RISULTATI - Argotech – strumenti per la chirurgia animale
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RISULTATI - Argotech – strumenti per la chirurgia animale
RISULTATI POPOLAZIONE E’ stato possibile reclutare, perché rispondenti ai criteri di inclusione nello studio, 18 pazienti con rottura spontanea del legamento crociato anteriore. Tra questi, una coorte di 17 pazienti ha completato lo studio. La popolazione era costituita da 8 maschi e 9 femmine. L’età media era di 6.4 anni (range 1-11 anni; mediana 6), il peso medio era di 39.6 kg (range 15-57 kg; mediana 45 kg). Le razze canine rappresentate erano le seguenti: Rottweiler (n=4), Pastore tedesco (n=3), Breton (n=2), Meticcio (n=2), Alaskan Malamute (n=1), Bulldog inglese (n=1), Dogo canario (n=1), Golden retriever (n=1), Leonberger (n=1), Pitbull (n=1). Non sono state identificate anomalie nelle indagini cliniche, ematologiche e strumentali preoperatorie ad esclusione delle alterazioni correlate alla rottura del legamento crociato anteriore. Tutti gli interventi chirurgici sono stati portati a compimento senza complicazioni rilevanti intra-operatorie, potendo valutare appieno l’applicabilità tecnica e l’efficacia di stabilizzazione. Un paziente è stato escluso dallo studio durante la fase postoperatoria, perché è stato necessario rimuovere precocemente l’impianto a motivo di grave osteomielite/artrite infettiva. In tale soggetto, la rimozione dell’impianto, che, tra l’altro, nonostante l’infezione, non era andato minimamente incontro a migrazione, né aveva perso di efficacia nella stabilizzazione articolare, è stata eseguita in toto senza alcun problema, per quanto riguarda tutte le componenti: è stato in particolare possibile estrarre i due helicoil senza particolari difficoltà utilizzando l’apposito estrattore. I campioni ossei e articolari prelevati per l’esecuzione di esame microbiologico sono risultati positivi per Actinomyces spp. La rimozione dell’impianto associata alla terapia antibiotica guidata dall’antibiogramma hanno consentito di contrastare l’infezione. INTERVENTO CHIRURGICO L’approccio cranio-laterale standard all’articolazione femoro-tibio-rotulea ha consentito un’esposizione del cavo articolare adeguata all’esecuzione delle varie fasi dell’intervento chirurgico. La retrazione cranio-mediale del menisco mediale con il piccolo retrattore di Gelpi, ha permesso un’eccellente esposizione dell’inserzione del LCA. Il foro tibiale è sempre risultato ben posizionato e l’uso di punte del trapano di diametro crescente si è rivelato particolarmente efficace, permettendo di ottenere un ottimo allineamento ed annullando errori di posizionamento delle punte, limitando nel contempo i rischi di lesione iatrogena. La guida anteriore del maschiatore ha consentito di mantenere perfettamente allineato lo strumento durante l’operazione di maschiatura. Il posizionamento dell’inserto filettato è risultato di non complessa esecuzione. Nella localizzazione tibiale, in 4 soggetti, durante la fase terminale dell’inserimento dell’helicoil si è presentata una certa difficoltà nel collegamento dell’uncino del mandrino con lo scasso posto all’estremità dell’helicoil. Il problema è stato in ogni caso risolto estraendo l’helicoil di ~1~ qualche millimetro con l'estrattore e mediante esecuzione di lavaggio a pressione del foro con soluzione fisiologica sterile ed aspirazione per eliminare i detriti tissutali interposti. Durante l’inserimento della vite tibiale non sio sono manifestati problemi. A livello femorale non si sono verificati problemi di rilevante entità né durante l’inserimento dell’helicoil, né durante l’inserimento della vite. Nei primi 5 casi si è registrata qualche difficoltà ad inserire la chiave a tubo sulla testa della vite a motivo della presenza di detriti tissutali all’interno del tunnel osseo. Anche in questi casi il problema è stato risolto con lavaggi a pressione abbondanti ed aspirazione, con o senza estrazione della vite dal tunnel con helicoil posizionato. Il passaggio over the top della fibra, così come la sua fissazione alla vite femorale sono risultati di agevole esecuzione. In nessun caso si sono verificati problemi tecnici potenzialmente determinanti l’interruzione dell’intervento, ma tutti sono stati risolti nella stessa seduta operatoria. Non si sono registrati casi di rottura dell’impianto o cedimento, né in fase di installazione, né durante l'esecuzione dei test postoperatori, né durante il periodo di follow up. ASPETTI CLINICI In tutti i casi trattati, le valutazioni cliniche post-operatorie hanno mostrato un’eccellente stabilizzazione articolare con negatività sia del test del cassetto che del cranial tibial thrust. L’allineamento dei segmenti femorale e rotuleo è risultato clinicamente normale. I movimenti passivi sono risultati fluidi, compatibilmente con il grado di artrosi rilevato in fase preoperatoria. ~2~ Un paziente, dopo aver manifestato ottima ripresa nei primi giorni postoperatori, in quinta giornata ha manifestato un’improvvisa e cospicua tumefazione nell’area sede di intervento associata a peggioramento repentino della condizione clinica deambulatoria con mancato appoggio dell’arto a terra. Gli accertamenti clinici (visita clinica, centesi con esame del liquido raccolto) e radiografici immediatamente eseguiti hanno consentito di attribuire la tumefazione ad un versamento sottocutaneo dovuto a parziale deiscenza della sutura della capsula articolare e del retinacolo, e di escludere un cedimento dell’impianto, una frattura o altre importanti complicanze. Il paziente che ha presentato tale complicanza è stato prontamente sottoposto ad ulteriore intervento chirurgico allo scopo di accertare la diagnosi e correggere la sintesi articolare e periarticolare, eseguendo nel contempo un abbondante lavaggio dei tessuti articolari ed extrarticolari che si presentavano moderatamente infiammati dal contatto con il fluido sinoviale. Tale trattamento, coadiuvato dalla prosecuzione per alcuni giorni della terapia antibiotica e antinfiammatoria postoperatoria, ha consentito di risolvere tale complicanza e già 72 ore dopo la chirurgia il paziente ha presentato nuovamente un normale decorso postoperatorio. Non si sono manifestate reazioni infiammatorie, segni manifesti d’intolleranza all’impianto, perdita di integrità dello stesso, o altre complicanze, negli altri casi inclusi nello studio. La valutazione dell’andatura ha consentito di rilevare nella quasi totalità dei casi trattati con la tecnica chirurgica in esame una buona ripresa della funzione deambulatoria già a 12 giorni dall’intervento (T1) ed un’ottima ripresa a 4 mesi (T2) e ad un anno (T3) (Tabella I). ~3~ T0 ○○○○ ●○○○ ●●○○ ●●●○ ●●●● 0 0 4 8 5 T1 0 2 10 5 0 T2 5 9 3 0 0 T3 13 2 2 0 0 Tabella I: Numero di cani (n=17) inclusi in ogni grado della scala di valutazione della zoppia: prima della chirurgia (T0), 12 giorni dopo la chirurgia (T1), 4 mesi dopo la chirurgia (T2) e 1 anno dopo la chirurgia (T3). ○○○○: assenza di zoppia; ●○○○: zoppia di I grado; ●●○○: zoppia di II grado; ●●●○: zoppia di III grado; ●●●●: zoppia di IV grado. 4 G R A D O D I Z O P P I A 3,5 3.06 ± 0.75 3 2.18 ± 0.64 2,5 2 1,5 0.88 ± 0.70 1 0.35 ± 0.70 0,5 0 T0 T1 T2 T3 Fig.41: Media aritmetica ± deviazione standard del grado di zoppia rilevato in ciascun tempo di osservazione (T0: preoperatorio; T1: 12 giorni dall’intervento; T2: 4 mesi dall’intervento; T3: 1 anno dall’intervento). R P T0 vs T1 253 > 0.05 T0 vs T2 165 < 0.01 ~4~ T0 vs T3 161 < 0.01 T1 vs T2 207 < 0.01 T1 vs T3 181 <0.01 T2 vs T3 280 >0.01 Tabella II: Valutazione comparativa del grado di zoppia tra i vari tempi di osservazione con relativi risultati statistici. Le misurazioni della circonferenza della coscia hanno mostrato un progressivo aumento nell’arto trattato (Tabella III). T0 T1 T2 T3 Arti trattati 35.53 ± 4.11 - 37.65 ± 4.22 39.00 ± 4.51 Arti controlaterali 40.47 ± 4.61 - 40.71 ± 4.43 40.82 ± 4.63 t 3.2982 - 2.0640 1.1884 P 0.0024 - 0.0472 0.2434 Tabella III: Valori medi delle misurazioni di circonferenza della coscia in cm ± ds nell’arto operato e nell’arto controlaterale, prima della chirurgia (T0), 4 mesi dopo la chirurgia (T2) e 1 anno dopo la chirurgia (T3). t P T0 vs T2 -1.4837 0.1477 ~5~ T0 vs T3 -2.3441 0.0254 T2 vs T3 -0.9035 0.3738 Tabella IV: valutazione comparativa per tempi di studio della circonferenza della coscia dell’arto patologico Durante il follow up (dall’immediato postoperatorio ad un anno dalla chirurgia) il grado di escursione articolare dell’arto operato è diminuito solo lievemente (fig. 41; tabella V). 125 120 115 Ginocchia trattate Ginocchia controlaterali 110 105 100 T0 T1 T2 T3 Fig.42: Media aritmetica del grado di escursione articolare rilevato in ciascun tempo di osservazione (T0: preoperatorio; T1: 12 giorni dall’intervento; T2: 4 mesi dall’intervento; T3: 1 anno dall’intervento). ~6~ T0 T1 T2 T3 Arti trattati 121.18 ± 5.11 110.00 ± 6.53 109.65 ± 7.13 108.23 ± 7.45 Arti controlaterali 120.65 ± 3.50 120.71 ± 3.25 120.35 ± 3.10 120.53 ± 2.87 t -0.3523 6.0507 5.6757 6.3509 P 0.7269 <10-4 <10-4 <10-4 Tabella V: Valori medi delle misurazioni dell’escursione articolare (ROM, Range Of Motion) in gradi sessagesimali ± ds nel ginocchio operato e nel ginocchio controlaterale, prima della chirurgia (T0), subito dopo la chirurgia (T1), 4 mesi dopo la chirurgia (T2) e 1 anno dopo la chirurgia (T3). t P T0 vs T1 5.5565 <10-4 T0 vs T2 5.4166 <10-4 T0 vs T3 5.9070 <10-4 T1 vs T2 0.1505 0.8813 T1 vs T3 0.7347 0.4678 T2 vs T3 0.5645 0.5763 Tabella VI: Valutazione comparativa per tempi di studio dell’escursione articolare dell’arto patologico. ASPETTI RADIOGRAFICI ~7~ Le radiografie post-operatorie hanno sempre evidenziato un posizionamento dell’impianto accettabile ed assenza di eventuali eventi patologici iatrogeni radiograficamente rilevabili. In nessun caso è stato necessario ripetere l’intervento. Durante tutto il periodo di follow up, nei soggetti inclusi nello studio si è potuto constatare radiograficamente l’assenza di cambiamento di posizione o migrazione dell’impianto, di eventuali reazioni perimplantari, articolari e periarticolari. La valutazione radiografica dell’andamento del grado di artrosi durante lo studio è stata soddisfacente in quanto l’evoluzione durante l’anno di follow up non è stata particolarmente evidente (fig. 43). 4 3,5 A R T R O S I 3 2,5 1.94 ± 0.97 2.06 ± 1.03 2.23 ± 0.97 2 1,5 1 0,5 0 T0 T2 T3 Fig.43: Valori medi del grado di artrosi ± ds nel ginocchio operato, prima della chirurgia (T0), 4 mesi dopo la chirurgia (T2) e 1 anno dopo la chirurgia (T3). R ~8~ P T0 vs T2 246 >0.05 T0 vs T3 236 <0.05 T2 vs T3 244 >0.05 Tabella VII: valutazione comparativa per tempi di studio del grado di artrosi nell’arto patologico. I risultati dei controlli radiografici eseguiti con l’ausilio del dispositivo traslatore, pre e post-carico, del ginocchio operato e del controlaterale sono riassunti in tabella VIII. T0 T1 T2 T3 Arti trattati 51.24 ± 13.35 18.98 ± 8.02 26.39 ± 11.28 21.89 ± 9.75 Arti controlaterali 20.87 ± 8.00 20.87 ± 8.00 20.87 ± 8.00 20.87 ± 8.00 t -8.0456 0.6885 -1.6468 -0.3318 P <10-4 0.4961 0.1094 0.7422 Tabella VIII: Valori medi delle misurazioni della traslazione tibiale normalizzata (%) ± ds nel ginocchio operato e nel ginocchio controlaterale, prima della chirurgia (T0), subito dopo la chirurgia (T1), 4 mesi dopo la chirurgia (T2) e 1 anno dopo la chirurgia (T3). t P T0 vs T1 8.5423 <10-4 T0 vs T2 5.8616 <10-4 T0 vs T3 7.3200 <10-4 T1 vs T2 -2.2092 0.0344 T1 vs T3 -0.9491 0.3497 T2 vs T3 1.2464 0.2217 Tabella IX: Valutazione comparativa per tempi di studio della traslazione tibiale normalizzata nell’arto patologico. ~9~ DISCUSSIONE Il presente progetto di studio nasce dalla volontà degli autori di ricercare un intervento efficace e definitivo per stabilizzare il ginocchio e limitare lo sviluppo d’artrosi nel lungo periodo a seguito di rottura del LCA, in particolar modo nelle razze di taglia medio-grande. Con questa tesi, è stato quindi eseguito uno studio pilota al fine di ottenere una prima stima della efficacia e biocompatibilità di un prototipo di impianto protesico intrarticolare. Tale dispositivo è stato ideato, progettato e realizzato per la ricostruzione del LCA mediante una nuova tecnica chirurgica, eseguita preservando quanto più possibile l’isometria articolare. Infatti, l’importanza della considerazione dei punti isometrici risiede nel maggior successo di stabilizzazione articolare, provocando una minor tensione alla protesi, limitando i sovraccarichi eccessivi dell’impianto e dei suoi punti di ancoraggio, determinando un migliore andamento post-opertatorio e minori effetti negativi sulla biomeccanica articolare (Roe, 2013). A tal fine sono stati utilizzati materiali di fissaggio innovativi (helicoil e viti appositamente ideate per lo scopo) e una fibra poliestere intrecciata, tutti dispositivi mai utilizzati nel campo della Medicina. La motivazione di ciascuna scelta è stata mossa dall’intento di risolvere le attuali problematiche legate alle tecniche chirurgiche tradizionali, quali la tenuta dell’impianto all’osso (in particolare all’attacco tibiale che risulta essere sempre il punto di minor resistenza dell’intero impianto) e l’allungamento del materiale protesico (creep) (Burgess et al., 2010; Tamburro et al., 2012, Choate et al., 2012; Lopez et al., 2013; Morè et al., 2015). La scelta del tipo di fibra per la protesi sintetica del legamento crociato è basata sulle sue caratteristiche tecniche, in particolare quelle meccaniche, la ~ 10 ~ compatibilità con i tessuti biologici e la possibilità di essere sterilizzata in autoclave. Questa è dotata di resistenza particolarmente elevata, infatti è cinque volte più forte dell’acciaio e dieci volte più forte dell’alluminio, caratteristica che la rende difficilmente deformabile sotto sforzo tensivo, contrastando perciò un’eccessiva lassità del ginocchio (Tan et al., 2010; Fette e Sovinski, 2004). Ma è il sistema di ancoraggio all’osso a rappresentare la principale innovazione dell’intervento. Finora utilizzato nell’industria edile e meccanica, l'helicoil grazie alla sua elasticità permette un buon adattamento del filetto alla maschiatura dell'osso da un lato e alla filettatura della vite dall'altro, distribuendo uniformemente il carico lungo tutto l'impianto e non solamente nelle prime due-tre spire. La ragione dell’impiego di questo sistema di fissazione metallo-osso è determinata dal fatto che una vite in acciaio ha un modulo elastico enormemente più alto rispetto a quello dell’osso: tutte le volte che si mettono in contatto due materiali con differente rigidità è sempre il più rigido a vincere sul piano della resistenza ai carichi ciclici. Tutti questi problemi meccanici sono ragionevolmente amplificati quando si parla di un tessuto vivente, all’interno del quale si trovano cellule che non possono sopportare elevati stress pena la loro morte. L’idea dell’helicoil è perciò quella di interporre un mezzo elastico in grado di distribuire le forze in modo più omogeneo e di evitare, quindi, un prematuro riassorbimento osseo con conseguente perdita precoce dell’impianto. Nel complesso la tecnica chirurgica apparentemente non necessita di una lunga curva di apprendimento ed i problemi riscontrati sono stati risolti con semplici azioni correttive. In nessun caso si sono verificate complicazioni dovute all’impianto tali da richiedere correzioni chirurgiche. Non si sono mai verificati casi di rottura dei dispositivi o cedimento né in fase di installazione né durante l'esecuzione dei test di stabilità ed escursione articolare. ~ 11 ~ Dall’esperienza clinica emersa da questo lavoro, il metodo chirurgico sperimentato rappresenta una valida tecnica intracapsulare che permette una efficace stabilizzazione articolare, riducendo a valori pseudo fisiologici lo spostamento craniale della tibia rispetto al femore. Consente inoltre di mantenere l’allineamento dell’arto non comportando alterazione del ROM fisiologico e soprattutto preservando la normale biomeccanica articolare. Il sistema vite-helicoil e la fibra poliestere intrecciata non hanno in nessun caso manifestato di avere capacità immunogena o di causare reazioni intrarticolari. L’impianto nel suo complesso ha dimostrato un’effettiva tenuta meccanica e l’helicoil ha confermato di avere ottima capacità di osteointegrazione e totale innocuità, non arrecando, tra l’altro, alcun danno all’ osso circostante per via delle possibili ripercussioni delle forze coinvolte. Considerando i risultati dello studio biomeccanico preclinico sull’impianto, non c’è motivo di pensare che questo possa cedere nel corso della vita dei soggetti operati, anche perché i carichi applicati durante la prova in vitro sono stati notevolmente superiori a quanto possa accadere in vivo. Per ciò che concerne gli aspetti clinici si è potuto rilevare che: - La valutazione statistica del grado di zoppia nel confronto tra pre- e immediato post-operatorio non ha permesso di accettare l’ipotesi che tra questi esista una differenza non dovuta al caso. Invece, con il confronto tra il grado di zoppia a 4 mesi e quello post-operatorio (12gg) si è potuto accertare un evidente superamento del livello minimo di probabilità. Tale rilievo permette di accettare l’ipotesi che con l’intervento si possa ottenere un miglioramento significativo dell’andatura. La tendenza al miglioramento è permasa durante il restante periodo di follow up. ~ 12 ~ - La misurazione della circonferenza della coscia è correlabile al trofismo muscolare e quindi considerabile come un indicatore indiretto dell’utilizzo dell’arto. Nel pre-operatorio tale misurazione ha evidenziato una differenza significativa tra l’arto patologico ed il controlaterale. A 4 mesi è permasa una differenza moderatamente significativa che invece è scomparsa nel controllo a 1 anno. Per quanto riguarda la valutazione dell’andamento del trofismo muscolare, si è constatata una differenza significativa tra i 2 arti solo nel preoperatorio ma non tra i singoli controlli in successione temporale. Da ciò si desume che il miglioramento è stato graduale nel tempo. - Il grado di escursione articolare dell’arto patologico è sempre risultato significativamente inferiore rispetto a quello del controlaterale in tutti i controlli del follow up tranne che nella valutazione pre-operatoria, dove non si è apprezzata una differenza statistica significativa. Nelle valutazioni dell’arto operato, tale dato ha inciso sul confronto tra i rilievi pre-operatori e tutti quelli successivi. L’analisi combinata del ROM tra i vari tempi post-operatori non ha mai mostrato una differenza statisticamente significativa. Considerando che il ROM esprime una valutazione indiretta del grado di artrosi, dal valore statistico ottenuto nell’immediato post-operatorio si desume la presenza clinica di artrosi di partenza nella coorte presa in esame. L’escursione articolare rilevata nelle ginocchia patologiche nel pre-operatorio è da attribuirsi alla presenza di instabilità articolare dovuta all’insufficienza del LCA. Ciò è dimostrato dai valori medi di flessione (45.52 ± 3.76), che risultano ridotti a motivo della DJD di partenza, e quelli di estensione (166.71 ± 3.65), che invece risultano essere consistentemente superiori rispetto al controlaterale (flessione: 39.94 ± 2.19; estensione: 160.59 ± 2.29). Quest’ultimo dato rappresenta, quindi, un chiaro indice di iper-estensione. ~ 13 ~ Per quello che riguarda, invece, gli aspetti radiografici, si è potuto evincere che: - La valutazione del grado di artrosi scaturita dal confronto tra gli intervalli in successione (pre-operatorio - 4 mesi; 4 mesi - 1 anno) non ha portato al raggiungimento del livello minimo di significatività statistica. Invece, prendendo in considerazione l’intero periodo d’osservazione, risulta evidente come il grado d’artrosi sia incrementato in maniera sostanzialmente limitata in rapporto alla considerevole durata del follow up. - L’analisi dei valori normalizzati della traslazione tibiale ha mostrato una instabilità articolare patologica pre-operatoria, che è scomparsa in tutti in tutti i successivi controlli post-operatori. La stabilità articolare è dunque permasa costante nell’intero periodo di follow up, anche se con una moderata riduzione a 4 mesi. Dalla valutazione combinata tra i vari tempi post-operatori è emersa la conferma dell’efficacia dell’intervento nella stabilizzazione articolare. Per i pazienti inclusi nello studio pilota, il tempo di recupero è stato veloce e nell’immediato periodo post-operatorio è stato possibile applicare solo una moderata restrizione dell’attività fisica, senza necessità di lunghe contenzioni forzate. Talvolta è stato possibile osservare che i pazienti trattati caricassero l’arto operato già ad un giorno dall’intervento. Durante il periodo di follow up sono stati osservati miglioramenti in ogni caso clinico, tanto che solamente 4 casi (23.5%, n=17) presentavano ancora una andatura claudicante, di grado lieve (n=2) o moderato (n=2), a 1 anno dall’intervento chirurgico, comunque correlata allo stato di artrosi avanzata in cui si trovavano i pazienti già all’inizio della chirurgia. La tecnica chirurgica presentata propone un metodo innovativo di fissazione degli impianti all’osso. I concetti su cui si basa, nonché i materiali e il metodo, potrebbero trovare una agevole applicabilità pratica non solo in casi clinici di ~ 14 ~ rottura del legamento crociato craniale nel cane, ma anche in altre patologie ortopediche, in Medicina Veterinaria così come in Umana. Infatti, estrapolato dal contesto, il sistema vite-helicoil potrebbe risultare utile anche in altri interventi ortopedici, ogni qualvolta si necessitasse di un’interfaccia osso-vite stabile e dinamica adattando ovviamente la conformazione delle viti. Anche la fibra a cristalli liquidi intrecciata potrebbe essere mutuata in altri interventi sfruttandone le sue caratteristiche peculiari. Tali materiali hanno dimostrato infatti di essere privi di capacità immunogena, essere biocompatibili e non manifestare alcun evento avverso. I risultati preliminari di questo studio pilota sono decisamente incoraggianti, tanto che si procederà ad un ulteriore studio clinico su vasta scala che consenta di determinare la reale efficacia di tale tecnica chirurgica rispetto ai metodi tradizionali. BIBLIOGRAFIA 1. Altόnaga JR, Orden JMG, Orden A: Modelos animales de experimentaciόn en resonancia magnética del sistema muscoloesquelético. In: Resonancia ~ 15 ~ Magnética del sistema muscoloesquelético. 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