RicordandoBorsellino - Istituto Borsellino Mazara

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RicordandoBorsellino - Istituto Borsellino Mazara
RICORDANDO
PAOLO BORSELLINO
Sono oram ai trascorsi p iù d i d ieci anni d al fragore
d ell esp losione d el tritolo che ha u cciso Giovanni Falcone,
Francesca Morbillo, Paolo Borsellino e i loro fed eli agenti d i
scorta e ancora oggi, p ieno d i vita, affiora il loro ricord o in
questo bel lavoro.
Qu el senso d i p rofond o scoram ento che tu tti abbiam o
p rovato d i fronte all atroce eccid io d i Cap aci e d i via D Am elio,
si è trasform ato nella ribellione e nell im p egno civile p er tentare
d i recu p erare a qu esta nostra m artoriata terra u na d im ensione
p iù u m ana, p iù civile e p iù d em ocratica, u na cond izione
collettiva finalm ente affrancata d al p otere m afioso e d alla
sottocu ltu ra che, d a oltre cent anni, lo alim enta e lo sostiene.
Purtroppo ci sono volu te d u e stragi enorm i p er
gu ard are in faccia il m ostro che avevam o in seno nonostante u n
u nico, antico ed interm inabile filo d i sangu e, tessu to p er oltre
un secolo dalla Mafia, attraversasse la storia della nostra terra.
Il sangu e d i tanti fed eli servitori d ello Stato che p er
afferm are che esiste u n solo p otere che è il p otere d ello Stato,
d elle su e leggi e d elle su e istitu zioni, hanno d ovu to p agare con
la vita qu esto loro im p egno; la vita d i tanti cittad ini, il cu i u nico
sogno era quello di una vita normale in un paese normale.
Un elenco interm inabile d i nom i: m a in ogni nom e c'è
la storia d i u na traged ia fam iliare ove vive lancinante
l'indelebile dolore di tanti madri, padri, fratelli, figli.
E l'insiem e d i qu este traged ie è la scand alosa
vergogna d ella nostra isola, la ferita insanabile d ella nostra
dignità di cittadini.
Se non vogliam o scad ere in u na retorica d i
circostanza, tu tto ciò non lo p ossiam o e non lo d obbiam o m ai
dimenticare.
Deve rim anere scolp ito ind elebilm ente nella m em oria
di ciascu no d i noi com e im p eritu ro valore d el nostro agire
quotidiano.
Recu p erand o, anche attraverso lavori com e qu esto,
d all oblio im p osto d a u na società che sem bra avere sm arrito
valori ed id eali, la forza straord inaria d i u n esem p io etico che
deve alimentare il nostro impegno quotidiano.
La storia esem p lare d i u n u om o che ha vissu to gli
ideali al costo della sua stessa vita.
E p rop rio in ciò consiste la grand ezza d i Paolo
BORSELLIN O: la su a non fu u na scelta d i virtu osism o etico, m a
il p u ro e sem p lice esito d i u n etica d i-questo-m ond o, che si
esau risce integralm ente nel risp etto d el d overe qu otid iano,
perché, come è stato detto, " un uomo fa quello che è suo dovere fare,
quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i
pericoli, le pressioni; perché questa è la base di tutta la moralità
umana".
Ma la lotta al p otere m afioso non p u ò basarsi
u nicam ente su lla rep ressione: è necessario u n p rocesso d i
rieducazione sociale e culturale che parta dal basso.
I giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia
d iceva Paolo Borsellino, m agistrato attento anche a cogliere i
segnali d ella società. Ed aggiu ngeva se la mafia è un istituzione
antistato che attira consensi perché ritenuta più efficiente dello Stato, è
compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando i
giovani alla cultura dello Stato e delle Istituzioni .
Se, d u nqu e, la lotta alla m afia è essenzialm ente lotta
alla sottocu ltu ra m afiosa è, innanzitu tto, la scu ola il lu ogo
p rivilegiato p er stim olare nelle nu ove generazioni, m ed iante
u na incessabile azione d i p rom ozione sociale, d i ed u cazione e
crescita cu ltu rale, u na forte coscienza critica e civile, u na
reazione d i rigetto d el fenom eno m afioso e d i ciò che la su bcu ltu ra m afiosa rap p resenta in term ini d i illegalità,
sopraffazione, orrore, violenza fisica e morale, ipocrisia e abusi.
Rinsald and o u n corred o d i valori nei qu ali i giovani
p ossano riconoscersi, che p ossa costitu ire il com u ne sentire, che
possano rafforzarne l'identità.
Intercettand o, orientand o e convogliand o verso le
Istitu zioni d em ocratiche i loro bisogni e le loro esigenze,
rend end oli consap evoli d ei loro d iritti e d overi, abitu and oli
all esercizio d ella d em ocrazia e d ella resp onsabilità p olitica,
alim entand o il senso d ell im p ortanza d ella p artecip azione,
svilu p p and o la coscienza d ella ind ignazione d ella rip rovazione
e p erché no d ella ribellione d a contrap p orre all accettazione,
all assu efazione, all im m obilism o, al fatalism o; invitand oli a
gu ard are oltre il loro am biente, oltre la loro fam iglia, oltre la
loro realtà, aiu tand oli a cap ire che, nonostante le d ifficoltà, i
lim iti, i cond izionam enti, u n orizzonte esistenziale d iverso e
migliore è possibile.
Che basta volerlo d avvero, con il sacrificio, con
l im p egno, nel risp etto d elle regole e nell onestà.
Senza scorciatoie.
Ed è p rop rio qu esta la p iù p reziosa ered ità che Paolo
BORSELLIN O ci ha lasciato e che non p ossiam o d isp erd ere: il
suo esempio, il coraggio del dovere, la sua stessa vita.
Una vita d u nqu e d a im itare e non d a am m irare
retoricamente.
Una vita d a im itare raccogliend o e cond ivid end o il
su o sogno d i u n Paese libero d alla schiavitù m afiosa, d i u n
Paese in cu i la giu stizia sia giu stizia p er tu tti e d i tu tti,
d im ostrand o ogni giorno con i fatti, attraverso i fatti, d i essere
degni testim one d ella su a storia che è anche p arte d ella storia
del nostro Paese.
Massimo Russo
Magistrato
grazie ad u na ferrea forza interiore, Borsellino ha potuto
perseguire l obiettivo d ella legalità fino alla fine.
Qu esto lavoro è stato p ensato com e d ocu m ento e
testim onianza d i u n p assato che è vivo e p resente nella nostra
memoria.
La nostra società, che nel su o veloce p roced ere tende
ad insabbiare e a rend ere sem p re m eno nitid i avvenim enti d i
grand e im p ortanza sociale, non è riu scita m inim am ente a
sbiad ire, a d ieci anni d alla su a m orte, il ricord o d ella figu ra d i
Paolo Borsellino, p ersonaggio em blem atico d ella lotta a Cosa
N ostra .
Questa m artoriata isola, e p articolarm ente la nostra
p rovincia, che p er anni è stata schiavizzata d a p iccoli u om ini
dal grand e p otere m afioso , oggi d eve a qu esto m agistrato d i
alta moralità e senso di civiltà gran parte della propria rinascita.
E grazie a Borsellino, che insiem e a Falcone e ad
altri m artiri d el nostro tem p o, che si è p otu ta d efinire e
d elim itare la m afia siciliana, qu ale
società organizzata
complementare allo Stato .
Siam o ferm am ente convinti che il sacrificio d i u n
u om o com e Paolo Borsellino, che ha trascorso la p rop ria
esistenza vivendo attim o p er attim o la p rop ria m orte, non è
stato vano.
In lu i la ricerca d ella verità, p u r nelle incessanti
d ifficoltà d i fronte ad u na organizzazione consolid ata nel
tem p o com e Cosa N ostra, non ha m ai su bito alcu n arresto;
E intrinseco il d esid erio che le nu ove generazioni, a
cu i qu esto lavoro è rivolto, non abbiano a resp irare l aria
m alsana d ella violenza, d elle estorsioni, d egli assassinii, d el
facile clientelismo.
Il nostro au gu rio è qu ello che gli u om ini d i d om ani
cred ano che la giu stizia sia l u nica chiave p ossibile p er ap rire le
porte del futuro di una società moderna e consapevole di vivere
la propria libertà fino in fondo.
Mazara del Vallo, 22 aprile 2003
prof. Angelo Ditta
Paolo Borsellino nasce a Palermo il
19 gennaio 1940. La fam iglia vive in u n
qu artiere borghese d i Palermo: la Magione. E
m olto attaccato a qu esto qu artiere d ove ha
trascorso tutta la giovinezza.
Ambedue i genitori erano farmacisti.
Dop o aver frequ entato il Liceo classico
iscrive alla facoltà di giurisprudenza a Palermo.
Meli
si
Paolo Borsellino, il giu d ice che ha lottato contro la
m afia, era u n u om o la cu i integrità m orale ha valicato gli
schieram enti e fatto sì che tu tte le p ersone rette lo ad ottassero
come bandiera dell'impegno contro la criminalità.
Il 27.06.1962, all età d i 22 anni, si laurea con 110 e
lode e, pochi giorni dopo, subisce la perdita del padre.
E stato il giu d ice che ha conqu istato l'affetto d ella
gente e un posto riservato nella memoria della società civile.
Ora è affid ato a lu i il com p ito d i p rovved ere alla
fam iglia. Si im p egna con l'ord ine d ei farm acisti a tenere la
farm acia d el p ad re fino al consegu im ento d ella lau rea d i su a
sorella. Stu d ia p er su p erare il concorso in m agistratu ra e ci
riesce nel 1963.
Ecco la sua storia
Con il Cap itano Basile lavora alla p rim a ind agine
su lla m afia e d a qu esto m om ento com incia il su o im p egno
senza sosta p er sconfiggere l'organizzazione m afiosa e nel 1980
fa arrestare i primi sei mafiosi.
N el 1965 Borsellino viene m and ato al Tribunale
civile di Enna come uditore giudiziario.
N ello stesso anno il capitano Basile viene u cciso in
un agguato.
N el 1967 ha il p rim o incarico d irettivo: Pretore a
Mazara del Vallo, d ove gestisce il
periodo del dopo terremoto.
Per la fam iglia Borsellino arriva la p rim a scorta con
le difficoltà che ne conseguono.
Il 23 d icem bre d el 1968
Borsellino si sp osa, continu a a
lavorare a Mazara del Vallo facendo
avanti e ind ietro d a Palermo, anche
più volte al giorno.
N el 1969 viene trasferito alla Pretura di Monreale
d ove lavora fianco a fianco con il cap itano d ei Carabinieri
Emanuele Basile.
N el 1975 Borsellino viene trasferito al Tribunale di
Palermo e a lu glio entra all'Ufficio Istruzione Processi Penali
sotto la guida di Rocco Chinnici.
Fare il m agistrato a Palermo ha u n senso p rofond o,
non è u na p rofessione qu alu nqu e. L'am ore per la su a terra, p er
la giu stizia gli d anno qu ella sp inta interiore che lo p orta a
d iventare m agistrato senza trascu rare i d overi verso la su a
famiglia.
Da qu esto m om ento il clim a in casa Borsellino
cam bia e il giu d ice stesso d eve relazionarsi con "qu ei ragazzi"
che gli sono sem p re a fianco e che cam bieranno p er sem p re le
abitudini sue e della sua famiglia.
Il su o m od o d i fare, la su a d ecisione influ enzano il
"sentire" d ei su oi fam iliari. Dalle p arole d ella m oglie si p u ò
com p rend ere il risp etto e la sofferenza che si alternano nei loro
cuori: "...Il suo modo di esercitare la funzione di giudice lo condivido
perché anch' io credo nei valori che lo ispirano....N on penso mai, per
egoismo, per desiderio di una vita facile, di ostacolarlo....N on è stato
un sacrificio immolare la sua vita al mestiere di giudice: ama
tantissimo cercare la verità, qualunque essa sia."
La scorta costringe il giu d ice e la su a fam iglia a
convivere con un nuovo sentimento: la paura.
E' così che Borsellino ne p arla e la affronta: "La paura
è normale che ci sia, in ogni uomo, l' importante è che sia
accompagnata dal coraggio. N on bisogna lasciarsi sopraffare dalla
paura, sennò diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti."
d ella p olizia giu d iziaria, l'istitu zione d i nu ove regole p er la
scelta d ei giu d ici p op olari e d i controlli bancari p er rintracciare
i capitali mafiosi.
Il Pool com p rend e qu attro m agistrati. Falcone,
Borsellino e Barrile lavorano u no a fianco
all'altro sotto la gu id a d i Rocco Chinnici.
Si intraved e e, lentam ente, si instau ra u n
legam e com u nitario tra i giu d ici che
appartengono al pool.
E' nei giovani la forza su cu i
contare p er cam biare la m entalità d ella gente e i m agistrati lo
sanno. Vogliono scu otere le coscienze e sentire intorno a sé la
stima della gente.
Borsellino com incia a p rom u overe e a p artecip are ai
d ibattiti nelle scu ole, p arla ai giovani nelle feste giovanili d i
p iazza, alle tavole rotond e p er sp iegare e p er sconfiggere u na
volta per sempre la cultura mafiosa.
N el tem p o che gli rim ane d op o il lavoro, cercherà d i
incontrare i giovani, di comunicare loro questi nuovi sentimenti
e di renderli protagonisti della lotta alla mafia.
Parallelam ente continu a il lavoro nel p ool. Qu esta
squ ad ra fu nziona bene, m a si com p rend e che p er sconfiggere la
mafia il pool, da solo, non è sufficiente.
Si chied e la p rom ozione d i p ool d i giu d ici inqu irenti,
coord inati tra loro ed in continu o contatto, il p otenziam ento
Borsellino lavora senza sosta, firm a p rovved im enti,
indaga, ascolta con dedizione e responsabilità.
Per qu esto Chinnici scrive u na lettera al p resid ente
del Tribunale di Palermo p er sollecitare u n encom io nei
confronti su oi e d i Giovanni Falcone, im p ortante p er eventu ali
incarichi direttivi futuri.
A p rop osito d i Borsellino così scrive Chinnici:
"M agistrato degno di ammirazione, dotato di raro intuito, di
eccezionale coraggio, di non comune senso di responsabilità, oggetto di
gravi minacce, ha condotto a termine l' istruzione di procedimenti a
carico di pericolose associazioni a delinquere di stampo mafioso".
L'encomio richiesto, non è mai arrivato.
Poi il d ram m a: il 4 agosto 1983 viene u cciso il giu d ice
Rocco Chinnici con un'autobomba.
Borsellino è distrutto.
Dopo Basile anche Chinnici viene strap p ato alla vita
e il vu oto si fa sentire m olto. Ancora la m oglie d i Borsellino
racconta il legame di suo marito con Chinnici: "Con Rocco, mio
marito ha un rapporto di amicizia e di fiducia intensa e reciproca. Una
collaborazione durata tanti anni, fondata sulla massima intesa...per
Paolo la sua uccisione è un altro dolore atroce..."
Il "Cap o" d el p ool, il p u nto d i riferim ento, viene a
m ancare e si ha l'im p ressione che la m afia, qu esta entità che
tu tto ved e e tu tto osserva, abbia ben com p reso lo sp irito ed il
nuovo modo di lavorare dei giudici siciliani.
Borsellino con m olta p reoccupazione
commenta: "La mafia ha capito tutto: è Chinnici la
testa che dirige il Pool".
A sostitu ire Chinnici arriva a Palermo
il giu d ice Caponnetto e il p ool, sem p re p iù
affiatato, continu a nell'incessante lavoro raggiu ngend o i p rim i
risultati. "Sentiamo la gente fare il tifo per noi".
Il Pool non vu ole sentirsi solo, cerca lo Stato e i
cittadini, vuole una mobilitazione generale contro la mafia.
N el 1984 viene arrestato Vito Ciancimino e si p ente
Buscetta, Borsellino sottolinea in ogni m om ento il ru olo
fond am entale d ei p entiti nelle ind agini e nella p rep arazione d ei
processi.
Com incia la p rep arazione d el Maxiprocesso e viene
ucciso il commissario Beppe Montana.
Ancora sangu e, p er ferm are le p ersone p iù
im p ortanti nelle ind agini su lla m afia e l'elenco d ei m orti è
destinato ad aumentare.
Il clim a è terribile: Falcone e Borsellino vengono
im m ed iatam ente trasferiti all'Asinara p er conclu d ere le
memorie, predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi.
All'inizio d el maxiprocesso l'op inione p u bblica inizia
a criticare i magistrati, le scorte e il ruolo che si sono costruiti.
N el 1986 Borsellino d iventa Procuratore di Marsala
p er m eriti, scavalcand o u n m agistrato che d oveva p reced erlo
per anzianità. Vuole continuare le indagini sulla Mafia in quella
provincia.
Per cinqu e anni gu id erà u na d elle p rocu re p iù
impegnate sul fronte della lotta alla criminalità organizzata.
A Palermo c è Falcone e a Marsala c è Borsellino, un
modo per scop rire tu tti i collegam enti esistenti tra la m afia d i
Palermo e quella della provincia.
Vive in u n ap p artam ento nella caserm a d ei
carabinieri p er non m ettere a rischio la vita degli u om ini d ella
scorta.
In su o aiu to arriva Diego
Cavaliero, m agistrato d i p rim a nom ina.
Lavorano tanto e con p assione. Sem p re
fianco a fianco, Borsellino è u n esem p io
p er il giovane, non si risp arm ia m ai. Tem e
che la conclusione del maxiprocesso attenui
l'attenzione su lla lotta alla m afia, che il
clim a scem i e si torni alla norm alità. Per
questo Borsellino cerca ancora u na volta la p resenza d ello
Stato, incita la società civile a continu are le m obilitazioni p er
tenere d esta l'attenzione su lla m afia e frenare chi p ensa d i p oter
piano piano ritornare alla normalità.
Invece, il clim a com incia a cam biare. Il fronte u nico,
che aveva portato a grandi vittorie della magistratura siciliana e
che aveva visto l'op inione p u bblica avvicinarsi agli u om ini in
prima linea e stringersi intorno a loro, comincia a cedere.
N el 1987 Caponnetto è costretto a lasciare la gu id a
del Pool per m otivi d i salu te. Tu tti a Palermo asp ettavano la
nom ina d i Falcone al su o p osto, anche Borsellino è ottim ista.
Presto, p erò, si rend e conto che il Consiglio Su p eriore d ella
Magistratura (CSM) non è d ello stesso p arere e si d iffond e il
terrore di veder distruggere il Pool.
Borsellino scend e in cam p o e
com incia u na vera e prop ria gu erra, p arla
ovu nqu e e racconta cosa stia accad end o
alla p rocu ra d i Palermo; su i giornali, in
televisione e nei convegni continu a a
lanciare l'allarme.
A cau sa d elle su e d ichiarazioni
Borsellino rischia il p rovvedimento
d iscip linare. Solo Cossiga, Presidente
della Repubblica, interviene in su o ap p oggio, chied end o d i
ind agare su lle d ichiarazioni d el m agistrato p er accertare cosa
stesse accadendo nel palazzo di giustizia di Palermo.
Il 31 lu glio il CSM convoca Borsellino che rinnova le
accuse e le sue perplessità.
Il 14 settem bre il CSM si p ronu ncia: Falcone p erd e e
Antonino Meli, p er anzianità, p rend e il p osto che d oveva
essere suo.
Paolo Borsellino viene riabilitato, torna a Marsala e
riprende a capofitto a lavorare.
Nuovi magistrati arrivano a dargli una mano, giovani
e, a volte, d i p rim a nom ina, fra d i essi ricord iam o Massim o
Russo, e lo affiancano im p egnand osi con lo stesso fervore e con
lo stesso coraggio nelle indagini su fatti di mafia.
I p entiti cominciano a p arlare e le ind agini su
connessioni tra mafia e politica prendono forma.
Borsellino è convinto che p er sconfiggere la m afia i
p entiti abbiano u n ru olo fond am entale. Anche i giu d ici, p erò,
d ovranno essere attenti a controllare e ricontrollare ogni
d ichiarazione, a ricercare i riscontri e ad intervenire solo
qu and o ogni fatto p ossa essere provato. E' u n'op era lu nga m a i
risultati non tarderanno ad arrivare.
Da qu esto m om ento gli attacchi a Borsellino
d iventano forti ed incessanti. Le ind iscrezioni su Falcone e
Borsellino sono orm ai qu otid iane; si p arla d i cand id atu re alla
Camera o alla carica d i Sindaco. I d u e m agistrati sm entiscono
ogni cosa.
Com incia, intanto, il d ibattito su ll'istitu zione d ella
Superprocura e su chi porre a capo del nuovo organismo.
Falcone, intanto, va a Roma com e d irettore d egli
affari penali e preme per l'istituzione della Superprocura.
Con Falcone a Roma, Borsellino si sente d i avere u n
ap p oggio in p iù e così d ecid e d i tornare a Palermo; lo segu ono
il sostituto Ingroia e il maresciallo Canale.
N u ovi p entiti e nu ove rivelazioni conferm ano il
legam e tra la m afia e la p olitica, rip rend ono gli attacchi al
magistrato e lo sconforto ogni tanto si manifesta.
E' in prima fila e tenta di ricostruire quel clima che, ai
tem p i d el Pool, gli aveva p erm esso d i raggiu ngere grossi
risultati.
In u na d ichiarazione si p u ò riassu m ere lo stato
d 'anim o d i Borsellino in qu el m om ento: "Un pentito è credibile
solo se si trovano i riscontri alle sue dichiarazioni. Se non ci sono gli
elementi di prova, la sua confessione non vale nulla. E' la legge che lo
dice...e io sono un giudice che questa legge deve applicarla. I rapporti
tra mafia e politica? Sono convinto che ci siano. E ne sono convinto
non per gli esempi processuali, che sono pochissimi, ma per un
assunto logico: è l' essenza stessa della mafia che costringe
l' organizzazione a cercare il contatto con il mondo politico. ...e'
maturata nello Stato e nei politici la volontà di recidere questi legami
con la mafia? A questa volontà del mondo politico non ho mai
creduto".
Così, m atu rati i requ isiti p er essere d ichiarato id oneo
alle fu nzioni d irettive su p eriori Paolo Borsellino, pur
rim anend o ap p licato alla Procu ra d ella Rep u bblica d i Marsala,
chied e ed ottiene d i essere trasferito a Palerm o con fu nzioni d i
Procuratore Aggiunto.
Grazie alle su e ind iscu sse cap acità investigative, in
d ata 11.12.1991 è d elegato alla Direzione Distrettuale
Antimafia.
I Magistrati, con l'arrivo d i Borsellino,
trovano nuova fiducia.
A Borsellino vengono, com u nqu e, tolte
le ind agini su lla m afia d i Palermo d al
procuratore Giammanco e gli vengono,
in alternativa, assegnate qu elle d i
Agrigento e Trapani.
N onostante l am arezza, Borsellino ricom incia a
lavorare con l'impegno e la dedizione di sempre.
Con qu esta consap evolezza il giu d ice, invece d i
scoraggiarsi, si im m erge nel lavoro con ancora p iù convinzione,
come se la sconfitta della mafia dipendesse solo dal suo operato
e quello dei magistrati che lo circondano.
Intanto a Roma viene finalm ente istitu ita la
Superprocura e vengono ap erte le cand id atu re; Falcone è il
nu m ero u no m a, anche qu esta volta, sa che non sarà facile.
Borsellino lo sostiene a sp ad a tratta sebbene non fosse
d 'accord o su lla su a p artenza d a Palermo. Il su o im p egno
aumenta quando viene resa nota la candidatura di Cordova.
Borsellino esce allo scop erto, p arla, d ichiara, si
m u ove: è d i nu ovo in p rim a linea. I d u e m agistrati lottano u no
a fianco all'altro, tem ono che la su p erp rocu ra p ossa d ivenire u n
arm a p ericolosa se in p ossesso d i m agistrati che non conoscono
la mafia siciliana.
N el Maggio 1992 finalm ente Falcone raggiu nge i
numeri necessari per vincere l'elezione a Superprocuratore.
Borsellino e Falcone esu ltano, m a il giorno d op o
Falcone viene u cciso insiem e alla m oglie a Capaci; la m afia sa
che in qu el p osto il
giudice Falcone era
troppo pericoloso.
Borsellino soffre m olto,
il legam e che ha con
Falcone è sp eciale e lu i è
m orto tra le su e braccia.
Tu tti i m om enti trascorsi
insiem e, d a qu elli p iù belli a qu elli p iù bru tti, gli tornano alla
mente.
Gli viene offerto d i p rend ere il p osto d i Falcone nella
cand id atu ra alla superprocura, m a Borsellino rifiu ta, sebbene
sia consap evole che qu ella sia l'u nica m aniera che ha p er
condurre in prima persona le indagini sulla strage di Capaci.
Così risp ond e al Ministro: "...La scomparsa di Falcone
mi ha reso destinatario di un dolore che mi impedisce di rendermi
beneficiario di effetti comunque riconducibili a tale luttuoso
evento....".
Resta a Palermo, nella p rocu ra d ei veleni p er
continu are la lotta alla m afia, d iventand o sem p re p iù
consap evole che qu alcosa si è rotto, che il su o m om ento è
vicino.
Dalle p rim e ind agini nel p ool, alle serate insiem e, alle battu te
p er sd ram m atizzare, ai m om enti d i lotta p iù d u ra qu and o
insiem e sem bravano "intoccabili", al p eriod o forzato all'Asinara
fino al distacco per Roma.
Ad u n m ese d alla m orte dell'amico Falcone, tra le
fiaccole e con m olta em ozione p arla d i
lu i, cerca d i raccontarlo. Vu ole
collaborare alle ind agini su ll'attentato
di Capaci d i com p etenza d ella
p rocu ra d i Caltanissetta. Le ind agini
p rosegu ono, i p entiti au m entano e il
giu d ice cerca d i sentirne il p iù
possibile.
Una vita sp eciale, qu ella d ei d u e am ici magistrati,
d ensa d i p assione e d i am ore p er la p rop ria terra. Du e caratteri
d iversi, com p lem entari tra loro, u no u n p o' p iù razionale l'altro
p iù p assionale, entram bi con u n carism a, u na forza d 'anim o ed
uno spirito di abnegazione esemplari.
Arriva la volta d ei p entiti Messina e Mutolo, orm ai
Cosa N ostra com incia ad avere sem bianze conosciu te. Sp esso i
p entiti hanno chiesto d i p alare con Falcone o con Borsellino
perché sap evano d i p otersi fid are, perché ne conoscevano le
qualità morali e l'intuito investigativo.
Continu a a lottare p er p oter avere la d elega p er
ascoltare il p entito Mutolo. Insiste e alla fine il 19 lu glio 1992
alle 7 d i m attina Giammanco gli com u nica telefonicam ente che
finalm ente avrà qu ella d elega e p otrà
ascoltare Mutolo.
Lo stesso giorno, alle 16.58, mentre
Borsellino esce dalla palazzina di via
D Amelio dove vivono la madre e la sorella,
viene
fatta
esplodere
un autobomba
imbottita di tritolo che uccide il giudice e gli
agenti della sua scorta.
I corp i ingiu riati e m aciu llati d i Paolo Borsellino e
d ella su a scorta si sono confu si insiem e in via D Am elio; e così è
bene che nella nostra m em oria essi rim angano tu tti insiem e:
Emanuela Loi, Agostino Catalano, Clau d io Traina, Vincenzo Li
Muli e Walter Cu sina.
Paolo Borsellino aveva trascorso le u ltim e ore p rim a
d ell attentato a Villagrazia d i Carini, d all onorevole Giu sep p e
Tricoli, am ico d el m agistrato fin d ai tem p i d ell Università. Con
lui due dei tre figli e la moglie Agnese.
La villa si trova a p oca d istanza d al lu ogo in cu i il 23
m aggio era stato u cciso Giovanni Falcone e confina con u na
casa d i p rop rietà d ei Borsellino. La fam iglia d el giu d ice,
qu ell anno, non ci era and ata a p assare le vacanze p er m otivi d i
sicurezza..
Erano le 11 qu and o Borsellino arrivò a Villagrazia
con i fam iliari. N on li asp ettavam o raccontò Tricoli a p oche
ore d alla m orte d el m agistrato e d el resto Paolo non
com u nicava m ai p rim a le su e visite. Li ho su bito invitati a
p ranzare con noi . Paolo era sereno d isse ancora Tricoli era
tranquillo e scherzava. Domani doveva partire per la Germania,
m otivi d i lavoro. N on so altro, anche con
me era estremamente riservato .
Alla fine d el p ranzo Borsellino
rip osò u n p oco. Poi, alle 16,40, avvisò gli
u om ini d ella su a scorta d i p rep ararsi.
Salu tò la m oglie e i figli. Ci siam o abbracciati ricord ò Tricoli!,
gli ho au gu rato bu on viaggio . Anche in qu esto caso il giu d ice
non aveva com u nicato p reventivam ente la su a d estinazione.
Tricoli ap p rese la notizia, m ezz ora d op o, d alla televisione.
Qu and o ho sentito che c era stata u n esp losione a
Palerm o m i si è gelato il sangu e. Fino all u ltim o ho sp erato che
non fosse lu i. Agnese e i d u e figli erano in giard ino con m ia
m oglie, io ero am m u tolito, non sap evo che fare. Poi,
all im p rovviso, è entrata u n am ica d ei ragazzi: C è stato un
attentato! . Agnese si è alzata d i scatto, p oi ha chiesto a m ia
m oglie d i accom p agnarla a casa d ella su ocera. Aveva cap ito
tu tto .
Dop o l u ccisione d i Falcone
ricord a ancora
l onorevole Paolo era distrutto. Era
com e se gli avessero u cciso u n
fratello. E p oi aveva d ovu to
raccogliere
su lle
su e
sp alle
u n ered ità m orale che tu tti gli
attribu ivano, m a che era anche
p esante d a sop p ortare . N onostante
i p ericoli ed i p roblem i d i u na vita blind ata, Borsellino non
p erse m ai la su a serenità d anim o.
Du rante il p ranzo l am ico gli aveva chiesto: Com e
fai a non avere p au ra, a continu are, m algrad o tu tto, ad avere
fid u cia nella gente? . Aveva risposto con sorriso bonario: Sono
cattolico, credere nell umanità per me è un dovere .
Via D'Amelio, cronaca di una strage
Era il 19 luglio del 1992: alle 17,47 i p rim i lanci d i
agenzia dettero la notizia di un attentato a Palermo.
Il
primo
lancio
d'agenzia p arlava genericam ente
d i u n attentato, com p iu to a
Palerm o nei p ressi d ella fiera d el
Med iterraneo. Dava la notizia
d ella m orte d i alm eno qu attro
persone, forse molti feriti.
Era u n pom eriggio d i u na d om enica afosa e
sonnolenta, che d a qu el m om ento d iventò convu lsa, frenetica, e
soprattutto tristemente indimenticabile.
Alle 17:47 giunse qu el p rim o annu ncio che gettò il
p aese nel d ram m a d i u na nu ova, violentissim a sfid a alle
istitu zioni d em ocratiche: nell'esp losione d i u n'au tom obile
im bottita d i tritolo era rim asto coinvolto il giu d ice Paolo
Borsellino, p rocu ratore aggiu nto d i Palerm o. L'esp losione era
avvenu ta in via D'Am elio, d ove vivevano la m ad re e la sorella
del magistrato.
Lo scenario, u no scorcio d i Beiru t: il m anto strad ale
sconvolto p er d u ecento m etri, l'ed ificio 'sventrato', con m u ri
lesionati, infissi di balconi e finestre divelti fino al quinto piano.
Poco dopo le 18, la conferma: Borsellino era rim asto
u cciso insiem e con cinqu e agenti d i
scorta. Le agenzie sp iegarono che il
corp o d el m agistrato, com p letam ente
carbonizzato, con il braccio d estro
troncato d i netto, giaceva nel cortile
d el p alazzo. Erano p assati neanche
d u e m esi d all assassinio d i Giovanni Falcone.
Siamo in guerra com m entò il sind aco d i Palerm o
Ald o Rizzo d obbiam o p rep ararci a resistere, non p ossiam o
illu d erci che qu esta sia la fine .
In serata, sfilarono in via
D'Amelio il ministro dell' Interno Nicola
Mancino, il cap o d ella p olizia Vincenzo
Parisi,
il
card inale
Salvatore
Pappalardo. Poi i vertici delle istituzioni
si riu nirono in Prefettu ra p er ricostru ire
il p u zzle d i u na giornata convu lsa: con il m inistro d ella
Giu stizia Clau d io Martelli, oltre a Mancino, c erano i
responsabili della polizia e dei carabinieri e il capo della Dia.
Si d ecise d i ad ottare m isu re straord inare e u rgenti
con le quali affrontare l' emergenza antimafia.
Borsellino ha u n forte rap p orto con la m orte; è
p resente in ogni p arte d ella su a vita. Tem e p er gli altri, p er la
su a fam iglia, p er i ragazzi d ella scorta. E' m olto p rotettivo con i
suoi collaboratori e con la sua famiglia. Parla spesso della morte
u n p o' p er scherzarci sop ra u n p o' p er ricord arsi sem p re che
non è p oi così lontana. "Se muoio adesso, il mio compito l' ho
svolto".
H a visto m orire m olte p ersone, u om ini d i valore
m orale ed intellettu ale e sa benissim o d i non essere esente d a
u na fine sim ile. Ep p u re a volte scherza con la m orte, se ne
prende gioco, ci ride sopra.
"N on sono né un eroe né un kamikaze, ma una persona
come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa
misteriosa, non so quello che
succederà
nell' aldilà.
Ma
l' importante è che sia il coraggio
a prendere il sopravvento... Se
non fosse per il dolore di lasciare
la mia famiglia, potrei anche
morire sereno".
C'è
u na
frase
ind im enticabile d i Paolo Borsellino, la su a rep lica grand e e
nitid a alla p olem ica sui "p rofessionisti d ell'antim afia": "N on ho
mai chiesto di occuparmi di mafia. Ci sono entrato per caso. E poi ci
sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno".
La gente m i m oriva attorno: u n p roblem a m orale. E' d etto con
una semplicità ed una precisione assolute.
Qui Falcone cominciò a lavorare in modo nuovo.
Giovanni Falcone lavorava
con perfetta coscienza che la forza del
male, la mafia, lo avrebbe un giorno
ucciso.
Francesca M orvillo stava
accanto al suo uomo con perfetta
coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte.
Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta
coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte.
N on poteva ignorare, e non ignorava, Giovanni Falcone, l' estremo
pericolo che correva, perché troppe vite di suoi compagni di lavoro e di
suoi amici sono state stroncate sullo stesso percorso che egli si
imponeva.
Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda
situazione, perché non si è turbato, perché è stato sempre pronto a
rispondere a chiunque della speranza che era in lui?
Per amore! La sua vita è stata un atto d' amore verso
questa sua città, verso questa terra che lo ha generato.
Perché se l' amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per
lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa
avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di
dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle
nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore
questa città e la patria a cui essa appartiene.
E non solo nelle tecniche di indagine. M a anche
consapevole che il lavoro dei magistrati e degli inquirenti doveva
entrare sulla stessa lunghezza d'onda del sentire di ognuno.
La lotta alla mafia (primo problema da
risolvere nella nostra terra, bellissima e
disgraziata) non doveva essere soltanto una
distaccata opera di repressione, ma un
movimento culturale e morale, anche
religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti
abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si
oppone al puzzo del compromesso morale, dell' indifferenza, della
contiguità, e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone, quando in un breve periodo
di entusiasmo, conseguente ai dirompenti successi originati dalle
dichiarazioni di Buscetta, egli mi disse: "La gente fa il tifo per noi".
E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che
l'appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice.
Significava soprattutto che il nostro lavoro, il suo lavoro,
stava anche sommovendo le coscienze, rompendo i sentimenti di
accettazione della convivenza con la mafia, che costituiscono la sua
vera forza. (...)
Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un
grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo, continuando la loro
opera...dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo".
[Estratto d al d iscorso tenu to d a Paolo Borsellino il 23
giu gno 1992 alla cerim onia p rom ossa d ai boy-scou t d ella
p arrocchia d i Sant'Ernesto a
Palerm o; il testo integrale è nel
libro d i Um berto Lu centini, Paolo
Borsellino. Il valore d i u na vita,
Mond ad ori, Milano 1994, alle pp .
256-258].
Sono diventato giudice perché nutrivo grandissima
passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l' idea di
diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle
necessità di inseguire i compensi dei clienti.
La magistratura mi appariva la carriera per me più
percorribile per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non
appagabile con la carriera universitaria, per la quale occorrevano
tempo e santi in paradiso.
Fui fortunato e diventai magistrato nove mesi dopo la
laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui
dedicavo il meglio di me stesso.
E' vero che nel 1975, per rientrare a Palermo, ove ha
sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all' ufficio istruzione
processi penali, ma alternai l' applicazione, anche se saltuaria, a una
sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche
dei diritti reali, delle distanze legali, delle divisioni ereditarie.
Il 4 maggio 1980 uccisero il capitano Emanuele Basile e il
consigliere Chinnici volle che mi occupassi io dell' istruttoria del
relativo procedimento. N el mio stesso ufficio frattanto era approdato,
provenendo anch' egli dal civile, il mio amico d' infanzia Giovanni
Falcone, e sin da allora capii che il mio lavoro doveva essere un altro.
A vevo scelto di rimanere in Sicilia e a questa scelta dovevo
dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso a
occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo
esclusivamente occuparmi.
forma di criminalità. N el senso che il lavoro è assicurato a taluni
(pochi) togliendolo ad altri (molti).
N on ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi
occupo pressoché esclusivamente della criminalità mafiosa.
La produzione e il commercio della droga,
che pure hanno fornito Cosa N ostra di mezzi
economici prima impensabili, sono accidenti di questo
sistema criminale e non necessari alla sua
perpetuazione.
E sono ottimista perché vedo che verso di essa i giovani,
siciliani e non, hanno oggi attenzione ben diversa da quella colpevole
indifferenza che io mantenni sino ai quarant'anni.
Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di
reagire di quanta io e la mia generazione ne abbiamo avuta.
La mafia (Cosa N ostra) è un' organizzazione criminale, unitaria e
verticisticamente strutturata, che si distingue da ogni altra per la sua
caratteristica di "territorialità".
Il conflitto irreversibile con lo Stato, cui
Cosa N ostra è in sostanziale concorrenza (hanno lo
stesso territorio e si attribuiscono le stesse funzioni) è risolto
condizionando lo Stato dall' interno, cioè con infiltrazioni negli organi
pubblici che tendono a condizionare la volontà di questi perché venga
indirizzata verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di
quelli di tutta la comunità sociale.
Essa è divisa in famiglie, collegate tra loro per la
dipendenza da una direzione comune (Cupola), che tendono a
esercitare sul territorio la stessa sovranità che su esso esercita, o deve
esercitare, legittimamente, lo Stato. Ciò comporta che Cosa N ostra
tende ad appropriarsi di tutte le ricchezze che si producono o
affluiscono sul territorio, principalmente con l'imposizione di tangenti
(paragonabili alle esazioni fiscali dello Stato) e con l' accaparramento
degli appalti pubblici, fornendo al contempo una serie di servizi
apparenti riconducibili a quelli di giustizia, ordine pubblico, lavoro,
che dovrebbero essere gestiti esclusivamente dallo Stato.
A lle altre organizzazioni criminali di tipo mafioso
(camorra, ' ndrangheta, sacra corona unita) difetta la caratteristica
della unitarietà ed esclusività. Sono organizzazioni criminali che
agiscono con le stesse caratteristiche di sopraffazione e violenza di
Cosa N ostra, ma non ne hanno l' organizzazione verticistica e
unitaria.
E' naturalmente una fornitura apparente perché a somma
algebrica zero, nel senso che ogni esigenza di giustizia è soddisfatta
dalla mafia mediante una corrispondente ingiustizia. N el senso che la
tutela dalle altre forme di criminalità (storicamente soprattutto dal
terrorismo) è fornita attraverso l' imposizione di altra e più grave
[Estratti d a u na lettera che la m attina d el 19 lu glio
1992 Borsellino aveva iniziato a scrivere in risp osta ad u na
professoressa di Padova che tre mesi prima lo aveva invitato ad
u n incontro con gli stu d enti d i u n liceo. Abbiam o rip reso il
testo dalle pp. 289-291 del libro di Umberto Lucentini citato].
Usufruiscono inoltre in forma minore del "consenso" di
cui Cosa N ostra si avvale per accreditarsi come istituzione alternativa
allo Stato, che tuttavia con gli organi di questo viene a confondersi.
criminali mafiose che guadagnavano centinaia e centinaia, se non
migliaia di miliardi dal traffico delle sostanze stupefacenti, quelle
stesse famiglie non trascuravano di continuare ad esercitare quelle che
erano le attività essenziali della criminalità mafiosa, perché la droga
non lo era e non lo è mai stata.
Io sono sempre stato estremamente convinto che la mafia
sia un sistema, non tanto parallelo, ma piuttosto alternativo al sistema
dello stato ed è proprio questo che distingue la mafia da ogni altra
forma di criminalità.
In particolare nell' ordinamento del nostro stato, a
differenza che in qualsiasi altro Stato, si tratta di un organizzazione
criminale dal grossissimo potere, e sebbene organizzazioni criminali di
grandissimo potere e di grandissima potenzialità vi siano anche negli
altri stati, il nostro mi pare sia l' unico paese in cui a chiare lettere si è
potuto dire, da tutte le parti politiche, che l' esistenza in questa forma
di criminalità mette addirittura in forse l'esercizio della democrazia.
Probabilmente in nessuna altra parte del mondo esiste una
organizzazione criminale la quale si è posta storicamente e si continua
a porre, nonostante talvolta questo lo abbiamo dimenticato e
nonostante talora facilmente si continui a dimenticarlo, come un
sistema alternativo, che offre dei servizi che lo Stato non riesce ad
offrire.
Questa e la particolarità della mafia e, anche nel momento
in cui la mafia traeva - e forse ancora continua a trarre, anche se
probabilmente in misura minore - i suoi massimi proventi dalla
produzione e dal traffico delle sostanze stupefacenti, l' organizzazione
mafiosa non ha mai dimenticato che questo non costituiva affatto la
sua essenza. Tanto che, e questo lo abbiamo vissuto tutti coloro che
abbiamo partecipato a quella esperienza del maxiprocesso e del pool
antimafia, anche in quei momenti ed anche quando vi erano famiglie
La caratteristica fondamentale della criminalità mafiosa,
che qualcuno chiama territorialità, si riassume nella pretesa, non di
avere ma addirittura vorrei dire di essere il territorio, così come il
territorio è parte dello Stato, tanto che lo Stato "è" un territorio e non
"ha" un territorio, dato che esso è una sua componente essenziale.
La famiglia mafiosa non ha mai
dimenticato che sua caratteristica
essenziale è quella di esercitare su un
determinato territorio una sovranità
piena.
N aturalmente si determina un conflitto
tra uno stato che intende legittimamente
esercitare una sovranità su un territorio e
un ordinamento giuridico alternativo, il quale sullo stesso territorio
intende esercitare una analoga sovranità, seppure con mezzi diversi.
Questo conflitto - ecco perché io non le chiamo istituzioni
parallele ma soltanto alternative - si compone normalmente non con
l' assalto al palazzo del comune o al palazzo del governo da parte delle
truppe della criminalità mafiosa, ma attraverso il condizionamento o il
tentativo di condizionamento dall' interno, delle persone, atte ad
esprimere la volontà dell' ente pubblico, che rappresenta sul territorio
determinate istituzioni.
La soluzione finale del problema, la finalità cui devono
tendere le forze politiche che veramente intendono combattere la
mafia, è quella di chiudere questi canali di infiltrazione, attraverso i
quali la volontà delle persone fisiche che impersonano l' ente pubblico,
di coloro che sono abilitati ad esprimere la volontà delle istituzioni
pubbliche che operano sul territorio, viene condizionata da queste
istituzioni alternative.
Chiudere come? Ci sono stati chiesti esempi concreti.
Ebbene in Italia mi sembra che spesso le istituzioni pubbliche non
vengano considerate dalle forze
politiche come istituzioni dove inviare
i migliori che vadano ad impersonare
la volontà, ma piuttosto teatri di
lobbies che si azzuffano e si scornano
per impossessarsi quanto più possibile di fette di potere per esercitalo
in funzione non tanto del bene pubblico, ma di interesse particolari.
Questa è l' accusa che da più parti viene fatta alla
"partitocrazia", a quella che da tutti dispregiativa mente è cosi
chiamata, ma da tutti sostanzialmente sopportata.
L' occupazione da parte dei partiti e delle lobbies partitiche
delle istituzioni pubbliche crea la strada naturale perché all' interno di
queste istituzioni si formino volontà che non sono dirette al bene
pubblico ma ad interessi particolari.
Chiudere queste strade attraverso interventi, anche
istituzionali, significa evidentemente chiudere possibilità di accesso
delle organizzazioni criminali all' interno delle organizzazioni dello
Stato.
Certamente questo deve farsi salvando i principi
democratici che reggono oggi tutte le nostre istituzioni. La sordità del
potere politico a modificare radicalmente quelle che sono le legislazioni
che regolano, ad esempio, gli enti locali è chiaramente una sordità nei
confronti di un problema il quale, una volta affrontato e risolto nel
migliore dei modi, impedirà l' accesso all' interno degli enti locali di
quelle lobbies che vanno li dentro per provocare, come normalmente
provocano, affinché la volontà di coloro che gestiscono le istituzioni sia
rivolta non al bene pubblico ma agli interessi di questi o quel gruppo
affaristico, fra i quali primeggia l'organizzazione mafiosa.
[Relazione p resentata d a Borsellino in d ata 27 m arzo
1992 a Palazzo Trinacria, a Palerm o, in occasione d ella tavola
rotonda su "Criminalità, politica e giustizia"]
Su lla strage d i via D Am elio sono otto i p rocessi già
conclusi e si p ossono d ivid ere in tre filoni: il p rim o (tre
processi) venne istruito su lle d ichiarazioni
d i Vincenzo
Scarantino e p ortò alla cond anna d ello
stesso a 18 anni d i reclu sione; il second o
d etto Borsellino bis (d u e p rocessi) - si è in
attesa che si p ronu nci la Corte d i
Cassazione - ha p ortato alla cond anna
all ergastolo d i tred ici m afiosi; il terzo
d etto Borsellino ter (tre p rocessi) è nato
d alle d ichiarazioni d el p entito Giovanni
Bru sca e Salvatore Cangem i e si è ap p ena
conclu so con cond anne a p ene d ai 13 ai 18
anni p er i collaboratori Bru sca, Cangem i e Ferrante a d ieci
ergastoli p er altrettanti m afiosi e all annu llam ento d elle
assolu zioni d ei qu attro cap im and am ento Antonino Giu ffrè,
Salvatore Buscemi, Giuseppe Farinella e Nitto Santapaola.
Si attendono il nono ed il decimo..
L'ep isod io p iù significativo che m i lega a m io p ad re è
legato alla su a bontà d 'anim o, essend o m io p ad re
fond am entalm ente u na p ersona bu ona e carica d i u na
sconfinata umanità.
Qu and o avevo qu ind ici anni m i chiese d i regalare il
m io m otorino al figlio d i u na ved ova il cu i m arito era m orto in
u na strage d i m afia, p oiché gli necessitava p er recarsi in u na
borgata di Palermo ove svolgeva l'attività di panettiere.
Ad
un
collaboratore
di
giu stizia
forniva
p ersonalm ente le lam ette e la schiu m a d a barba, in u n p eriod o
storico in cu i m ancavano d el tu tto le agevolazioni d i cu i ad esso
essi fruiscono.
Mio p ad re, nonostante gli im p egni d i lavoro, trovava
sem p re il tem p o d i stare in fam iglia e segu ire p ersonalm ente le
nostre attività, fossero esse di studio o ludiche.
N on p osso d im enticare con che am ore e trasp orto m i
ha fatto "rip etere" le m ie p rim e d u e m aterie u niversitarie,
d ed icand om i intere serate p rim a d egli esam i. Era p rem u roso,
sem p re p resente, non solo ai fam iliari p iù stretti m a anche ai
tanti cugini e parenti collaterali.
Basti p ensare che, d i fatto, m io p ad re cresceva i sette
figli della sorella più grande, rimasta vedova prematuramente e
non in grad o econom icam ente d i sostenere u na così nu m erosa
famiglia.
N on siam o stati m ai né viziati né agevolati in alcu n
m od o, p iu ttosto "resp onsabilizzati" d i fronte a situ azioni m olto
p iù grand i d i noi, così che al m om ento d ella
su a m orte si p u ò d ire che eravam o a nostro
m od o "p rep arati", p rep arati d a u n p ad re
che tu tto avrebbe p otu to d esid erare che
lasciarci così giovani.
E' u n d ato qu esto im p ortante, p oiché sin d ai p rim i
giorni su ccessivi alla su a m orte circolava la voce che egli fosse
andato incontro a questo infausto destino "rassegnato".
N iente d i così falso: m io p ad re am ava la vita e le
tante p iccole o grand i sorp rese che qu esta ci riservava in m od o
assoluto, così d a ap p arirm i im p ossibile che egli and asse
incontro alla m orte ritenend ola in qu el m om ento u n evento
ineluttabile. In verità - non posso fare a meno di ribadirlo anche
in qu esta sed e - m io p ad re è stato lasciato "solo", solo d alle
"istitu zioni" m a solo anche d a tanti su oi colleghi che non hanno
volu to o sap u to fare "qu ad rato" attorno a Lu i nel m om ento in
cu i, invece, occorreva m assim a coesione e d istribu zione d elle
responsabilità.
Tuttavia noi non abbiamo alcun rammarico, poiché se
la m orte d i m io p ad re, u nitam ente a qu ella d i tanti p rim a d i
Lu i, è servita a svegliare d al torp ore tante coscienze siciliane,
ciò ci riempie di gioia.
Mio p ad re, com e d all'altra p arte Giovanni Falcone,
su bì attacchi e d ai cc.d d . "p oteri forti" e d a
ap p arati interni alla stessa m agistratu ra,
intenti p iù a "norm alizzare" il lavoro d egli
u ffici giu d iziari che ad orientarlo con
d ecisioni alla lotta alla crim inalità
organizzata.
Tu ttavia cred o che gli attacchi che, oggi, la
m agistratu ra su bisce siano d i tip o d iverso; non vorrei entrare
nel m erito d i u na qu estione che non d ebbo e non p osso
affrontare, attesa p eraltro la m ia attu ale collocazione in
u n am m inistrazione d ello Stato, m a in generale ritengo che si
stia assistend o ad u no scontro d i p oteri , qu ello giu d iziario d a
u n lato e qu ello p olitico d all altro, che p oco si p resta ad u n
p arallelism o con qu ello che in realtà negli anni 80 e p rim issim i
anni 90 si verificò tra alcu ni ap p arati d ello Stato ed alcu ni
rappresentanti della magistratura, tra cui mio padre.
Dop o d ieci anni ciò che m i m anca m aggiorm ente d i
m io p ad re m i d isp iace essere rip etitivo è la su a bontà ed
enorme generosità.
Mio p ad re m i ha trasm esso u n grand issim o
p atrim onio m orale che si p u ò cond ensare in u na sola p arola:
l u m iltà.
Si sentiva sem p re l u ltim o d egli u ltim i, i m eriti erano
sem p re d egli altri, non si atteggiava m ai a p rotagonista ed era
p rivo d i qu alsiasi am bizione, a tal p u nto d i non m anifestare
alcu n interesse a ricop rire qu el fam oso incarico d i Su p er
Procu ratore Antim afia, rim anend o p rioritaria p er Lu i la
vicinanza alla Sua famiglia ed alla Sua Palermo.
Avrei tanto d esid erato m io p ad re al m io fianco nel
m om ento in cu i m i sono trovato veram ente d a solo a
fronteggiare situ azioni m olto p iù grand i d i m e, nel m om ento in
cu i ho scelto d i fare qu esta p rofessione, nel m om ento in cu i
avrei avu to tanto bisogno d i u n su o consiglio, d i u n su o
sguardo, ma non è stato così.
Sono p erò convinto d i esserm i sem p re com p ortato
com e Lu i m i avrebbe su ggerito d i com p ortarm i e la fed e che io
e la m ia fam iglia abbiam o ci rend e tranqu illi che u n giorno Lo
rivedremo, bello e sorridente come lo ricordiamo sempre.
N on c è u n ep isod io p iù significativo, m a è tu tta la
nostra vita, a p artire d all infanzia. Qu el rap p orto bellissim o,
qu asi d i p rotezione nei m iei confronti d a p arte d i Paolo, che m i
consid erò sem p re la sorellina p iccola,
anche qu and o p oi d iventam m o ad u lti e io
divenni mamma.
Mi gu ard ava sem p re con grand e
tenerezza e forse è questa la cosa che, oggi, di lui più mi manca.
E p oi m i m anca la giu stizia. H o sem p re avu to fid u cia
nelle Istituzioni, come Paolo mi aveva insegnato.
Qu and o d iventava qu asi im p ossibile averla lu i m i
d iceva attenzione, non è nelle Istitu zioni che si p u ò non avere
fid u cia m a, qu alche volta, negli u om ini che ricop rono certi
ru oli .
Oggi m i fa m ale p ensare che p er trop p o tem p o ci
sono stati d egli u om ini che hanno rivestito ru oli che,
decisamente, non hanno saputo ricoprire se è vero, come è vero,
che troppe verità sono rimaste nascoste.
E ora, con gli attacchi che la m agistratu ra sta
su bend o, m i sem bra d i rived ere u n film già visto, con la p au ra
d i conoscere già il finale: si tratta, infatti, d egli stessi attacchi
su biti d a Paolo, solo che ad esso vengono p erp etrati con p iù
cattiveria.
Prim a, infatti, c era p iù p u d ore in certe cose, m entre
oggi si agisce con la certezza d i p oter arrivare agli scop i che si
vogliono raggiungere.
Al d i là d ell attività d ella m agistratu ra e d ei
m agistrati che hanno lavorato ai p rocessi p er la strage d i via
D Am elio, a cu i sono grata
anche p erché si sono svolti
abbastanza in fretta, se consid eriam o che ci sono p rocessi che
d op o venti o trent anni ancora ricom inciano d accap o , ho la
sensazione, m a non so d ire a che livello, che l Italia, p u rtrop p o,
sia il Paese d ei trop p i m isteri d ove, rigu ard o a certi fatti, non si
vuole arrivare alla verità. E uno di questi è la morte di Paolo.
Per la realizzazione d i qu esta p u bblicazione si
ringraziano i seguenti siti internet:
1)
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4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
11)
12)
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