Sei di Sestonumero 6 anno III

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Sei di Sestonumero 6 anno III
Sei di Sesto
numero 6 anno III
Ciao a tutti! Ecco a voi la terza tappa alla scoperta dei segreti dei maggiori sportivi del nostro Istituto. In
quest’intervista non andiamo però a conoscere qualcuno che, come noi, frequenta la scuola, ma parliamo di un
amico che, nonostante sia uscito da qui l’anno scorso, mantiene ancora vivi i contatti con noi. Inoltre, visto che tra di
noi ci sono anche moltissimi appassionati di calcio (chi lo pratica direttamente come sport, chi semplicemente ama
seguirlo), abbiamo pensato che un’ intervista ad un calciatore potesse anche soddisfare molti dei nostri lettori.
Diamo quindi la parola ad Alessandro Sivero della classe ex 5BI (a.s. 2009/2010). Alessandro gioca a calcio da 21 anni
(adesso ne ha 27, aveva interrotto gli studi e li ha ripresi e conclusi lo scorso anno); è entrato a far parte del mondo
del calcio dilettantistico all'età di 16 anni, quando si divideva tra allenamenti e scuola. Nella carriera vanta circa 300
presenze tra Serie D, Eccellenza e Promozione e la convocazione nella Nazionale Under 17 di serie D. In questo
momento milita nel campionato di Eccellenza, portiere titolare della U.S. Sestese Calcio, purtroppo momentaneamente
fermo causa infortunio.
Buona lettura e buon divertimento a tutti, dunque!
Intervistatore: Come hai conosciuto lo sport che stai praticando?
Alessandro: Il calcio me lo ha fatto conoscere mio padre, perché fin da quando ero nel passeggino, avevo sempre con
me un pallone che mi faceva compagnia, poi di anno in anno questo pallone è diventato la mia vita.
I: Quali sono le cose della tua disciplina che ti emozionano di più?
A: L’emozione c’è sicuramente quando senti il pubblico che sta guardando la partita invocare il tuo nome; è una
sensazione indescrivibile. Ma quella più grande è quando i tuoi compagni ti abbracciano, perché sanno che li hai salvati
in quell’istante.
I: Quali sono i valori che la tua disciplina esalta di più, secondo te?
A: Il fatto che, quando davvero si vuole ottenere un obiettivo tutti insieme, la gente sa davvero mettersi d'accordo e
combattere, senza creare incomprensioni o litigi inutili. Ma il valore più grande è saper regalare un sorriso alla gente
che ne ha bisogno, per esempio facendo beneficenza con delle semplici partite.
I: Qual è stato il momento più emozionante che hai vissuto praticando il tuo sport e che porterai per sempre nei tuoi
ricordi?
A: La vittoria di 4 campionati (tra Eccellenza, Promozione e Beretti), i festeggiamenti che sono seguiti, ma anche
l'essere stato applaudito da migliaia di tifosi, anche avversari, contro il Varese nella stagione 2004/2005.
I: Hai avuto una persona (allenatore, compagno di squadra, avversario, genitore/familiare, amico, fidanzata) che sono
stati per te determinanti nella tua scelta di sportivo? E cosa hanno fatto/detto per darti quella “marcia in più”?
A: Persone ce ne sono tante e se mi dovessi mettere ad elencarle tutte passerebbe un'eternità!
Sicuramente, facendo il portiere, le persone più importanti sono stati i mister personali, senza escludere naturalmente
quelli delle varie squadre, perché hanno saputo darmi un qualcosa in più. In particolare due, che porto sempre con me e
che considero come secondi genitori: Carlo ed Ermes.
I: Sogni e speranze per il futuro?
A: Speranze non ne ho molte, ma ho grandi sogni. Facendo parte di un gruppo, con il quale durante il periodo estivo
giochiamo ed organizziamo eventi di beneficenza, la Seleçao Sacerdoti Calcio, abbiamo un sogno che piano piano
insieme ad ex calciatori di Serie A stiamo realizzando: creare scuole calcio per bambini poveri in Palestina, Congo ed
altri paesi, per regalare un sorriso a questi ragazzi: è come vincere 10 volte il montepremi del SuperEnalotto.
I: Quante volte ti alleni alla settimana?
A: Mi alleno 3 volte la settimana, più la partita della domenica. Quando frequentavo la scuola non era facile stare dietro
a tutti gli impegni, ma con grande volontà e sacrificio, si ottengono risultati inimmaginabili. Diciamo che ho cercato di
essere sempre pronto a …parare i colpi del destino!
I: Come sei riuscito fino ad ora a conciliare il tuo intenso allenamento con lo studio?
A: Organizzandomi per bene, senza avere spazi vuoti nella mia vita quotidiana, a volte rinunciando ad uscire la sera o a
giocare al computer, senza mai rinunciare al calcio, perché era anche un bello sfogo dopo un'intensa giornata passata sui
libri.
I: Vuoi dare un messaggio ai tuoi compagni dell’ISIS Dalla Chiesa?
A: Sì, il messaggio è molto semplice. Alcuni di voi che leggeranno forse se ne fregheranno, perché da adolescenti ci si
sente i padroni del mondo e si pensa di essere liberi di fare ciò che si vuole. NON E' COSI’. Io a 27 anni ora capisco
cosa mi hanno insegnato i miei genitori, quando mi dicevano di non trascurare i miei studi e il mio futuro. Come voi
pensavo che mi volessero solo rompere le scatole, ma invece, grazie a quelle prediche che davano fastidio, ora mi
ritrovo ad avere tutto quello che mi serve, un ottimo lavoro che mi fa guadagnare bene e anche tempo libero per potermi
divertire. Non abbandonate la scuola, o non andateci solo per perdere tempo, perché prima o poi, tutti nodi vengono al
pettine.
American Boy
Questa è la terza volta che scrivo sul giornale scolastico! La prima volta che avete letto di me è
stato all'incirca un mese dopo il mio arrivo negli Stati Uniti, la seconda volta era intorno l'11 di
novembre, in cui ho parlato del giorno dei veterani, e adesso, sono passati la bellezza di sette mesi!
A volte, mi guardo indietro e mi sembra sia passata un'eternità; a volte invece sembra ieri che
facevo il check-in all'aeroporto! A malincuore, ci sono cose che ho dimenticato ma che non avrei
voluto. Ad esempio, non mi ricordo più il sapore della pizza italiana: qui la pizza non è il massimo e
la migliore che si può trovare costa 20 dollari ed è abbastanza diversa dalla nostra amata Pizza
Margherita!
Parlare in italiano in maniera perfettamente corretta è sempre più difficile e scrivere è ancora
peggio. Ormai per ogni cosa che faccio penso in inglese, il che ha senso: se pensassi in italiano
finirei per rispondere in italiano a quelli con cui parlo! Solitamente questo succede la mattina,
quando sono ancora mezzo addormentato: spesso rispondo in italiano ai miei “genitori” americani.
Tutto ciò devo ammettere che è abbastanza divertente!
A parte questi aspetti della vita quotidiana, qui non è sempre facile, anche dopo sette mesi... anzi,
SOPRATTUTTO dopo sette mesi! Inizi da una parte a realizzare che ti manca la tua vecchia vita,
molto più indipendente, e ti mancano gli affetti che hai lasciato metà anno fa, dalla famiglia agli
amici... tutti! Però vorresti anche stare qui di più e magari provare l'esperienza di un College
americano o qualcosa del genere.
Penso, comunque, che un anno sia stata la scelta migliore che potessi fare: solo dopo questi mesi
inizio veramente a non sorprendermi più per ogni cosa che vedo e mi sento americano al 99 %.
Anche se mi manca il mio paese, comunque sento che c'è ancora un sacco da fare, da vedere, da
scoprire, e non voglio “mollare” e tornare prima del 27 di Giugno. Allo stesso tempo, oltre un anno
sarebbe troppo: se mi trattenessero qui il doppio del tempo probabilmente esploderei!
Davide Gullà, 4AL
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Storia di antiche note: l’Inno di Mameli
L’inno di Mameli, per molti storici, rappresenta una delle manifestazioni artistiche più alte dello
spirito patriottico italiano ed è “la colonna sonora” che ha spronato, unito e sostenuto i nostri padri a
“fare” l’Italia. Nonostante sia il nostro Inno, sono pochi i ragazzi che conoscono e comprendono il
testo completo. Noi tutti lo canticchiamo all’inizio di ogni partita della nostra Nazionale di calcio o,
peggio, lo ricordiamo quando viene usato come sottofondo di una pubblicità di calze.
Ma per noi l’Inno cos’è? E’ una vecchia musica da inserire nei nostri IPod per sentirci Italiani al
massimo il 17 Marzo o è un’antiquata, lagnosa, superata composizione da ascoltare nelle scuole
come una grande tortura per le nostre orecchie?
L’Inno d’Italia è una melodia che si scioglie alle prime note come irresistibile marcia di un popolo
che si è dato la libertà di pensare, che si è unito sotto un'unica bandiera, che ha gioito nel momento
in cui, 150 anni fa, l’Italia divenne unica e indivisibile.
Questo voleva raccontarci Goffredo Mameli, il ventenne poeta che aveva guidato il popolo al sasso
di Portoria, per rammentare la cacciata degli Austriaci avvenuta cent’anni prima. E ancora: come
non ricordare un giovane maestro genovese, Michele Novaro, autore della melodia rimasto sempre
in secondo piano rispetto a Mameli?
Quest’anno, per i 150 anni dell’unità d’Italia, è giusto ricordare tutti i nomi di coloro che si sono
spesi in nome di un ideale, la Libertà, e che l’hanno letteralmente cantata!
Alberto Cavone, 2AL