loro linguaggio decisamente annafreudiano, di dare voce al mondo interno. Né hanno mancato di ricordarci che il rischio del breakdown rinvia alle qualità delle relazioni primarie e alla realtà di quelle attuali: il breakdown ha i suoi antecedenti nei fallimenti precedenti dell’incontro con l’ambiente, e il suo riconoscimento è l’ultima opportunità di trasformazione terapeutica prima che la distorsione del carattere sia definitiva. Né, infine hanno mai dimenticato di confrontarsi con le peculiarità dell’orRichard e Piggle, 15, 2, 2007 212 A. Giannakoulas, M. Armellini: In memoria di Moses Laufer ganizzazione di genere. I Laufer hanno esteso il raggio della comprensione psicoanalitica in territori dell’adolescenza fino a quel momento non descritti, esplorando le aree del breakdown adolescenziale e di ciò che ad esso segue. I ritratti dei pazienti che compaiono negli scritti di Moses sono insolitamente vividi e la sua presenza terapeutica estremamente umana. Gli studi di casi clinici non sono mai compiaciuti: sono resoconti sofferti, affascinanti e drammatici della condizione dell’adolescente, così come viene sperimentata all’interno e all’esterno della scena psicoanalitica, e aiutano a disperdere ogni dubbio sull’utilità dei principi psicodinamici nella comprensione delle tensioni dell’adolescente e contribuiscono con ottimismo alla diagnosi, prognosi e terapia dei disturbi di questa fase evolutiva. I loro libri, sempre contenuti nelle dimensioni, hanno anche il merito di una chiarezza estrema, e di una grande capacità di tenere conto delle critiche e dei contributi diversi. Essi sono stati, dopo Adolescent Disturbance and Breakdown del 1975 (Viking) e ‘Adolescence and Developmental Breakdown’ del 1984, approfondimenti rigorosamente clinici dei loro concetti, nel confronto con diversi orientamenti: Developmental Breakdown and Psychoanalytic Treatment in Adolescence: Clinical Studies (Yale University Press, 1989); The Suicidal Adolescent (Karnac e International Universities Press, 1995); Adolescent Breakdown and Beyond (Karnac, 1997). Gli ultimi due titoli sono stati pubblicati in Italia da Borla (L’adolescente suicida e Breakdown ed oltre). L’ultimo, in particolare, scritto con lo stile elegante e lucido caratteristico dei loro precedenti lavori, mostra la loro capacità di integrare, attraverso i vari contributi, il pensiero classico e quello contemporaneo sulla teoria e la tecnica della psicoanalisi e della psicoterapia psicodinamica nel lavoro clinico con gli adolescenti, sia nel privato che nei servizi pubblici; così, in modo stimolante ed informativo, permette un approfondimento di molte complesse condizioni conflittuali adolescenziali con essenziali insights clinici intorno alla problematica del breakdown e del suicidio. Tutti questi volumi sono nati dal lavoro del Centre for Research into Adolescent Breakdown, e sono quindi sempre frutto di un lavoro a più mani, di collaboratori del Centro e di interlocutori esterni. Paradossalmente, nonostante la loro chiara appartenza al gruppo freudiano e alla cultura di Anna Freud, di Solnit e degli altri grandi studiosi della dimensione evolutiva e della psicologia dell’Io, i Laufer non sono mai stati chiusi al contributo della scuola delle relazioni oggettuali o della psicologia del Sé. I linguaggi delle altre scuole non sono evidenti nei loro scritti come tributi o citazioni, ma come interiorizzazioni; per questo hanno sempre trovato interlocutori attenti in analisti di altre scuole, a partire dai kleiniani, come Di Ceglie. Ma l’opera più grande di Moses e di Eglé è stata sicuramente il Centro di consultazione per adolescenti nato nel 1962 come Young People’s Consultation Centre (che oggi sopravvive in collegamento con il dipartimento dell’adolescenza della Tavistock Clinic a North London) e, dal 1967, il Brent Consultation Centre (ora Brent Centre for Young People), fondato in collaboRichard e Piggle, 15, 2, 2007 A. Giannakoulas, M. Armellini: In memoria di Moses Laufer 213 razione con Eglé Laufer, Mervin Glasser, Maurice Friedman and Myer Wohl, cresciuto sommessamente come luogo in cui gli adolescenti hanno potuto trovare un ascolto immediato. Il Centro nasceva da un’intuizione centrale di Moses, questo davvero un contributo clinico monumentale: se una ragazza o un ragazzo che stanno male sentono il bisogno di chiedere aiuto, per un qualsiasi motivo, devono poter trovare un ascolto immediato, perché un’occasione del genere può non ripetersi. Nasce così lo walk in, il luogo ad accesso diretto che può non solo dare risposta alle richieste di aiuto psicologico, ma avviare il dialogo anche attraverso elementi di realtà, come le informazioni sui servizi della comunità, sulla sessualità, sul lavoro o la formazione. Dall’inizio degli anni ‘80 al Centro clinico si è affiancato il Centre for Research into Adolescent Breakdown. Così, al lavoro clinico, si è potuto affiancare il lavoro di ricerca e formazione. Umilmente, i Laufer hanno sempre saputo trovare le risorse per garantire la gratuità di almeno una parte delle terapie, oltre gli scarsi finanziamenti pubblici. Oggi il Brent è condotto da Maxim de Sauma, che di Moses ha dato un appassionato ritratto per il ‘Guardian’ del 15 novembre 2006. In pochi altri Paesi, oltre alla Gran Bretagna, è possibile che chi non è né medico, né psicologo possano diventare psicoanalisti. Quest’apertura ha permesso alla Società britannica di avere tra i propri membri personaggi come James Strachey, Susan Isaacs o Marion Milner. Anche Moses Laufer apparteneva a questa classe di analisti, che hanno portato nella nuova competenza la loro storia e la loro sensibilità professionale e personale. Laufer era nato nel 1928 a Montreal, dove la sua adolescenza era stata marcata dalla disoccupazione del padre. A Montreal e Cleveland aveva compiuto gli studi sociali, e si era poi spostato grazie ad una borsa di studio in Israele dove si era avvicinato a uno dei grandi drammi del sogno di Israele: l’inserimento nei kibbutzim dei ragazzi provenienti (senza genitori) dalle comunità ebraiche del sud dell’India, isolate nella loro tradizione per quasi duemila anni. In Israele si era avvicinato alla psicoanalisi e si era poi spostato a Londra dove aveva intrapreso, dal 1955, il training, lavorando contemporaneamente come operatore sociale di strada per un progetto della Nuffield Foundation contro la devianza giovanile. Il trattamento, condotto con successo, di un adolescente antisociale, convinse Anna Freud a sostenerlo, sette anni più tardi, nel progetto del Centro. La passione sociale non lo ha mai abbandonato, portandolo ad esempio a fondare, con Hanna Segal, il movimento ‘International psychoanalysts against nuclear weapons’. Dal 21 luglio 2006 ‘Moe’ ci ha lasciati: così, definitivamente, non sarà più la sua figura alta e un po’ curva ad accompagnare la piccola, energica Eglé nella loro infaticabile testimonianza d’impegno per una psiconalisi dell’adolescente. Richard e Piggle, 15, 2, 2007