mario merz
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Scenari Scenari luce e ambiente MARIO MERZ ILNEON NELLASUA ARTE A Torino è aperta la sede espositiva della Fondazione Merz, nata per ospitare le opere dell’artista, per conservarle e renderle accessibili e comprensibili al pubblico. La sede della Fondazione, ex centrale termica Officine Lancia, è un edificio industriale costruito nel 1936 e situato in Borgo San Paolo. L’artista ha scelto questo edificio industriale perché nel suo immaginario, pensava ad una sorta di complicità tra forma e spazio dell’edificio e la forma delle sue opere nello spazio. di Gisella Gellini, architetto L’edificio ha una superficie complessiva di 3.200 mq. dei quali 1.400 destinati all’esposizione, articolati su tre livelli e comprendenti un’area esterna. I lavori esposti dialogano con la struttura: si ha la sensazione di trovarsi in un vero “paesaggio” che rispetta la poetica dell’artista. Mario Merz, nato nel 1925 a Milano, dove morirà nel 2003, nella sua concezione dell’Arte ha coniugato sensorialità e concettualità. Dalla metà degli anni ‘60 ha realizzato opere che trasmettono sensazioni fortissime, con un accostamento magico tra luce e materiali poveri: opere in cui il neon sarà presente come sorgente luminosa come, poi, in tutto il suo percorso artistico. Realizza numerose installazioni in spazi esterni: 28 a Torino ricordiamo i suoi numeri luminosi sulla Mole Antonelliana e le scritte sull’Igloo Fontana del passante ferroviario, ma anche le opere di Parigi, Ginevra, Sonsbeck e Munster. Tra le installazioni in spazi pubblici, vale la pena menzionare la metropolitana di Berlino, la stazione ferroviaria di Zurigo, i Numeri nel bosco a Salisburgo, la linea tranviaria di Strasburgo. In un’intervista rilasciata a Torino a Germano Celant, principale teorico dell’Arte Povera, corrente di cui l’artista fa parte, afferma “per me il disegno è scrivere”. Dal 1970 inizia ad usare il neon per rappresentare i numeri della serie Fibonacci (vedi riquadro con l’opera di Merz a Strasburgo) un sistema capace di rappresentare i processi di crescita del mondo organico attraverso i numeri. “Il neon” - citando lo stesso Merz - “rappresenta il segno infinito della luce e l’impronta della sua forma letteraria”. Per meglio comprendere il lavoro di questo grande maestro, l’uso dei materiali , la realizzazione tecnica delle sue opere che si trovano in quasi tutte le parti del mondo, è stato molto importante l’incontro e la disponibilità dell’architetto Mariano Boggia che, avendo curato l’allestimento e l’installazione Scenari Scenari delle opere di Mario Merz e di altri artisti dello stesso gruppo dal 1984, è la persona più adeguata per spiegare la metodologia di lavoro di questo grande artista. “Non so perché Mario Merz abbia usato il neon: è evidente che a partire dagli anni Sessanta il neon è uno dei suoi caratteri compositivi” - secondo Boggia. Dai racconti di quegli anni, vissuti molto in gruppo, commenta che la creazione delle opere sia stata una specie di divertimento, di allegro stupore, in un’epoca in cui c’era una pesantezza mentale, dove si sentiva l’obbligo di fare qualcosa di scandalosamente importante, che sconvolgesse le aspettative del visitatore. Mario Merz ha sconvolto in maniera ludica: ha introdotto il neon come ha introdotto le pietre, i vetri rotti, per un’esigenza di leggerezza, realizzando installazioni che crearono un certo sconcerto, per la maniera diversa in cui erano impiegati i materiali. Una parola chiave del suo lavoro era “occupare uno spazio”, aveva a cuore che l’opera fosse inserita nello spazio architettonico o urbano; concepiva la forma in funzione delle caratteristiche dello spazio ma non si curava sempre personalmente dei dettagli tecnici; gli interessava, per esempio che i numeri fossero in mezzo alle rotaie a Strasburgo o nella passeggiata di Barcellona, ma non gli importava che fossero coperti con il plexilglass o che il bordino del contenitore fosse in acciaio: demandava i dettagli costruttivi ai tecnici. Per Merz la luce non ha mai preso il posto dell’oscurità, ha usato il neon per le caratteristiche stesse del materiale che gli permetteva di leggere i suoi numeri e le sue scritte. Non ha mai definito una regola costruttiva, non ha mai stabilito un decalogo sul neon. Alla mostra del Guggenheim dell’89 sono arrivati i numeri di varie misure e colori, tutti diversi, ma tutti validi per l’idea che l’artista voleva realizzare. Negli anni ‘80 sono iniziate le installazioni all’estero, i viaggi e da qui la scomodità di spedire il materiale. E non tutto partiva dall’officina del neonista torinese, visto la fragilità del materiale; spesso i numeri venivano realizzati sul posto. La serie di Fibonacci, come il neon, nasce dalla frequentazione con un gruppo di artisti e collaboratori. E’ una rappresentazione, un segno della crescita, che si può leggere in certi fenomeni della natura: dalla spirale della chiocciola alla posizione delle foglie su di un ramo, alla moltiplicazione della coppia dei conigli, c’è tutta una serie di fenomeni naturali che possono essere descritti attraverso questa serie. Merz la crescita la esprime con la serie di Fibonacci: prima nei quadri, poi nell’84 sulla Mole Antonelliana, poi in Luci d’artista e in molte altre opere. Le due successive realizzazioni dell’opera sulla Mole Antonelliana costituiscono un esempio sintomatico dell’approccio di Merz. Nell’84 il neonista che da sempre accompagnava Mario con un suo aiutante, ha montato la serie dei numeri di Fibonacci con due corde di canapa, Mario Merz, Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case? 1994. Struttura semisferica in tubolare di metallo, vetri, lose, morsetti, scritte al neon, metal tubes, glass, stones, clamps, neon writing, h 300 cm, Ø 600 cm. senza mai uscire fuori dalle finestre. Per Luci d’Artista si è dovuto ricorrere ad una ditta con alpinisti. Oggi gli stessi numeri al neon rossi sono montati su supporti grigi molto leggeri, fissati a due corde di acciaio; lateralmente le due strutture finiscono con NEON maggio/giugno 2005 due morsetti e un alpinista ha montato ad intervallo crescente i telaietti dei numeri. E’ stata pensata da Merz come un’installazione molto semplice, poco tecnologica: voleva che sulla Mole ci fossero solo i suoi numeri non una cosa aggiunta. 29 Scenari Scenari luce e ambiente Mario Merz a Strasburgo Vale la pena soffermarsi sull’opera di Strasburgo e su quanto dichiarato a proposito dallo stesso artista, perché l’opera e le parole di Merz rappresentano una sintesi della sua filosofia e del suo rapporto con lo spazio urbano e con i potenziali fruitori del suo lavoro. Descrizione dell’opera INTERVISTA A MARIO MERZ Mario Merz ha scelto di iscrivere la serie di Fibonacci dentro dei cassoni stagni luminosi inseriti nel suolo tra le rotaie del tram su una distanza di 1,3 Km. L’opera si compone di una serie di 16 cassoni e di due serie di 15 cassoni ciascuna per un totale di 46 cassoni. La serie più lunga (cifre da 1 a 987), che si sviluppa dalla stazione Langstroff alla stazione Porte de l’Hopital, si inserisce tra altre due serie da 1 a 610, su un tragitto di andata e ritorno al centro della città. La larghezza dei cassoni è proporzionale al numero delle cifre, la loro altezza è costante. L’unità di misura è la lastra della pavimentazione, che condiziona sia la dimensione dei cassoni che la distanza fra di essi. In effetti, i cassoni sono separati fra di loro dalle rigature dalle separazione delle lastre che declinano ugualmente la serie di Fibonacci in un modo tale che i primi cassoni sono più vicini gli uni agli altri degli ultimi. I cassoni sono stati realizzati da una società lionese de Control de Equipement. Sono in PVC ricoperto da lastre di vetro sabbiato e trattato ad acido. Delle cifre elettroluminescenti fissate al fondo dei cassoni riproducono i termini della serie secondo un grafismo di Mario Merz, rivelandosi sempre più nettamente man mano che la notte arriva. Gli elementi luminosi sono alimentati elettricamente da un trasformatore collocato sotto il cassone. La serie di Fibonacci, serie matematica studiata da Leonardo di Pisa detto Fibonacci all’inizio del 13° secolo, è uno degli elementi ricorrenti dell’opera di Mario Merz. Questa serie si basa sul principio di una progressione di cifre, in cui ogni elemento è la somma dei due elementi precedenti. La serie di Fibonacci si stabilisce quindi così: 0; 1; 0+1=1; 1+1=2; 2+1=3; 3+2=5; e poi 8, 13, 21, 34, 55, 89 e così di seguito fino all’infinito. Questa serie mostra una grande varietà di 30 collegamenti con il fenomeno della crescita in vari ambiti delle scienze naturali: da quello del numero di coppie di conigli generate da un’unica coppia iniziale a quello della disposizione delle foglie sul ramo di un albero fino alla crescita a spirale della conchiglia del “Nautilus”. Perché avete deciso di collocare la serie di Fibonacci a terra? I segni luminosi, che seguono il filo delle rotaie, hanno a che vedere con la crescita. Il fatto che siano sistemati a terra richiama la crescita, di ciò che comincia a sorgere dalla terra. Alla stessa maniera l’orizzontalità di tutta la scultura richiama la crescita degli esseri sulla terra, crescita vegetale o animale. La serie di Fibonacci rappresenta il modello della crescita e della moltiplicazione di certi vegetali. D’altro canto l’orizzontalità propone una grande varietà di punti di vista: a seconda che si sia pedoni, ciclisti, o automobilisti, o a seconda che si viaggi col tram o che la si guardi dall’alto della propria finestra, si ha una visione diversa della scultura. Le dimensioni dei cassoni che contengono le cifre, le dimensioni della cifre quelle dei numeri che crescono fino a tre cifre, man mano che la progressione della serie cresce si integrano nell’architettura urbana generale. Come avete affrontato lo spazio urbano a Strasburgo? Se voi considerate la lunghezza attuale della linea del tram, diciamo un decina di chilometri, è chiaro che questa distanza può essere coperta a piedi da un pedone; d’altro canto con lo sguardo non si può abbracciare tutta questa distanza. Camminare sulla scultura è un fenomeno importante, perlomeno un’attitudine che è fra i campi delle capacità umane. In questo caso, vedere implica che le percezioni evolvono mano a mano che il paesaggio della città cambia. Così la scultura diviene un commentario importante al paesaggio della città. Voglio dire che questa scultura non consiste solamente nello svolgimento di una serie, ma che è anche un esperimento per creare un paesaggio astratto in un paesaggio naturale. Sulla distanza di 1,3 Km dove la vostra opera si iscrive fra le rotaie, non c’è una sola serie di Fibonacci ma tre. Data la lunghezza della linea, non è possibile sviluppare una serie indefinitamente; troppo rapidamente si arriva a dei numeri eccessivamente grandi, la cui dimensione non è compatibile con la distanza fra le rotaie. Ho, dunque, proposto di scindere la serie in tre. Questa non produce una visione restrittiva, ma è un esempio. NEON maggio/giugno 2005