11 settembre 2014

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11 settembre 2014
DOCUMENTO IN PREPARAZIONE DELL'INCONTRO GENERALE DELL'11-IX-14
(Paolo Boero, 8-IX-14)
Premessa: questo documento è articolato in due parti, e contiene proposte per il lavoro di ricerca
2014-15.
La prima parte pone questioni di ricerca impegnative e in parte nuove, connesse a sviluppi di ricerca
nostri e di altri (a livello internazionale e nazionale). Il testo può risultare di difficile comprensione
in alcuni punti. Durante l'incontro, cercheremo quindi di capire insieme e condividere le questioni
di ricerca, anche con riferimento ad esempi e attività svolte negli scorsi anni scolastici
Le questioni di ricerca poste, e il modo di porle, corrisponde a un punto di vista personale, che
sollecita il confronto con altre questioni di ricerca e modi diversi di interpretare i problemi indicati.
In altre parole: il documento è solo un contributo personale, aperto a modifiche e integrazioni. Un
elemento di novità rispetto agli scorsi anni consiste nell'offerta di questioni di ricerca da
"personalizzare", riferendole a temi/attività in classe di interesse personale da parte degli
insegnanti sullo sfondo di scelte educative generali condivise da tutti.
1) IL PROGRAMMA DI RICERCA 2014-15
Il programma va pensato inserito in un particolare contesto educativo (metodo di lavoro, scelta
dei temi).
Anche dal lavoro dello scorso anno in classi di scuola dell'infanzia, primaria e "media" emerge
l'importanza cruciale di un lavoro sistematico e coerente, almeno da parte di un singolo
insegnante, possibilmente di più insegnanti del team, su alcuni nodi trasversali a tutte le
discipline e a tutti i temi:
- l'argomentazione (attivata da richieste frequenti di giustificazione delle scelte, delle ipotesi, delle
idee formulate dagli alunni, e di confronto tra idee diverse - vedi punto successivo; c'è ancora molto
lavoro da fare in questo senso, vedi questioni di ricerca successive);
- l'uso di elaborati degli alunni per dare senso di utilità al loro impegno di produrli e per
alimentare momenti di confronto tra gli alunni e di avanzamento del lavoro in classe, e quindi la
necessità di alternare consegne individuali (o, se la natura del compito lo richiede, di piccolo
gruppo) e discussioni gestite dall'insegnante, nella prospettiva di socializzare le strategie più
avanzate e lo sviluppo delle competenze argomentative;
- la valutazione formativa degli alunni (ricordando che il voto è fortemente demotivante e incide
sull'auto-stima, e quindi sulle prestazioni cognitive, come risulta in modo inequivocabile da varie
ricerche condotte a livello internazionale - es. Hannula; e inoltre è pressoché inutile per migliorare
le prestazioni per gli alunni di livello basso, ma anche per quelli di livello medio o alto, quando
realizzano una cattiva prestazione; mentre il commento costruttivo può essere di grande aiuto nel
migliorare le prestazioni, e comunque è meglio accettato dall'alunno come segno di interesse per
lui);
- la significatività del tema (e delle consegne relative al tema) per gli alunni, avvertendo tuttavia
che un tema può diventare significativo non solo se è chiaramente connesso con l'esperienza
extrascolastica degli alunni, ma anche se l'insegnante riesce a creare l'interesse per approfondirlo
attraverso una gestione appropriata del lavoro-vedi punto precedente, e: riferimenti a documenti
esterni - esempio, libro di testo di un livello scolastico successivo; ovvero documenti storici; e sfide
intellettuali - esempio, scoperta del come vincere in un gioco competitivo.
Particolare attenzione va rivolta alla familiarità degli alunni con il "campo di esperienza"
scelto quando si tratta di proporre delle consegne impegnative. I risultati degli ultimi 20 anni in
campo neuro-psicologico ("neuroni-specchio") e le evidenze sperimentali particolari che si
continuano a raccogliere a livello internazionale e che riguardano la matematica (problemi di
proporzionalità, attività di congettura e dimostrazione, prestazioni logiche...) dimostrano che la
familiarità con il contesto tematico a cui si riferiscono le consegne è cruciale per assicurare le
prestazioni intellettuali più elevate da parte degli alunni (sia degli alunni più brillanti che,
soprattutto, degli alunni più deboli). Quindi, la prospettiva comune dovrebbe essere quella del
lavoro in classe nei "campi di esperienza" (risonanti con l'esperienza extrascolastica, come ad
esempio "monete e prezzi", "produzioni", "eventi aleatori", e "ombre del sole", e disciplinari o
comunque scolastici, come ad es."aritmetica", "geometria", "grammatica", "giochi matematici"), in
cui inserire il PROGETTO DI RICERCA (con relativo DOSSIER) che costituisce il contributo di
ciascun insegnante alla ricerca comune.
Assunto tale quadro come riferimento comune, l'ipotesi di lavoro di ricerca proposta per
quest'anno è quella dell'avanzamento coordinato di più ricerche, in cui ciascun insegnante trova
la sua collocazione scegliendo un TEMA su cui costruire un PROGETTO DI RICERCA
riguardante UNA O PIU' DELLE QUESTIONI DI SEGUITO ELENCATE; la scelta del TEMA
e delle QUESTIONI DI RICERCA dovrebbe essere dettata prioritariamente dalla sensibilità e
dall'interesse personale dell'insegnante in relazione al suo lavoro in classe.
Il programma è molto ambizioso, ma oggi mi sembra necessario (per la soddisfazione personale
degli insegnanti coinvolti, per la qualità dei contributi scientifici che ne possono derivare e per le
problematiche formative di questo momento) "pensare in grande", restando con i piedi per terra
nel lavoro in classe, ma cercando di puntare su questioni di rilievo come orizzonte per produrre
risultati di ricerca che siano scientificamente significativi e utili.
Segue un elenco di problemi di ricerca e di connesse questioni di ricerca che mi sembrano
importanti e attuali:
1.1: Il problema della mediazione "forte" dell'insegnante: dopo l'ubriacatura del costruttivismo,
nelle ricerche sperimentali di lungo periodo su obiettivi di apprendimento importanti (come la
padronanza dei formalismi della matematica, l'accesso al pensiero teorico, l'approccio al
ragionamento algebrico, ecc.) sempre di più si fa strada a livello internazionale la teoria (vedi ad es.
Sfard- posso inviarvi le slide, in inglese, del suo interessantissimo power point del congresso di
Bologna) e la pratica della mediazione diretta da parte dell'insegnante del sapere che l'alunno
dovrà interiorizzare. Non si tratta di un ritorno all'insegnamento trasmissivo, ma, proprio a partire
dalla constatazione che l'insegnamento trasmissivo consentiva comunque di raggiungere (con alcuni
allievi) risultati di apprendimento assai elevati, si studiano e si sperimentano fasi di lavoro didattico
in cui gli allievi non costruiscono conoscenze e metodi, ma adottano e usano conoscenze e metodi
offerti dall'insegnante. Salvo poi riflettere (sotto la guida dell'insegnante) sulle novità introdotte, sui
progressi realizzati, sul significato di quanto appreso, e passare ad utilizzazioni più avanzate.
La prospettiva di queste ricerche è in genere quella dell'imitazione attiva, nella zona di sviluppo
prossimale degli allievi, di prestazioni più avanzate di quelle da essi prodotte, ipotizzata da
Vygotskij come cruciale nel processo di trasmissione della cultura da una generazione all'altra.
Il punto delicato non concerne tanto l'esito dell'imitazione, ma la presa di coscienza da parte
dell'allievo di quanto ha appreso imitando, e la capacità di farne uso in modo consapevole.
Nella nostra storia come gruppo di ricerca ci sono stati almeno due momenti in cui abbiamo già
affrontato questo problema:
- con il "gioco voci-eco", in cui l'imitazione attiva riguardava "voci" della storia portate in classe
(tra 10 e 14 anni), discusse e imitate per situazioni problematiche diverse da quelle storiche;
- con il "recit" ("racconto") di Nadia Douek, in cui alla dimostrazione di un teorema fortemente
guidata dall'insegnante, che ne metteva in evidenza via via i punti cruciali, seguiva il racconto da
parte dell'allievo, che cercava di ricostruire il senso di quanto fatto sotto la guida dell'insegnante.
Se il gioco voci-eco riguarda soprattutto una modalità culturalmente qualificata di imitazione attiva,
il "recit" riguarda soprattutto la presa di coscienza di quello che l'insegnante ha portato nella classe
con la sua guida del processo dimostrativo.
Due questioni di ricerca connesse alla problematica della mediazione diretta del sapere da parte
dell'insegnante sono:
- come realizzare la mediazione diretta del sapere (conoscenze, strategie, ...) in modo tale che
l'allievo riesca in tempi brevi a passare da un ruolo di ascolto ed esecuzione, alla presa in carico del
sapere mediato, per farne uso personale;
- come realizzare la presa di coscienza del sapere mediato, delle sue caratteristiche salienti, delle
sue potenzialità e dei suoi limiti.
1.2: Problema dell'identità e dell'autonomia intellettuale. E' sollecitato dalla ricerca a livello
internazionale (Sfard e altri) in relazione al superamento del costruttivismo e all'importanza assunta
dall'insegnante come "mediatore culturale" e come "attivatore di processi" di appropriazione
collettiva consapevole del sapere mediato dall'insegnante (Radford). Nel seminario Habermas di
Torino questo problema è sollecitato da interventi di Manuel Goizueta.
La questione di ricerca connessa può essere formulata così: come gli allievi possono raggiungere
l'autonomia intellettuale, condizione di maturazione dell'identità personale sul terreno
culturale, se la loro prestazione scolastica è soggetta ai vincoli del contratto didattico (per cui
l'intenzionalità dell'allievo è rivolta, in primo luogo, a ciò che può soddisfare le attese
dell'insegnante, e non alla qualità in sé della soluzione trovata, alla sua validità epistemica, ecc.)?
In particolare: con quali strategie didattiche e a quale età si può intervenire in classe? Il "recit"
proposto e sperimentato da Nadia Douek per rendere consapevole l'allievo sul senso del dimostrare
può essere uno strumento in tal senso? Come trasporlo ad altre prestazioni diverse dal dimostrare?
1.3: La transizione tra livelli e forme di razionalità diverse: uno dei problemi di mediazione più
importanti riguarda il passaggio da forme di ragionamento e di comunicazione e criteri di validità di
un certo tipo, a forme di altro tipo. Ad esempio, passare dal ragionamento su esempi (e relative
forme di comunicazione e criteri di validità) al ragionamento generale connesso al dimostrare in
matematica, in teoria elementare dei numeri (vedi lavori di V primaria e di "scuola media" già
esposti in nostri incontri), e dal ragionamento sui disegni geometrici (con misure, sovrapposizioni,
ecc.) al ragionamento generale sulle figure, alla dimostrazione geometrica (vedi lavori sui rettangoli
isoperimetrici nella scuola media). Altro esempio, passare (nei giochi matematici come "la corsa a
20") da esplorazioni e scoperte di modi per vincere, al ragionamento sul perché in quel modo si
vince (vedi contributo di Egidia Fusani a luglio, e contributi al seminario Habermas di Torino).
Altro esempio, passare dall'uso operativo dei formalismi, alla consapevolezza della loro struttura
(vedi lavori sui formalismi in I e II primaria, vedi lavori in III e IV sull'abaco delle monete, vedi
confronti tra rappresentazione decimale-posizionale e rappresentazione additiva dei numeri). Altro
esempio, passare dalla padronanza operativa dei connettivi (es. il "perché", il "che") e delle loro
regole d'uso, alla riflessione ed esplicitazione del loro ruolo all'interno di diversi costrutti sintattici,
in relazione ai loro diversi significati. Altro esempio, passare da relazioni lineari di causa-effetto
nell'analizzare situazioni storiche o ambientali, a relazioni più complesse (retro-azione). In tutti
questi casi il costrutto di Habermas della razionalità consente di analizzare la natura del "passaggio"
secondo le dimensioni: epistemica (criteri di validità delle affermazioni); teleologica (dei modi di
ragionare, delle strategie); comunicativa (dei modi di comunicare con parole, simboli, ecc.).
Una questione di ricerca riguarda le modalità di mediazione del passaggio: ad esempio: guidare il
passaggio e poi riflettere sul passaggio effettuato (es.: cosa consideravamo vero prima, cosa
consideriamo vero adesso?); oppure esplicitare la natura del passaggio mentre lo si media (es.:
impariamo ora un modo nuovo per stabilire se una affermazione è vera....).
Altra questione di ricerca (connessa anche al problema successivo): quale consapevolezza è bene
raggiungano gli allievi, e a quale età, del funzionamento di un certo ambito del sapere in
termini di razionalità? Ad esempio: nel caso delle ombre del sole, la verifica della validità di una
affermazione può essere di natura argomentativa oppure sperimentale. E' possibile (a quale età?), è
utile (con quali ricadute positive?) rendere gli allievi consapevoli di ciò?
1.4. Problema dello sviluppo consapevole del comportamento razionale (secondo il modello di
Habermas) degli allievi.
Nello scorso anno una esperienza come quella della riflessione, in II primaria, sul fatto che una
conclusione (es. 25 è un numero dispari) può essere valida, ma con un warrant inadeguato (es.
perché 2+5 è dispari) per validarla, o una esperienza come quella in I media riguardante il
confronto tra una affermazione falsa (due angoli con un lato in comune sono consecutivi) e una
affermazione vera (due angoli consecutivi hanno un lato in comune) hanno aperto la strada a
possibili sperimentazioni per rendere gli allievi consapevoli del funzionamento della componente
epistemica del comportamento razionale.
Il recente contributo di ricerca di Nadia Douek sul "rational questioning" (cioè su domande
dell'insegnante esplicitamente e sistematicamente rivolte a sollecitare negli allievi l'attenzione e
l'impegno sulle diverse componenti del comportamento razionale: es., nel caso della verifica di una
congettura: Perché questa affermazione è vera? Come fai a stabilire se è vera? Come fai per
esporre a un altro il ragionamento che hai fatto, in modo che possa capirlo facilmente?) offre una
possibile pista di lavoro per indurre negli allievi un comportamento razionale autonomo (attraverso
la successiva interiorizzazione del rational questioning) e, forse, favorire la consapevolezza di esso.
Una questione di ricerca riguarda la possibilità (a quale età), e i modi, per "mediare" il
comportamento razionale come habitus consapevole.
1.5: direttamente connesso al problema precedente è il problema della salvaguardia della
creatività, che nasce dal dibattito in corso, nel Seminario Habermas di Torino, con due questioni
di ricerca sollecitate in particolare da Nadia Douek:
- quanto è compatibile una educazione alla razionalità (razionalità intesa secondo Habermas, che
richiede in particolare lo sviluppo della consapevolezza sulle scelte epistemiche, teleologiche e
comunicative) con l'esercizio del pensiero creativo, che si sviluppa spesso in modo del tutto
inconsapevole, non pre-ordinato, non pianificato?
- e quindi, quali sono le potenzialità ma anche i limiti dell'educazione alla razionalità (e, prima
ancora, dell'uso del costrutto di Habermas come strumento di analisi di quanto accade in classe)
se vogliamo tener conto della creatività degli allievi e del suo sviluppo?
Si tratta, in altre parole, di circoscrivere con cura i confini di uso del costrutto di Habermas nella
ricerca, nell'analisi dei comportamenti e nelle applicazioni educative;
1.6. problema teorico assai difficile (ma ricco di implicazioni anche operative, e connesso ai
problemi precedenti e anche al problema successivo del rapporto tra culture diverse): le relazioni
tra libertà di scelta, autonomia intellettuale, acculturazione, e creatività nello sviluppo del
processo educativo. Per Habermas, sapere (che richiede il conoscere perché una affermazione è
valida), agire consapevolmente e comunicare con l'intenzione e la consapevolezza dei mezzi per
essere compresi, cioé le componenti del comportamento razionale, sono tra le condizioni
necessarie per l'esercizio della libertà di scelta. Si tratta di una affermazione forte, per me
largamente condivisibile. Quali relazioni temporali e funzionali tra libertà di scelta così
condizionata, autonomia intellettuale legata all'identità e alla consapevolezza della propria cultura, e
creatività?
Come gestire lo sviluppo di tali relazioni nei tempi lunghi del processo educativo?
C'è un "prima" dell'acculturazione e dello sviluppo di forme evolute di razionalità e un "dopo" della
libertà di scelta e della creatività?
Oppure in ogni fase del processo educativo e dello sviluppo intellettuale occorre passare da
momenti in cui la pressione contrattuale sugli allievi riguarda l'appropriazione di forme
storicamente determinate di cultura e di razionalità, a momenti di riflessione su quanto appreso, a
momenti di esercizio libero delle competenze così sviluppate?
Come realizzare tutto ciò?
1.6: Il problema dell'interdisciplinarità, alla luce del costrutto di Habermas della razionalità.
Le ricerche condotte gli scorsi anni su temi quali "dalla riflessione linguistica, alla grammatica" e
"le regole" hanno evidenziato punti di contatto molto forti tra prestazioni razionali in tali ambiti, e
prestazioni razionali in ambito matematico. Si può parlare quindi di nuova interdisciplinarità che
coinvolge ambiti abitualmente non considerati nel costruire progetti di lavoro interdisciplinare.
Una questione di ricerca riguarda la possibilità (a quale età, e come?) di rendere tali collegamenti
consapevoli negli allievi. Ciò è forse più facile nel caso dell'interdisciplinarità negoziazione e
riflessione su regole / matematica?
Un'altra questione di ricerca riguarda l'individuazione di nuove "consegne" per attivare in ambiti
disciplinari diversi (come "grammatica" o "regole") comportamenti razionali significativi anche in
ambito matematico, e viceversa!
La questione è particolarmente rilevante a livello di scuola dell'infanzia e anche di classi iniziali
della scuola primaria, in cui minori sono le occasioni di sviluppo di comportamenti razionali in
ambito matematico mentre molteplici sono le occasioni in altri ambiti (come quello della
negoziazione delle regole).
1.7.Il problema della comprensione del testo disciplinare impegnativo: alcune esperienze e
riflessioni sviluppate da Claudia Tomasi lo scorso anno riportano alla ribalta tale problema, con una
ipotesi di ricerca formulata anni fa, parzialmente sperimentata e poi non più approfondita: il ruolo
cruciale (nella comprensione di testi disciplinari impegnativi) della padronanza dei copioni
espositivi propri dei vari ambiti disciplinari. Con questioni di ricerca connesse riguardanti:
- l'individuazione di tali copioni (al di là di quanto già acquisito: ad esempio il copione
dimostrativo; il copione della definizione in matematica; il copione della definizione in Scienze);
- la possibile (?) connessione di tali copioni con le forme di razionalità proprie delle diverse
discipline, non solo sul versante comunicativo, ma anche sul versante epistemico (es. copione
dimostrativo in matematica);
- la loro mediazione in classe: come fare appropriare gli allievi di tali copioni?.
1.8: Il problema dei formalismi della matematica: si tratta di un problema di ricerca ormai maturo,
grazie al lavoro intenso degli ultimi anni, e con alcuni punti fermi ormai acquisiti (l'opportunità di
avviare attività di presa di coscienza sui formalismi matematici già in I primaria; lo snodo
cruciale, in III, della presa di coscienza degli aspetti "strutturali" della scrittura decimaleposizionale attraverso la riflessione sull'abaco delle monete; il confronto, in V, con la
rappresentazione additiva dei numeri; la riflessione, in V, sul segno : come rappresentativo di un
calcolo che consente di risolvere problemi di natura molto diversa - partizione e contenenza).
Una questione di ricerca ancora aperta riguarda la ricerca delle consegne più efficaci per realizzare
la presa di coscienza sui diversi formalismi e sulle relative regole d'uso (compresi i formalismi non
ancora affrontati a fondo in questa prospettiva: uso delle parentesi e priorità tra le operazioni).
Altra questione di ricerca: cosa è possibile realizzare a livello di scuola dell'infanzia per quel che
riguarda la consapevolezza dei più elementari formalismi della matematica (modi di scrivere i
numeri...)?
E infine: sarebbe opportuno esaminare a fondo punti di contatto e differenze con il lavoro di
ricerca importante in corso da alcuni anni nel gruppo di ricerca di Bartolini Bussi (vedi
documento sulla "mediazione semiotica" distribuito tre anni fa), relativo a una diversa ipotesi di
sviluppo della padronanza dei formalismi della matematica (in particolare per quanto riguarda la
rappresentazione decimale-posizionale dei numeri). In tale impostazione non si parte, come nel
nostro caso, dall'operatività della scrittura dei numeri con le cifre legata ad acquisti e misure e dalla
padronanza operativa del valore posizionale delle cifre in tali attività per poi muovere verso la
riflessione teorica, ma dall'esplorazione di artefatti e macchine che rappresentano i numeri (es. la
pascalina, meccanismo-contatore con ruote ingranate, gli abaci) per costruire la padronanza
consapevole del formalismo e degli aspetti concettuali connessi, con attenzione a un graduale ma
immediato (e non differito, come nel nostro caso) rapporto tra operatività e riflessione sulla
struttura matematica soggiacente. Potrebbe essere assai interessante un incontro con il Gruppo di
Modena su queste diverse prospettive!
1.9. Il problema della diversità culturale (tra etnie diverse, ma anche tra ambienti socioculturali diversi): finora rimasto abbastanza ai margini della ricerca e della sperimentazione,
dovrebbe essere affrontato a fondo nella prospettiva di quanto probabilmente accadrà in futuro nelle
nostre scuola, tenuto conto dell'inarrestabile flusso di migranti verso l'Europa e anche del crescente
differenziarsi di consumi culturali, abitudini di vita, valori in atto nella società italiana.
Abbiamo a disposizione il costrutto di Habermas della razionalità, uno strumento che sembra adatto
per confrontare aspetti assai importanti di culture diverse prendendo le distanze da esse, cioè
evitando (in particolare) di assumere come canone di razionalità quello della nostra cultura ufficiale
e di confrontare con esso quello di altre culture per stabilire quanto esse sono lontane/inferiori
rispetto alla nostra. In questo senso ci sono state sollecitazioni "forti" da parte di persone presenti al
Research Forum di PME. E il lavoro di confronto analitico in corso a Modena con la cultura cinese
(con le loro forme di ragionamento, in matematica e in altri ambiti, e con i loro valori educativi)
potrebbe essere di grande interesse per noi.
Il problema non riguarda solo le questioni culturali della scuola secondaria. Già nella scuola
dell'infanzia e all'inizio della scuola primaria emergono valori e principi fondanti che
caratterizzano la nostra cultura (in realtà, analizzando più a fondo, le culture che si sviluppano
nelle nostre famiglie e nel rapporto con i media: ciò che è importante nel rapporto con gli altri, la
presenza/assenza di riferimenti regolativi al sovrannaturale, ecc.); lo strumento della razionalità
potrebbe permettere di individuare a tutti i livello scolastici differenze potenziali presenti tra modi
diversi di ragionare sulla società, sull'individuo, sulla verità, ecc. ecc. come premessa per l'agire
educativo.
Una questione di ricerca (o meglio: un programma di ricerca!) potrebbe riguardare l'uso del
costrutto di Habermas per identificare e descrivere tali differenze.
2. QUESTIONI DI METODO
Ai fini del miglioramento della qualità delle nostre ricerche (in modo da renderle più facili da
condurre e più "trasparenti") e dei loro risultati (in modo da renderli più affidabili e trasferibili), mi
sembra importante realizzare alcuni progressi per quanto riguarda:
2.1. LA PROGETTAZIONE
Gradualmente è maturata la consapevolezza dell'importanza di preparare un documento iniziale
sintetico ("PROGETTO"), con le seguenti indicazioni:
a)- la composizione della classe, il suo passato e il suo presente; la familiarità o meno con il metodo
di lavoro previsto, e con eventuali conoscenze necessarie per l'avvio dell'attività;
b)- la conduzione del lavoro (in collaborazione o no con colleghi della stessa classe, per quanto
riguarda il metodo di lavoro o anche specifici aspetti dell'attività prevista)
c)- il tema, le sue motivazioni (per la crescita della classe e per la ricerca);
d)- gli obiettivi formativi specifici che si vogliono raggiungere, le ipotesi di ricerca che si vogliono
verificare;
e)- la durata, le tappe del lavoro in classe;
f)- la gestione prevista delle attività in classe;
g)- gli strumenti di verifica, in itinere e finali.
Mentre sui punti a), b), e) molti progetti degli ultimi anni hanno raggiunto un soddisfacente livello
di formulazione, sui punti c) e d) non sempre è stato chiara (e a mio avviso va molto migliorata)
l'individuazione precisa delle ragioni per cui si è scelto di lavorare su un certo tema, e soprattutto
della finalità di ricerca e degli obiettivi formativi specifici, in modo da orientare una più precisa e
matura formulazione di g) (strumenti di verifica). Quanto ad f), mi sembra importante sforzarsi di
formulare già nel progetto alcune consegne almeno iniziali, in quanto una consegna decisa
affrettatamente può compromettere l'evoluzione di tutto il lavoro, e d'altra parte non è difficile
modificare (in corso d'opera, in relazione a quel che succede in classe) una consegna ben formulata
mentre è arduo improvvisarne una del tutto nuova. Importante è anche l'analisi a priori delle
consegne più importanti (come la consegna è connessa all'obiettivo formativo? come ci si aspetta
che gli allievi si comportino-incluse le difficoltà? come intervenire durante la gestione della
consegna?).
2.2. LA DOCUMENTAZIONE
L'analisi di quanto avvenuto e l'attendibilità e trasferibilità dei risultati dipendono in misura
determinante dalla qualità della documentazione disponibile. Su questo terreno occorre ancora, a
mio avviso, compiere dei progressi importanti per quanto riguarda:
i) l'informazione (da inserire all'inizio di ogni dossier) sulla situazione in cui è stata raccolta la
documentazione (attività precedenti; consegne autentiche, eventuali commenti che le hanno
accompagnate; gestione del lavoro in classe);
ii) l'autenticità dei documenti raccolti (se elaborati di alunni, con informazioni su eventuali
interventi per migliorarli o modificarli; se registrazioni, riportando con cura quanto registrato,
attraverso una sbobinatura precisa; non è però necessario sbobinare tutto, basta raccontare
quanto è successo tra un pezzo di sbobinatura e il successivo, ma la sbobinatura deve conservare
l'autenticità di quanto accaduto - compresa l'indicazione di lunghi silenzi, o di incertezze/
ripetizioni/ riformulazioni). Meglio evitare trascrizioni in classe di quanto detto dai bambini, si
rischia altrimenti di trascurare punti cruciali, e viceversa di prestare agli alunni espressioni che sono
l'interpretazione da parte dell'adulto di quanto hanno detto i bambini.
Abbiamo a disposizione, oltre a quelle già disponibili presso alcune scuole o personali, due
telecamere per riprese video, molto utili per registrare aspetti che rischiano di essere perduti nella
registrazione solo audio (anche se l'insegnante può annotare gesti, espressioni del volto, ecc.). Ci si
può mettere d'accordo per utilizzarle a turno in momenti cruciali della realizzazione dei progetti. Il
loro limite consiste nella necessità della presenza di un "operatore", ma si può ricorrere a una
tirocinante, o a qualcuno di noi libero in quel giorno.