Indimenticabile Gilles
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Indimenticabile Gilles
LA NOSTRA STORIA a vinto solo sei Gran Premi, eppure è stato uno dei piloti più grandi di tutti i tempi. Sicuramente il più più amato dai “tifosi” della Ferrari. Un piccolo grande uomo capace di imprese al limite dell’impossibile, l’ultimo esemplare di quella razza di piloti che Enzo Ferrari era solito definire “cavalieri del rischio”. H 52 E dire che, quando approda a Maranello, nel settembre del 1977, Gilles Villeneuve è pressochè uno sconosciuto. Di lui si sa poco o niente. Ad esempio che nel nativo Canada si è conquistato una certa fama, vincendo il locale campionato riservato alle motoslitte e l’edizione 1976 della Formula Atlantic, il torneo riservato alle mono- posto cadette che si disputa nel Nord America. In Formula 1 invece è pressochè uno sconosciuto. Quando a Silverstone, in occasione del Gran Premio di Inghiterra del 1977, Teddy Mayer gli affida una vecchia M23, con la quale conquista il nono posto sulla griglia di partenza, qualcuno comincia a parlare di lui come di una po- LA NOSTRA STORIA Anniversari Indimenticabile Gilles Trent’anni fa a Zolder, in Belgio, moriva Gilles Villeneuve, il campione dell’impossibile. In cinque anni vinse solo sei Gran Premi, ma i tifosi impazzivano letteralmente per lui... tenziale promessa. Ma nessuno azzarda di più: da qui a dire che Villeneuve è un campione, il passo è lungo. Lunghissimo. Eppure bastano questa episodica e le raccomandazioni di Franco Lini, noto giornalista italiano, nonchè direttore sportivo del Cavallino nel 1967, per convincere Enzo Ferrari a rimpiazzare il “traditore” Niki Lauda, passato nel frattempo alla Brabham di Bernie Ecclestone, con lo sconosciuto canadese. Assumendo il piccolo “quebecoise” il Drake di Maranello vuole dimostrare al mondo intero che, come al solito, a vincere sono le sue vetture, più che i piloti. In questo caso però l’azzardo sembra eccessivo a molti. Dopo un’opaco diciassettesimo tempo in prova, a Mosport, Gilles termina infatti la sua prima gara in rosso con un’uscita di strada. Ancor peggio gli va in Giappone dove, dopo un’opaca qualifica si aggancia con la Tyrrell di Ronnie Peterson, vola in aria e finisce rovinosamente fuori pista, in una zona gremita di spettatori. Lui non riporta danni, ma muoiono due spettatori, che avevano occupato 53 LA NOSTRA STORIA una zona interdetta al pubblico, e la Ferrari finisce nuovamente nell’occhio del ciclone, con la stampa italiana che chiede a gran voce il suo appiedamento e l’ingaggio di un giovane pilota italiano (Patrese o De Angelis). Il Drake però è irremovibile: ha scelto Villeneuve e Villeneuve correrà con le sue monoposto nel mondiale del 1978. Da “aviatore” a idolo Ma non è che le cose cambino nel 1978. Gilles è irruento e la propensione all’inci- 54 dente gli vale il soprannome de “l’aviatore”. E sarà così fino al Gran Premio del Canada di quello stesso anno, quando il piccolo Gilles salirà per la prima volta sul gradino più alto del podio. Rotto il ghiaccio con la vittoria Gilles Villeneuve si ripete nel 1979 quando la Ferrari fa l’en-plein nel mondiale costruttori e in quello piloti. Gilles accetta il ruolo di scudiero e difende un Jody Scheckter dagli assalti della Ligier di Laffite e della Williams di Jones. A fine anno il sudafricano si laureerà campione Nelle immagini in alto, le monoposto guidate da Gilles Villeneuve in Formula 1, a partire dalla vecchia McLaren M23, con la quale debutta a Silverstone. In basso le prove e il via del Gran Premio di San Marino del 1982, la gara che ha segnato in maniera indelebile il destino del piccolo, grande campione canadese (a destra). del mondo, mentre Gilles deve accontentarsi del secondo posto. Ma poco importa, alla Ferrari gli hanno assicurato tutto l’appoggio del team per il 1980 e il canadese accetta di buon grado il ruolo di vice-campione del mondo. Per i tifosi del Cavallino il vincitore morale del 1979 è però lui, il protagonista dell’epico duello con Renè Arnoux nel Gran Premio di Francia o del rientro su tre ruote nei box di Zandvoort. La gente impazzisce per Gilles, l’emulo di Nuvolari, per Gilles, campione dell’impossibile, e le sue imprese diventano leggenda nel 1981 quando il canadese porta al successo la prima Ferrari turbo della storia a Montecarlo e Jarama, due circuiti considerati assolutamente tabù per i motori sovralimentati. Ma non è di questo che vogliamo occuparci, quando di quel maledetto 1982, l’anno horribilis della LA NOSTRA STORIA Ferrari, che vede dissolversi nel nulla la meteora Gilles Villineuve. 1982: l’anno maledetto La stagione 1982 si apre senza toni trionfalistici alla Ferrari, ma la consapevolezza di disporre finalmente di una vettura in grado di puntare al titolo. La 126 C2, progettata da Mauro Forghieri (per la parte motoristica) e da Postlethwaite (per quella strutturale e aerodinamica) è certamente competitiva, con un telaio eccellente, un’ottima aerodinamica e un motore turbo finalmente affidabile. La riprova in Brasile, seconda gara dell’anno, dove Gilles è autore di una prova maiuscola e dove solo un’uscita di strada gli nega la soddisfazione del podio, se non addirittura della vittoria. Vittoria che, per la cronaca, arriva invece ad Imola. Ma col pilota sbagliato e per giunta in uno dei Gran Premi più drammatici nella storia della Ferrari in Formula 1. Per la cronaca, al via della corsa si presentano solo una dozzina di monoposto, a causa del boicottaggio indetto dai team inglesi, che intendono protestare contro la Federazione, per il divieto di installare serbatoi per il rabbocco del liquido utilizzato, a loro dire, per raffreddare i freni. La motivazione è però un’altra: si tratta del classico escamotage per correre con macchine sottopeso e compensare in questo modo il divario di prestazioni che separa i turbo dagli aspirati. Avuto un secco no dalla Federazione, i team d’oltre Manica decidono di disertare Imola, feudo della Ferrari. Così, a contendersi la vittoria nel Gran Premio di San Marino sono i cosiddetti “lagalisti”, che annoverano tra le loro fila la Ferrari, la Renault, l’ Alfa Romeo, la Toleman Hart e uno sparuto numero di monoposto motorizzate Cosworth, che annovera la Tyrrell, l’Osella e la piccola Ats. Quattordici vetture in tutto, un po’ poco in un periodo in cui si svolgono le prequalifiche, per ridurre il numero delle monoposto ammesse alle prove ufficiali, ma comunque sufficiente per dar vita al secondo Gran Premio della storia di San Marino. Se gara deve essere, che gara sia, dunque, ma in una cena che si svolge alla vigilia della corsa, i vertici di Ferrari e Renault, le due scuderia candidate al successo finale, concordano una strategia di gara per rendere più credibile la gara. A prescindere dal risultato delle prove i due team decidono di congelare le posizioni nelle battute iniziali e di giocarsi la vittoria solo a partire da metà gara. Detto fatto, i primi giri passano via lisci con le Renault nelle prime posizioni, seguite dalle Ferrari, ma ben presto i piani vengono scombussolati dalla cronica mancanza di affidabilità delle monoposto transalpine. Con Prost ed Arnoux fuori LA NOSTRA STORIA combattimento passa così a condurre Gilles Villeneuve, al volante della Ferrari numero 27. Il canadese, per scongiurare eventuali rotture, non forza e viene presto raggiunto da Pironi. I due si scambiano ripetutamente le posizioni, tra l’entusiasmo della folla e a due tornate dalla fine, con Gilles saldamente al comando della gara, i box di Maranello espongono un cartello eloquente, che invita i piloti a mantenere le posizioni e rallentare l’andatura. Villeneuve obbedisce, ma Pironi non è dello stesso avviso e nel corso dell’ultimo giro, contravvenendo gli ordini di scuderia e con una manovra che farà scorrere fiumi di inchiostro, supera il canadese, andando a vincere la gara. Sul podio Gilles è furente e invita il direttore sportivo della Ferrari, Marco Piccinini, a cercarsi un altro pilota per il 1983. Quello che si classifica secondo a Imola è un pilota demotivato, un uomo che si sente tradito nel profondo dell’animo. Lui, che nel 1979 si era sacrificato per aiutare Jody Scheckter e aveva obbedito agli ordini di scuderia, rinunciando al titolo mondiale, capisce di essere stato giocato da un compagno di squadra, ritenu- 56 to fino ad allora un amico. Tradito da un opportunista, da uno che non era stato al gioco. Il peggio che gli potesse capitare. Con questo peso nel cuore si reca in Belgio, dopo avere dichiarato alla stampa che tra lui ed il francese non ci sarebbero più stati più rapporti di sorta e che da quel momento per lui Pironi era solo uno dei tanti avversari. Questo nelle dichiarazioni ufficiali, ma dietro la facciata del pilota accolto come un figlio dal Drake di Maranello e poi tradito da un compagno di squadra, si celano anche altri turbamenti, che solo in pochi conoscono. Nello sgarbo di Imola Gilles legge l’insofferenza di Enzo Ferrari nei confronti di un pilota che stava offuscando il mito del Cavallino e proprio in quei giorni prende corpo l’ipotesi di un team Villeneuve, con motori Renault e Gerard Ducarouge a capo della struttura tecnica. E di divorzio in vista si parla pure in casa del canadese che, a detta dei suoi più stretti amici, sarebbe in procinto di lasciare la moglie Johanna, per un’altra donna. Illazioni, pettegolezzi di radio box? Nessuno potrà mai confermarlo o smentirlo, l’unica cosa certa è che quanto Sopra un corrucciato Gilles Villeneuve sul podio di Imola, mentre il suo compagno di squadra Didier Pironi festeggia una immeritata vittoria. In basso e a destra, le ultime immagini del pilota canadese, che perse la vita nel corso delle prove ufficiali del Gran Premio del Belgio del 1982. Gilles si presenta a Zolder, dove domenica 9 maggio è in programma il Gran Premio del Belgio, è scuro in volto. Tra lui e Pironi è guerra dichiarata, è scontro frontale e tutto lascia prevedere che si tratterà di una battaglia maschia, senza esclusione di colpi, di un duello all’ultimo sorpasso, all’ultima staccata. Ma la sorte è in agguato e deciderà diversamente, sbarrando la strada a Villeneuve sotto forma di un doppiato che si interpone tra il suo desiderio di rivalsa e la caccia ad una platonica pole position. Nell’inutile tentativo di superare l’odiato compagno-rivale Pironi (inutile perchè a quel punto aveva già consumato tutte le gomme da tempo), Gilles va ad urtare le ruote della March di Jochen Mass nel giro di rientro ai box. La sua vettura, fuori controllo, decolla e dopo una impressionante serie di capriole spara il corpo del canadese fuori dal- LA NOSTRA STORIA l’abitacolo. Per Gilles, l’aviatore, non c’è più niente da fare. Il piccolo grande uomo, il campione dell’impossibile, se ne va così, come gli eroi delle saghe popolari. Abbandona la scena in maniera spettacolarmente drammatica, come drammatica e spettacolare era stata la sua carriera di pilota e la sua esistenza umana. Un cammino troppo breve, dominato dall’ebrezza della velocità e dall’amore per il rischio fine a se stesso. Se ne va, lasciando un vuoto incolmabile in quella Formula 1 da sempre poco incline a commuoversi per chi non c’è più. Per qualcuno è la logica conclusione di un’esistenza sconsiderata. Per molti, e sono i più, l’inizio di un mito. Che a trent’anni di distanza non si è ancora spento. Un mito che va ben al di là delle sei, striminzite, vittorie ottenute o dell’unica pole conquistata nel Gran Premio di San Marino del 1981. Un mito fatto di imprese al limite dell’impossibile, di prestazioni inimmaginabili per chiunque altro. Di episodi indelebili nell’immaginario collettivo, da ricordare negli annali. Come indelebile sarà per sempre il volto corrucciato di quel piccolo grande uomo, proveniente dalle piste ghiacciate dello sperduto Canada, che un giorno Enzo Ferrari chiamò a Maranello per dimostrare al mondo intero che le sue vetture potevano vincere anche con uno sconosciuto campione “quebecoise” di motoslitte. Testo, e foto Paolo D’Alessio. 57