Terzo ciclo - Università degli Studi di Cassino

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Terzo ciclo - Università degli Studi di Cassino
KEYNES (CAP. V)
John Maynard Keynes (1883-1946)
General Theory of Employment, Interest and Money (1936)
Dimostrazione dell’esistenza di equilibri di sottoccupazione
(insufficienza analitica delle ‘intuizioni’ precedenti di Malthus,
Sismondi, Hobson, Marx)
Crisi del 1929 quale contesto ‘fertile’ per le nuove idee
Prima di Keynes: l’equilibrio di piena occupazione non solo esiste
ma è anche stabile.
L’ESISTENZA si faceva derivare dalla legge di Say (Jean Baptiste
Say, 1767-1832):
•
il reddito, e quindi la domanda, derivano dalla produzione.
• Il reddito viene interamente speso (direttamente o
indirettamente) cosicché la domanda aggregata è sempre in grado
di assorbire qualsiasi livello di produzione aggregata.
La prima proposizione è ovvia; la seconda è oggetto della critica di
Keynes.
Una possibile ricostruzione dei fondamenti teorici della legge di Say:
poiché Y=C+S e Yd=C+I, il tasso d’interesse, garantendo S=I per
qualsiasi livello di reddito, garantisce l’uguaglianza tra domanda
globale e produzione di piena occupazione.
LA STABILITÀ si faceva derivare dai movimenti del salario che
tendendo a coincidere con la produttività marginale (decrescente)
del lavoro, garantisce la piena occupazione (come già visto per
Wicksell).
Ostacoli alla flessibilità del tasso d’interesse e del salario come
uniche possibili cause della disoccupazione.
Critica keynesiana alla teoria ortodossa del saggio d’interesse:
• dipendenza del risparmio dal reddito (oltre che dal tasso
d’interesse);
• scarsa
d’interesse;
elasticità
degli
investimenti
rispetto
al
tasso
• impossibilità per il tasso d’interesse di scendere al di sotto di
un certo livello ‘minimo’;
• dipendenza del tasso d’interesse non tanto da fattori reali
(scelte di risparmio e di investimento come in Fisher) quanto da
fattori monetari (offerta di moneta e preferenza per la liquidità);
• poiché la moneta serve anche per fini ‘speculativi’ e
‘precauzionali’, il tasso d’interesse va concepito come il compenso
per la rinuncia alla liquidità;
• il tasso d’interesse costituisce un legame tra le variabili reali
e quelle monetarie.
Pertanto il tasso d’interesse può non essere in grado di generare un
livello degli investimenti corrispondenti al risparmio di piena
occupazione.
Critica alla possibilità che diminuzioni del salario facciano aumentare
stabilmente l’occupazione:
•
rigidità del salario
• impossibilità di dimostrare che una riduzione di w (che
riduce i consumi) fa aumentare l’investimento (in misura maggiore
della diminuzione dei consumi). Se ciò non accade, i prezzi
diminuiscono e l’occupazione non aumenta.
TEORIE DEL CICLO
I contributi sul ciclo prima di Keynes (Tugan-Baranowsky, Aftalion,
Spiethoff, Pigou, Hawtrey, Robertson, Mitchell) non potevano
spiegare il punto di svolta superiore del ciclo, cioè la crisi vera e
propria. Le spiegazioni si concentravano sulla scarsità delle risorse e
sulla limitatezza del credito in regime di Gold Standard.
Hansen (1951), sulla base di idee precedenti (in particolare Aftalion
e Clark riguardo al ‘principio di accelerazione’ degli investimenti)
riprende l’idea keynesiana che all’aumentare del reddito il risparmio
aumenta sia in termini assoluti sia relativi. Quando però ci si
avvicina alla piena occupazione:
• diminuisce il tasso di crescita del reddito e quindi la
componente indotta degli investimenti;
• diminuiscono le opportunità offerte dal progresso tecnico,
peggiorano le aspettative di profitto e diminuisce quindi la
componente autonoma degli investimenti.
La diminuzione degli investimenti autonomi e di quelli indotti genera
la crisi. Da questo punto in poi l’acceleratore funziona al contrario e
spinge l’economia in recessione.
I NUOVI INDIRIZZI DI POLITICA ECONOMICA (CAP. VI)
Con Keynes si consolida la necessità dell’intervento pubblico per tre
motivi:
•
esistenza di disoccupazione;
•
tendenza alle concentrazioni monopolistiche;
•
iniquità distributive.
Per ciò che riguarda il terzo punto, dall’analisi keynesiana emerge
un motivo economico che consente di evitare il problema della
separazione tra efficienza ed equità sollevato da Robbins: la
differenza nella propensione al risparmio delle classi sociali
(maggiore per i redditi alti) giustifica con motivazioni economiche gli
interventi redistributivi.
Di fatto, sono stati però accettati solo gli interventi a sostegno della
piena occupazione.
Il ruolo della spesa pubblica
investimenti privati: Yd=C+I+G
per
colmare
la
carenza
degli
Il moltiplicatore e l’ammontare della spesa pubblica (Richard Kahn
1931):
Parametri assunti nella tavola:
z = 20%
c = 80%
I = 100
fasi
1
2
3
4
5
…
totale
Pf
Y
C
S
--100,0
80,0
64,0
51,2
…
500,0
(2)
--100,0
80,0
64,0
51,2
…
500,0
(2)
--80,0
64,0
51,2
41,0
…
400,0
(3)
--20,0
16,0
12,8
10,2
…
100,0
(4)
Dt
D
100,0
80,0
64,0
51,2
41,0
……
500,0
(5)
(6)
125
100
80
64
51,2
625
I contenuti della spesa pubblica
Se la disoccupazione dipende da carenza di domanda effettiva e non
di capacità produttiva, allora i contenuti della spesa pubblica sono
irrilevanti.
I metodi di finanziamento
La spesa pubblica, per avere effetti sull’occupazione,
aggiungersi, e non sostituirsi, alla spesa privata.
deve
Conseguente inefficacia della spesa pubblica finanziata con le
imposte:
Yd=C+I+(G-T).
Maggiore efficacia del finanziamento in deficit e ruolo degli istituti di
credito e della Banca Centrale per il collocamento dei titoli del
debito pubblico.
In presenza di disoccupazioni non vi sono rischi che il disavanzo
generi spinte inflazionistiche.
Il commercio estero
La domanda aggregata in economia aperta deve tener conto delle
esportazioni e delle importazioni:
Y=C+S
Yd=C+I+(G-T)+(E-I)
S=I+(G-T)+(E-I)
Pertanto, il risparmio nazionale privato, indotto dalle componenti
nette della domanda (al secondo membro) finanzia, in parte gli
investimenti privati, in parte la spesa pubblica non coperta dalle
imposte e in parte il disavanzo del ‘resto del mondo’.
Nella teoria classica della bilancia dei pagamenti (John Stuart Mill
1848) è il livello generale dei prezzi, determinato dai flussi di oro, a
garantire il riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
Sviluppi della teoria keynesiana nell’ambito della teoria del
commercio internazionale: Robinson (1937), Harrod (1939), Metzler
(1942), Kindleberger e Machlup (1943): sono i movimenti del
reddito e non dei prezzi a garantire il riequilibrio della bilancia
commerciale attraverso le variazioni delle importazioni.
Possibile ruolo del protezionismo per evitare che il riequilibrio
richieda forti riduzioni del reddito interno.
Vantaggi del libero scambio nella teoria classica del commercio
internazionale: la teoria dei costi comparati di Ricardo confermata
anche in studi più recenti (Haberler, Leontief, Viner, Samuelson).
Tuttavia, i vantaggi si vedono soprattutto dopo che tutti i paesi
hanno provveduto a stabilizzare la domanda interna con opportune
politiche keynesiane (Metzler 1949).
EQUILIBRIO GENERALE E TEORIA KEYNESIANA (CAP. XIV)
SINTESI NEOCLASSICA (Il modello IS-LM):
John Hicks: Mr Keynes and the Classics: A suggested interpretation
(1937)
Modigliani 1963: il modello IS-LM con quattro mercati in un
contesto di equilibrio economico generale. Si scambiano 1 bene, 1
tipo di lavoro, 1 tipo di obbligazione ‘contro’ moneta che può essere
trattenuta nei limiti della sua quantità ‘offerta’.
L’idea è quella di individuare le condizioni di validità della teoria
classica e quelle di validità della teoria keynesiana. I risultati
keynesiani dipendono dalle ‘imperfezioni’ (incertezza, illusione
monetaria, rigidità di prezzi e salari, presenza di effetti sulla
domanda di un’eventuale redistribuzione della ricchezza).
Caso ‘classico’:
Sequenza logica in assenza di rigidità; r e w sono ‘troppo alti’
ma con disoccupazione succederà che:
w ↓ w/p ↓ DL ↑ YP ↑ p ↓ M/p ↑ r ↓ I ↑ YD ↑
Finché si ripristina la piena occupazione e w e p smettono di
scendere.
La ‘ripresa’ della produzione dipende dalla caduta dei prezzi!
La quantità di moneta ha effetti reali ed opera il moltiplicatore.
Il risultato ‘classico’ si ottiene integrando Walras con Keynes.
Caso ‘keynesiano’:
La catena logica che riconduce continuamente
occupazione si può interrompere in tre punti:
•
Scarsa reattività di I rispetto ad r.
•
Trappola della liquidità
•
Il salario monetario è rigido
alla
piena
La disoccupazione dipende dal fatto che w è troppo alto rispetto a p;
vi è quindi ‘poca’ moneta che tiene troppo basso p rispetto a w.
Affinché il meccanismo classico possa partire, w deve scendere e/o
M deve aumentare. La disoccupazione dipende da disturbi monetari
che distorcono il valore di equilibrio di w/p.
Se w è rigido, emerge il ruolo della politica economica che può
intervenire direttamente sul terzultimo anello (aumento di M) della
catena (generando un aumento di p dato w) senza che il sistema
debba andare incontro ad una deflazione.
Con l’ipotesi di rigidità di w, l’equilibrio generale appare compatibile
con la presenza di disoccupazione. I lavoratori non possono
mandare il segnale di essere disposti ad accettare un salario
monetario più basso e le imprese massimizzano il loro profitto al
dato w. Vi è equilibrio di sottoccupazione: il mercato delle merci è in
equilibrio e non vi sono quindi pressioni su p.
Interdipendenza tra mercato reale e mercato monetario: non
neutralità della moneta.
Il tasso d’interesse dipende sia dalle variabili monetarie sia da
quelle reali (la domanda di moneta dipende dal reddito).
Determinazione ‘simultanea’ del reddito e del tasso d’interesse.
Approfondimento del ruolo della moneta da parte di Patinkin.
La rigidità di w non è spiegata ma è essenziale affinché una politica
monetaria espansiva possa avere effetti reali.
In ogni caso, la rigidità di w è un’ipotesi poco keynesiana.
PATINKIN: MONEY, INTEREST AND PRICES (1956, 1965)
Presenza di real balances nella ricchezza degli individui.
Implicazioni sia per la teoria ‘dicotomica’ propria della teoria
walrasiana (non separabilità tra settore reale e settore monetario),
sia per la teoria keynesiana (l’eventuale rigidità di r non può
bloccare il meccanismo di riequilibrio verso la piena occupazione).
1. Implicazioni per la teoria walrasiana
La presenza di real balances consente di determinare p all’interno
dell’equilibrio generale. Il livello dei prezzi è altrimenti
indeterminato anche includendo un mercato della moneta.
Le scelte dipendono anche dai saldi reali e, date le dotazioni
monetarie, il livello dei prezzi è determinato come parte della
soluzione: cade il postulato di omogeneità di grado zero delle
funzioni di domanda.
Il risultato di Patinkin è che, proprio riconoscendo la reciproca
influenza tra grandezze reali e monetarie, viene ristabilita la
neutralità della moneta anche in assenza di dicotomia classica, e ciò
proprio grazia al Real Balance Effect (o effetto Pigou).
La neutralità è garantita solo se un aumento di M fa aumentare
proporzionalmente tutte le dotazioni monetarie dei soggetti.
2. Implicazioni per la teoria keynesiana
Potenziale stabilità dell’equilibrio di piena occupazione: se, dato un
equilibrio generale di piena occupazione,
YD ↓ p ↓ LD ↓ w ↓
si registra un eccesso di offerta sia sul mercato del lavoro sia su
quello delle merci ( p ↓ w ↓ )il salario reale non cambia ma entra in
funzione il RBE: YD ↑ e si ritorna alla piena occupazione
Il meccanismo opera automaticamente (senza interventi di politica
economica) e indipendentemente dall’elasticità di I e dalla trappola
della liquidità. Le conclusioni keynesiane dipendono solo dalla
rigidità di w (il resto della catena non presenta interruzioni).
Limiti del RBE riconosciuti dallo stesso Patinkin: il meccanismo è
debole cosicché vi è comunque spazio per le politiche keynesiane.
Due ipotesi necessarie per la validità del RBE: la flessibilità dei
prezzi e l’assenza di effetti redistributivi. La seconda è necessaria in
quanto i diversi effetti ‘ricchezza’ su creditori e debitori vanno
esclusi per provare l’esistenza di un equilibrio economico generale,
ma sono inevitabili in una vera economia monetaria (in cui la
moneta non è una semplice unità di conto).
La prima non è tanto ‘classica’: la disoccupazione non dipende da un
livello troppo elevato di w/p ma da una carenza di domanda.
La flessibilità dei prezzi può non funzionare se si considerano gli
effetti sulle aspettative: se, ad esempio, i soggetti si aspettassero
ulteriori cadute dei prezzi o decidessero di aumentare le scorte di
moneta ‘precauzionali’, la caduta dei prezzi non garantirebbe il
ritorno alla piena occupazione.
Differenza fondamentale rispetto alla Sintesi Neoclassica:
•
La teoria keynesiana non è un semplice ‘caso speciale’
(rigidità di w) della più generale teoria classica
•
Le conclusioni keynesiane sono compatibili solo con il
disequilibrio
Infatti, secondo Patinkin l’equilibrio è sinonimo di market clearing su
tutti i mercati e l’economia keynesiana è riferita ad un contesto di
stabilità dinamica di un sistema che è fuori dall’equilibrio.
La riluttanza degli agenti a modificare istantaneamente le proprie
decisioni non nasce da rigidità ‘esterne’ (quali la presenza di
sindacati) ma da “decisioni sovrane” degli individui.
Conseguente importanza dei ‘fondamenti microeconomici’ della
teoria keynesiana (che non possono essere quelli walrasiani).
LA MACROECONOMIA NON-WALRASIANA (CAP. XV)
Robert Clower: The Keynesian Counterrevolution: a Theoretical
Appraisal (1965)
Contrariamente a quanto avviene nel mondo
transazioni avvengono anche a ‘prezzi falsi’.
walrasiano,
le
Ai prezzi non di equilibrio alcuni soggetti sono razionati e domina il
‘lato corto’, cosicché la domanda e l’offerta effettive possono
divergere da domanda e offerta ‘nozionali’ (desiderate a quei
prezzi).
La dual decision hypothesis: se gli scambi avvengono a prezzi falsi,
alcuni soggetti sono razionati e rivedono le proprie scelte effettive
alla luce del vincolo di quantità sperimentato (le decisioni sui vari
mercati sono prese in modo sequenziale anziché simultaneo).
Spill-over effects: la domanda effettiva di beni è inferiore a quella
nozionale perché, ad esempio, l’offerta nozionale di lavoro è
maggiore di quella effettiva (se w è rigido). E la domanda effettiva
di lavoro potrebbe essere inferiore a quella nozionale perché le
imprese non riescono ai dati prezzi, a vendere tutto ciò che
avrebbero voluto vendere (se p è rigido).
Incompatibilità tra l’equilibrio walrasiano market clearing e la teoria
keynesiana: i soggetti prendono le proprie decisioni non soltanto
sulla base dei prezzi ma anche dei vincoli di quantità sperimentati.
Teoria walrasiana come ‘caso particolare’.
Fondamenti microeconomici per la funzione del consumo e per il
principio della domanda effettiva. Il consumo dipende dal reddito
realizzato (dati i vincoli di quantità) e non solo dai prezzi. La
domanda effettiva, vincolata, sarà quindi inferiore alla domanda
nozionale e la produzione effettiva (e nozionale) sarà inferiore a
quella di piena occupazione: disequilibrio di piena occupazione.
Mancato rispetto della legge di Walras che vale solo per le
grandezze nozionali: può esserci uno squilibrio in un mercato senza
che vi sia uno squilibrio di segno opposto in un altro.
Se, ad esempio, il salario reale è troppo alto allora OLn > DLn e DBn > OBn .
Tuttavia, se nel mercato del lavoro si scambia ad un prezzo falso, si
avrà OLe > DLe (lato corto) ma sul mercato dei beni DBe = OBe (la
domanda di beni da parte dei lavoratori occupati sarà uguale al
valore della produzione effettiva) e non vi sarà alcuna pressione sui
prezzi e quindi sul salario reale.
E’ l’assenza del banditore che non consente il riequilibrio: i
lavoratori non possono trasmettere alle imprese la loro domanda
nozionale di merci corrispondente alla piena occupazione.
I segnali provenienti dal sistema dei prezzi non sono sufficienti: i
vincoli di quantità sono essenziali per ‘guidare’ le decisioni degli
agenti.
I MODELLI DI DISEQUILIBRIO
Barro e Grossman (1971), Benassy (1975-1986), Drèze (1975),
Grandmont e Laroque (1976-1983), Hahn (1973-1977), Malinvaud
(1977-1980).
Il metodo degli equilibri temporanei viene esteso in modo da
comprendere le aspettative dei vari agenti riguardo ai vincoli di
quantità che si aspettano di sperimentare.
Dato un insieme iniziale di prezzi (tendenzialmente non market
clearing), il problema è quello di spiegare come questi prezzi si
siano formati e sulla base di quali meccanismi saranno modificati.
Due classi di modelli di disequilibrio: a prezzi fissi e a prezzi
flessibili.
Nei primi (Malinvaud), i prezzi sono dati (governo o sindacati,
concorrenza non perfetta) e l’aggiustamento è impedito da vincoli di
varia natura, cosicché il tâtonnement avviene sulle quantità.
In tali modelli, come già in Patinkin, la disoccupazione non dipende
da un troppo elevato livello di w/p ma da una carenza di domanda
effettiva.
Limiti dei modelli a prezzi fissi: i prezzi non sono spiegati e tanto
meno è spiegato come si passa da un equilibrio temporaneo ad un
altro.
Nei modelli di disequilibrio a prezzi flessibili (l’equilibrio congetturale
di Frank Hahn) gli agenti sono price-makers anziché price-takers.
I soggetti che sperimentano vincoli di quantità possono proporre
variazioni dei prezzi ma prima di farlo (ad esempio i lavoratori
possono dichiararsi disponibili a lavorare ad un salario inferiore)
esprimono delle congetture sugli effetti che tale variazione avrà sui
vincoli di quantità sperimentati (ad esempio sul livello di
occupazione). E possono decidere che non valga la pena.
Quattro caratteristiche dell’equilibrio congetturale:
•
l’equilibrio è congetturale nel senso che i prezzi non
cambiano quando i meccanismi di formazione delle
congetture (non spiegati) spingono i soggetti a non
modificare più i prezzi;
•
l’equilibrio congetturale non è market clearing e, come in
Clower, sono essenziali i segnali provenienti dai vincoli di
quantità sperimentati;
•
si tratta in realtà di un vero e proprio equilibrio, non
essendovi forze che tendono a modificarlo;
•
se non vi è il banditore, l’ipotesi di concorrenza perfetta
(soggetti price-takers) configge con la necessità che i
prezzi siano flessibili (chi li cambia e come?).
Si abbandona quindi l’ipotesi di concorrenza perfetta.
LA SCUOLA DI CHICAGO (CAP. XVI)
L’obiettivo è quello di ricostruire la macroeconomia ritornando alla
nozione walrasiana di market clearing abbandonata dalla teoria del
disequilibrio.
IL MONETARISMO DI FRIEDMAN
Milton Friedman: The Role of Monetary Policy (1968), Anna
Schwartz, Karl Brunner, Alan Metzer, David Laidler.
L’equilibrio generale walrasiano, market clearing, è lo stato
‘naturale’ dell’economia e tutti i soggetti massimizzano la propria
funzione obiettivo sulla base dei soli prezzi relativi.
Stabilità dell’equilibrio walrasiano: il sistema tende sempre a
ritornare verso il tasso naturale di disoccupazione, cioè verso quel
tasso di disoccupazione fisiologico (‘frizionale’, ‘strutturale’ o ‘di
equilibrio’) che si registra quando domanda e offerta di lavoro
coincidono e non vi sono quindi pressioni sul salario reale (w/p). Vi
sono, però, infinite coppie di w e p compatibili con il tasso naturale
di disoccupazione.
Importanza delle aspettative: in corrispondenza del TND (Natural
Rate of Unemployment) le aspettative dei soggetti sono realizzate.
Le oscillazioni di breve periodo intorno al TND si spiegano con la
possibile divergenza delle grandezze effettive da quelle attese; ma
nel lungo periodo i soggetti razionali rivedranno le proprie
aspettative e si ritornerà al TND.
Pertanto, se le autorità di politica monetaria provassero a ridurre il
TND con un aumento dell’offerta di moneta, nel breve periodo
saliranno in modo inatteso sia gli investimenti (diminuzione di r) sia
i consumi (aumento dei ‘saldi reali’). I prezzi e i salari nominali
cominceranno a salire ma i primi più velocemente dei secondi: ciò
spinge le imprese ad aumentare l’occupazione.
I lavoratori non si accorgono che dell’aumento dei prezzi, credono
che il loro salario reale sia aumentato e accettano perciò di
aumentare l’offerta di lavoro. Il salario reale è sia aumentato (nella
percezione dei lavoratori) sia diminuito (nella percezione delle
imprese)!
La revisione delle aspettative da parte dei lavoratori, che
chiederanno aumenti di w, riporterà l’economia al TND ma con un
livello dei prezzi assoluti maggiore (unico effetto duraturo della
manovra espansiva).
Efficacia nel breve periodo (per effetto dell’illusione monetaria) ma
non nel lungo della politica monetaria. Le politiche espansive hanno
effetti reali solo nella misura e per il periodo in cui riescono a
‘sorprendere’ i soggetti.
Conseguente critica alla curva di Phillips (1958) che evidenziava
l’esistenza di un trade-off tra tasso annuo di crescita dei salari
monetari (e dei prezzi) e tasso di disoccupazione con conseguenti
possibilità, da parte delle autorità di politica economica, di scegliere
la combinazione preferita.
Secondo Friedman solo continue accelerazioni inflazionistiche
consentono di tenere il sistema al di sotto del TND, ridefinito come
non accelerating inflation rate of unemployment (nairu).
Limiti dell’analisi monetarista:
•
l’inefficacia delle politiche espansive quando il sistema è
già in piena occupazione è riconosciuta dagli stessi
keynesiani;
•
impossibilità di conciliare la nozione di disoccupazione
involontaria (TND) con l’equilibrio walrasiano market
clearing, nell’ambito del quale l’unica disoccupazione
possibile è quella volontaria di chi non vuole lavorare al
salario corrente e non ‘spinge’ sul mercato per far
scendere i salari;
•
l’ipotesi di aspettative ‘adattive’ presuppone che gli
agenti siano ‘sciocchi’.
EDMUND PHELPS e ‘la parabola dell’arcipelago’ (1969).
In assenza del banditore, la raccolta delle informazioni necessarie
per la massimizzazione della propria funzione obiettivo è costosa.
I lavoratori di ciascuna isola si trovano in situazione di informazione
imperfetta riguardo al futuro ma anche riguardo a ciò che accade
nelle altre isole.
Un’improvvisa caduta generalizzata della domanda (politica
monetaria restrittiva) e la conseguente caduta di prezzi e salari
spinge alcuni lavoratori a non accettare un salario monetario più
basso (nonostante che w/p sia invariato) sperando che su altre isole
w non sia diminuito. Presto si accorgeranno che così non è ma
intanto si è creata disoccupazione.
Importanza della dimensione ‘spaziale’: la disoccupazione è
compatibile con l’equilibrio se si considerano i lavoratori ‘sulle
canoe’ alla ricerca di un salario più alto, non disponibili ad esercitare
alcuna pressione verso il basso sul salario corrente (che è quindi ‘di
equilibrio’ pur in presenza di disoccupazione).
ROBERT LUCAS E LA NUOVA MACROECONOMIA CLASSICA
Expectations and the Neutrality of Money (1972)
Il problema è quello di spiegare le fluttuazioni economiche (business
cycles) in un contesto di equilibrio generale walrasiano (salari
flessibili), ovvero perché un aumento di prezzi e salari o della
domanda aggregata si accompagnano ad un aumento della
produzione e dell’occupazione.
Come in Friedman le fluttuazioni hanno origine da shocks di natura
monetaria che ‘disorientano’ i soggetti.
Nuove ipotesi: informazione imperfetta (Phelps, mercati incompleti)
e aspettative razionali (Muth 1961).
Se gli individui hanno aspettative razionali (conoscono la teoria
economica rilevante), essi prevedono correttamente i prezzi ‘di
equilibrio’ che risolvono il modello di equilibrio economico generale.
La politica monetaria (se attesa) è inefficace anche nel breve
periodo.
La critica di Lucas all’uso dei modelli econometrici per studiare gli
effetti delle politiche economiche: il comportamento dei soggetti
non è invariante di fronte a modifiche della politica economica.
Resta aperto il problema della formazione dei prezzi, degli equilibri
multipli e degli effetti distributivi delle variazioni di M).