Metti una sera a cena con Gorbaciov

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Metti una sera a cena con Gorbaciov
Avete mai vissuto momenti
di scontro, di polemica?
GORBACIOV: Non direi. Abbiamo sempre avuto delle conversazioni aperte, oneste. Abbiamo
discusso anche su problemi delicati, sul cattolicesimo, sul mondo ortodosso, anche sulla libertà di religione e su molto altro.
Qual è l’episodio del suo
rapporto con il Papa che le è
rimasto più impresso nella
memoria?
GORBACIOV: Il primo incontro, sicuramente. Per i primi dieci
minuti abbiamo cercato di parlare
in russo, però non ci siamo riusciti
e quindi ci è servito l’aiuto di un traduttore. Però io ho apprezzato
molto questo suo desiderio. Sì,
c’era qualcosa tra noi, non lo voglio tenere nascosto, qualcosa come un filo invisibile, un “filo slavo”,
impercettibile, ma era presente. E
questo certamente rende i nostri
rapporti più umani. Naturalmente
ciò non è la cosa principale.
Quale posto poteva occupare la Chiesa cattolica di Wojtyla nell’era Gorbaciov e quale
posto lei pensa possa occupare oggi nel regime di Eltsin?
GORBACIOV: Ho già detto quale posto ha occupato e quello che ha
ottenuto in seguito. Io continuo ad
avere lo stesso atteggiamento, anche oggi, anche da quando mi sono
dimesso dagli affari di Stato.
Á
Michail Gorbaciov e la moglie Raissa
in visita dal Papa il 18 novembre 1990
METTI UNA SERA
A CENA
CON GORBACIOV
di Giulio Andreotti
I
l presidente Gorbaciov ha
fatto una brevissima visita
a Roma, per dar lustro alla
sezione italiana di una organizzazione internazionale da lui patrocinata – Green Cross – che
ha lo scopo di diffondere la cultura e la sensibilità ambientalista. Sono molto lieto che nelle
poche ore di soggiorno abbia
accettato di rilasciare al nostro
Giovanni Cubeddu lʼintervista
che qui pubblichiamo. A mia volta, ho avuto il privilegio di trascorrere con lui la serata, rievocando momenti incisivi della sua
storica esperienza e valutando
qualche aspetto di attualità.
Gli ho chiesto se effettivamente – come io ritengo – il
mancato risultato positivo della
sua partecipazione al Summit
dei sette Paesi industrializzati di
Londra (15-17 luglio 1991) abbia avuto una importanza rilevante nel declino del suo disegno politico. Lo ha pienamente
confermato.
Con grande lucidità, Gorbaciov ci illustrò allora la situazione, dicendo che, se urgentissimo si poneva il sostegno finanziario, più importante era la
comprensione e lʼappoggio internazionale al gradualismo delle riforme. In particolare, essendo molto diverse le condizioni
delle varie repubbliche del lʼUrss, gli schemi di autonomia
andavano modellati uno ad uno,
sia pure in tempi non lunghi. Solo alla fine doveva essere restituita la sovranità ai Paesi baltici;
pretendere che questa fosse invece una indifferibile priorità
comportava la crisi di tutto il progetto di costruzione di un accettabile “nuovo”.
Altro aspetto su cui ci intrattenne, con toni appassionati, fu
lʼimpossibilità di una accettazione immediata e incondizionata
dellʼeconomia di mercato. Mancavano le premesse strutturali,
le attitudini e la preparazione degli uomini; la possibilità di rifarsi
a esperienze precedenti (come,
ad esempio, in Cecoslovacchia).
Il termine gradualità anche qui fu
da lui usato più volte, senza che
molti dei presenti avvertissero
che non era indice di immatu- Á
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I NCONTRI
rità democratica o di residui della
lunga stagione del cosiddetto
socialismo reale. Gorbaciov mi
ha ricordato che a dargli una mano in quella giornata per lui memorabile fummo solo Mitterrand
ed io. Per esattezza anche Delors fu comprensivo, senza peraltro arrivare alla proposta che a
Varsavia aveva lanciato Walesa, di tenere provvisoriamente in
piedi il Comecon, smantellando
per tappe le economie e le produzioni integrate.
Strana posizione quella degli
inglesi. La signora Thatcher
aveva ricevuto per prima a Londra Gorbaciov con tutti gli onori
quando era alle prime battute
della sua autorevolezza. Ma ora
che veniva a chiedere un appoggio motivato allo sviluppo
“post sovietico”, John Major con
il suo disco rosso non dava luogo alla minima apertura.
Gorbaciov ottenne solo il piccolissimo risultato di un dichiarato favore perché fossero ammessi come osservatori al Fondo monetario internazionale. A
parte la poca consistenza oggettiva, questa “raccomandazione” non era certo tale da essere apprezzata come segno di
effettiva solidarietà esterna al
nuovo corso.
Viceversa il ritorno a mani
vuote dava ali allʼoffensiva di
quanti non perdonavano a Gorbaciov lʼaffondamento della potente Unione Sovietica. Lo scioglimento del Partito comunista,
centrale e periferico, pesava duramente sul riformatore.
Meglio non ricordare – ma
Gorbaciov non può dimenticarlo
– che a Londra dovette prendersi
persino un rimprovero (non dagli
Usa) per la lentezza con cui si
concedevano a Mosca permessi
di apertura dei McDonaldʼs.
Dove invece ora Gorbaciov
sorvola è sul tentativo di golpe
con cui cercarono di defenestrarlo. Lo ha rammentato Raissa con mia moglie, citando un incontro che avemmo subito dopo,
ascoltando una cronaca terrificante.
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E oggi? Gli ho chiesto quali
siano le possibilità di Primakov,
che conobbi proprio come suo
inviato quando si lavorava per
convincere Saddam Hussein a
retrocedere dalla folle invasione
del Kuwait. Mentre parlavamo,
Primakov non aveva potuto ancora mettere in piedi la sua
squadra; e forti manovre erano
in corso per farlo fallire.
Lʼopinione di Gorbaciov è
che lo stesso Eltsin dovrebbe
prendere lʼiniziativa di anticipare
sia le elezioni presidenziali che
quelle del Parlamento. La situazione politica è troppo tesa e le
condizioni di vita della popolazione sono al livello più basso in
assoluto. Anche le Forze armate sono demotivate e, come per
gli altri pubblici dipendenti, vi è
grande ritardo nel pagamento
dei salari.
Senza insistervi, ho accennato allʼelezione del generale
Lebed a governatore della Siberia. Lʼanno scorso proprio da
Gorbaciov avevo ascoltato un
giudizio negativo sul modo con
cui il governo aveva rimosso il
generale dal suo incarico militare. Può pensarsi ad un ruolo politico di questo o di altro esponente dei militari? Potrebbe accadere solo se i meccanismi
rappresentativi si inceppassero.
Ma un rinnovo a tempi brevi delle strutture elettive dovrebbe far
riprendere respiro alla costruzione della nuova Russia.
Gorbaciov ha parlato di un giro di conferenze negli Stati Uniti,
che si sta ora svolgendo.
Lʼho trovato in buona forma
fisica e per nulla nostalgico del
potere governativo. È solo
preoccupatissimo per la crisi in
cui si dibatte la sua patria.
Spero di avere occasione di
rivederlo tra non molto per continuare un discorso appena iniziato, sul potenziamento del lʼOrganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), nel quale io vedo
una possibile via dʼuscita per
tante situazioni altrimenti degradanti.
Per quanto riguarda la seconda
parte della domanda, rivolgetela
ad Eltsin, avrete una risposta più
dettagliata. È più corretto che risponda direttamente Eltsin…
Adesso le vorrei porre una
domanda un po’ maliziosa…
GORBACIOV: La malizia è
una delle caratteristiche dell’intelligenza…
Ha mai creduto nella cosiddetta “Santa Alleanza” tra
Reagan e Wojtyla, come l’ha
descritta Carl Bernstein?
GORBACIOV: Ma questa cosa
la conosce soltanto Bernstein… Io
penso che sia una montatura, scritta nel vuoto. Potevano coincidere
dei punti di vista su alcune situazioni, delle opinioni tra il presidente
Reagan ed il Papa di Roma, allo
stesso modo in cui potevano coincidere con le mie, o con quelle di
un altro capo di Stato. Ma anche
solo immaginare qualcosa di simile
ad un complotto tra il Papa ed un
capo di Stato sarebbe semplicemente un tentativo di voler gettare
ombre sul Papa.
Oggi io parlo con il Papa come
allora, parlo della povertà, del fatto che bisogna vedere non solo gli
errori del comunismo allorché ha
imposto il proprio modello, ma
anche gli errori della concezione
liberale, che ha trasformato gli
uomini. Bisogna vedere tutti i problemi irrisolti del liberalismo, che
non ha dato una risposta alle domande sorte nel tempo. Ma questo, certo, non significa che col
Papa abbiamo stretto una “Santa
Alleanza” per la lotta al liberalismo… Noi parlavamo come uomini che vivevano nello stesso
tempo, uomini che avevano un’alta responsabilità spirituale, morale e politica. Tutto il resto è fantasia di una mente malata.
Come ricorda l’azione di papa Wojtyla nei confronti della
sua perestrojka in Unione Sovietica? L’ha appoggiata?
GORBACIOV: Sì, lui agiva in
questo senso. Al nostro primo incontro mi ha parlato apertamente delle sue opinioni e delle sue
difficoltà, ha capito e ha visto come resisteva il vecchio mondo.
Non tutti l’hanno compreso e accettato: ma lui ha capito l’ideale