piacenza alimentare alla fiera in giappone

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piacenza alimentare alla fiera in giappone
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Piacenza e Provincia
LIBERTÀ
mercoledì 9 marzo 2016
A sinistra Sante Ludovico con Simona Bazzoni e Terumi Suzuki; sopra la
delegazione piacentina al Foodex; a destra giapponesi brindano con i nostri vini
Eccellenze
insieme perché
uniti si vince
di ELISA MALACALZA
■ Piacenza vuole sedurre il
Giappone in tempo per le Olimpiadi del 2020. Il Consorzio Piacenza Alimentare si allena non
senza fatica da almeno tre anni,
da quando ha buttato più di un
occhio su Foodex, che catalizza
da 41 anni le attenzioni dei
principali giri d’affari del Pacifico.
Ieri, al futuristico Makuhari
Messe di Chiba, la fiera ha aperto le sue porte a 7 aziende associate al consorzio piacentino, unica presenza tanto massiccia
di una provincia italiana. Il food
nel nostro territorio si gioca tutto non solo nella conquista del
mercato asiatico - che ieri ha testato, assaggiato e scambiato
decine di biglietti di visita, numeri di telefono e mail - ma soprattutto nella promozione del
sistema-Piacenza rodato a Expo
2015 (lo slogan è ‘Uniti si vince’,
tanto antico quanto ancora faticoso da masticare, per chi, al
di fuori del Consorzio piacentino, il più grande in Italia, vede
nell’unione una forma di concorrenza). Quel Giappone che
d’impatto esce dal mare e sembra riuscire a non perdere mai
la calma (neppure quando sul
telefonino arriva l’allerta per calamità) fa gola alle eccellenze
del Piacentino: il numero preciso di ristoranti italiani a Tokyo,
la metropoli in perenne equilibrio tra tradizione, templi, alta
tecnologia, panda, ciliegi e cartoon, è quasi una leggenda.
Qualcuno ti dice 1.300. Altri, pare più informati, azzardano più
di 6.000. Di certo, sono migliaia,
con un’offerta enogastronomica tra le più ricche che può permettersi dunque di prediligere
su tutto la qualità, dalle materie
Piacenza Alimentare
alla fiera in Giappone
Sette aziende in vetrina. Si punta alle Olimpiadi del 2020
prime fino al packaging. Tra i
piacentini si è tramandato l’aneddoto di un produttore di pasta al quale fu rimproverato il
diametro di alcuni spaghetti,
non uguali agli altri.
Il buon cibo è quasi una ‘religione del dovere’ e conquistare
un giapponese vuol dire essere
credibili: ai tavolini della trattativa LaPizza+1, Ma.Vi Trade, Salumificio San Carlo, Steriltom,
Polenghi, Delicius, Prosciuttificio San Nicola, guidati da Sante
Ludovico del Consorzio Piacenza Alimentare che ieri ha incontrato i principali giornalisti e tester di questo imponente partner strategico, alla presenza di
Pierluigi Trombetta, dell’Ufficio
affari economici dell’Ambasciata d’Italia a Tokyo (oggi, i piacentini incontreranno l’ambasciatore Domenico Giorgi) e di
Aristide Martellini, direttore ufficio di produzione di Ice.
«L’Italia è tra i primi Paesi
presenti nel settore del food in
Giappone, la fiera lo dimostra,
anche se ci sono problemi che
dobbiamo cercare di risolvere
perché frenano le importazioni
– ha detto Trombetta -. L’export
italiano in Giappone nel 2015
ha raggiunto quota 100 miliardi
di yen. Il mercato giapponese
premia la continuità. Non premia il mordi e fuggi». Martellini,
in occasione di un aperitivo nel
pomeriggio con vini piacentini,
ha fornito i numeri della presenza italiana a Foodex, fatta
anche di sperimentazioni e
contaminazioni, come il sushi
fatto con la trota (Udine) o l’olio
aromatizzato al wasabi (Abruzzo): il nostro Paese ha portato la
più grande area espositiva tra
«Il mercato c’è e privilegia l’alta qualità»
Farsi conoscere, anche se costa sacrifici, per costruire il futuro rafforzando un legame di fiducia
■ Dalla società tutta al fem-
minile, a palazzo dell’Agricoltura, all’azienda che, a Gragnanino, ha ottenuto il certificato
sull’etica del benessere. Fino alla leader in Europa, Steriltom,
alle confezioni pronte per l’aperitivo con salumi di Ziano, alle acciughe lavorate a mano, ai
succhi di limone, alla pizza che
fa il giro del mondo. C’è di tutto, passeggiando tra il padiglione 4, nello stand italiano dedicato al Consorzio Piacenza Alimentare del febbrile quartiere
fieristico di Makuhari Messe.
Ma soprattutto c’è la voglia di
crederci, di fare, di investire, tenendo la barra dritta sulla tradizione.
Alla Ma.Vi, che ha sede a palazzo dell’Agricoltura, le donne
contano. La titolare e socio unico, Rosaria Maestri, ha infatti
scelto nove giovani dipendenti,
per far crescere la società capace di valorizzare la rete di imprese di Grana Padano piacentino, le quali, singolarmente,
mai avrebbero avuto la forza
A sinistra Alessandro Squeri; a destra Rosaria Maestri (Mavi Trade) e Giacomo Fugazza (Lattegro) (foto Malacalza)
numerica di esportare il proprio prodotto o di presentarsi a
una fiera come Foodex. Nello
stand, si è fatta strada soprattutto la Lattegro di Gragnanino,
oggi tra i primi produttori di
Grana in Italia (si ‘sfornano’ 450
forme al giorno), focalizzata sul
cibo sano, sulla politica Ogm
free e sull’etica del benessere
dei dipendenti, riconosciuta da
un certificato ad hoc.
«Essere a Foodex vuol dire
farsi conoscere, Piacenza è una
realtà rimasta troppo a lungo
nascosta – ha precisato Maestri
-. Tutti hanno diritto di andare
all’estero, il primo ostacolo da
abbattere è un certo scetticismo di parte del mondo agricolo. La logica del Consorzio è
chiara, non si fa concorrenza, ci
si aiuta perché solo uniti possiamo essere più forti. Ogni
giorno è buono per aprire nuovi mercati». Possibile anche per
un’azienda di donne? «Certo, le
donne nel mio ufficio hanno
creato un gruppo su Whatsapp,
cercano di aiutarsi – precisa -.
La vita privata non è discriminante per la qualità del lavoro.
Basta sapersi valorizzare».
quelle straniere, con oltre 2mila
metri quadrati e 153 espositori,
22 dei quali sono emiliani romagnoli. «L’Italia è leader mondiale per numero di certificazioni dei prodotti alimentari iscritti
nel registro Ue – ha precisato
Martellini -. Una bottiglia su
cinque di vino esportato nel
mondo è italiana».
«Piacenza conta tre dop, coppa, salame, pancetta – ha precisato il presidente del Consorzio
Piacenza Alimentare, Ludovico,
garantendo per quest’anno, in
caso di conferma a presidente,
una squadra rinnovata e di giovani -. Tradizione, sostenibilità,
creatività, sapore, qualità, diffusione, ricerca fanno della nostra
terra di tradizioni un mercato in
continua evoluzione. Se non si
fa squadra, si finisce con lo scatenare un’inutile guerra tra poveri. A Tokyo, proviamo a costruire il futuro. Per i sette partecipanti arrivare in Giappone
vuol dire affrontare sacrifici. Lo
fanno perché credono in un legame di fiducia. Fiducia, parola
fondamentale».
Alessandro Squeri di Steriltom, ormai consolidata nei rapporti con 70 Paesi nel mondo,
partecipa a Foodex per il secondo anno consecutivo: «Per raccogliere un risultato efficace su
un mercato come questo ci vogliono circa 2-3 anni – spiega -.
Stiamo iniziando oggi a raccogliere i primi frutti. Il mercato
c’è, privilegia l’alta qualità e
questo è positivo. Noi proponiamo tradizione e innovazione, da 4 generazioni».
Presenti come soci del Consorzio piacentino, anche i parmensi San Nicola e Delicius:
«Negli anni Settanta il food italiano era una moda, c’è stato un
vero e proprio boom - spiega
Francesco Felli, del prosciuttificio San Nicola -. L’economia
andava alla grande, addirittura
gli acquirenti neppure chiedevano il prezzo a noi italiani. Poi
i ristoranti hanno iniziato, alla
fine degli anni Novanta, a risentire del minor valore dello yen,
e si sono fatti strada anche i privati. Basta una falla nel sistema,
con un prodotto spacciato per
Made in Italy e in realtà non tale, per far saltare un rapporto di
fiducia oggi molto prezioso».
malac.
e.09.03.16