La pittura non illumina Ma la luce è protagonista
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La pittura non illumina Ma la luce è protagonista
56 LA PROVINCIA GIOVEDÌ 21 MARZO 2013 CulturaeSpettacoli [email protected] A MASSIMARIOMINIMO A A cura di Federico Roncoroni Prima o poi ogni fidanzato si trasforma in una busta contenente piccole reliquie. Lidia Sella Silvia Golfari [email protected], Luciano Barocco [email protected], Pietro Berra [email protected], Andrea Cavalcanti [email protected] Tel. 031 582311 a La pittura non illumina Ma la luce è protagonista DI GIULIANO COLLINA Nel Quattrocento, in pieno Umanesimo, gli avvenimenti descritti sulla tela non contemplavano la presenza della più piccola ombra. Caravaggio, nel Seicento, è il primo a dipingere la luce che illumina la scena. E la luce è anche protagonista nella pittura dell’Ottocento: è il tempo delle Cattedrali di Claude Monet. Dagli impressionisti in poi si parla di pittura della luce, non di pittura luminosa, a meno di essere artisti come l’americano Dan Flavin. Lui, con le sue opere, è riuscito a immergere direttamente i visitatori delle sue mostre dentro coloratissime luci artificiali L a pittura non può resto possibile con l’arte contememanare una luce poranea). I pittori possono solo propria. limitarsi a rappresentarla, la luI quadri posso- ce, a dipingerla sulle loro tele, a no essere chiari, illustrarla, a specificarne la quaanche chiarissimi, lità. ma non possono essere lumineNel Quattrocento, in pieno scenti. E dunque l’abuso che Umanesimo, la scena dipinta era spesso si fa di questo aggettivo evidenziata in tutti i suoi più requando ci si vuole complimenta- conditi particolari da una illumire con un pittore ("Maestro, i nazione che noi oggi potremmo suoi quadri illuminano le pareti definire "totale". Gli avvenimendi casa mia… i colori delle sue ti descritti, i movimenti dei peropere emanano luce…") è maga- sonaggi erano così nitidi e raziori anche ben accetto dall’artista, nali proprio perché immersi in ma sicuramente improprio e de- una luce costante che non conviante. templava la presenza Eppure, anche i cridella più piccola omtici d’arte qualche volE alcuni pittori Anche bra. ta ci cascano; quando hanno fatto di questa sono a corto di argo- le città sono concezione uno strumenti scientifici, espressivo effisempre mento quando sembra loro cacissimo, per esempiù buie pio tutta la pittura di che sia già stato detto tutto su questo o quel Botticelli, sia e sempre Sandro capolavoro, allora riquella che rappresenpiù tristi ta gli accadimenti amcorrono a metafore poetiche anche a probientati nel paesaggio posito della luce. Ricordo che quanto quella che colloca le stomolti anni fa, quando la critica rie negli interni, ci appare imd’arte incorse in uno sciagurato mersa in una luce perfettamenequivoco in occasione delle false te diffusa, ferma, del tutto acrosculture di Modigliani ritrovate ma, un po’ come in una sala chiin un canale di Livorno, i lumi- rurgica di oggi, una luce inventanari della critica d’arte del tem- ta perché allora una simile conpo si buttarono anche in sperti- dizione non poteva che essere cati elogi proprio in riferimento immaginata. alla particolare luminosità che, E se l’Umanesimo sceglie di ilsecondo loro, quelle opere ema- luminare i suoi dipinti con quelnavano (sculture di pietra grez- la che potremmo definire una za che si supponevano sommer- "luce della mente", il Seicento, il se nella melma del fondo di un secolo barocco, predilige invece canale per decenni e che ancora l’illuminazione per così dire (per secondo loro spandevano la "lu- quel tempo) artificiale: la luce ce tipica dell’arte di Modigliani"). delle torce, delle lampade a olio, dei fuochi. Incomincia il CaraQuando i led non esistevano vaggio con i suoi capolavori semLe opere d’arte in genere non il- pre più scuri che chiari, sempre luminano a meno che i loro co- baluginanti nella mobile luce lori non siano fosforescenti, op- delle fiaccole. Nella sua "Vocapure non siano dotate di lampa- zione di San Matteo", l’interno de, di tubi al neon, di led e dei re- nel quale il miracolo avviene è in lativi impianti elettrici (cosa del ombra, gli angoli sono del tutto 1 al buio e i personaggi che ci stanno dentro si muovono e si raccontano per effetto di una particolare illuminazione del tutto inedita nella pittura di allora. Un uomo appare sulla porta di un anonimo interno e con il dito alzato indica all’estremo opposto del locale uno degli avventori seduti. Quel dito che sfida il buio E’ quella la visualizzazione del miracolo: l’uomo che indica è Gesù e l’uomo indicato è, da quel momento, San Matteo. Ma non basta, perché proprio la particolare direzione della luce evidenzia la potenza del gesto: il raggio taglia, da destra a sinistra, tutta la metà superiore del dipinto, sfiora la guancia di Cristo, illumina nel buio la sua mano, il suo dito teso e finisce addosso al volto, al busto di Matteo che, stupito, a sua volta indica, incredulo, se stesso. Michelangelo Merisi da Caravaggio dipinge per poco più di dieci anni, poi muore non ancora quarantenne. Alla sua morte i suoi capolavori saranno i modelli di tanta pittura per tanti decenni e la sua ipotesi "strumentale" della luce sarà molto imitata, ma con qualcosa in più (o forse in meno), perché nelle opere dei suoi successori la fonte luminosa si vede (candele, ceri, lampade), mentre nei quadri del Caravaggio è sempre immaginata, esterna alla scena rappresentata, mai visibile. E la luce è anche protagonista poi, nella pittura dell’Ottocento, quando un gruppetto di giovani pittori (quattro o cinque), girovagando sui bordi della Senna, nella campagna attorno a Parigi, tra gli alberi del Bois de Boulogne, scopre il valore straordinario della luce se associato al concetto di atmosfera. E’ quella la lu- 2 3 E la luce fu, da Caravaggio a Flavin A 1 . "La vocazione di San Matteo" di Caravaggio. 2 . "La Cattedrale di Rouen" di Monet. 3 . Il neon che diventa opera d’arte, l’artista è Dan Flavin: a Villa Panza di Varese una sua collezione permanente. ce degli Impressionisti, di coloro che spostano l’osservazione dal pieno al vuoto, di quei pittori che vogliono dipingere non le cose, ma l’aria, lo spazio che sta tra il loro occhio e l’oggetto dipinto. Le pennellate di Monet E’ il tempo delle Cattedrali di Claude Monet, di quegli straordinari, "fragili" capolavori brulicanti di punti luminosi, di brevi pennellate, di policrome, sensibilissime sfumature tutte tese a evidenziare non la facciata gotica della chiesa, ma la sua condizione sotto i più sottili, mutevoli effetti della luce. Dunque, anche per gli Impressionisti pittura della luce, non pittura luminosa, a meno di essere artisti come Dan Flavin, americano di NewYork, nato nel 1933 e morto nel 1996. Lui, con le sue opere, è riuscito a immergere direttamente i visitatori delle sue mostre dentro coloratissime luci artificiali. A proposito di questo artista, consiglio una visita, per altro del tutto piacevole e istruttiva, alla Fondazione Panza di Varese: dentro questa bellissima villa tra le tante sale dove trovano posto le opere di tanti pittori "minimalisti", c’è una sezione dedicata a Dan Flavin. Vi troverete non al cospetto di opere luminose, ma dentro luminosità avvolgenti, colorate dei più improbabili colori, impalpabili ma del tutto tangibili (ossimoro, in questo caso, del tutto appropriato). Un po’ di quello che la nostra città oggi avrebbe bisogno. Como è sempre più buia. Nelle sere, nelle notti, già da sempre non certo vivaci, in questo inverno non troppo freddo, ma anche non breve, i pochi comaschi in giro per il centro si confondono come ombre nelle ombre. Si è detto che l’inquinamento luminoso può essere dannoso alla salute, che noi uomini del nostro tempo illuminiamo troppo le nostre notti e anche, ma è difficile crederci, che l’eccesso di luce nelle nostre città non serve come deterrente alla delinquenza. Se così è, allora i nostri amministratori stanno facendo del loro meglio per salvaguardare la nostra salute e noi dovremmo essere loro grati, se non fosse che la luce può essere magari superflua, ma è certamente bella, bellissima, perché appartiene a quelle cose di cui forse potremmo fare un po’ a meno, ma che ci riempiono di allegria e di quella, oggi più che mai, ne abbiamo un bisogno assoluto, impellente.