Montrachet Grand Cru 1992

Transcript

Montrachet Grand Cru 1992
Divinis® Bar à Vins è lieto di proporvi
“La Vertigine del Tempo”
Martedì 13/12/2011
Montrachet!
Montrachet Grand Cru 1992
Marc Colin ~ Saint-Aubin (F)
Montrachet A.O.C. ~ Chardonnay ~ 13,5° ~ Euro 340,00
Le Montrachet Grand Cru 1991
Gagnard-Delagrange ~ Chassagne-Montrachet (F)
Montrachet A.O.C. ~ Chardonnay ~ 13° ~ Euro 685,00 (magnum)
Montrachet Grand Cru 1989
Amiot-Bonfils ~ Chassagne-Montrachet (F)
Montrachet A.O.C. ~ Chardonnay ~ 14° ~ Euro 474,00
Le Montrachet Grand Cru 1988
Gagnard-Delagrange ~ Chassagne-Montrachet (F)
Montrachet A.O.C. ~ Chardonnay ~ 13° ~ Euro 493,00
Montrachet Grand Cru 1990
Amiot-Bonfils ~ Chassagne-Montrachet (F)
Montrachet A.O.C. ~ Chardonnay ~ 14° ~ Euro 474,00
Esclusivamente in occasione della serata a chi desidera acquistare i vini per l’asporto, riserviamo uno sconto del 10%.
Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino. Qualità e non quantità.
Montrachet
A differenza di molti altri Grand cru di Borgogna, in particolare i Clos, fisicamente delimitati
da muri in pietra, il Montrachet non ha una origine chiara almeno per quanto riguarda la
sua superficie. La vigna cambia di nome nel corso dei secoli e solo recentemente acquisisce
il nome e la superficie attuali.
L’origine comunque si può fare risalire alle donazioni successive alla costituzione
dell’abbazia di Maizières del 1132. Ed è ancora un religioso, l’abate Arnoux che pubblica nel
1728 un piccolo volume sui grandi vini di Borgogna, che dichiara: “un vino di cui la lingua
latina e la lingua francese non possono esprimere la dolcezza”. Ma nel medio evo il vino
per antonomasia è rosso, ed il Montrachet rimane in disparte.
Nel 1787 Thomas Jefferson, ambasciatore e futuro presidente degli Stati Uniti, ne glorifica le
doti nei suoi appunti enologici e lo porta nell’olimpo dei grandi insieme a Chamertin,
Romanée e Clos Vougeot, unico vino bianco.
La rivoluzione del 1789 vede il Montrachet seguire le sorti di gran parte delle vigne di
Francia e le proprietà vengono confiscate, ma al suo termine il Marquis de Laguiche
(discendente della famiglia Clermont-Montoison che aveva contribuito grandemente al nome
della vigna) riesce a riacquisire la proprietà di buona parte del cru. Proprietà ancora attuale,
la più vasta con i suoi 2 ha 6 a 25 ca, tutta situata nel comune di Puligny-Montrachet.
Ma sono indubbiamente il suolo ed il particolare microclima a rendere veramente unico il
Montrachet.
Sempre l’abate Arnoux nel 1728 scrive: “La terra di questo cru è consistente, leggera, molto
permeabile all’azione dell’aria. È composta di una particolare miscela di argilla, di carbonato
di calcio, di ossido di ferro e di detriti di materie vegetali”.
La particolarità del terreno in combinazione con la peculiare posizione a riparo dai venti
freddi del nord, l’esposizione che concede raggi solari per tutta la giornata, contribuiscono a
creare un microclima unico con caratteristiche più mediterranee che nordiche.
Ed infine il vitigno, lo Chardonnay. Come tutti i grandi, richiede una forma di adattamento
specifica al terreno per dare il meglio di se e qui trova indubbiamente un connubio magico.
Molti sostengono che lo Chardonnay abbia bisogno di climi caldi, forse per giustificare
impianti a latitudini tropicali, ma non si tratta di una condizione sufficiente. Essendo anche
un vitigno precoce, in climi troppo caldi, con una vendemmia molto anticipata, si rischia di
avere un ciclo vegetativo troppo breve e di conseguenza “uva acerba” nonostante il grado
zuccherino. Inoltre l’impianto su terreni non adatti rischia di impoverirlo ancora di più, di
banalizzarlo. Non è il caso del Montrachet!
La proprietà delle vigne presenti sul Montrachet, come per la maggioranza dei cru di
Borgogna, è estremamente frammentata. Inoltre, visto il valore delle vigne stesse, risultano
difficili i passaggi di proprietà, quando anche le successioni per eredità si rivelano
complicate a causa dei pesanti diritti di successione. Inoltre, chi ha la possibilità di
possedere anche una piccola parcella di questa vigna se la tiene ben stretta.
Per ciò l’intreccio di proprietari e la gestione che si complica.
Annate
1988 — Annèe de très grande garde (comme 1929) très ferme, attendre impérativement.
1989 — Grand Millésime, riche, puissant, très agréable à boire maintenant, mai peut attendre.
1990 — Très grand millésime, vin pur, ferme et puissant.
1991 — Avec une pointe d’amertume dans sa jeunesse, maintenant séduisant et sensuel, peut
être bu avec plaisir.
1992 — Superbe millésime en blanc, très grande richesse, équilibre qui commence à
s’épanouir.
Informazioni tratte da “Le Montrachet” edizioni La Planete de l’Image
Amiot
Nel 1920, Arsène Amiot si innamora delle colline di Chassagne-Montrachet: ma, mentre le
sue attività professionali lo trattengono a Parigi, inizia, con l’acquisizione di parcelle
importanti di vigna nel «Vergers», nel « Clos Saint-Jean», nel « Caillerets», e infine nel « Dent
de Chien», che qualche anno più tardi diventerà il Montrachet Grand Cru, a costituire il
Domaine. Si tratta di soli 2 ettari, ma di alta qualità.
La coltura tradizionale della vigna è affidata a un vignaiolo virtuoso «Le Père Robe» che
assicurerà con talento la vinificazione e l’imbottigliamento in cantina, molto raro in quegli
anni; tra il 1925 e il 1935.
Negli anni le acquisizioni di vigne si susseguono e la creazione di un negozio a Parigi per la
vendita diretta delle bottiglie (caso piuttosto raro all’epoca) ai privati o ai ristoranti più
rinomati, consolidano la forza del Domaine.
Nel 1985, alla morte del padre Pierre, il figlio Guy, enologo di formazione e con esperienza
in varie regioni vinicole di Francia, prende la direzione dell’azienda. Negli anni successivi, la
ricerca della qualità si concretizza anche nella realizzazione di una cantina tradizionale a
volte ellittiche, scavata nel 1995, nella roccia calcarea della collina del «Caillerets». La forma
particolare della cantina si rifà alla cultura biodinamica che ricerca l’equilibrio delle forze
cosmiche.
Le due parcelle (6 a 35 ca e 2 a 75 ca) di Montrachet di proprietà dell’azienda sono situate
nella sottozona “Dent de Chien” (integrate nella denominazione nel 1921) e sono state
acquisite dal fondatore dell’azienda dopo la prima guerra mondiale. L’impianto delle vigne
risale al 1920 ed è stato rinnovato per selezione massale nel 1985. Quindi i vini che
assaggiamo in questa occasione sono fatti in parte da vigne abbastanza giovani. Il lavoro in
vigna è esclusivamente manuale. Dopo una maturazione in botte di circa un anno il vino
viene imbottigliato senza filtrazione.
Guy Amiot, attuale proprietario dell’azienda insieme ai figli, nonché l’uomo che ha vinificato
i due vini che assaggiamo questa sera, definisce il Montrachet, “Divino”; qualcosa che si
condivide con l’aldilà.
Marc Colin
Viticoltore esemplare di Borgogna discende da una famiglia di viticoltori. In effetti la sua è
la quarta generazione di viticoltori insediati a Saint-Aubin con interessi forti anche a
Chassagne. Comincia molto giovane; a tredici anni è già in vigna e la sua vita è tutta dedica
alla viticoltura, fino a divenire anche Presidente del sindacato dei Viticoltori di Borgogna.
La sua continua ad essere una vita dedicata alla vigna ed anche i figli stanno seguendo la
sua strada, in particolare Pierre-Yves, che ha lasciato l’azienda di famiglia ed è già stato
segnalato come uno dei giovani viticoltori di Borgogna più interessanti.
Le quattro parcelle di proprietà (due di 3 a 56 ca e due di 1 a 78 ca) sono situate nella
sottozona “Dent de Chien” (integrate nella denominazione nel 1921) e provengono tutte
dalle proprietà della famiglia. L’età delle vigne è stimata precedente al 1938.
Il lavoro in vigna viene fatto manualmente. La vinificazione avviene in modo naturale, ma
con il controllo della temperatura per arrivare in tempi ragionevoli ad avere un vino stabile.
L’aggiunta di zolfo è molto attenta e tardiva. Dopo un anno il vino viene imbottigliato dopo
un leggero filtraggio alla caseina.
Marco Colin sostiene che il suo principio di vita è che le cose debbano essere semplici,
chiare e nette. Queste, secondo lui, sono le caratteristiche del Montrachet.
Gagnard-Delagrange
Quando la vigna diviene un affare di famiglia. Il capostipite è Emond Delagrange, che
attraverso un intreccio di relazioni parentali ha creato, nel tempo, una sorta di clan che
assicura una impronta molto importante ai vini di Chassagne ed al Montrachet in particolare.
I vini che assaggiamo questa sera sono stati prodotti da Jacques Gragnard-Delagrange,
all’epoca usufruttuario di una parcella di Montrachet di 7 a 83 ca (la nuda proprietà è del
domaine Blain-Gagnard). Acquistata nel 1978 dalla famiglia Fleurot, è situata nel cuore del
cru, nel comune di Chassagne. Le vigne risalgono al secondo dopoguerra.
La coltivazione è da anni in lotta integrata ed i lavori in vigna vengono eseguiti
manualmente. Fermentazione tradizionale e messa in bottiglia dopo una leggera filtrazione
alla bentonite dopo circa un anno.
Lo stile, voluto dal fondatore, rafforzato da Jacques e proseguito anche dai discendenti, in
particolare Jean-Marc Blain (domain Blain-Gagnard), è quello della ricerca della massima
delicatezza e complessità. Uno stile alla ricerca dei particolari più nascosti.
I commenti di Maurizio Landi
Provate ad immaginare che uno staff di persone, o anche una sola, che vent’anni fa abbiano
pensato di fare questi vini e di preparare le bottiglie perché noi oggi le potessimo degustare.
Non mi sembra che si possa parlare di un prodotto qualsiasi, immesso sul mercato per il
semplice consumo. Ovviamente si tratta di un prodotto di elite, non rivolto al mercato
comune, ma rimane il fatto che siamo di fronte a vini che sfuggono alla semplice
“ideologia” consumistica. È perciò con grande rispetto che ci siamo avvicinati a questi vini
ed anche con grandi aspettative; anche questo è indiscutibile.
Purtroppo l’esperienza di vini così rari (e cari) non è una cosa facile da farsi, quindi ci
siamo avvicinati anche con un senso di timore reverenziale nei confronti di questi vini.
Ebbene sono stati essi stessi, i vini, a venirci incontro. È raro assaggire vini di tale sensualità.
Molto interessante anche il fatto di poter verificare lo stile dei singoli produttori, almeno
quelli già a noi conosciuti com Colin e Amiot, alla prova del tempo. Anche in questo senso
bisogna pensare a quanto della personalità degli uomini che hanno contribuito a fare questi
vini emerga dopo tutto questo tempo. Senza mai tradire la personalità della vigna.
Venendo ai singoli vini, devo dire che sono rimasto affascinato dal 1992 di Marc Colin. Sulle
prime sembrava essere in difficoltà, con una struttura sfuggente ed una componente olfattiva
che sembrava compromessa. Invece, dopo qualche tempo, il vino si è disteso e la
proverbiale eleganza del produttore si è fatta sentire. Impressionante la freschezza della
componente fruttata e l’equilibrio tra struttura ed apporto del legno; delicatissimo. L’annata
non è delle migliori ed il vino non è certo un campione di potenza, ma quale fascino. Col
tempo, nel bicchiere il vino si è aperto ancora, regalando un finale lungo e profondissimo.
Qualcuno ha insistito su qualche disturbo olfattivo, ma personalmente l’ho trovato
marginale; tutto sommato, anche se si tratta di un Montrachet, lo si beve e non lo si inala.
Non voglio sottovalutare l’importanza dei profumi, ma personalmente credo che la vera
complessità della degustazione risieda nello sviluppo gustativo, che include anche gli aromi.
Il 1991 di Gagnard-Delagrange, anche grazie al formato magnum, è in uno stato di grazia.
Lo stile è molto lontano dal vino precedente ed il legno, nonostante l’età, è piuttosto
presente, al punto da far sembrare il vino un po’ rigido sulle prime. Anche in questo caso
bisogna saper attendere ed il vino si distende, anche se non con la sensualità del 1992. Vino
comunque di notevole struttura, potente ed equilibrato. Magari non troppo elegante, ma
grande. Stile ancora differente per il 1989 di Amiot. Morbido e “moderno”, con le classiche
sensazione mielosa in bella evidenza. L’annata è di quelle che si prestano allo stile, ma
l’interpretazione è molto interessante. E poi il vino ha pur sempre 22 anni. Pieno, potente e
morbido; un vino di tutto rispetto. Io non riesco a farmi trascinare facilmente da questo stile,
però l’integrità del vino e la sua capacità evolutiva nel bicchiere sono di tutto rispetto. Il
discorso varrà anche il 1990; nonostante tutto questo “miele” il vino è pulitissimo anche nel
finale e la degustazione è invitante anche al successivo sorso.
Un vero peccato per il 1988 di Gagnard-Delagrange! Non perché il vino non fosse buono,
anzi! Ma la struttura è ancora troppo chiusa ermeticamente. Nonostante i 23 anni di vita
l’acidità è ancora tagliente ed impedisce un corretto approccio al vino. Anche dopo una
lunga areazione, il vino rimane imbrigliato nella sua struttura e non concede molto.
Comunque in questo caso l’equilibrio con il legno è veramente magistrale. Un vino ancora
giovane che, probabilmente, avrà ancora un grande futuro.
In molte occasioni ho potuto verificare che i vini del 1988 presentano queste caratteristiche
ed in molti casi li ho sinceramente apprezzati, anche nella loro scontrosità, preferendoli
anche ai più massicci 1990. Ma in questo caso è proprio difficile, almeno per me,
apprezzare questo vino. Spero di poterlo riassaggiare in futuro e di poterne apprezzare le
caratteristiche che, pure, al fondo, si possono percepire.
Infine il 1990 di Amiot. La bottiglia sembra leggermente compromessa da una non perfetta
tenuta del tappo. Il colore è molto intenso e qualche nota ossidativa in eccesso lo
penalizzano un po’. Ma che struttura! Pur nello stile che ho già detto per il 1989, siamo di
fronte ad un vino impressionante. Maturo, morbido, ricco e, nonostante ciò, delicato e
suadente. Il finale è pulitissimo e la persistenza è impressionante. Che vino!
Un’esperienza che, non solo ha contribuito ad arricchire il bagaglio tecnico di chi ha
partecipato, ma anche una riflessione sulla sensibilità personale grazie alla percezione così
evidente dell’importanza della componente “tempo” nella evoluzione del prodotto del
lavoro dell’uomo.
Immagine tratta da: "Montrachet" di Jean-François Bazin edizioni Jacques Legrand
Mont-Rachet
Montrachet Grand Cru (8 ha)
Chardonnay
Gradazione alcolica: 12 - 14,5 %
Rendimento massimo: 40 hl/ha
Produzione annua media: 316 hl
Chevalier-Montrachet
Grand Cru (7,36 ha)
Chardonnay
Gradazione alcolica: 12 - 14,5 %
Rendimento massimo: 40 hl/ha
Produzione annua media: 233 hl
Bâtard-Montrachet
Grand Cru (11,87 ha)
Chardonnay
Gradazione alcolica: 11,5 - 14,5 %
Rendimento massimo: 40 hl/ha
Produzione annua media: 521 hl
Bienvenues-Bâtard-Montrachet
Grand Cru (3,69 ha)
Chardonnay
Gradazione alcolica: 11,5 - 14,5 %
Rendimento massimo: 40 hl/ha
Produzione annua media: 168 hl
Criots-Bâtard-Montrachet
Grand Cru (1,57 ha)
Chardonnay
Gradazione alcolica: 11,5 - 14,5 %
Rendimento massimo: 40 hl/ha
Produzione annua media: 64 hl
Mont-Rachet
Marc Colin
Amiot
Amiot
Immagini tratte da: "Montrachet" di Jean-François Bazin edizioni Jacques Legrand
Gagnard-Delagrange
(Blain-Gagnard)