La comunicazione interpersonale

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La comunicazione interpersonale
LA COMUNICAZIONE
INTERPERSONALE
a cura di Benedetta Talon e Alberto Baccichetto
LA COMUNICAZIONE
La comunicazione interpersonale è un processo che coinvolge due o più persone che trasmettono fra loro
dei dati/informazioni; la trasmissione e la comprensione dell’informazione dipende da diversi fattori che
hanno a che fare con le persone coinvolte, la relazione fra loro e il contesto in cui si sviluppa la relazione e
la comunicazione. La comunicazione è dunque un fenomeno complesso, in cui entrambi le persone
coinvolte (emittente e ricevente) sono soggetti attivi nel processo comunicativo.
Il modo più semplice per parlare di comunicazione interpersonale, è utilizzare uno schema lineare in cui un
messaggio viene trasmesso fra le due persone, di cui una emette il messaggio (emittente) e una che lo
riceve (ricevente). In realtà la comprensione del messaggio non è così lineare, per cui spesso capita che il
messaggio trasmesso non venga compreso, o venga compreso con altri significati o addirittura frainteso
dall’altro.
Nell’azione del comunicare le persone utilizzano un codice comunicativo che incide sul messaggio che viene
trasmesso. Il codice è l’insieme delle regole che sono utilizzate per comunicare, che può essere uguale o
diverso fra le due persone. Esempi di codice sono: la lingua, la cultura, il gergo, i simboli, il modo di
gesticolare, i significati che diamo ai comportamenti, ecc. Anche l’espressione delle emozioni che
accompagnano un messaggio può rientrare in un codice (per esempio se uno è arrabbiato tendenzialmente
alza la voce, e la voce grossa è un segnale che la persona è arrabbiata).
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Il canale comunicativo è lo strumento comunicativo, il linguaggio che si usa.
Linguaggio verbale: è la parola detta, “parlata”.
Linguaggio non verbale: sono tutti quegli aspetti che caratterizzano il come si parla (il tono della voce, lo
sguardo, la postura, i gesti, le espressioni del viso, la vicinanza…).
Il significato del messaggio viene trasmesso utilizzando contemporaneamente entrambi i canali: quanto più
linguaggio verbale e non verbale sono coerenti fra loro, tanto più il messaggio è chiaro (per esempio se uno
parla con un tono molto forte e aggressivo e mi dice di stare tranquillo, io non capisco bene cosa intende
dire). Il linguaggio verbale è più controllabile consapevolmente, quello non verbale è più spontaneo, più
legato agli aspetti emotivi: è il linguaggio di relazione.
Il contesto è la situazione dove avviene la comunicazione: riguarda sia lo spazio fisico, ma anche il contesto
sociale, temporale, l’episodio, la storia fra le persone, il tipo di relazione, ecc. Il contesto influenza i
significati che vengono attribuiti al messaggio (per esempio: se si ascolta una conversazione registrata, ma
non si conosce niente del contesto, è probabile che si capisca poco della conversazione).
CHE COSA COMUNICHIAMO? I PRINCIPI DELLA COMUNICAZIONE
Quando comunichiamo trasmettiamo non solo un contenuto (cosa diciamo), ma anche un significato (cosa
intendiamo dire o come il messaggio deve essere inteso). Il significato è legato non solo al contenuto del
messaggio, ma anche ad altri aspetti: il codice culturale a cui apparteniamo, le emozioni che sentiamo,
come valutiamo la persona che ci sta di fronte, le intenzioni che abbiamo nei suoi confronti, i nostri bisogni
e le aspettative…. In maniera consapevole o inconsapevole noi trasmettiamo diversi di questi significati nel
nostro messaggio: oltre al contenuto del messaggio, noi comunichiamo dei significati impliciti (messaggio
psicologico). Il messaggio psicologico può essere trasmetto sia attraverso il linguaggio verbale (le parole che
usiamo, come formuliamo il contenuto), sia a livello non verbale (atteggiamento, tono di voce…). Chi riceve
il messaggio non coglie tanto il contenuto, ma il messaggio psicologico (significato implicito) e ne attribuisce
a sua volta diversi significati.
Quanto più il contenuto esplicito (quello che dico) è coerente con il significato implicito (quello che
realmente penso o sento) , tanto più la comunicazione è efficace.
Ci sono due principi importanti che riguardano la comunicazione:
1. E’ impossibile non comunicare: la comunicazione è relazione, in ogni interazione tra due o più persone,
le persone comunicano qualcosa. Non è necessaria l’intenzionalità di trasmettere un messaggio, si
comunica comunque qualcosa.
2. Esistono due aspetti della comunicazione: il contenuto (cosa dico) e la relazione (come lo dico). La
relazione connota maggiormente il messaggio rispetto al contenuto. Il contenuto è più facilmente
controllabile consapevolmente; il cosa dico è più spontaneo, ha più a che fare con la sfera emotiva e
con alcune caratteristiche proprie della persona in quella situazione.
Quindi il “come dico” un messaggio incide di più sul significato rispetto al “cosa dico”. Il come dico ha a
che fare soprattutto con gli aspetti del linguaggio non verbale della comunicazione.
ANDATA E RITORNO NELLA COMUNICAZIONE
Se facciamo un passo avanti nell’analisi della comunicazione, notiamo che in realtà non si tratta di un
processo lineare, ma bensì circolare, con messaggi di andata e di ritorno.
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Anche rispetto al codice che utilizziamo il meccanismo è simile: se chi ascolta ha un codice diverso da chi
parla, è facilmente colpito da questa differenza, e in maniera inconsapevole avrà una reazione (per
esempio, se in un contesto di lavoro la persona che mi sta parlando si avvicina fisicamente a me fino a
toccarmi, sono colpito da questo comportamento che non rientra nel mio codice di “linguaggio del corpo
sul lavoro”, e la mia reazione sarà immediata, “di pancia”).
Dunque la comunicazione interpersonale è un processo di andata e ritorno, dove entrambi gli interlocutori
si influenzano a vicenda attraverso il contenuto e il contenuto emozionale.
EFFICACIA DEL PROCESSO COMUNICATIVO: FEEDBACK E ASCOLTO ATTIVO
Nel processo di comunicazione, i feedback che l’interlocutore dà all’altro possono facilitare, ostacolare o
deviare la comunicazione: dato che il messaggio trasmesso ha un effetto sul ricevente, la circolarità del
processo fa sì che entrambi gli interlocutori abbiano la possibilità di incidere in maniera più o meno
costruttiva ed efficace. Entrambi gli interlocutori sono dunque responsabili del processo comunicativo.
Ma quali sono i feedback che possono aiutare la comunicazione?
1. Un feed-back efficace è DESCRITTIVO PIÙ CHE VALUTATIVO, serve per focalizzarsi su quello che la
persona “fa” più che tradurre il suo comportamento in termini di come “è”. Per esempio: “quando mi
parli delle tue cose e non mi permetti di esprimere il mio punto di vista…” invece di “tu sei soffocante”.
2. SI FOCALIZZA SUI SENTIMENTI provati dalla persona che ha subito il comportamento e che invia il feedback. Descrive semplicemente la reazione/sentimenti del recettore. Per esempio”quello che mi stai
dicendo mi fa sentire incapace di darti una risposta”
3. E’ SPECIFICO PIÙ CHE GENERICO, si riferisce a comportamenti circoscritti nel tempo e no a modi di fare
abituali. Esempio”stai parlando troppo” invece di : “tendi sempre a dominare”
4. E’ DIRETTO VERSO UN COMPORTAMENTO MODIFICABILE. Se si riferisce ad aspetti del carattere che la
persona non riesce a controllare, non fa altro che aumentare in lei la frustrazione . Esempio: non
possiamo dire al balbuziente di cambiare la sua maniera di parlare.
5. E’ RICHIESTO PIÙ CHE IMPOSTO. Il feed-back è molto più efficace quando il recettore lo richiede, è
disponibile o interessato a quello che le persone che osservano i suoi comportamenti possono dirle.
6. VIENE DATO AL MOMENTO GIUSTO. In generale il feed-back è più efficace se viene dato il più presto
possibile, cioè dopo aver osservato il comportamento e tenendo presente allo stesso tempo, se il
recettore è in condizioni di riceverlo. Esempio: a volte le persone rinviano nel tempo la possibilità di
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effettuare il feed-back supponendo che se lo dessero nel momento in cui intercorre la comunicazione si
chiuderebbe o si distruggerebbe l’interlocutore. In effetti questo comportamento non fa altro che
favorire l’avverarsi di questa stessa profezia, dal momento che rinviando nel tempo la restituzione , si
accumula sempre più tensione verso il parlante e nel momento in cui si restituirà il feed-back, essendo la
tensione accumulata molto elevata, si utilizzerà una forma sbagliata.
7. E’ VERIFICATO per garantire che la comunicazione si sia svolta chiaramente. Per esempio: si può
chiedere al recettore del feed-back di tradurre con le sue parole il significato del feed-back per verificare
se la sua versione corrisponde con quello che l’emittente intendeva dire.
8. Quando il feed-back viene dato in una situazione di gruppo, tanto l’emittente come il ricevente possono
VERIFICARE CON GLI ALTRI il feed-back.
9. Il feed-back non deve essere utilizzato come mezzo per scaricarsi o per attaccare l’altro, piuttosto DEVE
RISULTARE UTILE AD ENTRAMBI per poter migliorare la relazione.
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Il feed-back NON CHIEDE PERCHÈ , si limita ai comportamenti osservati e alle reazioni provocate da
questi stessi comportamenti. Teorizzare o ricercare il “perché” le persone mettono in atto determinati
comportamenti significa entrare nell’area delle motivazioni profonde molto spesso incoscienti, che
provocherebbero reazioni di difesa.
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TIPO DI ASCOLTO
Non ascolto
MESSAGGIO PSICOLOGICO
“Tu non esisti”
Reazioni dell’emissario:
- Fuga
CARATTERSITICHE PRINCIPALI
Disconferma (messaggio psicologico che passa: “tu per me non esisti”) che porta a malessere
(perdita di identità/senso di colpa per mancanza di competenza.). Le reazioni a questa
situazione sono di due tipi: a) fuga (silenzio) b) attacco (cambio di ruolo).
Dietro tutte queste dinamiche sta il SENSO DI COLPA. Se mi attribuisco la colpa, come reazione
fuggo. Se la attribuisco all'altro attacco.
- Attacco
Ascolto più interruzione con
deviazione
“Tu esisti, ma non
importante”
Reazioni dell’emissario:
- Adeguamento
- Caduta comunicazione
- Strade parallele
Ascolto più domande di
approfondimento
Ascolto con valutazione,
consiglio, giudizio, ordine
sei Il primo messaggio che passa è di conferma (messaggio psicologico che passa: “tu esisti”). In
seguito una serie di interruzioni e deviazione da parte del ricevente provocano sentimenti di
fastidio e disorientamento. Il secondo messaggio psicologico è “esisti ma non sei
importante...non mi influenzi”. Le reazioni sono di tre tipi: a) si prosegue ognuno per la propria
strada b) adeguamento da parte dell'emittente verso il ricevitore c) caduta della
comunicazione.
“Tu esisti e voglio capirne di Il primo messaggio che passa è “esisti e sei importante. Le reazioni possono essere di tre tipi: a)
più”
ampliamento del discorso b) aumento della padronanza della situazione c) aumento del potere
Reazioni dell’emissario:
di controllo.
- apertura
Non bisogna fare troppe domande, sono efficaci quando permettono all'interlocutore di andare
- vicinanza emotiva e avanti ed approfondire (attenzione alle domande con risposta chiusa). Le più pericolose sono
quelle che cominciano con “perchè” chiedono una giustificazione e indagano sulle motivazioni
psicologica
pertanto la persona si sente indagata e in dovere di dare delle giustificazioni.
“Esisti, ma io sono più saggio
di te”
Reazioni dell’emissario:
- adeguamento
Il primo messaggio che passa è “sei inferiore, esisti ma io sono veramente più saggio”. Tale
messaggio psicologico alimenta sentimenti di svalutazione e fastidio. Le reazioni possono essere
di 2 tipi: a) adeguamento con separazione presente futuro... “ti dico di si, aderisco e poi faccio
quello che voglio”; b) competizione.
- competizione
Ascolto con differenziazione
dei sentimenti (ascolto
empatico con vicinanza
affettiva)
“Sei un fratello”
Reazioni dell’emissario:
- Calore, vicinanza, senso di
Il messaggio che passa è “esisti e ti sono vicino, sono un tuo alleato, un tuo fratello”. Questo
ascolto aumenta la padronanza emozionale, la comprensione della situazione di disagio, la
riflessione dei sentimenti che interagiscono nella comunicazione.
accettazione
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