Congedi e permessi per l`assistenza delle persone disabili

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Congedi e permessi per l`assistenza delle persone disabili
08 Novembre 2016

Assistenza ai disabili in
situazione di gravità
Congedi e permessi per
l’assistenza delle persone
disabili
Congedo straordinario
biennale retribuito

Congedo per gravi e
documentati motivi familiari
non retribuito
Circolari 24 Lavoro / Il Sole 24 ORE
08 Novembre 2016
RAPPORTO DI LAVORO
Assistenza ai disabili in situazione di gravità
A CHI SI RIVOLGE
 DATORE DI LAVORO
Pubblici e privati
 LAVORATORE
Lavoratori subordinati
 PROFESSIONISTA
Non è richiesto alcun
adempimento
ABSTRACT
L'Ordinamento è improntato alla tutela del lavoro dei portatori di
handicap e dei loro familiari, al fine di evitare che la prestazione di
attività lavorativa resa dagli stessi possa risultare inconciliabile
con le particolari esigenze derivanti dalla condizione di portatore di
handicap o del familiare. Esistono alcuni particolari istituti legali
messi a disposizione della famiglia “lavoratrice” che al proprio
interno è costretta a fare fronte a situazioni di gravità ed onerosità
connesse allo status di disabilità di uno o più dei suoi componenti.
COMMENTO
La situazione di gravità, richiesta dalla legge, di un soggetto affetto da handicap è certificata a
cura di apposite commissioni costituite presso le ASL di cui all'art. 4, comma 1, della legge
104/1992 , integrata da un medico Inps ai sensi dell'art. 20, comma 1, del decreto legge 1°
luglio 2009, n. 78 .
La gravità certifica la presenza di una minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto
l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento
assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di
relazione.
La normativa in materia, in caso di non tempestiva pronuncia da parte delle commissione
medica (cioè decorsi novanta giorni dalla domanda), consente che gli accertamenti siano
effettuati, in via provvisoria, da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio
presso l'unità sanitaria locale da cui è assistito l'interessato. L'accertamento è a carattere
provvisorio, in quanto esplica i suoi effetti fino all'emissione dell'accertamento definitivo ad
opera della commissione che deve, in ogni caso, pronunciarsi entro centottanta giorni dalla
data di presentazione della domanda. Da notare, con riferimento ad alcuni particolari
soggetti, che l'art. 94, comma 3, L. n. 289/2002 , ha previsto una procedura alternativa alla
certificazione della citata commissione ASL. La situazione di gravità dei soggetti affetti dalla
sindrome di Down, per esempio, può essere accertata anche dal medico di base, previa
richiesta di presentazione del cariotipo (patrimonio cromosomico di un organismo); in tali
casi il disabile resta esente da ulteriori visite e controlli. Altra situazione particolare riguarda
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gli invalidi di guerra considerati portatori di handicap in situazione grave: per questi,
l'attestazione della gravità può avvenire anche da parte dei Ministeri competenti al momento
della concessione dei benefici pensionistici (INPS, circ. n. 128/2003 ).
Oltre alla situazione di gravità, un secondo principio guida in materia, è quello del “referente
unico” per l'assistenza alla persona in situazione di handicap grave. Il referente unico
rappresenta l'unico soggetto al quale la legge attribuisce particolari tutele sul lavoro al fine di
potersi ritagliare spazi e condizioni (permessi, congedi, ecc.) per l'assistenza al familiare
bisognoso, senza rischiare di compromettere la stabilità del rapporto di lavoro.
Per esempio, l'art. 33 della L. n. 104/1992 , in materia di permessi giornalieri, sancisce che il
diritto alla fruizione degli stessi non può essere riconosciuto a più di un lavoratore
dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Tuttavia,
per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto
ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il lavoratore
dipendente in ogni caso, ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in
situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine
entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con
handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi
affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il lavoratore che usufruisce dei
permessi che risiede in un comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri
rispetto a quello di residenza del lavoratore, deve attestare con titolo di viaggio, o altra
documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell'assistito.
Sul punto, il Ministero del Lavoro ha chiarito che quando il disabile assuma il domicilio anche
solo per un determinato periodo di tempo, presso la residenza di diversi parenti entro il
secondo grado, è necessario che ciascun avente diritto presenti, di volta in volta, l'istanza per
ottenere il riconoscimento dei permessi di cui all'art. 33, L. n. 104/1992 , al fine di prestare
legittimamente la dovuta assistenza (Nota 9 agosto 2011, n.32, prot. n. 25/II/0014542 ). Ciò a
conferma di quanto già fissato dalla legge circa il fatto che i permessi possono essere
riconosciuti esclusivamente ad un unico soggetto per ciascun disabile senza che sia possibile
stabilire preventivamente che, rispetto ad un determinato arco temporale, siano più d'uno i
soggetti che usufruiranno dei permessi in questione.
Abbiamo fatto più volte accenno ai permessi exart. 33 della L. n. 104/1992 , che tra le tutele in
ambito disabilità è certamente tra gli istituti più conosciuti ed utilizzati.
L'art. 33 citato, ai commi 2 e 3, prevede che i familiari e parenti che assistono una persona con
handicap in situazione di gravità, possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro:
1. in caso di minore con handicap in situazione di gravità, entro il compimento del dodicesimo
anno di vita del bambino, di prolungare il congedo parentale, per un periodo massimo non
superiore a tre anni; a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso
istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore; la
richiesta può essere avanzata dalla lavoratrice madre o, in alternativa, dal lavoratore padre
(art. 33, D.Lgs. 151/2001 ); durante il congedo spetta una indennità giornaliera stabilita in
misura pari al 30% della retribuzione;
2. in alternativa al prolungamento del congedo parentale di cui sopra, di usufruire di due ore
di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino (art.
33, co. 2, L. 104/1992);
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3. a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a
tempo pieno, di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito, anche in maniera
continuativa; la richiesta può essere avanzata dal coniuge, parente o affine entro il secondo
grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge del soggetto in situazione di
gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da
patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (art. 33, co. 2, L. 104/1992); anche tale
permessi giornalieri sono, per i genitori di cui al punto 1, alternativi al prolungamento del
congedo parentale.
Anche il lavoratore (maggiorenne) che sia esso stesso portatore di handicap in situazione di
gravità, può usufruire, alternativamente, dei permessi di cui ai precedenti punti 2 e 3, con
l'aggiunta di potere scegliere, ove le condizioni aziendali lo consentano, la sede di lavoro più
vicina al proprio domicilio. In altri termini, il lavoratore portatore di handicap ha diritto a
due ore di permesso giornaliero retribuito oppure a tre giorni di permesso mensile retribuito,
fruibile anche in maniera continuativa (INPS, circ. n. 37/1999 ).
La domanda di fruizione del permesso può essere cambiata (da permessi orari a permessi
giornalieri e viceversa) da un mese all'altro o anche nell'ambito dello stesso mese nel caso
sopraggiungano esigenze improvvise (INPS, circ. n. 133/2000 ).
Il datore di lavoro deve anticipare, per conto dell'INPS, un importo corrispondente alla
retribuzione che sarebbe spettata per le ore di permesso - determinata con le modalità
previste per i permessi giornalieri c.d. per allattamento - da porre a conguaglio. L'indennità
comprende sia la gratifica natalizia che le altre mensilità aggiuntive (INPS, mess. n.
13032/2005 ).
Il lavoratore con disabilità grave, che già beneficia dei permessi ex lege n. 104/1992 per se
stesso, può cumulare il godimento dei tre giorni di permesso mensile per assistere un proprio
familiare con handicap grave, senza che debba essere acquisito alcun parere medico legale
sulla capacità del lavoratore di soddisfare le necessità assistenziali del familiare anch'esso in
condizioni di disabilità grave (INPS, circ. n. 53/2008 ).
Diversamente, la diretta fruizione dei permessi da parte dei lavoratori portatori di handicap
ne impedisce il contemporaneo utilizzo da parte dei genitori, parenti o affini.
I giorni di permesso, invece, potranno essere riconosciuti al lavoratore non disabile, familiare
convivente del lavoratore portatore di handicap anche se quest'ultimo già fruisce dei
permessi per se stesso, a condizione che:
- il lavoratore portatore di handicap, pur beneficiando dei propri permessi, abbia una effettiva
necessità di essere assistito da parte del familiare lavoratore convivente;
- nel nucleo familiare non sia presente un altro familiare non lavoratore in condizione di
prestare assistenza (INPS, circ. n. 37/1999 ;INPS, circ. n. 133/2000 ; Min.Lav. nota prot. n.
4582/2006 );
- i due soggetti interessati (lavoratore non disabile e lavoratore portatore di handicap)
fruiscano dei giorni di permesso nelle stesse giornate (INPS, circ. n. 128/2003 ).
Torna utile ricordare, altresì, che i lavoratori mutilati e agli invalidi civili con riduzione della
capacità lavorativa superiore al 50% (quindi, non necessariamente in situazione di gravità)
possono usufruire ogni anno di un congedo per cure non superiore a trenta giorni, da godere
anche in modo frazionato (art. 7, D.Lgs. n. 119/2011 ). Il congedo è accordato dal datore di
lavoro su domanda del dipendente, accompagnata dalla richiesta di un medico del SSN con la
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quale si attesti la necessità della cura in relazione all'infermità invalidante riconosciuta.
Il periodo di congedo non rientra nel periodo di comporto malattia ed il dipendente ha diritto
al trattamento economico spettante in caso di assenze per malattia. Il lavoratore è tenuto a
documentare l'avvenuta sottoposizione alle cure: in caso di trattamenti terapeutici
continuativi, la giustificazione dell'assenza può essere prodotta anche in via cumulativa.
Da notare che l'onere economico del congedo in questione, anche se computato secondo il
regime della malattia, resta a carico del datore di lavoro e non dell'INPS.
SI RICORDA CHE
Per usufruire delle agevolazioni riservate ai genitori (prolungamento del periodo di congedo
parentale, permessi orari e permessi mensili retribuiti), il richiedente deve inoltrare al datore di
lavoro ed all'INPS apposita domanda tramite il mod. SR08 - Hand 2 (domanda di permessi per
l'assistenza ai familiari disabili in situazione di gravità) e la documentazione dalla quale risulti
l'accertamento dell'handicap. Occorre, inoltre, allegare idonea documentazione (ad esempio
atto di notorietà, autocertificazione, dichiarazione della ASL che assiste il minore, ecc.) dalla
quale risulti che il bambino non è ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
SCHEMI E TABELLE
Tabella riepilogativa delle opzioni per i “genitori”
Genitori con figli fino a 3 anni di età
Possibilità di fruire, in
alternativa, dei tre giorni di
permesso al mese,
ovvero dei permessi orari
giornalieri (due ore di riposo al
giorno),
ovvero del prolungamento del
congedo parentale
Genitori con figli oltre i 3 anni e fino
Genitori con figli oltre i 12 anni di
ai 12 anni
età
Possibilità di beneficiare, in
alternativa, dei tre giorni di
permesso al mese,
- ovvero del prolungamento del
congedo parentale
Possibilità di beneficiare dei tre
giorni di permesso al mese
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adempimento
ABSTRACT
Uno dei congedi di lunga durata previsti dalla normativa in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità - e più
in generale della famiglia - è il congedo straordinario biennale
retribuito previsto dall'articolo 42, comma 5, del D.lgs. n. 151/2001,
fruibile, tra tutti gli aventi diritto, per ogni familiare disabile
assistito, per un periodo massimo complessivo di 2 anni in tutta la
vita lavorativa, in un'unica soluzione ovvero in modo frazionato.
COMMENTO
Il congedo straordinario biennale non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per
l'assistenza alla stessa persona disabile in situazione di gravità (referente unico) e spetta
anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto; tale assenza dal lavoro concorre al
raggiungimento del limite massimo di due anni di assenza nell'arco della vita lavorativa
previsto dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 53/2000 per gravi e documentati motivi
familiari.
I presupposti sono gli stessi richiesti per la fruizione dei permessi previsti dall'art. 33 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104 :
• il soggetto da assistere, che deve essere in situazione di gravità ai sensi dell'articolo 3 della
legge 104/92 , non deve essere ricoverato a tempo pieno, intendendosi con ciò il ricovero per
le intere ventiquattro ore presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che
assicurano assistenza sanitaria continuativa;
• la condizione di disabilità grave del soggetto da assistere deve essere confermata dalla
competente Commissione medica ASL, di cui all'art. 4, comma 1, della legge 104/1992 ,
integrata dal medico Inps, ai sensi dell'art. 20, comma 1, del D.L. n. 78/2009 (convertito in
legge dalla L. n. 102/2009).
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Può richiedere il congedo:
• il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata;
• in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente,
ne ha diritto il padre o la madre anche adottivi;
• in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della
madre, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi;
• in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha
diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
Per comprendere quali siano le patologie invalidanti, si deve far riferimento alle patologie
indicate nell'art. 2, comma 1, lettera d), del DPCM 21 luglio 2000, n. 278 :
• patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita
dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare,
psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni
periodiche;
• patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi
clinici, ematochimici e strumentali;
• patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel
trattamento sanitario;
• patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti
numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il
coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 203/2013 , ha esteso il diritto al congedo in
argomento al parente o all'affine entro il terzo grado, convivente con la persona in situazione
di disabilità grave, come meglio chiarito dall'Inps nella circolare n. 159/2013 . Alla luce di tale
sentenza gli aventi diritto hanno il seguente ordine di priorità:
1. il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
2. i genitori anche adottivi o affidatari in caso di mancanza, decesso o in presenza di coniuge
con patologie invalidanti;
3. uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità in caso di mancanza,
decesso o in presenza di genitori con patologie invalidanti;
4. uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità in caso di
mancanza, decesso, o in presenza di figli con patologie invalidanti;
5. un parente o affine entro il terzo grado convivente con la persona in situazione di disabilità
grave, in mancanza degli altri soggetti individuati dalla norma.
Per “mancanza” di un familiare, deve intendersi non solo una situazione di assenza naturale e
giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma anche ogni altra condizione
ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall'autorità
giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono
(INPS, circ. n. 32/2012 ).
Il requisito della convivenza si rende necessario qualora a richiedere il congedo siano: il
coniuge, i figli, i fratelli/sorelle o i parenti/affini entro il terzo grado del disabile grave. Per
convivenza si deve fare riferimento alla residenza, ai sensi dell'art. 43 c.c.; si ritiene
comunque condizione sufficiente anche la residenza nel medesimo stabile, stesso numero
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civico, anche se non nello stesso appartamento (INPS, mess. n. 6512/2010 ).
Con circolare n. 41/2009 l'Inps ha precisato che i genitori naturali o adottivi e affidatari del
disabile hanno titolo a fruire del congedo solo nella misura in cui si verifichi una delle
condizioni sotto riportate:
• il figlio – portatore di handicap – non sia coniugato o non conviva con il coniuge;
• il coniuge del figlio non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo;
• il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei
medesimi periodi del congedo in esame.
Una delle prerogative richieste per concedere il congedo è la mancanza di ricovero a tempo
pieno della persona da assistere, tranne il caso in cui sia richiesta in ospedale la presenza del
soggetto che presta assistenza. Solo in tre ipotesi è concesso il congedo e più precisamente
quando la persona da assistere è ricoverata a tempo pieno per i seguenti motivi:
a) ricovero a tempo pieno di un minore per il quale risulti documentato dai sanitari della
struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare;
b) ricovero in stato vegetativo persistente e/o in situazione terminale;
c) interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile di recarsi al di fuori della
struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie certificate (messaggio Inps n. 14480 del
28 maggio 2010).
Ai lavoratori in congedo straordinario spetta un'indennità corrispondente all'ultima
retribuzione con riferimento alle sole voci fisse e continuative del trattamento. L'indennità,
pertanto, è corrisposta nella misura dell'ultima retribuzione percepita, esclusi gli emolumenti
variabili della retribuzione. Tale congedo non è utile ai fini della maturazione delle ferie, della
tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto; essendo il congedo coperto da
contribuzione figurativa, diversamente dal congedo biennale non retribuito, lo stesso è valido
ai fini del calcolo dell'anzianità assicurativa e la differenza da accreditare corrisponde alla
retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore se avesse prestato regolarmente la sua attività
lavorativa. I tetti fissati per l'indennità e per la contribuzione figurativa degli ultimi tre anni
sono esposti nella tabella che segue (INPS, circ. n.44/2014 , circ. n.78/2015 , circ. n.51/2016 ). A
partire dall'anno 2002 il limite di € 36.151,98 è rivalutato annualmente sulla base delle
variazioni ISTAT. L'indennità è anticipata dal datore di lavoro secondo le modalità previste
per la corresponsione dei trattamenti economici di malattia/maternità.
Valori massimi dell'indennità economica e della retribuzione figurativa accreditabile
Anno
Importo
Importo massimo
Importo massimo retribuzione
complessivo
indennità
figurativa
annuo
Annuo
Giornaliero
Annuo
Settimanale
Giornaliero
2014
47.351,12
35.602,00
97,54
35.602,00
684,65
97,54
2015
47.445,82
35.674,00
97,73
35.674,00
686,03
97,73
2016
47.445,82
35.674,00
97,47
35.674,00
686,03
97,47
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Il lavoratore ha diritto a fruire del congedo entro sessanta giorni dalla richiesta all'Inps e al
datore di lavoro che anticipa l'indennità per conto dell'Istituto di previdenza; la domanda
deve essere corredata da idonea certificazione o dichiarazione sostitutiva per ciò che concerne
i requisiti ed inviata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti tre
canali:
1) WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il
portale dell'Istituto - servizio di “Invio OnLine di Domande di Prestazioni a Sostegno del
Reddito”;
2) Patronati – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi;
3) Contact Center Multicanale – attraverso il numero verde 803164.
Le somme anticipate dal datore di lavoro non sono soggette a contribuzione ma subiscono
l'imposizione fiscale nei modi ordinari. Il datore di lavoro compensa mensilmente con gli altri
contributi dovuti quanto anticipato al lavoratore indicandolo nella denuncia contributiva.
SI RICORDA CHE
Legge 76/2016 sulle unioni civili all' articolo 20 dispone che “ al solo fine di assicurare
l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione
civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le
disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono
nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e
nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone
dello stesso sesso”.
Si auspica che quanto prima vengano fornite le dovute indicazioni di adeguamento alle nuove
previsioni di legge, al fine di applicare anche a tali soggetti i diritti fino ad ora spettanti ai
coniugi, incluso il congedo straordinario biennale in esame.
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non retribuito
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Il secondo dei congedi di lunga durata previsti dalla normativa in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, e più
in generale della famiglia, è il congedo richiesto per gravi motivi
familiari. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono
richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di
congedo, non superiore a due anni in tutta la vita lavorativa, tra
tutti gli aventi diritto, in modalità continuativa o frazionata. Tale
congedo non è retribuito.
COMMENTO
Durante il periodo di congedo il dipendente non ha diritto alla retribuzione ma conserva il
posto di lavoro anche se l'assenza non è computata nell'anzianità di servizio; inoltre il
lavoratore, in tale periodo, non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.
Il periodo concesso per congedo non retribuito tiene conto anche di quanto eventualmente già
fruito a titolo di congedo straordinario retribuito di cui all'articolo 42, comma 5, D.lgs.
151/2001 ed è legato alla situazione:
• personale;
• della propria famiglia anagrafica;
• dei soggetti obbligati agli alimenti di cui all'art. 433 c.c. anche se non conviventi;
• dei portatori di handicap, parenti ed affini entro il terzo grado, anche se non conviventi.
I soggetti di cui all'art. 433 c.c. sono il coniuge e i parenti entro il 2° grado e affini entro il 1°
grado tra cui:
• i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e in loro mancanza, i discendenti prossimi,
anche naturali;
• i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali, gli adottanti;
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• i generi e le nuore;
• il suocero e la suocera;
• i fratelli e le sorelle.
Gravi motivi familiari (art. 2 del DPCM 21 luglio 2000, n. 278 )
Per “gravi motivi” si intendono:
• le necessità familiari derivanti dal decesso di uno dei soggetti sopra indicati;
• le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria
famiglia nella cura o nell'assistenza dei soggetti sopra richiamati;
• le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il
dipendente;
• le situazioni riferite ai soggetti sopra indicati, derivanti da specifiche patologie da attestare
con documentazione sanitaria.
Le situazioni che richiedono la necessità di richiedere un congedo per assistenza, devono
derivare dalle seguenti patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita
dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare,
psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni
periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi
clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel
trattamento sanitario;
4) patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti
numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il
coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare, al termine del rapporto di lavoro, l'attestazione del
periodo di congedo fruito dalla lavoratrice o dal lavoratore. Il limite dei due anni si computa
secondo il calendario comune; si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel
periodo di congedo; le frazioni di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si
considera raggiunto il mese quando la somma corrisponde a trenta giorni.
La domanda
Spetta ai contratti collettivi disciplinare le modalità per la richiesta e per la concessione, anche
parziale o dilazionata nel tempo, ovvero per il diniego del congedo per gravi e documentati
motivi familiari, nel rispetto delle rispettive esigenze.
La domanda deve essere rivolta al datore di lavoro con l'indicazione di eventuali periodi già
fruiti durante tutta la vita lavorativa.
In mancanza di una disciplina contrattuale si osserva quanto regolamentato dal DPCM n.
278/2000 secondo il quale il datore di lavoro è tenuto, entro dieci giorni dalla richiesta del
congedo, ad esprimersi in merito. L'eventuale diniego o la proposta di rinvio ad un periodo
successivo o ancora la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione a
ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente. Su
richiesta del dipendente la domanda deve essere riesaminata nei venti giorni successivi.
I motivi di diniego da parte del datore di lavoro potrebbero sussistere in caso di rapporti di
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lavoro a tempo determinato per incompatibilità con la durata del rapporto in relazione al
periodo di congedo richiesto, oppure quando i congedi già concessi hanno superato i tre
giorni nel corso del rapporto o ancora quando il rapporto è stato instaurato in ragione della
sostituzione di altro dipendente in congedo.
Il lavoratore ha diritto a rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine del congedo,
fatta salva la fissazione di una durata minima del congedo. Nel caso in cui il datore di lavoro
abbia nel frattempo provveduto ad una sostituzione del lavoratore in congedo, è necessario
un preavviso di almeno sette giorni che, a discrezione del datore di lavoro, potrebbe anche
non essere richiesto o richiesto in misura ridotta.
Gradi di parentela
Ai fini di comprendere meglio quali siano i familiari per i quali si pone in essere un'assistenza,
si rammenta innanzi tutto cosa si intende per parentela e affinità:
• Parentela (art. 74 e seg. c.c.). E' il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso
stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in
cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela
non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 c.c. e seguenti.
Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale quelle
che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra. Nella linea retta si
computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite e nella linea
collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite
comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite. La legge
non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti
specificamente determinati.
• Affinità (art. 78 c.c. ). E' il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. Nella linea e
nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.
L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per
alcuni effetti specificamente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli
effetti di cui all'art. 87, n. 4 c.c. .
Vedi grafico sui gradi di parentela e affinità
SI RICORDA CHE
Il congedo, in assenza di retribuzione, non rileva ai fini previdenziali ma il lavoratore può
procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri
della prosecuzione volontaria.
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