PECCATI di GOLA La guardavo seduto al tavolino di fronte al suo, la

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PECCATI di GOLA La guardavo seduto al tavolino di fronte al suo, la
PECCATI di GOLA
La guardavo seduto al tavolino di fronte al suo, la mano destra dalle unghie dipinte di rosso sollevava il
bicchiere portandolo, con un movimento di sensuale lentezza, alle labbra dello stesso colore del vino,
rubino.
O forse, era il contrario. Dietro al piccolo acquario che era il calice, non potevo capirlo, ma mi piaceva
l’inconsapevole magia di quella sinfonia di rosso mischiata al verde e azzurro dei suoi occhi.
Avrei voluto essere quel vino per bagnarle le labbra e poi entrarle in bocca e lì rimanere per farmi scaldare,
assaporare, degustare, passando sopra e sotto la lingua, scivolare sulle pareti dell’accogliente cavità rosata,
e lungo la gola, fino a farmi ingoiare del tutto.
E poi con un guizzo, come un pesce dentro a quello strano acquario tinto di rosso rubino, salirle alla testa
per farla sentire leggermente piacevolmente su di giri.
Era sola, almeno così sembrava, in quell’albergo davanti al mare sulla costa ligure, intessuto di buganvillea,
di rosmarino e di oleandri.
Io ero lì, da qualche giorno, dopo essermi allontanato momentaneamente dalla città e definitivamente da
una donna cui nulla mi legava più, da quando aveva cominciato a vivere perennemente a dieta, intristita e
appassita davanti a piatti monocromatici d’insalata scondita, yoghurt magro e tisane per digerire il nulla.
Aveva perfino rinunciato a fare l’amore, perché era un peccato della carne, diceva.
Non secondo me, che mi lasciavo sempre tentare dai peccati di gola e non solo …
Stavo bene senza di lei e le sue assurde manie.
Amavo bere e mangiare, lo trovavo naturale, necessario e appagante, eppure ero in ottima forma, nessun
grasso appesantiva il corpo, ancora attraente nonostante non fossi più un ragazzo, che allenavo con il
tennis e le passeggiate in montagna. Mio padre mi aveva insegnato a conoscere e ad apprezzare cibo e
vino, amandoli senza tuttavia abusarne, proprio come avevo sempre fatto con le donne.
E quella donna così attraente, perché era lì?
Arrivò il cameriere portandole un filetto, alto, succoso e invitante, io avevo preferito un risotto ai frutti di
mare e un branzino al sale, sorseggiando un Pinot grigio ghiacciato, delle mie terre del nord d’Italia, dello
stesso giallo paglierino dei suoi capelli ondulati.
Avrei voluto che i nostri gusti s’incontrassero, forse sarebbe successo, a fine cena, pensai, gustando la
morbidezza del pesce freschissimo.
Mi sembrava di vedere affondare i suoi denti bianchi e perfetti nella tenera carne, masticarla dolcemente,
le labbra muoversi ritmicamente ad ogni morso, desiderando che mordesse me, invece …
Avvicinando la forchetta alle labbra umide, si accorse del mio sguardo, del mio stupore e ammirazione nel
vederla godere, come se facesse l’amore, del cibo e del vino, e mi sorrise sollevando nella mia direzione il
bicchiere di vino rosso ligure.
Io alzai il mio calice di Pinot che odorava di mele Golden e di miele, come la sua pelle, e brindammo a noi
due.
Estasiato, cascai innamorato all’istante, come una pera cotta, proprio come quella che c’era nel menu per
dessert, annaffiata di Barolo e spruzzata di cannella.
Io, il mio dessert l’avevo già scelto …
Daria D.