PSICOLOGIA DINAMICA PROGREDITA
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PSICOLOGIA DINAMICA PROGREDITA
PSICOLOGIA DINAMICA PROGREDITA WILLELM REICH Il suo pensiero ha avuto un grande impatto sull’opinione pubblica (rivoluzione sessuale). Freud ha cambiato il suo modo di concepire la mente, dalla prima alla seconda topica. Cambia l’idea sulla funzione della sessualità. Il primo Freud ha centrato il suo pensiero sulla sessualità, le pulsioni sessuali muovevano tutti i comportamenti dell’individuo, la società è responsabile del dramma dell’uomo perché gli impedisce di esprimere la propria sessualità. La società repressive verso il sesso produce nevrosi, isterie e allora questa società va cambiata (questa idea si sposa anche con le idee di sinistra, comunista che vedeva nella società tutti i mali dell’uomo). Il secondo Freud, dopo la grande guerra, si rende conto che se la società non educa e rafforza l’io che tenga a bada le pulsioni distruttive, erotiche, la società cessa di esistere. Occorre arginare il più possibile le richieste dell'Es, sublimandole insegnandolo al bambino. La base per la società è la sublimazione. Occorre rafforzare tramite l’educazione l’io perché tenga a bada la forza delle pulsioni. Reich non accoglie questo cambiamento, rimane attaccato al primo Freud. La genialità per Freud: la meta dello sviluppo e la riorganizzazione della sessualità pregenitale sotto il primato della sessualità genitale. L’atto per Freud non è fine a sé stesso, è finalizzato alla procreazione. Per Reich invece l’atto sessuale è fine a sé stesso. Reich resta ancorato alla natura biologica dell’energia sessuale e al principio energetico di scarica pulsionale. La causa di patologia sarebbe un’insufficiente scarica libidica, mentre condizione di sanità sarebbe la capacità di provare orgasmi pienamente appaganti. Il disturbo della funzione genitale sarebbe pertanto il sintomo stesso della nevrosi, tutte le malattie psichiche sono da lui ricondotte all’impotenza orgastica. La cura di ogni malattia psichica dipende dalla possibilità di attuare il pieno soddisfacimento genitale. La nevrosi diventa un disturbo della funzione genitale, l’incapacità di un pieno godimento sessuale. Il conflitto è tra l’io pulsionale e l’io morale. Stabilisce una forma di equazione tra malattia psichica e disturbo genitale. La terapia consiste nella capacità di rendere le persone capaci di provare orgasmi soddisfacenti. Potenza orgastica Causa delle nevrosi è la repressione sessuale prodotta particolarmente dalla natura costrittiva della civiltà sessuofobica. Dal modo in cui l’individuo si oppone o subisce gli impulsi del mondo interno e le sollecitazioni del mondo esterno deriverebbe la sua specifica struttura caratteriale. Reich fece tantissimi esperimenti, andava alla ricerca dell’energia orgonica (sessuale), aveva una sua teoria sull’origine della vita. Le cellule sono comporta di questa energia orgonica, questa energia si carica continuamente dall’atmosfera attraverso la respirazione (risente delle filosofie orientali). Energia bionica, i bioni sono delle vescicole cariche di energia orgonica e nasce dalla materia inorganica. Le influenze sociali entrano in conflitto con l’energia bionica e dal loro impatto si formano i diversi caratteri. Scopo del carattere è proteggere l’io dai divieti. Quando il carattere diventa rigido, diventa una vera e propria armatura (corazza caratteriale), che limita la libertà psichica. Più siamo rigidi, più diventiamo nevrotici. Per Reich però, il carattere non si forma a causa della frustrazioni di esigenze pulsionali ma dal modo in cui libido (fattore endogeno) e mondo sociale (fattore esogeno) interagiscono. In Reich il carattere si identifica con l’Io di Freud ma ne rappresenta anche un’alterazione cronica, definita indurimento, che qualifica inoltre i modi di reazione propri dell’individuo, divenendo una costruzione di difesa egosintonica. La differenza tra una struttura caratteriale non nevrotica e una nevrotica è data dalla capacità di aprirsi e di chiudersi verso il mondo esterno in situazioni rispettivamente di piacere e di dispiacere. Una struttura caratteriale inaccessibile alla realtà è indizio di un’armatura patologicamente irrigidita. Il carattere acquista in questo modo, con riferimento alle formazioni reattive attivate, espressioni pulsionali differenti che consentono di identificare precise “forme caratteriali circoscritte”: Il carattere isterico: è la più semplice e trasparente armatura tra tutti i tipi caratteriali. A questo tipo, a un atteggiamento sessuale invadente, si accompagna un’espressione corporea dai tratti spiccatamente sessuali. Tuttavia, l’atto sessuale spaventa per l’angoscia che suscita attivando meccanismi di fuga. Il carattere isterico non riconosce il proprio comportamento di adescamento, e in caso di una risposta sessuale, reagisce con violenza e indignazione: l’isterico dunque ricorre alla sessualità per negare le proprie angosce e non per provocarla Il carattere coatto: ha aspetti che ricordano il carattere che Freud fondava soprattutto sull’erotismo anale: tipico è il suo senso pignolo dell’ordine, il comportamento ripetitivo, precisione che diventa perfezionismo, eccessiva parsimonia che spesso si trasforma in avarizia. Sono compromessi la creatività, l’autonomia mentale e il senso dell’iniziativa personale. Accanto a questi tratti, tuttavia, in seguito a una formazione reattiva, possono apparire tratti opposti, o “eruzioni della tendenza originarie”, per cui può manifestarsi un eccessivo disordine o un’esagerata prodigalità Il carattere fallico-narcisistico: si presenta sicuro di sé, a volte arrogante, elastico, vigoroso, a volte imponente. Gli atteggiamenti di sicurezza e di superiorità esibiti in modo narcisistico in realtà nasconderebbero una natura infantile e importanti ferite narcisistiche. Immaginando attacchi, li prevengono aggredendo in anticipo, è apertamente un carattere sadico e aggressivo Il carattere masochista: nel formulare questo carattere Reich muove le sue critiche alle nuove formulazioni di Freud circa la teoria della pulsione di morte, che dl masochismo offre una diversa spiegazione rispetto alla precedente. La violenza contro l’oggetto sarebbe rivolta contro di sé, poiché l’oggetto abbandonato è sostituito dalla propria persona. Reich resta saldamente ancorato alla prima formulazione freudiana del masochismo, rigettando e contrastando l’ipotesi di una pulsione di morte. Il masochismo resta così una formazione secondaria dell’organismo psichico, un disturbo della funzione dell’orgasmo, quale risultato della rimozione della sessualità a causa della repressione sociale. Alla base del masochismo non vi sarebbe alcuna tendenza primaria all’autodistruzione, ma piuttosto un disastroso effetto delle condizioni sociali sull’apparato biopsichico. Il masochismo è allora prima di tutto una difesa, un estremo tentativo di liberarsi dall’angoscia, ma senza possibilità di successo. Non il dispiacere si trasforma in piacere, ma la paura della sofferenza impedirebbe lo sviluppo del piacere. Nel carattere masochista ogni sensazione di piacere che supera una certa intensità, tende a trasformarsi in dispiacere, poiché rappresentazioni di punizione e di angoscia alterano il piacere legato alla meta originale. Reich ipotizza all’origine del masochismo una profonda delusione amorosa: quando gli oggetti amati non corrispondono adeguatamente all’amore richiesto, il bambino tende a provocarli fino all’esasperazione. Il masochista adotterebbe dunque un tale comportamento per difendersi dall’angoscia di essere ignorato e trascurato. Il significato della provocazione è di chiedere amore. La peste emozionale non è una tipologia caratteriale, ma è il risultato dell’ingorgo sessuale che si formerebbe in seguito all’impossibilità della naturale espressione della vita amorosa a livello genitale. Questa peste si presenterebbe in forma di malattia endemica della società umana a causa della repressione della sessualità, e sarebbe trasmessa nel bambino dai genitori molto precocemente. Per il suo carattere di malattia, la peste emozionale rappresenterebbe una vera minaccia per la vita. Tra i suoi sintomi, il più rilevante sarebbe una sorta di irrazionalismo, capace di rendere inutili ragionamenti e consigli. Causa principale della peste emozionale è l’impotenza orgastica Reich disegna due ritratti in opposizione, uno riferito all’individuo sano, orgasticamente potente, e l’altro riferito all’appestato emozionale, il primo è dipinto tollerante, comprensivo, disponibile ad aiutare gli altri, incarna tutte le qualità dell’uomo ideale. L’appestato emozionale invece pretende di estendere a mondo che lo circonda le sue esigenze di vita, impone il proprio stile e i propri valori agli altri anche con il ricorso alla violenza. Il carattere genitale è agli antipodi dell’appestato emozionale e rappresenta la piena realizzazione della fase genitale. In questo carattere lo stadio evolutivo post-ambivalente (Abraham) sarebbe stato raggiunto: la rinuncia del desiderio di incesto e di eliminare il genitore dello stesso sesso comporta il trasferimento degli impulsi genitali su un oggetto eterosessuale esterno alla famiglia. Con il trasferimento della genitalità su un oggetto non più incestuoso, il Super-io viene meno alla sua funzione di impedire i desideri sessuali, abolendo i propri divieti. Tendenze pregenitali e aggressività sublimata contribuirebbero efficacemente alla vita sessuale del livello genitale. D’altra parte, tendenze pregenitali e aggressive poiché soddisfatte dal sistema genitale non soccomberebbero alla rimozione, favorendo un più appagante soddisfacimento e prevenendo un ingorgo patologico della libido. Con i superamento dell’Edipo, dunque, una forma di armonia si comporrebbe tra Es, Io e Super-io La genitalità di Reich non si basa su un rapporto di amore (per Freud la tenerezza), la quale si spinge oltre la sessualità e investe l’intera persona, fino a farla diventare unica. In Reich si tratta di una genitalità che lega l’individuo al suo oggetto sessuale perché lo soddisfa; il legame pertanto sarebbe vissuto senza sensi di colpa e senza riguardi morali. Reich descrive dunque un rapporto in cui sono assenti i termini di impegno verso l’altro e di responsabilità per le eventuali conseguenze del proprio comportamento sessuale, perché tali termini rimanderebbero a problematiche edipiche. Il carattere genitale sarebbe immune da errori poiché primato genitale e primario intellettuale sarebbero legati in modo indissolubile l’uno all’altro, condizionandosi reciprocamente. Questa lezione è stata portata avanti da Fantì, il caposcuola della micro psicoanalisi. OTTO RANK La creazione artistica è per Rank il prodotto di una forza creativa, che avrebbe importanti analogie con le forme psicopatologiche; centrale resta l’assunto freudiano dell’arte come sublimazione delle pulsioni. Il disagio normalmente proiettato o rimosso, e normalmente elaborato nel sogno, diventa nell’artista particolarmente intenso e fonte di ispirazione per la sua creazione. L’espressione artistica non si distingue per la sua funzione dall’espressione onirica e l’artista non si differenzia dal nevrotico Ogni mito ha un proprio eroe, e ogni ero ha un dovere da assolvere prefigurato da una prodigiosa nascita. L’eroe, trasgressore e ribelle, incarna le aspirazioni del bambino a sostituire il padre, che diventa così un aggressore e un persecutore. L’eroe del mito è dunque l’Io del bambino in rivolta contro il padre per recuperare quel che per diritto di nascita gli appartiene. Nella creazione dell’eroe l’Io del bambino si riscatta: all’eroe infatti è attribuita la propria storia infantile fantasticata in modo retroattivo. L’eroe giustifica inoltre la ribellione nei confronti del padre, cui è addossata la responsabilità della violenza esercitata nei suoi confronti. Viene in questo modo spostata l’attenzione dall’Edipo su una più primitiva costellazione psichica, che diventerà centrale nei successivi lavori di Rank. Sostanza della creazione artistica non è più il conflitto psichico; accanto alla spinta motivazionale, o impulso a creare, che rappresenta l’aspetto individuale, ora Rank propone anche i criteri stilistici che riflettono una coscienza collettiva. L’arte trova così le sue forme espressive in principi che una coscienza più alta avrebbe generato, e in queste forme diviene possibile identificarne l’essenza. Rank estende il concetto di impulso creativo fino s considerarlo la sorgente di tutte le espressioni della cultura; a pulsione di vita, trasfigurata in un impulso creativo, introduce una sfera spirituale e autonoma non riducibile alle pulsioni sessuali. L’artista assume, in questa rilettura del bisogno artistico, una propria fisionomia rispetto al nevrotico e al sognatore. Il sognatore trasferisce il mondo l riparo dalla verità, quindi in una dimensione di false e ingannevoli certezze. Il nevrotico è un individuo che lotta spinto da un forte bisogno di ritrovarsi o di individualizzarsi, in modo che non gli corrisponde. L’artista invece crea una realtà nuova e capace di armonizzare il mondo esterno con quello interiore. L’arte acquista così un valore e un significato ce va oltre una semplice catarsi, divenendo una vera e propria via per lo sviluppo della personalità e quindi dell'auto realizzazione Rank vuole fondare biologicamente l’inconscio. Freud aveva ipotizzato l’esistenza di una rimozione originaria per spiegare le prime rimozioni inconsce, lasciando tuttavia inspiegato il suo meccanismo. Rank ha individuato nel trauma patologico della nascita l’elemento decisivo dei disturbi psichici, mentre il complesso di Edipo con le sue dinamiche di amore e odio diventa un fattore secondario. Il trauma della castrazione è a derivazione anche di un secondo trauma, lo svezzamento, che se pur meno importante per la sua azione traumatica, può intensificare l’angoscia di separazione del bambino. In altre parole a castrazione, cioè la disunione del pene dal corpo, è reinterpretata come rappresentazione simbolica della disunione avvenuta alla nascita. La castrazione eredita pertanto gran parte dell’angoscia legata al trauma della nascita soprattutto in forma di senso di colpa. La trasformazione dell’angoscia originaria si trasformerebbe in senso di colpa in conseguenza dell’avvenuta conoscenza della diversità dei sessi e della funzione sessuale degli organi genitali. Rispetto alla teoria di Freud al desiderio edipico subentra l’angoscia, e alla libido succede lo sforzo che si rinnova nel perpetuarsi di un distacco mai completato. Il trauma della nascita infatti legato alla separazione del bambino dalla madre. Nelle nevrosi e nelle patologie in genere i desiderio di ritorno alla condizione prenatale erompe con violenza, tuttavia tale desiderio è impedito proprio dal ricordo dell’angoscia legata alla nascita. Lo sviluppo di Rank assume due direzioni ideali, insieme progressiva e regressiva: la prima va dal distacco del bambino dalla madre verso un progressivo affrancamento dai legami biologici, fino al raggiungimento di una piena individuazione; la seconda, in modo fantasmatico, è volta a ricostruire nel proprio Sé l’antico senso di pienezza del periodo intrauterino. L’individuo tuttavia per svincolarsi dai legami della sua matrice biologica deve ricorrere alla volontà, che in Rank assume il significato di principio ordinatore. La volontà forma nell’uomo la dimensione psicologica chiamata coscienza, avvalendosi dell’energia di origine biologica in modo creativo. La volontà è la tendenza opposta a quella che ci confina nella dimensione del biologico e dell’inconscio; essa è dunque innaturale, o contro natura. Nell’opposizione l’Io scopre il Sé, prende coscienza della realtà esterna e diviene rappresentate della volontà. L’espressione di una volontà, tuttavia, in relazione a quella altrui, genera senso di colpa: il conflitto è, qui, tra la dichiarazione della volontà individuale e l’accettazione della volontà imposta. Al senso di colpa conseguente alla nascita si aggiunge così quello legato alla manifestazione della volontà, diventando un elemento fondamentale dello sviluppo Elaborare il senso di colpa è dunque la vera funzione della terapia, aiutare il Sé del nevrotico a manifestare la propria volontà e a esercitare la contro-volontà. Il nevrotico va soprattutto rieducato ad affrontare le sfide del mondo senza che sia schiacciato dai sensi di colpa. Il terapeuta, da ricettacolo delle proiezioni, diventa una sorta di maieutico, con il compito di far riemergere la volontà del paziente. L’analisi diventa pertanto un compimento integrativo dell’irrisolto trauma della nascita, in vista dell’esperienza della rinascita, ossia dell’atto creativo attivo dell’esistenza umana. Non si mira più a un adattamento alle richieste sociali bensì al dispiegamento della volontà di guarire e di essere individui completi, con il loro Io centrale nel processo psicologico ADLER Psicologia individuale L’uomo di Adler è un uomo concreto, che ha a che fare con problemi pratici, cerca delle soluzioni, arriva a compensare i suoi problemi. È un uomo diverso da quello di Freud, completamente in preda alla sua libido. Se la missione di Freud era quella di liberare l’uomo dall’inconscio portandolo verso la ragione, per Adler la missione è educare (prima urgenza). Per Freud educare significa educare l’uomo a una mente razionale, per Adler il nevrotico deve essere educato in quanto utilizza una serie di strategie per fuggire agli obblighi della sua vita. Nell’uomo esiste una spinta alla perfezione che è possibile alimentare attraverso l’educazione e l’insegnamento Adler era un medico, si era accorto che diverse tipologie di pazienti avevano predisposizione ad ammalarsi a specifici organi => la frequenza delle malattie registrate in un organo specifico diventano un segno di inferiorità => esistenza a livello organico e psicologico di delle inferiorità che noi cerchiamo di compensare. Confluenza delle pulsioni: unità della personalità, in quanto vi è un intreccio pulsionale (visione unitaria dell’individuo). Vi è una confluenza delle pulsioni che avviene attraverso una pulsione “superiore”, aggressive (la pulsione d’amore di Freud). Anche nei bambini sono presenti le pulsioni e se queste non vengono soddisfatte il bambino aggredisce. Nel 1910 Adler elabora il concetto di protesta virile (principio di piacere) => energia dinamica che sta dietro a ogni comportamento (come l’Edipo per Freud), se fallisce esplode la nevrosi. In ognuno di noi c’è la presenza di caratteri sessuali dell’altro sesso. Quanto più questi caratteri sessuali sono presenti, tanto più saremo nevrotici => sensazione di inferiorità derivante dal dubbio di non aver raggiunto la completa unità. Le reazioni a questo complesso di inferiorità possono essere o di sprofondare nella nevrosi, o di reagire in modo sano attraverso la protesta virile, acquisendo uno stile di vita compensatorio, ricostruendo il carattere; oppure il nevrotico potrebbe tentare di nascondere una parte del suo carattere, allora chi teme di avere caratteristiche femminili le coprirà evidenziando le caratteristiche opposte. Anche nella donna ci può essere la protesta virile (avviene con atteggiamenti di sfida, toglie virilità all’uomo senza acquisirne) => nascono compulsioni per giustificare aspetti della personalità, si intensificano le capacità egoistiche e si accentua l’ambizione Ermafroditismo psicologico= convivenza in un individuo di due atteggiamenti: maschili (aggressivi attivi) e femminili (passivi sottomessi). Il nevrotico ha una personalità fittizia: la persona si crea un mondo parallelo che funzionale: la finzione assume il significato si sostegno e di supporto. Le idee fantastiche fanno da linee guida al comportamento, il problema psicotico nasce quando ci si identifica con le proprie fantasie. La finzione porta al finalismo che governa tutta la personalità (finalismo funzionale), che è sempre protesa alla perfezione. L’individuo nevrotico secondo Adler si pone degli scopi fittizi, non realistici, cerca di mascherare la sua sensazione di inferiorità. Questa compensazione viene fatta in modo fittizio, con la fantasia, l’appagamento è di tipo fantastico. È qui che esprime tutte le sue idee di grandezza, ha una personalità interna e fantastica che non corrisponde alla sua persona reale, in qualche modo si nasconde da sé stesso. È normale usare la fantasia, il problema è quando l’individuo invece di giocare con la fantasia si immedesima in ciò che immagina in tal caso diventa patologico. La finzione non permette più il contatto con la realtà. Quando lo psicotico vive nella sua dimensione fantastica e la scambia per la realtà abbiamo il passo nel delirio. Questa è la distinzione tra nevrotico e psicotico Quindi l’uomo passa dalla protesta virile alla meta che è a perfezione attraverso un principio (finalismo funzionale) attivato dalla finzione. La perfezione si identifica con l’essere virile. Adler postula una forza dominante che presiede i nostri comportamenti e ci induce a lottare per far emergere la nostra superiorità. Forza = maschile; debolezza = femminile (nevrosi). La lotta tra maschile e femminile può portare a dei complessi, il sano risiede nell’equilibrio. Tutti siamo fragili perché siamo stati bambini e ci portiamo dentro delle debolezza, chi si sente meno fragile lo deve al suo rapporto con la madre. Finalità terapeutica: smascherare il mondo fittizio. Lavorare sull’autostima per affrontare le debolezze infantili (aspirazione alla superiorità) attraverso una forza che comporta una lotta; potrebbe diventare distruttiva nei confronti degli altri, affinché ciò non avvenga è necessario aver sviluppato il sentimento sociale (che è innato ma deve essere fatto maturare), ovvero la preoccupazione per il benessere collettivo e i bisogni degli altri, sentimenti di cooperazione L’orientamento psicoanalitico non si esaurisce con la psicologia dinamica I visione: “cultura ebraica”, da Freud in poi. Abbiamo a che fare con un individuo che si sente colpevole, in lotta tra l’io e l’es, sono gli albori della psicodinamica II visione: “uomo tragico”, che deve vivere nonostante il destino avverso e il non senso della vita, si misura con il fatto che alle volte lo sottomette, è la psicodinamica più recente La psicodinamica è un modo di vedere e studiare l’uomo, conflitto tra forze interagenti. Molti autori cercano i poli del conflitto per risolverli. Diverse teorie con diverse soluzioni Il pensiero di Adler parte da due metafore: il maschile ed il femminile (non inteso a livello sessuale). Il maschile incarna la forza, il successo, … il femminile incarna la passività. È l’equilibrio tra queste due tendenze che fa emergere l’uomo sano. Ognuno di noi ama sentirsi debole, rimanere bambino. Adler parla di psicologia individuale, di competizione con l’altro, di ricerca del successo. I riferimenti che presiedono la comprensione dell’essere umano sono tre: La superiorità (innata) L’aspirazione alla superiorità è presente in tutti gli esseri umani. Il successo come priorità è però pericoloso in quanto possono venir meno morale e etica Il benessere sociale (predisposizione veicolata dalla madre) Solo chi possiede un sentimento sociale ovvero si preoccupa per l’altro, può mirare a un successo individuale che però fa bene anche agli altri. La persona nevrotica è colei che non ha maturato il sentimento sociale, non tiene conto degli altri, è opportunista. Per maturare tale sentimento è necessario coltivare fenomeni di empatia attraverso il rapporto madre-bambino. Il benessere individuale si fonda sulla soluzione di tre problemi: - Rapporti di benevolenza con gli altri - Trovare gratificazione nel proprio lavoro - Realizzare una vita affettiva soddisfacente con la persona che si ama L’impegno (appreso nell’infanzia anche grazie alla madre) L’impegno nella soluzione ai problemi individuali e sociali ha diversi gradi di attività ed è il tratto distintivo della salute mentale; si acquisisce nell’infanzia (ruolo anche materno). Si individuano personalità diverse in base al tipo di impegno: Tipo che domina: maggiore grado di attività, minore di livello sociale. Lo scopo è dominare (delinquenti, tiranni, sadici, tossici, alcolisti, suicidari) Tipo che prende: minore grado di attività, minore livello sociale. È dipendente dagli altri, bisognoso Tipo che evita: minore grado di attività, minore livello sociale. Si chiude, non ha vita sociale per timore del rifiuto Tipo socialmente utile: maggiore grado di attività, maggiore livello sociale. Ha a cuore l’interesse collettivo, agisce nel rispetto degli altri Per porre l’accento sull’unità dell’essere umano Adler sviluppa un nuovo concetto, quello di stile di vita, proprio e unico per ogni individuo. È lo stile di vita che identifica l’unità dell’essere umano: “ogni pino ha bisogno di crescere, determinato da dove nasce”. Lo stile di vita comprende opinioni di sé, il modo in cui affrontiamo i problemi, la concezione della vita, gli atteggiamenti verso gli altri e il mondo, … Tutti i problemi richiedono l’attivazione di un processo interno: struttura ipotetica che promuove in noi il processo di elaborazione e che ci spinge a trovare soluzioni => il sé creativo Il sé creativo / principio creativo è una forza sconosciuta molto primitiva, è ciò che ci fa vivere (per Freud tale forza era la pulsione di vita, che tende a tornare alla morte, ovvero alla quiete). Il sé creativo attiva il bambino e attribuisce significati, ha aspirazioni ma non finalità (a differenza del principio di piacere che ne ha) Presupposti della terapia (possibile per tutti i soggetti se messi nelle giuste condizioni): 1. Affrontare le potenzialità creative al fine di creare uno stile di vita che risponda alle necessità del soggetto 2. Rendere l’uomo più responsabile delle proprie scelte. Il sé creativo è attivabile solo dopo la maturazione che ha reso possibile il raggiungimento dell’autostima, altrimenti il senso di inferiorità impedirà la creatività dell’individuo, che è costretto ad attivare artifici nevrotici (fittizi)per mantenere il proprio livello di autostima Adler si è impegnato molto nel campo dell’educazione, voleva correggere la codardia, che vede come il male della società. Adler era menomato, aveva un fratello “perfetto”, si sentiva in soggezione, ma battendo il fratello in diverse prove e affermandosi nella sua vita vinse la sua nevrosi JUNG La psicologia analitica di Jung, così come la psicologia individuale di Adler, non nasce dal pensiero di Freud, non è una ramificazione della teoria freudiana,ma un originare sistema teorico di pensiero. Jung passa dalla teorizzazione di una libido avente soltanto la funzione di produrre cellula germinali, a quella di una libido differenziata e de sessualizzata impiegata in funzionai più complesse e non sessuali. anche il concetto di simbolo cambia, per Freud il simbolo rappresenta ciò che non si deve esprimere, per Jung quello che non è conosciuto. la vita mentale ridotta ai limiti del determinismo psichico era inconcepibile per Jung, aggiunge così alla psiche la dimensione del futuro e quindi una nuova prospettiva, in cui i simboli inconsci utilizzano l'energia psichica per nuove realizzazioni. Miti e sogni, da segnalatori di una situazione edipica, diventano per Jung strumenti indicatori di strategie per superare il conflitto Jung lavorò con personalità psicotiche, che denunciavano un doppia scissione: tra conscio e conscio, e tra individuo e realtà. gradualmente Jung giunse a ipotizzare l'esistenza di un inconscio più arcaico, i cui contenuti emergevano dall'inconscio dei pazienti in forme analoghe ai motivi mitologici presenti in culture diverse e lontane tra loro. L'inconscio di Freud diventa così per Jung, lo strato più superficiale di quanto si è depositato nello psichismo degli eventi infantili rimossi. Le immagini espresse nei deliri psicotici rimandavano non a processi mentali primitivi, ma a esperienza primordiali, che rappresentavano forme collettive di significazione della nascente relazione tra l'essere umano e il mondo. Jung accoglie le manifestazioni dello spirito come semplici proiezioni di immagini dell'inconscio, che poteva dunque tramite esse, essere indagato. I fenomeni spiritici, poiché proiezioni dell'inconscio, costituivano i mezzi più appropriati per conoscere la natura dell'anima. Per Freud, la libido indicava l'energia legata alla pulsione sessuale, e il suo termine aveva il significato di desiderio sessuale. Jung descrive la libido come energia psichica, che ognuno sperimenta in modo soggettivo come una sorta di anelito vitale o di aspirazione. In caso di psicosi, il malato non ritirerebbe pertanto dal mondo esterno soltanto le forze pulsionali sessuali, ma anche quelle de sessualizzate, che normalmente provvedono alla funzione del reale. Identificando la libido con l'energia psichica, Jung concepisce la psiche nel suo complesso come un sistema in costante movimento pervaso da una forza che si esprime in tutti gli eventi psichici. Jung per quanto riguarda la sessualità, suddivide la vita umana in tre stadi: lo stadio pre sessuale: comprende i primi tre anni di vita, e può estendersi fino ai cinque anni. La libido è finalizzata esclusivamente alla nutrizione lo stadio della pre pubertà: corrisponde al periodo di latenza di Freud, ma secondo Jung è in questa fase che nascono e si manifestano i primi interessi sessualità il periodo della maturità, che va dalla pubertà in avanti se nella nevrosi si hanno compensazioni con prodotti fantastici relativi alle imago parentali, nella psicosi, venendo meno la funzione del reale comune a tutti, il surrogato sostitutivo deve necessariamente possedere tratti arcaici ugualmente validi per tutti. Al posto della realtà i malati sostituiscono fantasie proprie di un lontano passato. Jung non accoglie la concezione freudiana del complesso edipico; la rivalità prodotta nei confronti del padre sarebbe una naturale conseguenza dell'attaccamento del bambino nei confronti della madre, la quale non sarebbe però oggetto di desideri incestuosi da parte del bambino. Tipi psicologici l'appartenenza a un tipo di atteggiamento, introverso o estroverso, non indica soltanto l'orientamento che l'energia psichica assume, ma un fenomeno psicologico che avrebbe nella biologia le proprie premesse. Il tipo estroverso, ponendo attenzione ai fattori oggettivi e orientando il suo interesse sul mondo circostante, tende a trascurare gli elementi soggettivi e i segnali che provengono dalla sua realtà interiore; perciò possono presentarsi in lui disturbi della sfera somatica, con valore compensatorio. L'isteria sarebbe la forma di nevrosi tipica dell'estroverso il tipo introverso d'altronde, attribuendo valore a concezioni e tendenza soggettive e svalutando il fattore oggettivo, determina un opposto atteggiamento dell'inconscio, volto al rafforzamento dell'influenza dell'oggetto. La conseguenza è l'isolamento totale da tutti gli oggetti del mondo reale caricati dei caratteri dell'inconscio, cioè infantili, arcaici e magici, tipici dei tratti psicotici A questi tipi generali di atteggiamento, Jung associa quattro funzioni fondamentali della psiche, identificando tipi funzionali espressi dall'insieme dei tratti rilevanti, con riferimento alla funzione maggiormente differenziata. A livello di psiche conscia Jung distingue due tipi di funzioni: una coppia è formata dalle funzioni razionali del pensiero e del sentimento; l'altra comprende le funzioni irrazionali della sensazione e dell'intuizione. In ogni individuo coesistono tutte le funzioni, ma una prevale in opposizione all'altra funzione della coppia. Tipo pensiero con atteggiamento estroverso alimenta la sua riflessione e la sua conoscenza riferendosi ai dati provenienti dal mondo esterno,e quindi raccolti mediante i sensi tipo sentimento con atteggiamento estroverso il pensiero è escluso e in gran parte rimosso, può sussistere in una condizione di completa dipendenza dal sentimento tipo sensoriale con atteggiamento estroverso dominato dalle sensazioni, dalla ricerca del massimo piacere in ogni situazione tipo intuitivo con atteggiamento estroverso individui in possesso di una singolare capacità di comprendere gli altri e le situazioni di vita tipo pensiero con atteggiamento introverso individui privi di capacità pratiche, fanno difficoltà a comunicare all'esterno il proprio pensiero tipo sentimento con atteggiamento introverso persone essenzialmente taciturne, poco appariscenti, normalmente indifferenti verso gli altrima capaci di sentimenti molto profondi tipo sensoriale con atteggiamento introverso caratterizzato dalla calma con cui esercita un razionale dominio su di sé, può esprimere le proprie impressioni soltanto in modo arcaico tipo intuitivo con atteggiamento introverso il classico mistico sognatore, oppure il fantasioso l'apparato psichico è costituito da due dimensioni, diverse per qualità, ma tra loro integrate in una relazione,a un tempo, completare e compensatoria; la coscienza e l'inconscio. Posto tra le due dimensioni c'è l'io. La coscienza è quella parte della psiche organizzata in seguito all'adattamento della realtà esterna; la nozione dell'io è una pura rappresentazione, mentre la coscienza è una parte molto piccola della totalità psichica. Non tutti i contenuti dell'inconscio sono specifici dell'Io individuale, vale a dire acquisizioni avvenute lungo il corso dello sviluppo personale. Jung distingue così l'inconscio personale e l'inconscio collettivo, i cui elementi sono forme di adattamento istintivo e pertanto comuni e impersonali. Si tratta di immagini primordiali, di categorie o forme universali di pensiero ereditate e con un contenuto affettivo. L'inconscio collettivo non esprime idee, ma piuttosto disposizioni capaci di idee. L'inconscio collettivo consiste in imago o rappresentazioni sedimentate di esperienze comuni a tutti gli uomini; sono modi di reagire che l'umanità ha elaborato, fino dalla sua origine, nelle situazioni più tipiche che riguardano: i rapporti tra i sessi o con i genitori; i comportamenti riguardanti la sopravvivenza; le relazioni di fronte al pericolo, alle forze e alle potenze della natura. La struttura cerebrale ereditata è ciò che consente alla psiche di funzionale secondo precisi modi, i quali costituiscono precise dorme di categorie, ossia gli archetipi; queste forme hanno pertanto un'origine organica. L'archetipo è un concetto posto tra lo psichico e ha il potere di modellare, poiché predisposizione innata, il funzionamento e le prestazioni psichiche. Jung distingue tra archetipo in sé, pura “struttura strutturante” e di conseguenza non percepibile,e archetipo attualizzato, che, affiorato nella sfera del conscio, si rende percepibile come immagine, rappresentazione, processo, modo di reagire archetipico. L'archetipo in sé non è rappresentatile, quel che si coglie è il suo aspetto fenomenico influenzato dalla cultura. Gli archetipi costituiscono una sorta di campi di forza magnetici che attraggono contenuti sprofondati nell'inconscio e li trasformano, attribuendo loro nuovi significati e originali forme espressive. Essi dunque sono definiti nella forma ma imprecisati nel contenuto, mentre ogni loro espressione appartiene alla coscienza. Scopo della terapia diventa pertanto: intraprendere un viaggio alla scoperta delle origini, dove la stessa struttura della psiche ha avuto origine, in un tempo in cui l'uomo non era ancora separato dal cosmo; recuperare l'antico materiale della psiche; rileggerlo alla luce delle attuali esperienze; integrarlo infine nella coscienza. Soltanto così potrà avvenire la liberazione dell'individuo dal non senso del suo divenire, inserendolo in un corso di eventi le cui “forme” hanno in sé il proprio significato. La psiche è un sistema di autoregolazione, per la funzione equilibratrice dei contrarsi. L'archetipo stesso avrebbe in sé una struttura bipolare e ogni sua immagine recherebbe in sé la propria antitesi. Ogni contenuti psichico conscio e inconscio acquista energia nella misura in cui la sottrae al suo contenuto antitetico. I sintomi nevrotici e i complessi sarebbero la conseguenza di un ingorgo energetico dovuto al ritiro dell'energia da uno degli elementi della coppia di contrari e alla loro separazione. L'energia presenta un movimento di tipo progressivo, quando è guidata dalla coscienza nella direzione dell'adattamento alle esigenze della realtà. Al contrario il fallimento nel processo di adattamento può produrre fenomeni sia di stagnazione sia di regressione. Se l'inconscio collettivo è la sede delle immagini primordiali universali, sede dei complessi è l'inconscio individuale. Un complesso è l'insieme di rappresentazioni riguardanti eventi a tonalità affettiva comune. I complessi normali per le donne riguardavano la famiglia, la maternità, i bambini; per gli uomini riguardavano soprattutto la carriera e il denaro. I complessi accidentali sono i complessi legati a episodi precisi della vita dell'individuo. I complessi permanenti acquistano particolare importanza nei cas più gravi, quali l'isteria e la schizofrenia; tuttavia possono essere superabili nel primo coso, insuperabili nel secondo. I complessi sono i punti vulnerabili, alla cui origine vi è un conflitto e di cui conservano delle caratteristiche, espresse sotto forma di sensazioni di angoscia e di dissidio inferiore. Un complesso che emerge oltre la soglia della coscienza, penetrandovi e impoverendola di energia, si comporta come un invasore, un corpo estraneo nel campo della coscienza. L'influenza positiva o negativa del complessi non dipende dall'esistenza di complessi sani o malati, ma dall'organizzazione della personalità con riferimento alla sua stabilità. Per Jung causa dei sintomi e dei sogni sono i complessi, i quali giungono a dominare le persone e la loro consueta struttura psichica. Il processo di guarigione, che fa leva sull'io cosciente, tende all'integrazione dalla psiche consapevole di questo frammento di sé, organizzato e dal contenuto autonomo. Il sogno resta una via privilegiata per conoscere i contenuti dell'inconscio, tuttavia per Jung, la conoscenza dell'inconscio è condizione per comprendere in quale modo esso esprima, attraverso il sogno, la sua attività di regolazione o di compensazione. Le immagini oniriche sarebbero forme di compensazione per un comportamento che ormai ignora contenuti inconsci, ma non privi di significati e che ancora svolgono una funzione vitale. L'uomo razionale rischia di non comprendere più il proprio senso, se non recupera l'energia emotiva delle proprie idee. Questa energia è prioritariamente contenuta nel simbolismo del linguaggio dei sogni, i quali costringono ogni individuo a confrontarsi con una dimensione che non più essere impunemente ignorata. Il sogno compensa e avverte il sognatore del disequilibrio che si è creato all'interno della sua struttura psichica. Jung distingue tra simboli naturali, che hanno origine dai contenuti inconsci della psiche e si manifestano sotto forma di immagini archetipiche; e simboli culturali, che compaiono nei miti e nelle religioni per esprimere verità socialmente condivise e capaci di suscitare profonde reazioni emotive l'uomo della civiltà sarebbe incapace di integrare i derivati istintivi nella sua organizzazione psichica perché la sua razionalità lo avrebbe privato degli strumenti per assorbire gli apporti degli istinti. Nell'inconscio sono tuttavia conservate le antiche qualità della mente originaria, qualità cui si ispirano regolarmente i simboli onirici. Riacquistare il ricordo di una psiche originale, sia sul piano ontologico che filogenetico, è la funzione centrale dei sogni. Nel recupero e nell'assimilazione di tali contenuti, mediante l'interpretazione dei simboli, la nostra coscienza estende le sue possibilità di rispondere alle richieste della vita, modificando le propria personalità. Per Jung il mondo non ha un senso e l'uomo non ha in sé un significato esistenziale, ma è capace, esperendo il mondo emozionale le immagini dei simboli, di offrire un senso al mondo e di vivere come se le propria vita avesse valore, in virtù delle energie sprigionate dall'inconscio individuale e dagli archetipi dell'inconscio collettivo l'Io è concepito da Jung alla stregua di un complesso che partecipa sia della sfera conscia che di quella inconscia. L'Io è il luogo di concentramento e di smistamento di tutta la nostra esperienza. Lo sviluppo della personalità si compie quando coscienza e inconscio, personale e collettivo entrano in relazioni. La sua realizzazione resta un ideale che costringe ogni uomo per tutta la sua esistenza a lavorare per realizzasi Attorno all'Io, posto in posizione centrale orbitano, con una mutevole relazione, aspetti della nostra personalità. Queste sub personalità sono: la Persona, l'Ombra, l'Anima/us, l'Archetipo dello spirito e il Sé. Jung definisce la Persona come un segmento convenzionale della psiche collettiva, costituita dall'insieme dei modelli culturali caratterizzanti una società, in un momento storico del suo sviluppo, e dagli archetipi. Ogni individuo tende a sviluppare una specifica funzione di adattamento alla realtà, che diventa dominante; inoltre poiché è soggetta alla volontà cosciente, è identificata come funzione superiore; la funzione posta in opposizione si comporta in modo compensatorio. L'adattamento alla realtà solitamente avviene mediante la funzione principale. Tuttavia l'adattamento potrebbe essere sperimentato mediante una funzione ausiliaria, oppure con il ricorso alla funzione inferiore. In quest'ultimo cosa, la Persona è caratterizzata da tutte le insufficienze di tale funzione. Un adattamento non espresso con la funzione superiore può indurre l'individuo a un'identificazione dell'Io con la Persona, facendolo precipitare sotto il dominio di un delirio grandioso e onnipotente. Affinché la Persona possa svolgere una funzione efficace, è necessario che si instauri un equilibrio tra immagine ideale di sé, l'immagine ideale di uomo o donna che il mondo propone, e i limiti esistenti per l'attuazione di tali ideali. In caos contrario la Persona ostacolerà lo sviluppo della personalità. Se la Persona funziona soltanto riferendosi alle attese della collettività, l'individuo perderà la propria individualità personale, uniformandosi al volere delle masse. Se invece la Persona funziona con riferimento soltanto alla propria immagine ideale, l'individuo apparirà mascherato di eccentricità, oppure si proporrà come ribelle o anticonformista allo sviluppo psicosessuale tracciato da Freud, Jung contrappone lo sviluppo dell'individuo, concepito come una serie di trasformazioni lungo una linea evolutiva che va dal distacco dall'inconscio collettivo alla formazione del Sè. L'individuazione indica pertanto uno sviluppo spontaneo e autonomo capace di rendere l'uomo psicologicamente maturo. Tra le varie “metamorfosi”che l'individuo deve elaborare, vi è la “svolta della vita” che si verifica normalmente tra i 35 e i 38 anni, l'individuo deve lasciare la prima metà della propria vita alle spalle e entrare nella seconda metà, abbandonando definitamente il proprio modo di vivere per appagare bisogni a lungo repressi. Quando l'individuazione è raggiunta l'Io non è più il centro della personalità, ma è come un pianeta che ruota attorno a un sole invisibile, il Sé. Il Sé comprende la psiche cosciente e inconscia. Il processo di individuazione è segnato da alcuni specifici simboli archetipici. Divenire consapevole dell'Ombra costituisce la prima tappa che porta all'individuazione; essa costituisce il lato oscuro della psiche dell'uomo; è l'insieme delle caratteristiche personali di cui l'individuo non vuole essere consapevole, è dunque la contro faccia della Persona. L'Ombra può essere sperimentata come figura interna (ad esempio nel sogno) o come figura esterna (proiettata come difesa all'esterno su un'altra persona). Nella psiche umana è operante sia un'ombra personale, che si riferisce ai tratti del carattere che, attivandosi, ci sorprendono e in cui non ci riconosciamo volentieri, sia l'ombra collettiva, che si rivela nelle controfigure dell'inconscio collettivo, per esempio nelle figure della grande madre o del vecchio saggio. Rendere cosciente l'ombra urta contro tutte le difese dell'Io, che teme di essere soverchiato all'oscurità e di non poter sopravvivere. Un tale riconoscimento permette all'individuo di interrompere la lunga serie di sotterfugi per evitare il disinganno; inoltre gli consente di distanziarsi e di differenziarsi dalla sua Ombra, pur riconoscendola come parte della propria totalità psichica il processo di individuazione procede con l'incontro delle immagini archetipiche dell'anima, più precisamente Anima nell'uomo e Animus nella donna. Queste immagini, riconosciute normalmente nei tratti proiettati, si configurano come proiezioni del sesso opposto. La madre è la primaria personificazione dell'Anima, emanciparsi dalla protezione materna è per l'uomo un momento decisivo per la costituzione della personalità adulta. L'Animus appare personificato da un pluralità di figure. Il rapporto tra Anima e Persona è complesso: la Persona media tra l'Io e il Mondo esterno,e l'imago dell'Anima media tra l'Io e il mondo interno. Nella scoperta della nostra personalità psichica inconscia, rendendola cosciente, è possibile abolire le proiezioni e mettere a disposizione dell'Io l'energia psichica liberata. L'anima, portata alla luce non agisce più nell'inconscio; differenziata e integrata nella coscienza ne arricchisce i contenuti e amplia la personalità. A questo punto del viaggio i nuovi archetipi diventano quelli del vecchio saggio, che personifica il principio spirituale, e della Magna mater che rappresenta l'oggettiva verità della natura. Ora da assimilare alla mente conscia non è più la parte eterosessuale della psiche, ma la dimensione più autentica del nostro essere, vale a dire l'immagine primordiale nella nostra costituzione maschile o femminile. L'individuo che non riesce a differenziarsi da queste rappresentazioni, prendendo coscienza della loro natura, rischia di lasciarsi sedurre dalla loro seducente malia a causa della sensazione di potenza e di dominio di sé che tali figure infondono. L'Io che fa proprio il mana dell'archetipo diventa la personalità-mana, con il rischio che l'individuo diventi tracotante e despota. Liberata dal dominio di una psiche collettiva, la coscienza diventa misura della nostra individualità. Con il venir meno della personalità mana, l'uomo è come conciliato con sé stesso e con la propria verità. L'intero processo di individualizzazione è finalizzato all'unificazione della personalità, in cui avviene l'ultima metamorfosi. Il Sé, poiché nasce come risultato di un traguardo raggiunto, produce un nuovo centro psichico e quindi una trasformazione della personalità, che caratterizza l'uomo nella sua completezza. L'Io individuato perde la propria soggettività, quale centro di ogni attività psichica, e acquista consapevolezza di essere un contenuto e un'espressione de Sé. Il Sé è dunque il vero soggetto inconoscibile e superiore all'Io, in una relazione non antitetica, ma di accordo, di legame. Nel sé dunque i sistemi parziali della psiche sarebbero riuniti in un livello superiore, dove avverrebbe in una riuscita composizione la riappacificazione delle coppie di contrarie l'instaurazione di un nuovo equilibrio tra l'Io e l'inconscio Se per Freud l'idea di Dio era un'illusione di cui liberarsi mediante un'educazione irreligiosa per raggiungere il livello dell'uomo adulto, per Jung, Dio e i simboli che lo riguardano diventano di un'estrema importanza per la salute psichica dell'uomo, la scoperta del “Dio in noi” di Jung, tuttavia, è un processo realizzabile da “pochi eletti”, conducendo a vivere il sentimento di essere “coscienza del mondo”, non in chiave di umiltà, ma secondo l'esperienza di Zarathustra LACAN il pensiero di Lacan poggia sull'antropologia culturale di Levi-Strauss e sulla linguistica strutturale delineata da de Saussure. Lacan rivisita il concetto di inconscio, e lo descrive in termini di struttura, con riferimento al linguaggio; il rimosso sarebbe costituito di significati organizzati in un intreccio di legami metaforici e metonimici, che rifletterebbe il modello linguistico. Questo intreccio di significati, che si manifesta soprattutto attraverso i sintomi e i sogni, separa il sistema inconscio da quello conscio. L'ingresso del bambino nella società è determinato dall'accesso all'ordine simbolico, il luogo dei significati sociali, tuttavia, poiché il complesso edipico è sottostante all'organizzazione sociale, il bambino si modella di conseguenza sia della risoluzione di tale complesso, sia con riferimento alle struttura del linguaggio, queste ultime, infatti, gli consentono di mediare nel pensiero il vissuto interiore (il significato) mediante significati: questi (rimossi) stabiliscono l'inconscio. Attraverso i significati il bambino entra così nel mondo dei simboli, si costituisce come soggetto, ma nello stesso tempo si allontana dal proprio significato, cioè dalla propria verità vissuta in modo immediato. Il soggetto, narrando di sé, resta impigliato nella tela del linguaggio, che si presenta come forma di auto inganno, oscurando la verità. L'Edipo da un lato e il linguaggio dall'altro, aiutano il bambino a passare da un rapporto immediato con la madre a un rapporto mediato, in conseguenza del sua accesso al simbolo che: lo qualifica come simbolo, lo distingue dai genitori, gli assegna un ruolo e un nome. Il padre diventa il garante della separazione della bambino dalla madre, impedendo al primo di unirsi a alla genitrice, e alla seconda di incorporare il figlio. La conquista della soggettività, comporta tuttavia la perdita della propria essenza, e quindi un'alienazione. Al contrario, una relazione immediata, senza la mediazione simbolica, qualifica la condizione della psicosi. Per Lacan l'aspetto concreto del discorso, fatto di suoni e lettere, definisce il significante, il contenuto della trasmissione, sotto forma di esperienza o di vissuto è il significato. Corrispondente del significante è il concetto di langue ovvero il sistema linguistico inteso come fatto sociale e regolato da norme; il concetto di parole (corrispondente al significato) si riferisce all'attività linguistica individuale, che risponde a un intento comunicativo in un particolare contesto; ogni atto comunicativo avviene quindi su questi due piani. Significato e significante appartengono a due diversi ordini tra loro paralleli, ma privi di corrispondenza. Lacan afferma che la verità sfugge il linguaggio, il risultato è l'impossibilità dell'uomo di pervenire all'essenza della realtà. Le figure retoriche più importanti che dimostrano l'indipendenza del linguaggio dal senso sono la metafora e la metonimia; queste figure corrispondono a ciò che Freud ha chiamato rispettivamente spostamento e rimozione. Il lavoro onirico in particolare sembra seguire le leggi della linguistica: nello slittamento del significato dietro il significante si osserva il meccanismo dello spostamento, mentre nella sovrapposizione di significati si coglie il meccanismo della compensazione. In questa logica dell'inconscio , troverebbe credito il metodo della libera associazione. Durante il percorso psicoanalitico, nell'affiorare dell'inconscio nel discorso conscio, ogni strato ce si rivela rinvia, per una corretta lettura, a una strato più profondo, finché non si arriva al testo originale, costituito da immagini acustiche, lettere elementari, sillabe: materiale che Lacan denomina articuli. Non si potrà mai comunque legare il primo testo dell'inconscio alla dimensione dell'immaginario. Il linguaggio infatti evoca una realtà che, se pure assente, è presente nella parola che la sostituisce. Il soggetto da un lato si distacca nei riguardi del vissuto, dall'altro, si individua rispetto al mondo della realtà; il breve, il linguaggio consente di distanziarsi e di padroneggiare i vissuti legati a situazioni reali. Accedendo al linguaggio, simultaneamente si hanno l'istituzione dell'inconscio e la creazione del linguaggio. Si crea una fattura tra il vissuto immaginario del bambino e il segno che lo sostituisce, frattura che aumenta con l'attività del pensiero, per mezzo dei meccanismi di razionalizzazione e rimozione. Tuttavia con il linguaggio il bambino gradualmente perviene alla categoria grammaticale dell'Io, che nell'opposizione del Tu (il non-Io), stabilisce la soggettività. Il linguaggio pertanto rende possibile sia l'auto consapevolezza sia il dialogo con l'altro, attualizzando l'intuizione che il soggetto ha della propria individualità. Tra l'Io e il mondo sociale si interpone il linguaggio, cioè l'ordine del simbolismo, accedendo al quale il bambino prende coscienza di sé e si distacca dal vissuto immaginario. Il linguaggio opera di conseguenza una doppia differenziazione: la prima riguarda l'Io rispetto all'altro; la seconda si riferisce all'individualità psichica che si differenzia dalla sua manifestazione. L'individuo si costituisce così come soggetto distinto dagli altri; inoltre, il soggetto che si esprime nel linguaggio, è diverso dalla pura soggettività ed è inserito nella catena del significante. Vi sarebbe pertanto un processo di alienazione. Vi sarebbe pertanto un processo di alienazione nel discorso, fino alla perdita del vero senso di sé, nel caso non avvenisse una soddisfacente risoluzione dell'Edipo. Lacan spiega le cause delle nevrosi e delle psicosi, come un difetto originario nell'acquisizione del linguaggio. Lacan parla di Spaltung (fente)per designare la spaccatura che si apre nel soggetto a causa dell'acquisizione del linguaggio. Il Sé riferito mediante le parole non è il vero Sé, l'Io che appare nel discorso non è il soggetto. Il simbolo tuttavia, spezzando la diade immaginaria madre-bambino, o la continuità da sé a sé, inserisce il soggetto nello scambio dei significati sociali. Il soggetto si ritrova così nella dimensione sociale, perdendo sé stesso. Non l'individuo è artefice dell'ordine simbolico, ma tale ordine è preesistente all'individuo e lo modella; i simboli non sono prodotti dall'uomo in vista di precisi progetti ma è la cultura a formare l'uomo. Dopo la distruzione della relazione immediata di sé e sé (fente) il soggetto, attraverso il discorso si costituisce nella catena significante del linguaggio, e quindi in forme essenziali del linguaggio, e quindi in forme esistenziali autonome dal Sé, essendo tali forme soltanto riflessi della verità dell'essere. Questa seconda spaccatura è chiama da Lacan con il nome refente. Il soggetto si aliena così in un'immagine che è un'illusione, mentre il suo desiderio, perduto a livello della coscienza, entra nel discorso parlando sotto forma di richiesta, o domanda, che si ripete incessantemente in forme traslate di sé. L'alienazione del soggetto nel discorso (in conseguenza della Spaltung) è ciò che Lacan chiama refente del soggetto. Il dramma consiste nell'impossibilità di pervenire alla propria individualizzazione e autoidentificazione, non potendo coincidere i soggetti dell'enunciato e dell'enunciazione. La conseguenza è che l'Io non è il soggetto, diventando il luogo delle identificazioni immaginarie del soggetto. L'Io rappresenta l'altro, cioè quel che si desidera o si crede di essere, è un compendio di aspirazioni e di idealità. Nel discorso, il soggetto sperimenta la sua “mancanza di essere”, poiché vi è soltanto una rappresentazione sia di sé sia del suo desiderio; quel che il linguaggio non potrà dargli, egli lo cercherà, identificandosi agli altri e assumendo le loro immagini. La distanza che separa l'individuo a sé stesso diventa un indizio della sua condizione di malattia. Il soggetto mediante il proprio discorso e i propria atteggiamenti, propone un'immagine si sé (o di un Io) in varia misura modellata da esperienze di incapacità. Condurre il paziente a riconoscere che il suo Io ( un Io costruito sul modello dell'altro e per un altro) è un prodotto fantastico, è la finalità del trattamento psicoanalitico. Alla nascita il bambino sarebbe immerso in una condizione che Lacan chiama ordine immaginario: il bambino investe emotivamente tutti gli oggetti parziali che rispondono al suo desiderio, vivendoli immediatamente senza distanza in un vissuto immaginario. In conseguenza della distinzione tra l'immagine e la sua significazione, tale vissuto subisce una modificazione, con l'accesso all'ordine simbolico s'inaugura il processo di alienazione che porta a un'estraniazione da sé. Lacan tra i sei e i diciotto mesi, individua una fase chiamata stadio dello specchio, in cui il bambino affronta un'importante trasformazione dell'esperienza di sé. Lo specchio consente al soggetto di oggettivarsi nell'immagine riflessa, che è altro sa sé, e quindi di riconoscersi in qualcosa che è altro e esterno da sé. Non esiste dunque un Io che si specchia, ma esiste un 'immagine esterna da cui dipende la formulazione dell'Io. Riconoscendosi allo specchio, il bambino sperimenterebbe un senso narcisistico del su Sé unificato, compiendo con l'immagine riflessa un'identificazione immaginaria. Con lo stadio dello specchio, il bambino acquista un senso del suo corpo unificato, quindi una prima traccia dell'Io mediante l'immaginario. Tuttavia lo specchio deforma la realtà del bambino, nascondendogli quanto egli sia ancora mancante di una totalità unitaria; lo specchio distorce, attraverso l'immagine di sé ubbidiente e gratificante, la realtà che il bambino sperimenta del suo corpo ancora frazionato. Ha inizio in questo modo il misconoscimento della realtà del Sé e in questa linea di finzione, la costruzione del soggetto. L'Io infatti, prima ancora di essere determinato socialmente, appare nell'immagine dello specchio; è situato cioè all'interno dell'immaginario e della relazione duale: si tratta di un'immagine esterna all'individuo, rovesciata, oggettivata e deformante la realtà. Con la mediazione immaginaria si ha una rottura nel puro mondo interiore mentre si stabilisce una relazione tra questo mondo e quello circostante: l'immagine prima e il simbolo dopo, costituirebbe l'elemento di mediazione della relazione tra l'organismo e se stesso, o tra l'individuo e l'immagine che lo aliena. Lo stadio dello specchio inaugura così il processo di alienazione dell'Io prima ancora che il simbolismo, attraverso il complesso edipico, presieda alla formazione della soggettività. Con l'affermazione dell'autonomia dell'ordine simbolico e del suo ruolo nella formazione del soggetto, l'immagine cede gran parte della sua importanza al significante. Segue che l'Io immaginario è sottoposto a un ordine simbolico antecedente il soggetto e lo modella secondo proprie leggi. All'alienazione dell'Io in un altro, cioè nell'immagine dello specchio, si aggiunge l'alienazione conseguente all'instaurarsi dell'ordine simbolico, ordine che è precedente alla stessa alienazione immaginaria. Nell'alienazione immaginari, l'altro è simile, l'altro Io, l'immagine speculare; nell'alienazione simbolica, l'altro è totalmente Altro, in una nuova e diversa concezione di alterità che fa riferimento all'autonomia del simbolo. Lacan assegna alla parola una funzione capace di generare una soddisfazione maggiore rispetto a quella narcisistica, propria della dimensione immaginaria. Al desiderio di incarnare l'immagine ideale e di essere la somma degli ideali, con il primato simbolico della parola, subentra il desiderio di riconoscimento. La parola è perché c'è una risposta; anzi essa è determinata dalla risposta. Lo stesso ragionamento si estende al desiderio, che dipende dal desiderio dell'altro. Il desiderio del soggetto implica, infatti, la presenza di un Altro, poiché è desiderio di far riconoscere all'altro il proprio desiderio. In questa prospettiva l'altro è concepito come un principio di mediazione, e la cura analitica, come un progressivo processo di dis-alienazione: processo che non sarà mai completo. Il soggetto sottratto all'Io è, infine, riportato nel dominio dell'ordine simbolico. Ordine simbolico, legge e linguaggio formano per Lacan un solo ordine concettuale, ora il linguaggio non è una semplice facoltà psichica dell'uomo, ma l'uomo è con la nascita, inserito nella trama dei significati che compongono il linguaggio. Lacan propone così in termini linguistici il concetto di rimozione: il significante è un segno arbitrario e non ha relazione naturale con il significato. Si creano così due piani: del significante, la cui significazione dipende da altri significanti, e quello della realtà naturale della cose. Con riferimento alla diade madre-bambino, è il padre che s'insinua in tale unione immaginaria, inaugurando il fenomeno edipico. Il complesso edipici non si esaurisce secondo Lacan, nel semplice divieto sessuale, ma comporta una dimensione sociale di cui il padre è rappresentante. Il padre, interponendosi tra madre e bambino, sottrae quest'ultimo alla madre, e lo inserisce in un mondo culturale fondato su relazioni simboliche. È questa rivoluzione che lo psicotico non avrebbe sperimentato, continuando a confondersi e a identificarsi con le immagini degli altri. Il nevrotico, dopo l'accesso al simbolico, avrebbe perduto, in seguito a rimozione, le connessioni simboliche. Lo sviluppo dell'Edipo comprende tre diversi momenti: il primo coincide con la relazione duale madre-bambino. Il bambino nel venir meno dell'unione originaria in seguito alla consapevolezza della sua separazione dalla madre, prova un distacco o meglio, un'alterazione della primordiale relazione. Questa distanza sarebbe fonte del desiderio, che è la bramosia di eliminare ogni vuoto tra loro, di ripristinare l'unità, di essere tutto per la madre e di costituire nuovamente un'unità con lei. Il bambino desidera essere quel che completa la madre, vale a dire il fallo (che non corrisponde però all'organo genitale maschile). Il bambino è così il desiderio della madre. Si tratta tuttavia di una brama irrealizzabile che si rinnova e si perpetua verso il “desiderio di qualcos'altro”. In questa fase il bambino non è un soggetto, ma, in quanto identificato a ciò che manca alla madre, è una mancanza ed è privo di soggettività. Il desiderio del bambino è ostacolato dall'incursione del padre, che, attraverso il complesso edipico, rende possibile l'accesso al simbolico. In questo secondo tempo dell'Edipo, il padre, poiché possessore del fallo e oggetto del desiderio della madre, priva il bambino dall'oggetto del suo desiderio, e priva la madre dell'oggetto fallico. Il padre dunque con il suo intervento impone la legge e interdice l'unione incestuosa del figlio con la madre e ne regola i rapporti. La castrazione è di conseguenza nell'impossibilità del bambino di essere il fallo della madre. La castrazione riguarda entrambi i sessi, giacché il fallo non riguarda la presenza dell'organo genitale. L'incontro con la legge del padre determina il terzo momento dell'Edipo, segnato dall'identificazione con il padre. La parola del padre acquista rilievo non in conseguenza della relazione che il figlio stabilisce con la sua persona, il bambino riconosce il padre quale rappresentante della legge se tale egli è per la madre. Il padre si rende pertanto presente non nella sua funzione genitoriale, ma un una funzione paterna con valore prettamente simbolico, in virtù della sua parola, che diventa legge se è riconosciuta dalla madre. Non ha pertanto speranza il bambino di sottrarsi alla soggezione della madre , se lei misconosce il valore del ruolo del padre. In questo caso il bambino resta identificato al fallo. Al contrario, se il padre è riconosciuto dalla madre, il bambino potrà accedere al Nome del Padre o metafora paterna e identificarsi al padre, cioè a chi possiede il fallo: il bambino, non più fallo, diventa chi ha, oppure non ha il fallo. La castrazione è simbolica, nel senso che il bambino non è più il fallo, e realizza il sacrificio. Con l'interdetto dell'incesto ha termine il mondo della natura e della promiscuità, in cui non esistono divieti per le unioni sessuali, e ha inizio il mondo della cultura e l'istituzione simbolica della famiglia per Lacan il padre è una metafora, vale a dire che è un significante che sostituisce un altro significante, o meglio, sostituisce il significante materno, legato al significato x. All'inizio esiste soltanto il rapporto con la madre, o il “desiderio della madre”, ed è esattamente tale sostituzione che è chiamata da Lacan metafora paterna. In virtù di tale sostituzione, ossia effetto del Nome del Padre, la significazione sconosciuta x riceve la significazione fallica, e ciò determina nel bambino un cambiamento: nella relazione con la madre, o con riferimento al desiderio della madre, egli è sostanzialmente una x cioè indefinito nella propria funzione, in un vuoto di significato; nel dominio del Nome del Padre, il bambino è inserito nel segno del fallo, cioè nella significazione fallica. Qualora la metafora fallica paterna non funzioni, non si produce la castrazione simbolica e neppure può essere regolato il godimento fallico. In questo caso il bambino rimane identificato al fallo. Tale situazione produce il fenomeno della forclusione, questa preclusione del Nome del Padre sarebbe responsabile degli stati di psicosi. La conseguenza è l'impossibilità è l'impossibilità di passare dall'ordine immaginario a quello simbolico, come anche l'impossibilità di accedere al corretto uso del linguaggio. Se prima il bambino era il desiderio (dimensione dell'essere) ora, in virtù della metafora paterna, cioè identificandosi col padre, ha un desiderio (dimensione dell'avere). Avere un desiderio comporta la possibilità di esprimerlo mediante una domanda; inoltre, il vero oggetto del desiderio respinto nell'inconscio spinge il soggetto a ricercare sempre nuovi oggetti come sostituti, senza che nessuno possa mai raggiungere l'oggetto del desiderio perduto, o riprodurre l'antica soddisfazione. Si eterna in questo modo il desiderio del soggetto, che spostandosi di significante in significante, si vincola alla ricerca di qualcosa che si allontana sempre più dall'oggetto del vero desiderio. La Spaltung del soggetto si situerebbe pertanto, in questo passaggio dall'essere all'avere. Grazie all'Edipo, il bambino si umanizzerebbe, inserendosi nelle strutture sociali: vivere il complesso di Edipo sarebbe condizione necessaria per socializzarsi. Secondo questa prospettiva l'Edipo non sarebbe un fatto soggettivo, ma un fenomeno essenzialmente culturale. Linguaggio e istituzioni sociali trasmetterebbero l'architettura edipica. Il bambino può aspirare a diventare un soggetto e un membro della società a condizione che riceva un nome con il quale potersi identificare, e, allo stesso tempo, poter essere riconosciuto nell'ambito delle organizzazione familiare. Quel che è naturale si esprime attraverso i “significati” elaborati dalla civiltà, e ciò comporta il passaggio da un ordine naturale a un ordine culturale. Il bambino, mediante l'identificazione con il rivale e l'introiezione della sua imago, può regolare gli impulsi libidici e fare proprie le norme sociali. In questo modo, inoltre, egli accetta il proprio sesso e la differenza tra i sessi. Il desiderio dell'Altro, dunque, individuato come oggetto, consente la possibilità di un atto e di un godimento simbolico realizzati nel riconoscimento da parte dell'Altro. Nel riconoscimento, che può essere soltanto simbolico , desiderio assume un carattere e un'organizzazione simbolica: vi è una domanda di riconoscimento e vi è il desiderio dell'altro. La soddisfazione simbolica è di là di quella relativa all'immaginario, inoltre, ha un carattere che non è più naturale ma culturale. Lacan opera una distinzione tra parola piena e parola vuota. Quest'ultima è vincolata alla dimensione dell'immaginario, e perciò resta separata dal proprio desiderio inconscio; è la parola della formazione originaria dell'Io, nella sua dimensione alienante rispetto all'Io del soggetto. Con riferimento alla parola vuota, il soggetto sembra parlare invano di qualcuno, che pur essendo a lui simile fino a trarre in inganno, mai si unirà all'assunzione del suo desiderio. La parola piena, invece, consente al soggetto una realizzazione simbolica. Essa pertanto travalica l'immaginario ed esprime il desiderio inconscio dell'individuo, manifestandone la verità. La realizzazione che si cerca in psicoanalisi attraverso la parola comporta, pertanto, una simbolizzazione delle identificazioni immaginarie, mediante una trascrizione della sua storia, finché il soggetto non riconosca che l'essere che parla “non è mai stato altro che la sua opera nell'immaginario e quest'opera delude in lui ogni certezza” in Lacan, la pulsione, cioè l'aspetto che qualifica eroticamente il bisogno, in quanto regolata dalle zone erogene, diventa un significante, cioè una forma della domanda; la domanda è una traduzione del bisogno in un significante. La pulsione da un lato, evoca il bisogno, vale a dire la mancanza, dall'altro diventa espressione di un primordiale vissuto di mancanza, quella che si è generata nel momento in cui il bambino si è separato dal corpo della madre. Il desiderio del bambino, poiché espressone di un vissuto di mancanza iscritto nel suo corpo fin dalla nascita, si aliena in un significante che per Lacan non è sostitutivo della madre, ma del Fallo. Il desiderio inconscio si aliena così in una molteplicità di desideri che sono sostituiti della pulsione inalveata dalle zone erogene. Il divieto del padre che impedisce l'unione con la madre consente al bambino di accedere all'ordine del simbolico e di canalizzare i significati sostitutivi desideri pulsionali. Il bisogno espresso in linguaggio è alienato nel significante, mentre il fallo si perde nell'inconscio. Il desiderio non potrà mai essere soddisfatto, poiché la sua realizzazione annullerebbe la mancanza stessa. In questa rielaborazione del desiderio, l'Altro, dal quale dipende il riconoscimento, è ridimensionato, mentre, nel desiderio come metonimia, si accentua la dipendenza del desiderio dalla mancanza del soggetto, cioè dalla mancanza dell'essere. Con il passaggio all'ordine simbolico, infatti, il desiderio di essere il fallo della madre è sostituito da un simbolo e diventa desiderio di possedere; in questo modo il desiderio inconscio si aliena nella catena dei significanti, cioè quel che Lacan chiama a la domanda. Il desiderio originario è dunque deviato nella domanda; d'altronde, poiché nessun oggetto potrà mai sostituire l'oggetto originale, il vero oggetto del desiderio è sempre al di là di ogni oggetto posseduto, facendo riferimento all'oggetto del desiderio dell'Altro. Lacan considera la nevrosi come una perdita del valore simbolico dei significanti, e una conseguente ricaduta nell'immaginario. La significazione del sintomo rimossa, tuttavia, può essere recuperata e reintegrata nel discorso. La reintegrazione è possibile perché il nevrotico è in grado di recuperare quello che è stato rimosso, agganciandolo a un significante. Una nevrosi, affinché insorga, è necessario che una falla si sia prodotta nella relazione madre-bambino. L a psicosi invece è la conseguenza di un passaggio incompleto o imperfetto all'ordine simbolico. Lacan per spiegare la psicosi impiega al posto del termine rimozione quello di forclusione, questa a differenza della rimozione, non conserva i contenuti ai quali è impedito il ritorno alla coscienza, al contrario, cancella quel che rifiuta. Quel che è oggetto di forclusione non potrà mai apparire nella coscienza, poiché, a differenza del nevrotico, lo psicotico non distingue tra significante e significato, non essendo pervenuto all'uso simbolico dei segni linguistici. La soggettività delirante, non più identificata simbolicamente, tende ad alienarsi e a confondersi con l'altro: o meglio, L'io del discorso del delirante non coincide con l'Io della sua soggettività, ma è altro rispetto a sé; tra il soggetto e l'Io del soggetto si sono perduti i collegamenti. Il folle, alienandosi nell'altro e misconoscendo la propria identificazione con l'altro, esprima la libertà di imporre alla realtà esterna e alle convenzioni del mondo simbolico la propria immagine, di cui è entusiasta. Il paziente d'inventa nel discorso, nell'Io che parla, a livello dell'immaginazione; si tratta di un Io creduto proprio e autentico, pur essendo completamente diverso e separato dall'Io dell'inconscio, che costituisce l'Altro del soggetto. La verità affiora a tratti nei fenomeni dell'inconscio e improvvisamente scompagina con atti mancati, lapsus, con dimenticanze, la sequela della libera associazione. Da queste impreviste fenditura, alle quali il terapeuta deve prestare attenzione più che al contenuto del discorso, emergono messaggi di una verità sconosciuta e motivazioni inconsce. Se l'inconscio è organizzato come un linguaggio, l'analisi avviene mediante la comunicazione, e il lavoro analitico diventa analisi del linguaggio. La funzione centrale dell'analista è l'ascolto, per rendersi attento nel fluire del discorso agli improvvisi mulinelli, ingorghi e cedimenti degli argini che possono formarsi: qui, il paziente non controlla più il proprio discorso ma da questo è turbato, dominato, oppure travolto. Lacan considera, inoltre, le formazioni dell'inconscio non semplicemente come qualcosa da interpretare e di cui svelare il senso nascosto, ma valuta tali formazioni come se fossero esse stesse interpretazioni del desiderio inconscio del paziente. Se l'inconscio è il primo interprete del proprio desiderio, l'analista, in quanto interprete a sua volta, si pone idealmente nel luogo dell'inconscio, adottando lo stesso funzionamento, vale a dire un linguaggio simbolico, e decifrando i significati in senso contrario all'interpretazione dell'inconscio. Gradualmente il soggetto è condotto fino all'oggetto che è a fondamento del desiderio e ai significati primitivi, che sorreggono il suo costrutto nevrotico L'Edipo introdurrebbe un terzo termine nella relazione madre-bambino rappresentato dalla Società, l'analista lacaniano assume così il posto dell'altro, cioè il terzo termine. L'analista rappresenta anche l'ordine simbolico, che governa la Società, con la sua Cultura e il suo Linguaggio. Il terzo ruolo, in virtù del transfert, è quello di rappresentante di tutti gli interlocutori importanti del soggetto, in particolare dei genitori. L'ultimo ruolo è quello del morto, che vuole significare l'estrema neutralità dell'analista, che si traduce nel trattamento come assenza di risposta nazionalizzando. Quello che occorre provocare è la regressione del soggetto in modo che, retrocedendo di significante in significante, si possa pervenire al significante primordiale del desiderio. Il soggetto ripercorre a ritroso, sospinto dalla frustrazione di ogni risposta alle sue domande, tutte le fasi della formazione del suo Io, attraverso i cui significanti si trasmette il desiderio metonimico. In questo modo il soggetto si spossesserebbe di tutte le immagini narcisistiche in cui fu avvolto il suo Io, alienandosi e costituendosi. Il processo regressivo ha termine con la rivelazione dell'oggetto della mancanza a essere (il Fallo), momento in cui il soggetto si soggettivizza, riconoscendo che il suo Io è stato una semplice immagine nel mondo dell'immaginario. LICHTEMBERG Lichtember costruisce un modello formato da una molteplicità di sistemi motivazionali, distinti ma tra loro collegati. Ciascun sistema può diventare, di volta in volta, dominante rispetto agli altri, seppure tutti i sistemi continuino a esercitare un'influenza variamente importante. Sono dunque le esperienze di bisogni, gli stati affettivi e i diversi programmi funzionali a costituire i sistemi di motivazione. Lichtember identifica cinque sistemi, comprendenti ognuno aspetti motivazionali distinti e osservabili fin dal periodo neonatale. I sistemi motivazionali sono: il bisogno di regolazione psichica e delle esigenze fisiologiche il bisogno di attaccamento e in seguito di affiliazione il bisogno di esplorare e di essere assertivi il bisogno di reagire in modo avversi attraverso l'antagonismo o il ritiro il bisogno di piacere sensuale e di eccitazione sessuale Il sistema motivazionale basato sulla regolazione psichica e delle esigenze fisiologiche Un adattamento ottimale tra madre e bambino consentirebbe a quest'ultimo di sperimentare con una “sfumatura affettiva positiva”, la prima esperienza dell'oggetto-Sé. La madre identificando il bisogno del bambino e rispondendo a esso, promuove il processo di organizzazione del Sè nel bambino. Dalla combinazione della percezione interna dei propri stati e della conferma che arriva dalla madre, deriverebbe dunque la realtà di uno stato del sé Sistema motivazionale di attaccamento-affiliazione Centrale in questo sistema motivazionale è l'esperienza che caratterizza l'evoluzione dell'attaccamento, che è focalizzata sul senso del Sé del bambino e della figura di accudimento. Il Sé emergente del bambino sperimenterebbe un momento in cui sia prevalente il bisogno di attaccamento rispetto a altri bisogni. Le esperienze soggettive che fanno riferimento al sistema dell'attaccamento sono osservabili nelle attività di sintonizzazione, nelle attività di allontanamento-riunione, nel fenomeno del riferimento sociale e nel gioco con gli oggetti transazionali. Il sistema motivazionale di affiliazione è strettamente connesso con il sistema di attaccamento, dal quale deriva. Il soggetto inizia a un certo momento ad affiliarsi a gruppi con i quali poter fare un'esperienza di condivisione di un'idea o di un progetto. Questo sistema motivazionali, promuovendo un senso di appartenenza al gruppo, fornirebbe dunque un diverso sostegno al bambino e una risposta alternativa per la regolazione dell'affetto Sistema motivazionale esplorativo-assertivo Fa riferimento al piacere che il bambino prova nello sperimentare di essere l'autore di un cambiamento nell'ambiente, è un piacere legato al senso della propria abilità, l'attività esplorativa del bambino non sarebbe dettata dalla ricerca di stimoli, ma piuttosto dal bisogno di sperimentare il senso affettivo di vitalità che caratterizza tale attività. Dalla capacità di determinare una corrispondenza tra uno stato passato (o desiderato), e quello attuale, il bambino trarrebbe il suo tempo di competenza. Il gioco è stato considerato come un'attività che presenta gli stessi elementi che contraddistinguono questo sistema motivazionale. Il sistema motivazionale avversivo Secondo Lichtemberg sarebbero le specifiche esperienza di dispiacere, non una pulsione, a imprimere un movimento verso una scarica, cioè ad attivare un comportamento ostile. Le risposte avversivo di antagonismo del neonato, attivate da una situazione di disagio si manifestano soprattutto attraverso il pianto, la rabbia e il disgusto. Le risposte avversive di ritiro invece, sono espresse dalla paura e dalla vergogna. I comportamenti di un'esperienza avversiva servono come segnali per la figura di accudimento, affinché ponga rimedio alla situazione di disagio. Gli effetti prodotti non diventano obiettivi di nuove esperienze , nondimeno tali effetti sono ugualmente importanti per garantire il sollievo in caso di sofferenza. Le risposte avversive sono utili per segnalare uno stato di disagio, inoltre in caso di pericolo per il bambino, devono essere sostenute mediante l'imposizione di precisi limiti; una terza funzione del sistema avversivo del bambino riguarda la capacità sia di impegnarsi in una situazione di disaccordo sia di fronteggiarla. Il sistema motivazionale sensuale-sessuale Il piacere sensuale è riferito a tutte le sensazioni piacevoli provocate sia dai vari di pi di manipolazione del bambino da parte della madre per accudire o esprimere affetto, sia dal bambino stesso nei suoi tentativi di consolarsi in seguito a una frustrazione. Il piacere sensuale può portare a una diminuzione della tensione, ma può anche intensificare particolari sensazioni fino a uno stato di eccitazione di tipo sessuale. Il piacere sensuale è una forza motivazionale presente nell'intero arco della vita a differenza dell'eccitazione sessuale che sarebbe “periodica e episodica”. La stimolazione zonale non avrebbe un ruolo primario, poiché, senza l'amplificazione dell'affetto di piacere, l'eccitazione periferica non potrebbe svolgere alcuna parte nell'organizzazione dell'esperienza. Il sistema motivazionale sensuale-sessuale può pertanto essere avviato sia da un ricordo sia da uno stimolo esterno,a causa della sensibilità del programma innato collegato a parti del corpo non soltanto particolarmente eccitabili ma anche soggette a continue stimolazioni negli scambi di accudimento. Lichtemberg trova un punto di riconciliazione tra la teoria pulsionale e la psicologia del Sé con la distinzione tra sensualità e sessualità, collegando l'azione della persona che ha cura del bambino a un programma innato di piacere sessuale; nell'interazione tra madre e bambino si organizzerebbe pertanto lo stadio primitivo del sistema motivazionale sensuale-sessuale. Il sesso del neonato provoca nei genitori precise elaborazioni fantasmatiche che collocano il bambino in un universo maschile o femminile, i genitori dunque rafforzerebbero i comportamenti considerati adeguati al ruolo sessuale del figlio. In caso di incompatibilità tra il genere del bambino e le aspettative dei genitori, il ruolo di genere può essere influenzato in modo significativo e, in particolari situazioni avverse, possa essere compromessa anche l'identità di genere. Lo scambio intersoggettivo diventa così centrale per quanto riguarda sia la scelta dell'altro sia il modo per sperimentare l'eccitazione sessuale. Il modello elaborato da Lichtemberg ruota essenzialmente intorno a due concetti fondamentali: il Sé inteso quale organizzatore dell'esperienza e della motivazione, e i bisogni sui quali si reggono i sistemi motivazionali. Se tali bisogni, corrispondenti ai cinque sistemi motivazionali, sono soddisfatti, l'individuo fa esperienza di un senso di coesione de Sé stabile; al contrario, in caso d'insoddisfazione, sperimenta una mancanza di coesione che può esprimersi in vari modi, fino all'angoscia intollerabile . La soddisfazione dei bisogni resta essenziale per mantenere un Sé coeso. Nella valutazione del rapporto dinamico tra i sistemi si riflette una funzionalità ottimale, oppure patologica della relazione. L'indisponibilità emotiva della figura di accudimento porterebbe a una mancata soddisfazione delle motivazioni dei vari sistemi, facendo insorgere disturbi riferiti al senso di intimità, o riducendo il senso di competenza e il piacere legato alla sensualità. Poiché i sistemi sono in rapporto dinamico, qualunque insoddisfazione in un sistema si diffonderebbe alle esperienze riguardanti altri sistemi e amplificherebbe i sistemi disorganizzati. Lichetemberg parla di una recupero di prototipi riferiti sopratutto alle esperienze emotivamente negative. Tali prototipi sono, nella prospettiva dei sistemi motivazionali, organizzazione di modelli esperienziali e formano delle “scene modello”. Si tratta di costrutti che si riferiscono: alle concezioni che l'analista e pazientemente si formano dell'analizzando; alla concezione che gli analisti hanno sull'infanzia e sulle esperienze ritenute importanti; alle concezione, o fantasia inconscia, dell'analizzando che riassume le sue esperienze. La scene modello codificano esperienze collocate soprattutto nell'infanzia mediante una rappresentazione concettuale; non sempre si tratta di esperienze realmente vissute, poiché subiscono l'influenza di esperienze sia precedenti sia successive. Nella costruzione interattiva del “modello”, l'analista e il paziente attingono rispettivamente alla propria sfera privata. L'analista recupera le informazioni dalle sue conoscenze teoriche; l'analizzando porta le sue elaborazioni e le sue convinzioni. Il lavoro che si compie con le scene modello è finalizzato a scoprire attraverso quali organizzatori intrapsichici sia possibile entrare nei processi delle fantasie inconsce del paziente. La posizione non giudicante, che l'analista deve assumere verso l'analizzando, esclude dal trattamento di valori e morale. Lichtemberg considera i valori e la morale, non come sistemi separati, ma come componenti integrali dei momenti di ciascun sistema motivazionale. A comunicare i valori sono soprattutto le madri: ogni comportamento del bambino espresso secondo le attese della madre diventa buono. Esistono oggetti buoni e oggetti cattivi, puliti e sporchi, profumati o maleodoranti. Ogni bisogno e ogni azione di ciascun sistema motivazionale possono dunque essere approvati o disapprovati, comunicando valori e giudizi morali. MITCHELL Per Mitchell, fondamentale, in tutta la storia del movimento psicoanalitico e nei vari indirizzi di pensiero, è il tentativo di spiegare il significato delle relazioni oggettuali: non vi sarebbero due movimenti, ma diverso è piuttosto il modo in cui si è cercato di risolvere il tema della relazioni del bambino. Il suo tentativo è pertanto quello di individuare gli elementi teorici comuni e le diverse aree di sovrapposizione dei vari orientamenti psicoanalitici contemporanei con riferimento al modello relazionale e di tentare una riformulazione della psicoanalisi in un costrutto organico e globale. La riflessione di Mitchell nasce dal presupposto che i due modelli, il modello strutturale delle pulsioni e il modello delle relazioni sono irriducibili l'uno all'altro. Nel tentativo di elaborare un accordo tra queste due visioni, l'intera storia delle idee psicoanalitiche è ricondotta a due strategie fondamentali: la strategia dell'accomodamento (Hartmann, Mahler, Jacobson) e la strategia dell'alternativa radicale (Sullivan Fairbairn). Con la prima strategia si sarebbe tentato di comprendere le prime relazioni oggettuali all'interno del modello delle pulsioni, senza disconoscere a quest'ultime il ruolo di motivazione fondamentale del comportamento; con la seconda strategia si sarebbe eletta la relazione interpersonale a unità psicologica primaria, da cui deriverebbe ogni motivazione. A queste due strategie Mitchell aggiunge quella adottata dal modello misto (Kuont, Sandler) che si limiterebbe a sommare considerazioni teoriche di tipo relazionale ala base del modello classico. Secondo la prospettiva delle teorie relazionali, l'interazione tra le persone, in particolare le relazioni primarie, costituiscono l'elemento centrale della vita mentale; tuttavia tale orientamento non disconosce la partecipazione dei processi fisiologici o dei tratti temperamentali, e persino della sensibilità di ciascun individuo nella strutturazione dell'esperienza. Sarebbe dunque il modo di intendere l'interazione tra biologia e cultura, o tra corpo e ambiente, a segnare la differenza. Mitchell propone, in vista di una composizione delle divergenze tra la concezione del conflitto intrapsichico e quella del deficit ambientale il modello del conflitto relazionale. L'argomento di Mitchell, contro l'enorme peso attribuito alle prime fasi evolutive, mette in luce che in caso di deprivazione genitoriale, tale privazione non sarebbe limitata a una fase dello sviluppo. Una madre incapace di cure materne si conserva tale lungo tutto il percorso evolutivo del bambino. La psicopatologia che si presenta nell'età adulta, tuttavia, rifletterebbe non fissazioni a una specifica fase dello sviluppo a causa di bisogni evolutivi insoddisfatti, ma “adattamenti e strategie atti ad affrontare un ambito interpersonale disturbato che ha appreso nel corso di molti anni”. Non la precocità dei problemi provocherebbe la gravità della psicopatologia, bensì la rigidità delle strategie e delle forme di adattamento elaborate: deriverebbe dal fallimento prolungato della madre a rispondere progressivamente ai bisogni del figlio nelle due diverse età. Salute mentale e psicopatologia sono in relazione con la flessibilità o con la rigidità delle risposte che l'individuo elabora in circostanze relazionali nuove. La riproposizione di schemi invariabili genera situazioni conflittuali tra configurazioni relazionali, ossia tra le passioni conflittuali inevitabili all'interno di ogni relaizone. Finalità del trattamento terapeutico nel modello relazionale di Mitchell diventa liberare il paziente dalla matrice relazionale nella quale è incastrato. Mitchell tenta una diversa lettura dei fenomeni narcisistici, individuandone la funzione principale nel perpetuare modelli stereotipati d'integrazione delle relazioni interpersonali e dei legami fantasticati con oggetti significativi. Egli sposta il problema del narcisismo dal contenuto mentale alla struttura del carattere. Soltanto qualora le illusioni che il narcisista si crea su sé stesso e sugli altri, siano prese troppo seriamente, attribuendo loro un'importanza eccessiva e vitale, il narcisismo si trasforma in patologia. Il senso di un sano equilibrio tra illusione e realtà deriva dalla relazioni che il bambino stabilisce con le figure genitoriali. Un equilibrio narcisistico sano richiede un genitore in grado di entrare in relazione con il bambino sia nei momenti in cui questi sperimenta l'illusione della grandiosità, sia in quelli in cui prevalgono le delusioni e le limitazioni dovute alla realtà. Nella prospettiva relazionale, aggressività e sessualità perdono il loro valore id istinti e agiscono sulla mente, divenendo funzioni biologiche che, all'interno di una realtà interazionale, acquistano il proprio significato. Mitchell identifica quattro modi fondamentali in base ai quali si realizza la relazionalità. Tali dimensioni interazionali evolvono progressivamente sia per il loro grado di complessità sia per il livello di organizzazione. 1. Comportamento non riflessivo questa dimensione interpersonale fa riferimento a ciò che le persone fanno l'una all'altra. Relazioni intercorrenti favoriscono la creazione di modelli comportamentali in cui si esercita una reciproca influenza tra le persone 2. Permeabilità affettiva questa modalità di riferisce alla condivisione degli stati affettivi, soprattutto di quelli intensi, che riescono a suscitare stati emotivi simili anche negli altri 3. Configurazioni Sé-altro come le esperienze affettive sono organizzate in modo che l'uno sente con riferimento a quel che l'altro sente, così le esperienza interpersonali sono organizzate in rappresentazioni mentali in cui il Sé è in relazione con gli altri 4. Inter soggettività l'esperienza relazionale secondo questa modalità è caratterizzata dal sentire gli altri come soggetti distinti. Il Sé e l'altro sono rappresentati come agenti capaci di intenzionalità auto-riflessiva, in relazione con gli altri individui per un costante bisogno di riconoscersi reciprocamente ogni teoria relazionale ha esplorato parzialmente questi livelli, mentre soltanto in una visione globale come quella della psicoanalisi relazionale, sarebbe possibile riconoscere a quale livello il paziente di trova al fine di aiutarlo a procedere verso nuovo modi relazionali, fino al livello del reciproco riconoscimento. Le teorie del modello relazionale accordano ai contesti interattivi uno statuto motivazionale primario, di fatto eliminano la pulsione intesa come fondamento dell'esperienza umana, e leggono di conseguenza la sessualità come un'espressione della matrice relazionale. Vi sarebbero quattro fattori decisivi che spiegherebbero i motivi per cui l'esperienza sessuale diventa la dimensione dei conflitti e delle psicopatologie: il primo fattore è costituito dalle prime esperienze del bambino, in particolare delle sensazioni e degli eventi legati al funzionamento del corpo il secondo fattore deriva dalla natura della sessualità che comporta una compenetrazione di corpi e di bisogni, e ciò consente alle sue varianti di esprimere nelle relazioni con gli altri desideri, contrapposizioni, negoziazioni il terzo fattore si riferisce agli impulsi coinvolti nel fenomeno dell'eccitazione sessuale, questa infatti non è stimolata da una pressione di origine interna, ma è sollecitata da stimoli esterni il quarto fattore cruciale è rappresentato dal senso di segretezza che la sessualità assumendo Mitchell evidenzia la presenza di una duplice concezione del Sé, che nella letteratura psicoanalitica si è progressivamente affermata fino a suggerire due visioni contrapposte. Il Sé concepito spazialmente comporta l'idea di una mente che contenga il Sé come qualcosa di stratificato, di unico e di continuo; si tratta di un senso del Sé indipendente dai cambiamenti spazio-temporali, e quindi continuo nel susseguirsi degli stati soggettivi. In questa concezione del Sé unico e continuo, la mancanza del senso di continuità, tra le diverse forme organizzate del Sé, favorirebbe stati patologici: Mitchell definisce illusoria la sensazione di continuità nell'esperienza del Sé. La concezione del Sé come multiplo e discontinuo si ricollega alla metafora temporale. I quest'ottica il Sé non è un nucleo biologicamente iscritto nell'individuo, ma consiste in quel che l'individuo fa e vive nell'arco della sua vita. Il Sé no è dunque una sorta di identità interiore, un intimo bene prezioso, ma si genera in contesti relazionali, nelle interazioni tra individui e gli altri. L'esperienza del Sé è dunque necessariamente discontinua ed è costituita da varie configurazioni. Il risultato è un'organizzazione di Sé plurima e molteplice, modellata intorno a diverse immagini o rappresentazioni del Sé e dell'oggetto, derivanti dai diversi contesti relazionali. Secondo Mitchell i due modelli del Sé (unico e continuo, multiplo e discontinuo) sono soltanto apparentemente contraddittorie, e quindi è impossibile integrarli in una concezione relazionale della mente. È proprio il carattere illusorio del senso di continuità dell'esperienza del Sé a generare una “tensione creativa” tra continuità e discontinuità, e ad alimentare una “ricchezza soggettiva” capace di assicurare un forte senso di identità. Mitchell propone innovazioni anche nella tecnica psicoanalitica, criticando il concetto di “neutralità” analitica, cui sostituisce quello di responsività auto riflessiva. Egli allarga la comprensione analitica dal paziente alle eventuali forme di risposte che in quella seduta e a quel paziente l'analista è sollevato a fornire. L'analista non può sottrarsi agli affetti controtransferali ma deve impegnarsi partecipando con il paziente nella creazione di un'interazione terapeutica, senza abdicare al proprio ruolo.