Disciplinare di produzione olio di palma selvatica (Presidio Slow

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Disciplinare di produzione olio di palma selvatica (Presidio Slow
ALLEGATO 3.2
Disciplinare di produzione
olio di palma selvatica
(Presidio Slow Food)
Art. 1.
Denominazione
La denominazione “olio di palma selvatica della Guinea Bissau” è riservata all’olio aliomentare
che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.
Art. 2.
Descrizione della varietà
Nome: Elaeis guinensis
Classe: Liliopsida
Ordine: Arecales
Famiglia: Arecaceae
Genere: Elaeis
Specie: E. guineensis
Varietà: Dura
L’E. guineensis è una specie nativa dell’Africa occidentale, presumibilmente dei territori che
oggi fanno parte della Guinea Bissau, dove è ancora molto diffusa. Dall’Africa occidentale si è
poi diffusa, rapidamente, in altri territori del continente africano, per poi raggiungere anche il
continente asiatico e insediarsi nelle isole indonesiane, che oggi rappresentano il principale
produttore mondiale. Nel territorio africano rimane in coltivazione (nella sua forma tradizionale)
nelle aree a minore altitudine della Guinea Bissau, anche in prossimità dei litorali. Più
frequentemente si trova nella foresta, in forma spontanea.
Appartiene alla famiglia delle Arecacaee, non si conoscono descrizioni dettagliate di cultivar
particolari. Tuttavia, sono stati individuati e minimamente caratterizzati quattro tipi di palma da
olio, soprattutto sulla base dello spessore dell’endocarpo: la varietà macrocarpa con il 40-60 % di
sgusciato, la varietà dura, con il 20-40%, la varietà tenera con il 5-25% e la pisifera che si
presenta senza guscio.
Si tratta di alberi che spesso raggiungono altezze superiori ai 20 metri. Il fusto è tipicamente
palmiforme, le foglie sono coriacee e molto lunghe, il portamento dell’apice è particolarmente
eretto. Diversamente da altre specie di palme, le infiorescenze possono contenere fiori sia
maschili sia femminili, ancorché separati; in ogni caso, le piante sono tendenzialmente
monoiche. La fruttificazione è a grappolo; ciascuno può pesare mediamente 25-30 kg alla
maturazione. L’epidermide del frutto può variare dal giallo all’arancio.
Art. 3.
Storia e cultura
In Guinea Bissau, la tradizione riconosce diversi tipi di olio di palma, come per esempio il siti1
dei Bijagos, siti dei Manjaca, siti di Biafada e siti di tchon de Nalus.2
1 In creolo, la lingua più parlata in Guinea Bissau, l'olio di palma viene comunemente chiamato siti vermelho o più semplicemente siti 1
Questi si distinguono per qualità, per territorio e per tecniche di trasformazione.
I biafada, per esempio, essiccano i frutti con il fuoco invece che al sole, i manjaca non fanno la
seconda bollitura e non prestano molta attenzione allo stato di maturazione dei frutti. I bijagos
hanno delle palme che producono frutti con un livello di carotene più alto, ma tradizionalmente
lasciano fermentare i frutti prima di bollirli, abbassando notevolmente il livello di qualità
dell’olio.
Art. 4.
Area geografica
La zona settentrionale è particolarmente vocata grazie al clima umido e al territorio: l’altitudine è
minore e il terreno è meno argilloso, più sabbioso e meno ferroso.
Territorio: La palma è diffusa sia nel terreno idromorfico continentale, nella zona di
transizione tra bafon e foresta, con suoli di depressione alluvionali denominati lalas o piccole
valli, soggetti ad idromorfia temporanea e inondati nel periodo delle piogge; sia su suoli di
planalto o ferrosi, che rappresentano il 62% della superficie emersa della GB. Sono
caratterizzati dal colore rosso/marrone – giallo con orizzonti poco marcati, sabbiosi in superficie
e progressivamente argillosi in profondità. Adatti per colture annuali e arboricoltura
(frutticoltura, silvicoltura etc.)
Clima: umido tipico tropicale con temperature che vanno dai 20 ai 29° C
Art. 5.
Raccolta, trasformazione, conservazione
La raccolta viene effettuata dagli uomini.
Le donne trasportano sul capo i caschi dalla foresta al villaggio per avviare la trasformazione.
La prima operazione - effettuata sia dagli uomini sia dalle donne - è la rottura del casco (in
creolo: panci tchabeu).
Una parte dei frutti liberi viene subito raccolta ed essiccata al sole per uno due giorni, a seconda
della quantità. I frutti ancora legati alla parte legnosa, n’anhe di tchebeu, sono separati con l’uso
di un bastone per evitare di pungersi o ferirsi con le punte legnose del casco.
Le n’anhe sono ammassate e coperte con un telo di juta o foglie di banano, previa bagnatura, per
permettere l’ammorbidimento e il facile distacco del frutto dalla parte legnosa.
Dopo uno o due giorni le donne, staccano manualmente i frutti che verranno poi essiccati al sole
per altri uno o due giorni.
Con un setaccio, le donne separano i frutti sani da quelli marci e dalle glume.
I frutti sani selezionati sono posti in acqua, in una caldaia, per la bollitura, e sottoposti per circa 4
ore a fuoco vivo. Dopo 4 ore non si aggiunge più legna e si lascia riposare fino al mattino
seguente.
Il mattino si riaccende il fuoco per scaldare i frutti che saranno pilati. Le donne separano
manualmente il nocciolo dalla polpa e li mettono da parte. Questa operazione (o pilatura) viene
effettuata in un grande mortaio di legno.
Una volta separata la polpa, si procede alla spremitura della stessa manualmente.
Il fluido ottenuto - composto da olio, acqua e impurezze - viene” bollito” (sempre su fuoco vivo)
in una caldaia, in modo da ottenere un fluido oleoso e uno stratificazione composta da olio in
superficie, acqua nella parte centrale e impurezze sul fondo.
Quindi si aggiungono alternativamente acqua fredda e calda, per facilitare l’estrazione e si
strizza la polpa con le mani.
2 I Bijagos, i Manjaca, i Biafada ed i Nalus sono differenti etnie che popolano la Guinea Bissau 2
Via via che viene a galla, l’olio si raccoglie con un mestolo e si trasferisce in una seconda
caldaia, dove subisce un’ulteriore bollitura, per eliminare l’acqua rimasta. Questa operazione si
ripete diverse volte.
La bollitura terminerà quando tutta l’acqua sarà evaporata e ciò è evidente da come si formano le
bolle in superficie.
Subito dopo l’olio viene filtrato con un tessuto di cotone e viene conservato o imbottigliato.
Tutto questo processo di trasformazione è seguito dalle donne della comunità.
Art. 6.
Descrizione organolettica dell’olio
− Caratteristiche visive: l’olio si presenta di colore arancio/rosso, di consistenza
particolarmente fluida, ma può presentare una parte più densa. Non deve avere impurezze e
non deve contenere acqua
− Caratteristiche olfattive: presenta una buona intensità di profumo, che ricorda il frutto
fresco della palma (tchabeu)
− Gusto: presenta il caratteristico sapore di tchabeu con varianti che ricordano il frutto del
mango
Art. 7.
Utilizzo nella cucina tradizionale
Numerosi piatti locali di carne, pesce e riso sono preparati utilizzando sia l'olio sia i frutti freschi
della palma da olio.
Zuppa di Tchabeu - zuppa a base dei frutti freschi della palma da olio
Ingredienti:
500 g di tchabeu
1 litro di acqua
1 o 2 sukulbebem (varietà di peperoncino locale)
3 manioca
3 djacatu sinho (melanzanina locale)
carne, pesce o pollo locale
sale
Preparazione:
Far bollire i frutti della palma (tchabeu) con acqua fino a far separare la polpa dal chicco. Scolare
e schiacciare in un mortaio. Mettere il tutto in acqua fredda e passare al setaccio. Far bollire fino
ad avere una salsa densa e rossa. Nel frattempo far rivenire in un'altra pentola la carne o il pesce
per qualche minuto e poi aggiungere versare la salsa di tchabeu, la manioca, la melanzana ed il
peperoncino e lasciar cuocere per 30 min. Servire con riso locale ben caldo.
Art. 8.
Confezionamento ed etichettatura
Le confezioni usate per l’olio di palma sono: barattoli o bottiglie di vetro o plastica (meglio scuri
per proteggere l’olio dai raggi solari). Il peso può variare tra 200/250ml per i vasetti e tra mezzo
litro e un litro per le bottiglie.
Le etichette apposte sulle confezioni medesime devono riportare, a caratteri di stampa chiari e
leggibili, delle medesime dimensioni, le indicazioni:
nome commerciale, nome e caratteristiche della specie e della varietà, territorio, tipo di raccolta,
tecnica di trasformazione, tipo di conservazione, consigli per il consumo, nome del produttore,
contenuto netto, data di preferibile consumo, origine, contatti e “confezionato da”.
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Art. 9.
Controlli
Il controllo per l’applicazione delle disposizioni del presente disciplinare è svolto dai referenti
del Presidio stesso e dalla rete di Slow Food presente sul territorio.
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