L`ordinamento italiano e le relazioni con l`Unione Europea 12

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L`ordinamento italiano e le relazioni con l`Unione Europea 12
L’ordinamento italiano e le relazioni con l’Unione Europea
12 Ottobre 2016
I rapporti tra l’Italia e l’Unione Europea sono da sempre caratterizzati da molteplici
contraddizioni. Ad un forte senso di attaccamento all’idea di Unione, si
contrappongono disinteresse e mancanza di informazioni, negligenze varie sulle
questioni affrontate dalle istituzioni europee, che si traducono in una ingiustificata
assenza dell’Italia e delle sue componenti dall’Europa.
In questo clima di costante tensione tra profondo innamoramento e assoluto distacco
nei confronti dell’Europa, si inserisce la legge n. 234/2012, approvata dalla Camere,
nel dicembre 2012 (Governo Monti), con voto quasi unanime, nata con l’obiettivo di
definire in maniera maggiormente strutturata il modo italiano d’interfacciarsi
all’Unione Europea. Tale legge emenda la legge n. 11/2005 sulle "Norme generali
sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle
politiche dell'Unione Europea" (che aveva precedentemente modificato la “legge La
Pergola”) e introduce una migliore regolamentazione del processo normativo tra
Unione Europea e Italia e garantisce un più efficace coinvolgimento del Parlamento
italiano, come previsto dal Trattato di Lisbona. In particolare, introduce la possibilità
per il Parlamento italiano di intervenire nell’iter legislativo europeo sia nella la c.d.
“fase discendente” che nella c.d. “fase ascendente”, ossia il coinvolgimento nelle
discussioni per approvazione delle normative e politiche europee. A questo si
aggiunge un più efficace meccanismo di recepimento delle direttive e
dell’applicazione dei regolamenti e atti UE, inclusi i giudicati della Corte di
Giustizia.
La nuova normativa impone, dunque, specifiche disposizioni per l'adempimento degli
obblighi UE. Quale conseguenza della legge n. 234/2012, è così possibile constatare
una significativa riduzione delle procedure di infrazione contro l’Italia, sia per
mancato recepimento che per violazione. Si è passati infatti dalle quasi 140 procedure
pendenti di fine novembre 2011 alle poco più di 80 attuali.
Sebbene le disposizioni della legge n.234/2012 forniscano strumenti molto utili e
pienamente rispondenti all’esigenza di un controllo democratico, essi non trovano
ancora una effettiva e compiuta applicazione.
Un esempio è la funzione di controllo dell’articolo 4 comma 1, in virtù della quale
“prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, il Governo illustra
alle Camere la posizione che intende assumere, la quale tiene conto degli eventuali
indirizzi dalle stesse formulati. Su loro richiesta, esso riferisce altresì ai competenti
organi parlamentari prima delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea. Il
Governo informa i competenti organi parlamentari sulle risultanze delle riunioni del
Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea, entro quindici giorni dallo
svolgimento delle stesse”.
Tale facoltà - che viene realmente utilizzata solo in
occasioni eccezionali – permetterebbe, in particolare, al Parlamento italiano di
intervenire sui progetti di direttive europee quando, durante il processo legislativo
UE, sono ancora emendabili, anziché tentare di “allargarne le maglie” nella
successiva fase legislativa di recepimento in Italia Al contrario, sebbene sia prescritto
che il nostro Parlamento venga informato di tutti gli atti europei, manca una piena e
consapevole partecipazione dello stesso alle attività europee, soprattutto nella fase
ascendente. L’articolo 16 prevede, infatti, perfino la possibilità di chiedere al
Governo di porre una formale ‘riserva di esame parlamentare’ nelle riunioni di
Consiglio Europeo, strumento che è rimasto pressoché inutilizzato.
E’ interessante rilevare che la legge n. 234/2012 viene citata nel testo della riforma
costituzionale come una delle poche normative che rimangono di competenza
bicamerale, conformemente al tradizionale principio del bicameralismo perfetto.
Anche alla luce di questo elemento normativo che eleva lo status della legge n
234/2012, si imporrebbe una sua migliore, più ampia conoscenza da parte dei
parlamentari italiani e degli stessi cittadini, che devono essere consapevoli
dell’accresciuta possibilità di esercitare una maggiore pressione con riguardo ai temi
europei. Del resto, proprio attraverso una tale maggiore consapevolezza si potrebbe
incrementare il coinvolgimento e la capacità d’influenza italiana all’estero.
Nel complesso, la legge n. 234/2012 rappresenta un passo notevole e un successo sul
piano di un deciso avvicinamento del Parlamento nazionale ai processi dell’Unione
Europea, specie a quelli innovati
i dal Trattato di Lisbona. La sfida attuale è,
pertanto, di continuare a perfezionare le relazioni con l’UE e di sfruttare bene e
meglio tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento giuridico italiano, alla riscoperta
di una Europa che ci riserva ancora sorprese, piacevoli e spiacevoli se difettiamo di
diligenza.