Solo una goccia. Quando tuo padre mi ha vista la prima volta avevo

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Solo una goccia. Quando tuo padre mi ha vista la prima volta avevo
Solo una goccia.
Quando tuo padre mi ha vista la prima volta avevo il grembiule sporco di unto e di sugo di pomodoro.
Era la festa dell’Assunta e il ristorante era pieno di gente.
Da noi ci venivano a mangiare i ricchi, così anche cucinare metteva una certa soggezione.
Quel giorno lo chef aveva appena dato i compiti a ciascuno di noi. Io stavo tagliando le patate.
“Non troppo sottili, mi raccomando, devono venire croccanti fuori ma con l’interno morbido”.
Io stavo lì, con i miei 21 anni pesanti sulle spalle. Il futuro, però, lo volevo incantato, non è che ci speravo, lo
volevo e basta.
“Tu sei pazza Rosa, ma chi vuoi che ci guardi a due come noi? Siamo belle ma siamo povere e conta sempre
di più la seconda qualità. Ascolta a me”.
Quando Elsa finiva di parlare e si girava di schiena io le facevo le boccacce.
Il cameriere entra e mi porge il menù. L’uomo che ho di fronte è bello, elegante e parla con garbo. Mi
sorride e ordina un vino bianco, di quelli, attenti a frizzare nel modo giusto. Vivace, pulito che si sposa col
pesce e che ti resta in bocca per ore. Io dico aragosta grazie e riporto le mani sulle gambe fasciate dal
vestito di raso rosso. Lui ordina piatti in francese. Poi mi sfiora una mano e un brivido mi corre giù dalle
orecchie fino ai piedi e mi inarco di piacere.
“Rosa, o Rosa, ma si può sapere dove hai la testa? Taglia ancora patate che sono arrivati altri clienti e poi
quando hai finito, in sala a servire. Melina ha avuto un malore e stiamo col locale pieno”.
La lama del coltello oramai eseguiva gli ordini da sola, le patate erano venute una bellezza, perché già dal
taglio si vede tutto Marisella mia.
Mi avevano appoggiato un grembiule pulito sulla sedia, da indossare prima di andare in sala ma io me ne
scordai. Uscii così come stavo in cucina.
Avevo i dieci tavoli di Melina, dal numero 15 al numero 25 e lui in uno di quelli stava seduto. Il 18, che da
quel giorno me lo giocai al lotto almeno una volta a settimana. Non ci potevo credere agli occhi miei perché
era uguale a quello che avevo visto io, nella mia mente. Era una bellezza e come parlava…. Restai
imbambolata e lui se ne accorse.
Ordinò un vino giallo come il sole, che profumava da lontano, e intanto mandava giù quei ravioli di pesce
fatti a mano che avevo fatto io il mattino presto. E volevo dircelo, quella, caro mio, è tutta roba di prima
qualità e sapessi quanto l’ho tirata sottile la pasta. Era trasparente, si vedeva in controluce e non aveva
grumi, nemmeno uno grosso quanto un granello di polvere. Quello è il segreto della pasta fatta come si
deve. Ma non sono riuscita a dirgli nulla, nemmeno un suono.
Quando però ho portato il vino in tavola lui ha guardato i due uomini che erano seduti accanto a lui e ha
detto: visto che è il mio compleanno voglio invitare al brindisi la signora, se è così gentile da farmi questo
onore.
Signora. Mi ha detto Signora la prima volta che mi ha vista.
Io, il grembiule me lo ero già cambiato se no avrei avuto proprio vergogna a stare lì con quel calice in mano
accanto a uomini così eleganti.
Quel vino odorava di frutta bianca e di spezie. Non lo potrò mai più dimenticare.
Da quel momento, Marisella mia, tuo padre è venuto ogni giorno al ristorante. Io lo attendevo da dietro le
tende. Tutti avevano capito ma nessuno ci credeva. Solo io ci ho creduto sempre.
“Ma Rosa quello è un uomo elegante, tu non hai i soldi nemmeno per comprarti un profumo e quello
sposerebbe solo una femmina come lui. Elegante”.
Io stavo zitta e quando smettevano di parlare e si voltavano facevo le boccacce e scappavo nello sgabuzzino
delle scope. Io me lo sposo, pensavo, possano accecarmi se non succede.
Avevo la mia ricetta vincente, io. Prima che tuo padre mi sfiorasse il collo con le labbra io mettevo un tocco
di profumo che sapeva di miele, fiori, frutta fresca. Roba da far girar la testa. E ha funzionato. Oggi tu e lui
siete la cosa più importante che ho. Una goccia di vino bianco sul collo e una sui polsi, figlia mia, e lo vedi?
La vita mi ha sorriso.