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THE FIRST DAWN OF A NEW WORLD
(TWILIGHT SAGA - BOOK NUMBER X)
Scritto da me per me, troppo curioso di come andasse a finire veramente la saga
Lo scudo
Confesso che la storia dei super-poteri mi aveva sempre affascinato,
quindi il mio scudo mi aveva un po' deluso. Ricordo ancora il brivido
che mi aveva percorso durante la battaglia con i Volturi. La consapevolezza di quanto fosse importante proteggere la mia famiglia dagli attacchi mentali di Jane e Alec, ma al tempo stesso la certezza di essere diventata un bersaglio per gli attacchi fisici, dai quali il mio scudo non
poteva proteggermi.
Eppure sentivo di avere ancora molto da scoprire sul suo funzionamento, non potevo escludere che potesse avere anche qualche risvolto fisico, dato che, sia Benjamin, che Kate mi avevano dimostrato che esistevano anche poteri con effetto diretto su cose e persone.
Pensavo a tutto questo intanto che Renesmee correva felice nel prato
seguita dagli occhi attenti di Jacob, che non cessavano per un solo istante di seguirla. Edward era in città per non so quali affari di famiglia e
Emmett stava sistemando un nuovo “tavolino” vicino ai garage, sicuramente pensando alla rivincita a braccio di ferro che ancora stava aspettando da me.
Ero seduta sulla comoda altalena a due posti che avevamo piazzato
per Renesmee vicino alla casa. Mi piaceva dondolarmi con l'aria che mi
accarezzava dolcemente il viso. Certamente non faceva parte del repertorio di una vampira, ma era una buon allenamento per cercare di sembrare umana. Ogni tanto veniva a trovarci Charlie e non volevo che si
accorgesse che ero in grado di rimanere assolutamente immobile, poteva
essere molto difficile da spiegare, quindi era necessario insegnare al mio
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corpo ad effettuare movimenti i più naturali possibili, farsi dondolare
evitando di spingersi nello spazio, dosando le forze, era istruttivo...
Decisi di fare qualche esperimento con lo scudo, così giusto per passare il tempo. Ormai estenderlo per una cinquantina di metri era semplice, potevo modificarne i contorni con precisione e mi divertii a disegnare forme di fantasia tutto intorno a me. Ero già riuscita, con qualche difficoltà in più, a distaccarlo da me per fare in modo che Edward potesse
sentire i miei pensieri quando era vicino....
Ero tutta presa dai miei esperimenti quando mi giunse chiara la voce
di Emmett, che stava sempre lavorando vicino alla casa:
“Si, Emmett, il sasso mi sembra abbastanza grosso e stabile per resistere un po' di secondi alla mia forza da neonata”,
gli risposi.
Da lui, però non ottenni risposta e lo guardai, mentre spostava, non
senza un accenno di sforzo, l'enorme masso, pensando ancora a come si
era sbriciolato l'ultima volta.
In quel preciso istante cominciai a rendermene conto, Emmett mi voltava le spalle ed era ad una cinquantina di metri da me completamente
preso dal suo lavoro e non si curava di me e certamente non mi aveva rivolto la parola, stava solo ‘pensando’!
Mi resi conto che lo scudo era ancora intorno a me, ne ero quasi inconsapevole dato che non mi costava alcuno sforzo mantenerlo, ed un
lobo della margherita invisibile che disegnava era proprio su Emmett e
lo avvolgeva. Adesso che stavo prestando più attenzione sentivo la sua
presenza di Emmett , come durante la battaglia sentivo tutti quelli che
riuscivo a proteggere, ma adesso era diverso! Potevo sentire anche i suoi
pensieri! Si era evoluto! Ma come avevo fatto? Solo Edward aveva il potere di leggere la mente e il mio scudo glielo aveva sempre impedito,
anzi era riluttante a lasciarsi spostare per consentirglielo.
Un'idea cominciò a farsi strada nella mia mente; e se fossero stati proprio i tentativi fatti con Edward per modificare la parte ‘fissa’ dello scudo, quella che mi proteggeva in permanenza, se fosse rimasto ‘contagiato’ dal potere di Edward? E da qualche altro potere che aveva subito?
Fissai Emmett e cominciai mentalmente a scusarmi con lui per il piccolo esperimento che stavo per fare, tanto era grande e grosso, non ne
avrebbe sofferto più di tanto e poi mi punzecchiava sempre con le sue
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battutine a doppio senso..... Mi concentrai su di lui e cercai di farlo per
il più breve tempo possibile. Il gigantesco e muscoloso vampiro si piegò
improvvisamente sulle ginocchia ed emise un mugolio di dolore che io
riuscii a sentire benissimo, anche senza l'ausilio del super-udito da vampira.
“Jane” urlò forte, “c'è Jane qui intorno”
e si acquattò ringhiando, pronto a scattare nell'assalto. Carlisle e Jasper si precipitarono fuori dalla casa in soccorso di Emmett, con un
espressione di smarrimento mista ad una vena di paura, i Volturi erano
tornati per un attacco a sorpresa?
“Dov'è, Emmett, dove sono ?! “
“Non lo, non li vedo, ma ho sentito su di me gli effetti terribili dell'attacco che solo Jane è in grado di portare!”
Tutti e tre si guardavano intorno con smarrimento, ma pronti ad attaccare gli intrusi. Fu allora che mi videro dondolarmi lentamente sull'altalena, completamente indifesa, e con un balzo all'unisono mi furono accanto.
“Bella, Bella ! Presto dobbiamo rientrare, siamo attaccati!”
Carlisle fu il primo a notare l'aria da scolaretta che si sentiva in colpa
per la marachella, che sicuramente si era dipinta sul mio volto da vampira...
“Bella, non hai visto nessuno vero? Non c'è nessuno qui intorno
vero?!”
Sentii i pensieri di Emmett e Jasper che erano giunti alla medesima
conclusione:
“Non può essere stata lei, non può... o si?? “
e l'istinto omicida nei miei confronti crebbe con forza in Jasper per
poi lasciare pian piano posto al sollievo e all'ilarità:
“siamo su Candid Camera? Come hai fatto Bella? perché sei stata
tu vero ??”
“Si”,
mormorai timidamente e piena di rimorso per quello che gli avevo fatto provare,
“stavo provando lo scudo e mi sembrava che avesse subito dei cambiamenti....”
“E che cambiamenti, Bella !”
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Sibilò Emmett,
“mi sa che dovrei darti qualcosa in cambio”
e mentre lo diceva stringeva gli enormi pugni gonfiando i muscoli
degli avambracci.
“Su, su calmiamoci tutti, la scoperta è importantissima per la sicurezza di tutti noi”,
sentenziò Carlisle,
“che altro puoi fare Bella? Sei una novità continua per la nostra
famiglia di poveri vampiri normali!”
“Credo che lo scudo possa fare propri tutti i poteri con cui venga a
contatto...”
“E quindi anche quelli di Alec , Benjamin, Kate....” ,
disse incuriosito Jasper
“Devo ancora provare, ma penso che abbia imparato anche quelli
visto che riesco anche a leggere il pensiero come fa Edward, quando lo
scudo è dispiegato su qualcuno...”
“Be, per oggi e meglio che tu sospenda gli esperimenti, potresti non
riuscire a controllare i poteri più pericolosi!”,
cosi mi consigliò Carlisle e mi disse che era meglio aspettare Edward...
Chiusi lo scudo e ripresi a guardare con tenerezza Renesmee e Jacob
che giocavano senza, per fortuna, essersi accorti di quello che era accaduto.
In lontananza vidi arrivare Alice, Rose e Esme, tornavano dalla caccia, procedevano velocemente e in un attimo furono vicine a me.
“Ci siamo perse qualcosa?”
Esclamò Alice,
“Ho avuto una visione molto confusa riguardante Jane e i Vulturi,
ma dato che era molto oscura e piena di vuoti penso che si trattasse di
te e di qualcosa che ti riguardava, o sbaglio?”
“Niente di preoccupante, Alice, vi spiegherò tutto più tardi al ritorno di Edward...”
Il sole era ormai calato da un pezzo, quando sentii in lontananza la
Volvo di Edward imboccare il vialetto che conduceva alla casa dei Cullen. Jacob era ritornato dal suo branco verso sud, dove avevano iniziato
a costruire una grande casa per quando riprendevano le sembianze umaPag. - 4 - di - 155 -
ne, visto che nonostante la riappacificazione con Sam era meglio, per la
storia dell'alfa, che non dormissero sotto lo stesso tetto..
Renesmee si era addormentata fra le mie braccia e dopo aver goduto
per un po' del suo profumo e calore l'avevo riposta nel suo lettino nella
cameretta che Esme aveva realizzato accanto alla sua. Un ricordo fugace
della mia precedente vita da umana mi fece venire in mente di quando
anch'io avevo bisogno di dormire...
Edward, fece il suo ingresso in casa:
“E così, il mio dolcissimo amore, ha sempre in serbo qualche sorpresa”,
disse prima di appoggiare le sue labbra sulle mie in un bacio appassionato, che subito mi fece ribollire il sangue, oops, se fossi stata umana,
ma l'effetto era comunque molto eccitante. Mi ricomposi, perché gli altri
erano ansiosi di informare Edward, Alice, Rose e Esme di quello che
avevo combinato nel pomeriggio. Ci sedemmo tutti sui divani anche se
ovviamente non ne sentivamo alcun bisogno, ma forti di quell'abitudine
che aveva, nel corso degli anni, contribuito a creare un'immagine “normale” della famiglia Cullen, agli occhi dei comuni mortali.
“Molto interessante” ,
disse Edward, dopo essere stato informato,
“Penso che per il momento, però, non dovremmo perdere tempo
con ulteriori esperimenti, dato che per qualche secolo i Vulturi ci lasceranno in pace.”
“Bella deve occuparsi di cose più importanti, come Renesmee, il
rapporto con Charlie, costruire la nostra nuova identità ai corsi di
Dartmouth e … di me!”
Nel dirlo si voltò verso di me con un sorriso smagliante, di quelli che
solo Edward sapeva rivolgermi e che solitamente mi scioglievano, ma
questa volta sentii un certo disappunto crescermi dentro, non conoscevo
ancora il suo lato “maschilista”, ma forse era solo desiderio di proteggermi e lo giustificai subito.
“Va bene, Edward, la verità è che ero eccitata dalla scoperta, lo
trovavo figo...”.
Alla fine convenimmo tutti che ci avremmo ripensato più in la' nel
tempo e che aveva ragione Edward.
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Charlie, Renesmee, lo scudo – parte II
Erano passate diverse settimane dall'episodio dello scudo e ormai non
ci pensavo più. Renesmee continuava a crescere molto velocemente,
aveva ormai l'aspetto di una bambina di tre anni e Charlie insisteva che
la portassi a casa sua a Forks, dove voleva fargli conoscere Sue, che
passava quasi tutte le sue giornate con lui.
Nessie (ormai mi ero arresa al soprannome anche perché forse era
solo un diminutivo e non un riferimento al mostro di Lochness) nel frattempo e con grandi difficoltà aveva iniziato a mangiare qualcosa di
“umano”, non certo le pappette, ma sembrava che la torta di mele e la
pizza potessero essere adatte alle sue papille gustative (per metà vampire
e per metà umane). In questo modo potevo farle mangiare qualcosa a
casa di Charlie, che invece, per quanto riguardava me, si era adattato a
non vedermelo più fare, senza peraltro domandarsi come facevo a nutrirmi (il non farsi troppe domande era diventato per lui come il mio scudo,
e sembrava funzionare).
Le giornate avevano cominciato ad accorciarsi e l'aria a farsi frizzante, fra alcuni giorni la prima neve sarebbe arrivata e quindi decisi che
questo sabato avrei portato la bambina da Charlie. Lo dissi ad Edward
che ritenne opportuno che io ci andassi da sola e che quindi lui ne avrebbe approfittato per andare a caccia.
“Una condizione, però, usa la Mercedes”.
“Non è un po' troppo appariscente?”
subito ribattei, infastidita da quel mostro con due tonnellate di blindatura...
“Tu ormai sei indistruttibile, ma Nessie non sappiamo ancora
quanto lo sia, e quindi per favore!”
L'argomentazione era valida e comunque non era il caso di farlo stare
in pensiero e quindi accettai di buon grado.
“Pizza e torta di mele! Senz'altro Sue sarà felicissima di preparale,
allora ti aspetto Sabato Mattina!”
Charlie fu contentissimo del mio auto-invito e immagino iniziasse già
i preparativi anche se era ancora Giovedì sera.
Le poche miglia che ci separavano dalla casa di Charlie (come la sentivo lontana nel tempo la mia casetta , ed erano passati solo pochi mesi
da quando avevo lasciato la mia cameretta-rifugio) le avrei percorse in
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pochi attimi a piedi e di sicuro anche Nessie sarebbe stata più contenta
piuttosto che essere legata sul seggiolino, ancorato al sedile posteriore
del carro-armato, ehm, della Mercedes Guard, ma bisognava salvare le
apparenze.
Sue, abituata alla stranezza dei sui figli, non fece troppe domande riguardo all'età di Renesmee, tanto meno Charlie che sicuramente rimase
sorpreso dallo sviluppo velocissimo della bimba. Ma Nessie era così bella e affabile che ben presto tutti dimenticammo le stranezze e ci dedicammo a coccolarla. Il fatto che poi divorasse la pizza e successivamente la torta di mele, che Sue aveva abilmente preparato, ebbe un effetto
tranquillizzante su Charlie.
“ E' ancora una splendida giornata, perché non la portiamo a La
Push a vedere il mare?”
esordì ad un certo punto Sue. Trasalii e mi avvicinai preoccupata alla
finestra a scrutare il cielo, sapendo l'effetto che il sole di una “splendida
giornata” avrebbe avuto sulla mia pelle, ma alcune rassicuranti nuvolette
lo nascondevano.
“E' una splendida idea”,
mentii spudoratamente, preoccupata anche di dovermi rimettere alla
guida della ‘cosa con i vetri antimissile’, ma vedendo Nessie battere le
manine felice, mi rassicurai un poco.
La strada correva attraverso la foresta, senza essere troppo impegnativa, ed io guidavo con calma, cercando di tenere a bada i 500 cv che pulsavano sotto il cofano, onestamente senza alcuna difficoltà stante tutte le
diavolerie elettroniche che tenevano l'auto incollata alla strada con la
massima sicurezza. Charlie e Sue non perdevano di vista Nessie senza
smettere di coccolarla nemmeno per un istante. Mi sentivo un po' trascurata, ma meglio così, potevo concentrarmi nella guida senza le distrazioni di una conversazione. La strada dopo un centinaio di metri avrebbe
affrontato una leggera semi curva sulla sinistra, ai lati era leggermente
infossata fra i pendii del bosco che iniziava quasi a contatto dell'asfalto.
Fu allora che lo vidi uscire dalla curva, era enorme con il suo muso
alto e lucente, le quattro ruote gemelle che mordevano l'asfalto, le marmitte cromate che svettavano verso il cielo, i gli enormi tronchi che sembravano tutt'uno con il rimorchio. C'era qualcosa che non andava però,
le lunghe trombe sul tetto della cabina urlavano la loro disperazione, era
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veloce, troppo veloce e il carico del rimorchio aveva cominciato pericolosamente ad oscillare.
“ Si sta rovesciando”,
rantolò disperatamente Charlie, che seduto accanto a me vedeva la
morte avventarsi contro la Mercedes. Il tempo per me si era come fermato, la velocità dei miei riflessi mi faceva vedere la scena al rallentatore e
mi concedeva il tempo di decidere sul da farsi. Avrei dovuto afferrare
Renesmee, aprire la portiera, scendere dalla macchina e arrampicarmi in
fretta sul crinale del bosco. Certo, la mia velocità mi concedeva tutto il
tempo necessario, ma Sue e Charlie non avrebbero avuto scampo. La
blindatura della Gard non avrebbe retto a cinquanta tonnellate scagliate a
settanta miglia all'ora e la macchina si sarebbe sbriciolata. In quel preciso istante mi resi conto che lo scudo si stava estendendo, intorno alla
macchina e per qualche metro in avanti, come se avesse avuto una volontà propria. Non sarebbe servito a niente !! non era un attacco mentale
quello! Mi accorsi però che era diverso dal solito, era più denso, più pesante da sostenere e non si estendeva che per poco davanti a me. Il tempo dei ragionamenti era finito, anche alla mia velocità, ora non restava
che la fiducia.. Sentii un leggero fastidio quando il muso del mostro entrò in contatto con il punto in cui , sicuramente iniziava lo scudo, lo vidi
accartocciarsi come se avesse incontrato la roccia delle scogliere di La
Push; le enormi ruote anteriori iniziarono ad arrampicarsi su un sentiero
invisibile, motrice, rimorchio tronchi compresi si impennarono verso il
cielo e il tutto passò qualche metro sopra la macchina. Nel frattempo il
controllo laser anti-ostacolo della macchina stava facendo il resto bloccando i freni ed arrestando il veicolo qualche metro prima della curva, al
centro della strada. Alle nostre spalle l'inferno continuava con un terribile stridore di lamiere, per qualche centinaio di metri, fino a che il mostro
non si arrestò incastrandosi di traverso fra i terrapieni. Un silenzio glaciale calò sulla scena, che fu rotto tutto ad un tratto dall'applaudire di
piccole manine e dalla squillante, divertita voce di Renesmee:
“Brava mamma, brava mamma mi sono divertita, lo facciamo ancora?”
Per un attimo pensai di strozzarla, ma dovetti occuparmi subito di
Charlie e di Sue, che più bianchi di me erano ancora impietriti dallo
shock.
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“Certo che aveva ragione Edward, queste macchine tedesche sono
proprio indistruttibili”
Esclamai, sperando che bevessero anche questa, mentre ripiegavo il
mio incredibile scudo....
Charlie fu il primo a scendere e dopo aver fatto un giro incredulo intorno alla macchina, che non aveva neppure un graffio sulla sua lucente
carrozzeria nero metallizzata, si incamminò verso la cabina del camion:
il senso del dovere aveva prevalso sullo spavento e voleva assicurarsi
delle condizioni dell'autista.
“Credo che sia ancora vivo”
dissi, infatti oltre all'invitante odore del suo sangue, sentivo anche il
battito del suo cuore, abbastanza regolare. Affidai Nessie a Sue, che nel
frattempo da buona madre di Lupi si era ripresa abbastanza in fretta, mi
avviai anch'io verso il camion. Avevo udito un altro rumore in lontananza: i quattrocento Cv della mia Ferrari lanciati a tutta velocità sulla strada.
Sicuramente Alice aveva visto l'incidente, ma oscurata da me e Nessie
non poteva aver visto l'epilogo e si stava precipitando sul posto con Edward (immagino in che stato d'animo) alla guida. Con un balzo superai il
camion (di parecchi metri per non farmi vedere da Charlie) e mi misi in
mezzo alla strada ad aspettarli. Ovviamente mi percepirono in tempo e la
potente Ferrari, lasciando qualche centinaio di metri di strisce nere sull'asfalto si arrestò intraversandosi ad un metro da me. Edward mi stringeva già fra le braccia dopo qualche frazione di secondo e meno male
che ero più forte di lui. “ahi” gemetti,
“mi farai impazzire “
guaii lui, mentre sentivo anche le braccia di Alice
“maledizione, non riesco mai a vedere con chiarezza ciò che ti riguarda, come hai fatto a evitare il camion?”
squitti lei.
“Be, è stato figo, adesso credo di saper usare a pieno lo scudo!”
Edward non era molto convinto:
“Figo? E se non avesse funzionato? Perché non sei saltata giù?”
mi rimproverò
“Dovevo lasciare morire Charlie e Sue?”
“Scusami amore, ma ero veramente preoccupato”
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e prese a baciarmi con tenerezza.....
Ormai la gita era rovinata, Charlie aveva telefonato in centrale per i
soccorsi e aveva deciso di attendere sul posto. Noi non potevamo certo
spostare il camion (anche se ce l'avremmo sicuramente fatta) e quindi
decidemmo che Alice sarebbe tornata indietro con la Ferrari, mentre noi
tre, dopo aver lasciato Sue a La Push , saremmo ritornati per la strada
che passava accanto all'aeroporto di Quillayute, che, sia pur allungando,
ci avrebbe permesso di evitare il blocco dell'incidente (tanto a noi il tempo non mancava...)
“Ciao, Charlie, ci sentiamo domani per telefono”
“Ciao Edward, ciao Bella, un bacione a Nessie”
Beh, in fondo che vuoi che sia successo, eravamo tutte persone in grado di superare velocemente un piccolo shock.. Ma a Charlie non tornavano proprio bene i conti e allora decise che il tutto faceva parte di quello cose a cui non doveva pensare. Si sedette accanto all'autista ferito (ma
non troppo, forse più alticcio che ferito) ad attendere i soccorsi e a meditare per quanti decenni l'avrebbe tenuto in cella.....
Edward
Guardavo con occhi incantati la mia Bella mentre giocava con Nessie.
La trasformazione, che tanto avevo temuto e osteggiato, l'aveva resa una
creatura meravigliosa. Le sue forme si erano perfezionate e nello stesso tempo la durezza della sua natura di vampira creavano un mix di aggressività e dolcezza che rendevano la sua bellezza abbagliante, anche
senza bisogno dei riflessi adamantini creati dalla luce del sole. La sessualità dei suoi 18 anni si era liberata trasformandosi in sensualità a cui
nessun comune mortale avrebbe saputo resistere, e nemmeno un vampiro.....Gli occhi stavano già perdendo il rosso intenso dei primi giorni, diventando ambrati ed emanavano un calore intenso e allo stesso tempo
dolcissimo. Il suo carattere era rimasto lo stesso di prima, rafforzato e
maturato dalla maternità. Era dunque una donna perfetta!
Già, ma non lo era! Era diventata una vampira, un'immortale. Non
riuscivo a scorgere in lei i tratti che contraddistinguono la nostra razza.
In lei la sete si era spenta quasi subito, era soffocata a tal punto da emerPag. - 10 - di - 155 -
gere a volte pericolosamente tardi, quando il suo organismo era quasi
allo stremo. Alla caccia preferiva lo stare assieme a Renesmee (la cui natura mezza umana le consentiva ormai un'alimentazione tradizionale, anche se l'odore e il gusto del sangue la inebriavano ancora). Renesmee
aveva ben chiara la differenza fra giorno e notte e i suoi ritmi vitali richiedevano anche il dormire. Bella, a sua volta sembrava quasi averne
bisogno, come pure difficilmente riusciva a stare immobile per lunghi
periodi, sembrava come se la sua Anima fosse ancora dentro di lei saldamente attaccata al suo corpo non più umano.
“Noi non abbiamo più un anima! e siamo immortali!”
pensai a voce alta. O meglio il nostro scorrere del tempo è legato a ritmi molto più lenti. Avevamo visto, durante la battaglia con i Vulturi, i
rumeni invecchiati dal tempo, si ma quanti secoli avrebbero vissuto ancora prima di spegnersi definitivamente? Questo però porta ad una riflessione, se il tempo scorre anche per noi, bisogna trovare il modo per
impegnarlo, ma non certo a ritmi umani! Ecco che, per esempio, rimanere immobili in un luogo tranquillo a riflettere può durare anche 100 anni!
I Cullen aveva vissuto quasi sempre nella zona di Forks, ma quando il
loro non invecchiare cominciava a dare nell'occhio, la famiglia andava a
Denali e si fermava in una stanza che gentilmente Tania gli metteva a disposizione, per una cinquantina di anni!! E di questo Bella non ne sembrava ancora capace e come non bastasse c'era anche Renesmee. Come
si sarebbe comportata fra 5 o sei anni quando il suo sviluppo si sarebbe
fermato e sarebbe diventata anche lei immortale?
Quindi dovevo pensare ad una soluzione diversa.
Attualmente la fonte principale di sostentamento della famiglia era
nelle mani di Jasper, l'esperto di economia (a suo tempo aveva avuto il
tempo di frequentare i corsi di Stanford), che si occupava di titoli di borsa (indovinate chi gli forniva le previsioni) e quindi era libero di operare
da qualunque luogo vi fosse una connessione Internet. Carlisle invece
aveva bisogno di una struttura ospedaliera dove operare e ciò era molto
importante perché oltre a procurarci tutto ciò di cui avevamo bisogno
(sappiamo quante sacche di sangue donato erano servite durante il parto
e la trasformazione di Bella) poteva continuare le sue ricerche genetiche
sulla nostra struttura.
Gli altri, me compreso avevano solo attività di copertura, studenti,
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operatrici di moda, consulenti di architettura...
Fondamentale per tutti noi era però l'attività della caccia. Se volevamo
rimanere ‘vegetariani’ non potevamo certo trasferirci in una grande città
lontana dalla foresta. Doveva pure essere molto estesa perché dovevamo
con facilità, e senza precluderne la sopravvivenza, trovare animali di
stazza sufficiente a contenere tutto il sangue di cui avevamo bisogno.
Mi piaceva l'idea di Rutland, nel Vermont anche perché non era lontanissima da Hanover dove aveva sede il Dartmouth College che avremmo
potuto frequentare io e Bella e magari anche Alice, se ne aveva voglia...
Penso che uno di questi giorni andrò a fare un sopralluogo. Mi sa che
dovevo anche controllare se nella foresta accettano Licantropi.....
Intanto che la mia mente lavorava al progetto, il sole era già andato a
dormire e anche Renesmee cominciava a dare segni di stanchezza.
“Questa notte potremmo portare Nessie a dormire nella nostra casetta”
Disse Bella distogliendomi dai miei pensieri:
“Sicuramente dormirebbe molto profondamente nel suo lettino !”
Il suo sguardo ammiccante faceva intendere che tanto noi non dovevamo certo dormire e quindi avremmo potuto passare il tempo in maniera più proficua.
“Non te ne dimentichi mai, vero?”
“Me l'hai fatto troppo desiderare quando ero umana !”
Suppongo che per la giornata odierna i miei progetti sul trasferimento
potevano venire accantonati senza problemi; le sfiorai le labbra con un
bacio pieno di buoni propositi.
“Ok, andiamo a casa” .
Salutammo tutti e ci avviammo con in braccio Renesmee, senza
fretta , la notte era stupenda, verso il nostro nido d'amore.
La cosa di cui non riuscivo ancora a capacitarmi, che la mia pelle,
dopo la trasformazione, era diventata dura come il diamante (ne sanno
qualcosa i miei bracciali che dopo poco tempo si consumavano per l'abrasione) eppure le sensazioni tattili si erano amplificate. Il mio cervello
riceveva impulsi da ogni millimetro del mio corpo e il contatto con Edward era incredibilmente appagante, mi dava sensazioni, che da umana,
non avevo mai percepito. Per quanto tempo avremmo potuto continuare
senza provare la minima stanchezza, senza che la gioia potesse trasforPag. - 12 - di - 155 -
marsi nel più piccolo fastidio, giorni ? mesi? Ma il tempo umano era
scandito dal sorgere e dal calare del sole e Nessie, Charlie, Jacob (lui un
più o meno) erano umani, il mondo che ci circondava era umano e se volevamo sottostare al più importante comma della legge dei vampiri non
dovevamo dare nell'occhio! A malincuore mi distaccai da Edward e rimanemmo per un po' a contemplare i nostri magnifici corpi nudi che risplendevano alla luce di un raggio di sole che già entrava dalla finestra.
“Dobbiamo rivestirci, amore”
sussurrai dopo aver sfiorato le labbra di Edward con un ultimo bacio,
“Un'altra giornata ‘umana’ ci aspetta!”
“Bella”,
mi chiamò improvvisamente Edward,
“Tu ti annoi, qualche volta?”
Non capii subito la domanda
“Certo che no, con te accanto come potrei?!”
“Pensaci bene Bella, ti è mai successo, dopo la trasformazione, magari quando ero via ?”
Adesso cominciavo a capire, la domanda non era a caso, ripensandoci
avevo avuto qualche momento di noia nei giorni scorsi e ciò non era affatto normale.
“Come pensavo, tu sei diversa, i vampiri non conoscono la noia,
non può esistere per un immortale!”
Mi sentii ancora una volta in colpa, cosa c'era di sbagliato in me?
“Non fraintendermi, è bellissimo che tu abbia conservato un po'
della tua natura umana, forse avevi ragione tu, la tua anima non se ne
andata......”
Vista in questo modo mi rincuorava, anzi ne fui quasi entusiasta
“Sono sicura che anche la tua è ancora con te, amore mio!”
Edward sorrise, non molto convinto, ma sicuramente pensieroso.
“Dunque assodato ciò dobbiamo trovare un occupazione che non ti
faccia annoiare, almeno per i prossimi mille anni, dopo penseremo a
qualcosa d'altro..”
Risi di gusto alla battuta e aspettai il seguito del discorso, per vedere
dove andava a parare...
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“Stavo pensando di fare un viaggetto nel Vermont, così giusto per
vedere se può andare bene come nuova residenza per i Cullen”
“Nel Vermont! Così lontano!”
Il mio cervello si stava mettendo in moto per trovare mille scuse, ma
non dissi nulla, per il momento si trattava solo di un progetto e quindi
poteva essere un piacevole diversivo.
“Va bene, Edward, organizziamo il giretto!”
Jacob
Ormai erano passati alcuni mesi da quando la deliziosa pargoletta era
nata ed io avevo avuto l'imprinting. Da quel momento la mia vita si era
legata a quella di Nessie in maniera pressoché indissolubile. E pensare
che fino a poco tempo fa prendevo in giro Quil per il suo rapporto con la
piccola Claire, quando ero ancora convinto che l'imprinting dovesse accadere solo fra adulti. Certamente sarebbe stato molto più semplice se
fossimo stati coetanei, ciò mi avrebbe consentito una maggiore autonomia e un ruolo diverso da quello del baby sitter! Comunque lei cresceva
molto in fretta e non ci sarebbe voluto poi tanto a che raggiungesse un'età in cui avrebbe potuto comprendere la situazione. Già, cosa sarebbe
successo allora? Lei non era della nostra razza, sarebbe stato reciproco,
come era successo a Billy e Rachel, o avrei dovuto rimanere tutta la vita
nell'ombra?
Al momento ero molto contento che il mio rapporto con Bella avesse
preso, come conseguenza, la strada della vera amicizia, sperando che
non tentasse prima o poi di uccidermi per gelosia...
Il mio udito finissimo mi aveva fatto captare qualcosa del discorso di
Edward sul viaggio alle Green Mountains. Certo che erano proprio dall'altra parte degli Stati Uniti, ma forse aveva ragione. Per noi era arrivato
il momento di cambiare aria, i Cullen cominciavano a dare nell'occhio e
la storia dei due alfa non era proprio il massimo, anche se il mio rapporto con Sam si era normalizzato.
Forse sarei riuscito a trovare un lavoro al parco, come guardaboschi e
cercarmi una casetta dove vivere non troppo lontano da Renesmee, ma
neanche troppo vicino, perché ormai non volevo fare più il terzo incomodo fra Edward e Bella, volevo solo che Nessie crescesse felice e al sicuro, dopo, il dopo si vedrà!
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“Ciao, Bella, penso che andrò a farmi un giretto a casa!”
Mi inoltrai nel bosco ed iniziai ha trasformarmi, avevo voglia di una
bella corsa a quattro zampe. Di li a poco iniziai a percepire i pensieri di
Seth, che mi aveva sorpreso a pensare al viaggio:
“Non penserai di lasciarmi qui, vero? Voglio venire anch'io”
“Seth, ti prego non cominciare! Non hanno invitato nemmeno me,
per ora”
Il viaggio
La sera stessa decisi di parlarne con la famiglia. Carlisle fu subito
d'accordo con l'idea di cambiare Stato, infatti, anche in ospedale le battute del tipo “Beato te, che non hai nemmeno una ruga” o “ma, per te il
tempo non passa mai?” ormai si sprecavano, fra i suoi colleghi e anche
fra gli abitanti di Forks, suoi pazienti.
Rosalie e Emmett non sembravano interessati più di tanto, per loro un
posto valeva l'altro.
“Naturalmente finché starete via, Renesmee resta con me, poi si vedrà!”
Fu l'unica cosa che disse Rosalie.
Anche Esme sorrideva all'idea di arredare una nuova casa.
“L'idea è quella giusta, ma...”
intervenne Alice
“che c'è Alice, mi sembri preoccupata?”
chiese subito Bella.
“Non è per il trasferimento, ma per il viaggio di sopralluogo che
intendete fare, “ho un presentimento, la solita visione confusa dalla tua
presenza, Bella!”
“Ci risiamo”
disse un po’ confusa Bella. Alice per lei era una sorella, le voleva un
gran bene, eppure riusciva sempre a confondere le sue visioni e questo le
creava dispiacere, non avrebbe mai voluto metterla in apprensione.
“Non ti preoccupare Alice”
dissi allora io
“abbiamo pensato di portare anche qualche cane da guardia”.
La battuta, che a dire il vero a Bella non piaceva molto, fece ridere inPag. - 15 - di - 155 -
vece Rosalie:
“Non mi dire, vuoi portarti dietro Jacob! Che sollievo, potrò stare
assieme a Renesmee per un po', senza che mi scodinzoli sempre
intorno!”
Spiegai che avrebbero potuto esplorare la foresta e i territori di caccia,
mentre io e Bella cercavamo il posto migliore per la casa a Rutland.
“Pensavo di portare con noi Jacob e Seth o Leah, se Jacob la preferisce..”
Ovviamente Jacob optò per il ragazzo, non se la sentiva di sopportare
Leah troppo a lungo così da vicino.
Alice non sembrava del tutto rassicurata:
“Se succede qualcosa in città, come potrebbero esservi d'aiuto due
enormi lupi? Pensate che passerebbero inosservati?”
Pensai per un attimo alla risposta migliore che potesse tranquillizzare
Alice:
“In quella regione non ci conosce nessuno, non ci risulta alcun clan
residente, al limite potremmo incontrare qualche Nomade e mi pare che
quelli che ci erano ostili non rappresentino più un problema. Per quanto
riguarda qualche umano balordo, siamo immortali o no?”
Alice non fu molto convinta, ma decise che per il momento aveva parlato abbastanza, e un po' imbronciata, si avvicinò a Bella, che teneva
sulle ginocchia Nessie, e si mise a giocherellare con la bambina.
“Ok, allora domattina cercherò di organizzare viaggio areo e soggiorno”
dissi concludendo la discussione; feci un cenno a Bella che era giunta
l’ora di tornare alla casetta nel bosco e mettere a letto Renesmee.
Bella
Con delicatezza mi sistemai la bambina sulle spalle, visto che era ancora ben sveglia, e mi incamminai dietro ad Edward. A dire il vero la
notte mi annoiava un po' visto che non potevo dormire e nemmeno fare
sempre l'amore con Edward... E su questo aveva ragione lui, dei tratti del
mio passato umano erano rimasti ed alcuni erano veramente fastidiosi
per un immortale! Ci sedemmo entrambi ai lati del lettino di Nessie, che
in breve tempo si addormentò. Rimanemmo immobili a fissarla mentre
dormiva, ognuno immerso nei propri pensieri, considerato che Edward
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non poteva entrare nei miei ed io non volevo assolutamente usare lo scudo per leggere i suoi..
Cominciai a riflettere su chi, o che cosa ero diventata. Il mio corpo era
sicuramente migliore di quello che avevo prima e non solo da un punto
di vista estetico. Sentivo la forza dei miei muscoli, ne percepivo l'enorme potenza e velocità, la mia pelle era indistruttibile (perlomeno alle
normali offese, non avrei voluto provare con un bazooka...). Ero immune
alle malattie, le fratture si rigeneravano, e se il mio corpo fosse stato fatto a pezzi e non bruciato si sarebbe ricomposto. Il vero problema era il
sangue presente nelle mie vene. Come in ogni organismo umano era necessario al funzionamento del corpo e del cervello, ma in maniera diversa: non circolava, visto che il cuore era fermo, ristagnava nelle vene, e
l'ossigeno a poco a poco terminava il suo compito ed evaporava, il sangue si seccava, diventava polvere finissima e bastavano pochi respiri per
eliminarlo tutto (suppongo che respirare servisse a questo oltre all'olfatto
dal momento che non avvenivano scambi di ossigeno). A quel punto il
mio corpo si sarebbe fermato come un'auto senza benzina e non sarebbe
più ripartito senza l'intervento di qualcuno che, dall'esterno, avesse nuovamente inserito del sangue nelle vene. E' per questo che la sete era la
sensazione più importante per un vampiro, era un po' come la spia della
riserva (per continuare il paragone automobilistico). Il fatto che io la
sentissi molto poco mi aiutava ad essere “vegetariana” ma mi esponeva a
rischi notevoli.
Continuando nelle mie riflessioni mi posi la domanda che più mi stava a cuore:
“Siamo veramente esseri dannati, malvagi assassini senza anima?”
Io mi sentivo esattamente come prima e quindi:
“No, siamo sicuramente frutto di una Volontà superiore, creati per
uno scopo che ancora non riusciamo a comprendere!”
La nascita di Renesmee non faceva che confermare quanto io pensavo, la vedevo infatti come un'evoluzione o più semplicemente la realizzazione corretta di quel disegno superiore, la prima (o una delle prime)
di una razza migliore di quella umana.
Stavo ancora rimuginando quando il sole iniziò il suo cammino verso
l'alto del cielo. Solo allora mi accorsi che per tutta la notte Edward aveva
alternato il suo sguardo tra Nessie e me, senza muovere un muscolo, inPag. - 17 - di - 155 -
curiosito e innamorato del mio aspetto pensieroso.
“Buongiorno, amore, ti sei svegliata?”
Disse cercando di sembrare spiritoso.
“Sei incantevole quando sei assorta nei tuoi pensieri”,
mal celando la sua curiosità, non avendo potuto penetrarli.
Le altre giornate della settimana trascorsero serene. Edward aveva
prenotato il volo Seattle – New York , la macchina per raggiungere Rutland e il motel per noi due. Jacob, come noto,aveva deciso di portare
con se Seth e preferiva dormire nei boschi, lontano dal centro abitato.
Lunedì prossimo saremmo quindi partiti per la breve avventura.
La Domenica la trascorremmo tutta a cacciare, per metterci per bene
in forze, nel caso avessimo faticato a trovare cibo nei boschi delle Green
Forest.
Rutland
Dopo quasi sei ore di volo giungemmo a Newark dove ci aspettava la
macchina che Edward aveva noleggiato, ovviamente un Suv di generose
dimensioni, ma per fortuna, niente di particolarmente appariscente.
“Altre quattro o cinque ore di strada e siamo arrivati”,
disse Edward.
Jacob e Seth cominciavano ad essere stufi e non vedevano l'ora di
sgranchirsi le gambe e fare una corsa nei boschi, mentre io e Edward ovviamente non avevamo quel tipo di problemi. Edward guidava velocemente nel traffico, senza però oltrepassare i limiti; non era il caso di farsi
fermare da qualche pattuglia della stradale! La Interstate 87 si snodava
attraverso campagne e paesini, nulla a che vedere con l'impressionante
agglomerato di cemento di New York, il paesaggio era rilassante e discreto, proprio come piaceva a me.
Arrivammo a Rutland all'imbrunire e ci dirigemmo subito verso il
Motel. Posteggiato il Suv ci congedammo da Jacob e Seth che si diressero subito verso la foresta, che iniziava a pochi metri dal caseggiato.
“Ci vediamo domani, buona esplorazione!”
“Buonanotte Bella, e mi raccomando non fatevi venire la tentazione
di assaggiare qualche cliente!”
“Uffa Jacob, non mi pare un granché come battuta!”.
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“I signori Cullen? Prego, prego vi mostro subito la vostra camera”
Alla reception ci accolsero con molta solerzia e smancerie segno che,
al solito, Edward non aveva lesinato con le mance. Non avevamo molto
bagaglio, visto che ci saremmo fermati solo alcuni giorni, giusto qualche
cambio di vestiti. Ero riuscita a farmi la valigia da sola, approfittando di
un attimo di distrazione di Alice, altrimenti avrei dovuto farmi precedere
da un camioncino....
La stanza era spaziosa, se pur non grandissima (ci interessava di più la
posizione vicino alla foresta, che non il lusso). Al centro, il solito lettone
matrimoniale, di cui non avevamo intenzione di servirci.
“Questi sono giorni di castità, Bella! Non possiamo demolire il motel, dovrai pazientare”
Lo abbracciai divertita, e non senza averlo baciato con passione:
“Okay, grande capo, farò la brava”
Disfammo comunque il letto, per non dare nell'occhio con chi l'indomani avrebbe rifatto la stanza.
“Andiamo a dare un occhiata a Jacob e Seth!”.
Rapidamente ci infilammo una tutta da ginnastica e uscimmo dalla finestra dirigendoci velocemente nel bosco.
Correvamo veloci, seguendo la traccia olfattiva che avevano lasciato,
inoltrandoci sempre di più nella foresta. Per fortuna non ci giungevano
altri odori, data l'ora tarda, non sembravano esserci umani a spasso per
i boschi. Ben presto udii il battito forte e accelerato del cuore dei due
grandi lupi. Ci avevano sentito arrivare e ci aspettavano accovacciati accanto ad un grande albero illuminati appena dalla luce della piccola falce
di luna che splendeva nel cielo stellato. Quando fummo vicini ripresero
le loro sembianza umane. Seth, al solito era il più eccitato dei due:
“Il posto è splendido, abbiamo incrociato anche qualche caribù,
più a Nord!”
“Si è tutto tranquillo”
aggiunse Jacob
“Nessuna presenza strana”
Edward annui:
“Non sento nulla nemmeno io, approfittiamone per dissetarci un
po'”
Egli parti velocemente verso Nord e io lo seguii dopo pochi istanti. Il
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branco di Caribù non fece in tempo a percepire la nostra presenza, e in
un lampo il sangue caldo di uno di loro, già stava scorrendo nella mia
gola assetata. Edward stava facendo lo stesso, con la sua solita precisione chirurgica, senza sporcare nemmeno un lembo della sua tuta. Beh',
avevo imparato anch'io, solo qualche macchiolina di sangue che nessuno
avrebbe notato.....
Prima di rientrare facemmo ancora un veloce giro fino al laghetto di
Chittenden, veramente stupendo alla luce della luna, evitando accuratamente alcuni insediamenti di campeggiatori.
Verso le 9 del mattino successivo, dopo esserci cambiati, uscimmo
dalla nostra camera (questa volta dalla porta).
“Buon giorno signori Cullen, dormito bene? Vi fermate per colazione?”
disse il proprietario venendoci incontro.
“No grazie, dobbiamo andare in città per affari e faremo colazione
assieme a chi dobbiamo incontrare..”
“Arrivederci allora”
Mentre si avviavano verso il SUV, Edward non poté fare a meno di
notare l'eleganza con cui, nonostante la fretta, si era vestita Bella. Come
era cambiata da quando era una timida ed impacciata ragazzina in jeans
e maglietta. Eppure erano passati solo pochi mesi, e ora sembrava una
splendida donna d'affari. Indossava una camicetta blu scura in raso su
un elegante paio di jeans appena un po corti, con le cuciture in evidenza, scarpe con tacco e laccetti alla caviglia. Una giacchetta corta con
spalline un po' sporgenti, in tessuto trapuntato di colore blu-viola, completava il tutto esaltando il suo viso pallido, incorniciato dai lunghi capelli corvini. Gli occhi ormai erano diventati chiari con appena qualche
riflesso dorato.
“Sei splendida amore mio”,
mi disse Edward
“E tu sei molto elegante in giacca e cravatta!”
Salimmo in macchina e ci avviammo verso la prima giornata di consultazione nelle agenzie immobiliari. Ci fecero vedere molte case, alcune
erano splendide, ma troppo vicine al centro abitato, altre un po' piccoline, ma non disperavamo di trovare quello che cercavamo, dato che non
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avevamo fretta e, alcune ville, verso Nord, si sarebbero liberate in primavera.
Venne la sera, abbastanza in fretta, invece di rientrare subito al Motel,
decidemmo di passare qualche ora in un locale del centro ad ascoltare un
po' di musica. Ci sedemmo ad un tavolo appartato facendoci servire due
cocktail (che ovviamente non avremmo consumato). Mi venne un po' di
nostalgia dei gusti umani, anche perché non mi ricordavo di aver mai assaggiato un cocktail o qualcosa che non fosse analcolico..
Lo scontro
Era da poco passata la mezzanotte, quando ci avviammo verso il motel. Lungo la strada, che percorrevamo senza fretta, ci imbattemmo in alcune 'donnine' in cerca di clienti. Le guardavo incuriosita, perché a
Forks era molto difficile incontrarle all'aperto (ci saranno state anche li,
ma io non ne sapevo nulla). Una ragazza in particolare colpì la mia attenzione. Stava uscendo da un buio vicoletto laterale (dove probabilmente aveva esercitato con qualche cliente). Eravamo un po' lontani per distinguerla molto bene, specialmente con la fioca luce dei lampioni, ma
avevo la super-vista! Sembrava molto giovane, lunghi capelli biondi,
molto chiari e cotonati in modo da creare come una nuvola attorno al
suo viso (che ancora non vedevo chiaramente). Indossava una maglietta
di lana chiara abbottonata fino al collo (un po' strana per una che doveva
mettere in mostra la ‘merce’); la gonnellina pieghettata, sembrava di
raso, di colore vino scuro con pallini della stessa tonalità, ma più scuri,
lasciava scoperto, durante il movimento un piccolo lembo di pelle chiara
appena sopra l'inizio delle calze autoreggenti, quest’ultime sempre di colore in tinta con la gonna, ma forse più tendenti al prugna. Le lunghe
gambe affusolate si infilavano in un paio di stivaletti corti tipo quelli che
usavano le donnine dei saloon, con le borchie cromate e l'allacciatura
fino in cima. Il tutto veniva sicuramente da una collezione d'alta moda e
non poteva costare meno di tremila dollari, “molto strano, molto strano”.
La macchina si stava avvicinando a lei e notai che indossava un paio
di grandi occhiali scuri che stridevano con il suo abbigliamento. Le passammo davanti e tutto avvenne in un attimo. Vidi il rivoletto di sangue
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che le colava da un lato della bocca, la percepii, ne sentii l'odore, udii il
rantolo di dolore di Edward che si piegava sul volante e nello stesso
tempo premeva disperatamente sull'acceleratore. La macchina ebbe un
balzo in avanti come un animale ferito e parti a tutta velocità. Mi voltai
indietro mentre dispiegavo lo scudo intorno alla macchina , e vidi Jane
che prendeva lo slancio accucciandosi e lanciandosi al nostro inseguimento.
“Non è sola, non può essere sola, ci stavano aspettando!”
Edward urlò, e sentii nella sua voce un brivido di terrore. La macchina
si infilò a tutta velocità nel grande parcheggio del centro commerciale
seguita ormai da vicino da Jane. Inchiodò i freni, un attimo prima di
sfondare la vetrata dell'ingresso del supermercato, saltammo a terra
aprendo senza sforzo la porta di servizio. Entrammo correndo alla ricerca di un riparo temporaneo, dove organizzare la difesa. Con la coda dell'occhio vidi Demetri che si univa a Jane.
“Sono qui per ucciderci, non pensare a me, impedisci solo a Jane
di usare i suoi poteri altrimenti non ho scampo con Demetri”,
urlò mentre si lanciava su per la scala mobile verso il piano superiore
seguito dall'assassino.
Dunque Aro non aveva aspettato molto per perseguire il suo desiderio
di eliminarci, ci aveva fatto seguire e poi precedere qui dai suoi fidi,
dove eravamo isolati dagli altri, in città, dove certo Jacob e Seth non
avrebbero potuto raggiungerci senza farsi notare. Si erano sfamati, aspettandoci, uccidendo i clienti e forse anche qualche prostituta.
Jane era di fronte a me, le sbarravo la strada per la scala mobile, dovevo impedirle di attaccare Edward. La guardai meglio ora, il centro commerciale era ben illuminato, era bellissima, giovane e sensuale, non volevo ucciderla, mi sarebbe piaciuto averla come amica piuttosto che
come feroce nemica assassina. Era un pensiero assurdo in quel momento, eppure era il primo che mi venne in mente
“Fermati Jane, non puoi farcela contro di me da sola! Lo sai che
ho la forza di una neonata!”
Rise in maniera sguaiata, ma percepii un tremito nella sua voce, ringhiò ferocemente:
“Ti ucciderò in un attimo, Bella, e poi toccherà ad Edward, Demetri vi brucerà tutti e due!”
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Si scagliò verso di me con un balzo. Non era abituata a cacciare, avevo visto i metodi subdoli con cui si procuravano il cibo a Volterra, attirando gli ignari turisti e come aveva ucciso qui, a Rutland, seducendo gli
umani.
La avevo avvisata, ero una neonata e avevo imparato a cacciare anche
i grossi felini!
Fermai senza alcuno sforzo lo slancio dei suoi quaranta chili ed evitai
i suoi denti aguzzi. Le afferrai con una mano i capelli e con l'altra la
spalla, sentii l'agghiacciante schiocco del suo esile collo che si spezzava
e affondai i denti. Il sapore del suo sangue, mi ricordò subito che, come
me, era velenosa. Il mio morso sarebbe stato sufficiente ad ucciderla, il
mio veleno l'avrebbe bruciata da dentro. Non so perché non lo feci, non
so perché avessi la consapevolezza che il suo veleno nulla potesse su di
me. Ma continuai, a succhiare senza devastargli le carni del collo, quasi
con delicatezza fino a lasciarla senza una goccia del suo sangue, inoffensiva, ma viva. Mi rialzai di scatto con il fuoco dentro, ma non per il veleno, mi sentivo sazia come mai mi era accaduto e forte, terribilmente
forte. Superai la scala mobile con un balzo, senza nemmeno sfiorare un
solo gradino. Lo spettacolo che mi si parò davanti era terribile. Edward
aveva lottato con tutte le sue forze contro l'assassino, tutto il piano superiore era devastato dalla furia dei due vampiri, ma ora il mio Amore giaceva a terra con gli arti spezzati e il collo in posizione innaturale. Demetri impugnava la strana arma con cui Caius aveva ucciso Irina durante la
battaglia, non lo aveva morso, voleva bruciarlo vivo.
Il ringhio che uscii dalla mia gola spaventò anche me:
“Demetri adesso ti uccido!”
Il terribile assassino, boia di tanti vampiri e umani, si voltò non senza
un leggerò tremito di sorpresa:
“Non mi sporcherò le mani a lottare con tè, ti brucerò subito”
puntò la terribile arma contro di me e premette il grilletto.
Casa Cullen
Alice urlò in maniera così spaventosa, che i Cullen si precipitarono
verso di lei. Era appoggiata alla colonna delle scale ancora più pallida di
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quanto già non lo fosse:
“Sono morti, li ha uccisi, Demetri li ha uccisi!!!”
Con ancora negli occhi la vampata della terribile arma che Demetri
aveva rivolto contro Bella, con un rantolo si accasciò sul pavimento.
Immediatamente Carlisle si chinò su di lei sollevandole delicatamente
la testa, Jasper le strinse la mano:
“Alice, cosa stai dicendo, cosa hai visto?”
Con la voce ridotta ad un rantolo e con gli occhi che, se avessero potuto sarebbero stati gonfi di lacrime, raccontò la visione dell'agguato,
dell'attacco di Jane a Bella (vista non chiara ovviamente, perché si trattava di Bella) di Edward con tutte le ossa spezzate, dell'arma di Demetri
che apriva il fuoco contro Bella.
Tutta la famiglia cadde nello sgomento, dunque Aro aveva già iniziato
l'eliminazione di quel clan che tanto lo infastidiva, partendo proprio da
Bella e Edward che più odiava, visto che non avevano voluto unirsi ai
Volturi e avevano impedito il suo primo attacco così ben congegnato.
Carlisle ruppe il silenzio:
“Ormai è troppo tardi per aiutarli, avranno ucciso sicuramente anche i due lupi! Demetri starà venendo qui per continuare l'opera con
Renesmee e poi con tutti noi”
Quella maledetta arma che aveva visto per la prima volta nelle mani
di Caius, era qualcosa di terribile, annullava qualsiasi superiorità numerica, se usata da vicino, e soprattutto distruggeva, senza speranza alcuna,
la vita.
Già, il suo lampo era assolutamente distruttivo, chiunque ne fosse venuto a contatto sarebbe bruciato senza scampo!
Un millesimo di secondo prima che il grilletto innescasse la fiamma il
mio scudo aveva avvolto strettamente Demetri con una forza sconvolgente, moltiplicata dal furore che mi sconvolgeva. Si accorse del pericolo mortale, vidi un lampo di terrore nei suoi occhi, ma non poteva più
fare in tempo a fermare lo scatto dell'arma. Il bagliore fu accecante, sentii la parte di scudo che usciva da me scaldarsi leggermente, ma, all'interno della bolla che avevo creato, la potenza devastante dell'arma diffuse un calore elevatissimo.
Quando la momentanea cecità, che mi aveva provocato, sparì, all'inPag. - 24 - di - 155 -
terno della bolla c'era solo la micidiale arma lucente e un mucchietto di
ceneri, quello che rimaneva del segugio assassino dei Volturi.
Mi precipitai verso Edward prendendogli il delicatamente il viso fra le
mani e raddrizzandogli il collo :
”Ah-ii”,
il dolore era stato lancinante,
“per favore fai lo stesso anche con gli altri pezzi, prima che si risaldino storti”.
Lo feci e questa volta non si lamentò.
“Bella, sei stata fantastica, incredibile!”
“Abbiamo un problema adesso”
dissi,
“guarda come hai combinato il vestito buono, come facciamo a
rientrare al Motel?”
Mi guardò e provò a ridere, ci riusci , il collo era già a posto, ancora
cinque minuti e anche gli arti si sarebbero risaldatati.
“Speriamo di avere ancora cinque minuti prima che arrivi la polizia a vedere il disastro che abbiamo combinato! Fammi un favore intanto che mi sistemo, prendi il cellulare e chiama Carlisle”
Già, sicuramente Alice aveva avuto la visione dell'accaduto, ma, come
sempre, confusa dalla mia presenza non ne aveva visto la conclusione.
“Carlisle?”
“Bella?, Bella sei proprio tu?”
sentii un urlo di gioia nella stanza dall'altra parte dell'America:
“Wow, è stato figo, stiamo bene, è tutto finito, Demetri è morto e
Jane è inoffensiva”
Alice strappò di mano il telefono a Carlisle:
“Ti odio, ti odio, altro che figo, mi farai morire prima o poi!!”
Aveva ragione, non era la prima volta che stava in pena per noi:
“Ti voglio bene sorellina, adesso dobbiamo scappare, ci sentiamo
domani e vi racconterò tutto”
Nel frattempo Edward si era alzato in piedi:
“cosa vuol dire Jane è inoffensiva?, non l'hai uccisa?”
“No, non me la sono sentita, l'ho solo dissanguata...”
la preoccupazione esplose nella voce di Edward
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“ma il suo sangue è velenoso!!”
“No, non per me, lo sai che sono diversa...”
Stanco dalla lotta decise di non controbattere, scese la scala, guardò
Jane esangue sul pavimento, ci pensò un attimo, poi se la caricò in spalla.
“Andiamo, non possiamo certo lasciare tracce”
gli chiesi se aveva preso anche l'arma
“Naturalmente, Carlisle sarà felice di esaminarla”
Sistemò il corpo di Jane nel bagagliaio del SUV e ci allontanammo a
tutta velocità dal centro commerciale, appena in tempo per vedere in
lontananza le luci blu lampeggianti delle pattuglie della polizia che arrivavano. Arrivati al Motel Edward sgusciò sul retro entrò dalla finestra e
si rivesti, dato che addosso gli erano rimasti solo brandelli di abito.
Rientrammo quindi dalla porta principale facendoci notare dal portiere
che apri un occhio:
“Buonanotte signori Cullen”,
già avevamo fatto tardi, erano ormai le tre del mattino. Arrivati in camera udimmo un ululato in lontananza nella foresta.
“Dobbiamo andare a raccontargli quello che è successo, saranno
in pena vista l'ora tarda....”
“Ok!” Uscimmo di nuovo dalla finestra e ci lanciammo in una corsa
liberatoria verso l'origine dell'ululato.
“Ma è pazzesco! Pazzesco!”
esplose Jacob
“Quei maledetti succhia-sangue! E noi che ce ne stavamo tranquilli
a cercare funghi!”
continuò sempre più furioso Jacob
“Dov'è il corpo di quella maledetta? Lo voglio fare a pezzi prima
che si risvegli!”
cercai di calmare il mio amico ancora stravolto dall'idea che avrei potuto essere morta:
“Tranquillo Jacob, non si può risvegliare finché non ha sangue nelle vene, voglio portarla da Carlisle per vedere se riesce a farla diventare vegetariana, è così giovane...”.
Jacob sbottò di nuovo, per nulla convinto dalle mie parole
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“ E' una vampira assassina, della peggior specie, non riuscirete a
cambiarla!”
Cercai nuovamente di farlo ragionare assicurandogli che gli avremo
consegnato Jane, per farla a pezzi, se non fossimo riusciti nel nostro intento..
A quel punto intervenne Edward
“Jacob, Seth adesso è meglio che vi riposiate qualche ora, visto che
non riusciremo ad infilarla in valigia per caricarla sull'areo dovremmo
fare tutto il viaggio di ritorno in macchina....”
Aveva ragione, ma erano tremila miglia, ci sarebbero voluti più di due
giorni di viaggio!
Il ritorno parte prima (Jane)
“Aspetta Edward, per loro sarebbe un viaggio massacrante, voglio
sentire se riesco ad organizzare qualcosa di diverso”
controllai un attimo e, si, avevo ancora il suo numero di telefono sulla
rubrica del cellulare.
“Aspettiamo domattina verso le nove, lasciami fare prima una telefonata”
Edward mi guardo un po' perplesso:
“Sei sempre piena di sorprese, OK ti lascio fare”
“Signora Cullen, come sta la famiglia? Cosa posso fare per lei? Di
cosa a bisogno?”
dall'altra parte del filo (o dell'etere o.. come si dice quando si usa un
telefonino) mi stava rispondendo da Seattle J.Janks :
“Avrei un problemino, una mia cara amica, qui a Rutland dove mi
trovo adesso, ha avuto la sfortuna di morire e dovrei riportarla a Forks
con la massima discrezione senza che qualcuno faccia domande”
J. rispose dopo un attimo di silenzio
“Si, un problema di poco conto, mi lasci fare un giro di telefonate,
la richiamo io appena possibile, ah una cosa, mi dia l'indirizzo di dove
si trova la sua sfortunata amica”
Glielo dissi, riattaccai e mi misi in attesa della sua chiamata. Dopo
una mezzora mi richiamò
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“Fra un'ora saranno da lei gli incaricati del trasporto con tutti i
documenti del caso, la parte delicata è solo quella del trasbordo, fatelo
con discrezione mi raccomando. Mi saluti suo marito e il signor Jasper,
sempre a vostra disposizione!”
Un'ora dopo, puntualissimo un furgone scuro si affiancò al nostro Suv,
che avevamo posteggiato in una posizione un po' defilata alla vista
“I signori Cullen?”
annui senza fare domande. Due uomini scesero velocemente dal retro
del furgone e in un attimo scaricarono Jane dal nostro bagagliaio (l'avevamo avvolta in una coperta perché non potessero vederla da vicino) All'interno del furgone una cassa da morto, di quelle omologate per il trasporto aereo, vi infilarono il corpo, la sigillarono.
“Una firma qui, prego..”
firmai e loro ripartirono, velocemente dimenticandosi di salutare.
All'interno della coperta, in una sacca di quelle da pellicole avevo infilato anche la strana arma, in modo che potesse arrivare inosservata a
destinazione.
“Complimenti Bella, mi hai risolto un bel problema”
Edward stava in piedi a pochi metri da me evitando accuratamente i
raggi del sole che tentavano di attraversare la folta chioma dell'albero
sotto il quale si era appartato a telefonare.
“Ho prenotato l'aereo per Seattle per questa sera, sarà meglio che
ci affrettiamo a raggiungere Newark”.
Jacob brontolò un po', non aveva tanta voglia di rannicchiare nuovamente il suo metro e novantacinque di muscoli all'interno del pur spazioso SUV per altre cinque ore. Non parliamo poi delle sei ore d'areo, anche la prima classe non offriva un granché di spazio per uno con le sue
misure. Era un po' che non osservavo più Jacob, era proprio un bel ragazzo, e anche se indossava Jeans e maglietta i poderosi muscoli del suo
torace non riuscivano a nascondersi sotto il cotone. Seth era più giovane
e minuto (si fa per dire) ma doveva ancora svilupparsi. Meno male che
Edward non riusciva a leggere i miei pensieri, ma qualcosa doveva aver
intuito dal mio sguardo, perché la sua espressione si era fatta più glaciale. Nonostante tutte le vicissitudini degli ultimi tempi ci avessero accomunato molto di più ai nostri vicini licantropi, era troppo presto per parlare di amicizia. Troppi anni di reciproca diffidenza e forzata sopportaPag. - 28 - di - 155 -
zione non si potevano certo cancellare in così poco tempo. Per Jacob
erano ancora i succhia-sangue da eliminare, distruggere e suo malgrado
doveva aggiungere anche me alla lista, adesso. Questo proprio non riusciva a sopportarlo anche se l'imprinting che aveva avuto con Renesmee
doveva per forza cambiare le cose.
I Cullen erano da considerarsi sopportabili stante al patto secolare e al
fatto che si erano sempre comportati con rispetto per la vita umana, ma
non riusciva proprio a digerire quel nuovo vampiro (per giunta pericoloso) che mi ero messa in testa di portare a casa e redimere.
Già, perché non avevo ucciso Jane? Inoltre non mi ero nemmeno preoccupata del veleno. E se la mia sensazione di immunità, si fosse rivelata sbagliata? Mi avrebbe sicuramente uccisa!
Non credo sia dipeso dal fatto che non avevo mai ucciso nessuno fino
al quel momento, né vampiro, né tanto meno umano. Pochi minuti dopo
infatti, veder bruciare Demetri, per mia mano, mi aveva procurato un
sottile piacere. Avevo sempre visto Jane completamente avvolta dal
mantello d'ordinanza dei Volturi, con il viso che appena si notava coperto com'era dal cappuccio. Anzi si notavano ancora di più gli occhi rosso
fuoco e la sua espressione crudele.
Quando la incontrammo, dopo la battaglia con i neonati, sembrava essere proprio lei a comandare, a rappresentare la crudeltà e la superbia di
Aro, con un piacere perverso. Ricordavo come fu spietata con la neonata
Bree.
Ripensai al momento in cui la vidi uscire dal vicolo, prima di riconoscerla. Le lunghe gambe affusolate, che scendevano da quel gonnellino
firmato, i suoi piccoli seni abbozzati dietro il maglioncino, i capelli
biondi e sciolti, la sensualità dei suoi movimenti, mi avevano dato un
brivido, una sensazione strana che non avevo mai provato da umana.
Molto probabilmente, la mia nuova sessualità , che avevo conosciuto
con Edward la prima volta all'isola Esme, e ,successivamente, da vampira, nei nostri rapporti quasi quotidiani, aveva aperto in me qualcosa d'altro. Forse, dentro di me, qualcosa mi aveva iniziato alla curiosità di
esperienze nuove.
“No, dai non può essere così!”
e se fosse stato possibile sarei arrossita fino alla radice dei capelli.
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Sicuramente ero stata colpita dalla sua fragilità e dalla mia innata predisposizione ad invischiarmi nei casi “umani” e nelle amicizie più strane....
Il ritorno (parte seconda)
Stavo ancora pensando, con ammirazione, a come la mia Bella si fosse districata nella situazione del ’trasporto speciale’ , ma sopratutto di
come il nostro legame diventasse sempre più indissolubile. Questa notte
mi aveva salvato la vita! Era la priva volta che qualcuno lo faceva dopo
Carlisle, che me l'aveva donata. E questo mi faceva riflettere.
Saldai il Motel, lasciando una generosa mancia al proprietario e avviai
il SUV alla volta di New York. Comunque non mi sentivo più un essere
invincibile e superiore, freddo e calcolatore sia pure perdutamente innamorato. Aver toccato con mano la possibilità di morire (anche se ovviamente sapevo che un vampiro non è immortale a tutto) aveva scosso le
mie certezze. Forse anche in me c'era ancora qualcosa della mia vita
umana precedente. E se veramente questo nostro nuovo e potentissimo
corpo fosse solo un contenitore per ciò che eravamo prima, adatto a
qualche sconosciuto scopo di un disegno superiore? Mentre pensavo ciò
mi sentivo stranamente sollevato e ringraziavo il destino di avermi fatto
conoscere quell'adorabile e impacciata umana che rispondeva al nome di
Bella. Ringraziavo il destino che mi aveva fatto resistere alla sete, al suo
profumo umano che tanto mi bruciava dentro. Ringraziavo il destino che
mi aveva fatto perdutamente innamorare di lei. Ringraziavo il destino
che mi aveva dato, per suo tramite una bellissima figlia. Ringraziavo il
destino che mi aveva permesso di salvarla e di donare anche a lei un
nuovo 'involucro'. Ringraziavo il destino che non l'aveva fatta diventare
una perfida neonata, ma solo un'umana più matura e consapevole. Sentivo che questo era solo l'inizio, sentivo che Bella sarebbe stata per me,
per tutti noi, una guida verso un nuovo universo...
Arrivammo puntuali all'appuntamento con l'aereo, che decollò in perfetto orario e alle prime ore dell'alba il carrello toccava la pista di Seattle
facendo svegliare Jacob e Seth che erano riusciti a dormire per tutto il
viaggio.
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“Per carità non offriteci un passaggio in macchina! Fino a la Push
ce ne andiamo a piedi, facciamo una bella gara a chi arriva prima”
esclamo Seth mettendosi finalmente a torso nudo imitato immediatamente da Jacob. E meno male che avevano almeno aspettato di uscire
dal terminal dell'aeroporto!
“Su ragazzi, andiamo insieme almeno fino al traghetto e da Kingston potrete fare la vostra gara senza dare troppo nell'occhio”
concordarono con Bella, e a malincuore si infilarono nella Mercedes
di Alice che ci stava aspettando. Lei non stava più nella pelle, voleva abbracciarci tutti, licantropi compresi.
“Dai, Alice, appena a casa racconteremo a tutti quello che è successo, e vedrai che non sono poche cose”.
“Aspetterò, aspetterò, ma già vi anticipo che il consiglio di famiglia a deciso che non vi lascerà andare mai più da soli, nemmeno fino a
Forks!”
Esagerava, ma noi potevamo ben comprendere l'angoscia di Alice e
degli altri, quando lei aveva avuto la visione della nostra morte.
In una mezz'oretta fummo al traghetto, giusto in tempo di salire a bordo del primo in partenza, altra mezzora di traversata, e poi dopo aver attraversato il ponte sul canale Hood, Alice si fermò per far scendere i due
licantropi che si avviarono spediti verso la foresta.
“Finalmente”
esclamò Edward ,
“non ce la facevo più a sopportare l'odore di cane bagnato...”
Cominciai a pensare di come avrei spiegato alla mia famiglia la storia
di Jane, che a breve sarebbe arrivata a casa nostra in un contenitore non
proprio piacevole da vedersi. Noi non eravamo certo abituati a tenerci
certi oggetti in casa, ma pare che i nostri parenti rumeni, le usassero addirittura per andare a dormire durante il giorno, visto che a qui tempi la
luce diurna era per loro insopportabile.
Ma non era il solo problema. Troppe cose erano cambiate con quel
brevissimo viaggio. Innanzitutto la certezza che i Vulturi non avevano rinunciato ai loro piani di morte nei nostri confronti. Ne avevamo eliminati due e di certo Aro non ce l'avrebbe perdonata tanto facilmente, anche
se la perdita del suo segugio gli avrebbe creato sicuramente dei problemi. Poi la strana arma, “da dove proveniva” ?
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Intanto che continuavo a rimanere immersa nei miei pensieri Alice
procedeva veloce e ormai la familiare foresta di Forks scorreva ai lati
della Mercedes e ricordava a tutti noi che avremmo dovuto, per prima
cosa, andare a caccia, per ritemprarsi dall'astinenza dovuta al viaggio e
ai problemini degli ultimi giorni.
“Bella, Bella che ti succede?”
esclamò ad un tratto Edward con la voce rotta dalla preoccupazione.
Alice sussultò a quella voce e si voltò subito a guardarmi, fermò immediatamente la Mercedes al lato della strada. Riconosceva benissimo l'espressione sul mio viso, vedeva se stessa quando aveva una visione.
Passarono alcuni interminabili secondi e poi il mio sguardo tornò vigile
e mi accorsi dell'espressione preoccupata degli altri due.
“Mi è successa una cosa stranissima, ad un certo punto ho visto la
mia casa di Forks, ho visto Charlie che voleva abbracciarmi, ma non ci
riusciva, avevo la sensazione di guardalo dall'alto. Infatti rapidamente
la casa si rimpiccioliva sotto di me, e poi la città diventava sempre più
piccola, ma non ero su un areo, stavo salendo in verticale, a grande velocità e poi cominciavo a vedere i contorni dell'America del nord, la meravigliosa sfera che era la terra farsi sempre più piccola e poi il buio
cosmico mi avvolgeva, Che significa?”
mi rivolgevo ad Alice, sentendo di aver avuto una visione simile alle
sue.
“Non ti preoccupare, è un'altra delle tue stranezze, forse stai cercando di rubare il mio potere di premonizione”
mi sorrise Alice cercando di rassicurarmi senza però riuscire a dissimulare del tutto la sua preoccupazione. Stava pensando, infatti che se
avevo avuto veramente una visione, non poteva essere una metafora,
come accade nei sogni, ma qualcosa che sarebbe accaduto in futuro..
“Adesso basta, però, siamo tutti scossi dagli ultimi avvenimenti, andiamo a casa!”
Ripartì, sgommando, adesso viaggiava a tutta velocità ignorando i limiti , tanto se Charlie o qualche suo collega fossero stai in giro li
avrebbe visti per tempo. Voleva arrivare subito a casa.
Ci stavano aspettando tutti con ansia. La piccola Nessie non appena
mo vide si divincolò dalle braccia di Rosalie, calandosi dalla sue ginocchia, e mi corse incontro:
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“Mamma, mamma”
mi ero prontamente accovacciata per meglio accoglierla e lei mi
strinse le braccine intorno al collo. Non mollò la presa fino a quando anche Edward ci raggiunse, cinse anche lui con un braccio
“ciao papà”
Se avesse potuto, scommetto che Edward si sarebbe fatto scendere
qualche lacrimuccia di gioia, era la prima volta che lo chiamava papà.
Quando poi chiese dello zio Jacob non potemmo non notare una smorfia
di disappunto sul viso di Rosalie. Gli risposi , rassicurandola e dicendogli che sarebbe venuto l'indomani.
Edward prese l'iniziativa di spiegare tutto l'accaduto agli ansiosi presenti anche se tralasciò di descrivere le bellezze della natura del Vermont
e quanto di bello ci fosse nella cittadina di Rutland. In quei momenti
ebbi la sensazione che non ci saremmo più tornati, che se avremmo abbandonato Forks non sarebbe stato per il Vermont, la mia visione di poco
prima ancora mi stava creando sconcerto...
Prese la parola Carlisle:
“Ragazzi, non posso nascondervi che sono preoccupato! I Vulturi
non molleranno la presa tanto presto!” E tu,Bella sei stata un po' troppo
avventata con la faccenda di Jane, anche se non posso biasimarti per
non averla uccisa”
“Avventata?”
interruppe Jasper
“Sei stata una pazza! Come potevi essere così sicura che il veleno
del suo sangue non ti avrebbe uccisa?”
Abbassai gli occhi ed accettai il rimprovero di mio cognato
“Hai ragione, ma in quel momento ne avevo la certezza, non ne conosco il motivo”
Emmett voleva fare una delle sue solite battute sagaci, ma per il momento non gli veniva niente di meglio di un sogghigno. Fu Rosalie a
parlare:
“Domani dobbiamo assolutamente fare in modo che la consegna
non venga notata da nessuno. Non credo che i nostri concittadini sopportino l'idea di vederci portare una bara in casa....”
Jasper l'aveva preceduta e stava già parlando al telefono con J. , gli
raccomandava, pena non so quale ritorsione, di usare un trasporto che
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non facesse pensare al contenuto.
“Bella, non ho ancora avuto modo di chiedertelo”
chiese con un sorriso Edward
“Come hai fatto con Demetri?”
con un po' di orgoglio risposi:
“Dopo l'incidente con il camion a La Push, non avevo più dubbi
sulla resistenza del mio scudo. Quindi ho cercato di creare una bolla
tutto intorno a lui in modo che lo sparo dell'arma gli si sarebbe rivolto
contro. Il difficile è stato farlo un attimo prima che sparasse, perché non
avesse il tempo di accorgersene, comunque ci sono riuscita!”
“Visto che si è fatto tardi e volete andare a caccia, devo chiedervi
un favore”
Carlisle era intervenuto rivolgendosi ad Edward:
“Ho bisogno di un po' di sacche di sangue animale, riuscite a riempirle?”
“Certamente, lo faremo!”
rispose Edward che poi si rivolse a Rosalie
“pensi tu a mettere Nessie a letto stasera?”
“No!”
non era la voce di Rosalie, ma quella squillante di Renesmee :
“Non ho mai cacciato con la luna piena, voglio venire anch'io!”
La guardai con uno sguardo tra il divertito e il preoccupato, ma forse
aveva ragione, era dal giorno che incontrammo la povera Irina che non
era più uscita a cacciare, nemmeno con Jacob. Con suo padre poi non lo
aveva mai fatto. Fissai negli occhi Edward che già voleva dire di no e al
mio sguardo decise che non si sarebbe opposto.
“Va bene Nessie, ma hai sentito Carlisle, dobbiamo prenderne un
po' anche per lui, non potrai berlo tutto, quello che troviamo”
sorrise battendo le manine felice
“Andiamo mamma! Dai svelta!”
Le corsi dietro, perché aveva già spalancato la porta e si era lanciata
verso il bosco leggiadra come una farfalla, ma veloce più di un ghepardo. Edward seguì la nostra scia qualche minuto più tardi per farsi dare i
contenitori da Carlisle. Era incredibile osservare come quella che sembrava una bambina di due anni, alta meno di un metro, fosse in realtà
una perfetta macchina da guerra. Velocissima, con i sensi acutissimi. Il
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tenue bagliore della luna che filtrava appena dagli alberi le permetteva di
evitare gli ostacoli alla massima velocità, le fronde che toccavano il suo
corpo indistruttibile si polverizzavano al contatto. Di tanto in tanto balzava in alto alcuni metri, artigliandosi agli alberi, per meglio osservare il
terreno circostante e captare il più tenue odore o il più lieve rumore.
Dopo pochi chilometri di corsa aveva già individuato la traccia del branco di cervi. Ignari non ci sentirono nemmeno arrivare e i tre più grandi
non si accorsero neppure di morire, tanto tutto fu così rapido. Nessie
aveva agito anche lei con precisione chirurgica, evitando il palco di corna aguzze del grande maschio e centrando al primo colpo la giugulare
con i suoi dentini aguzzi. Edward invece forte della sua esperienza e del
suo autocontrollo aveva iniziato a riempire il contenitore prima che il
cuore della femmina che aveva azzannato si fermasse per poi riprendere
a dissetarsi fino a saziarsi. Io mi accontentai di un esemplare più piccolo
perché il sangue di Jane mi rendeva ancora abbastanza sazia..
Non era passata da molto la mezzanotte che tutto era già finito e varcavamo la soglia della nostra casetta. Non appena nel suo lettino Nessie
si addormentò come un angioletto. Solo un piccolo e delicato ruttino ci
ricordava che l'angioletto aveva appena finito di abbattere e dissanguare
un cervo da due quintali!
Finalmente potevo abbandonarmi fra le braccia di Edward e cercare di
dimenticare per un po' il trambusto dei giorni appena trascorsi. Un tenero bacio sulle mie labbra segnò l'inizio dell'oblio.....
L'autopsia
Verso le nove del mattino seguente arrivò a casa Cullen un furgone
della ‘divani & Co’ per una consegna particolare. Carlisle lo fece subito
entrare nel garage dove i due solerti addetti scaricarono in fretta il cofano. Non lesinò con la mancia, anche se la compagnia, a cui appartenevano i due, non gli avrebbe certo consentito di spifferare a chicchessia il
tipo di merce che avevano trasportato. Non potendo tenere in casa la
bara (era troppo ingombrante e lugubre) Emmett si caricò del contenuto
che era in un sacco di plastica (di quelli che siamo abituati a vedere nei
telefilm di CSI) e lo portò subito al piano di sopra, nell'ambulatorio medico del dottore. I due anonimi vettori (a dire il vero avevano una faccia
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poco raccomandabile) ricaricarono e se ne andarono da dove erano venuti. Nessuno aveva notato la consegna, ma chi avesse visto il furgone
non avrebbe potuto pensare che al solito pezzo di arredamento per casa
Cullen (Esme cambiava spesso i mobili).
Dopo circa un quarto d'ora Carlisle scese le scale e si rivolse a me.
“Bella, te la senti di venire ad aiutarmi?”
Avevo intuito che non aveva solo intenzione di rianimarla, ma voleva
fare prima dei controlli a cui, forse, non sarebbe stato facile assistere. Sicuramente la Bella liceale, non se la sarebbe sentita, ma quella attuale
era solo curiosa e inoltre voleva assicurarsi che, per il momento, Jane rimanesse viva. Trasalii, comunque, quando la vidi distesa sul tavolo operatorio, probabilmente più per il fatto che quel tavolo mi ricordava i terribili momenti del travaglio, della mia morte e successiva rinascita. Un
telo di quelli da interventi chirurgici nascondeva alla vista il suo corpo,
che sicuramente era stato denudato da Carlisle, lasciando scoperto il solo
il suo viso. Era di un colorito più che cadaverico, direi assolutamente
bianco. Gli occhi erano neri e non si riconosceva l'iride, i biondi capelli
erano stati raccolti in una cuffia verde, probabilmente per non essere di
impaccio.
“Che succede Carlisle ? Che vuoi farle?”
La sua voce era carica di emozione (scientifica?) quando iniziò a
spiegarmi cosa aveva scoperto:
“Ho curato ancora vampiri, ma si trattava più che altro di ricomporre fratture, visto che la nostra natura provvede a cicatrizzare le ferite
da sola”
Non aveva mai visto un corpo di vampiro completamente esangue e
un aspetto l'aveva completamente sconcertato.
“Guarda !”
Prese fra le dita un affilato bisturi e lo appoggiò nella zona centrale
del petto di Jane, che una finestra del telo lasciava scoperta. Confesso
che un brivido mi percorse la schiena quando lo vidi affondarlo nella
carne, ma anche per me lo stupore ebbe il sopravvento. La lama avrebbe
dovuto spezzarsi al contatto della pelle durissima della vampira e invece
vi affondò ed iniziò a produrre uno squarcio che si allargava a mano a
mano che procedeva in direzione dello stomaco senza, ovviamente, sanguinare.
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“E' il sangue!”
Esclamò, tutto dipendeva dal sangue. Non solo la vita, ma probabilmente tutte le nostre caratteristiche dipendevano dal sangue che, sicuramente, trasportava qualcosa per tutto il nostro organismo.
Non poteva essere il sangue di per se', perché umano o animale che
fosse, non aveva niente di diverso da quello di tutti gli altri esseri viventi. “Guarda il cuore, osservalo bene” disse. Io diedi fondo a tutte le mie
conoscenze di anatomia, ma benché fosse facile distinguere tutti gli organi data l'assenza di sangue, riuscii a riconoscerlo a malapena, senza
notare niente di strano.
“Le valvole sono tutte saldate, così non può certo funzionare!, sembrerebbe un errore durante la trasformazione, ma cosa può averlo provocato?”
Azzardai un ipotesi
“Forse non è un errore deve essere così per far si che il sangue non
circoli e ristagni,invece, nei tessuti”
Ci pensò, poteva essere una soluzione :
”Solo che in questo modo ci condanna alla sete, alla necessità continua di sostituirlo, non capisco!”
“Chi ci condanna, Carlisle? La trasformazione non è solo il frutto
di un avvelenamento, di una specie di malattia insomma?”
Non avevo mai conosciuto l'aspetto mistico del dottore, non avevo
mai pensato che anche lui credesse a qualcosa di Superiore, ma mi rispose:
“Non lo so, in questo momento so solo che devo approfondire le
mie ricerche sotto un'altra luce”
Mi accorsi che aveva sezionato un' arteria della povera Jane e la stava
raschiando internamente con uno speciale ferro chirurgico, riponendo
ciò che ne risultava in alcune provette (a dire il vero molto poco, cos'era
colesterolo?). Iniziò poi a lavorare con grande delicatezza e perizia su
quelle che presuppongo fossero le valvole cardiache.
“Adesso il cuore potrebbe funzionare, quando inizieremo a rianimarla, se ciò che ho fatto è sbagliato il nostro potere di automedicazione rimetterà tutto come prima”.
“Che avesse ragione?”
Non potei fare a meno di pensare a Renesmee e a Nahuel che avevano
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tutte le caratteristiche dei vampiri, ma il loro cuore batteva, potevano respirare e mangiare come umani e per giunta potevano anche fare a meno
di farlo, a comando!
Intanto che mi perdevo nei miei ragionamenti Carlisle aveva suturato
il cuore e ricucito lo squarcio nel torace, forse non era necessario, ma
aveva preferito farlo comunque dal momento che l'assenza di sangue
glielo aveva permesso.
Tolse il telo operatorio, il suo corpo bianchissimo era leggermente afflosciato dalla mancanza del sangue e la ferita al petto si notava parecchio, ma probabilmente sarebbe scomparsa al suo risveglio (purché si
fosse risvegliata).
Non riuscivo ad odiarla per quello che aveva tentato di fare a me ed a
Edward, addirittura speravo in cuor mio che la sostituzione del sangue
potesse ravvederla e farla diventare nostra amica..
“Aiutami a infilarle la tunica”
(una di quelle da ospedale con l'allacciatura posteriore) Carlisle mi
scosse dai miei pensieri.
“Penso che sia meglio immobilizzarla”
disse legandole polsi e caviglie alle cinghie del letto
“Chiamiamo anche Rosalie e Jasper, per sicurezza”
Non sapeva come avrebbe reagito al risveglio, poteva ancora avere i
suoi poteri e usarli subito su di noi, anche se il mio scudo era pronto...
Dopotutto era ancora una dei Volturi e probabilmente Aro la stava già
cercando non avendo più sue notizie da diversi giorni.
Jasper, nel vederla, ebbe un moto di disappunto e accennò un ringhio
sommesso
“perché dobbiamo rischiare, facciamola a pezzi e basta!”
“Ho fatto una cosa Jasper, abbi un attimo di pazienza, può essere
molto importante!
Edward e Alice erano andati a Seattle per vedere di perfezionare l'acquisto della nuova Porsche Panamera che avrebbe sostituito la Mercedes Guard. Già, il carrarmato ora non era più necessario e come aveva
detto Edward lo aveva ottenuto solo in prestito per il periodo del 'prima'.
Naturalmente non si poteva comprare una macchina normale! Essendoci
poi di mezzo Alice figuriamoci se la scelta non ricadeva sulla sua amata
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Porsche . Per fortuna che ne avevano inventata una un po' più spaziosa
della sua spider gialla! (che fra parentesi qualcuno in Italia stava ancora
cercando):
“Chissà perché aveva voluto tenersela, non gli mancavano certo i
soldi per comprarsene una, boh forse il gusto del proibito....”.
Carlisle introdusse il terminale della flebo, dischiudendo delicatamente le labbra di Jane. Il sangue che avevamo prelevato dal cervo, la notte
precedente, inizio a colare goccia a goccia nella sua gola. Non ce ne volle molto prima che un leggero sussulto, quasi impercettibile ci avvisasse
che il processo di risveglio era iniziato. Aveva iniziato a deglutire e quindi il dottore aumentò leggermente il flusso. Il colore della pelle si faceva
pian piano meno pallido e la stessa riprendeva la sua naturale consistenza vitrea e lucida, i bordi della ferita sul petto si stavano saldando e lentamente la cicatrice scompariva. Gli occhi, sempre spalancati cominciavano a riprendere colore, ma non diventavano rossi, anzi sembrava che
virassero verso l'azzurro chiaro! Un leggero fremito percorreva il suo
esile corpo di giovane vampira. Nel silenzio assoluto che era caduto nella stanza, improvvisamente il nostro acutissimo udito percepì una nota
stonata, o meglio: molto intonata! Iniziava piano, come una pizzicata su
una corda di contrabbasso appena sfiorata. Un lampo di stupore apparve
sugli occhi dei presenti, mentre in quelli di Carlisle era di gioia mista a
trionfo.
“Batte”,
sussurrò,
“sta iniziando a battere!”
Jasper e Rosalie che non sapevano dell'intervento , si guardarono
“Non può essere, il suo cuore non può battere!”
ma il battito si faceva sempre più forte e regolare, lo ascoltavo con nostalgia lo conoscevo benissimo! Era così simile a quello del cuore di
Nessie! Il miracolo era avvenuto, il piccolo cuore fermo da un secolo era
ripartito, e ora?
Batté le palpebre una o due volte, i suoi occhi adesso erano di una azzurro profondo simile a quello del cielo del Nord. Ci guardò stupita, si
mosse e, rendendosi conto di essere legata, dalle sue labbra uscì un ringhio, ma non era ferocia, piuttosto direi stupore misto a timore, ci avePag. - 39 - di - 155 -
va riconosciuti.. Anche il suo collo si era sistemato alla perfezione,
adesso mi aspettavo che usasse i suoi poteri per indurci a liberarla.
Non lo fece, mi fissò negli occhi e trasalì, le stava tornando alla memoria il momento dell'attacco, il dolore acuto provato quando il suo collo si era spezzato, la delusione per il fallimento, la vita che le sfuggiva a
causa dei miei denti aguzzi conficcati nella sua gola e tutto che diventava confuso, buio . Poi improvvisamente la luce era tornata, il mio volto
era di nuovo davanti ai suoi occhi ma lo scenario era diverso.
“Bella, non mi hai ucciso? Sono ancora viva? Cosa mi sta succedendo?”
disse con una voce fioca e tremolante, e mentre parlava qualcosa di
umido si era accumulato agli angoli dei suoi occhi e piano piano rigava
le sue gote, ora di un colore leggermente rosato. Non era possibile! Lei,
lei stava piangendo!
Gianna Gabellieri
Aro raccontava con piacere di come aveva salvato Jane dal rogo a Salem, dove stava per essere bruciata come strega sotto gli occhi del fratello Alec. Dei due poveri orfanelli che aveva portato con se alla sua corte
per farne due suoi figli, ma sopratutto due spietati esecutori della sua volontà. Ma fu veramente così? Quella ragazzina di sedici anni aveva veramente già i suoi poteri anche da umana, tanto da farla identificare come
una strega? Vero era che a Salem successero delle orribili nefandezze,
solo seguendo il gioco perverso di due ragazzine fantasiose, ma non mi
ero mai fidata di Aro.
La famiglia di Gianna viveva nella campagna Toscana, in Italia , non
molto lontana da Volterra e aveva due figli gemelli: oltre alla femminuccia, un gagliardo ragazzino di nome Alessandro. Il padre aveva una piccola azienda vinicola che gli rendeva piuttosto bene per quegli anni fiorenti. Era finita la dinastia dei Medici ed era iniziata quella dei Lorena,
che fra le altre cose si era distinta per il sostegno all'agricoltura.
Le giornate trascorrevano piacevoli per i due ragazzini, avevano un
simpatico tutore che si occupava della loro educazione. Alessandro si dedicava con impegno e soddisfazione studio della pittura, mentre Gianna
adorava la musica e prendeva lezioni di pianoforte, quel nuovo strumento che si stava affermando in tutto il mondo, eravamo ormai alla fine del
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diciassettesimo secolo. A Gianna piaceva suonare Bach e ...guardare i
bei ragazzi. Andava spesso a Volterra, in compagnia di suo fratello e di
un domestico che il padre le aveva incollato, con l'ordine di non perderla
mai d'occhio. Più volte aveva notato quel ragazzo biondo, dai modi gentili, vestito con eleganza, che la osservava distogliendo subito lo sguardo
quando lei se ne accorgeva.
Un giorno, con la complicità di Alex, era riuscita a scendere dal calesse e avvicinarsi a lui, passandogli davanti, fingendo di non vederlo. Lui
allora aveva preso il coraggio e le aveva rivolto la parola:
“incantevole madamigella, posso conoscere il vostro nome?”
era proprio bello, un po' pallido forse, capelli biondi e occhi scuri e
profondi..
“Mi chiamo Gianna”,
rispose lei arrossendo fino alla radice dei capelli
“e voi?”
“Santiago; mi scuso per l'ardire, ma lei è bellissima”
“Grazie”
mormorò sempre più rossa in volto Gianna e fuggì verso il calesse.
“Allora gli hai parlato”
le chiese il fratello
“Si, mia detto il suo nome..”
Passarono diverse settimane da allora e lei pensava spesso al quel bel
tenebroso. Nei suoi sogni uscivano insieme e si baciavano dolcemente,
ma appena le loro labbra si toccavano tutto diventava fuoco e fiamme
alte li separavano e lei si svegliava agitata.
Passarono alcune settimane, fino a che un giorno il padre di Gianna
avvisò famiglia e servitù di preparare un pranzo importante, perché sarebbero venuti dei clienti per acquistare un notevole quantitativo di vino.
Vi immaginate lo stupore di Gianna nel veder scendere dalla carrozza,
trainata da quattro stalloni neri, due distinti signori (veramente dall'aspetto un po' sinistro) e il bel Santiago.
Durante il pranzo mentre il signor Aro discuteva in maniera affabile
con il capo famiglia e suo fratello Caius rimaneva un po' in disparte,
Santiago e Gianna non facevano che scambiarsi sguardi d’intesa malcelati.
Alla fine del pranzo tutta la famiglia e gli ospiti decisero di andare a
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far visita alle cantine.
Vedendo lo sguardo di Jane così perso nei ricordi, con le lacrime che
le scorrevano sempre più copiose dagli occhi, azzardai di liberarle polsi
e caviglie dai lacci che la immobilizzavano. Si mise seduta sul tavolo, la
testa fra le mani, i ricordi che le affioravano dal passato, che fino a quel
momento erano stati relegati nel profondo del suo cuore privo di vita.
Probabilmente Aro o qualcun altro dei Volturi erano riusciti a sostituirli
con il nuovo passato che lei conosceva, fino a quel momento. Ora la verità le stavano provocando un dolore straziante.
Emise un urlo straziante che ci fece sobbalzare e mettere sulle difensive. Scivolò a terra e iniziò a contorcersi sul pavimento: i suoi poteri c'erano ancora e li stava rivolgendo contro se stessa infliggendosi una terribile punizione. Carlisle le somministrò ancora qualche sorso di sangue
(questa volta usò una sacca di quello umano che teneva di scorta per
Nessie) e la vampira sembrò calmarsi, rimase immobile a fissare il vuoto, con negli occhi la terribile immagine di quel giorno di 200 anni prima.
Gianna si era attardata un attimo a seguire gli altri e così aveva fatto
Santiago. Quando le passò accanto egli le afferrò con delicatezza un polso. Sobbalzò al contatto della sua mano, era gelido, un brivido le scosse
la spina dorsale, ma non ebbe paura. Il desiderio di quel bacio a lungo
sognato, la fece sciogliere fra le braccia del ragazzo, che subito le sfiorò
le labbra con le sue.
Anche queste erano glaciali, la stretta di lui si faceva forte, troppo forte, le sue labbra indugiarono ancora sulla sua bocca, ma anziché schiudersi nel bacio agognato percorsero il suo delicato collo fino a fermarsi a
lato della sua tenera gola. Il dolore fu improvviso, lancinante, tentò di
urlare, di divincolarsi, ma le forze gli sfuggivano rapidamente, insieme
al suo sangue che fluiva abbondante nelle fauci del vampiro. Quando fu
a terra immobile egli allentò la presa e, obbedendo agli ordini di Aro, si
addentò un polso e fece scorrere il suo sangue maledetto fra le labbra di
Gianna. Prese una correggia di cuoio e legò strettamente la ragazza ad
una colonna della sala da pranzo, poi corse verso la cantina per completare la sua demoniaca opera. Si fermò sulla porta e richiamò l'attenzione
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di Alessandro in maniera discreta.
“Tua sorella non si sente bene, vuole che tu la raggiungi”
Il ragazzo corse fuori, ma fatti pochi passi Santiago lo aggredì azzannandolo: Aro voleva entrambi i gemelli alla sua corte.
E fu solo l'inizio della strage. Mentre Aro, come nulla fosse successo,
continuava ad discorrere amabilmente con i genitori e il capo cantiniere
Caius raggiunse Santiago sbarrando la porta della cantina alle sue spalle.
La cantina era molto grande e gli altri non si accorsero di nulla. I due
terribili Volturi con la velocità del pensiero ad uno ad uno sgozzarono
tutti i dipendenti dell'azienda agricola, senza risparmiare donne e bambini bevendo a sazietà il loro sangue. Uccisero tutti, senza trasformarli e
gettarono i loro corpi straziati nel pozzo.
I due ragazzi invece stavano provando tutto il dolore della trasformazione con il fuoco che li bruciava da dentro, si contorcevano urlando
fino a che il loro giovane cuore si arrestò, i loro occhi divennero rossi
come tizzoni ardenti e una sete inarrestabile cominciò a bruciare le loro
gole.
I due “neonati” erano pronti, un ringhio feroce uscii dalle loro bocche.
Ma l'orrendo disegno di Aro non si era ancora completato. Caius slegò
Gianna dalla colonna e trattenendo a fatica la forza bestiale della neonata
la portò nella cantina lasciandola libera. Il ringhio feroce della vampira
dipinse il terrore sul volto dei due genitori sconcertati e increduli alla vista del mostro dai denti aguzzi che pochi attimi prima era la loro bambina. Inutili le loro urla di terrore, inutile l'invocare il suo nome che ella
ormai non ricordava più. La sete incontrollabile aveva preso il sopravvento. Si avventò prima sulla madre con furia e imperizia straziandole
orrendamente le carni, poi fece a pezzi il padre bevendone a lungo il
sangue che colava dalla gola squarciata.
A quel punto fecero entrare anche Alec che completò l'opera avventandosi sul capo cantiniere che era rimasto muto e paralizzato dal terrore.
Si erano divertiti abbastanza, fecero caricare i due neonati ormai sazi
sulla carrozza e ripartirono alla volta del loro maledetto rifugio.
In quel momento nascevano così i due feroci Volturi, ognuno dotato
del potere che avevamo imparato a conoscere nel corso dei secoli. Aro
gli modificò i ricordi, facendogli credere di essere il loro salvatore e lePag. - 43 - di - 155 -
gandoli a lui per sempre.
Forse oggi per uno dei due gemelli il legame si era spezzato, un odio
terribile era nato nei confronti di chi le aveva fatto uccidere per diletto i
propri genitori: Jane
“Sono un mostro, vi prego, vi supplico, uccidetemi!”
implorò alzandosi da terra e accasciandosi su una sedia dell'ambulatorio
“Ti confesso che sarei tentato di accontentarti subito”
intervenne Jasper
“Ma forse quello che sei diventata non è tutta colpa tua...”
A quel punto intervenni io
“Visto il cessato pericolo, mi lascereste un po' sola con lei? La faccio rivestire e poi scendiamo giù”.
Dovetti insistere un paio di volte prima che si decidessero a lasciarci
soli. Si resero infine conto che l'avevo già neutralizzata una volta e a
maggior ragione avrei potuto farlo adesso.
Rimasti soli le asciugai le lacrime (che strana sensazione su un volto
di un vampiro), la convinsi a sfilarsi quell'orribile camiciona da sala operatoria e ad indossare una delle tutte da ginnastica di Alice. Le stava un
po' grande, non avevo di meglio a disposizione per il momento, e la feroce vampira sembrava più un pulcino bagnato...
“Coraggio Jane, smetti di pensare al passato! E’ stato veramente
orribile, quello che ti hanno costretta a fare ai tuoi genitori, ma non è
stata colpa tua, eri una neonata, non potevi controllarti!”
mi guardò con i suoi occhioni azzurri ancora umidi:
“A te non è successo però! Sei ancora una neonata, ma ti controlli
benissimo!”
era vero, nemmeno io riuscivo ancora a capacitarmi di come da subito fossi riuscita a controllarmi:
“Io sono diversa, credo, sono la prima a cui è successo”
Le spiegai che anche lei adesso era diversa, che tutto sarebbe cambiato.
“Scommetto che non ti sei accorta che adesso anche tu sei specialissima, sei la prima vampira con un cuore che batte!”
Era vero, sconvolta dal dolore dei ricordi, non se ne era ancora resa
conto. Ammutolì di colpo, si mise ad ascoltare quel rumore che solitaPag. - 44 - di - 155 -
mente proveniva dalle sue prede, si appoggiò le braccia al petto, incredula, quasi a coccolare quella vibrazione ritmica che proveniva dall'interno, quella sensazione che non provava più da due secoli.
“Come è possibile?”
chiese incredula
“E' stato Carlisle, ma ancora non sappiamo cosa possa significare,
tu sei la prima, forse sarà possibile anche per noi”.
Finalmente sembrava capire che forse, per lei, stava ricominciando
una vita diversa e smise di tremare.
“Vieni, voglio farti conoscere una personcina speciale, che hai visto
solo da lontano in un momento non certo tranquillo”.
Scendemmo giù, Renesmee la vide, e quel dono che era dentro di lei,
che la faceva diversa da noi, migliore di tutti vampiri, umani e licantropi
che fossero, fece il resto.
“Ciao zia Jane”
e le corse incontro. Tutti i presenti si paralizzarono preoccupati, ma
fiduciosi allo stesso tempo. Jane si accovacciò ad accoglierla con un sorriso, finalmente con i suoi sedici anni. Nessie le appoggiò la manina sul
viso ed iniziò a mostrale la gioia delle sue giornate e chissà quali altre
cose spensierate. Un altro capitolo del disegno Superiore che stava conducendo le nostre vite era iniziato!
Un clacson nel vialetto ci avvisò che Edward e Alice erano tornati e
dalla risatina festosa di lei intuii che aveva già visto tutto quello che era
successo e ne aveva reso partecipe Edward.
“No, no, Jane, non va bene con quella tuta, dobbiamo subito andare a fare shopping e trovare qualcosa di più adatto a te!!”
La solita Alice! Aveva trovato un altra vittima, e confesso, emisi un
sospiro di sollievo! Naturalmente era riuscita a vedere tutto quello che
era successo ed era fiduciosa della nuova vita di Jane. Convincemmo
Alice ad aspettare il giorno dopo perché la sua nuova sorellina era ancora sconvolta dalla giornata che aveva avuto e visto che stava calando la
sera era proprio il caso che andasse a dormire, visto che il suo nuovo
metabolismo, da oggi, lo avrebbe reso possibile.
La accompagnammo nella stanza che fino a poco tempo fa era di Edward e la infilammo sotto le coperte del lettino. Si addormentò quasi subito, per la prima volta, dopo duecento anni, la terribile vampira dei VolPag. - 45 - di - 155 -
turi, giustiziera e assassina, dormiva. Io e Alice rimanemmo a guardarla
per un po', rapite da quell'immagine di ragazzina angelica che faceva
sollevare delicatamente le coperto al ritmo del suo ritrovato respiro.
Alice rimase a controllarla fino al mattino e la svegliò di buon ora.
Jane spalanco' gli occhioni azzurri, le ci vollero pochi attimi a ricordare
quanto successo il giorno precedente
“Allora è tutto vero?”
disse con un velo di tristezza, pensando ancora al suo vero passato
“si, si, va tutto bene”
la rassicurò Alice
“ora alzati perché voglio portarti a Portland a fare shopping e la
strada è lunga, parleremo in macchina”.
Jane si alzò, non riusciva ancora a capacitarsi di come quelli che fino
a pochi giorni fa erano suoi nemici e obbiettivi di morte, l'avessero accolta con tanto amore. Si sentiva diversa, più ragazzina e la tranquillità
di Alice le dava più fiducia di quanta riuscisse a trovare in se stessa. Sapeva che lei vedeva il futuro e quindi non sarebbe successo più niente di
malvagio dipendente da se stessa...
La sua testa era frastornata da mille odori: quelli dei Cullen, quello di
benzina delle macchine in garage, i fiori del giardino, la polvere del vialetto, il pane fresco del panificio di Forks. Capi subito il motivo, stava
respirando! Serviva veramente? Provò a fermare la respirazione: si il suo
corpo poteva farne a meno, come prima, ma le piaceva troppo quella
sensazione e riprese a farlo. Ne parlò con Alice, sovrastando il rombo
della Porche gialla che sfrecciava a tutta velocità sulla strada verso Portland. La guidatrice non si preoccupava troppo di infrangere i limiti, tanto avrebbe percepito una pattuglia della polizia con ampio anticipo...
“Domani vedrai che Carlisle ti farà un bel check-up per scoprire i
tuoi nuovi poteri”
Rispose Alice, convinta comunque che sarebbero stati gli stessi di Renesmee, il cui corpicino funzionava alla stesso modo..
Sembravano proprio due amiche di vecchia data, con i capelli racchiusi dai fazzoletti e occhiali scuri per proteggersi dal vento che, nella veloce spider, faceva da padrone.
“Alice, sei riuscita a vedere qualcosa di mio fratello? Sai mi manca
un po'...”
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Nessuna visione riguardante i Volturi si era presentata fino a quel momento, era un argomento molto scottante e sicuramente avremo dovuto
affrontarlo tutti insieme.
“Sai, siamo gemelli e siamo molto legati, pensi che riuscirà a capire quello che mi è successo?”
Alice le spiegò che non era necessario morire per cambiare, bastava
volerlo. I Cullen ci erano riusciti, anche Jasper, aveva rinnegato il suo
passato ed era riuscito a diventare vegetariano. Alec aveva subito un
condizionamento da parte di Aro, ma forse l'Amore che ora era nato nel
cuore di Jane sarebbe riuscito a superare l'odio che ne bloccava la mente.
In fondo i gemelli sono collegati indissolubilmente, certo quando l'avesse incontrato la prudenza era d'obbligo, ma era convinta che ce l'avrebbero fatta.
Arrivarono a Portland in meno di tre ore e Alice iniziò a infilarsi in
una boutique dopo l'altra trascinandosi dietro, tenendola per mano, la
sconcertata biondina.
Era ormai ora di rientrare quando decise che bastava. Jane sembrava
uscita dalle pagine di Vogue o scappata da una sfilata di Valentino e infilare borse e borsettine degli acquisti nella Porsche fu un bel problema!
Decisero che era proprio il caso di tornare con la capote alzata, per
evitare che qualche pacchetto volasse via....
Beh, devo confessare, che rimasi un po' ingelosita da quel viaggio, di
solito tutte quelle attenzioni erano dedicate a me... Alice, che aveva capito tutto scoppiò in una risata divertita.
“Ma dai Bella, ho fatto solo gli onori di casa alla tua ospite....”
Vero anche questo, l'avevo portata io in famiglia, ora di che mi lamentavo? Adesso non ero più la piccolina di casa, anche se Jane aveva più di
duecento anni ne dimostrava comunque sedici!
“Comunque domani resta con me, devo mostrarle un sacco di
cose!”
La ragazzina finalmente rideva divertita, sentendosi al centro di tutte
quelle affettuose attenzioni....
Tornai verso casa con Edward e Nessie e siccome non ero in giornata
dissi qualcosa di troppo anche a Edward
“Non è che fra un po' anche tu ti affezioni troppo a lei?”
Edward mi guardò con sguardo divertito, ma poi si fece serio.
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“Bella, non sarà che stai correndo un po' troppo con la storia di
Jane? Le hai risparmiato la vita, Carlisle ha fatto un esperimento con
lei che sembra averla cambiata completamente, ma dobbiamo comportarci con cautela”
Continuò facendomi presente quanto fossero pericolosi e subdoli i
Volturi e se non fosse stato per la visione di Alice si sarebbe anche potuto credere ad un tentativo di attacco dall'interno.
Non sarebbe mai riuscito a perdonarsi se fosse successo qualcosa a
Renesmee, la più vulnerabile di noi, visto che la notte dormiva e quindi
poteva non essere pronta per un'aggressione.
Sapevo che aveva ragione, ma la stessa sensazione che mi aveva spinto a non ucciderla, mi diceva che potevo fidarmi.
“Hai ragione Edward, ho fatto un po' troppe battute spiritose, sarò
più prudente d'ora in poi....”
questa volta il suo sguardo conteneva meno rimproveri:
“Qualcosa è sicuramente cambiato nel nostro futuro, ma sarà Carlisle a scoprirlo, e il tempo a rivelarcelo” .
Mi distesi sul lettino accanto a Nessie, che già dormiva profondamente, e restai a fissare il soffitto sognando che Carlisle potesse far dormire
anche noi, un giorno. Edward rimase immobile a fissarci, fino al nuovo
sorgere del sole....
Il mattino seguente uscii nella radura davanti alla casetta attirata da un
odore sgradevole, ma familiare. Quello che vidi mi fece subito capire
che avevo un'altra gatta da pelare... e dovevo fare in fretta. Con la velocità del pensiero mi portai difronte ai tre grossi lupi, fermi col pelo rizzato e denti scoperti che ringhiavano fissando una figura minuta a pochi
metri di distanza. Jacob, Seth e Leah avevano deciso di venire a farci visita, peccato che anche Jane avesse pensato nello stesso momento di venire verso la nostra casetta. Stava acquattata, pronta allo scatto e anche
lei mostrava i denti aguzzi e ringhiava contro i lupi.
“Calma ragazzi è tutto a posto, non c'è pericolo”
e rivolgendomi a Jane
“C’erano anche Jacob e Seth a Rutland e sanno tutto, almeno fino
al momento in cui tu sei quasi morta”.
Non capiva molto, non li conosceva affatto, li aveva visti solo nei nostri schieramenti durante la mancata battaglia dell'inverno scorso. PensaPag. - 48 - di - 155 -
va a loro solo come dei mortali nemici pronti ad aggredirla.
Jacob capì la situazione e riprese sembianze umane, non senza prima
chiedere a Leah e Seth di aspettare nel bosco. Leah non se lo fece ripetere due volte, non sopportava l'odore dei vampiri, soprattutto quello di
Jane che avrebbe sbranato volentieri senza stare a sentire strane storie di
redenzioni. Seth la seguì senza fare storie, anche se lui si fidava di più di
quello che diceva Bella.
Jane abbassò un po' la guardia e smise di ringhiare. Era incuriosita da
quel licantropo che poteva trasformarsi a comando. Fra parentesi era anche un bel ragazzo di un metro e novanta e il suo petto nudo mostrava la
perfezione scolpita dei suoi muscoli...
Ero comunque compiaciuta dell'autocontrollo della ragazza, era bastata la mia presenza e non aveva nemmeno provato ad usare i suoi poteri.
“Jane ti presento il mio amico Jacob”
si avvicinò un po'
“certo che frequenti proprio cattive compagnie...”
“senti chi parla sbottò Jacob”.
Raccontai a Jacob tutta la storia rendendogli un po' più accettabile la
situazione. Rimaneva comunque dubbioso, un altro vampiro in più ovviamente richiedeva una nuova deroga all'accordo con i Quileute , altre discussioni con Sam e il suo gruppo. La situazione, in effetti, cominciava a
farsi pesante e sarebbe stata senz'altro argomento di discussione per i
prossimi giorni. La presenza dei Cullen a Forks cominciava a farsi ingombrante.
Indagini di laboratorio
La sera, come facevamo da sempre, eravamo tutti riuniti in soggiorno
a parlare dei più svariati argomenti.
Iniziò Carlisle, troppi cambiamenti stavano coinvolgendo la nostra famiglia e dovevamo prendere una decisione. Andarcene dallo stato di Washington, come avevamo già fatto in passato, e ritornare quando chi
avesse avuto modo di conoscerci fosse scomparso forse era la soluzione
migliore. Prima però voleva capire cosa di speciale stava accadendo
questa volta. Bella, Renesmee, Jane erano diverse, perché? Non sarebbe
stata la solita routine.
Aveva ancora bisogno del laboratorio dell'ospedale per analizzare
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quanto era riuscito a prelevare dalle vene di Jane. E poi c'era la strana
arma che avevamo riportato, recuperata dalle ceneri di quello che fu Demetri. Rivolgendosi a Edward disse:
“Ve ne occuperete tu e Bella, sei sempre stato il migliore nei tuoi
corsi a scuola e lei mi sembra molto brava a fare ricerche su Internet”
Mi fece venire in mente le mie ricerche sui ‘freddi’ quando avevo da
poco conosciuto mio marito. Figo, era la prima volta che pensavo a Edward come mio marito, mi stavo abituando all'idea, immagino la sua felicità, se avesse potuto leggermi il pensiero!
Nel laboratorio dell'ospedale Carlisle iniziò le prove sulla finissima
polvere che era riuscito a prelevare da una vena di Jane. Ben presto una
cosa gli parve evidente, non si trattava di sangue essiccato come era stato portato a credere fin dal primo momento. I reagenti tradizionali non
avevano alcun effetto, non si trattava di materia organica. Quindi il veleno del morso del vampiro, trasmetteva altro nel corpo della vittima e il
sangue che le faceva bere fungeva da catalizzatore del processo di trasformazione.
Un idea cominciava a farsi strada nella mente del dottore. Il microscopio che aveva a disposizione riusciva solo a dargli un immagine confusa
di un agglomerato sicuramente inorganico, ma non riusciva a distinguerne i singoli componenti. Doveva portare il campione a Berkeley, dove
aveva delle conoscenze, per poter utilizzare il potente microscopio elettronico installato in quei laboratori.
La tecnologia umana aveva fatto dei progressi da gigante e da qualche
anno, negli ambienti scientifici si cominciava a parlare di nano-macchine che riuscivano a operare a livello molecolare. Certo era un'idea assurda, i primi nostri antenati cominciarono a comparire più di quattro millenni anni fa, ma perché non verificare?
Edward prese dalla cassaforte la scatola contenente la strana arma e la
mise al centro del tavolo del soggiorno. Ci sedemmo, aprì la scatola lentamente, quasi con timore. Prese l'oggetto con due mani come per soppesarlo e lo appoggiò sul tavolo dove potevamo vederlo bene entrambi.
Non era molto grande , diciamo delle dimensioni di una mitraglietta,
lunga trenta centimetri ( Non pensate le male le avevo viste solo su internet), ma anziché pesare due chili, pesava al massimo cinque – seicento
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grammi. Il materiale di cui era composta era lucente e assolutamente liscio, come uno specchio, mai visto nulla di simile. L'unica parte che
sembrava mobile era un piccolo pulsante nascosto in un incavo nella
parte inferiore, dove normalmente si dovrebbe trovare il grilletto. Nessuna altra apertura lasciava immaginare un caricatore o qualcos'altro per ricaricare. La parte superiore era squadrata e verso l'impugnatura presentava qualcosa che sembrava un piccolo monitor da tre o quattro pollici,
ma nessuna soluzione di continuità era presente nel materiale, niente
schermi LCD o simili, solo metallo lucido. Nemmeno la canna, che
sporgeva per un paio di centimetri dal corpo dell'arma presentava fori o
qualcosa di simile da cui potesse fuoriuscire il raggio mortale o qualche
sorta di proiettile. Tutto era un unico pezzo di metallo!
La cosa più assurda era che Carlisle ci aveva accennato di aver intravisto l'oggetto nelle mani di Caius quando faceva parte dei Volturi, ma
non dovrebbe essere stato possibile. A quei tempi non esistevano armi simili e nemmeno quel tipo di metallo. A dire il vero nemmeno oggi esisteva nulla di simile sulla terra e, se mi fosse piaciuta la fantascienza,
avrei detto che si trattava di un oggetto alieno....
Decidemmo di uscire con l'oggetto per vedere se funzionava, andammo nel retro della casa e Edward impugnò l'oggetto puntandolo verso
una zona sicura. Non accadde nulla, quello che sembrava il grilletto, in
realtà ,non si lasciava schiacciare e l’arma restava inanimata.
“Mi fai provare, Edward?”
mi guardò divertito dalla mia curiosità e molto poco convinto che
avrei potuto riuscire dove lui aveva fallito mi consegnò l'arma
“Magari ci riesci, qualche altro tuo potere nascosto!”
Questa volta, però, l'arma rimase muta anche nelle mie mani, sembrava proprio che si fosse rotta nel lampo che aveva distrutto Demetri, a
meno che...
”Non è che funzionava solo nella mani di Demetri?”
e mentre lo dicevo a voce alta mi venne un idea assurda. Il mio scudo
era stato a contatto con il vampiro dei Volturi e se avesse.... Lo attivai e
lo modellai attorno al braccio che impugnava l'arma fino a fargli assumere l'aspetto di un guanto. E... accadde! Quello che sembrava un monitor improvvisamente ne assunse l'aspetto, popolando lo schermo, adesso
scuro come quello di un computer, di strani caratteri sconosciuti. Sul
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fianco dell'oggetto comparvero dal nulla quelli che sembravano led lampeggianti in sequenza. Sotto il mio dito indice il pulsante si abbassò e la
canna emise il bagliore, che avevamo imparato a temere. Il grosso masso
verso cui stavo mirando si ridusse in polvere.
Tutto accadde senza il minino rumore, sotto lo sguardo, allo stesso
tempo, meravigliato e atterrito di Edward. Tolsi immediatamente il dito
dal grilletto, ma continuai a impugnare l'oggetto per evitare che tornasse
inanimato e lo feci vedere a Edward mentre gli spiegavo cosa avevo fatto con lo scudo. Edward si avvicinò, evitando accuratamente di passarmi
davanti, e osservò lo strano computer sul quale compariva quello che
probabilmente era un menu scritto in una lingua a lui sconosciuta. Edward conosceva più o meno bene tutte le lingue recenti e antiche (aveva
avuto tanto tempo per impararle) e quella era sicuramente Aliena!
“Voglio vedere anch'io, dai!”
la vocina alle nostre spalle ci fece trasalire entrambi. Assorti come
eravamo, nei nostri esperimenti, non ci eravamo accorti che Renesmee ci
aveva raggiunti, poteva essere pericoloso! Con decisione, usando la sua
manina delicata, abbassò il mio braccio destro portando il piccolo monitor all'altezza dei suoi occhioni curiosi.
“C'è scritto 'menu di personalizzazione' cosa vuol dire, mamma?”
Sobbalzai come se mi avesse colpito una pallottola e l'arma mi sfuggi
di mano, la mia piccola Nessie capiva perfettamente quella strana lingua! L'oggetto ora, privo del mio contatto, era tornato inanimato.
“Credo che funzioni solo nelle mani delle persone autorizzate, e se
la nostra incredibile pargoletta ci aiuterà nella traduzione, potremo personalizzarne completamente l'utilizzo!”
disse a quel punto Edward, prendendo in braccio la nostra Nessie e
riempiendo di bacini delicati il suo visetto.
Mi rendevo conto che il problema non era riuscire ad usare l'arma, in
fin dei conti che ci serviva? Erano le domande che ci stavano sopraffacendo: chi aveva dato a Demetri quell'arma? Era la stessa che avevamo
visto in mano a Caius? Chi aveva l'aveva adattata per le loro mani? Erano in grado i Volturi di leggere l'antica lingua? E se fosse stato così cosa
sapevano delle nostre origini? Cosa ci nascondevano da secoli?
Carlisle era andato a Berkeley, sarebbe ritornato con qualche risposta
o con nuove domande?
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Microscopio Elettronico
Era già sera quando Carlisle incontrò K.S dei Berkeley Laboratories.
Si erano incontrati diverse volte in occasione di convegni scientifici e
l'uomo nutriva rispetto per lui, anche se mal celava una timorosa inquietudine quando era in sua compagnia.
“Mi chiedi molto Carlisle, i laboratori sono chiusi e molto ben sorvegliati durante la notte”
gli spiegò che durante il giorno sarebbe stato impossibile fargli usare
il microscopio, visto che veniva usato quasi costantemente dai vari ricercatori che si sarebbero sicuramente incuriositi e avrebbero preteso di conoscere cosa stava esaminando .
“Ovviamente è una cosa riservata, devi introdurmi nei laboratori
quando non ci sia nessuno!”
Il suo tono fu percepito come una richiesta che non ammetteva repliche, nonostante il modo cortese con cui era stata formulata.
“Vedrò cosa posso fare, inventerò che mi sono dimenticato qualcosa di importante in ufficio, ma tu non devi farti vedere dalla sorveglianza!”
Carlisle, lo rassicurò nessuno l'avrebbe notato e avrebbe fatto tutto in
pochi minuti.
“Tu distrai la sorveglianza, poi aspettami nel tuo ufficio, appena finito usciremo allo stesso modo”.
Aveva studiato attentamente le mappe del laboratorio e sapeva come
muoversi, se lo avesse fatto alla massima velocità possibile nessuno l'avrebbe visto, al massimo avrebbero pensato a qualche spiffero d'aria.
Neppure le telecamere di sorveglianza nei corridoi erano in grado di riprendere il movimento di un vampiro! Certo non poteva spiegare tutto
questo al titubante K.S, ma lo convinse e si recarono ai laboratori.
Come previsto svolse tutte le operazioni in brevissimo tempo, rallentato solo dai tempi tecnici dello strumento. Scattò tutte le foto possibili
di quello che vedeva e le salvò su una chiavetta di memoria.
Non consentì allo stupore causato da ciò che stava osservando di sopraffarlo, doveva riportare al più presto le foto a Forks!
K.S. Non capì e non volle capire come avesse fatto a fare tutto così in
fretta, ma fu veramente sollevato quando furono di nuovo in macchina,
diretti verso l'aeroporto. Carlisle ringraziò l'uomo con tutta la gentilezza
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di cui era dotato.
“Permettimi di fare un presente per la tua signora, per
sdebitarmi..”
L'uomo accettò la scatolina che gli veniva consegnata infilandosela
rapidamente in una tasca del soprabito.
“Grazie e arrivederci alla tua prossima visita”
mormorò sperando in cuor suo che non fosse poi tanto presto.
Sarei stata molto curiosa di vedere la sua faccia, quando, aperto la
scatoletta,si sarebbe trovato di fronte ad un anello con brillanti appartenuto sicuramente a qualche cortigiano dei reali francesi di qualche secolo fa....
Carlisle, sbrigò velocemente il check in e si imbarcò sul primo volo
per Seattle con in tasca quella minuscola chiavetta elettronica che doveva pesargli come un macigno.
Non solo un arma
Decidemmo di continuare lo studio dell'arma, in casa, e di farci aiutare da Renesmee per la traduzione delle istruzioni di configurazione.
Mi feci riconoscere nuovamente, dall'aggeggio, come Demetri, usando i poteri dello scudo e il piccolo monitor si riaccese prontamente al
contatto. La nostra meravigliosa pargoletta sembrava non avere nessuna
difficoltà a leggere la strana lingua, anche se non capiva molto il contenuto abbastanza tecnico di quello che stava leggendo. Non era per niente
difficile aggiungere un nuovo utente, bastava selezionare l'apposita voce
a schermo (che era tattile, come quello degli smartphone di ultima generazione) e fargli toccare l'oggetto in un punto qualunque . Lo feci subito
con la mano non che indossava il guanto virtuale, creato dallo scudo, e
contemporaneamente lo toccò anche Edward.
Adesso, se uno di noi due lo impugnava, prontamente si accendeva.
Un'altra voce che attirò subito la nostra attenzione, non appena Nessie la
nominò, era quella del trasferimento dati ad unità esterna. Chiunque
avesse realizzato quella cosa l'aveva fatto migliaia di anni fa e non poteva certo prevedere che l'umanità avrebbe inventato il computer e quindi
l'unità esterna doveva essere qualcosa relativo alla loro tecnologia.
Mi accorsi che avevo accettato il fatto di essere al cospetto di un manufatto alieno, senza nemmeno un'esitazione. Certo, se mi fosse succesPag. - 54 - di - 155 -
so un anno fa avrei pensato ad uno scherzo o a qualche diavoleria militare, ma avrei dato del pazzo anche a chi mi avesse detto che esistevano
vampiri e licantropi......
Decisi che era il caso di presentare al coso il mio notebook, magari
avrebbero fatto amicizia..
Mai sottovalutare la tecnologia... In fatti non appena lo accesi i led sul
lato sinistro incominciarono a lampeggiare alternativamente azzurro e
rosso, l’oggetto aveva individuato la portante WIFI e stava cercando di
riconfigurarsi per connettersi. Non dovemmo aspettare molto prima che i
led diventassero nuovamente verdi e iniziasse la trasmissione dati fra i
due apparati. L'hard disk del mio computer macinò per quasi dieci minuti (era un po vecchiotto), poi si avviò un nuovo software, a tutto schermo. Rimanemmo allibiti. Il computer alieno aveva analizzato il mio,
aveva riconosciuto il nostro linguaggio, il programma che ora ci attendeva sul video era in inglese!! Bene, adesso ci mancavano solo le scoperte
di Carlisle e poi avremmo potuto cominciare a mettere insieme il puzzle.
Per oggi poteva bastare, il mio cervello aveva cominciato a fumare....
Jane a Forks
Ero ancora immersa col pensiero negli avvenimenti quando entrò Alice:
“Ciao, avete visto Jane?”
trasalimmo entrambi
“No, è da stamattina che non la vediamo, ma non era con te?”
Alice si lasciò scivolare sul divano con la testa fra le mani, mentre
noi ci guardavamo preoccupati, rimase in quella posizione alcuni minuti:
“L'ho vista, è a Forks e credo che stia per mettersi nei guai!”
“Accidenti, una vampira abituata al sangue umano da secoli e, solo
da poco, a dieta vegetariana, in giro per il paese da sola, fra mille tentazioni!”
“Andiamo a cercarla io e Alice, tu resta con Nessie nel caso tornasse a casa prima che noi la troviamo”
Edward si diresse rapidamente al garage, salì con Alice sulla Volvo e
parti sgommando alla volta del centro di Forks.
Jane si era stufata di gironzolare intorno alla casa senza nulla da fare,
la sua nuova condizione aveva introdotto nella sua vita una sensazione
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che non conosceva: la noia.
Decise quindi di fare un giretto in paese per vedere come vivevano i
suoi coetanei umani. Si ripropose di avvicinarsi con cautela, respirando
il meno possibile per non farsi eccitare dagli odori di coloro che fino a
poco tempo fa erano stati prede, se non fosse riuscita a resistere sarebbe
tornata subito indietro.
Si infilò un paio di jeans e una camicetta, scarpe da tennis e un giubbotto di piumino (cominciava a fare freddo, anche se lei non lo sentiva)
rosa, raccolse i capelli in una cuffietta di lana in tinta con il giubbotto.
Sembrava proprio una perfetta teenager, si era anche messo un po' di
fondo tinta per darsi un colorito un po' meno marmoreo ed evitare riflessi pericolosi, se un raggio di sole l'avesse sfiorata.
Al momento sembrò che tutto andasse bene, i primi incontri le causarono un po' di fastidio, ma niente di che, anche quando era con i Volturi
era conosciuta per il suo notevole autocontrollo.
Girò un po' per il centro del paese fra gli sguardi indifferenti dei passanti (qualche ragazzo a dire il vero le aveva dato una sbirciatina) fino a
che non individuò quello che le sembrava un ritrovo per i giovani di
Forks.
Entrò nel locale e questa volta attirò gli sguardi dei presenti, chissà
forse c'era anche qualche amico di Bella. Nessuno la conosceva e si saranno sicuramente chiesti chi fosse. Si sedette ad un tavolo un po' in disparte e pensò che doveva fare la cosa più difficile della giornata, quello
che non faceva più da due secoli: consumare qualcosa! In teoria, almeno
stando a quello che pensava Carlisle, il suo stomaco avrebbe dovuto funzionare. Per sicurezza scrutò il locale alla ricerca del bagno, se proprio
non ce l'avesse fatta sarebbe andata a vomitare.... Quando arrivò il cameriere ordinò un frullato di frutta (almeno con un liquido forse sarebbe
stato più facile).
Intanto che aspettava si tolte il giubbotto e la cuffietta. I suoi capelli
lisci e biondissimi si sciolsero sulle sue spalle incorniciandogli il visetto
da bambina e facendola sembrare simile a una una barbie.
Al tavolo dove erano riuniti i ragazzi del posto la cosa non passò assolutamente inosservata, a qualcuno si illuminarono gli occhi, dovevano
assolutamente conoscere la nuova arrivata. Incaricarono Francine, una
bella morettina di sedici o diciassette anni di andare in avanscoperta.
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Lei si alzò e al bancone si fece dare la consumazione di Jane, ne ordinò
una uguale e con i due bicchieroni in mano andò verso Jane.
“Posso sedermi? Il gruppo di curiosoni vuole informazioni sulla forestiera...”
senza aspettare conferma, con un grande sorriso, si sedette di fronte a
Jane e le porse il bicchiere.
Un leggero fremito percorse impercettibilmente la vampira e il suo
cuore accelerò leggermente. L'umana aveva un buon profumo, ma la sua
sete rimase a freno, soffocata dai ricordi dei dolci momenti passati con le
amiche di Volterra. Francine era vestita in jeans e dolcevita di lana color
crema con un paio di stivaletti western che stonavano un po', così lontani
dal Texas. Decise che aveva un aria divertente e quindi sfoderò un dolcissimo sorriso “Mi chiamo Jane, Jane Cullen, sono la cugina, di Beverly Hills (cercò di inventarsi un posto lontano ma ben presente nella sua
mente) di Edward, lo conosci?”
E chi non conosceva i Cullen a Forks? Non amavano tanto la compagnia, però, pensò Francine. Questa ragazza sembrava diversa, forse perché veniva dal sole della California?
“Certo lo conosco, è tanto che sei arrivata?”
“No, sono qui da poco, devo ancora abituarmi alle giornate un po'
grige di queste parti...”
Iniziarono così a parlare del più e del meno, della scuola, del tempo,
del sole della California. Jane si arrischiò anche a succhiare dalla cannuccia, faceva terribilmente schifo, ma sembrava restare nello stomaco e
quindi riusci a mascherare abbastanza bene il suo disgusto.
“Dai vieni al nostro tavolo, ti faccio conoscere gli altri...”
La giornata aveva preso una piega decisamente piacevole e Jane
avrebbe voluto che non finisse mai, i ragazzi erano chiassosi, ma simpatici, qualcuno non le staccava gli occhi di dosso, e, a dire il vero, qualcuno piaceva anche a lei.
Non fecero caso a quei quattro forestieri, vestiti da motociclisti, che
infondo al bancone si scolavano una bottiglia di vino, sogghignando e
scambiandosi commenti che sembravano proprio rivolti al loro tavolo.
“Ragazzi si sta facendo sera, devo andare a casa”
disse ad un certo punto Francine alzandosi dalla sedia.
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“E' tardi anche per me, se vai a piedi facciamo un pezzo di strada
assieme”
disse Jane alzandosi a sua volta
“Volentieri Jane, non abito molto distante, fammi compagnia”
Salutarono tutti e dopo aver indossato i loro giubbotti uscirono dal locale.
Jane percepì immediatamente la loro fetida presenza, prima che balzassero alle loro spalle, ma non reagì pensando a Francine.
I quattro erano usciti dal locale quando avevano visto le due ragazze
preparasi ed ora le avevano afferrate con violenza puntandole la lama di
un lungo serramanico alla gola. Con una mano le bloccavano la bocca
per impedirgli di gridare mentre le spingevano verso le moto. Percepì
l'odore dolce del sangue dell'amica, il coltello premuto sulla gola l'aveva
graffiata. Una furia terribile le cresceva dentro, ma non fece niente, nonostante la sua velocità, non sarebbe riuscita a impedire che il coltello
penetrasse la gola di Francine, uccidendola.
Con brutalità le immobilizzarono sul serbatoio delle moto e partirono
a tutta velocità.
Poteva sentire il cuore della povera ragazzina che sembrava scoppiare
dal terrore, doveva attendere il momento propizio per agire. La corsa in
moto non durò molto, i quattro farabutti avevano trovato quello che cercavano, un casolare abbandonato appena fuori dal paese. Le loro intenzioni erano chiare, volevano abusare ferocemente delle ragazze, e data la
quantità di alcol e droga che avevano in corpo sicuramente dopo le
avrebbero uccise senza pietà.
Trascinarono le due ragazze all'interno e mentre due tenevano stretta
la terrorizzata Francine due si occuparono di Jane. Un tubo in ferro al
centro della stanza diroccata faceva al caso loro. Vi legarono le braccia
di Jane alte, sopra la testa utilizzando uno spesso nastro adesivo telato,
facendo diversi giri intorno ai polsi e al tubo. Nessuno avrebbe potuto liberarsi da quella stretta. Non si curarono di imbavagliarla, il posto era
abbastanza isolato e le grida delle ragazze li eccitavano.
A onor del vero Jane non aveva emesso alcun suono e l'unico tremito
che scuoteva il suo corpo era originato dal furore a stento represso e non
certo da paura, ma non era ancora il momento, non voleva svelarsi alla
nuova amica, anche se le dispiaceva vederla così terrorizzata.
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Ed era proprio con la povera Francine che i quattro bastardi volevano
iniziare. In due la tenevano ferma a terra, mentre i due in piedi iniziarono a slacciarsi i pantaloni sghignazzando. A quella vista la ragazza non
ce la fece più, smise di divincolarsi e svenne.
Ecco era quello il momento.
“Ehi, luridi maiali, non proverete certo gusto a farvi una ragazza
svenuta, venite da me, non avete idea di quanto desidero avervi vicino!”
Ed era sincera, ma il desiderio di Jane era molto diverso da quello che
avrebbero potuto immaginare. I quattro lasciarono di colpo la preda e
andarono verso Jane brandendo i coltelli:
“piano con gli insulti ragazzina!”
Lo sghignazzo gli mori in gola. Jane stava abbassando le braccia
strappando il nastro come se fosse stato di sottile carta igienica, gli occhi avevano ripreso il colore rosso fuoco e brillavano sinistramente nell'oscurità La bocca era dischiusa in un ghigno che lasciava scoperti i canini aguzzi, i ringhio che le usciva dalla gola ricordava quello di un
puma affamato.
Un folle terrore si impadronì dei quattro mentre Jane iniziò a torturali
con grande soddisfazione, li vedeva contorcersi a terra nel dolore e
avrebbe voluto continuare per giorni. Adesso li avrebbe sgozzati e bevuto il loro sangue fino all'ultima goccia.
Certo che quattro cadaveri mutilati da giustificare erano un po' troppi,
cosa avrebbe detto al risveglio alla sua nuova amica?
Un lontano suono di sirena che si avvicinava a tutta velocità la fece riflettere. Si forse era la soluzione migliore, farsi salvare dalla polizia!
Qualcuno aveva visto i motociclisti rapire le ragazze e aveva avvisato
Charlie.
Certo non era facile rinunciare ai propri propositi di strage, già stava
assaporando mentalmente il gusto del sangue dei quattro farabutti. Era
però certa che i Cullen non gli avrebbero perdonato che mettesse in pericolo il loro anonimato. Come se non bastasse voleva provare a vivere
senza uccidere, come una ragazza normale...
A malincuore e non senza sforzo, smise di torturare i quattro :
“Sparite dalla mia vista prima che ci ripensi!”
Disse con un ringhio minaccioso.
Non se lo fecero certo ripetere, si alzarono a fatica stremati dal dolore
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che Jane gli aveva inferto, trascinandosi il più velocemente possibile
verso l'uscita del casolare. Avviarono le moto ancora prima di essere in
sella rischiando di farsi trascinare e rovinare a terra. Non appena saliti,
in qualche modo, accelerarono così rabbiosamente da fare impennare le
potenti moto e sparirono a tutta velocità nella notte.
Charlie arrivò in quel momento e vedendoli partire in quel modo temette che fosse già successo il peggio.
“Li prendiamo dopo, il ponte sulla 101 è interrotto per lavori, pensiamo alle ragazze”
ordinò ai suoi due agenti mentre si precipitava all'interno.
Trovarono Jane accovacciata a sul pavimento dissestato della casupola. Sosteneva con tenerezza la testa di Francine, tenendola appoggiata
ad una spalla con una mano dietro la schiena mentre con l'altra le accarezzava teneramente i lunghi capelli neri. La ragazza aveva cominciato a
riprendersi e singhiozzava sommessamente ancora in preda allo shock.
“Come state ragazze?”
notò il graffio sulla gola di Francine
“presto chiamate un ambulanza”
Jane lo guardò e cercò di rassicurarlo
“Stiamo bene, lei ha solo un graffio, siete arrivati appena in
tempo”
Charlie conosceva bene Francine, ma non aveva mai visto quella ragazzina bionda che le sembrava anche troppo tranquilla dopo quello che
le era successo.
“Come ti chiami, ragazza?”
“E' mia cugina Jane, è arrivata da qualche giorno e , a quanto pare
la tranquilla Forks ha deciso di modificare i dati statistici sulle violenze
proprio adesso !! ”
Edward si era materializzato come dal nulla, alla spalle di Charlie.
Dovette riconoscere che le ragazze a Forks non avevano mai corso pericoli del genere, fino a quel giorno. I pochi turisti che arrivavano nel
paese erano tutte persone tranquille, chissà da dove venivano quei balordi. Realizzò inoltre che era arrivata un'altra Cullen e che non era il momento adatto fare ulteriori domande. Rivolgendosi ai suoi agenti disse:
“Aspettate voi l'ambulanza , vado ad inseguire i quattro farabutti
prima che si dileguino a piedi arrivando al ponte”
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“Non c'è fretta Charlie, non si sono accorti che era interrotto”
era arrivata anche Alice ed aveva un aria particolarmente soddisfatta.
Non era per niente affaticata anche se aveva dovuto togliere tutta la segnaletica dal ponte, dove aveva previsto sarebbero transitati i quattro
motociclisti. Erano arrivati velocissimi, con tutta la velocità che le loro
moto potevano concedere al loro terrore, quasi non si erano accorti di
precipitare nello squarcio dell'asfalto, di restituire la loro miserabile vita
mentre le loro moto esplodevano come bombe al contatto con il terreno,
e il fuoco dei serbatoi cancellava i loro corpi.
Alice aveva poi provveduto a rimettere tutto a posto, cosicché la polizia avrebbe passato un po' di tempo a chiedersi perché non avessero visto la segnaletica.....
L'ambulanza caricò la povera Francine ancora sotto shock, ma per fortuna senza altri danni, mentre Charlie si intratteneva un po' con Alice
(chissà perché continuava a preferirla al genero).
Alice si inventò che Jane aveva voluto venire a stare da loro perché la
madre si stava risposando e non andava d'accordo col patrigno e anche
se le analogie con la vera storia di Bella erano un po' troppe , le sue parole spensero qualsiasi altra domanda nella mente di Charlie.
“Come sta, Bella?”
“Benissimo, è a casa con Nessie, siamo venuti noi a prendere Jane,
che ci aveva telefonato, visto che è un po' tardi”.
Si salutarono e Charlie, mentre tornava verso casa, pensò che dopotutto la nuova arrivata sembrava una ragazza a posto, magari un po'
troppo serena dopo tutto quello che era successo, ma i Cullen erano ….
Cullen.
Mentre tornavano a casa Edward rimproverò Jane per il rischio che
aveva corso ad allontanarsi da sola, non per i quattro balordi, ma per
quello che avrebbe potuto succedere con gli umani.
Dovette ammettere comunque che l'autocontrollo di lei era stato eccezionale e che aveva avuto un discreto successo con i ragazzi di Forks
(aveva parlato con Jessica che era con loro).
Gli faceva quasi rabbia, ripensando al dolore provato la prima volta
con la sua Bella, allo sforzo terribile per controllarsi i primi giorni a
scuola. E Jane era riuscita a stare con la gola sanguinante di una ragazza
a pochi centimetri dai suoi denti senza sforzo!
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Jane sorrise divertita ai rimproveri, forse con un pizzico di arroganza,
però aveva voglia di farsi una bella dormita e dimenticarsi la parte brutta
di quella, che all'inizio, era stata una giornata piacevole.
Il ritorno di Carlisle
Carlisle era tornato da qualche ora e tutti aspettavamo con ansia di
scambiarci le scoperte che avevamo fatto.
Il dottore aveva la consapevolezza che dopo quanto avevano appreso
nulla sarebbe stato più come prima.
Quando infilò la chiavetta usb nella porta del PC si fece silenzio assoluto nella stanza. Stavamo tutti immobili, come solo noi potevamo fare.
Un osservatore esterno avrebbe senz'altro pensato di trovarsi al museo
delle cere.
Guardavamo impietriti l'immagine del complesso macchinario che
appariva sullo schermo. Era molto simile ad un robot industriale. Su
quello che doveva essere un carrello era montato un sistema multiplo di
bracci mobili, ognuno dotato di particolari attrezzature alle estremità.
Dove ci si poteva immaginare dovessero stare le ruote c'era qualcosa che
ricordava un a serie di zampette terminanti con delle ventose. Il tutto
sembrava essere realizzato nello stesso materiale dell'arma che io ed Edward avevamo studiato il giorno precedente. Fra i bracci si potevano notare delle protuberanze simili ad antenne e microtelecamere.
Emmett ruppe il silenzio con quella che doveva essere una battuta:
“Carlisle, forse ai sbagliato chiavetta, quelle sono immagini della
NASA, le ho viste anche su internet è uno dei moduli studiati per l'esplorazione marziana!”
nessuno riusci a sorridere, nessuno mosse un solo muscolo del viso.
“Non è possibile che quelle cose siano dentro di noi!”
Aggiunse Esme con voce rotta dall'emozione. Anch'io speravo che la
battuta di Emmett fosse la verità, ma il righello graduato, con scala in
nanometri, che compariva sui lati lungo e corto della foto, non lasciava
dubbio sulle reali dimensioni dell'oggetto. Era molto più piccolo di una
cellula del nostro organismo!
“Dunque è così!”
proruppe Edward portandosi le mani al viso. La sua voce era un misto
di smarrimento e rabbia
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“Altro che demoni, altro che supereroi, malvagi succhia-sangue o
angeli, siamo solo delle macchine!
Tutto quello che siamo stati, tutto quello che abbiamo fatto nei secoli, tutto quello che facciamo oggi è solo frutto della tecnologia di una
razza Aliena, robot o marionette nelle mani di qualcuno che tira i nostri
fili!”
prese la parola anche Alice
“Io non la vedrei cosi Edward! Direi invece che siamo umani e questa è la buona notizia! La cattiva è che qualcuno ha condotto degli esperimenti sul nostro corpo e lo ha modificato per scopi che ancora non
comprendiamo!”
Concordavo appieno con quello che aveva detto Alice, trovavo meraviglioso di aver avuto la conferma alle mie teorie di sempre. La nostra
anima era ancora saldamente con noi, non eravamo dei dannati eravamo
solo degli umani 'diversi'.
“No Edward, non disperare, vinceremo noi, l'umanità ha sempre
vinto le sue battaglie! Il fatto stesso che stiamo riuscendo a scoprire
queste cose, che i nostri figli possono essere diversi da noi, vuol dire che
ritorneremo padroni della nostra vita!”.
Prese di nuovo la parola Carlisle.
“Mi rendo conto che la scoperta che abbiamo fatto è sconvolgente
quindi dobbiamo prendere una decisione!. Andiamo avanti per la strada
che abbiamo intrapreso ? Vogliamo veramente aprire questa porta verso
l'ignoto? Oppure distruggiamo tutto e continuiamo come se niente fosse
successo cercando di dimenticare ciò che abbiamo iniziato a vedere?
Propongo di mettere ai voti, è troppo importante!”
“Io sono d'accordo, basta che le nostre azioni non mettano in pericolo la serenità della famiglia”
iniziò Esme
“Voglio trovare il modo di liberarmi di quelle cose, e quindi voto
sì”
continuò Rosalie
“Seguirò ogni decisione tua Carlisle, speriamo che ci sia un po di
movimento!”
fu l'Ok di Emmett
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“Sicuramente Si, voglio sapere anche se non vedo ancora chiaramente il futuro”
disse Alice
“Non sono sicuro che quello che seguirà ci piacerà molto e penso
che potrebbe procurare delle perdite alla nostra famiglia, anche in termini di vite, quindi voto No, anche se mi atterrò alla maggioranza”
fu il voto di Jasper
“Voglio sapere tutto, per me e per mia figlia, non voglio andare incontro all'ignoto per l'eternità, quindi è Si”
votai subito senza esitazioni.
“Avrei preferito che non avessimo mai scoperto niente, ma ora dobbiamo andare avanti!
Anche Edward era d'accordo
“Sono l'ultima arrivata e quello che ho fatto fino ad ora ha provocato solo morte e dolore, mi avete dato fiducia e tirato fuori dal tunnel.
Voglio che continuiate a studiare, e , se necessario sarò sempre disponibile a fare da cavia”
Jane non si limitava quindi a votare Si, ma, consapevolmente, offriva
il suo corpo a Carlisle per ulteriori esperimenti.
“Bene andiamo avanti allora, Bella vuoi passarmi il tuo notebook
per favore?”
Carlisle lo prese e lo rigirò fra le mani senza accenderlo.
“E' un modello un po' datato, è ancora quello che ti aveva fatto trovare Charlie?
“Si”
“Non ti offendere, ma potrebbe piantarci sul più bello, pensi di riuscire a rifare la procedura di trasferimento su un altro PC?”
“Si, e non mi offendo”
per quello che lo usavo io andava anche bene, ma ero consapevole che
oltre all'età era la sua lentezza a renderlo insopportabile.
“Edward , per far favore, mi prendi dal magazzino uno degli Apple
nuovi ?”
figo, questo non lo sapevo, avevamo anche il magazzino dei PC di ricambio. Edward fece in un lampo e tornò con quello che per molti sarebbe stato l'oggetto dei desideri più bramati.
Ne capisco poco, ma quello lo conoscevo, era un MacPro, raffinato
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nel suo cabinet bianco con uno splendido monitor da 27” che tutti saremmo riusciti a vedere chiaramente, un paio di processori, 32 mb di
memoria e qualche tera-byte di hard disk. Scommetto che avrebbero entusiasmato anche l'oggetto alieno!
Infatti il computer dell'arma, che si accese dopo aver riconosciuto il
mio tocco, ci mise molto meno di quanto aveva fatto in precedenza a riconoscere e configurare il nuovo PC.
Adesso potevamo vedere tutti quello che sembrava un programma di
configurazione e confesso ci faceva rabbrividire quel
“riconoscimento e configurazione unità”
che sembrava essere il titolo del software. Sulla sinistra del monitor
una serie di opzioni selezionabili, sulla destra una figura di corpo umano
ruotava lentamente. Sotto una casella vuota con una didascalia che lampeggiava
“Nessuna unità memorizzata, toccare il sensore per avviare il riconoscimento”.
“Suppongo che l'arma possa fungere da sensore, chi è la prima unità che vuol fare da cavia?”
Carlisle sottolineò la parola unità con un ampio sorriso, per allentare
la tensione, ma nessuno di noi sembrò gradire tanto la definizione che
gli Alieni ci avevano affibbiato.
“Lo faccio io!”
Jane voleva tenere fede a quanto aveva dichiarato in precedenza e si
offrì prontamente come volontaria.
Le passai l'oggetto, che era ancora in funzione fra le mie mani, ma
questo immediatamente tornò inanimato.
“Penso che tu lo debba tenere impugnato e farglielo solo toccare,
come quando abbiamo fatto il riconoscimento utente”
Mi disse Edward.
Riprovai e questa volta Jane strinse una delle sue delicate mani intorno alla canna esitando solo un attimo al contatto dello strano metallo.
“Individuazione e connessione a controllo centrale”
fu quello che apparve sul monitor.
Tutti guardammo Jane con apprensione finché non le vedemmo sbattere le palpebre alcune volte
”Che succede Jane ?”
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“Niente solo una piccola fitta alla nuca, ma è già passato”
“Connessione avvenuta, scaricamento e memorizzazione dati unità
AJ_F_AXY_0001 in corso”
“Memorizzazione dati completata, altra unità (Y/N) “
Jane si liberò dal contatto con il sensore con un certo sollievo, mentre
noi fissavamo il cursore che lampeggiava sullo schermo in attesa di una
nostra decisione.
“E' il caso che lo facciamo tutti, prima di andare a vedere i dati”
suggeri il dottore.
Non senza esitazione afferrammo, uno alla volta, il sensore e tutti provammo la piccola fitta che aveva provato Jane quando la macchina si
connetteva e aggiornava il codice progressivo di unità. Quando anche
l'ultimo di noi terminò con l'identificazione finalmente riposi l'arma, che
ovviamente tornò a spegnersi.
Il software aveva assegnato un codice progressivo a ognuno di noi,
ma le prime lettere erano diverse e non seguivano una logica (a parte la
terza lettera che variava solo da F a M identificando evidentemente il
sesso) quindi si trattava di un codice univoco probabilmente assegnato al
momento della trasformazione.
“Un momento Carlisle, abbiamo dimenticato una persona, credo
che sia importante”
dissi impugnando nuovamente il sensore
“Nessie, piccola mia, vuoi provare anche tu?”
Senza alcun timore Renesmee si avvicinò e strinse la sua piccola manina intorno alla canna dell'arma.
“Unità non identificata – possibile malfunzionamento o Unità non
ancora creata, ripetere Y/N”
“Sii-iii, è meraviglioso, gli Alieni non sono al corrente della nuova
specie, non possono controllarla!”
esultai, convinta che quella fosse la più importante delle nostre scoperte.
“Hai ragione Bella”
disse Carlisle pieno di stupore,
“Renesmee ha tutte le nostre caratteristiche eccezionali, ma probabilmente sono tutte doti naturali, con lei le nano-macchine non hanno
nulla a che fare”!
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Purtroppo il mio entusiasmo per Nessie era giustificato, la scoperta
che stavamo per fare, continuando nell'esame del software e che quindi
non la riguardava, era terribile.
Dopo l'aggiornamento del database, alcune nuove voci si erano aggiunte al menu
“Visualizza stato unità”
“Ripristina funzionamento di default unità”
“Disattiva caratteristiche potenziate unità”
“Elimina unità”
La prima voce era a malapena accettabile, ma le altre e in special
modo l'ultima non facevano che dare ragione ad Edward: dei burattini
nelle mani della prima persona, vampiro, umano o extraterrestre che
avesse potuto utilizzare quel dannato software.
Specialmente l'ultima, cosa significava? Bastava forse premere invio
sulla tastiera per uccidere uno di noi senza alcuno scampo? Avevo il terrore di darmi una risposta perché ero sicura che sarebbe stato un si!
“Ho la sensazione di essermi fatto delle idee sbagliate sulle reali
intenzioni degli Alieni”
disse con aria sconsolata Carlisle.
Cercò la conferma nella prima voce del menu, che attivò dopo un attimo di esitazione. Nell'elenco delle unità ricercò quella che doveva corrispondere a Jane, quella col numero progressivo più alto.
La figura che ruotava a destra dello schermo, mutò in quella che doveva essere un' anatomia femminile e materializzò i dubbi del dottore. Alcuni punti rossi lampeggiavano in corrispondenza del cuore, dell'apparato digerente del sistema circolatorio. E se qualche dubbio fosse rimasto
ecco la descrizione apparire sulla sinistra:
“Riscontrati problemi nell'unità, procedere come indicato”
“-) fluido circolatorio non conforme
sostituire”
“-) valvole cardiache e cuore in funzione ripristinare il blocco”
“-) organi digestivi in funzione ripristinare
“-) livello aggressività e stimolo sette troppo bassi
non riparabile”
“Un processo a livello critico si consiglia l'eliminazione dell'unità”
“N.B. A disattivazione attivata utilizzare il disgregatore molecolare
per l'eliminazione del rifiuto e impedirne il ripristino”
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Mi voltai verso Jane e vidi il suo volto di bambina solcato dalla disperazione, gli occhi gonfi di lacrime: “
Sono diventata un rifiuto adesso?”
“Ho la certezza che lo siamo tutti, per chi ha ideato la nostra mutazione, abbiamo tutti il fluido circolatorio non conforme...”
disse con voce rotta Carlisle
“Non siamo frutto di un errore delle nano-macchine, volevano veramente realizzare dei perfetti killer succhia-sangue!”
Cominciai a realizzare, insieme a tutti gli altri, che eravamo in pericolo! Quanto sapevano i Volturi di tutto questo? Erano in possesso di altre
armi come quella di Demetri e se si, quanto tempo ancora gli sarebbe
servito per entrare in possesso del terribile software? Qualcuno da qualche parte, magari nell'universo lontano, aveva un database aggiornato di
tutti noi per poterci 'disattivare a suo piacimento'? Domande, domande,
ancora domande: tutto questo era un pericolo per l'umanità intera?
“Calmiamoci tutti”
disse ad un tratto Edward
“Non credo che il pericolo sia immediato. Tutto quello che è successo alla nostra razza, nel corso dei secoli, dimostra che dopo l'intervento iniziale, nessuno è più rimasto a controllare il software. Forse è
successo qualcosa che lo ha impedito, forse qualcuno di noi doveva farlo, ma nessuno a avuto modo di conferirgli l'incarico, oppure l'incaricato è stato distrutto prima di poterlo fare”.
Intervenne Alice, che non aveva mai parlato fino a quel momento
“Hai ragione Edward, ma penso che, al punto in cui siamo dobbiamo andare fino in fondo, credo che il nostro destino sia quello di aiutare
l'umanità, molto di più di come abbiamo fatto finora. Non ho ancora
avuto visioni, ma non riesco a vedere molto lontano. Io no, ma forse
Bella..”
“Hey, che c’entro io con le visioni”?
“Ti sei dimenticata, quando vi riportavo a casa dall'aeroporto?
Hai avuto quella visione del viaggio nello spazio”
“Ma mi hai detto che era un sogno dovuto alla stanchezza mentale”
“e tu ci hai creduto vero? I vampiri non si stancano mai.......”
Ancora una volta tutti rivolsero le loro speranze su di me, come quella
volta della battaglia con i Volturi. Ma come fare? Non avevo mai eserciPag. - 68 - di - 155 -
tato quel potere, non sapevo se veramente lo possedevo o meglio, se il
mio scudo lo possedeva. Inoltre ero terrorizzata di quello che avrei potuto vedere, specialmente se la teoria di Alice era corretta , cioè che le mie
visioni fossero più lungimiranti delle sue.
Decisi che ci avrei provato anche se ero spaventata. Mi sedetti sul divano accanto ad Alice che mi prese una mano stringendola con determinazione (la stretta avrebbe facilmente sbriciolato una noce di cocco), per
infondermi coraggio.
Lentamente lasciai che lo scudo uscisse dalla mia mente e mi avvolgesse. Iniziai a perdere lentamente il contatto dalla realtà e il futuro si
materializzò confusamente davanti ai miei occhi. All'inizio ero in una
stanza semibuia e molto fredda, sembrava una baita di montagna, la legna ardeva in un camino di pietra annerito dal fumo, ma le piccole finestre erano coperte da ghiaccioli che stentavano a sciogliersi al debole calore del fuoco. Accanto a me stentavo a riconoscere Edward e Jasper avvolti com'erano in pesanti giacconi di pelliccia con cappuccio. Per un
attimo riuscii ad intravedere un calendario appeso alla penombra distinguevo il mese, dicembre, ma l'anno era confuso poteva essere 2012 o
2013... L'immagine improvvisamente cambiò, ero all'aperto, in un luogo
strano brullo, spettrale, in lontananza gruppi di costruzioni altissime simili a grattaceli di una New York senza luci. La notte stellata era illuminata dalla luce di una luna molto più grande del solito, ma meno luminosa.
Trasalii quando mi resi conto che nel cielo ve ne erano altre due, più
piccole posizionate alle mie spalle. Prima della città, in una radura distinguevo delle forme umane raggruppate in quelli che sembravano
schieramenti militari. Erano diverse centinaia, forse un migliaio. Il loro
aspetto era molto simile al nostro, ma erano più alti, forse 2 metri o poco
più, magrissimi, molto pallidi, sembravano molto vecchi con la pelle
raggrinzita, gli occhi infossati in orbite scure erano di un sinistro rosso
sangue. Vampiri! Un esercito di vampiri in preda agli spasmi della sete.
Si stavano avviando verso alcuni enormi oggetti che sembravano le navi
spaziali dei film di fantascienza. Dove stavano andando? La visione cominciò a scomparire e iniziai a risentire la stretta della mano di Alice. La
stanza familiare si ricompose intorno a me.
Il mio viso doveva avere un aspetto orribile perché tutti mi si avviciPag. - 69 - di - 155 -
narono turbati. Edward mi prese fra le braccia e mi strinse al petto:
“Tutto bene Bella?”
“Si, credo di si”
attesi ancora un poco per permettere alla mia voce di stabilizzarsi e
poi raccontai tutto quello che avevo visto.
“Dunque abbiamo ancora uno o due anni di tempo, prima che succeda”
iniziò Jasper, rompendo il gelo che era sceso fra di noi.
“Ma cosa? Dalla tua visione sembrerebbe un esercito di invasione,
stanno venendo qui a dissetarsi? Era già successo all'alba
dell'umanità?”
I tasselli del puzzle iniziavano lentamente ad incastrarsi l'uno con l'altro. Il popolo di quel pianeta si nutriva di sangue e probabilmente li non
esisteva più modo di approvvigionarsene. Quindi dovevano trovare altri
mondi dove vivesse una razza compatibile con le loro esigenze da poter
dissanguare . La terra per esempio!. Erano già stati qui, probabilmente
alcuni millenni fa, ma gli abitanti erano pochi, forse insufficienti per la
loro sete e per crearsi scorte sufficienti. Quindi avevano creato quelli che
avrebbero dovuto pascolare il gregge, farlo crescere di numero, e preparare il terreno per il loro ritorno. Sicuramente il loro ciclo vitale era simile al nostro, non erano immortali, ma un anno della loro vita probabilmente corrispondeva a migliaia di anni sulla terra. Probabilmente, quando la posizione del loro pianeta fosse stata vicina alla terra sarebbero
tornati, più o meno una volta all'anno (dei loro).
Qualcosa però deve essere andato storto, dopo la loro partenza, avevano perso il controllo dei loro guardiani!
L'umanità si era evoluta, il mondo si era popolato ed era diventato
quello che oggi conosciamo. I vampiri, invece non avendo più avuto
contatti con il loro controllore, si erano dispersi, la sete di sangue li aveva portati a lotte fratricide o a mettersi troppo in mostra tanto che in
molti casi gli umani erano riusciti a sopraffarli e a distruggerli. Il nostro
numero era esiguo, i Volturi per egoismo personale, si erano preoccupati
di rimanere in pochi elementi scelti, piuttosto che aumentare le loro
schiere. Poi c'eravamo noi, i vegetariani, che facevamo di tutto pur di
non aumentare di numero e divenire un pericolo per gli umani. L'umaniPag. - 70 - di - 155 -
tà sarebbe quindi stata in grado di fronteggiare l'attacco degli antichi
vampiri provenienti dallo spazio? Forse si, ma a quale prezzo? Erano sicuramente più forti e sanguinari di noi, inoltre se quella che avevamo fra
le mani era un arma di cinquemila anni fa, quanto distruttive sarebbero
state le loro armi attuali? Una volta giunti sulla terra avrebbero potuto
riattivare i controlli sulla nostra mente e farci diventare un cancro che
agisse dall'interno come un cavallo di Troia?
Bisognava fare assolutamente qualcosa!
“Dobbiamo capire cosa significa la baita che ho visto, penso che
sia la chiave di tutto!”
dissi, e tutti ne convenirono.
“Si certamente, ma non per le prossime due settimane!”
esclamò Alice facendo l'occhiolino a Jasper. Il suo compagno afferrò
al volo il significato di quella strizzatina d'occhio e il suo potere cominciò a diffondere, fra di noi, un senso di tranquillità.
“E perché mai?”
chiesi stupita
“Bella, Bella! e anche tu Edward, mi meraviglio di voi! Che giorno è Giovedì prossimo?”
Io e mio marito ci guardammo negli occhi e dallo sguardo contrito di
lui, che aveva capito al volo la sorella (forse anche perché ne aveva letto
il pensiero) capii che non mi stavo ricordando qualcosa di importante.
Fu la parola marito, che mi fece tornare tutto alla mente, oops, va
bene che non amo i festeggiamenti ma scordarmi di quello sarebbe stato
imperdonabile.
Mi voltai verso Edward buttandogli le braccia al collo; lui sfiorò le
mie labbra con un tenero bacio; mentii:
“Amore mio come potrei scordare il nostro primo anniversario di
matrimonio!”
La famiglia scoppio in un applauso liberatorio, la tensione della giornata si era finalmente allentata (anche per l'aiuto dei poteri di Jasper) e
sicuramente i giorni che ci separavano da Giovedì sarebbero stati riempiti dai preparativi di Alice per la festa. Per qualche tempo non avremmo
più pensato agli Alieni, di li a poco ci sarebbe stato anche il primo compleanno di Renesmee!
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Anniversario
Era passato un anno da quel giorno, da quando la timida e impacciata
Bella aveva pronunciato il fatidico Si. Quante cose erano successe,
quante cose erano cambiate. Mi osservavo allo specchio che Alice aveva
installato nella mio guardaroba-camera, decisamente tanto grande che
anche i due metri di Jacob ci sarebbero stati interamente senza problemi.
Non che mi piacesse indugiare davanti agli specchi, ma ora che non avevo più il timore di non vedere la mia immagine riflessa, come nelle vecchie e ridicole storie di vampiri, avevo voglia di guardarmi. Bella c'era
ancora tutta, ma come era cambiata! Non più una ragazzina insignificante di diciannove anni, ma una splendida modella, quasi altezzosa nella
sua grazia. La pelle da vampira rendeva inutile qualsiasi forma di trucco, esente com'era da imperfezioni e piccole rughe. I capelli corvini, lunghi, lisci e splendenti come quelli delle pubblicità dello shampoo.
Il volto da diciannovenne aveva perso i tratti adolescenziali acquistando quelli di donna matura e sicura di se. Finalmente era compiaciuto da
me stessa, consapevole di quello che ero diventata, senza rimpianti per
quello che ero stata, nella certezza di essere sempre e comunque Bella,
umana e con un'anima, anche se il mio cuore non aveva più necessità di
battere. Per la prima volta nella mia vita avevo veramente voglia di festeggiare, di ritrovarmi per una giornata festosa assieme ai miei parenti e
ai miei amici umani e vampiri. L'unica ombra riguardava Renesmee.
Avevo il rammarico, dettato dalla consapevolezza, che non avrei potuto
gridare al mondo che era mia figlia, il frutto del grande amore fra me ed
Edward. Sarebbe stato drammatico se qualche giornale avesse scoperto
che in dodici mesi ero già riuscita a partorire una bimba, e questo ci poteva anche stare, ma che la bimba dimostrasse cinque anni, sarebbe stato un po' difficile da spiegare. Renesmee era in grado di correre e camminare (sorvolando sulle sue abilità di cacciatrice) sapeva parlare, leggere e scrivere correttamente (anche il lingua aliena) e già ragionava come
una ragazza del liceo. Per gli amici sarebbe stata la sorellina di Jane, la
cugina della California, Charlie era al corrente di tutto, ma Renée ? Morivo dalla voglia di raccontarle tutto di me e di mia figlia, ma con Phil
presente non sarebbe stato possibile.
Superai la vecchia me stessa e mi rivolsi ad Edward
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“Amore, questa volta voglio che sia tutto perfetto, insegnami qualche ballo per la festa”
Lui mi guardò come se fossi una marziana fra lo sconcertato e il divertito
“Ma allora è vero che siamo vicini alla fine del mondo, tu, Tu che
vuoi imparare a ballare!”
Gli spiegai che ora era molto diverso, che avevo un controllo molto
più preciso dei miei movimenti, non sarei certo inciampata. Volevo che
tutti vedessero la mia felicità. Edward non se l'era fatto ripetere due volte e in un attimo aveva sconvolto il soggiorno di Esme spostando tutti i
mobili per creare la pista da ballo.
“Poi rimetti tutto a posto, e guai se rovini qualcosa!”
Esme rideva guardando divertita dall'alto della rampa di scale.
“Ferma, ferma!”
“Cos'è successo Alice?”
“Non vorrai rovinare l'atmosfera ballando in jeans e maglietta il
Waltzer, vero?
Forse avrei dovuto, aspettare che Alice fosse fuori, ma mi sentivo così
euforica, che questa volta accettai di buon grado le sue manie.. Ci mise
un attimo, mi trascinò di sopra e mi infilò in un lungo vestito nero di pizzo e tulle uscito da chissà quale sfilata d'alta moda., poi mi riconsegnò
ad Edward.
“Sei fantastica”
disse mentre lo stereo del soggiorno iniziava a diffondere le note di un
Waltzer viennese.
“Lasciati guidare e cerca di seguire i miei passi”
mi strinse al petto con decisione e delicatezza allo stesso tempo, appoggiando una mano sulla mia schiena lasciata libera dalla vertiginosa
scollatura del vestito, mentre l'altra teneva la mia mano con eleganza.
Appoggiai la mia mano libera sulla sua spalla e cominciai a seguirlo.
Non mi sentivo affatto goffa, le mie gambe erano leggere e dopo pochi
passi mi sentivo di seguire con facilità i suoi movimenti.
“Sembri una farfalla , Bella”
scampanellò festosa la voce di Alice.
“Sicuro che non sembro un pipistrello?”
e ridacchiai della mia battuta, riferendomi al vestito nero.
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Alice fece la faccia imbronciata
“Ok, per la festa vedrò di trovarti un vestito più chiaro....”
Nel repertorio di Edward non poteva mancare il Tango Argentino che
riuscii ad imparare in una decina di minuti, ma la sensualità del ballo finì
col distrarmi e decidemmo di smettere prima che qualcuno ne rimanesse
scandalizzato....
Avevamo mandato l'invito ai nostri parenti di Denali, ma lo declinarono cortesemente, avevano ancora troppo vivo nelle loro menti lo scontro con i Volturi e non se la sentivano di lasciare l'Alaska. Riconoscemmo che non era il caso di insistere, anche perché a breve, volevamo andare a trovarli per affrontare il problema degli Alieni.
Con gli amici di Forks andò meglio, avevano visto Jane quel giorno e
avendo saputo che stavo bene avevano voglia di rivedermi. Invitammo
anche Francine, che pur non mi conosceva, su insistenza di Jane che voleva riabbracciare la sua compagna di sventura che non aveva più visto
da allora.
Con Renée parlai il giorno successivo.
“Ciao mamma”
“Bella, sei proprio tu? Non stai ancora bene tesoro? La tua voce è
ancora strana”
“Sto bene mamma, anzi benissimo, ma la mia voce purtroppo resterà cosi...”
“Non ti preoccupare, è una bellissima voce, solo che mi ci devo abituare”
“Giovedì festeggiamo il primo Anniversario di matrimonio, vuoi venire?, faremo la festa Domenica”
“Oddio, me ne stavo proprio dimenticando! È già passato un anno!
E me lo ricordi solo adesso, come faccio a dirlo a Phil? Sarà dispiaciutissimo di non poter venire, ma ha una partita di campionato e non ce la
farebbe proprio a farsi sostituire”
Per fortuna che non respiravo molto spesso e così non mi venne fuori
il sospiro di sollievo che sicuramente mia madre avrebbe mal interpretato.
“Tu vieni mamma, vero? Dispiace anche a me che Phil non possa
venire”
mentii spudoratamente
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“Corro a fare il biglietto, ma come sempre non mi lasci il tempo per
preparami, e adesso come faccio a cercarti un regalo?”
“Non ti preoccupare mamma, il più grande regalo per me sei tu...”
“Ci vediamo fra due giorni allora, bambina..”
“Ah, un'ultima cosa, la malattia mi ha un po cambiata d'aspetto,
spero che non ti spaventerai..”
“Bella, per me sarai sempre la mia bambina meravigliosa...”
Riattaccai, bene, adesso avevo ben due giorni per pensare come fare a
spiegare tutto all'ignara Renée senza farla morire...
Non potevamo certo confidare, qui a Forks, che la Domenica sarebbe
stata una giornata di sole (e questo andava bene) decidemmo di allestire
un gazebo parapioggia in giardino per coprire la pista da ballo. La festa
sarebbe comunque iniziata nel pomeriggio dato che era più prudente evitare un pranzo, che ci avrebbe costretto a fingere di mangiare, cosa abbastanza difficile. Il rinfresco con qualche dolcetto invece andava benissimo, ci avrebbero pensato Jane e Renesmee a mangiare qualcosa. Come
sempre Alice si preoccupò degli addobbi, luci, palloncini, nastri colorati
e tutto quello che serviva per dare un aspetto festoso a casa e giardino.
Ovviamente costrinse me e Jane a vestirci e a pettinarci come due star
di Hollywood, riservando a me un abito rigorosamente lungo mentre per
la ragazzina si orientò verso un miniabito in seta azzurro come i suoi occhi, non molto al di sopra del ginocchio che lasciava scoperte spalle e
braccia (Le scarpe rigorosamente con tacco sia pur non vertiginoso). Per
fortuna che, per me, questa volta aveva lasciato perdere il nero, giocando
con un grigio perla fatto di veli che si sovrapponevano a più strati creando qua e la effetti di trasparenza.
Il giorno dopo telefonai a Charlie informandolo della festa, non sarebbe certo mancato all'occasione di rivedermi e di rivedere sua nipote. Era
un po' preoccupato di come l'avrebbero presa i ragazzi di Forks, ma lo
rassicurai spiegandogli che avremmo raccontato della strana malattia
tropicale che mi aveva colpito durante il viaggio di nozze e della sorellina piccola di Jane.
Per quanto riguarda i Cullen li conoscevano bene dai tempi del liceo
(parlo come se fossero passati chissà quanti anni, ma per me erano ricordi di un'altra vita). Non gli dissi ancora che ci sarebbe stata anche Renée,
perché volevo passare qualche giorno da sola con lei prima della festa.
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Chiamai Nessie, che aveva ricominciato le sue gare di corsa con l'inseparabile Jacob
“Nessie, amore, puoi venire un attimo che la mamma ti deve parlare?”
percorse i qualche decimo di secondo il centinaio di metri che ci separavano ed atterrò leggiadra come una farfalla sul divano accanto a me.
“Domani arriva la nonna, sai lei è come Charlie, è umana e fragile
come tutti gli umani e non sa niente di te e di quello che è successo alla
mamma”
“Va bene, mamma, starò attenta e sarò gentile con lei”
“Sarà diverso che con il nonno, vedremo come reagirà e se sarà il
caso di raccontargli qualcosa di più, ma mi raccomando niente storie di
vampiri, lupi e imprese di caccia!”
“E tu mamma sei sicura che non la morderai?”
guardai negli occhi mia figlia, ma come anche lei dubitava di me? Ormai credevo di aver data più volte prova del mio autocontrollo!
“Scusa, scusa, ma un giorno, mentre ero nel bosco con Jacob, ho
sentito l'odore di una donna umana e ti assicuro che è molto più buono
di quello di Charlie!”
“Sai cosa facciamo, piccola impertinente!? Oggi ce ne andiamo a
caccia di un bell’orso, così mi disseto per almeno una settimana e starete tutti tranquilli!!
Fu entusiasta della cosa e non riusciva più a stare nella pelle, voleva
partire subito, ma la tenera bimbetta aveva ancora in serbo qualche sorpresa.
“Si, dai così proviamo le tute nuove che ci sta preparando zia Alice”
Mi portò velocemente a casa nostra nell'armadio guardaroba e tirò
fuori due tute, scartandone una che data la taglia evidentemente era per
Edward. Splendide, ma che aveva in mente Alice?
“La zia ha detto che sono per la missione che faremo a breve”
“Missione, quale missione? Cosa aveva visto di nuovo nel nostro
futuro prossimo?”
Decisi di non pensarci e guardai i due completini, le taglie indubbiamente si Adattavano a me e a Nessie; erano di pelle nera molto spessa,
sembravano tute da motociclista o meglio, erano tute da truppe speciali
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d'assalto! Che avesse visto troppe volte Tomb Raider? Cerano anche gli
stivaloni anfibi (belli a onor del vero), ma non riuscivo a capire a cosa
potesse servire quella bardatura, la nostra pelle nuda era sicuramente più
resistente! Comunque ci vestimmo con quella roba e sinceramente l'effetto non era male, erano molto aderenti e ci facevano sembrare due supereroine dei fumetti...
Passammo da casa, prima di partire, per avvisare gli altri. Incontrai
solo Emmett e dovetti sorbirmi cinque minuti di commenti sulle tute e
per fortuna che c'era la bambina, che lo costringeva a limitarsi nel linguaggio.
“Andate a caccia da sole? Non è meglio che aspettiate almeno il ritorno di Edward?”
“Non ti preoccupare stiamo qui in torno...”
mentivo, sapendo di mentire, per trovare un orso dovevamo sicuramente inoltrarci per benino in Canada. Ma stavolta facevo sul serio, volevo tranquillizzare tutti (anche me stessa) che non avrei fatto del male a
Renée e l'orso era quello che ci voleva. Non mi rendevo conto di essere
un'incosciente, che non avevo mai cacciato l'orso, e che magari poteva
essere un pericolo per Nessie..
Partimmo a razzo saltando il fiume con un balzo elegante, sfiorando
gli alberi ad una velocità pazzesca, a volte saltando sui rami più grossi
per meglio memorizzare il tragitto. Nessie era veloce quanto me e a volte avevo la sensazione che potesse esserlo anche di più. Con mia figlia
accanto provavo una strana sensazione, provavo un orgoglio smisurato
ad essere la mamma di quell'esserino cosi meravigliosamente perfetto.
La gioia di quella corsa mi rendeva spavalda tanto da commettere delle
imprudenze che avrebbero fatto veramente incavolare Edward. Durante
il tragitto incontrai la scia di un gruppo di umani e con incoscienza guidai la nostra corsa così vicino a loro che se non fosse stato per la velocità
e le tute nere avrebbero potuto vederci. Di sicuro sentirono il sibilo dell'aria che spostavamo e ne furono spaventati.
“Ok, mamma ho capito che riesci a non attaccarli, ma ai messo in
tentazione anche me e ho fatto fatica ad evitarli!”
Rimproverata, dalla mia bambina di cinque anni! E aveva pure ragione! Mi vergognai profondamente e, se avessi potuto sarei arrossita fino
alla radice dei capelli!
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“Scusami, Nessie, la mamma è stata proprio una sciocca!”
Era quasi un’ora che procedevamo verso Est inerpicandoci per il
monte Olympus, e , a quella velocità avevamo percorso sicuramente un
centinaio di chilometri quando fiutai la traccia. L'odore era simile a quello del puma, ma più corposo, non aveva il profumo tipico di quello umano, ma non era male.
Arrivammo velocemente sulla nostra preda, un grosso grizzly... Troppo velocemente! L'inesperienza ci giocò un brutto scherzo. Nonostante
la velocità l'orso ci aveva fiutate e si girò di scatto . Nessie era più spostata verso la mia destra, superò di un balzo un cespuglio, ma si scontrò
con la zampa di un orso che si era alzato furioso dal nascondiglio.
Non ci eravamo accorte che erano due! Non essendo con i piedi per
ancorati a terra, la mia bambina fu scagliata contro un albero dalla violenta zampata. Mi sentii morire, ma per fortuna, la piccola era pressoché
indistruttibile. Con un elegante volteggio si girò verso l'albero che stava
per urtare e vi si aggrappò con le unghie facendolo piegare per l'urto, si
rannicchiò pronta nuovamente al balzo verso l'orso. Visto lo scampato
pericolo mi lanciai alla gola dell'orso, ma con sorpresa mi accorsi che le
mie zanne non riuscivano a raggiungerla a causa del fitto pelo. Sfuggii
alle zanne dell'orso, per evitare di rovinare la tuta. Mi mancava proprio
l'esperienza con quel tipo di preda!
“Aspetta, mamma, bisogna fare come mi ha piegato zio Emmett”
La guardai sorpresa mentre si avventava di nuovo sull'enorme grizzly,
quattro volte più alto di lei. La scena a cui assistetti fu abbastanza raccapricciante, specialmente se la cacciatrice era una bimbetta di cinque anni
(veramente uno dalla nascita, ma si sa....). Aveva racchiuso le dita della
manina a formare una specie di punta il linea con il braccino teso. Con
precisione millimetrica scattò verso la gola dell'animale penetrando le
sue carni come fossero di panna montata. Si udi lo spaventoso “crack”
dell'osso del collo che si spezzava, mentre l'orso cadeva a terra fulminato. La mano che si ritraeva dal collo stringeva fra le dita la giugulare
che subito si porto alla bocca e iniziò a succhiare con avidità. Il più pericoloso predatore esistente sulla terra aveva avuto la sua vittima!
Lasciai i miei pensieri a dopo, mentre mi avventavo sull'altro orso allo
stesso modo, saziando la mia sete. Tutta la scena era durata al massimo
una decina di secondi e il grugnito degli orsi si era subito spento, laPag. - 78 - di - 155 -
sciando di nuovo posto al dolce stormire delle fronde degli alberi, rotto
solo dal leggero rumore del sangue caldo che fluiva nelle nostre gole.
Ci volle una decina di minuti prima che fossimo sazie, Nessie mi fece
bere anche un po' dalla sua vittima, che era troppo grande per lei.
Ci guardammo e ci abbracciammo soddisfatte. Eravamo riuscite anche
a non rovinare le tute, che forse non erano proprio di pelle, visto che
avevano resistito piuttosto bene agli artigli degli orsi e allo strisciare dei
rami durante la corsa. Probabilmente si trattava di quel materiale usato
per i giubbotti antiproiettile, mi sembra che si chiamasse Kevlar o qualcosa di simile.
“Forza bambina, di corsa a casa, prima che papà venga a
cercarci!”
Ripartimmo a tutta velocità verso casa, ero proprio felice di aver condiviso la giornata da sola con mia figlia (anche se la scena dell'attacco
era stata un po' cruenta).
“Meno male che andavate qui vicino, sono più di tre ore che vi
aspetto!
Edward era in piedi sulla porta di casa Cullen e ci squadrava con un
misto di rimprovero e sollievo.
“Nessie vieni qui e fammi vedere!”
La piccola gli corse fra le braccia e gli appoggiò la manina sul viso,
facendogli vedere tutti i particolari della giornata. Mi strinsi un po' nelle
spalle, sapendo che il racconto mi avrebbe causato un bel po' di rimproveri.....
Renée
Il giorno dopo andò Edward a prendere la mamma all'aeroporto, da
solo.
Avevamo deciso che sarebbe stato meglio se mi avesse visto, la prima
volta, nella tranquillità di casa nostra. Durante il tragitto Renée non parlò molto con Edward, preoccupata dal fatto che non mi fossi mostrata
subito a lei. Edward, dal canto suo era contento di lasciare a me le spiegazioni, solo l'amore di una madre per la propria figlia, forse, sarebbe
riuscito a sistemare le cose. La rassicurò solo che la malattia era scomparsa, anche se aveva lasciato dei segni..
Si fermarono un attimo a casa Cullen, dove Renée abbracciò Esme e
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rimase qualche minuto con lei a ricordare il giorno del matrimonio, l'ultima volta che si erano viste.
La aspettai sull'uscio della nostra casetta di Biancaneve, scese dalla
macchina e mi corse incontro.
“Bella, finalmente!”
Si accorse del mio pallore, ma non lo ritenne poi così insolito
“sei un po' più pallida, bambina, ma tutti sanno che tu e il sole non
siete mai stati amici, pochi noteranno la differenza!”
mi abbracciò e rabbrividì un po' al contatto della mia pelle fredda, ma
non si ritrasse e mi sussurrò
“sei un po' freddina, questo si, è questa la conseguenza della malattia?”
“Questa e qualche altra cosetta, vieni entriamo a sederci
comode..”
Edward sentiva i pensieri confusi di Renée, ma non vedeva panico o
repulsione nella sua mente e mi rassicurò con uno sguardo. Si messe poi
in disparte, come aveva fatto quella volta a Jacksonville,
“Vi lascio alle vostre cose di madre e figlia”
disse.
“A parte la tua pelle un po' fredda di vedo bene Bella, mi sembri
anche più matura, più sicura di te. La vita matrimoniale ti fa proprio
bene.”
“Grazie mamma, trovo bene anche te, il sole della Florida ti mantiene sempre bene”
“Ho sentito Charlie, qualche mese fa, mi ha accennato qualcosa a
proposito di una nipotina di Edward, non ho capito bene ma mi pare che
volevate adottarla, quindi niente bambini vostri?
“Dopo la mia malattia, c'è stato qualche problema, penso che rimanderemo la cosa di qualche tempo. Per adesso abbiamo veramente
con noi la bambina che ti ha detto papà, la vuoi conoscere?”
“Certamente, mi farebbe piacere!”
Chiamai Nessie, che fino a quel momento era rimasta in camera sua
“Nessie viene a conoscere Renée”
Arrivò di corsa, leggiadra come sempre, si fermò a un metro da Renée
e la gratificò col suo splendido sorriso, guardandola con i sui occhioni
marroni.
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Osservai mia madre e quello che vidi mi fece pensare al peggio. Renée era impallidita, fissava la bambina con gli occhi sgranati e sembrava
che non sarebbe più riuscita a profferire parole, finché con voce un po'
tremante:
“Ma cos'è questa strana malattia che hai avuto Bella? Cosa e successo veramente”?
E continuò riprendendo coraggio:
“Non puoi prendermi in giro, Bella, non tua madre. “
continuava a fissare negli occhi Nessie che la guardava con uno
sguardo sempre più tenero.
“Ciao, nonna”
le disse con voce squillante. Pensai che mia madre sarebbe svenuta.
“Bella, Bella dimmi la verità. Più guardo Nessie, più vedo te alla
sua età, ha i tuoi occhi, il tuo sorriso, gli stessi capelli, ha anche un po'
di Edward, ma ha tutto di te!”
“Si chiama Renesmee, mamma dai nomi delle due nonne....”
La piccola si avvicinò ancora e sali sulle ginocchia di Renée che la accolse tremando, ma con gioia. Prima che potessi fermarla le appoggiò la
manina sulla guancia, brevemente e le trasmise qualche flash del parto,
senza farle vedere il disastro che era successo e qualche momento felice
dei nostri giochi quando ancora aveva pochi mesi.
Mia madre riusci ad assorbire quei brevi flash senza che la sua mente
se ne turbasse, forse pensava di averli elaborati da sola, non capiva che
provenivano da Nessie.
“Allora è tutto vero, è la mia nipotina”
le lacrime cominciarono a sgorgarle copiose
“Come è possibile che sia già così grande, è passato solo un
anno!”
“Lei è speciale mamma, molto speciale, si sviluppa molto in fretta,
da quello che ci dice Carlisle si svilupperà così, cinque anni ogni dodici
mesi, per poi normalizzarsi dopo il terzo anno. Se è una malattia, non
sembra avere altri effetti collaterali”
A quel punto la gioia di tenere fra le braccia la sua nipotina prese il
sopravvento. Accettò tutto e cominciò a ridere e scherzare con Nessie. Il
peggio era passato, adesso avevo di nuovo con me i miei due genitori!
Per il momento entrambi sapevano abbastanza, non era ancora il moPag. - 81 - di - 155 -
mento di metterli al corrente di quello che il futuro ci avrebbe riservato,
di cosa sarebbe potuto cambiare per l'intera umanità di li a breve.
Il giorno della festa Charlie fu il primo ad arrivare. La giornata era
una di quelle standard per Forks: cielo coperto, ma senza minaccia di
pioggia imminente, l'ideale per evitare strani riflessi.
Charlie si intrattenne subito con Renée, meravigliato di incontrarla,
non se la aspettava. Il suo sconcerto salì alle stelle quando capì che l'avevo informata di tutto, perlomeno delle cose che anche lui sapeva (licantropi a parte). Si senti comunque sollevato di poter condividere il pesante segreto. Parlarono molto di Nessie e del miracolo del suo sviluppo accelerato.
I ragazzi di Forks, non erano cambiati, mi salutarono con entusiasmo,
ma compresi presto che mi avevano ormai inserita nella categoria dei
Cullen e che quindi erano più formali nei miei confronti. Francine abbracciò con entusiasmo Jane che la ricambiò con mirabile autocontrollo,
parlarono del più e del meno, ma non portarono il discorso sulla brutta
avventura di qualche mese prima. La ragazzina probabilmente, non aveva ancora superato lo shock anche se tutto era finito per il meglio.
I licantropi erano rappresentanti dal branco di Jacob. C'era perfino
Leah che aveva preferito non lasciar venire da solo il fratello, anche se si
teneva un po' in disparte. Jacob ovviamente non si allontanava di più di
qualche metro da Nessie. Il più divertente era Seth, che per l'occasione
aveva indossato un completo elegante. La cravatta ovviamente dopo
qualche secondo era sparita e la camicia, sbottonata in alto, lasciava intravedere i suoi muscoli atletici da giovane lupo. Girava fra i tavoli
chiacchierando con tutti. Notai che Jane non sembrava infastidita dal suo
odore, che sicuramente giungeva anche da lontano alle sue sensibili narici. Lo osservava da lontano e sembrava compiaciuta dal fisico del giovane. Seth, per ora non l'aveva avvicinata, la conosceva per averla vista
con noi, ma era sempre rimasto al limitare del bosco, lontano diverse
centinaia di metri. Lei se ne stava un po' in disparte, in piedi, sorseggiando il suo frullato (ormai non le faceva nemmeno più tanto schifo).
Ad un certo punto Seth la notò. Era abbastanza vicino per rimanere
colpito da qualcosa che non aveva mai sentito da lontano: il cuore della
giovane vampira batteva!
Guardai Seth, avevo l'impressione che qualche complicazione fosse
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in vista e mi avvicinai a lui per allontanarlo con una scusa. Troppo tardi!
Conoscevo troppo bene quello sguardo, quel rossore improvviso sul
viso del giovane licantropo. Sentivo il suo cuore accelerare velocemente
fino quasi a scoppiare. Anche Jane lo sentiva e si mise a fissarlo negli
occhi, non capiva cosa stesse succedendo, ma quel ragazzo gli piaceva.
Mi avvicinai a lui.
“Ti prego Seth dimmi che non è vero”
mi guardò imbarazzato
“Sai che non posso farci niente, fa parte della nostra natura, è successo così...”
“Seth, può essere pericoloso, non è mai successo fra le nostre razze,
noi ci odiamo, lei potrebbe ucciderti...”
“Se cosi deve essere, così sarà...”
Già ne ero consapevole, nulla poteva fermare l'imprinting una volta
avviato, dovevo fare qualcosa, perlomeno spiegare a Jane cosa fosse.
Chiamai Jacob e lo misi al corrente della cosa. Ovviamente si infuriò,
ma visto il pulpito da cui sarebbe dovuta venire la predica, si calmò abbastanza in fretta.
“Per favore distrailo almeno per un po' mentre cerco di spiegare la
cosa a Jane”
“Sai una cosa Bella, forse è meglio che li lasciamo fare, che sia lui
a spiegarglielo e che succeda quello che deve succedere, ormai non possiamo più farci niente”
Forse aveva ragione; mi disse che era meglio che lui si occupasse subito di Leah, era lei il vero pericolo. Pur di difendere il fratello avrebbe
potuto fare qualche sciocchezza, tipo quello di tentare di uccidere Jane
nel bel mezzo della festa....
Avvisai Edward di quanto stava accadendo, ovviamente si preoccupò
e decise che sarebbe rimasto ad ascoltare i pensieri dei due prima che
potesse succedere l'irreparabile.
“Cosa pensa Seth penso che tu lo possa immaginare; Jane per il
momento è tranquilla, è incuriosita dall'atteggiamento del ragazzo e
non mi sembra per niente infastidita”.
Nuova coppia
Guardava quel ragazzo che lo fissava con insistenza, ma non si sentiPag. - 83 - di - 155 -
va infastidita. Sapeva chi era, l'aveva visto spesso al limitare del bosco
nella sua forma di lupo. Aveva anche sentito dire dagli altri che era un
bravo ragazzo dai modi gentili, però era pur sempre un mortale nemico
della sua razza. E' pur vero che in questi ultimi periodi tutto era diventato più confuso, i confini fra il mondo dei vampiri e il mondo degli umani
si erano fatti più labili e probabilmente anche con i licantropi le cose stavano cambiando. La prova era Jacob che ormai era uno della famiglia,
sempre appiccicato a Nessie. Quel ragazzo era carino il suo odore non
era poi così terribile, sicuramente poi non le stimolava l'appetito... Si sarebbe preoccupata di più se fosse stato un umano, poco prima aveva faticato parecchio quando Francine l'aveva abbracciata, non solo per reprimere l'istinto di morderla, ma sopratutto per la paura di stringerla troppo
e di romperla. Decise quindi che l'avrebbe lasciato avvicinare.
Seth sapeva che doveva assolutamente avvicinarla, era preoccupato di
come avrebbe reagito, ma non le sembrava ostile anzi gli pareva che il
battito del cuore di lei fosse un po' più veloce da quando la guardava. Se
doveva affrontare la morte l'avrebbe affrontata! Arrivò di fronte a lei e
quasi annegò nel mare di quegli stupendi occhi azzurri incorniciati nella
nuvola di capelli biondi che avvolgevano il suo tenero visetto. Con voce
rotta dall'emozione riusci a biascicare:
“Ciao, io sono Seth, posso scambiare due parole, ti chiami Jane
vero?”
“So, chi sei, mi fa piacere conoscerti più da vicino”
e gli strinse la mano che lui timidamente le porgeva. Che sensazione!
Era calda, anzi caldissima, più di quella degli altri ragazzi che aveva incontrato a Forks e la sua stretta anche se timida era forte e capì di poterla
ricambiare in maniera normale, come faceva con gli altri della famiglia,
senza rompergli tutte le ossa....Il battito del suo cuore accelerò ancora, lo
fissava nei suoi occhi marroni, profondi come la foresta d'autunno.
Seth provò la sensazione opposta al freddo contatto della sua graziosa
manina, un brivido lo percorse e pensò a cosa avesse provato Bella le
prime volte con Edward, ma questa vampira era diversa, aveva un cuore
che pulsava! Prese coraggio:
“Lo sai che da vicino sei ancora più bella?”
lei sorrise
“Non hai paura di me?”
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“E perché dovrei, io sono più forte di te!”
Jane pensò che magari era anche vero, sicuramente il suo coetaneo era
ben piantato e superava il metro e ottanta:
“Io sono più veloce di te, e sono anche velenosa!”
disse ridendo divertita e per nulla minacciosa.
La tensione era rotta e anche Seth rise piano, anche se non riusciva a
essere divertente come sempre, in quel momento l'imprinting lo scuoteva
troppo forte e voleva solo perdersi in lei.
“Non vorrai veramente mordermi?”
“Quasi, quasi lo faccio”
e avvicinò ancora di più il suo viso a quello del bel ragazzo.
Seth non riusci più a resistere, prese tutto il coraggio che gli era rimasto e appoggiò le sue labbra a quelle di lei. Jane non si ritrasse affatto, e
si perse anche lei in quel primo contatto. Era una sensazione che trovava
meravigliosa e che non aveva mai realmente provato in vita sua. Quella
che avrebbe dovuto essere la sua prima esperienza fu invece una terribile
tragedia e provoco la sua morte... Indugiò ancora un attimo godendosi il
contatto, poi dischiuse le labbra e si lasciò andare al bacio di lui.
Un sospiro di sollievo, forse un po' rumoroso, alle loro spalle, gli fece
interrompere il sogno. Erano Jacob e Edward che si mettevano a ridere
per lo scampato pericolo.
“Congratulazioni ragazzi, avete appena infranto un altro mito”
disse Edward,
“Già”
aggiunse un po’ ironico, Jacob
“Un altro pezzo del patto che si prepara ad andare in frantumi!”
I due ragazzi ridacchiarono anche loro, come due scolaretti colti sul
fatto e corsero di nuovo in mezzo alla festa, questa volta però tenendosi
per mano....
Avevo assistito alla scena da lontano, ma non potei che esserne felice,
mi fecero ricordare di come il mio grande amore per Edward avesse dato
vita alle speranze di un nuovo mondo, quello rappresentato dalla creatura che tenevo sulle ginocchia. Di nuovo l'amore trionfava sull'odio e
chissà forse stavolta sarebbe stato un maschietto..... A volte mi chiedevo
se non fosse stato possibile fermare il tempo, rinchiudersi all'interno del
proprio cuore e vivere di solo amore...
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Ma, è proprio quando c'è l'amore che riusciamo ad andare avanti e sopravvivere anche nel mondo reale. E in quella giornata felice l'amore era
ovunque intorno a me, fra gli amici di Forks, nei miei ritrovati genitori,
nella mia meravigliosa bambina, nell'imprinting dei miei amici lupi, nella sempre unita famiglia Cullen, nella gioia di Alice che saltellava come
un folletto fra gli ospiti beandosi della riuscita della festa che aveva organizzato. E al primo posto il mio amato Edward che da sempre vegliava su di me, da quando ero un'imbranata ragazzina sempre pronta a cacciarsi in qualche guaio, a adesso, giovane vampira a volte troppo imprudente per la propria ritrovata sicurezza.
E la mia mente iniziò a volare libera a sorvolare quei boschi meravigliosi a perdersi nelle acque scure della baia, ad ascoltare le voci dei mille insetti, di tutti gli animali piccoli e grandi della foresta. No, non ero
affatto pentita di dove ero arrivata seguendo il mio cuore. Non mi importava niente se era fermo, se dovevo cacciare invece di cucinarmi una bistecca o prepararmi una frittata, se l'aria non mi serviva più. Quando respiravo sentivo i mille profumi della Vita, quella con la V maiuscola,
quella di quel mondo che ora mi rendevo conto non ci apparteneva, ma
noi appartenevamo a lui. Ero finalmente libera dal denaro, dalla competizione meschina, dall'egoismo dei ricchi verso i poveri, dall'invidia delle
classe sociali. E dovevo fare qualcosa per gli altri, perché l'orgoglio di
appartenere all'universo potesse un giorno appartenere a tutti senza distinzioni.
Il primo passo sarebbe stato quello di fermare quell'invasione di morte
che avevo visto nelle mie visioni.
I Volturi
La festa ormai era stata archiviata da più di una settimana ed era tempo di riprendere il discorso da dove l'avevamo interrotto.
Era necessario scoprire da dove iniziare il viaggio. Dovevamo trovare
le tracce degli antichi visitatori. Avevamo bisogno dell'aiuto di chi fosse
nato abbastanza indietro nel tempo per sapere qualcosa. Un solo nome ci
suonava abbastanza antico : Marcus!
Carlisle era sicuro che la sua nascita risalisse ad almeno tremila anni
fa, nessun altro di noi era così vecchio. Quindi dovevamo parlare con
lui, o meglio dovevamo entrare nella tana dei nostri peggiori nemici, che
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sicuramente più che parlarci avrebbero preferito trucidarci. Il vero pericolo era rappresentato da Caius e Aro, una volta superati loro Marcus
avrebbe potuto rivelarci quello che sapeva pur di essere lasciato al suo
oziare.
Aro, ormai, doveva aver capito che non avrebbe più rivisto Demetri e
Jane e che era certamente opera nostra. Per quanto ne sapeva avevamo
ucciso entrambi, forse con l'aiuto dei Lupi. Quando poi avesse potuto
vedere come si era trasformata Jane avrebbe provveduto ad ucciderla di
persona, magari con l'aiuto di Alec, per gustare meglio la cosa. Già,
Alec, chissà quello che provava per la sorella gli avrebbe fatto superare
la sorpresa e l'avrebbe portato dalla nostra parte.
“Non possiamo certo fare irruzione a Volterra e ucciderli tutti”
Jasper fu il primo ad intervenire.
“No di certo”
intervenne Edward e Emmett si associò'
“sarebbe un suicidio”
intervenne Carlisle:
“No, non possiamo ucciderli, ma forse potremmo riuscire a neutralizzarli per un po', la tecnologia è dalla nostra parte”
intervenni io:
“Si, è vero probabilmente, anzi sicuramente, non sono in possesso
del database degli antichi, altrimenti avrebbero già usato l'arma per ucciderci tutti. Loro pensano solo che sia un buon mezzo per incenerire un
vampiro e niente di più. Però nemmeno noi li abbiamo inseriti nel database e quindi come possiamo usare la cosa a nostro favore?”
“Stavo pensando una cosa”
era Jane che interveniva per la prima volta:
“Non credo che il sensore dell'arma sia stato concepito per essere
toccato fisicamente da ogni nuova unità da registrare. Sarebbe stato
troppo complicato schedare dei neonati riottosi, deve poter funzionare a
distanza!”
Guardammo la piccola, compiaciuti dall'intuizione che aveva avuto.
“Ha sicuramente ragione Jane”
la voce era quella di Seth: come potevamo tenere lontano da lei imprinting numero due?
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“Allora, prima cosa da fare: analizzare nuovamente l'oggetto, e di
questo me me occupo io”
disse Edward .
“Appena sarai certo della distanza a cui dovremo avvicinarci, studieremo il piano per farlo”
aggiunse Jasper. Aggiornammo la riunione a quando avremmo avuto
le risposte da Edward.
Edward prese con sé l'arma aliena e usci a cercare Nessie.
“Nessie puoi aiutare papà, come l'altra volta, a leggere quella strana lingua?”
la bimba fu entusiasta di rendersi utile e ben presto trovarono quello
che cercavano. Il sensore poteva essere regolato per leggere a distanza il
segnale inviato dalla nano-macchina di controllo. L'importante era memorizzare la sequenza di controllo per evitare di incenerire il soggetto
verso il quale si puntava l'arma. Per l'eccezionale memoria di Edward
non era certo un problema e nonostante l'incapacità di interpretare i simboli, si ricordava già perfettamente tutte le sequenze di configurazione.
Scoprì così che l'arma poteva immagazzinare una grande quantità di
dati sulle unità, ma non era possibile operare cambiamenti senza disporre del programma installato sul computer esterno. Probabilmente si trattava di una misura di sicurezza, visto le esigue dimensioni del monitor.
Poteva però servire da amplificatore di segnale, per inviare le onde
WiFi ad una distanza di un centinaio di metri, la stessa a cui poteva leggere i dati. Il raggio d'azione del raggio inceneritore era invece limitato a
poche decine di metri, in fatti non era un'arma offensiva, serviva solo a
fare pulizia, a cancellare definitivamente qualsiasi traccia dell'unità disattivata. Ogni tanto gli veniva in mente a cosa si riferisse il termine unità e rabbrividiva emettendo un sordo ringhio di rabbia. Chissà quanti
vampiri difettosi erano stati eliminati in quel modo! Sembrava però che
le sperimentazioni fossero state condotte in epoca troppo remota, quando
forse gli abitanti della terra non avevano ancora la cultura necessaria per
amministrare quella tecnologia. Forse qualche antico era rimasto sulla
terra attendendo il momento giusto per creare l'esercito che avrebbe dovuto preparare il ritorno in masso degli invasori. Come avevamo già riflettuto qualcosa non aveva funzionato e noi dovevamo scoprirlo.
Alle luce dei risultati ottenuti da Edward, Jasper da vecchio stratega,
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iniziò a predisporre il piano. Innanzitutto la squadra e da chi doveva essere formata. Tutti avevano in cuor loro un buon motivo per partecipare
all'azione, ma Jasper sapeva che la squadra doveva essere snella e letale
e che non poteva esporre tutta la famiglia al rischio di essere annientata.
Quindi come prima cosa chiese di mettere al voto che le sue decisioni
dovevano essere inappellabili. A malincuore ci rendemmo conto che
aveva ragione e lo accettammo come capo indiscusso dell'operazione.
“Allora le donne rimarranno a casa, tranne due che purtroppo dovrò esporre al pericolo: Jane conosce perfettamente il luogo dell'operazione e inoltre può essere utile per tentare di portare il suo gemello
Alec dalla nostra parte. Bella, il tuo scudo ci sarà indispensabile per
proteggerci dalle onde mentali di Aro, altrimenti sarebbe impossibile
avvicinarsi a lui. Vorrei portare anche Alice, ma conto sulla sorpresa e
quindi non sarà necessario prevedere le mosse dell'avversario. E' meglio che rimanga a proteggere il resto della famiglia se qualcosa dovesse andare storto. Ovviamente Edward e Emmett faranno parte della
squadra; Carlisle è troppo importante che tu rimanga a casa fuori dal
pericolo per il futuro di tutti noi! A dimenticavo in rappresentanza dei
lupi verrà con noi solo Seth, visto che penso sia impossibile separarlo
da Jane.”
Queste quindi furono le decisioni, gli esclusi avevano tutti qualcosa
da obbiettare, ma avevamo votato la leadership di Jasper e dovettero sottostare alle sue disposizioni.
Fui orgogliosa di fare parte della squadra, ormai le mie capacità mi
avevano reso una combattente letale, anche se il pensiero di Nessie, per
un attimo mi aveva va reso indecisa. Non me la sentivo di lasciarla orfana così presto, ma cancellai subito il pensiero, sicura che saremmo riusciti nei nostri intenti.
Iniziammo a studiare la logistica della dimora dei Volturi con l'aiuto di
Jane che ci aiutava a stilare la mappa. Innanzitutto la dislocazione della
guardia, che era abbastanza numerosa. Sarebbero stati i primi da neutralizzare, dovevamo riuscire a mappare i loro codici, dopo di ché sarebbe
stato sufficiente disattivare le nano-macchine, ciò li avrebbe riportati a
una condizione quasi umana e quindi inoffensivi. Non volevamo ucciderli, ma qualche rischio c'era anche perché non volevamo correre rischi
provando su di noi quella funzione. Per come la vedeva Carlisle avrebPag. - 89 - di - 155 -
bero dovuto respirare per sopravvivere, ma non essendo possibile ripristinare le funzionalità cardiache, il loro sangue si sarebbe seccato dopo
qualche decina di ore e quindi dopo non avrebbero avuto speranze. Il resto muscolatura e pelle sarebbero ritornate umane e quindi deboli e fragili, non sarebbero più stati un problema.
Cosa avremmo dovuto fare a termine missione? Sempre ammesso di
riuscire ad avere le informazioni che cercavamo e che tutto fosse andato
per il verso giusto, cioè che i Volturi non ci avessero uccisi.
Carlisle non aveva dubbi, anche se non fossimo riusciti a convincerli a
passare dalla nostra parte avremmo dovuto riportare tutti alle condizioni
iniziali. Sapevamo però che la bontà di Carlisle non avrebbe trovato facile applicazione. Era uno dei motivi per cui Jasper lo aveva lasciato a
casa.
Ferire una belva come Aro e poi lasciarla riprendersi poteva essere un
grave errore, un pericolo per noi e per tutta la missione futura. Non da
meno sarebbe stato Caius, ne rammentavamo tutti l'insistenza durante il
mancato scontro di alcuni mesi prima. Se avessero capito quello che
avevamo intenzione di fare avrebbe anche potuto cercare di avvisare gli
Antichi sentendosi obbligato alla fedeltà (avendo compreso il loro compito), la sua ossessione per la legge sicuramente lo avrebbe spinto a perseguire la missione di cui avrebbe compreso di essere parte. L'unico
modo era quello di fare in modo di interrogare Marcus senza che gli altri
lo sapessero e poi convincerlo a non fare parola con gli altri. “Semplice
vero ?”
Forse un modo c'era. Il software alieno raccomandava di utilizzare il
disgregatore molecolare per eliminare definitivamente l'unità ed impedirne il ripristino. Significava forse che era possibile riportare in vita un
vampiro eliminato?
Jasper, con un sogghigno, decise che era un rischio accettabile, al
massimo avremo eliminato definitivamente il problema, altrimenti Carlisle sarebbe stato soddisfatto.
Resta comunque un fatto, come avremo giustificato la nostra aggressione nei loro confronti? Impossibile!
Restavano solo due strade percorribili: ucciderli tutti dopo aver scoperto quello che volevamo, ed era quella più semplice, ma non poteva
essere quella che la nostra filosofia di vita poteva accettare. L'altra era
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quella di portarli dalla nostra parte. Forse avremo potuto convincerli facendo leva proprio sul loro desiderio di potere che non poteva certo convivere con l'idea di una razza aliena dominatrice.
Un altro fattore poteva giocare a nostro favore: la vigliaccheria che sia
pur velata, avevano dimostrato nell'attacco contro di noi. Ora erano privi
del loro segugio Demetri, di Jane e se riuscivamo a portare dalla nostra
parte anche Alec non gli sarebbe rimasto un granché di potere offensivo.
Questo forse sarebbe bastato a portare la pace fra le nostre famiglie, a
garanzia della quale avremmo avuto i loro profili nel computer (era assolutamente indispensabile acquisirli!). Questo ultimo particolare sarebbe
dovuto restare un nostro segreto, per non minare il loro orgoglio.
Si, questa era la strategia corretta, ne fummo tutti d'accordo, avremmo
proseguito su quella strada!
Una volta neutralizzata la guardia che sarebbe stata composta da circa
una ventina di vampiri, saremo entrati nella sala dei troni dove speravamo di trovarli tutti riuniti.
Non dovevamo assolutamente lasciar fuori qualcuno dal database del
computer, solo così la nostra assicurazione per il futuro sarebbe stata
completa.
Il momento propizio sarebbe stata la sera quando tutte le attività nella
reggia cessavano.
Durante il giorno alcuni uomini della guardia uscivano alla ricerca di
turisti isolati per attirarli all'interno, dove Aro faceva gli onori di casa
stringendo le loro mani per scrutare all'interno dei loro ricordi.
Questa era la parte più difficile del loro modo di cacciare: scovare
qualcuno che si trovava da quelle parti senza aver avvisato qualche conoscente, rendendo quindi impossibile ricondurre la loro scomparsa ai
Volturi.
C'erano riusciti quasi sempre da quando la civiltà moderna con i suoi
media evoluti, che subito riportavano le notizie di eventuali omicidi,
aveva reso più difficile cacciare in campo aperto. Solo di rado si vedevano costretti ad uscire per recarsi nei bassifondi di qualche grande città,
dove la scomparsa di qualche povero barbone sarebbe passata inosservata. Gran bella cosa il turismo fai da te!
La sera, dopo cena, si intrattenevano nella sala grande, dove i loro troni facevano mostra di sé al centro. Per lo più se ne stavano li immobili,
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scambiandosi qualche parola fra loro con le loro guardie del corpo alle
spalle (anche se si sentivano completamente al sicuro con rinunciavano
volentieri alla presenza di Alec, Renata e Felix). Le loro mogli se ne stavano in disparte e tre o quattro della guardia stavano a presidio delle porte.
Il momento ideale, insomma, ma ancora non capivo come avremmo
fatto a sopraffarli.
“Mi dispiace ammetterlo”
disse Edward
“dovremo fare affidamento proprio sulle più giovani di noi, i vostri
poteri avranno la responsabilità più grande per la riuscita di tutto il
piano!”
Io avrei dovuto fermare l'attacco mentale di Alec e Chelsea, mentre
Jane avrebbe bloccato Felix. Ad immobilizzare le guardie normali ci
avrebbero pensato Emmett e Jasper. A Edward il compito di acquisire i
dati dei presenti usando il sensore e successivamente avrebbe dovuto
fare la cosa più importante: spiegare in modo convincente il motivo della
nostra presenza.
Seth non avrebbe dovuto entrare nella sala, il suo odore ci avrebbe fatto scoprire anzitempo. Doveva restare a controllare la saletta del corpo
di guardia, nel caso ci fosse sfuggito qualcuno (in verità l'idea era quella
di tenerlo fuori dai guai il più possibile).
Ci rimanevano ancora due giorni prima della data della partenza per
Volterra. Li occupammo a definire gli ultimi dettagli, a preparare l'attrezzatura. Avevo capito finalmente a cosa servivano le tute che Alice ci aveva preparato, il colore nero assieme alla nostra velocità e al buio della
notte ci avrebbero reso invisibile agli occhi degli umani del posto.
Probabilmente avrebbero disorientato anche le guardie consentendoci
qualche attimo prezioso per neutralizzarle. Il resto del tempo lo passammo a cacciare, considerando il fatto che avremo potuto farlo per diverso
tempo, dovevamo metterci al pieno delle nostre forze.
Arrivati in Italia facemmo base a Pisa, era più facile non dare nell'occhio in una città più grande. Saremmo passati per sei turisti americani a
caccia di bellezze architettoniche, mi sarebbe proprio piaciuto fare un giretto sulla famosa torre pendente.
Resistemmo alla tentazione di alloggiare in un Hotel a cinque stelle e
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ci accontentammo di una più modesta pensioncina dove sicuramente
avrebbero fatto meno attenzione ai nostri movimenti . Passammo la notte a ricontrollare tutto.
L'equipaggiamento: alcuni computer palmari di tipo militare per trasferire i dati, l'arma, che aveva passato tranquillamente la dogana essendo il suo metallo refrattario a qualsiasi mezzo di identificazione, le tute
speciali, alcuni oggettini da 007 che Edward aveva voluto con se.
Mi incuriosiva una piccola telecamera a fibra ottica flessibile, mi disse
che sarebbe servita a controllare la posizione delle guardie prima di aprire il portone di ingresso. Un'altra scatoletta serviva per disturbare le telecomunicazioni, nel raggio di qualche decina di metri, né cellulari, né
Walkie Talkie, né telecamere di sorveglianza avrebbero funzionato per
un po'.
La mattina dopo era una splendida giornata di sole pieno e quindi una
pessima giornata per far apparire vampiri in giro con pelle rilucente...
Ne approfittarono Seth e Jane (da quando il suo cuore batteva e il sangue irrorava la sua pelle, questa non risplendeva più alla luce pur non
avendo perso resistenza e bellezza) che andarono a fare i fidanzatini in
piazza dei Miracoli. Tornarono solo verso sera e dalla luce che brillava
nei loro occhi non si erano certo annoiati.
Non appena il sole andò a dormire tuffandosi là, dove doveva esserci
il Mar Tirreno, salimmo su Van dai vetri oscurati che avevamo noleggiato e partimmo alla volta di Volterra. Durante il tragitto indossammo le
tute e ripassammo velocemente quello che avremmo dovuto fare.
Posteggiammo in una zona buia, non molto lontano dalla nostra meta.
Memorizzammo il percorso, controllandolo sul GPS, ora avremmo dovuto procedere alla massima velocità per non farci notare da qualche
passante. Non ci mettemmo più di qualche minuto a raggiungere il portone del palazzo. Per fortuna la zona era deserta, non c'era odore di esseri umani nelle vicinanze, le scie erano tante, ma nessuna recente: probabilmente durante il giorno c'era un discreto passaggio di turisti, ma a
quell'ora (erano circa le nove di sera) non c'era più nulla di interessante
da visitare. Pensai che forse qualcuno aveva avuto la malasorte di visitare l'interno di quell'antico palazzo e forse era stato invitato a cena dai
Volturi; mi vennero i brividi a quel pensiero, ricordavo ancora le urla agghiaccianti della comitiva che avevamo incontrato l'ultima volta in quel
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posto. Edward e Jasper infilarono la strana telecamera sotto il portone,
cercando di non produrre il minimo rumore che avesse potuto insospettire la guardia. Erano in due, in fondo al corridoio, a fianco della porta
dell'ascensore che portava ai piani inferiori, dove avremmo trovato tutti
gli altri.
Jasper preparò l'azione:
“Emmett al mio via sfonda la porta “
il nostro vampiro di sfondamento appoggiò le mani ai battenti pronto
ad esercitare la sua enorme pressione. Avrebbe cercato di farlo in modo
secco, per evitare il più possibile rumori che avrebbero potuto essere avvertiti dai piani inferiori.
“Jane, devi neutralizzarli per il tempo necessario ad Edward ad acquisirne i dati e a disattivarli”
“Edward preparati, acquisisci i dati e disattivali!”
Accese il dispositivo per disturbare le trasmissioni :
”Ora, Emmett!”
I battenti si spalancarono senza sforzo, le due guardie si voltarono di
scatto accennando un ringhio, ma immediatamente iniziarono a contorcersi in preda al dolore, provocato dai poteri di Jane, che gli bloccavano
le mascelle impedendogli di emettere alcun suono. Fu sufficiente un solo
balzo ad Edward, per essergli accanto e azionare il rilevatore, ancora alcuni secondi e le guardie si afflosciarono al suolo immobili. Se ancora
avevamo qualche dubbio, ora ne eravamo certi: l'apparecchiatura maledetta funzionava alla perfezione! Erano passati solo alcuni secondi dall'inizio dell'azione, io fui l'ultima a varcare il portone richiudendolo alle
mie spalle. Nell'atrio era calato di nuovo il silenzio assoluto.
“Non abbiamo molto tempo, prima che sotto comincino a preoccuparsi delle telecamere che non funzionano e di non riuscire a comunicare con questi due, scendiamo presto !”
Ordinò Jasper perentorio. Ci infilammo tutti nell'ascensore e iniziammo la discesa. Adesso veniva il difficile, sicuramente almeno due guardie ci aspettavano all'apertura della porta, lo spazio era esiguo e dovevamo agire molto in fretta.
“Bella per favore usa lo scudo e fai in modo che non possano percepire rumori o odori provenienti da qui! Io cercherò di aggredirli di
sorpresa e gettarli a terra, Emmett tu blocca quello che non riesco a tePag. - 94 - di - 155 -
nere io!”
Mi venne un idea:
“Credo di riuscire a rendere riflettente la superficie dello scudo,
così penseranno ad un ascensore vuoto!”
“Se è vero, Bella, mi risolvi il grosso problema delle porte che si
aprono lentamente!”
Rimasero stupiti, vedendo l'ascensore vuoto, per quell'attimo necessario a Jasper e ad Emmett per atterrarli e farli neutralizzare da Edward.
Alla velocità del pensiero uscimmo dall'ascensore.
Allarmati dall'inevitabile trambusto gli addestratissimi uomini della
guardia dei Volturi stavano già per uscire tutti dalla stanza dove erano
raggruppati.
Erano troppi e troppo veloci per dare il tempo alla nostra apparecchiatura di schedarli e neutralizzarli.
Per fortuna mi venne in mente l'incidente col camion alla Push. Lo
stanzone in cui ci trovavamo era sufficientemente piccolo perché il mio
scudo fisico potesse creare una bolla che, oltre ad isolarci, bloccasse in
modo impenetrabile il passaggio del corpo di guardia.
Quelli che erano riusciti a passare vennero immediatamente neutralizzati prima da Jane e successivamente da Edward.
Jasper capi al volo ciò' che stavo facendo e mi gridò di cercare di farne passare uno alla volta. Funzionò, ad un ad uno neutralizzammo tutti
gli uomini della guardia.
Adesso veniva la parte più difficile. Lasciammo Seth a guardia della
sala, riluttante, non voleva lasciare Jane. La biondina gli sfiorò le labbra
con un bacio e corse via per prima verso la grande sala. Ci lanciammo
tutti dietro a lei, con lo scudo che ci avvolgeva in una bolla rendendoci
silenziosi più di quanto non lo fossimo. Entrammo senza trovare porte
chiuse.
Erano tutti nel grande salone del trono. Caius e Marcus erano seduti e
quest'ultimo sembrava sonnecchiare. Aro era in piedi appoggiato ad uno
dei grandi troni, alle sue spalle Alec e Renata, poco più distante Felix
appoggiato ad una colonna, immobile. Le mogli erano più distanti e quasi si confondevano fra i marmi del pavimento per il loro pallore, assieme
a loro c'era la bella Heidi. Non mancavano Chelsea e il suo compagno
Afton. La presenza di Santiago fece digrignare i denti a Jane in maniera
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sinistra. Abbassai per un attimo lo scudo, per consentire ad Edward di
inquadrare tutti i presenti con l'arma, lo fece in una manciata di secondi,
tenendo l'oggetto il più vicino possibile alla sua gamba destra per non far
notare ciò che stava facendo. Aro non riuscì a notare il movimento ma
riconobbe l'arma che Caius aveva dato a Demetri. Rialzai immediatamente lo scudo. Prima ancora che Aro iniziasse a parlare Alec e Chelsea
iniziarono il loro attacco.
Renata, con aria tutt'altro che tranquilla aveva alzato il suo troppo debole scudo (mi sentivo invincibile ormai, con il mio, che aveva già collezionato i poteri che lo avevano attaccato).
“Il mio adorabile amico Edward Cullen, a cosa devo la cortesia
della sua visita?”
come sempre la voce del leader dei Volturi non lasciava trasparire
emozioni.
Edward rispose con un ringhio
“Avete una bella faccia tosta dopo che avete inviato il segugio a
cercare di uccidermi”
Caius conosceva i potere del mio scudo di bloccare gli attacchi mentali e quindi fece un cenno a Felix e Santiago che si scagliarono contro di
me per rendermi inoffensiva. All'interno del mio scudo ero in grado di
sentire i pensieri di tutto il mio gruppo. Sentii Jane che mi chiedeva di
lasciarle un varco per fermarli, senza che potessero accorgersi dell'impenetrabilità fisica della bolla che ci avvolgeva, non per il momento almeno.
I due attaccanti iniziarono a contorcersi a terra in preda al dolore e
contemporaneamente sentii cessare immediatamente l'attacco di Alec.
“Quindi non sei morta con Demetri, ci hai traditi invece! Non avrò
pace fino a che non ti avrò fatto a pezzi”
ringhiò Caius fuori di se
“Alec, Alec, dove stai andando? ti ordino di tornare al tuo posto!”
Il ragazzo ignorò l'ordine, che forse semplicemente non aveva sentito.
Guardava inebetito la sorella che credeva morta e che non aveva riconosciuto fino a quel momento. Jane voleva rivolgersi al fratello ma doveva
proseguire l'attacco ai due vampiri!
”Lasciali pure Jane, penso che al momento ne abbiano avuto abbastanza”
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le disse Jasper. Per sicurezza richiusi il varco. A quel punto fissò
Alec, che pareva non comprendere più quello che stava succedendo, il
ragazzo si accorse in quel momento del meraviglioso riflesso azzurro
che aveva sostituito il rosso fuoco negli occhi della sorella, iniziò a tremare con le orecchie piene del tamburellare che proveniva dal petto della sua gemella. Sentii il pensiero di Edward che mi diceva
“Lascialo entrare Bella sento i suoi pensieri confusi, ma non credo
che sia un pericolo, l'istinto di gemello credo che abbia prevalso sulla
natura di vampiro”.
Le gettò le braccia al collo e si meravigliò ancora di più di non sentire
la solita freddezza di lei
“Credevo di averti perso per sempre sorellina!”
“Resta con me Alec, io adesso sono libera, fidati di me, poi ti
dirò...”
“Si!”
e non disse altro immobilizzandosi al fianco della sorella.
“Vedo che questa giornata non è favorevole ai Volturi”
Aro alzò la mano fermando con un gesto l'attacco dei suoi
”Sembra proprio che siamo alla vostra mercé”
la sua voce era calma e gentile come sempre, probabilmente non riteneva di doversi gettare in uno scontro sanguinoso prima di scoprire le
nostre carte
Edward iniziò quello che era il compito più difficile di tutta la giornata: parlamentare.
“So che non ci crederete, ma non siamo qui per vendicarci del vostro tentativo di ucciderci, per questo ha già pagato Demetri..Questa
volta non ti lascerò scrutare nella mia mente, dovrete fidarvi di quello
che sto per dirvi, ma a garanzia del nostro futuro non ti svelerò quanto
siamo diventati potenti. Ti posso dire che abbiamo ucciso tutte le vostre
guardie, ma se l'esito del nostro colloquio sarà positivo ho il potere di
riportarle in vita”
Un brivido di disappunto passò negli occhi di Aro ma seppe come il
solito contenersi perfettamente
“Sono disposto ad ascoltarvi”,
disse.
Caius non era dello stesso parere, era furente e voleva assolutamente
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lo scontro, quello che già gli era stato negato nella famosa mancata battaglia. Ancora una volta fu Marcus a calmarlo
“fratelli noi siamo qui per amministrare la giustizia, non facciamo
battaglie per il potere, quindi ascoltiamo cosa hanno da dirci”.
Non fu facile spiegare le nostre scoperte, Edward dovette fare molta
attenzione a non divulgarsi troppo sui particolari per non far capire ai
Volturi che possedevamo la tecnologia di controllo delle nano-macchine.
Spiegò loro di come, studiando la particolare arma che avevamo sottratto
a Demetri e dell'autopsia a cui Carlisle aveva sottoposto Jane, avevamo
scoperto l'esistenza degli Antichi. Parlò loro delle visioni di Bella e su
come la nostra specie e la razza umana fossero in pericolo.
“Visto che non mi lasci esplorare la tua mente per verificare ciò che
dici, immagino che dovrei crederti sulla parola, mia giovane amico. Non
capisco però come potremo aiutarvi a scoprire quello che cercate”
disse ad un certo punto Aro, sicuramente scettico.
“Forse possiamo, fratello”
la voce di Marcus risuonò lontana e distaccata, ma sia Aro che Caius
si voltarono a guardarlo, questa volta non riuscendo a contenere la sorpresa.
“Qualche migliaio di anni fa, ben prima che voi nasceste, ho conosciuto l'Antico, che penso fosse anche il mio creatore”
lo stupore ormai era diventato tangibile in tutto il salone, finalmente
potevamo sapere qualcosa di più.
Ci raccontò di quello stano vampiro alto più di due metri, dall'aspetto
spaventoso e dalla capacità di trasformarsi in un gigantesco pipistrello
per meglio terrorizzare le popolazioni di un tempo, di cui spesso si cibava.
Ricordava di come non si separasse mai dalla strana arma che ora era
nelle nostre mani. Quando riteneva di aver trovato un umano interessante lo trasformava, ma non lo faceva mordendolo, usava iniettargli il veleno nelle vene con una siringa (strumento sconosciuto in quei tempi), teneva il malcapitato legato per mesi osservandone i progressi da vampiro.
Il più delle volte non era soddisfatto e distruggeva il malcapitato con il
fuoco dell'arma.
Il suo cruccio principale sembrava quello di non possedere la tecnologia necessaria per sviluppare più esperimenti sulla razza che intendeva
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creare.
Aveva da tempo memorabile perso ogni contatto con i suoi simili e
ciò lo rendeva perennemente ombroso.
“Non so come, ma sembrava soddisfatto dei risultati che aveva va
ottenuto con me. Un giorno mi portò in viaggio con se, verso una località lontana, a nord molto a nord, in mezzo ai ghiacci perenni. Camminammo per mesi nelle tundre desolate, spazzate da venti glaciali, senza
incontrare anima viva, senza possibilità di cacciare per procurarci il
nutrimento. Con se portava delle sacche di sangue umano, dalle quali di
tanto in tanto mi faceva dissetare. Finalmente un giorno arrivammo in
una zona montuosa e iniziammo ad inerpicarci per sentieri impossibili.
Il vento e la neve rendevano impossibile l'orientamento anche per i sensi
di un vampiro ma egli procedeva guidato da una strana scatoletta che
teneva fra le mani”
Ascoltando il racconto pensai che probabilmente era un localizzatore,
che però doveva funzionare collegato a qualcosa che era presente nelle
vicinanze, visto che tremila anni fa non esisteva certo la rete di satelliti
GPS.
Marcus continuava il suo racconto:
“Dopo due interi giorni di arrampicata arrivammo quasi sulla cima
della montagna e ci infilammo in una stretta gola rocciosa alla fine della quale si apriva quello che sembrava un cratere vulcanico. La radura
circolare era perfettamente piatta, circondata da guglie rocciose e ricoperta da una spessa coltre di neve. Camminammo lungo il bordo del
cratere fino a raggiungere una piccola grotta. In fondo un bagliore fioco
sembrava provenire dalle viscere della terra. La luce proveniva da un
pozzo circolare tagliato nella roccia in maniera perfettamente regolare,
con pareti lisce come il vetro. Una scala a pioli scendeva nella sua profondità.”
Aro e Caius ascoltavano assorti il fratello, senza più occuparsi della
nostra presenza, domandandosi perché non avesse mai profferito parola
di quanto ricordava dei tempi antichi.
Marcus continuava a ricordare e parlava con voce profonda, quasi assente e svogliata. Non aveva mai desiderato quei ricordi di un passato
ormai sepolto nella notte dei tempi.
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“Scendemmo la lunga scala e ci ritrovammo in una grande caverna, proprio sotto la radura. Al centro un oggetto circolare, non molto
grande, più o meno una ventina di metri di diametro. Tutta la caverna
era illuminata dalla luce innaturale che avevo notato all'inizio, alimentata da una energia sconosciuta. L'antico toccò l'arma che portava al
suo fianco e una porta si apri sul fianco di quello che a quei tempi,
sembrava uno strano carro chiuso; una passerella scese automaticamente per consentirci di salire. L'interno era assolutamente sconosciuto
per un vampiro che viveva in quell'epoca. Penso che oggi voi l'avreste
riconosciuta per una nave spaziale.
L'antico introdusse l'arma in una fenditura che sembrava fatta apposta per accoglierla. All'interno della nave tutto si illuminò di luce accecante, un ronzio proveniva da quello che sembrava un pannello di comandi pieno di luci colorate. L'Antico afferrò uno strano oggetto e cominciò a parlarci in una lingua che non avevo mai sentito profferire. Lo
fece a lungo, ma non gli giungeva nessuna risposta, se era quella che
cercava. Man mano che il tempo trascorreva diveniva sempre più irascibile a causa della delusione. Alla fine desistette, estrasse l'arma e tutto
ritornò silenzioso e scarsamente illuminato. Da un armadio nella parete
prelevò delle fiale, le ultime che conteneva, le mise in una sacca (probabilmente era il veleno che usava per le trasformazioni). Sembrò allora
ricordarsi della mia presenza, non mi aveva mai rivolto la parola dalla
nostra partenza: “Ritorniamo”
Dopo alcuni mesi dal nostro ritorno ci trasferimmo in Moldavia
dove si fece costruire un castello dagli umani terrorizzati che abitavano
nella regione. Molti li trasformò in vampiri che utilizzava come servitori
o meglio trattava come schiavi. Io riuscii ad andarmene, girovagando a
lungo per l'Europa antica. Venni a sapere dopo molti anni che i Vampiri
erano riusciti a ribellarsi e non so come ad ucciderlo. Il resto fa parte
della storia che anche voi, fratelli, conoscete, tranne forse una cosa...
Quando volgemmo guerra ai vampiri rumeni, distruggendoli, dando alle
fiamme il loro castello, mi ricordai di una stanza segreta dove l'Antico
faceva i suoi esperimenti. Riuscii allora a recuperare alcuni oggetti, uno
lo conoscete: è l'arma che il giovane Edward ora impugna.”
Si alzò, percorrendo a passi lenti il salone avvicinandosi ad una lastra
di marmo della parete dietro il colonnato. Fece ruotare alcune lettere delPag. - 100 - di - 155 -
la scritta in rilievo e la piastra si spostò rivelando un piccolo nascondiglio dal quale estrasse una pergamena arrotolata e una piccola scatoletta
nera.
Si rivolse quindi ai due fratelli che rimanevano impietriti sui loro troni.
“Ritengo che sia opportuno che approfondiscano le loro ricerche,
se è vero che esiste un pericolo per il nostro mondo è bene che lo scoprano.”
Aro si ricompose rapidamente dalle rivelazioni, e dovette ragionare
che se la cosa era vera, sicuramente sarebbe stato un problema molto più
grande dei Cullen, per la loro egemonia. Inoltre non gli andava affatto di
mettersi a viaggiare nello spazio a rischiare la vita, meglio lasciare fare a
loro, sarebbero eventualmente intervenuti a cose fatte, se necessario:
“Bene, cari amici, penso che possiate essere soddisfatti, credo che
abbiate trovato quello che cercavate”
disse a quel punto Aro prendendo i due oggetti che Marcus gli stava
porgendo e mettendoli nelle mani di Edward disse:
“Credo che a questo punto possiate andare in pace, portate pure
con voi Alec, come segno della nostra benevolenza, e non dimenticate di
tenerci informati sullo sviluppo della vicenda!”
Non era il caso di replicare e quindi ci congedammo con un cenno dai
Volturi e ce ne andammo in fretta da dove eravamo venuti.
Recuperammo Seth, Edward selezionò dal database tutte le guardie
che avevamo disattivato premendo poi il tasto ripristino. La cosa sembrava funzionare perché accennavano a muoversi, accelerammo la corsa
prima che si svegliassero nuovamente. Incaricammo Jane di tenere d'occhio il fratello, ancora molto diverso da noi, per evitare problemi. A giudicare da come i tre chiacchieravano tranquillamente (ovviamente Seth
non mollava di un centimetro Jane) penso che avevamo fatto la cosa giusta.
Anche durante il viaggio di ritorno Alec resistette abbastanza bene all'odore degli umani che saturava l'aereo, preso com'era dai racconti della
nuova vita della sorella, anche se si intristì moltissimo all'apprendere del
tradimento dei Volturi all'inizio della loro vita da Vampiri, conseguente
alla distruzione della sua famiglia. La rabbia che si leggeva nei suoi occhi, nascosti dagli occhiali scuri per evitare che qualcuno ne potesse vePag. - 101 - di - 155 -
dere il colore, mi fece capire che mai più sarebbe stato fedele ai Volturi,
ora dovevamo solo farlo diventare 'vegetariano'......
Rieccoci di nuovo a casa. La nostra situazione familiare si stava un
po' troppo complicando.
A ricordarcelo ci pensò il nostro maschio alfa.
Jacob era furente, la famiglia si stava ingrossando troppo, il patto era
stato nuovamente violato e questa volta con un Vampiro autentico e probabilmente ancora pericoloso. Non era possibile continuare ad aumentare la comunità di Olympia.
Probabilmente Jacob aveva ragione, anche la casa era troppo piccola
per tutti e prima o poi avremmo finito per dare nell'occhio. I ragazzi avevano l'età per frequentare il liceo e presto anche Renesmee l'avrebbe dimostrata, quindi altri tre Cullen per le vie di Forks! Si, dovevamo proprio spostarci in qualche altra zona. Ma aveva un senso? Molto probabilmente no, se la mia visione si fosse avverata, ormai mancava poco più
di un anno alla fine del mondo che conoscevamo.
Per il momento dovevamo adattarci, sarebbe stato solo per pochi giorni, dovevamo partire al più presto alla ricerca della navetta. Esme ebbe
l'idea di costruire un piccolo chalet vicino alla casetta di Biancaneve, cosicché Alec e Jane potessero trasferirsi li. La zona era più nascosta e anche Seth si sarebbe trovato più comodo nella foresta, visto che non poteva allontanarsi troppo da Jane.
Emmett si assunse la direzione lavori e mise subito sotto i tre (anche
se sembrava tanto fragile Jane era pur sempre una vampira con relativa
forza sovrumana). Non ci misero molto a procurarsi i tronchi necessari,
lavorarono alcuni giorni con motosega, pialle, chiodi e tutto quant'altro
serviva e i risultati non tardarono a vedersi.
Il resto del materiale lo facemmo venire dalla ferramenta e dal deposito di materiale edile di Forks. Facemmo scaricare tutto dietro casa nostra, senza mostrare quello che stavamo costruendo. Non era certo un
problema usare poi un carretto a mano per raggiungere la zona dei lavori.
Quando scendeva la sera Jane conduceva Alec a caccia insegnandogli
quello che aveva appreso da noi. Anche Seth cacciava con loro, ma si teneva più in disparte, visto che Alec faceva ancora fatica ad accettare il
grosso lupo al suo fianco.
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Ci vollero alcuni giorni, ma alla fine il ragazzo riusciva a sopportare
abbastanza bene il sangue animale. I suoi occhi stavano già perdendo il
colore rosso cupo per diventare del colore dorato che ci contraddistingueva dagli altri vampiri bevitori di sangue umano. Per il momento cacciavano solo di notte, dopo che Seth aveva ben controllato la zona per
essere sicuri che non vi fossero esseri umani nei paraggi. Avremo comunque lasciato passare diverso tempo prima di lasciarlo solo in presenza di esseri umani.
Presto comunque saremo partititi per la missione verso l'ignoto e
Alec sarebbe venuto con noi. Al nostro ritorno......chissà se ci sarebbe
stato un ritorno?
La ricerca della misteriosa navetta doveva essere organizzata al più
presto, e quindi esaminammo gli oggetti che ci aveva consegnato Marcus.
L'antica pergamena, indicava una zona nel Nord dei monti Urali in
Russia, vicino al paese di Berezovsky o almeno così ci parve di interpretarla dato le scarse abilità cartografiche del nostro Antenato. La scatoletta era quello che avevo pensato che fosse: il rilevatore di posizione. La
cosa più incredibile era che dopo quattromila anni funzionava ancora!
Era sufficiente avvicinarlo all'arma che subito prendeva vita emettendo
un ronzio sommesso.
Questa volta fu Carlisle a prendere le decisioni, la cosa era troppo importante e avrebbe messo in gioco la nostra vita, l'immortalità non avrebbe funzionato con gli Alieni! Nessuno di noi sarebbe rimasto a casa,
questa volta, se la missione fosse stata votata al fallimento, avremmo
lottato tutti e saremmo morti assieme.
La cosa mi sembrava giusta, ma non accettavo assolutamente l'idea
del fallimento. Ero troppo giovane io, in tutti i sensi, anche in quello assoluto visto avevo solo vent'anni in tutto e la mia piccolina ne aveva appena compiuto uno. Non avremmo rinunciato al nostro futuro per degli
assassini spaziali. Gli altri non poterono che mettersi a ridere alla mia
ostinazione e in fondo un po' di sano ottimismo non poteva che farci
bene.
Carlisle fece poi osservare due cose di vitale importanza. Nello spazio
non c'era aria e probabilmente la navetta non era attrezzata con un atmosfera respirabile, visto che, se erano simili a noi, gli alieni non ne avevaPag. - 103 - di - 155 -
no bisogno.
Questo, imprinting o non imprinting escludeva automaticamente i lupi
che dovevano respirare! La seconda cosa era ben più drammatica per la
riuscita della missione, purtroppo noi eravamo delle unità disattivatili
(un ringhio sommesso usci dalle nostre gole a quelle parole, nessuno
escluso) e sicuramente l'unità centrale era dotata di una backdoor che
avrebbe consentito ai nostri nemici di disattivarla anche se non erano
possesso del codice individuale. Se ci avessero individuati per loro era
possibile metterci tutti fuori combattimento con un click del mouse. Tutti meno una, di cui loro non avrebbero mai potuto sospettare dell'esistenza. Poteva, la piccola Nessie, da sola pilotare un astronave? Non avevamo dubbi sulle sue sviluppatissime capacità, ma era ancora troppo piccolina, ci voleva qualcuno ad aiutarla, un suo simile in tutto per tutto:
Nahuel! Saremmo riusciti a convincerlo ad aiutarci? Io pensavo di si, mi
ricordavo ancora di come mi osservava quando ci aveva conosciuti.
Chiedemmo ad Alice di andare nuovamente dove l'aveva trovato la prima volta e se possibile di riportarlo da noi. Alice annui senza problemi,
sarebbe partita la sera stessa.
Defezioni impreviste
La sera dopo i tre inseparabili partirono per la solita battuta di caccia.
Il grosso lupo, come sempre, faceva da battistrada, i due fratelli seguivano velocissimi e letali.
La serata era stupenda e anche se ormai l'autunno si stava avvicinando, era ancora tiepida. La luna era alta nel cielo, piena, diffondeva la sua
luce argentato sulla foresta, illuminando, qua e là, piccole radure. Non
era ancora giunto il momento in cui forse, l'avremmo considerata una
base spaziale, per ora era ancora la romantica luna dei poeti.
Alec aveva smesso gli abiti seriosi che indossava fra le schiere dei
Volturi optando per Jeans e camicia di flanella di sapore squisitamente
boscaiolo. Jane era un po più carina, scarponcini tipo militare fino a
metà polpaccio, gonnellina corta che le lasciava ampia libertà di movimento e maglioncino leggero a girocollo, chiaro. Tanto ormai aveva imparato così bene l'arte della caccia ai grossi alci che nemmeno una macchiolina di sangue avrebbe macchiato i vestiti. Seth era in versione lupo
e quindi usava il suo vestito in pelo naturale... Sfrecciavano veloci eviPag. - 104 - di - 155 -
tando gli alberi con precisione millimetrica, l'aria era tersa, leggera e le
tracce olfattive lasciate dagli animali erano facilmente individuabili. Tutto si concluse molto in fretta e, sulla strada del ritorno, Jane lasciò andare avanti Alec affiancandosi a Seth nella corsa. Di tanto in tanto Seth
volgeva il grosso muso verso di lei con uno sguardo carico di ammirazione per come volteggiava sinuosa nella notte e forse con altri
pensieri...
A poca distanza da casa giunsero in una di quelle piccole radure tanto
care a me ed Edward nei nostri pomeriggi di spensieratezza. Alec era ormai lontano e Seth riconobbe il posto in cui aveva lasciato i vestiti per
riprendere la sua forma umana.
Rallentò nella speranza che Jane, lanciata nella sua corsa lo precedesse abbastanza per dargli il tempo di rivestirsi. Ella rallentò a sua volta e
si fermò accanto a lui al centro della radura. Lui con un movimento del
muso, indicò verso il fastello appoggiato ad un albero in modo che non
potesse non notarlo. Jane capì quello che l'amico voleva dirgli, ma non si
mosse, anzi iniziò a carezzargli la testa, che a malapena riusciva a raggiungere, date le dimensioni del lupo.
La piccola radura era splendida, i meravigliosi fiori di lavanda la ricoprivano invadendola del loro profumo e del loro colore, solo a tratti interrotto del verde dell'erba. Jane non capiva cosa le stesse succedendo, o
meglio lo capiva benissimo, dei suoi trecentodiciassette anni solo i diciassette avevano preso il sopravvento. Il suo cuore, da poco ritrovato,
batteva all'impazzata nel suo petto di giovane vampira, l'amore per quel
giovane lupo la stava sopraffacendo. Il povero Seth, che di anni ne aveva
veramente diciassette, anche se la sua nuova natura l'aveva profondamente maturato, cominciava a perdersi sulle note della melodia che proveniva da quel cuoricino a cui l'imprinting l'aveva legato in maniera indissolubile.
Ad un tratto perse del tutto il controllo e riprese le sue sembianze
umane, rimanendo a terra sdraiato, completamente nudo, illuminato dalla luce della luna. Jane rimase abbagliata dalla perfezione di quel corpo
stupendo e non poté fare a meno di accarezzare delicatamente quel petto
muscoloso, di abbracciarlo, di posare le sue labbra sulle sue. Fu un bacio
dolcissimo, annegarono una negli occhi dell'altro, accarezzandosi i capelli, poi il mondo sparì da tutto intorno, rimanevano solo loro, abbracPag. - 105 - di - 155 -
ciati teneramente fra i fiori e la passione prese il sopravvento. Era quasi
l'alba quando ritornarono nel nostro mondo, solo qualche graffio più profondo del dovuto solcava il petto si Seth a ricordo della notte folle, ma si
stava cicatrizzando rapidamente. Anche lei si rendeva conto che qualcosa era cambiato, non era più una ragazzina.. Si ricomposero e abbracciati
stretti stretti, barcollando, per come si tenevano, tornarono verso casa.
Ridevano felici, di tanto in tanto, sfiorandosi le labbra con un bacio.
Jane non riusciva a dimenticare il fuoco che proveniva dalla pelle di
lui e sicuramente a lui non era dispiaciuto il contrasto con quella più
fredda di lei.
Alec li stava aspettando nervoso sulla soglia dello chalet, aveva voglia
di litigare con Seth per aver tenuto la sorella fuori per tutta la notte, ma
vedendo lo sguardo felice della ragazzina non ebbe il coraggio di dire
nulla.
Più tardi Jacob, che non era al corrente di niente, cercò Seth, dovevano andare a La Push, assieme a Leah perché Sam aveva bisogno di parlargli.
Rimasta sola Jane sentì il bisogno di confidarsi, di rendere partecipe
un'amica della gioia che aveva provato. Immagino che l'avrebbe fatto
più volentieri con Alice, ma venne da me che stavo seguendo Nessie nei
suoi giochi spensierati. Notai lo sguardo estasiato della ragazza, quando
mi disse.
“Bella, voglio raccontarti una cosa”
La feci sedere accanto a me e incominciò a raccontarmi la sua felicità,
di quanto amava Seth, di quanto era stata bene quella notte. Conoscevo
bene, quelle sensazioni, non potevo che gioirne assieme al lei, ma conoscevo anche le conseguenze!
“Siete stati attenti vero?”
mi guardò smarrita
“Cosa? Vuoi intendere per quello? Ma io sono una vampira...”
“Jane, tesoro, ho paura che tu non sia proprio del tutto una vampira”
“Vuoi dire che potrei......”
mi guardò con preoccupazione.
“Vedi Jane, ti voglio dire una cosa che non ti ho mai detto, tu sai
che cos'è l'imprinting nei licantropi?”
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“No, Seth non me ne a mai parlato”
“Ascolta, l'Amore che lui prova per te è assolutamente genuino, lo è
stato fin dal primo momento che ti ha conosciuto, ma c'è dell'altro..”
“Come dell'altro?”
“La sua natura, oltre l'amore gli ha imposto un legame molto più
forte con te: è l'imprinting”
“Vuoi dire che mi ama solo per questo imprinting?”
“Assolutamente no, ti avrebbe amata comunque, ma l'imprinting si
può manifestare solo se esiste la possibilità di procreare. Quindi questo
potere inconscio deve aver sentito che in te oltre a cuore e stomaco si
sono nuovamente attivati altri processi”
“Quindi potrei essere rimasta incinta?”
La guardai nei suoi occhioni azzurri e vidi spuntare una lacrima, come
avrebbe reagito adesso? Si sarebbe disperata? Avrebbe Maledetto Seth?
“Bella.... Bella, sarebbe meraviglioso!”
La tensione che stava salendo si allentò di colpo, la guardai e l'abbracciai forte, forte. Lei ricambiava l'abbraccio stringendomi e facendo colare le sue lacrime di gioa sulla mia spalla. Per fortuna eravamo entrambe
vampiri, se ci fosse stata una colonna di cemento in mezzo a noi l'avremmo sbriciolata come un grissino!
Dopo che ci fummo calmate, le spiegai che se era successo qualcosa,
l'avremmo potuto scoprire nel giro di una settimana , se le cose seguivano il decorso che avevano avuto con me.
Le dissi che dovevamo dirlo a Carlisle.
No, non voleva che la cosa trapelasse almeno fino a che non ne fosse
stata sicura, in un modo o nell'altro.
“Jane, lo diciamo al dottore, tranquilla, per lui il segreto professionale ha una grande valore, da lui nessuno saprà mai niente!”
“Va bene allora, ma per ora non voglio che Seth sappia nulla, non
voglio metterlo alla prova per qualcosa che potrebbe essere assurdo!”
Ci intrufolammo nello studio di Carlisle, senza farci notare dagli altri,
e mi presi l'onere di raccontargli i fatti. Il dottore aggrottò la fronte e per
prima cosa rimproverò Jane:
“Sei stata molto avventata ragazzina!”
poi le sorrise rassicurandola. Capiva che sicuramente i suoi genitori,
nella sua breve vita da umana, non avevano avuto modo di spiegarle
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qualcosa sul sesso, dato l'epoca in qui era vissuta. Dopo la sua trasformazione, la sua vita era trascorsa assieme al fratello, nella casa dei Volturi e non aveva mai avuto modo di avere contatti, se non per tristi motivi di nutrimento con altri giovani...
“Dai, non ti preoccupare, lasciamo passare una settimana e poi
facciamo un controllo ecografico, adesso torna da Alec, io ho bisogno
un attimo di Bella”
Lei intuii che il dottore voleva dirmi qualcosa che la riguardava, ma
preferì ubbidire e ci lasciò soli. Carlisle mi confidò di essere seriamente
preoccupato dalla cosa, ormai aveva capito cosa succedeva ad un umana
incinta di un vampiro: la morte certa della madre. Di vampire incinte
non esisteva nessuna casistica, sarebbe stata la prima se era successo.
Probabilmente il problema sarebbe stato l'opposto: il bambino poteva
non farcela ad uscire. Solo se avesse prevalso la natura vampiresca in lui
o lei, quindi come nel caso di Nessie, ci sarebbe riuscito. Se fosse stato
più umano (non dimentichiamoci che i licantropi sono assolutamente
umani fino all'adolescenza) non ce l'avrebbe mai fatta da solo e per praticare un cesareo avrebbe dovuto disattivare le nano-macchine in Jane. La
cosa poteva avere effetti letali per la ragazza e se non altro si sarebbe
riattivato il processo di trasformazione con tutte le conseguenze del caso.
Mi rendevo conto che la cosa era seria e cambiava parecchio la prospettiva per la nostra missione. Jane non avrebbe potuto venire con noi e
nemmeno Carlisle a meno di non condannare a morte o lei o il bambino.
Conoscevo inoltre un'altra persona che si sarebbe appiccicata alla nuova
maternità, come aveva fatto con me: Rosalie!
Tornando a casa nostra non ne feci parola con nessuno, nemmeno con
Edward, avrei temporeggiato per una settimana anche perché Alice non
sarebbe certamente tornata prima.
Jacob e Sam
Come immaginava, Sam voleva parlare a lui e a Seth della situazione
che si era venuta a creare fra loro e i Cullen.
“La cosa ci sta portando verso uno strano intreccio fra lupi e vampiri e non so se questo sia bene”
Iniziò Sam, era consapevole che la cosa riguardava essenzialmente il
gruppo di Jacob, ma come si sarebbero potuti mantenere i distinguo fra
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di loro, rispettare i confini visto che qualcuno di loro si era pressoché
imparentato con i vampiri...
“Magari qualcuno ci fa anche un cucciolo”
disse fra il serio e il faceto lanciando un occhiataccia a Seth.
“Suvvia Sam, lo sai che è fisicamente impossibile”
e arrossi fino alla radice dei capelli (e meno male che con la sua pelle
abbronzata non si vide nulla).
Sull'argomento anch'io volli dire la mia:
“Su questo non ne sarei così convinto, al posto tuo ci starei molto
attento. Dopo quello che è successo anche Jane è mezza umana e non è
escluso che ora funzioni tutto in lei...”
Questa volta Seth accusò il colpo, sbiancò in volto e si mise a sedere
prima che le gambe lo abbandonassero:
“Ehm, sarebbe così grave la storia del cucciolo, per voi?”
Lo fissai negli occhi e non mi ci volle molto a capire che non era stato
attento!
“E tu Seth, ti sentiresti pronto a diventare padre?”
divenne serio, e per la prima volta mi resi conto che non era più il ragazzino di un anno fa, l'essere diventato membro del branco aveva maturato anche lui, molto in fretta.
“Penso che ne sarei felice, Jacob, so che sarebbe una grandissima
responsabilità e che sono ancora molto giovane, ma penso che sarebbe
meraviglioso”.
Sam, probabilmente con aveva capito molto della situazione e pensava che il discorso fosse ancora a livello accademico. Disse che se la cosa
doveva succedere era meglio che succedesse più in la, che il cambiamento sarebbe stato difficile da digerire per tutta la tribù, ma che non era
del tutto convinto che fosse male, forse poteva aprire una nuova era.
Già, grandi cambiamenti si stavano preparando e io non avevo ancora
intenzione di rivelargli quanto stava accadendo con gli alieni, anche perché probabilmente mi avrebbe preso per pazzo. Verso sera tornammo
verso Forks, guardavo Seth e forse lo guardavo con una punta di invidia,
specialmente quando mi disse:
“Io la amo veramente, Jacob, cerca di capirmi”
Lo capivo eccome! sapevo cosa voleva dire amare, quanto avevo sofferto per Bella! Sapevo anche quali legami ci creava l'imprinting e lui
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era stato fortunato ad averlo con una sua coetanea, sia pur vampira. Io
forse sarei rimasto sempre lo zio Jacob anche quando Renesmee avrebbe
avuto diciotto anni....
Come previsto Alice tornò dopo una settimana dal suo viaggio in Sudamerica e per fortuna non era sola. Nahuel aveva accettato con entusiasmo e a lui si erano unite anche Lilen a Ayelén, due splendide ragazze
che intuii subito essere le due sorelle di cui ci aveva parlato l'altra volta.
Renesmee gli corse incontro felice, sentiva di essere accomunata a
quelli che erano la sua specie, la nuova speranza per l'umanità.
Le vidi toccarle il viso, allo stesso modo di come faceva Nessie, comunicavano fra di loro in silenzio scambiandosi le immagini delle loro
vite, sorridendo felici...
Alice ci venne incontro, ma cercava qualcun'altra con gli occhi e
quando la vide le corse incontro abbracciandola
“Eccola qui, la piccola birbantella!”
“Alice sai già tutto vero? Sarà maschio o femmina?”
“Ehi, non correre troppo Jane, non vedo ancora così lontano, ma
sento che andrà tutto bene”
Lo scambio di battute fra le due non era sfuggito ai presenti che si avvicinarono subito, con aria preoccupata.
“Oops, non avevi detto niente a nessuno?”
e si penti di essere stata cosi esplicita:
“Per il momento lo sapevano solo Bella e Carlisle...”
Edward mi guardò imbronciato
“Ecco cosa succede a non riuscire a leggerti il pensiero, riesci a
nascondermi cose di vitale importanza”
“Non ne eravamo sicure Edward, aspettavamo che Carlisle facesse
gli accertamenti del caso e bisognava aspettare ancora qualche giorno”
fu in quel momento che intervenne anche Carlisle
“Credo che a questo punto, abbia già fugato ogni dubbio Alice, ma
oggi le farò comunque una visita...”
Peccato che non avevo scommesso, perché avrei vinto alla grande,
Rosalie si era già attaccata a Jane e gli accarezzava il ventre con tenerezza.
“Vi prego, Seth non sa ancora niente, se dovesse venire, lasciate
che gli parli prima io...”
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implorò Jane. Rosalie non riusci a trattenere la solita battuta, di poco
gusto, sul fatto che avrebbe dovuto sopportare un altro cane per casa.
Jane le lanciò un occhiataccia, e, per fortuna si limitò solo a questo, perché sapeva che nonostante la sua avversione ai lupi, le sarebbe stata di
grande sostegno per i giorni seguenti..
Carlisle la visitò nel pomeriggio e non poté far altro che confermare
quello che Alice aveva previsto. Quello che stava succedendo era molto
simile a quello che era successo a me, il feto si sviluppava molto velocemente. Assieme ad esso si stava formando la spessa placenta simile alla
mia, impenetrabile all'ecografia e quindi non sarebbe stato possibile sapere se il bimbo fosse stato in grado di farcela o meno. Questo però non
volle farlo sapere a Jane, almeno per il momento.
Purtroppo anche questa volta le circostanze ci avrebbero impedito di
gioire di questa gravidanza, dovevamo partire subito, ci rimaneva ormai
poco tempo. Nostro malgrado forse non saremmo stati presenti neppure
al parto.
Fu incredibilmente difficile spiegare a Jacob perché non potesse venire con noi, ci volle tutta l'abilità mentale e l'amore di Renesmee per convincerlo. Certamente avrebbe vissuto la separazione dalla piccola con
grande dolore, ma il problema della probabile assenza d'aria era insormontabile. Non saremo mai riusciti a procurarci l'attrezzatura necessaria
per farlo respirare per tutto il tempo necessario alla missione.
Il momento arrivò il mattino seguente alla prime luci dell'alba.
Carlisle, Esme, Rosalie, Seth, Jacob e ovviamente Jane sarebbero rimasti. La piccola era mortificata per essere la causa della defezione di
alcuni di noi. Io e Alice cercammo di confortarla dicendole che era solo
un arrivederci, che il frutto d'amore che portava in grembo era troppo
importante per metterlo in pericolo. Forse rappresentava il futuro di tutta
la razza umana.
Ci abbracciammo tutti a lungo, senza parlare, Jane non riusciva a staccarsi dal fratello, i suoi occhi erano pieni di lacrime, come di quelli di
Jacob e Seth.
“Torneremo presto!”
gridai sbracciando mi dal finestrino della macchina che parti sollevando il ghiaino del vialetto. Edward guidava veloce, non voleva guardarsi
indietro e Alice lo seguiva, con la seconda macchina, a pochi centimetri
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infischiandosene delle distanze di sicurezza, con i suoi riflessi poteva
permetterselo.
Quelli che erano rimasti rimasero immobili, in silenzio a guardare le
due vetture che si allontanavano e rimasero così fino a che il rombo dei
motori non si perse lontano sull'autostrada...
La partenza
Il viaggio fino a Mosca fu molto lungo, ma non un problema, questa
volta non c'erano con noi lupi che potessero stufarsi. I quattro giovani
poi avevano la fortuna di poter dormire, ma riuscivano comunque ad
estraniarsi e rimanere, come noi immobili per ore, se lo avessero voluto.
Ovviamente di tanto in tanto ci muovevamo anche noi per non insospettire gli altri passeggeri, che comunque non ci prestarono particolare attenzione per tutta la durata del viaggio.
Arrivati a destinazione sbrigammo le formalità doganali, eravamo una
squadra di geologi americani alla ricerca di conferme sul sito geologico
di Berezovsky. Non destammo sospetti particolari, molti erano gli studiosi che cercavano di scoprire l'origine delle famose spirali nano-molecolari. Molto probabilmente gli Alieni erano già giunti sulla terra molto
prima del nostro antico, in quanto in quella zona si trovavano reperti risalenti a centomila anni prima. Ovviamente nessuno voleva accettarne la
provenienza da un altro mondo, cosa che per noi era molto più facile
comprendere, ormai.
Noleggiammo due robusti fuoristrada UAZ, avremmo dovuto percorrere più di duemila chilometri di strade, molti dei quali in pessime condizioni di fondo.
Ci vollero quasi due giorni, nonostante le soste fossero solo per fare
benzina e viaggiassimo giorno e notte. Per fortuna che nella foresta dei
monti Urali riuscimmo a trovare qualche lupo (di quelli normali) per sfamarci, altrimenti la sete avrebbe finito per procurarci qualche guaio...
Finalmente arrivammo alla base della montagna indicata sull'antica
mappa. Dovemmo abbandonare i fuoristrada, da quel punto si inerpicavano solo sentieri troppo stretti per le vetture. A complicare le cose ci si
metteva la stagione ormai inoltrata. La neve già imbiancava le pendici e
più in alto, verso la nostra meta era già molto spessa.
Edward estrasse, dalla sacca in cui la tenevamo nascosta, la famosa
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arma e se la mise al fianco nella fondina. Fra le mani aveva la scatoletta
che ci aveva consegnato Marcus. Dopo alcuni istanti dall'attivazione dell'arma anche il rilevatore alieno prese vita. Non era più solo un ronzio
quello che ne proveniva, ma un lieve ticchettio, che variava di intensità
a seconda di come Edward lo orientava. Aveva agganciato il segnale della navetta e ci stava indicando la strada!
Non mi piaceva molto quello che indicava, ma fortunatamente le nostre doti ci avrebbero permesso di raggiungere la meta senza difficoltà.
Avevamo preferito comunque infilarci dei caldi pellicciotti competi di
cappuccio, di foggia eschimese tanto per intenderci, non ero proprio sicura che non si potesse congelare anche un vampiro con quel freddo.
Procedevamo veloci lungo il sentiero scosceso, ma nonostante questo
camminammo per più di un giorno, e non era ancora finita.
Per fortuna Nessie e gli altri tre giovani dimostravano di avere una fibra esattamente come la nostra, nonostante la presenza di tutti gli organi
umani e la capacità di respirare, mangiare e dormire non sembravano
averne realmente bisogno.
Certo era che se non ingerivano cibo umano, dopo qualche giorno in
loro si scatenava la sete. Arrivammo ad un punto dove il sentiero finiva e
vidi i tre ragazzi che ci precedevano bloccarsi di colpo annusando l'aria
ghiacciata. La piccola Nessie fu più veloce. Li superò con un balzo arrampicandosi sulla parete rocciosa fino ad una piccola cengia scomparendo alla nostra vista. Tornò di li a poco con aria visibilmente soddisfatta:
“Ve ne ho lasciato qualche sorso, se volete favorire prima che congeli....”
Un povero stambecco credeva di essere al sicuro su quelle cime...
Lasciammo ai ragazzi quel poco che era rimasto del sangue dell'animale e continuammo seguendo il ticchettare dell'apparecchio che si faceva sempre più intenso ad ogni metro percorso. Salimmo lungo un camino roccioso fino a che questo non si apri in una stretta gola, alla fine della quale ci ritrovammo nella radura che Marcus ricordava nel suo racconto.
Non fu difficile trovare la grotta e la scala che portava alla caverna
della navetta. Era esattamente come l'aveva descritta Marcus. Non era
enorme anche se un diametro di una ventina di metri la rendeva più o
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meno lunga quanto un autotreno, non aveva la forma del disco volante
dei cartoons, era più ellittica che circolare. Quella che doveva essere la
parte posteriore presentava una sporgenza a forma di parallelepipedo,
più alta e più larga della nave, che sporgeva per circa due metri, sicuramente lo scarico di qualche tipo di propulsione.
Nessuna apertura o finestratura sembrava essere presente nello scafo
completamente liscio. La cosa più stupefacente era l'assenza di qualsiasi
dispositivo di appoggio a terra. Era semplicemente sospesa nell'aria a
qualche metro dal pavimento della caverna, immobile senza emettere alcun rumore.
Da quando eravamo partititi da Mosca avevamo viaggiato in silenzio,
senza mai scambiarci una parola, ognuno di noi era rimasto assorto nei
propri pensieri, quasi fossimo già nel vuoto dello spazio. Fu Jasper il primo a rompere questo voto del silenzio:
“Bene, fratelli abbiamo guardato abbastanza, è il momento di salire a bordo! Se qualcuno avesse qualche dubbio su quello che stiamo facendo, questa è per lui l'ultima occasione per rinunciare e tornarsene a
casa!”
Nessuno di noi, aveva contemplato nemmeno per un attimo questa
ipotesi e forse per la tensione scoppiammo tutti a ridere a quella che ci
sembrò una frase fatta.
“OK, allora, Edward prendi la chiave da sotto lo zerbino e apri la
porta”!
Questa volta la tensione era già allentata e ridemmo di gusto alla battuta di Jasper. Edward impugnò l'arma e, come ci aspettavamo, un'apertura si aprì sulla parete liscia facendo scendere la scaletta.
Una volta a bordo ci accolse una luce fioca che mostrava a malapena i
contorni delle superfici interne, ma per la nostra vista da vampiri, non fu
certo difficile trovare il vano in cui l'antico inseriva l'arma. La nave prese subito vita, le luci della cabina si accesero e uno dopo l'altro i pannelli
di controllo si popolavano di spie luminose, quadranti digitali, monitor
di controllo. Come per incanto la parte anteriore della cabina diventò trasparente e la caverna riapparse ai nostri occhi, più illuminata, forse dalle
luci esterne della navetta. A questo punto tutte le nostre speranze di far
funzionare quello che avrebbe dovuto funzionare erano riposte nei nostri
giovanissimi compagni: tutte le indicazioni e i monitor erano in lingua
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aliena. Nessie si sedette subito ad una delle console e cominciò divertita
a scrutare i vari controlli. Fu Nahuel comunque, che si sedette a quella
che doveva essere la console principale. Rimase un po' assorto a fissare
il monitor più grande e capimmo subito che riusciva ad interpretare con
facilità le indicazioni che riportava. Dopo qualche minuto si rivolse a noi
che attendevamo con ansia qualche spiegazione:
“Credo che siamo a bordo di una navetta completamente automatica, è programmata per raggiungere l'astronave madre e lo farà da sola.
I comandi manuali sono pochi e credo servano per il ritorno, per atterrare nuovamente qui o in un altro posto sulla terra, ma solo per l'avvicinamento finale, il resto lo fa da sola, basta inserire le coordinate nel
computer.”
gli fece eco la voce squillante di Nessie
“E' vero mamma il computer che è davanti a me serve proprio a
questo, guarda c'è una mappa dettagliata della terra”
Era vero! Ci fece vedere le mappe che scorrevano a video spostate dai
rapidi movimenti della sua mano sullo schermo. Erano molto vecchie,
però, si potevano scorgere solo pochissime città, assenti del tutto nel
Nord America!
“Vedi mamma, qui dice che si possono aggiornare, è sufficiente
solo fare qualche orbita attorno alla terra e il sistema di rilevazione le
aggiorna!”
Guardavo quegli incomprensibili caratteri che indicava sullo schermo
del computer come una mucca quando guarda passare un treno.... Ero orgogliosa di mia figlia e la abbracciai con trasporto.
Alice chiese a Nahuel se si poteva capire dove era l'astronave madre,
in quanto la schermatura della navetta le oscurava qualsiasi visione.
“Credo che le coordinate siano quelle della Luna, della faccia nascosta della Luna”
disse. Intervenne Edward:
“Credo che la missione ci metterà a dura prova, ho l'impressione
che i nostri poteri non funzionino a bordo di queste navi, anch'io non
sento più i vostri pensieri.”
Maledizione, diceva il vero, anche il mio scudo non si estendeva più!
Potevamo contare solo sulla nostra forza fisica ed era sicuramente gran
poca cosa contro un esercito di migliaia di mostri più grandi di noi.
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“Dobbiamo andare avanti comunque”
dissi,
“Sono sicura che sulla nave madre troveremo qualcosa per combatterli, sicuramente potremo farlo solo con le loro stesse armi”!
“Vero”
disse Jasper
“Nahuel, portarci sulla luna allora!”
Il ragazzo si rivolse alla sorella seduta alla sua destra, di fronte ad un
altro monitor dove una telecamera inquadrava il soffitto della caverna,
da più angolazioni, anche dall'esterno: “Apri la copertura Ayelén!” Ella
manovrò alcuni comandi e il monitor che inquadrava la volta dall'esterno
cominciò a mostrare del vapore che iniziava a fuoriuscire dalla neve. La
volta si stava scaldando e scioglieva la massa nevosa che la bloccava,
dopo alcuni minuti la radura si era trasformata in un piccolo lago che defluiva rapidamente dalle fenditure della montagna precipitando verso
valle.
Immagino se ci fosse stato qualcuno in osservazione!
Probabilmente nessuno avrebbe notato nulla, il tempo era pessimo ed
eravamo gli unici in quella zona impervia. Non ci volle molto prima che
comparisse la copertura metallica dove l'umidità rimasta evaporava per
il calore in una densa nebbiolina. Ed iniziò ad aprirsi scomparendo ai lati
del cratere, senza alcun rumore. Mi accorsi che stava nevicando copiosamente, bene, la volta sarebbe stata nuovamente ricoperta in breve tempo
e le nuvole avrebbero nascosto la nostra salita.
Fu la volta di Nahuel, non dovette fare molto, solo avviare il ciclo automatico. La navetta iniziò a salire in verticale, assolutamente silenziosa,
probabilmente sollevata da un motore antigravitazionale, che le consentiva di lasciare la terra come un ascensore. La velocità aumentava in maniera graduale, ma con una progressione incredibile. Lilen dal suo monitor controllava le attività di radar e comunicazioni militari, ma nessuno
dava segno di allertarsi, probabilmente la navetta era invisibile alla tecnologia terrestre!
Uscimmo dall'atmosfera in una manciata di minuti, i grossi motori posteriori si accesero ad impulso per pochi secondi per poi tornare silenziosi. L'accelerazione imposta alla navetta doveva essere stata spaventosa,
ma nulla si percepiva all'interno.
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Da come vedevamo rimpicciolirsi la terra stavamo viaggiando a circa
cento chilometri al secondo, cento volte la velocità di una pallottola di
fucile, in circa un ora saremmo stati in orbita lunare.
Guardai i ragazzi alle console e notai che la loro espressione era leggermente cambiata, dopo un po capii cosa era successo: avevano smesso
di respirare e il loro cuore era quasi completamente fermo! Come avevo
immaginato non era stata prevista aria in cabina. Era meraviglioso osservare come il loro organismo, del tutto simile a quello umano si era immediatamente adattato alla nuova condizione. Certo per Jacob e Seth
avrebbe significato la morte, avevamo fatto la scelta corretta lasciandoli
a casa!
Come previsto, dopo un’ora, la navetta era in orbita lunare, ruotò su
se stessa, posizionando i motori contrari alla direzione di marcia e li
azionò per alcuni secondi. La decelerazione avrebbe dovuto polverizzare
la piccola nave, ma incredibilmente, come era avvenuto alla partenza, si
fermò, sincrona alla rotazione della luna ed iniziò la discesa perpendicolarmente alla superficie lunare, l'ascensore stava scendendo!
Notammo che eravamo sulla faccia nascosta della luna, la terra era era
nascosta alla nostra vista, stavamo scendendo in un enorme cratere, sconosciuto alle esplorazioni umane. Dove avrebbe dovuto trovarsi l'immaginario diametro vi era una strana catena montuosa, che non avrebbe dovuto trovarsi li, e noi vi stavamo scendendo accanto. Ne sfiorammo la
cima quando eravamo a cinque seicento metri dalla superficie. Eravamo
abituati al soprannaturale, facendone noi stessi parte, ma quello che stavamo vedendo era al di fuori della nostra comprensione. Guardavamo
allibiti la parete della montagna mentre la navetta la affiancava e si preparava a fermarsi vicino alla sua base. Non era una montagna, era il nostro obbiettivo, era l'astronave madre!
Indossammo le sottili tute termiche che avevamo trovato nella stiva
della navetta (la temperatura era vicina allo zero assoluto e anche noi
come probabilmente gli alieni, ci saremmo congelati. Anche queste non
erano dotate di respiratore.
Uscimmo dalla navetta incapaci di profferire parola con lo sguardo incollato a quella cosa immensa che se ne stava immobile nello stesso
modo in cui avevamo trovato la navetta : sospesa ad una ventina di metri
dalla superficie della luna, non era lunga meno di una trentina di chiloPag. - 117 - di - 155 -
metri, larga quasi cinque, l'altezza l'avevamo stimata scendendo in seicento metri, ma poteva benissimo essere anche un chilometro!
Chissà dovere l'entrata? Fu Ayelén a risolvere subito il problema, dalla sua console azionò un comando che fece scendere dalla nave una specie di tubo telescopico che doveva essere il vano di un qualche tipo di
ascensore. Prima di salire a bordo prendemmo con noi le scorte di sangue animale che avevamo portato dalla terra. Un dubbio mi assalì rendendomi conto che non erano poi così abbondanti. Come ci saremmo
nutrititi qualora il viaggio fosse durato a lungo? Forse avevamo intrapreso un viaggio senza ritorno. L'unica nostra speranza era di riuscire a fermare l'invasione e salvare l'umanità da quello che la attendeva. Sulla terra avevamo lasciato alcuni dei nostri più cari affetti e la cosa più importante, la vita che stava crescendo nel grembo di Jane, la prima frutto dell'unione di tutte tre le razze: quella umana, a cui sicuramente apparteneva Seth, quella dei lupi alla quale Seth apparteneva durante le mutazioni
e quella dei vampiri rappresentata dalla piccola Jane. Si, il nostro sacrificio aveva un grande significato!
Seth e Jane
Appena le macchine si furono allontanate e lo smarrimento per la separazione fu, per il momento, superato Jane cercò la calda mano di Seth
e la strinse forte.
“Vieni, facciamo due passi, ti devo spiegare perché non sono partita”
Lo guardava con i grandi occhi azzurri spalancati, sul suo viso tenerezza e preoccupazione, anche se in cuor suo sapeva come avrebbe reagito Seth. Anche lui la fissò negli occhi e il suo sguardo voleva già rassicurarla. Aveva già capito cosa lei stava per dirgli, la rivelazione di Jacob
su quella possibilità, lo aveva già parzialmente preparato.
“Seth, aspetto un bambino, il nostro bambino!”
E si mise in attesa della risposta con gli occhi luccicanti.
La risposta del ragazzo non si fece attendere, fu un tenerissimo e lunghissimo bacio che sembrava non finire mai, poi lui le spostò con dolcezza i capelli dal viso, per meglio sussurrargli all'orecchio
“E' la notizia più meravigliosa che tu potessi darmi, Ti Amo tantissimo!”
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Si sciolsero entrambi in un pianto liberatorio fatto di baci sul viso, di
abbracci, di carezze; le mani di lei pettinavano dolcemente i capelli corvini del ragazzo mentre lui accarezzava la testolina bionda.
Le uniche parole che riuscivano a dirsi erano “Ti Amo”. Il calore di
lui contrastava con la freschezza, forse un po' eccessiva di lei, ma questo
non li infastidiva affatto, sembrava che la dolcezza sarebbe dovuta durare per ore. Fu lei la prima a distaccarsi dall'abbraccio.
“Seth?”
“Dimmi Amore mio?”
“Cosa si usa fare fra la tua gente adesso? Intendo prima che sappiano tutti del bambino?”
“Beh, credo che dovremmo..”
“Sposarci? Si, ti prego, voglio sposarti Seth”
Ecco qui stava la differenza fra me e Jane. Quando Edward me lo
chiese io ero molto titubante, più ragazza moderna al passo con il secondo millennio, lei invece era una ragazza del diciassettesimo secolo e non
sognava altro che il matrimonio. Seth le spiegò che le loro tradizioni erano diverse da quelle dei visi pallidi, la cerimonia era molto più semplice
e i festeggiamenti meno sfarzosi. Non le importava, voleva solo unirsi a
lui per l'eternità (e non era una metafora...).
“Dobbiamo dirlo alla tribù, ma per questo credo che ci dovranno
aiutare Jacob e Sam, vieni andiamo subito a chiederglielo”
Jacob, che già era al corrente di tutto, dopo aver sbeffeggiato un po' il
ragazzo, disse che, vista la velocità con cui funzionavano ultimamente le
cose era meglio non perdere tempo (che bello quando c'erano nove mesi
di tempo) visto che la tradizione prevedeva la sposa “vergine”.
Certo, Sam e Billy era meglio che fossero preparati, ma non era necessario che lo sapessero proprio tutti. Si fece prestare le chiavi della
Volvo di Edward e partirono subito tutti e tre alla volta di La Push.
Quando furono a casa di Sam scesero dalla macchina Jacob e Seth
mentre Jane rimase in macchina. C’era infatti molta tensione intorno alla
casa, ne avevano percepito l'odore e di fronte ad un mortale nemico sulla
loro terra, in barba al trattato, erano pronti ad attaccarla.
Si trattenevano perché sapevano che il branco di Jacob era molto vicino ai Cullen, ma non capivano come avesse osato portarne uno sulla loro
terra. Sam invece, se la aspettava e con un gesto tranquillizzò Paul, Jared
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e Quil che stavano per trasformarsi, mentre Emily, incuriosita stava appoggiata all'uscio di casa.
Nonostante la macchina si fosse fermata a qualche decina di metri dalla casa la vista acutissima dei tre gli aveva permesso di riconoscere la ragazza.
“Sam, quella non è una Cullen, faceva parte di quelli che ci hanno
attaccato l'anno passato!!”
Anche se Sam era un po' infastidito da quella presenza continuò a
tranquillizzare i suoi.
“Calmatevi, guardatela bene e soprattutto ascoltate, non è più la
stessa!”
Fu Paul, come al solito il più agitato, a calmarsi per primo:
E' vero, guardatele gli occhi, non sono più rossi sono azzurri, e.. e il
suo cuore, batte!!”
Emily che aveva sentito Paul fu la prima ad allentare la tensione scoppiando in una risata:
“Non mi dite un'altra vampira a metà! E allora scommetto che centra qualcosa anche Seth|”
Prese la parola Sam
“Seth, ne abbiamo parlato appena la settimana scorsa!, non mi dire
che avevo ragione a preoccuparmi!”
“Mi devi credere Sam, non sapevo proprio che fosse possibile, ma
l'imprinting , e poi io la Amo e... abbiamo deciso di sposarci!”
Sam si lascio cadere le braccia lungo i fianchi e rimase in silenzio.
Gli altri, che avevano seguito lo scambio di battute, non ci misero
molto a capire. Rimasero un po' a guardarsi, poi scoppiando a ridere si
gettarono su Seth ingaggiando una finta lotta sull'erba davanti alla casa.
Lo prendevano in giro per il fatto che proprio il più giovane di loro aveva già avuto l'imprinting e con una mezza vampira e che aveva addirittura deciso di sposarsela. Ridevano e continuavano a darsela di santa ragione, tanto non potevano farsi male. Emily, allora, chiamò Jane :
“Vieni dentro dai, non c'è più pericolo, per oggi si mangiano solo
brioche, niente costolette di vampiro!”
Lei scese dalla macchina ed entrò in casa, evitando il gruppetto di
contendenti, assieme a Jacob e Sam. Emily mise subito al centro del tavolo delle brioche calde di forno e alcune tazze di cioccolata calda.
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“Mi dispiace mia cara, ma quello che bevi tu qui non lo
teniamo....”
Jane riuscì a stupire tutti, prima se stessa e poi Seth e gli altri che
erano appena rientrati:
“Veramente, non riesco a resistere al profumo, mi fanno proprio voglia”
disse prendendone una e dimostrando veramente di gradirla
“Sono proprio buone, mi sa che negli ultimi duecento anni mi ero
persa qualcosa!”
Scoppiarono tutti a ridere a crepapelle, persino Sam, che dovette sicuramente pensare che ormai le sue certezze stavano andando a farsi friggere...
Jacob divenne pensieroso, dunque lui o lei era diverso dalla sua Nessie, aveva voglia di cibo umano e aveva influenzato anche l'ignara madre... In cuor suo iniziò a sperare che fossero solo differenze alimentari e
che il bimbo riuscisse ad uscire da quel corpo d'acciaio senza subire danni...
Sam parlò a lungo, spiegò che se si volevamo rispettare le tradizioni,
per il momento solo Billy sarebbe stato messo al corrente, gli altri anziani della tribù, non avendo le capacità olfattive di quelli che si erano trasformati non sarebbero stati in grado di riconoscere la vera natura di
Jane.
Billy doveva sapere solo dell'imprinting, del bambino lo avrebbero
messo al corrente solo dopo la nascita, dopotutto dovevano essere sicuri
della sua natura, visto che anche questa volta sarebbe stato il primo di
una razza sconosciuta.
Jane e Seth erano più che convinti che sarebbe stato un bambino meraviglioso e del tutto normale e nemmeno Sam e Jacob volevano contraddirli più di tanto. Comunque i due accettarono di temporeggiare con
Billy pur che si potesse coronare il loro sogno di sposarsi.
Era un po' che non si celebravano matrimoni fra i Quileute, anche
Sam non aveva ancora saputo decidersi con Emily, comunque conoscevano bene la tradizione e la spiegarono. Jane fu entusiasta della semplicità della cerimonia, l'unico suo cruccio era quello di essere un orfanella,
ma convenne con gli altri che purtroppo non era possibile coinvolgere
Carlisle ed Esme..
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Emily si offri di fare la parte della famiglia di Jane e di passare la notte con lei nella tenda, per permettere a Seth di portare la dote cerimoniale.
In realtà il corteggiamento sarebbe dovuto durare più al lungo, ma era
meglio accelerare i tempi visto che quella era la parte riservata solo ai
familiari ed era puramente coreografica.
La cerimonia vera e propria si sarebbe svolta dopo un paio di giorni
alla presenza di tutti gli anziani.
Sam incarico Paul di recarsi a casa di Billy per accompagnarlo da loro
per metterlo al corrente. Nel frattempo gli altri, con entusiasmo presero
nel magazzino della casa tutto il necessario ad attrezzare i tepee che sarebbero serviti alla cerimonia. Li avevano preparati da tempo per quando
Sam si sarebbe deciso con Emily..
Quando arrivò Billy Black ne rimase stupito vedendoli, sentiva che
non potevano essere per Sam e si affrettò verso Jacob per avere spiegazioni.
In cuor suo era contrario a questo tipo di unioni, tanto aveva fatto per
convincere Charlie ad allontanare Bella da Edward. Alla fine però, aveva
dovuto ammettere che quello che era successo forse non era stato un
male, la nascita di Renesmee sicuramente era stata importante per il futuro di tutti.
Questa volta la cosa li riguardava ancora più da vicino. Le spiegazioni
di Jacob di quanto aveva fatto il dottore, che lui stimava molto, lo tranquillizzavano un po', forse i vampiri potevano essere umanizzati, almeno
quelli che già erano vegetariani e quindi innocui per la razza umana.
L'unione con uno della loro razza e una vampira 'modificata' forse si
poteva fare. Alla fine decise, avrebbe convocato il consiglio e gli altri
della tribù per la cerimonia. Nessuno però avrebbe dovuto conoscere la
vera natura della sposa.
Scese la sera e Jane andò a dormire nel tepee a lei riservato per permettere, l'indomani, la cerimonia del corteggiamento.
Prima di andare a dormire, però supplicò il sempre più esterrefatto
Seth di procurarle la cena che di cui sentiva una voglia irrefrenabile. Un
pollo arrosto con patatine!! Lo mangiò con gusto cercando di contenersi
dalla voglia di farne un solo boccone e, incredibile, si bevette anche un
bicchiere di birra!
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Ormai era chiaro che il bambino che cresceva in lei stava facendo il
miracolo e tutti riuscirono a tranquillizzarsi veramente, andando a dormire senza paure....
Quando Jane si svegliò al mattino, trovò Emily accanto a lei. Le aveva
portato un delizioso abito tradizionale dei Quileute (non ancora quello
più rifinito che avrebbe indossato alla cerimonia nuziale). La aiutò ad intrecciare i biondi capelli formando un unica lunga treccia laterale. Così
sistemata, con i mocassini ai piedi, sembrava proprio un'autentica graziosa indiana dei tempi passati...
A ricordarci che eravamo nel ventunesimo secolo ci pensarono gli altri che si erano armati di telecamere e macchine fotografiche aspettando
l'arrivo di Seth. Non si fece attendere, arrivò splendido nei suoi diciotto
anni, un paio di pantaloni in pelle sfrangiata, il torso nudo e lucente di
oli essenziali, una fascia circondava la sua fronte e sosteneva una penna
d'aquila.
Con forza teneva per le briglie due splendidi stalloni neri, scalpitanti,
li legò a fianco del tepee di Jane. Ora la ragazza sarebbe dovuta uscire e
prendersi cura dei due splendidi animali in segno del suo apprezzamento
del dono e di conseguenza di chi l'aveva fatto.
Purtroppo le cose non sembravano andare come tutti desideravano. I
due cavalli fiutarono l'odore del terribile predatore che stava per uscire
da quella tenda e si imbizzarrirono. Col terrore che li scuoteva si impennavano cercando di spezzare le briglie per fuggire.
Jane usci dalla tenda con gli occhi pieni di disperazione, non poteva
succederle questo, non voleva fargli del male, non doveva finire così!
Tanta fu la sua agitazione, che per un attimo dalla sua mente si sprigionò
il suo terribile potere.
Invece di cadere a terra in preda agli spasmi i due animali improvvisamente si calmarono, Jane, in una frazione di secondo realizzò che la maternità, oltre al suo corpo, stava modificando anche i suoi poteri! Continuò ad esercitarlo fino a che i due stalloni cominciarono a leccare le zollette di zucchero che gli porgeva con la mano. Proseguì poi, come le
avevano insegnato, a strigliarli i possenti fianchi facendo brillare ancora
di più il nero mantello. Il dono era stato accettato! I flash scattavano a
raffica e un ululato di gioa proruppe dalle gole di tutti i presenti, Seth e
Jane erano ufficialmente fidanzati.
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Jacob che aveva capito quello che era successo si affrettò comunque a
riportare nella stalla i due animali per permettere a Jane di fermare il suo
potere e rilassarsi anche lei. Passandole accanto le sussurrò in un orecchio
“Complimenti, diventi sempre più simile ad un angioletto”
Gli altri, Seth compreso, pur avendo sentito benissimo, non ne afferrarono il senso e continuarono le loro manifestazioni di allegria. Seth prese
il coraggio e la baciò sulla bocca, davanti a tutti, sollevando un coro di
fischi di approvazione.
Arrivò anche il giorno della cerimonia. Tutta la tribù si era riunita.
Gli anziani e gli invitati indossavano tutti gli abiti tradizionali, sembrava di essere nel diciottesimo secolo e Jacob sperava che non arrivassero i cavalleggeri del generale Custer a rovinare la festa (sorrise al pensiero che questa volta le cose sarebbero andate diversamente, visto che
c’erano in giro zanne molto robuste...).
Jane sembrava proprio la dolce Pocahontas, colore dei capelli a parte,
nella sua tutina in pelle color oro piena di frange, i mocassini e lo splendido ciondolo con topazio blu che portava al collo (un regalo di Aro, che
proprio non si era sentita di buttare).
Aspettava seduta nel suo tepee il fidanzato. Seth era un po' più composto del giorno prima, indossava anche una giacchetta in pelle con le
frange, ma il suo petto muscoloso restava in bella mostra visto che non
vi era traccia di bottoni. Dopo aver salutato con riverenza gli anziani egli
si recò al tepee dove Jane lo stava aspettando. Emily, con lei, consegnò
la mano della ragazza in quella di Seth che la accompagno con una certa
solennità al tepee più grande, quello che simboleggiava la nuova casa familiare.
Jane entrò, accese il focolare che si trovava al centro e si sedette alla
destra del fuoco.
A questo punto entrò anche Seth e si sedette di fronte a lei.
Tutto qui, ora erano ufficialmente marito e moglie.
Un lungo applauso dei presenti accompagnò il momento culminante e
segnò l'inizio delle danze di festeggiamento. Danzarono tutta la notte intorno al falò e non avrebbero smesso mai.
Gli anziani se ne andarono per primi, dopo aver imposto la loro benedizione alla nuova coppia. Piano piano tutta la tribù se ne andò a casa,
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ma era già l'alba quando il falò si spense.
Jacob decise che era giunto il momento di congedarsi e tornare verso
casa Cullen anche perché Carlisle forse aveva già pensato che fossimo
fuggiti con la macchina di Edward, visto che mancavamo ormai da quattro giorni. A casa fu Jane a spiegare tutto e ne furono felicissimi, compresero la decisione di non averli invitati e la ritennero giusta. Esme aggiunse che non appena fossero tornati gli altri avrebbero regolarizzato le
posizioni dei due ragazzi davanti alla legge dello stato e sarebbe stata
l'occasione di una nuova festa.
Più tardi Seth trovò Jane seduta in poltrona tutta indaffarata a intrecciare strisce di morbida pelle di cerbiatto, cercando di realizzare il portainfante della tradizione indiana, come le aveva insegnato Emily...
Verso l'ignoto
Prendemmo posto nell'ascensore e Nahuel sfiorò con un dito quella
che doveva essere l'indicazione per la sala controllo della nave. L'elevatore partì accelerando gradatamente fino a raggiungere una velocità impensabile per un normale ascensore. Nonostante ciò impiegò diversi minuti a raggiungere la destinazione.
La sala di controllo non era in proporzione con le dimensioni della
nave, direi che le sue dimensioni erano quasi le stesse della navetta che
ci aveva condotto fino a li. I controlli erano più o meno li stessi, vi era
solo qualche consolle in più: da quanto ci fu dato di capire una era relativa al controllo degli armamenti di cui la nave era dotata e una al controllo delle stive di carico. Sembrava evidente che anche questa nave, nonostante le dimensioni, poteva essere controllata da un equipaggio molto
ridotto, non era una nave da combattimento, nonostante gli armamenti di
cui era dotata, era sicuramente una nave da carico. Già ma che carico doveva trasportare?
Temevamo di conoscere la risposta, ma decidemmo comunque che
avremmo esplorato la nave. Edward infilò l'arma (o dovevamo definirla
'coltellino svizzero' visto che serviva praticamente a tutto) nel solito alloggiamento e tutto prese vita. Ora la nave era completamente illuminata
e, come era successo per la navetta, la parte anteriore della cabina era diventata trasparente. Lo spettacolo dell'universo che ci si presentò era di
sicuro effetto, peccato che non eravamo li per turismo.
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I nostri quattro piloti presero posto alle console di controllo ed iniziarono a studiarle, per capire quale sarebbe dovuto essere la nostra rotta
per giungere alla destinazione che ancora era a noi ignota.
Li lasciammo al loro lavoro e iniziammo l'esplorazione della nave. Il
primo ponte che si presentò era probabilmente quello che faceva funzione di portaerei, consentendo il decollo delle navette. Alcune centinaia
erano immobili ai lati della pista, del tutto simili a quelle che ci avevano
condotto li. Con molta probabilità l'equipaggio sarebbe giunto a bordo
delle tre grosse navi da guerra che avevo intravisto nella mia visione.
Tutte le navette erano già attive (probabilmente si attivavano assieme
al resto della nave) quindi le scalette erano calate, pronte per l'imbarco.
Jasper salì assieme a Emmett a controllarne una e sicuramente quello
che videro all'interno non gli piacque, perché scesero abbastanza turbati.
“Cosa c'è di diverso?”
“Quello che temevo, purtroppo! Scendiamo al ponte inferiore, devo
avere una conferma alle mie supposizioni!”
In più punti, ai lati della pista vi erano dei vani che scendevano verso
il cuore della nave, ma sembravano più che altro destinati ad accogliere
una sorta di carico proveniente dalle navette, piuttosto che personale.
Trovammo alla fine quello che cercavamo, un ascensore, o meglio una
piattaforma, visto che non aveva pareti, che scendeva all'interno della
stiva.
Quello che si presentò ai nostri fu uno spettacolo maestoso e allo stesso tempo terrificante.
Tutto quello che restava dell'immensa nave era un unico locale! Allineati al suo interno in file interminabili, migliaia, anzi milioni di contenitori cilindrici. Erano trasparenti, circa un metro di diametro per due di
altezza, all'interno un liquido verdastro di consistenza gelatinosa. Alcuni
tubi uscivano dai cilindri e si collegavano ai collettori che correvano lungo le pareti dell'incredibile locale. All'interno dei cilindri i tubi si diramavano in diversi tubicini che terminavano ognuno con un ago simile a
quelli usati per le flebo.
“Dunque è questo!”
esclamò Edward
“Tutti i nostri più terribili dubbi si sono avverati”
La nave, altro non era che un'immensa cisterna per sangue umano! La
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cosa più orribile era che gli esseri umani sarebbero stati mantenuti in
vita, all'interno dei cilindri, per essere “bevuti” all'occorrenza. Sconvolti
tornammo in sala comando per mettere al corrente gli altri delle nostre
scoperte terrificanti.
Altre novità sulla missione ci stavano attendendo.
“Abbiamo scoperto da dove provengono gli Alieni, mamma!”
L'analisi dei computer di bordo aveva quindi rivelato quella che probabilmente sarebbe stata anche la nostra meta.
Fu Ayelén a iniziare la spiegazione delle loro scoperte. Si tratta di un
pianeta esterno al nostro sistema solare e non orbita intorno al nostro
sole, ma ad un altro corpo celeste molto scuro e quindi freddo. La sua
orbita è ellittica e circa ogni cinquemila anni terrestri si avvicina abbastanza ai pianeti più esterni del nostro sistema solare, tanto da permettere
a navi come questa di raggiungerlo. Prese la parola Nahuel:
“Ho esaminato le caratteristiche di questa nave: è dotata di soli
motori ad impulso, quindi è solo in grado di raggiungere velocità subluce dell'ordine massimo di circa duecentocinquantamila chilometri al
secondo e quindi combinando i miei dati con quelli di Ayelén ci vorrà
circa una anno per giungere a destinazione”.
“Dalla mia console risulta che le armi di bordo siano abbastanza
potenti”
esordi Lilen
“Oltre allo scudo protettivo, ci sono cannoni frontali e lungo i due
lati dello scafo. Quelli anteriori sembrano molto potenti e con gittata
superiore, i laterali però, pur a corto raggio, hanno un incredibile volume di fuoco”
Pensai che probabilmente nel loro sistema avessero altri nemici, altrimenti non si spiegava perché un cargo fosse così armato, solo per degli
inermi terrestri.
Jasper a questo punto toccò un argomento cruciale:
“Non abbiamo scorte di cibo per un viaggio così lungo, moriremo
sicuramente di fame prima di giungere a destinazione!”
“E' vero”
disse Edward
“Però ho una teoria da verificare, se sbaglio, temo che dovremo desistere e tornare a casa ad aspettare la fine del nostro mondo!”
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Aveva ragione, sicuramente saremmo riusciti a sabotare la nave per
impedirgli di utilizzarla per il ritorno, ma questo non avrebbe sottratto la
terra alla vendetta degli alieni, che probabilmente avevano armi per distruggerla!
Noi dovevamo prima attaccare e distruggere le astronavi da guerra,
solo questo li avrebbe fermati, perlomeno per altri cinque millenni, visto
che il loro pianeta si sarebbe presto allontanato senza dargli il tempo di
riorganizzarsi.
“Dai Edward, non farci stare sulle spine, dicci a cosa hai pensato!”
disse Emmett che cominciava a stufarsi e sentiva il bisogno di azione.
“Stavo pensando che il nostro metabolismo è molto simile a quello
umano e che quindi il liquido contenuto nei cilindri, se serve per conservare la vita umana, potrebbe anche essere un nutrimento per la nostra
specie”.
“Se solo potessi vedere qualcosa, potrebbe anche essere velenoso!”
disse sconsolata Alice che ormai, da quando aveva scoperto di non
avere più il suo potere, si teneva in disparte.
“Penso che a questo punto tocchi a me.”
Era Alec che interveniva per la prima volta da quando eravamo partiti
“Non faccio ancora parte della famiglia e vi devo molto per come
mi avete accettato fra di voi. Correrò il rischio volentieri a parziale ammenda del male che vi ho fatto in passato.”
Accettammo la sua offerta, non dopo avergli fatto notare che non era
certo per i motivi che adduceva, noi l'avevamo accettato fra di noi volentieri e non avevamo bisogno di prove estreme della sua attuale buone
fede.
Comunque qualcuno doveva assaggiare il liquido. Ne prelevammo un
po' da un contenitore di una navetta e rimanemmo tutti ad osservarlo attentamente. A parte il colore verde e l'aspetto vischioso, altro non si poteva notare ad occhio nudo. Azzardai ad intingervi la punta di un dito:
no, perlomeno non era corrosivo. L'odore era molto simile a quello del
sangue trasfusionale, forse era una specie di composto proteico ricavato
da qualcosa presente nel pianeta alieno.
Alec non volle aspettare oltre, ne prese una piccola quantità con un
cucchiaino e se la mise in sulla lingua per poi deglutirla.
“Be, il gusto è quello del sangue umano!”
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Rimanemmo a fissarlo sperando tutti che non lo avvelenasse.
“E', incredibile, la sete mi è scomparsa come per incanto, mi sento
completamente sazio e appagato!”
Emettemmo tutti un lungo sospiro di sollievo, o perlomeno ci provammo, dal momento che l'assenza di aria non ci consenti di inspirare ed
espirare alcunché.
Visto che era parecchio tempo che non ci nutrivamo assaggiammo tutti una piccola quantità del composto, compresi i ragazzi e tutti avemmo
la stessa sensazione di sazietà.
“Maledetti bastardi!”
Ci voltammo verso Jasper che appariva infuriato
“Hanno le risorse naturali per vivere, il sangue umano è solo uno
sfizio per loro! Non ne hanno bisogno veramente!”
Era vero, la nave cisterna, per quanto enorme poteva contenere solo
una quantità sufficiente a costituire il liquorino di fine pasto, non certo a
sostentare un'intera popolazione per cinquemila anni!
“A questo punto la missione può iniziare!”
dissi con entusiasmo.
Notai che Jasper e Edward si scambiarono uno sguardo di intesa. Edward non poteva leggere la mente di Jasper ma si erano comunque compresi e dai loro sguardi capii che non mi sarebbe piaciuto per niente
quello che stavano per dire. Parlò prima Edward
“Pare evidente che la missione durerà almeno due anni, non sono
molti, ma per i nostri cari rimasti a terra sembreranno un eternità! “
continuò Jasper
“Ho notato con grande soddisfazione che i nostri tre nuovi amici
Nahuel, Lilen e Ayelén controllano alla perfezione le apparecchiature
della nave, grazie alla loro innata conoscenza della lingua aliena”
Ormai avevo capito dove volevano arrivare, non servivano i super-poteri per questo.
Continuò Edward
“Io, Emmett e Alec possiamo supportarli nella logistica della nave
e inoltre non credo che arriveremo al corpo a corpo con gli alieni”
“Come comandante della missione, quindi, queste sono le mie decisioni”
continuò Jasper.
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Anche Alice ormai aveva capito tutto e cominciava ad agitarsi, preparandosi a protestare alla fine del discorso.
“Io, Edward, Emmett e Alec assieme ai tre piloti partiremo con l'astronave alla vota del pianeta alieno. Bella, Alice e Renesmee prenderanno la navetta e torneranno sulla terra ad informare gli altri e a rassicurarli. Saremmo di ritorno vittoriosi, ma fra due anni!”
Io e Alice gridammo in coro il nostro No, non avremmo abbandonato
i nostri mariti, eravamo in ballo anche noi e avremmo ballato, potevamo
essere utili alla missione, Renesmee sarebbe rimasta con me, io l'avrei
protetta, lei era importante per l'esito finale.
“La decisione ormai è stata presa!”
fu l'irremovibile risposta di Jasper
“Preparatevi a salire sulla navetta, Renesmee saprà come impostarla per il ritorno!”
Ecco ci aveva trovato anche il pilota, non avevamo più altre scuse per
opporci.
L'addio con Edward fu straziante, se avessi potuto avrei pianto per ore
e lui avrebbe continuato ad asciugarmi le lacrime con i suoi baci, ma anche lui fu irremovibile. E conoscevo bene quell'ostinazione, doveva assolutamente proteggere me e la bambina e Jasper gli aveva dato l'occasione che sperava.
Mi tornò alla mente quando mi abbandonò la prima volta, quando ero
ancora umana, e quanto avevo sofferto.
“Non sarà così”,
mi diceva, era sicuro che sarebbero tornati e che finalmente la nostra
vita sarebbe per sempre stata al sicuro. Ricoprì di baci anche Nessie che
ricambiava appoggiando la sua manina al viso del padre (i suoi poteri
come pure quelli degli altri tre ragazzi non erano influenzati dalla navetta) cercando di trasferirgli immagini di quanto gli voleva bene.
Alice la vidi per la prima volta esagerare con le effusioni con Jasper,
anche lei non voleva proprio staccarsi dal suo compagno. Ci portarono
quasi di peso sulla navetta.
Nahuel si rivolse a Renesmee non appena la bambina fu seduta alla
console di comando.
“Ormai sai come fare, decolla subito appena ce ne siamo andati,
fai una mezza orbita della luna e poi attiva i controlli automatici, doPag. - 130 - di - 155 -
vrebbero riportarvi esattamente da dove siamo partiti. Stai attenta solo
all'avvicinamento finale, forse dovrai fare qualche correzione
manuale.”
Nessie annui, si sentiva in grado di farlo. La mia bimba era un genio!
Li guardammo risalire tutti sulla gigantesca astronave e io e Alice ci
sentivamo la morte nel cuore.
Nessie mise subito in moto la navetta e iniziò la rapida salita verso
l'orbita di distacco. Anche l'immensa nave aveva lasciato la superficie
della luna e stava per avviarsi nella direzione opposta alla nostra. Era
quasi scomparsa alla nostra vista quando fummo abbagliati dall'incredibile luce degli enormi motori ad impulso che la scagliavano verso l'infinito.
Nessie aveva già inserito il pilota automatico e anche la navetta cominciava ad accelerare sulla strada del ritorno.. Stavamo portando con
noi anche un cilindro con la sostanza nutritiva, Carlisle avrebbe avuto il
suo da fare ad analizzarla, poteva essere un'importante risorsa.
“Mamma?!”
“dimmi Nessie”
“Credo di poter far scendere la navetta, senza che nessuno possa
intercettarla, nella radura vicino a casa, pensi che riusciremo poi a nasconderla?”
Certo che sarebbe stata una bella comodità, ci avrebbe risolto anche il
problema di come trasportare il cilindro, in fin di conti si trattava di scavare una fossa di una ventina di metri di diametro e profonda quattro o
cinque. Con l'aiuto di tutti ci saremmo riusciti in una notte, fortunatamente la forza dei vampiri non faceva distinzione di sesso...
Alice concordò con me, però forse sarebbe stato meglio se fossero avvisati e si rivolse a Nessie
“Amore della zia, credi di riuscire ad entrare nelle comunicazioni
cellulari quando saremo un po' più vicini?”
“Adesso ci provo, zia “
Armeggiò per un po' con il computer accanto a se scorrendo gli incomprensibile menu in lingua aliena
“Credo di esserci riuscita, se vuoi provare.. i numeri sono nella
stessa posizione dei nostri”
le porse quello che sembrava un telefono, con dei simboli alieni sul
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tastierino. Alice compose a memoria il numero di casa, sperando di aver
azzeccato tutti i tasti giusti.
Era uno stupito, a dir poco, Carlisle quello che rispondeva dall'altra
parte, lei non volle dilungarsi in spiegazioni, disse solo che fra un ora
noi tre saremmo arrivati e se si poteva iniziare a scavare il buco...
Per fortuna era notte fonda e non c'era la luna quando iniziammo la
discesa. La navetta era invisibile ad ogni forma di rilevamento strumentale, ma non alla vista. Alla luce delle stelle si intravedeva la sagoma inconfondibile del Nord America, quando fummo più vicini intuii la penisola di Olympia, come sempre ricoperta da fitte nuvole.
Nessie fermò la discesa ad una cinquantina di metri dal suolo e accese
il faro inferiore. L'incredibile bambina non aveva sbagliato la posizione
nemmeno di un metro! Carlisle, Esme, Jane, Rosalie, Seth, Jacob avevano fatto il resto del miracolo.
Uno scavo, poco più grande della navetta era già completato, circondati da alti cumuli di terra pronti ad essere riversati a nascondere ogni
traccia aliena. Quando Nessie spense i motori la navetta tornò ad apparire un oggetto inanimato sospeso ad un metro dal fondo della buca.
Non era ancora il momento degli abbracci, portammo fuori il cilindro,
coprimmo l'oggetto con un grande telone e ci unimmo agli altri nell'opera di copertura.
Finalmente, sporchi di terra fino alla radice dei capelli, dopo un'ora di
lavoro potemmo gettarci gli uni nelle braccia degli altri. Ovviamente Jacob era al settimo cielo, non sapeva più come coccolarsi la piccola Nessie (esperto pilota spaziale) che ricambiava le attenzioni come fosse una
bimbetta qualunque....
Per quella notte non me la sentii di andare alla casetta, il distacco da
Edward mi provocava ancora dolore e avrei sentito troppo la sua mancanza, da sola con Renesmee, quindi andammo tutti a casa Cullen. Naturalmente solo Nessie andò a dormire, noi passammo tutta la notte a raccontarci le novità e ce ne erano molte, da ambo le parti..
Non era facile non pensare ai nostri uomini lassù nello spazio che
viaggiavano verso una battaglia che forse sarebbe stata impossibile da
vincere.
A ricordarcelo era rimasta con noi l'arma che aveva dato l'origine a
tutto. L'avevamo nuovamente riposta al sicuro, assieme al computer che
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conteneva tutti i dati delle unità che avevamo memorizzato. Per un paio
d'anni non saremmo riusciti ad avere loro notizie.
Anche i potenti trasmettitori a bordo della navetta (avevamo lasciato
un passaggio per raggiungerla) non riuscivano a captare i segnali dell'astronave madre, forse anche per l'interferenza dei motori che la spingevano ad una velocità prossima a quella della luce, verso il pianeta sconosciuto.
Harry
Qui, invece la notizia era il matrimonio fra Seth e Jane.
Era stupendo, Alice non si stancava mai di guardare le foto e i filmini
e complimentarsi con Jane. Le piacevano molto i vestiti tradizionali che
aveva indossato, certo che quando avremmo rifatto la cerimonia in comune a Forks gli abiti li avrebbe scelti lei...
A tal proposito mi impegnai a procurare i documenti per Jane, visto
che non ne aveva mai posseduti. Il nostro fornitore J.J non si sarebbe dispiaciuto di rivedermi e questa volta non era nemmeno difficile produrre
un identità legale per Jane. La nostra furbetta si era raccomandata di
mettere una data di nascita che le consentisse anche di avere la patente,
voleva assolutamente farsi un giro con la mia Ferrari.
Un mese era passato dalla data del concepimento e già il pancino di
Jane si era già arrotondato e come nel mio caso, sembrava di 4 mesi.
Come temeva Carlisle non era stato possibile penetrare la spessa placenta con l'ecografia e quindi nulla si sapeva ne sul sesso ne sulle condizioni del nascituro.
Jane aveva deciso che se fosse stato maschio si sarebbe chiamato Harry, in omaggio al padre di Seth, mentre se fosse stata una femminuccia...
non ci aveva pensato, tanto era un maschietto. Che tutto andasse per il
verso giusto lo faceva sperare la fame “da lupo” che si era impossessata
di Jane.
Certo che il mondo stava proprio cambiando: io umana, ero stata costretta a bere sangue umano per soddisfare la sete di Nessie, lei, vampira,
si rimpinzava di polli arrosto e lasagne all'italiana!! Lei si sentiva benissimo e ci garantiva di sentire i calcetti del bambino, e non erano sicuramente leggeri! Questo faceva ben sperare Carlisle, anche il cuoricino
batteva regolare, probabilmente anche questo bimbo aveva la forte strutPag. - 133 - di - 155 -
tura del vampiro! Rosalie non stava più nella pelle e stava il più possibile vicino a Jane, questa volta anche lei era sicura che avremmo assistito
ad un normalissimo parto, senza il dolore che aveva accompagnato tutta
la mia gestazione.
Passarono solo altri quindici giorni prima che si arrivasse vicini al
momento più importante. Il pancione di Jane ormai era delle dimensioni
giuste e lei dovette decidersi a mettersi a letto. Non sentiva la fatica ma
era meglio che si mettesse tranquilla, per il bambino.
Ne io, né Alice e tanto meno Rosalie riuscivamo più a staccarci da lei.
La tranquillità e la gioia della ragazza ci avevano contagiate e sentivamo
di poter assistere ad un evento meraviglioso.
Carlisle non era altrettanto tranquillo, certo fino a quel momento stava
andando tutto bene, ma il non poter fare dei controlli medici lo faceva
sentire impotente e questo non gli piaceva.
Seth poi era agitatissimo, non dormiva da almeno due giorni e non faceva che andare avanti indietro per il salone.
Ad un certo punto vidi Jane che lo guardava intensamente, conoscevo
quello sguardo, che diavolo voleva fare? Grande fu il mio stupore quando vidi Seth calmarsi improvvisamente e sedersi con espressione beata
sul viso. Nessuno si era degnato di avvisarmi del cambiamento nei poteri di Jane! Anche Alice ne fu piacevolmente sorpresa, purtroppo non riusciva ancora ad avere visoni chiare, l'effetto della navetta si faceva ancora sentire...
Qualche ora dopo notammo una smorfia sul volto di Jane
“Sta succedendo qualcosa, credo. Sento dei dolori ...”
Era la prima volta e quindi non era molto preparata alla cosa, anche
perché nessuno si era mai preoccupato di spiegare ad una vampira cosa
fossero le doglie... Carlisle sapeva che da quel momento tutto sarebbe
accaduto molto più in fretta rispetto ad una normale partoriente umana e
quindi ci fece accompagnare Jane di sopra, su quel lettino che io conoscevo molto bene.
Per fortuna lei non aveva assistito al mio parto, che decisamente fu un
disastro! Anche Rosalie sperava ardentemente di non dover più passare
momenti come quelli che aveva passato accanto a me negli ultimi miei
istanti da umana. Volle salire anche Seth, non voleva lasciarla un attimo
e continuava a tenerla per mano. Le contrazioni si facevano sempre più
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ravvicinate e la ragazza sembrava sentirle molto bene, la sofferenza era
chiara sul suo volto e per quanto ci potesse sembrare assurdo aveva iniziato a sudare.
Rosalie si rivolse a Seth con un inaspettata dolcezza, vista la sua avversione innata per quelli della sua razza :
“Forse è meglio che ora le dia le mie mani da stringere, se non
vuoi che ti sbricioli tutte le ossa, e anche se puoi rimetterle a posto, sarebbe una seccatura! Resta qui accanto a me e stai tranquillo”
Con qualche resistenza, acconsentì, anche perché, aveva l'impressione
che almeno il mignolo si fosse già rotto...
Ormai la frequenza delle contrazioni era quella giusta e Jane stringeva
le mani di Rosalie fino a farsi quasi uscire le nocche dalla pelle, cercava
di non gridare, ma non le riusciva proprio bene.
Provare dolore così intenso era per la sua natura una sensazione del
tutto nuova. Carlisle davanti al lettino osservava pronto ad intervenire,
“Credo che stia andando tutto bene, si sono appena rotte le
acque!”
Dunque il bambino si stava preparando ad uscire, riusciva a reagire
bene a quel corpo d'acciaio che lo conteneva come se per lui non fosse
un problema.
Ormai la dilatazione era al massimo e Io e Alice stavamo accanto alla
ragazza cercando di darle tutto il nostro aiuto morale incitandola a spingere.
Era il momento: se il bimbo non fosse stato abbastanza vampiro, a
questo punto si sarebbe spappolato all'interno di quel corpo che si contorceva per il dolore quasi insopportabile.
Anche il lettino sia pur di robusto acciaio era messo a dura prova dalla forza sovrumana della vampira che spingeva con tutte le sue forze. Finalmente vedemmo Carlisle chinarsi sotto il lenzuolo sollevato, si udi il
rumore stridente di dei suoi denti sul cordone ombelicale che le forbici
non avevano nemmeno scalfito.
Ed eccolo, era Harry, in perfetta forma, che dopo lo scappellotto di
rito si mise immediatamente a frignare, riempiendo di aria i suoi piccoli
polmoni. Jane era sfinita e per un attimo rimase stordita, giusto il tempo
per permettere a Carlisle di prelevare un po' di saliva del bimbo ed immetterla in una provetta dove era già presente del liquido che sembrò
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non reagire in alcun modo.
Un sorriso illuminò il viso del dottore mentre lo aiutavo a ripulire il
piccolo. Le normali fasi del conclusive del parto si verificarono anche
queste in maniera accelerata e dopo pochi minuti Jane già allungava le
mani perché glielo facessimo vedere.
“Daglielo pure Bella, non è velenoso!”
Lo afferrò un po a fatica, lo osservò un attimo e poi se lo strinse al
petto con infinita delicatezza:
“è bellissimo”
disse con voce tremula. Ed era vero, era stupendo, la pelle era rosea
pur avendo la consistenza della nostra, la testolina era già piena di capelli neri, come quelli del padre, che contrastavano con gli occhi azzurri
come il cielo. Sembrava che avesse già fame perché istintivamente già
appoggiava la bocca al petto della mamma, non provò a morderla però.
Il seno di Jane era turgido e ingrossato, un' altro miracolo? Che potesse veramente allattare il bimbo? Per il momento era troppo presto per
provare, dovevano entrambi riposare.
Rosalie lo tolse con delicatezza dalle braccia di Jane, che sfinita, si
addormentò profondamente. Anche Seth era rimasto provato da tutto
quello che era successo e visto che erano due giorni che non chiudeva
occhio, si assopi sulla sedia accanto a lei appoggiando teneramente una
mano accanto a quella della dolce vampira.
Dopo qualche giorno Jane era di nuovo in piedi ed in perfetta forma.
Non ci eravamo sbagliati, la gravidanza aveva fatto un altro miracolo, e
il bimbo poteva succhiare con avidità il latte materno! Cera un problema
però, il cibo umano, per quanto la ragazza ne assumesse in quantità non
era sufficiente per produrre latte a sufficienza per l'ingordo lattante!
Lei non voleva andare a caccia, e Carlisle era d'accordo, non sapevamo ancora se il sangue animale andasse bene per il bambino. Qualcosa
bisognava fare però perché Jane aveva cominciato a deperire.
Suggerii a Carlisle di provare con lo strano composto dei cilindri alieni, con noi aveva fatto miracoli. Non mi ero sbagliata, con un cucchiaino
al giorno, Jane riprese in poco tempo la sua forma smagliante.
La crescita di Harry procedeva alla stessa velocità con cui si sviluppava Nessie, segno che le analogie fra di loro erano molte. Jane lo portava
sempre con sé sulle spalle nel comodo porta-infante indiano che aveva
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realizzato con le sue mani.
Il bimbo ormai conosceva la sua mamma, ma sentiva anche una forte
attrazione per il padre, che ormai si dimenticava anche di respirare (e ciò
non gli era permesso) pur di stare vicino al suo bimbo.
Passò meno di un mese e Harry incominciò a comunicare. Intendiamoci, non parlava ancora, ma stava sviluppando il suo potere personale.
Non era come quello della mia Nessie, piuttosto era lo stesso potere di
Edward e quindi leggeva nelle nostre menti, ma dal padre aveva anche
appreso la capacità di comunicare i suoi pensieri e non solo con i membri del suo branco, ma con chiunque!
La prima ad accorgersene fu Nessie e ne fu entusiasta! Prima solo pochi concetti, Harry voleva imparare tutto, poi iniziarono a passare insieme diverso tempo, ogni tanto Nessie appoggiava una manina sulla guancia paffuta dell'infante per sottolineare i concetti con le immagini.
Passarono altri due mesi e l'infante dimostrava già due anni, parlava e
la sua intelligenza aumentava di giorno in giorno come aveva fatto quella di Nessie.
Continuava ad alimentarsi con cibo umano ed era divertente vedere
Jane indaffarata ai fornelli a cucinare per i suoi due uomini. Anche lei si
era ormai abituata al cibo umano anche se qualche volta usciva a caccia
con noi, per integrare le sue energie.
Harry era curioso, si era fatto spiegare tutto da Nessie, e visto che correva ormai come un vero vampiro un giorno volle venire con noi. Correva come un fulmine tanto che nemmeno io riuscivo a stargli dietro, passava dalla nostra traccia a quella che seguiva suo padre (che si teneva a
diverse centinaia di metri da noi) il grande lupo grigio. Probabilmente
non sapeva decidersi se assaggiare il sangue o guardare il padre mangiare divorando la sua preda.
Quando io e Renesmee attaccammo l'ignaro gruppo di alci lui ci imitò
senza problemi abbattendo la sua preda con precisione chirurgica e assaggiando il suo sangue caldo. Non che gli dispiacesse, ma il suo finissimo udito gli disse che anche il padre aveva raggiunto la sua preda e lasciò l'alce. Lo vedemmo scattare nella direzione presa da suo padre e
con nostro grande stupore, si trasformò!
Il dolce bimbetto alto si e no settanta centimetri era diventato in un attimo uno splendido lupo fulvo, di poco più piccolo del padre, ma altretPag. - 137 - di - 155 -
tanto letale. Quando se lo vide accanto Seth sembrò impazzire dalla gioia, lo lasciò passare avanti a se, a scegliere per primo la preda. Questa
volta sembrò gradire ancora di più il pranzo e le sue fauci fecero scempio del povero animale. Al ritorno padre e figlio correvano felici verso
casa giocando come due cuccioloni e ripresero sembianze umane non
prima che la sbigottita Jane, che era rimasta a casa, li avesse notati. Per
niente turbata, ma anzi piena di orgoglio gli abbracciò entrambi, stringendosi al petto il piccolino.
Il meglio delle nostre razze era presente in Harry!!
Renesmee era la più entusiasta di tutti, gli piaceva l'idea del cucciolone, avrebbero potuto inventare un sacco di giochi insieme! Chissà cosa
avrebbe pensato Jacob? Le fila del suo branco si ingrossavano sempre di
più.
Per rendere completa la nostra felicità ci mancavano solo i nostri uomini, chissà come stava procedendo il viaggio verso il pianeta dei vampiri extraterrestri! Ne io ne Alice riuscivamo più ad avere visioni sulla
missione e sul futuro che di conseguenza ci aspettava.
Verso il pianeta dei vampiri
Il viaggio procedeva con una noia mortale. Ormai erano quasi cinque
mesi che la nave procedeva alla massima velocità sulla rotta tracciata dai
computer di bordo.
Le meraviglie dell'universo sconosciuto che vedevamo aprirsi davanti
a noi ormai ci apparivano sempre uguali.
I ragazzi alternavano il sonno alla veglia mentre noi avevamo solo la
veglia. Era ormai chiaro che solo la nostra natura di vampiri ci avrebbe
consentito di portare a termine la missione.
Degli esseri umani avrebbero dovuto servirsi di complicate tecniche
di ibernazione la cui tecnologia era ancora sconosciuta. Probabilmente
gli alieni non l'avevano nemmeno presa in considerazione. Passavamo
settimane immobili ai nostri posti limitandoci solo a nutrirci ogni tanto.
Qualche volta Emmett voleva sgranchirsi un po', gli sforzi che facevamo
a casa per fingerci umani ci avevano un po' condizionati. Ci sfidava allora a gare di corsa sui ponti della nave, che ormai conoscevamo come le
nostre tasche. Naturalmente vincevo sempre io, sono sempre stato il più
veloce. Mi mancava terribilmente Bella e le nottate di tenerezza passate
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con lei. Avevo ripassato tutti gli attimi passati con lei, dalla prima volta
che l'avevo incontrata fino a quando avevo visto scomparire la navetta di
ritorno sulla terra, almeno una decina di volte. Anche agli altri mancavano le compagne. Alec non faceva che pensare alla sorella e al fatto che
sicuramente adesso era anche zio. Già chissà se era maschio o femmina.
Chissà perché non ci aveva sfiorato il minimo dubbio che qualcosa fosse
andato storto, le paure di Carlisle non ci appartenevano.
Nahuel, Lilen e Ayelén avevano un atteggiamento diverso dal nostro.
Erano completamente presi dalla responsabilità del loro compito. Passavano le loro giornate, quando non dormivano, immobili davanti alle rispettive console a scrutare il minimo segnale che proveniva dai computer di bordo.
Le macchine rilevavano qualsiasi anomalia spaziale dall'avvicinarsi di
qualche cometa, alle pericolose fasce di asteroidi. Il pilota automatico
correggeva la rotta di conseguenza e poi si riportava in linea con la nostra meta. Era da poco iniziato il sesto mese di viaggio, quando ad un
tratto la voce di Lilen ruppe il lunghissimo silenzio.
“Sto captando un lontano segnale radio, al limite delle nostre capacità di rilevamento”
Ci scuotemmo dal nostro torpore e in un attimo fummo tutti intorno a
lei e al suo monitor. Jasper fu il primo
“Che succede, di che si tratta Lilen?”
“Penso siano navi spaziali, sono ancora troppo lontane, ma stanno
viaggiando verso di noi più o meno alla nostra velocità”
Quindi la visione di Bella si stava rivelando più che esatta, la forza di
invasione ci stava venendo incontro, ignara, ancora per poco, della nostra presenza.
“Se rileviamo loro, loro avranno rilevato noi! Dobbiamo pensare al
da farsi in fretta”
disse Jasper
“Penso che non dovremmo dar loro il modo di rilevare quanti siamo e chi siamo”
aggiunse Emmett
“Purtroppo credo che riusciranno presto a sapere chi siamo, perlomeno per quanto riguarda noi vampiri, quello che non devono scoprire
sono i tre ragazzi! Sono loro il nostro asso nella manica!”
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dissi io.
Decidemmo che non appena avrebbero tentato di contattarci Nahuel e
le due ragazze si sarebbero allontanati dalla zona di comando, dove non
avrebbero potuto essere visti dalle telecamere di comunicazione. Per il
momento dovevamo decidere cosa avremmo fatto.
Dopo quello che avevamo dedotto a proposito delle loro possibilità
alimentari, ritenevo che le navi che ci venivano incontro dovevano essere non un esercito di invasione, ma una specie di spedizione di caccia.
Se fossimo riusciti a ricacciarli sul loro pianeta, probabilmente avrebbero desistito dall'inviare altre spedizioni. Non credevo che avessero a disposizioni altre navi cargo, altrimenti non avrebbero lasciato questa sulla
luna alla loro precedente spedizione. Con ogni probabilità la nave era li
da molto di più di cinquemila anni, avevano lasciato passare diversi anni
dei loro, prima di ritornare verso la terra.
Volevano essere sicuri di trovare sufficiente cacciagione e soprattutto
che chi avevano lasciato sul nostro pianeta avesse potuto organizzare
dall'interno il loro arrivo.
Purtroppo per loro, il loro emissario non era riuscito né a far funzionare correttamente le unità, né ad avvisarli del suo fallimento e in fine, era
anche riuscito a farsi uccidere dalle sue stesse creature.
Il nostro piano era dunque questo, avvicinarsi il più possibile a loro,
ingaggiare battaglia fino a distruggere o danneggiare gravemente le loro
navi, invertire la rotta, imbarcarci su una navetta quando la terra fosse
stata a portata del raggio d’azione, distruggere la nave cargo e tornare a
casa.
“Tutto chiaro, è semplice no?!”
Se non proprio ridere a crepapelle, almeno riuscii a farli sorridere, con
la mia battuta.
La tensione si era un po' allentata, ma Jasper decise che era meglio
considerare anche gli aspetti più negativi:
“Non dobbiamo dimenticarci che noi, per loro, altro non siamo che
delle unita' progettate per ubbidire ai loro voleri. Dato che la trasformazione non è avvenuta secondo i loro progetti, non credo che riescano
a controllare le nostre menti, ma a disattivare la nano-macchina principale, questo si!”
il gelo scese nuovamente fra di noi, sapevamo bene il significato della
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parola disattivare, ne avevamo visto l'effetto sulle guardie dei Volturi.
“Non sappiamo se sarà possibile, ritornare alla vita per noi, e comunque l'attrezzatura per il ripristino è tornata sulla terra assieme a
Bella e alle altre!”
il giovane Alec si mostrò preoccupato
“Quindi la missione è destinata al fallimento? Riusciranno ad arrivare sulla terra, a compiere la loro missione di morte? Uccideranno tutti, anche mia sorella e il mio nipotino che non riuscirò mai a
conoscere?”
Pensai che probabilmente avrebbero cominciato dai nostri cari. Sovvenni che avevano a bordo i cilindri e che sicuramente, visto il loro ingombro, la mia fantastica bambina, Nessie, aveva sicuramente tentato di
atterrare vicino a casa. Se la navetta fosse stata li vicino gli Alieni l'avrebbero individuata con facilità e con essa tutte le unità nelle vicinanze.
Jane, Esme, Alice,Bella, Carlisle, Rosalie, aveva ragione Alec, avrebbero cominciato con loro e poi tutti gli altri nelle vicinanze sarebbero state
le prime vittime della loro ferocia.
“La nostra speranza di riuscita siete voi”
e mi rivolsi a Nahuel, Ayelén, Lilen
“Non devono riuscire ad individuarvi, non possono certo disattivarvi. Il vostro organismo è del tutto naturale, non ci sono nano-macchine
nel vostro sangue!”
Se ci fossero riusciti avrebbero potuto portare i nostri corpi a Carlisle,
che avrebbe fatto il tentativo di riattivarci con l'aiuto del database che
Bella aveva sicuramente messo al sicuro.
Contatto
Il giorno successivo le navi aliene erano ben visibili alla nostra strumentazione. Erano tre, molto più piccole della nostra nave, anche se comunque le loro dimensioni erano ragguardevoli. L'aspetto era molto più
affusolato e appiattito, erano sicuramente incrociatori spaziali, più adatti
al combattimento che al trasporto, veloci e maneggevoli. Sicuramente il
loro compito era quello di distruggere le eventuali difese che avrebbero
incontrato sulla terra, rimanendo in orbita e colpendo con le loro armi
tutto quello che poteva sembrare loro ostile. Le truppe dei cacciatori si
sarebbero trasferite sulla nostra nave e da qui sulle navette per l'atterragPag. - 141 - di - 155 -
gio.
Una cosa li stava disorientando: la nave cargo doveva essere sulla
Luna ad aspettarli, cosa ci faceva li? Cominciarono quindi i tentativi per
contattarci. Come avevamo stabilito i tre ragazzi abbandonarono le console e si nascosero alla vista. Lilen prima di lasciare la strumentazione
aveva attivato il traduttore automatico.
“Incrociatore stellare Andromeda chiama cargo Terraalfauno, rispondete prego!”
“Esploratore Valiantus siete voi ai comandi? risponda prego!”
Avevano già identificato la loro nave, pensavano di trovare a bordo
l'alieno che avevano lasciato sulla terra ad organizzare il loro arrivo. La
trasmissione arrivava alla perfezione, sembrava di trovarsi a soli pochi
chilometri, ma la distanza che ci separava avrebbe richiesto ancora alcuni giorni per essere colmata; sia noi che loro ci stavamo dirigendo al
punto di contatto ad una velocità molto prossima a quella della luce.
Quello che ci dava un po' di speranza era che all'apparenza la loro tecnologia, sia pur avanzatissima rispetto a quella terrestre, non aveva fatto
ulteriori progressi. Le navi che ci venivano incontro viaggiavano spinte
da motori ad impulso, niente fantascientifici motori a curvatura, niente
teletrasporto. Probabilmente anche l'armamento era simile a quello della
nave sulla quale ci trovavamo, solo cannoni laser e siluri a corta gittata.
Lo scontro quindi sarebbe stato a distanza ravvicinata. Era il caso di tentare il bluff ed avvicinarsi il più possibile per cercare di avere una posizione di vantaggio.
“Bene”,
dissi
“comandante Jasper tocca a te rispondere, vediamo che aspetto
hanno”
e attivai la trasmissione audio video. Jasper si pose davanti al nostro
monitor di comunicazione.
Dopo pochi istanti ci apparve quello che doveva essere il loro comandante di flotta. Era del tutto simile a quello che ci aveva descritto Marcus come nostro creatore, e corrispondeva perfettamente alla visione di
Bella. Alto più di due metri, magro e pallidissimo. Indossava una tuta argentea sulla quale spiccavano delle mostrine che probabilmente indicavano il suo grado. Al fianco, in una fondina, portava un'arma del tutto siPag. - 142 - di - 155 -
mile a quella che avevamo recuperato dai Volturi. Poteva tranquillamente essere scambiato per uno di noi, altezza a parte, forse l'aspetto era più
da vampiro neonato, con gli occhi rosso acceso e i canini che sporgevano leggermente dal labbro superiore. Onestamente a noi faceva venire i
brividi. Fissava Jasper abbastanza contrariato, non capiva chi fossimo e
perché eravamo a bordo della loro nave cargo.
“Chi sei tu?!”
apostrofò Jasper
“Sono il comandante Jasper Cullen, io e la mia squadra siamo
umani modificati dal vostro Esploratore”
“E lui dov'è?”
“Purtroppo è morto, molte cose sono successe dopo la vostra partenza”
L'espressione dell'alieno si faceva sempre più contrariata e sospettosa.
“Chi vi ha ordinato allora di venire qui?”
A questo punto tentammo di dare una spiegazione convincente dell'accaduto.
“L'esploratore è morto da molti anni terrestri, la razza da lui creata
ha avuto diversi rami evolutivi e uno di questi è sfuggito al suo controllo
ed è riuscito ad ucciderlo. Noi siamo venuti a conoscenza del nostro
scopo solo da poco tempo. Abbiamo ritrovato la navetta dell'esploratore
che ci ha condotto a questa nave”
“Se siete venuti a conoscenza del vostro compito, allora perché non
ci avete aspettato sulla terra?”
Il comandante alieno stava cominciando a spazientirsi.
Jasper continuò il bluff. Spiegava, cercando di essere credibile, che,
non avendo più il controllo del creatore, i vampiri terrestri si erano dispersi, avevano combattuto fra di loro uccidendosi e la loro razza si era
quasi completamente estinta. Le poche decine rimaste vivevano nascoste
e non erano in grado di aiutare quelli che dovevano arrivare. L'umanità
si era evoluta e le armi di cui si era dotata erano molto potenti e non
avrebbero avuto nessuna difficoltà a respingere un attacco. Quindi noi
eravamo partiti per riunirci ai creatori e a dissuaderli dall'avvicinarsi alla
terra per non farsi distruggere.
“Le notizie che ci date, non ci piacciono affatto, devo riunire i miei
comandanti e decidere sul da farsi. Preparatevi comunque a riceverci a
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bordo!”
Chiuse a quel punto la trasmissione, e ci lasciò col dubbio di averlo
convinto poco.
Sulla fiancata destra della nostra nave erano situati i ponti di attracco,
da li sarebbero saliti a bordo, se glielo avessimo lasciato fare. Orientammo tutte le torrette dei cannoni in quella zona. Probabilmente non avremo avuto molto tempo di farlo in caso di attacco. Comunque non eravamo riusciti a convincerli a tornare indietro e questo non prometteva niente di buono.
Fra alcune ore saremmo stati a portata delle loro armi, di più ci sarebbe voluto per gli scanner delle nano-macchine. Convenimmo che al punto in cui ci trovavamo l'unica possibilità che ci rimaneva era quella di attaccarli e mettere fuori uso le loro navi. Forse avevamo un vantaggio, sicuramente non avevano intenzione di distruggere la loro nave cargo, ma
di abbordarla e recuperarla per i loro scopi. In caso di un combattimento
corpo a corpo le nostre possibilità di sopravvivenza erano uguali a zero,
erano troppi e tutti più forti di noi. Ormai le tre navi erano visibili anche
ad occhio nudo, decidemmo di alzare gli scudi e preparaci a spedirgli
qualche siluro.
L'ordine del comandante alieno arrivò subito perentorio:
“Abbassate gli scudi, fermate i motori e preparatevi all'abbordaggio, non avete nessuna possibilità contro di noi!!”
L'unica risposta che potevamo dargli fu un tentativo da cui non ci
aspettavamo molto. I tre siluri che gli lanciammo contro purtroppo si infransero, come previsto, contro gli scudi degli incrociatori. La loro risposta non si fece attendere e un siluro esplose contro lo scudo anteriore.
Miravano alla cabina di pilotaggio, probabilmente quella che sarebbero
riusciti a riparare più velocemente!
Il nostro scudo teneva esattamente come i loro e l'effetto delle esplosioni non si faceva avvertire all'interno, solo i lampi di luce accecante
qualche chilometro avanti a noi segnalavano l'avvenuto impatto sullo
scudo. Rispondemmo al fuoco sprecando ancora qualche decina di siluri.
Probabilmente sia noi che loro avremmo potuto continuare all'infinito,
nessuno aveva potenza di fuoco superiore, le armi erano le stesse e gli
scudi progettati per resistervi senza problemi.
Ormai era chiaro, l'esito scontro non l'averemo deciso in quel modo.
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Le navi continuavano a procedere l'una verso le altre, presto saremmo
stati nel raggio del controllore delle nano-macchine e non avevamo nessuna speranza che non lo usassero.
Il mio pensiero corse a Bella, chissà se l'avrei rivista, da quando ci eravamo sposati avevamo avuto meno tempo da dedicarci che dei comuni
esseri umani, altro che immortali!
Adesso le speranze di rivedere la mia famiglia si facevano sempre più
sottili. La priorità era una sola, garantire ai nostri cari e all'umanità di sopravvivere agli Alieni. Jasper chiamò Nahuel:
“Penso che ormai l'esito dello scontro sia solo nelle vostre mani,
non sanno della vostra presenza, forse potete ancora coglierli di sorpresa, dopo che ci avranno resi impotenti”
Egli rispose con una serietà e autorevolezza che rivelavano una maturità
che il suo aspetto da sedicenne certo non faceva prevedere.
“Combatteremo, e in un modo o nell'altro non passeranno!”
lasciò intendere che alla fine avrebbe usato il dispositivo di autodistruzione della nave piuttosto che permettergli di giungere sulla terra. Questo voleva dire che nessuno di noi avrebbe più fatto ritorno a casa. Le
navette avevano un autonomia troppo limitata e non sarebbero potute arrivare nemmeno sul pianeta che avevamo di fronte, figuriamoci tornare
sulla terra.
Presi la parola io:
“Jasper, Emmett, Alec, andiamo alle navette, una di quelle potrebbe
essere la nostra speranza di salvezza o diventerà la nostra tomba”.
Gli altri capirono le mie intenzioni e si alzarono per seguirmi. Prendemmo posto all'interno dei cilindri dopo aver abbracciato Nahuel, Lilen e
Ayelén.
Fui il primo ad avvertire la fitta alla testa che indicava l'avvenuto contatto col dispositivo di controllo. Non ci misero molto ad attivare la backdoor, tutto improvvisamente cominciò a farsi buio, il mio corpo si faceva sempre più lontano poi tutto si spense.
Nahuel attese ancora qualche attimo, fino a che l'ultimo di noi si disattivò.
Tornato in sala controllo abbassò gli scudi e spense i motori, fece inclinare leggermente la nave su un fianco e spense anche il computer principale.
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Alla vista degli alieni la nave ora appariva completamente fuori controllo a conferma della completa disattivazione dell'equipaggio.
L'immensa astronave cargo era immobile come un dinosauro morente.
Nella semioscurità in cui era piombata la cabina di pilotaggio i tre ragazzi erano immobili davanti alle loro postazioni e osservavano i tre incrociatori che iniziavano le operazioni di avvicinamento ai ponti di attracco. L'inclinazione della nave rendeva meno agevole l'operazione e li
esponeva, ignari, al fuoco concentrato dei cannoni laterali. Ormai procedevano con gli scudi abbassati pronti all'arrembaggio. Erano lunghi più
di mille metri, larghi cinquecento, snelli, micidiali, ma più si avvicinavano al cargo più sembravano minuscoli, al suo confronto apparivano auto
giocattolo vicino ad un gigantesco autotreno...
Li lasciò avvicinare ancora, ormai erano a meno di due chilometri dai
ponti di attracco. In una frazione di secondo riattivò in computer di bordo e la nave riprese vita:
“Adesso!”
Lilen a Ayelén spinsero l' indice sul pulsante di fuoco del joystick di
controllo dei cannoni.
Si scatenò l'inferno, le torrette erano diverse centinaia, una serie di
esplosioni ravvicinate sugli scafi degli incrociatori confermavano la precisione implacabile delle due sorelle. I generatori degli scudi furono i
primi ad essere colpiti. Il primo incrociatore colpito ai motori direzionali
girò su se stesso e nulla poté fare il secondo che lo seguiva a distanza
ravvicinata se non centrarlo in pieno innescando una terribile esplosione.
La scena era terribile e affascinante, le esplosioni si susseguivano sulle
navi nemiche nel silenzio assoluto dello spazio.
Nahuel stava già spingendo al massimo i motori per evitare di venire
coinvolto. Il terzo incrociatore che era più arretrato tentò una disperata
reazione ed alcuni siluri raggiunsero la stiva della nostra nave, senza
però causare danni irreparabili. Ayelén concentrò su di esso tutti i laser e
la nave in fiamme iniziò a sbandare fuori controllo. Sfilò lungo tutta la
lunghezza della nostra nave e infine esplose. Era molto vicino ai nostri
motori quando ciò avvenne e il cargo accusò il colpo.
Nahuel faticò un poco, ma riprese ben presto il controllo, mentre la velocità aumentava e li portava lontani dal luogo dello scontro.
Dunque era tutto finito?! Gli scellerati cacciatori non avrebbero più riPag. - 146 - di - 155 -
tentato? Il loro pianeta si stava allontanando seguendo l'orbita che avrebbe ben presto reso irraggiungibile la terra per altri cinquemila anni. Probabilmente l'umanità, se non si fosse autodistrutta per altri motivi, avrebbe sicuramente raggiunto un livello di tecnologia tale da difendersi da
altri attacchi simili.
Nahuel
Forse la nuova specie che era iniziata con me, Lilen, Ayelén, Renesmee e il figlio di Jane che ancora non conoscevamo si sarebbe moltiplicata e avrebbe reso la terra un posto migliore e al sicuro da attacchi alieni futuri.
Mentre riflettevo mi accorsi che qualcosa non andava nel governo della nave. La velocità era tornata ai valori sub-luce dell'andata, ma una vibrazione che i miei sensi acutissimi potevano chiaramente percepire proveniva dalla zona motori. Lasciai quindi i comandi alle ragazze e mi lanciai di corsa verso la coda della nave. Nonostante la mia velocità di vampiro, ci misi diversi minuti per arrivare. Purtroppo i miei dubbi si rilevarono subito concreti. L'esplosione dell'ultimo incrociatore, aveva creato
uno squarcio nello scafo in corrispondenza dei condotti di energia del
motore ad impulso. Le paratie automatiche avevano isolato la zona dallo spazio esterno.
Nonostante le nostre capacità non saremo mai riusciti, in tre, a porvi
rimedio. Per quanto tempo il motore avrebbe funzionato ancora? Difficile capirlo senza l'ausilio della tecnologia che solo un bacino di carenaggio poteva avere. Di sicuro non avremo raggiunto la Luna o perlomeno
non avremo avuto più energia per manovrare e avremo finito per finire
in un campo gravitazionale che ci avrebbe fatto perdere nello spazio.
Portai la triste notizie alle mie sorelle, che la presero abbastanza bene,
dopotutto i nostri affetti erano tutti su questa nave, sulla terra non ci
aspettava nessuno, la missione era compiuta, ci dispiaceva solo per i nostri amici Cullen che avrebbero condiviso il nostro destino.
Forse avremmo errato per lo spazio per migliaia di anni, il nutrimento
non ci mancava di certo, fino a che prima o poi la nave si sarebbe
schiantata su qualche corpo celeste, attirata dalla sua gravità.
La nostra unica possibilità era quella di giungere abbastanza vicino al
sistema solare per poter utilizzare la navetta che avevamo predisposto.
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Ci attaccammo a quella speranza e dopo aver impostato il pilota automatico ci concedemmo tutti e te un sonno ristoratore, visto che ormai
erano giorni che non chiudevamo occhio.
Visioni
Ad un certo punto sentii una mano che mi scuoteva appoggiata sulla
mia spalla, lentamente il torpore e la nebbia che mi stavano avvolgendo
iniziarono a diradarsi.
“Bella, Bella che succede?!”
La voce di Alice mi giungeva ovattata, come se facesse ancora parte
del mio sogno.
Cominciai a ricordare, avevo esteso il mio scudo fino ad Harry, ero
curiosa di sentire cosa stesse pensando, mentre giocava con Jacob, Seth
e Renesmee, quando mi sentii trasportare nello spazio, a bordo della
nave che ben conoscevo.
“Alice, credo di aver avuto una visione, ma era molto confusa”
cercai di minimizzare, non avevo in realtà visto molto, ma quello che
avevo visto mi aveva riempito di sgomento..
“Ti prego raccontaci Bella”,
anche Jane si era avvicinata e voleva sapere...
Gli raccontai che ero sulla nave, riuscivo a vedere in lontananza solo i
tre ragazzi, i nostri uomini non c'erano. La nave era sulla strada del ritorno, ma avevo sentito qualche spezzone del discorso che Nahuel stava facendo alle ragazze, parlava di motori fuori uso, di perdersi nello spazio..
Poi tutto si era fatto confuso e non avevo visto altro.
Ormai tutti erano intorno a me e avevano sentito quello che avevo raccontato. Un silenzio glaciale si era diffuso fra noi, tutti erano immobili
perfino i due bambini avevano smesso i loro giochi. Una lacrima cominciava a scendere lungo una gota di Jane.
Fu Nessie, la prima a rompere il silenzio. La sua voce di ragazzina,
ormai dimostrava nove dieci anni, squillò rassicurante alle nostre orecchie:
“Nahuel è in gamba riuscirà a tornare a casa!”
“Forse sarà così, ma che ne è degli altri?”
piagnucolò Alice.
Carlisle riuscì a riportarci alla realtà con il suo ragionamento pacato,
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anche se la sua voce era rotta dall'emozione:
“La cosa più importante è che stanno tornando, quindi hanno sicuramente avuto ragione sul nemico, il resto, purtroppo ce lo dovevamo
aspettare. Saranno sicuramente stati disattivati dagli alieni, ma questo
non significa che tutto sia perduto!”
Era vero, era sicuramente andata così, ma il non aver potuto individuare Nahuel e le due ragazze, aveva sicuramente dato loro il vantaggio
per poter sconfiggere gli Alieni. Adesso dovevamo solo sperare che riuscissero a tornare, avevamo l'attrezzatura per poterli riportare in vita!
Il ragionamento di Carlisle era riuscito a riportare un po' di serenità
nelle nostre fila anche se la preoccupazione era ancora tanta.
Alcuni giorni dopo mi accorsi che spesso Nessie e Harry andavano a
giocare nella radura dove avevamo seppellito la navetta e per una mezz'oretta sparivano alla nostra vista con la scusa di giocare a nascondino.
Un pomeriggio cercai di rendermi invisibile, avvolgendomi nello scudo,
perché Harry non potesse percepirmi , cercando di fargli riflettere la luce
in modo di diventare invisibile anche agli occhi della mia bambina , e li
seguii.
Li vidi entrare nella baracca che nascondeva il cunicolo che portava
all'ingresso della navetta. Una volta a bordo Nessie si sedeva alla console delle comunicazioni e esplorava per qualche tempo lo spazio esterno,
alla ricerca di un segnale che potesse confermargli il ritorno di suo padre. Erano ancora troppo nello spazio profondo, per i sistemi della navetta, e tornavano dopo un po', sconsolati, ai loro giochi nel prato.
Era un po' che non parlavo più con Jacob e mi venne voglia di stuzzicarlo. Mi sedetti accanto a lui un giorno che Seth era a caccia nella foresta insieme a Leah.
Ogni tanto anche ai due fratelli veniva voglia di trasformarsi e correre
con le criniere al vento per ore. Oltretutto per tutti loro era importante
trasformarsi di tanto in tanto, se non lo avessero fatto per lungo tempo
avrebbero ripreso ad invecchiare e questo era un aspetto della vita umana, che per il momento, non li entusiasmava.
Mia figlia stava giocando con Harry, ormai si separava da lui solo per
andare a dormire.
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“Ho come l'impressione che stia crescendo un tuo rivale in amore
Jacob...”
sorrise anche se non fu troppo divertito dalla mia battuta
“Vedi, Bella, non me lo sono cercato io l'imprinting, con Renesmee,
come penso che nemmeno Seth, per quanto gli siano stati sempre simpatici i Cullen, avrebbe mai pensato di avere un figlio da una vampira”
“Lo so Jacob, scusami non volevo ferirti”
“Bella, è il mio destino, tu mi ferisci sempre, ma io ti voglio bene lo
stesso”
“E' che non capisco, cosa farai se quando Nessie sarà grande preferirà Harry o qualcun altro?”
“Vedi, Harry, se fosse uno di noi a tutti gli effetti, non potrebbe avere l'imprinting con l'oggetto di imprinting di qualcun altro della sua
stessa famiglia. Non credo, però che Harry avrà mai un imprinting, non
ne avrà bisogno, lui è diverso da tutti noi, come diversa è Nessie, loro
avranno di nuovo il libero arbitrio e potranno scegliere chi amare come
compagna o compagno”
“Si, lo penso anch'io!”
“Il mio futuro è diverso, invece, io sarò sempre legato a lei in maniera indissolubile, ma potrò essere amico o fratello, non è detto che
debba essere per forza amante. In quel caso sarei anch'io libero di amare una ragazza normale e magari di avere dei figli umani, che non
avrebbero mai il potere di trasformarsi..”
L'idea che Jacob potesse farsi una vita tutta sua, pur rimanendo parte
della mia famiglia mi rendeva felice. Lui continuò spiegandomi che
come stavano andando le cose probabilmente non ci sarebbe più stata la
necessità di nuovi lupi nel branco. Se non fossero giunti nelle vicinanze
nuovi vampiri pericolosi a poco a poco anche loro avrebbero smesso di
trasformarsi e avrebbero cominciato ad invecchiare e nel tempo avrebbero lasciato il posto a quelli come Harry che sicuramente sarebbero nati
ancora.
Jacob, Seth, Sam e tutti gli altri invecchiare e morire? No, non volevo
credere che un giorno sarei rimasta senza i miei amici, magari qualche
neonato cattivo si poteva ancora fare...
E ricominciai a pensare al mio Edward con il quale volevo passare
tutta l'eternità..
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“Edward, Edward dove sei?”
e lo dissi a voce alta senza accorgermene. Jacob allora mi si avvicinò
abbracciandomi fraternamente:
“Coraggio Bella, tornerà e potrò tornare anch'io a litigare con lui,
mancano anche a me i nostri battibecchi!”
sorrisi alla sua battuta e ringraziai della sua esistenza...
Piccoli piloti crescono
Ormai era un mese che i motori ci avevano lasciato, la nave aveva rallentato, non di molto per fortuna, eravamo passati abbastanza lontani da
fonti gravitazionali e la rotta si era mantenuta costante. Stavamo per entrare nel sistema solare, ma qualcosa cominciava a non andare per il verso giusto.
“Ayelén, per favore dammi ancora il tracciato del computer...”
“E' come pensavo, guardate anche voi, la massa di Giove ci sta attirando, finiremo in un orbita attorno al pianeta che ci porterà a schiantarci”
“E' vero Nahuel, pensiamo anche noi che sia giunto il momento di
salire sulla navetta”
Ormai non ci restava altro da fare, anche se avevo la certezza che saremmo stati fortunati a giungere sulla Luna, non avremo avuto energia
sufficiente per manovrare nell'atmosfera terrestre.
La nostra missione era completata, la nave cargo si sarebbe distrutta
all'impatto con Giove, nessuno avrebbe più potuto servirsene. Aprii la
porta del ponte di attracco numero 1, spensi il computer principale e la
grande nave piombò nel silenzio più assoluto, continuando per inerzia
sulla sua rotta. La navetta era pronta ad accoglierci, si sollevò prontamente e iniziò la sua corsa silenziosa verso la grande porta spalancata
sullo spazio profondo. Quando le stelle si affiancarono a noi accelerai a
fondo. Con un sussulto i motori ad impulso scagliarono la navetta lontana dall'immenso cargo lasciato al suo destino.
”Terra, stiamo tornando!”
Come ogni pomeriggio Nessie era alla radio, la sotto nel buio della
navetta, assieme a Harry, la piccola luce verde le sembrò un faro accecante che squarciava l'oscurità dei suoi timori: contatto stabilito!
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Le loro voci sembrarono musica per entrambi, Nessie sembrava cullarsi sulle parole di Nahuel che le giungevano nelle cuffie come melodia
“Ciao piccola, non immagini che gioia risentirti”
“Nahuel dove sei, state tornando?”
“Si, ma ho un problema, riuscirò ad arrivare a malapena sulla
Luna, ci sarò fra alcune ore, pensi di riuscire a venirci a prendere?”
“Sto arrivando, vediamo chi fa prima!”
Aveva il mio stesso carattere impulsivo, e la stessa caparbietà di Edward, non si preoccupò di nulla, di avvisarci di quello che stava facendo,
pensava solo di andare a prendere suo padre i suoi zii, i suoi amici, doveva fare in fretta e basta.
Dovette mettersi in punta di piedi per arrivare ai comandi che attivano
la navetta, ma non ci mise più di due secondi e tutto era attivo.
“Harry pensaci tu ad avvisare le nostre mamme di non stare in pensiero!”
Io e Jane sentimmo la voce nelle nostre teste quasi contemporaneamente, riconobbi subito Harry, il piccolino era l'unico essere vivente che
riusciva a passare le mie difese. Ci guardammo negli occhi smarrite
“Cosa vuol dire mamma torno subito, vado con Nessie a prendere
lo zio?”
La risposta venne dal tremolio del terreno sotto i nostri piedi, che aumentava fino ad diventare un piccolo terremoto, ci precipitammo fuori
tutti, anche Alice e gli altri, appena in tempo a vedere la navetta che saliva scaricando tutto intorno terra sassi e polvere. Eravamo in pieno giorno, qualcuno da Forks l'avrebbe notata.! Non sarebbe riuscito a capire di
che si trattava però, i motori gravitazionali spingevano come forsennati e
non ci mise più di una manciata di secondi ad uscire dall'atmosfera, lasciandosi dietro una striscia bianca, visibile però solo fino alle nuvole,
che come il solito coprivano il cielo della penisola di Olympia. Speriamo
che avessero pensato a qualche sorta di razzo antigrandine....
“Ehm, ci hanno lasciato un messaggio, vanno a prendere gli altri”
Lo sgomento che aveva colto tutti si trasformò in speranza, solo Seth
sembrava impazzito dall'idea che il suo piccolino fosse lassù su quel
coso.
Jane dovette usare i suoi poteri per calmarlo, poi tutti rimanemmo immobili a fissare il cielo in direzione della Luna. Nessuno si sarebbe più
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mosso di un millimetro fino al loro ritorno.
Harry sembrava non si fosse mai divertito così tanto, guardava con
ammirazione la cuginetta che si districava come un provetto astronauta
fra i comandi della navetta. La sua mente già cercava di imparare, di capire e probabilmente ci riusciva anche, fra un anno sarebbe stato anche
lui un piccolo mostro di intelligenza. Nessie si scambiava delle coordinate approssimative con Nahuel, fra pochi istanti il cono d'ombra della
luna avrebbe impedito le comunicazioni, fino a che non fossero stati dall'altra parte.
Come l'altra volta il viaggio si risolse velocemente, dopo circa un'ora
la navetta entrava nell'orbita della Luna iniziando a circumnavigarla per
raggiungere la faccia nascosta. Non appena furono dall'altra parte i computer di comunicazione ripresero a colloquiare, ovviamente, con Nessie
ai comandi, il randevouz non poteva che essere stato perfetto.
Nahuel si meravigliava ogni volta dei progressi della ragazzina:
“Contatto visivo fra cinque, quattro, tre, due , ti vedo Nessie sei davanti a me, iniziamo la discesa su quel cratere più grande verso Est.”
Anche Harry aveva visto l'arrivo dell'altro veicolo spaziale e saltellava
dalla gioia davanti alla finestra anteriore. Con la precisione che contraddistingueva i due piloti, si fermarono a pochi metri di distanza l'uno dall'altra, sulla superficie lunare.
“Ancora pochi minuti e avremmo esaurito l'energia”
disse Lilen, a quel punto
“Ci siamo riusciti per miracolo!”
Già ormai la nostra vita era tutta un miracolo!
“Come sei cresciuta, ragazzina!, diventi sempre più bella e più brava...”
Nessie arrossì un po al commento del ragazzo ma lo abbracciò con entusiasmo. Diventò molto più seria quando fu davanti ai cilindri che contenevano Edward e gli altri e le lacrime cominciarono a rigargli le tenere
gote.
“Vedrai che ce la faranno, dai carichiamoli sulla tua navetta e torniamo a casa!”
Era ormai notte fonda quando i nostri occhi fissi sulle nuvole videro
una fioca luce che le perforava, la navetta stava scendendo a luci spente
nella radura, solo i nostri occhi di vampiro percepivano le luci della caPag. - 153 - di - 155 -
bina di pilotaggio.
Trascorse solo il tempo necessario ad uno sguardo d'intesa ed avevamo già superato con un balzo il fiume sfrecciando nella foresta, arrivando nello spiazzo, sconvolto dallo scavo precedente, nello stesso istante
in cui Nessie spegneva i motori.
Abbracciammo in silenzio i nostri ragazzi, non era ancora tempo di
festeggiamenti, mestamente ci caricammo dei quattro cilindri e ci avviammo in fila indiana verso casa con ancora la morte nel cuore....
I quattro corpi allineati sui lettini dello studio medico di Carlisle ci
stavano spezzando il cuore, Jane era accanto al fratello e piangeva in silenzio, Alice impietrita accanto a Jasper era talmente sconvolta che il
suo potere di preveggenza era completamente annullato, Rosalie non
avrebbe potuto sopravvivere senza il suo Emmett.
Io guardavo Edward, cercando di non farmi sopraffare dalla disperazione, era nella mie mani la responsabilità del tentativo di risvegliarli.
L'arma che attivava il software maledetto, funzionava solo con me o
con Edward. Accesi il computer con l'agitazione che mi soffocava, anche
se non respiravo più, la sensazione era quella.
Lentamente vidi scorrere i nostri nomi sul video con quelle dannate
crocette rosse accanto a quelli dei nostri cari. Quella maledizione aliena
ci aveva identificati tutti come al solito.
Ignorai l'orribile messaggio che esortava a distruggere con il laser le
unità disattivate, selezionai i nostri amati e tremando per la disperazione
e alimentata dalla speranza premetti il tasto ripristina. Fissavo Edward
impietrita, era bello come lo ricordavo, il liquido dei cilindri li aveva
conservati alla perfezione impedendo al sangue di seccare nelle vene e di
conseguenza alle nano-macchine periferiche di sedimentarsi e rendere
fragile il suo corpo meraviglioso. Passò un secolo (in realtà una manciata di secondi) nel silenzio spettrale della camera dove tutti erano pietrificati, noi alla stregua di loro.
Fu allora che una vibrazione impercettibile scosse le palpebre di Edward e in un attimo due splendidi occhi d'oro che ben conoscevo, per le
lunghe notti passate a contemplarli, si specchiarono nei miei. In un attimo le mie forze di giovane vampira mi abbandonarono come mai mi era
accaduto, le ginocchia si piegarono come fuscelli e caddi pesantemente a
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terra.
“Ecco la solita Bella, ma non avevi smesso di inciampare?”
Edward si era seduto sul letto e mi fissava divertito come se ci fossimo lasciati cinque minuti prima. Un urlo di gioa usci dalle gole dei presenti, così forte che probabilmente fu sentito anche a Forks, scambiato
per un tuono, mentre anche gli altri tre si sollevavano dai lettini.
Il sole aveva iniziato a sorgere sulla penisola di Olympia, stava sorgendo la prima alba di un nuovo mondo...
FINE (...continua)
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