Terzo ciclo - Università degli Studi di Cassino
Transcript
Terzo ciclo - Università degli Studi di Cassino
KEYNES (CAP. V) John Maynard Keynes (1883-1946) General Theory of Employment, Interest and Money (1936) Dimostrazione dell’esistenza di equilibri di sottoccupazione (insufficienza analitica delle ‘intuizioni’ precedenti di Malthus, Sismondi, Hobson, Marx) Crisi del 1929 quale contesto ‘fertile’ per le nuove idee Prima di Keynes: l’equilibrio di piena occupazione non solo esiste ma è anche stabile. L’ESISTENZA si faceva derivare dalla legge di Say (Jean Baptiste Say, 1767-1832): • il reddito, e quindi la domanda, derivano dalla produzione. • Il reddito viene interamente speso (direttamente o indirettamente) cosicché la domanda aggregata è sempre in grado di assorbire qualsiasi livello di produzione aggregata. La prima proposizione è ovvia; la seconda è oggetto della critica di Keynes. Una possibile ricostruzione dei fondamenti teorici della legge di Say: poiché Y=C+S e Yd=C+I, il tasso d’interesse, garantendo S=I per qualsiasi livello di reddito, garantisce l’uguaglianza tra domanda globale e produzione di piena occupazione. LA STABILITÀ si faceva derivare dai movimenti del salario che tendendo a coincidere con la produttività marginale (decrescente) del lavoro, garantisce la piena occupazione (come già visto per Wicksell). Ostacoli alla flessibilità del tasso d’interesse e del salario come uniche possibili cause della disoccupazione. Critica keynesiana alla teoria ortodossa del saggio d’interesse: • dipendenza del risparmio dal reddito (oltre che dal tasso d’interesse); • scarsa d’interesse; elasticità degli investimenti rispetto al tasso • impossibilità per il tasso d’interesse di scendere al di sotto di un certo livello ‘minimo’; • dipendenza del tasso d’interesse non tanto da fattori reali (scelte di risparmio e di investimento come in Fisher) quanto da fattori monetari (offerta di moneta e preferenza per la liquidità); • poiché la moneta serve anche per fini ‘speculativi’ e ‘precauzionali’, il tasso d’interesse va concepito come il compenso per la rinuncia alla liquidità; • il tasso d’interesse costituisce un legame tra le variabili reali e quelle monetarie. Pertanto il tasso d’interesse può non essere in grado di generare un livello degli investimenti corrispondenti al risparmio di piena occupazione. Critica alla possibilità che diminuzioni del salario facciano aumentare stabilmente l’occupazione: • rigidità del salario • impossibilità di dimostrare che una riduzione di w (che riduce i consumi) fa aumentare l’investimento (in misura maggiore della diminuzione dei consumi). Se ciò non accade, i prezzi diminuiscono e l’occupazione non aumenta. TEORIE DEL CICLO I contributi sul ciclo prima di Keynes (Tugan-Baranowsky, Aftalion, Spiethoff, Pigou, Hawtrey, Robertson, Mitchell) non potevano spiegare il punto di svolta superiore del ciclo, cioè la crisi vera e propria. Le spiegazioni si concentravano sulla scarsità delle risorse e sulla limitatezza del credito in regime di Gold Standard. Hansen (1951), sulla base di idee precedenti (in particolare Aftalion e Clark riguardo al ‘principio di accelerazione’ degli investimenti) riprende l’idea keynesiana che all’aumentare del reddito il risparmio aumenta sia in termini assoluti sia relativi. Quando però ci si avvicina alla piena occupazione: • diminuisce il tasso di crescita del reddito e quindi la componente indotta degli investimenti; • diminuiscono le opportunità offerte dal progresso tecnico, peggiorano le aspettative di profitto e diminuisce quindi la componente autonoma degli investimenti. La diminuzione degli investimenti autonomi e di quelli indotti genera la crisi. Da questo punto in poi l’acceleratore funziona al contrario e spinge l’economia in recessione. I NUOVI INDIRIZZI DI POLITICA ECONOMICA (CAP. VI) Con Keynes si consolida la necessità dell’intervento pubblico per tre motivi: • esistenza di disoccupazione; • tendenza alle concentrazioni monopolistiche; • iniquità distributive. Per ciò che riguarda il terzo punto, dall’analisi keynesiana emerge un motivo economico che consente di evitare il problema della separazione tra efficienza ed equità sollevato da Robbins: la differenza nella propensione al risparmio delle classi sociali (maggiore per i redditi alti) giustifica con motivazioni economiche gli interventi redistributivi. Di fatto, sono stati però accettati solo gli interventi a sostegno della piena occupazione. Il ruolo della spesa pubblica investimenti privati: Yd=C+I+G per colmare la carenza degli Il moltiplicatore e l’ammontare della spesa pubblica (Richard Kahn 1931): Parametri assunti nella tavola: z = 20% c = 80% I = 100 fasi 1 2 3 4 5 … totale Pf Y C S --100,0 80,0 64,0 51,2 … 500,0 (2) --100,0 80,0 64,0 51,2 … 500,0 (2) --80,0 64,0 51,2 41,0 … 400,0 (3) --20,0 16,0 12,8 10,2 … 100,0 (4) Dt D 100,0 80,0 64,0 51,2 41,0 …… 500,0 (5) (6) 125 100 80 64 51,2 625 I contenuti della spesa pubblica Se la disoccupazione dipende da carenza di domanda effettiva e non di capacità produttiva, allora i contenuti della spesa pubblica sono irrilevanti. I metodi di finanziamento La spesa pubblica, per avere effetti sull’occupazione, aggiungersi, e non sostituirsi, alla spesa privata. deve Conseguente inefficacia della spesa pubblica finanziata con le imposte: Yd=C+I+(G-T). Maggiore efficacia del finanziamento in deficit e ruolo degli istituti di credito e della Banca Centrale per il collocamento dei titoli del debito pubblico. In presenza di disoccupazioni non vi sono rischi che il disavanzo generi spinte inflazionistiche. Il commercio estero La domanda aggregata in economia aperta deve tener conto delle esportazioni e delle importazioni: Y=C+S Yd=C+I+(G-T)+(E-I) S=I+(G-T)+(E-I) Pertanto, il risparmio nazionale privato, indotto dalle componenti nette della domanda (al secondo membro) finanzia, in parte gli investimenti privati, in parte la spesa pubblica non coperta dalle imposte e in parte il disavanzo del ‘resto del mondo’. Nella teoria classica della bilancia dei pagamenti (John Stuart Mill 1848) è il livello generale dei prezzi, determinato dai flussi di oro, a garantire il riequilibrio della bilancia dei pagamenti. Sviluppi della teoria keynesiana nell’ambito della teoria del commercio internazionale: Robinson (1937), Harrod (1939), Metzler (1942), Kindleberger e Machlup (1943): sono i movimenti del reddito e non dei prezzi a garantire il riequilibrio della bilancia commerciale attraverso le variazioni delle importazioni. Possibile ruolo del protezionismo per evitare che il riequilibrio richieda forti riduzioni del reddito interno. Vantaggi del libero scambio nella teoria classica del commercio internazionale: la teoria dei costi comparati di Ricardo confermata anche in studi più recenti (Haberler, Leontief, Viner, Samuelson). Tuttavia, i vantaggi si vedono soprattutto dopo che tutti i paesi hanno provveduto a stabilizzare la domanda interna con opportune politiche keynesiane (Metzler 1949). EQUILIBRIO GENERALE E TEORIA KEYNESIANA (CAP. XIV) SINTESI NEOCLASSICA (Il modello IS-LM): John Hicks: Mr Keynes and the Classics: A suggested interpretation (1937) Modigliani 1963: il modello IS-LM con quattro mercati in un contesto di equilibrio economico generale. Si scambiano 1 bene, 1 tipo di lavoro, 1 tipo di obbligazione ‘contro’ moneta che può essere trattenuta nei limiti della sua quantità ‘offerta’. L’idea è quella di individuare le condizioni di validità della teoria classica e quelle di validità della teoria keynesiana. I risultati keynesiani dipendono dalle ‘imperfezioni’ (incertezza, illusione monetaria, rigidità di prezzi e salari, presenza di effetti sulla domanda di un’eventuale redistribuzione della ricchezza). Caso ‘classico’: Sequenza logica in assenza di rigidità; r e w sono ‘troppo alti’ ma con disoccupazione succederà che: w ↓ w/p ↓ DL ↑ YP ↑ p ↓ M/p ↑ r ↓ I ↑ YD ↑ Finché si ripristina la piena occupazione e w e p smettono di scendere. La ‘ripresa’ della produzione dipende dalla caduta dei prezzi! La quantità di moneta ha effetti reali ed opera il moltiplicatore. Il risultato ‘classico’ si ottiene integrando Walras con Keynes. Caso ‘keynesiano’: La catena logica che riconduce continuamente occupazione si può interrompere in tre punti: • Scarsa reattività di I rispetto ad r. • Trappola della liquidità • Il salario monetario è rigido alla piena La disoccupazione dipende dal fatto che w è troppo alto rispetto a p; vi è quindi ‘poca’ moneta che tiene troppo basso p rispetto a w. Affinché il meccanismo classico possa partire, w deve scendere e/o M deve aumentare. La disoccupazione dipende da disturbi monetari che distorcono il valore di equilibrio di w/p. Se w è rigido, emerge il ruolo della politica economica che può intervenire direttamente sul terzultimo anello (aumento di M) della catena (generando un aumento di p dato w) senza che il sistema debba andare incontro ad una deflazione. Con l’ipotesi di rigidità di w, l’equilibrio generale appare compatibile con la presenza di disoccupazione. I lavoratori non possono mandare il segnale di essere disposti ad accettare un salario monetario più basso e le imprese massimizzano il loro profitto al dato w. Vi è equilibrio di sottoccupazione: il mercato delle merci è in equilibrio e non vi sono quindi pressioni su p. Interdipendenza tra mercato reale e mercato monetario: non neutralità della moneta. Il tasso d’interesse dipende sia dalle variabili monetarie sia da quelle reali (la domanda di moneta dipende dal reddito). Determinazione ‘simultanea’ del reddito e del tasso d’interesse. Approfondimento del ruolo della moneta da parte di Patinkin. La rigidità di w non è spiegata ma è essenziale affinché una politica monetaria espansiva possa avere effetti reali. In ogni caso, la rigidità di w è un’ipotesi poco keynesiana. PATINKIN: MONEY, INTEREST AND PRICES (1956, 1965) Presenza di real balances nella ricchezza degli individui. Implicazioni sia per la teoria ‘dicotomica’ propria della teoria walrasiana (non separabilità tra settore reale e settore monetario), sia per la teoria keynesiana (l’eventuale rigidità di r non può bloccare il meccanismo di riequilibrio verso la piena occupazione). 1. Implicazioni per la teoria walrasiana La presenza di real balances consente di determinare p all’interno dell’equilibrio generale. Il livello dei prezzi è altrimenti indeterminato anche includendo un mercato della moneta. Le scelte dipendono anche dai saldi reali e, date le dotazioni monetarie, il livello dei prezzi è determinato come parte della soluzione: cade il postulato di omogeneità di grado zero delle funzioni di domanda. Il risultato di Patinkin è che, proprio riconoscendo la reciproca influenza tra grandezze reali e monetarie, viene ristabilita la neutralità della moneta anche in assenza di dicotomia classica, e ciò proprio grazia al Real Balance Effect (o effetto Pigou). La neutralità è garantita solo se un aumento di M fa aumentare proporzionalmente tutte le dotazioni monetarie dei soggetti. 2. Implicazioni per la teoria keynesiana Potenziale stabilità dell’equilibrio di piena occupazione: se, dato un equilibrio generale di piena occupazione, YD ↓ p ↓ LD ↓ w ↓ si registra un eccesso di offerta sia sul mercato del lavoro sia su quello delle merci ( p ↓ w ↓ )il salario reale non cambia ma entra in funzione il RBE: YD ↑ e si ritorna alla piena occupazione Il meccanismo opera automaticamente (senza interventi di politica economica) e indipendentemente dall’elasticità di I e dalla trappola della liquidità. Le conclusioni keynesiane dipendono solo dalla rigidità di w (il resto della catena non presenta interruzioni). Limiti del RBE riconosciuti dallo stesso Patinkin: il meccanismo è debole cosicché vi è comunque spazio per le politiche keynesiane. Due ipotesi necessarie per la validità del RBE: la flessibilità dei prezzi e l’assenza di effetti redistributivi. La seconda è necessaria in quanto i diversi effetti ‘ricchezza’ su creditori e debitori vanno esclusi per provare l’esistenza di un equilibrio economico generale, ma sono inevitabili in una vera economia monetaria (in cui la moneta non è una semplice unità di conto). La prima non è tanto ‘classica’: la disoccupazione non dipende da un livello troppo elevato di w/p ma da una carenza di domanda. La flessibilità dei prezzi può non funzionare se si considerano gli effetti sulle aspettative: se, ad esempio, i soggetti si aspettassero ulteriori cadute dei prezzi o decidessero di aumentare le scorte di moneta ‘precauzionali’, la caduta dei prezzi non garantirebbe il ritorno alla piena occupazione. Differenza fondamentale rispetto alla Sintesi Neoclassica: • La teoria keynesiana non è un semplice ‘caso speciale’ (rigidità di w) della più generale teoria classica • Le conclusioni keynesiane sono compatibili solo con il disequilibrio Infatti, secondo Patinkin l’equilibrio è sinonimo di market clearing su tutti i mercati e l’economia keynesiana è riferita ad un contesto di stabilità dinamica di un sistema che è fuori dall’equilibrio. La riluttanza degli agenti a modificare istantaneamente le proprie decisioni non nasce da rigidità ‘esterne’ (quali la presenza di sindacati) ma da “decisioni sovrane” degli individui. Conseguente importanza dei ‘fondamenti microeconomici’ della teoria keynesiana (che non possono essere quelli walrasiani). LA MACROECONOMIA NON-WALRASIANA (CAP. XV) Robert Clower: The Keynesian Counterrevolution: a Theoretical Appraisal (1965) Contrariamente a quanto avviene nel mondo transazioni avvengono anche a ‘prezzi falsi’. walrasiano, le Ai prezzi non di equilibrio alcuni soggetti sono razionati e domina il ‘lato corto’, cosicché la domanda e l’offerta effettive possono divergere da domanda e offerta ‘nozionali’ (desiderate a quei prezzi). La dual decision hypothesis: se gli scambi avvengono a prezzi falsi, alcuni soggetti sono razionati e rivedono le proprie scelte effettive alla luce del vincolo di quantità sperimentato (le decisioni sui vari mercati sono prese in modo sequenziale anziché simultaneo). Spill-over effects: la domanda effettiva di beni è inferiore a quella nozionale perché, ad esempio, l’offerta nozionale di lavoro è maggiore di quella effettiva (se w è rigido). E la domanda effettiva di lavoro potrebbe essere inferiore a quella nozionale perché le imprese non riescono ai dati prezzi, a vendere tutto ciò che avrebbero voluto vendere (se p è rigido). Incompatibilità tra l’equilibrio walrasiano market clearing e la teoria keynesiana: i soggetti prendono le proprie decisioni non soltanto sulla base dei prezzi ma anche dei vincoli di quantità sperimentati. Teoria walrasiana come ‘caso particolare’. Fondamenti microeconomici per la funzione del consumo e per il principio della domanda effettiva. Il consumo dipende dal reddito realizzato (dati i vincoli di quantità) e non solo dai prezzi. La domanda effettiva, vincolata, sarà quindi inferiore alla domanda nozionale e la produzione effettiva (e nozionale) sarà inferiore a quella di piena occupazione: disequilibrio di piena occupazione. Mancato rispetto della legge di Walras che vale solo per le grandezze nozionali: può esserci uno squilibrio in un mercato senza che vi sia uno squilibrio di segno opposto in un altro. Se, ad esempio, il salario reale è troppo alto allora OLn > DLn e DBn > OBn . Tuttavia, se nel mercato del lavoro si scambia ad un prezzo falso, si avrà OLe > DLe (lato corto) ma sul mercato dei beni DBe = OBe (la domanda di beni da parte dei lavoratori occupati sarà uguale al valore della produzione effettiva) e non vi sarà alcuna pressione sui prezzi e quindi sul salario reale. E’ l’assenza del banditore che non consente il riequilibrio: i lavoratori non possono trasmettere alle imprese la loro domanda nozionale di merci corrispondente alla piena occupazione. I segnali provenienti dal sistema dei prezzi non sono sufficienti: i vincoli di quantità sono essenziali per ‘guidare’ le decisioni degli agenti. I MODELLI DI DISEQUILIBRIO Barro e Grossman (1971), Benassy (1975-1986), Drèze (1975), Grandmont e Laroque (1976-1983), Hahn (1973-1977), Malinvaud (1977-1980). Il metodo degli equilibri temporanei viene esteso in modo da comprendere le aspettative dei vari agenti riguardo ai vincoli di quantità che si aspettano di sperimentare. Dato un insieme iniziale di prezzi (tendenzialmente non market clearing), il problema è quello di spiegare come questi prezzi si siano formati e sulla base di quali meccanismi saranno modificati. Due classi di modelli di disequilibrio: a prezzi fissi e a prezzi flessibili. Nei primi (Malinvaud), i prezzi sono dati (governo o sindacati, concorrenza non perfetta) e l’aggiustamento è impedito da vincoli di varia natura, cosicché il tâtonnement avviene sulle quantità. In tali modelli, come già in Patinkin, la disoccupazione non dipende da un troppo elevato livello di w/p ma da una carenza di domanda effettiva. Limiti dei modelli a prezzi fissi: i prezzi non sono spiegati e tanto meno è spiegato come si passa da un equilibrio temporaneo ad un altro. Nei modelli di disequilibrio a prezzi flessibili (l’equilibrio congetturale di Frank Hahn) gli agenti sono price-makers anziché price-takers. I soggetti che sperimentano vincoli di quantità possono proporre variazioni dei prezzi ma prima di farlo (ad esempio i lavoratori possono dichiararsi disponibili a lavorare ad un salario inferiore) esprimono delle congetture sugli effetti che tale variazione avrà sui vincoli di quantità sperimentati (ad esempio sul livello di occupazione). E possono decidere che non valga la pena. Quattro caratteristiche dell’equilibrio congetturale: • l’equilibrio è congetturale nel senso che i prezzi non cambiano quando i meccanismi di formazione delle congetture (non spiegati) spingono i soggetti a non modificare più i prezzi; • l’equilibrio congetturale non è market clearing e, come in Clower, sono essenziali i segnali provenienti dai vincoli di quantità sperimentati; • si tratta in realtà di un vero e proprio equilibrio, non essendovi forze che tendono a modificarlo; • se non vi è il banditore, l’ipotesi di concorrenza perfetta (soggetti price-takers) configge con la necessità che i prezzi siano flessibili (chi li cambia e come?). Si abbandona quindi l’ipotesi di concorrenza perfetta. LA SCUOLA DI CHICAGO (CAP. XVI) L’obiettivo è quello di ricostruire la macroeconomia ritornando alla nozione walrasiana di market clearing abbandonata dalla teoria del disequilibrio. IL MONETARISMO DI FRIEDMAN Milton Friedman: The Role of Monetary Policy (1968), Anna Schwartz, Karl Brunner, Alan Metzer, David Laidler. L’equilibrio generale walrasiano, market clearing, è lo stato ‘naturale’ dell’economia e tutti i soggetti massimizzano la propria funzione obiettivo sulla base dei soli prezzi relativi. Stabilità dell’equilibrio walrasiano: il sistema tende sempre a ritornare verso il tasso naturale di disoccupazione, cioè verso quel tasso di disoccupazione fisiologico (‘frizionale’, ‘strutturale’ o ‘di equilibrio’) che si registra quando domanda e offerta di lavoro coincidono e non vi sono quindi pressioni sul salario reale (w/p). Vi sono, però, infinite coppie di w e p compatibili con il tasso naturale di disoccupazione. Importanza delle aspettative: in corrispondenza del TND (Natural Rate of Unemployment) le aspettative dei soggetti sono realizzate. Le oscillazioni di breve periodo intorno al TND si spiegano con la possibile divergenza delle grandezze effettive da quelle attese; ma nel lungo periodo i soggetti razionali rivedranno le proprie aspettative e si ritornerà al TND. Pertanto, se le autorità di politica monetaria provassero a ridurre il TND con un aumento dell’offerta di moneta, nel breve periodo saliranno in modo inatteso sia gli investimenti (diminuzione di r) sia i consumi (aumento dei ‘saldi reali’). I prezzi e i salari nominali cominceranno a salire ma i primi più velocemente dei secondi: ciò spinge le imprese ad aumentare l’occupazione. I lavoratori non si accorgono che dell’aumento dei prezzi, credono che il loro salario reale sia aumentato e accettano perciò di aumentare l’offerta di lavoro. Il salario reale è sia aumentato (nella percezione dei lavoratori) sia diminuito (nella percezione delle imprese)! La revisione delle aspettative da parte dei lavoratori, che chiederanno aumenti di w, riporterà l’economia al TND ma con un livello dei prezzi assoluti maggiore (unico effetto duraturo della manovra espansiva). Efficacia nel breve periodo (per effetto dell’illusione monetaria) ma non nel lungo della politica monetaria. Le politiche espansive hanno effetti reali solo nella misura e per il periodo in cui riescono a ‘sorprendere’ i soggetti. Conseguente critica alla curva di Phillips (1958) che evidenziava l’esistenza di un trade-off tra tasso annuo di crescita dei salari monetari (e dei prezzi) e tasso di disoccupazione con conseguenti possibilità, da parte delle autorità di politica economica, di scegliere la combinazione preferita. Secondo Friedman solo continue accelerazioni inflazionistiche consentono di tenere il sistema al di sotto del TND, ridefinito come non accelerating inflation rate of unemployment (nairu). Limiti dell’analisi monetarista: • l’inefficacia delle politiche espansive quando il sistema è già in piena occupazione è riconosciuta dagli stessi keynesiani; • impossibilità di conciliare la nozione di disoccupazione involontaria (TND) con l’equilibrio walrasiano market clearing, nell’ambito del quale l’unica disoccupazione possibile è quella volontaria di chi non vuole lavorare al salario corrente e non ‘spinge’ sul mercato per far scendere i salari; • l’ipotesi di aspettative ‘adattive’ presuppone che gli agenti siano ‘sciocchi’. EDMUND PHELPS e ‘la parabola dell’arcipelago’ (1969). In assenza del banditore, la raccolta delle informazioni necessarie per la massimizzazione della propria funzione obiettivo è costosa. I lavoratori di ciascuna isola si trovano in situazione di informazione imperfetta riguardo al futuro ma anche riguardo a ciò che accade nelle altre isole. Un’improvvisa caduta generalizzata della domanda (politica monetaria restrittiva) e la conseguente caduta di prezzi e salari spinge alcuni lavoratori a non accettare un salario monetario più basso (nonostante che w/p sia invariato) sperando che su altre isole w non sia diminuito. Presto si accorgeranno che così non è ma intanto si è creata disoccupazione. Importanza della dimensione ‘spaziale’: la disoccupazione è compatibile con l’equilibrio se si considerano i lavoratori ‘sulle canoe’ alla ricerca di un salario più alto, non disponibili ad esercitare alcuna pressione verso il basso sul salario corrente (che è quindi ‘di equilibrio’ pur in presenza di disoccupazione). ROBERT LUCAS E LA NUOVA MACROECONOMIA CLASSICA Expectations and the Neutrality of Money (1972) Il problema è quello di spiegare le fluttuazioni economiche (business cycles) in un contesto di equilibrio generale walrasiano (salari flessibili), ovvero perché un aumento di prezzi e salari o della domanda aggregata si accompagnano ad un aumento della produzione e dell’occupazione. Come in Friedman le fluttuazioni hanno origine da shocks di natura monetaria che ‘disorientano’ i soggetti. Nuove ipotesi: informazione imperfetta (Phelps, mercati incompleti) e aspettative razionali (Muth 1961). Se gli individui hanno aspettative razionali (conoscono la teoria economica rilevante), essi prevedono correttamente i prezzi ‘di equilibrio’ che risolvono il modello di equilibrio economico generale. La politica monetaria (se attesa) è inefficace anche nel breve periodo. La critica di Lucas all’uso dei modelli econometrici per studiare gli effetti delle politiche economiche: il comportamento dei soggetti non è invariante di fronte a modifiche della politica economica. Resta aperto il problema della formazione dei prezzi, degli equilibri multipli e degli effetti distributivi delle variazioni di M).