7.Condotte predatorie e pratiche escludenti - e-Learning

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7.Condotte predatorie e pratiche escludenti - e-Learning
7. Condotte predatorie ed
escludenti
Prezzi predatori e pratiche abusive. 1
Le imprese presenti sul mercato possono mettere in atto dei
comportamenti diretti a impedire l’entrata ai potenziali entranti o
spingere fuori dal mercato le imprese rivali:
• Barriere all’entrata;
• Comportamenti predatori;
• Pratiche di monopolizzazione:
–
–
investimenti in capacità;
bundling e tying;
• Discriminazione dei prezzi.
Queste pratiche sono indicate come abuso di posizione dominante per
la disciplina antitrust europea e come pratiche di monopolizzazione
per quella statunitense.
2
Prezzi predatori e pratiche abusive. 2
L’identificazione di queste pratiche è talvolta molto complessa.
Si tratta di capire come:
1.
distinguere un comportamento predatorio, che comporta la
riduzione dei prezzi, da un comportamento legato ai guadagni di
efficienza.
2.
intervenire sulle pratiche che determinano una riduzione dei prezzi
e un aumento del benessere.
La rinnovata attenzione nei confronti di questi comportamenti è legata a:
•
Processi di liberalizzazione recenti;
•
Importanza assunta dai settori che presentano rilevanti effetti di
rete.
3
Prezzi predatori. 1
Le politiche di prezzo predatorie consistono nel: “ridurre il
prezzo, nel breve periodo, a un livello tale da comportare una
riduzione (o addirittura una perdita) di profitto al fine di
eliminare i concorrenti e conseguire profitti più elevati nel
lungo periodo”.
Lo schema di comportamento seguito si articola in due fasi
successive:
Fase aggressiva durante la quale l’I impedisce l’entrata o
induce l’uscita dei rivali. Questa fase comporta:
→ prezzi bassi e perdita di profitto;
Fase di recupero quando, eliminata la concorrenza, l’I esercita
il suo potere di mercato. Questa fase determina:
→ prezzi elevati e guadagni di profitto.
4
Prezzi predatori. 2
Le ragioni degli interventi delle AA sono giustificate dal fatto che la
riduzione dei prezzi può nascondere un intervento predatorio che
indurrà, in un periodo di tempo successivo, l’abuso del potere di
mercato e la riduzione del benessere.
Il problema della predazione è stato osservato da tempo e su
mercati diversi (Caso American Tobacco).
L’interpretazione tradizionale fornita dalla teoria economica
riconduce le pratiche predatorie alla possibilità per l’incumbent di
disporre di risorse finanziarie superiori a quelle dei rivali ed è in
grado di sostenere una guerra dei prezzi: “deep pocket o long
purse” contro “small pocket”.
Solo recentemente si sono avuti contributi teorici che hanno fornito
delle spiegazioni diverse ai comportamenti predatori, suggerendo
che possono creare inefficienza sociale.
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Prezzi predatori. 3
Si tratta di studi teorici che hanno fornito delle spiegazioni dei
comportamenti predatori in termini di asimmetria informativa da
parte dell’entrante (quando osserva i costi dell’incumbent).
Secondo questa interpretazione, l’incumbent sfrutta la
conoscenza imperfetta dell’entrante per fargli credere che
l’entrata sul mercato non sia profittevole.
Contributi interpretativi:
• Modelli di reputazione (incumbent decide dopo l’entrata);
• Modelli di segnalazione (incumbent decide prima dell’entrata);
• Modelli dei mercati finanziari.
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Prezzi predatori. 4
L’argomentazione delle pratiche predatorie (deep pocket) viene
criticata da McGee (1958), con argomentazioni vicine a quelle
della scuola di Chicago.
La critica tende ad escludere l’esistenza stessa dei prezzi
predatori, ovvero comportamenti predatori da parte delle imprese
per diverse ragioni:
1.
L’incumbent, disponendo di una quota di mercato più ampia,
subirebbe perdite più elevate dei rivali e quindi non si
comporterebbe in modo razionale.
2.
La permanenza sul mercato degli assets dell’entrante non
consentirebbe di applicare prezzi predatori. Di fronte a un
successivo aumento dei prezzi, l’entrante riprenderebbe la
produzione o venderebbe i suoi assets e i profitti previsti
dall’incumbent nel lungo periodo sarebbero inferiori.
7
p
MC
p
AC
p
q
E
q =Q -q
I
p E
Q
p
Prezzi predatori. 5
3.
La teoria stessa della tasca profonda è criticabile poiché anche
l’entrante, se efficiente, può accedere al credito.
4.
La predazione deve essere il comportamento più profittevole
rispetto a qualunque alternativa possibile ( ad esempio, le fusioni
con gli entranti).
McGee arriva a concludere che gli eventuali interventi delle AA
potrebbero scoraggiare o impedire pratiche legittime di
concorrenza.
Le obiezioni, che vengono portate alle argomentazioni precedenti,
sottolineano soprattutto che la predazione scoraggia le future
entrate nell’industria (Yameney, 1972).
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Prezzi predatori. 6
I nuovi contributi di teoria economica, a partire dagli anni ’80,
interpretano i comportamenti predatori con lo strumento
della teoria dei giochi.
Cosa emerge da questi contributi e come usarli per le politiche
antitrusts?
1.
Le condotte predatorie sono, in alcuni casi, l’esito di scelte
razionali;
2.
Non necessariamente deve sempre esserci un legame tra
prezzi predatori e costi marginali. (Ad esempio nel caso di
strategie dirette ad aumentare i costi dei rivali).
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Modelli di reputazione: informazione perfetta. 1
Un’impresa può ridurre il proprio prezzo per crearsi la reputazione di
essere forte e aggressiva e indurre un rivale a uscire o a non entrare
nel mercato.
Il tratto rilevante è: la ripetizione di comportamenti assunti in passato.
Modello della “catena di negozi” (Selten, 1978)
Un’impresa opera su più mercati e applica la stessa strategia per
migliorare la sua posizione sui diversi mercati.
Dal modello emerge un esito, detto paradosso di Selten, legato
all’ipotesi sul livello di informazione.
I mercati possono essere considerati come diverse unità geografiche
dove viene venduto un prodotto che ha lo stesso costo di
produzione.
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Modelli di reputazione: informazione perfetta. 2
Assunzioni:
• Il monopolista-incumbent (I) è presente su T mercati identici
(es: T =2);
• Un potenziale entrante (E) su ogni mercato;
• Se E entra, I decide di essere aggressivo o accomodante;
• L’entrata sui mercati è in sequenza.
L’idea sottostante è che l, presente sul mercato 1, dopo l’ingresso di
E, essendo ancora monopolista sul mercato 2, può decidere di
comportarsi in modo aggressivo (predatorio) sul mercato 1 per
segnalare che i suoi costi sono bassi.
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Modelli di reputazione: informazione perfetta. 3
Mercato 1 al tempo 1:
(πAI, πAE)
accomodante
I
entra
aggressivo
(πPI, πPE)
E
non entra
( 0, πMI)
Dove:
πMI > πAI > πPI
e
πAE > 0
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Modelli di reputazione: informazione perfetta. 4
Se il gioco avviene una sola volta (one shot game): T=1, la minaccia di
predazione non è credibile:
E entra e I preferisce avere un comportamento accomodante poiché:
πAI > πPI
E ha fatto la scelta corretta.
Ma poiché l’informazione è completa, ovvero vi è certezza sui costi, lo
stesso risultato si ottiene con un gioco ripetuto un numero finito di
volte (T < +∞) in sequenza.
Si procede a ritroso, considerando l’ultimo mercato. Sapendo che è
l’ultimo, E si comporta come nel caso one shot game ed entra.
Consideriamo il penultimo mercato (T-1). Sapendo che nell’ultimo ci
sarà entrata e accordo, la decisione di entrare è legata solo a quel
mercato ed E entrerà e I sarà accomodante, ovvero giocherà su
penultimo mercato come se fosse l’ultimo.
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Modelli di reputazione: informazione perfetta. 5
Mercato 1 al tempo 1
(πAI, πAE)
accomodante
I
entra
aggressivo
(πPI, πPE)
L’unico equilibrio è
quello con entrata e
accomodamento.
E
non entra
Non vi è l’effetto di
reputazione o
comportamento
predatorio.
(πMI, 0)
Mercato 2 al tempo 2
(πAI, πAE)
accomodante
I
entra
aggressivo
E
(πPI, πPE)
Da qui il termine:
“paradosso di Selten”
che è legato all’ipotesi di
informazione perfetta.
non entra
(πMI, 0)
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Modelli di reputazione:
informazione imperfetta. 1
Nel caso di informazione imperfetta (Kreps e Wilson, 1982),
l’ipotesi è che E non sa se I è debole o forte. Ovvero, E non sa
se l’I è efficiente, vuole combattere, ha costi unitari inferiori a
quelli dell’entrante: cI < cE e può fare profitti.
Se I è forte può opporsi all’entrata e fissare p < cE. In questo caso
non c’è predazione ma solo comportamento efficiente.
Tuttavia, anche un I debole (ma E non sa che I é debole) può
opporsi all’entrata per costruirsi una reputazione di impresa
forte. Potrebbe consentire l’entrata nelle ultime fasi del gioco
quando i vantaggi della reputazione sono via via minori.
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Modelli di reputazione:
informazione imperfetta. 2
La reputazione viene espressa dalla probabilità che gli entranti
attribuiscono al fatto di trovarsi di fronte a un incumbent
efficiente.
Il comportamento aggressivo dell’incumbent nei confronti del
primo entrante, induce il secondo entrante ad aumentare la
probabilità di trovarsi di fronte un I efficiente.
In conclusione, un I debole comportandosi aggressivamente
rafforza la sua reputazione anche se perde profitti correnti per
ottenere profitti futuri. Nel proseguimento del gioco (sugli altri
mercati), mantenere la reputazione diventa via via più costoso.
(Caso Aspartame)
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Caso Mercato Aspartame. 1
Dolcificante ipocalorico scoperto incidentalmente nei laboratori della
Searle and Co. nel 1961, che viene poi acquisita dalla Monsanto nel
1985.
Viene brevettato, fin dall’acquisizione, come dolcificante per bevande
analcoliche. Il brevetto sarebbe scaduto prima in Europa e poi negli
USA. La Monsanto incomincia a venderlo come Nutrasweet.
Il mercato è enorme (Diet Coca, Diet Pepsi…..), prima dello scadere
del brevetto una impresa olandese-giapponese (HSC) costruisce in
Europa un impianto per la produzione del dolcificante e lo
commercializza con il nome di Aspartame.
La Monsanto riduce i prezzi del 60%. HSC si trova a produrre in perdita
e anche la Monsanto subisce una grande riduzione dei ricavi in
Europa.
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Caso Mercato Aspartame. 2
La reazione della Monsanto era apparsa esagerata considerando
che l’impianto HSC aveva una capacità limitata e poteva coprire
solo il 5% del mercato mondiale.
La spiegazione proposta è che reagendo duramente su un mercato
locale, la Monsanto cercava di convincere altri potenziali entranti
a non entrare sul mercato Usa dove il brevetto stava per scadere.
Allo scadere del brevetto, la HSC aveva ormai rinunciato ai suoi
piani di crescita (ruolo della curva di apprendimento) e non
rappresentava più una minaccia per la Monsanto la quale, per
non lasciare spazio ad altri potenziali entranti, aveva nel
frattempo stipulato contratti a lungo termine con Coca Cola e
Pepsi Cola per la fornitura del dolcificante.
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Modelli di segnalazione. 1
Anche in questo caso l’informazione è imperfetta (Milgroms e
Roberts, 1982).
L’Entrante non sa se l’Incumbent è:
– debole o inefficiente e ha costi alti (cH);
– forte o efficiente e ha costi bassi (cL).
E osserva il prezzo di I prima di decidere se entrare o meno. Il
prezzo rappresenta il segnale lanciato da I per disincentivare
l’entrata e deve essere credibile. Cioè E deve pensare che solo
un I con costi bassi può fissare un prezzo molto basso.
La sequenza è la seguente:
1. I fissa il prezzo che veicola l’informazione all’E e a tutti quelli futuri;
2. E osserva e decide se entrare.
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Modelli di segnalazione. 2
Anche un I debole può voler impedire l’entrata fingendosi forte.
Peraltro, un I forte vuole distinguersi da un I debole che si finge
forte.
In entrambi i casi, I fissa un prezzo basso. E, che osserva il
prezzo, deve decidere se entrare e non sa se I mente. Di
conseguenza E non è in grado di dedurre se I ha costi
effettivamente bassi.
In questo modello ci sono due possibili equilibri:
• equilibrio di separazione;
• equilibrio di pooling.
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Modelli di segnalazione. 3
1.
Equilibrio di separazione.
Si suppone che I non sceglierà lo stesso prezzo a seconda che i
suoi costi siano alti o bassi.
a)
I efficiente fissa un prezzo così basso (inferiore al suo prezzo di
monopolio) che, se fosse inefficiente, non potrebbe sostenere.
E comprende di trovarsi di fronte a un I efficiente: E non entra.
In questo caso i prezzi sono distorti verso il basso e il
comportamento di I è di predazione (nel senso che I opera
strategicamente per impedire l’entrata rinunciando a profitti
attuali per guadagni futuri) tuttavia non danneggia il benessere
sociale.
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Modelli di segnalazione. 4
b) I inefficiente fisserà il suo prezzo di monopolio (coerente con la sua
struttura dei costi).
E capisce di avere di fronte un I che ha costi elevati: E entra.
In questo caso i prezzi non sono distorti.
2. Equilibrio di pooling.
Non c’è un prezzo che segnali che I è forte e lo distingua da un I
debole.
I forte fissa il suo prezzo di monopolio. Anche I debole si comporta
allo stesso modo cioè come se fosse un I efficiente.
La decisione di E non dipende dall’osservazione dei prezzi ma dalla
probabilità incontrare un I debole o forte.
In questo caso è I debole che fa predazione fissando un prezzo
inferiore a quello che sarebbe stato il suo prezzo di monopolio
(coerente con la sua struttura dei costi).
Le conseguenze sul benessere sono ambigue, più probabilmente
negative.
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Modelli di segnalazione. 5
Paradosso di Harrington (1987).
Si supponga che:
• i costi dell’I e dell’E siano correlati poiché entrambi, operando nella
stessa industria, adottano tecnologie simili;
• tuttavia, E non conosce i costi ma ritiene che siano simili a quelli
dell’I.
Poiché i profitti di duopolio (situazione che si verificherebbe con
l’ingresso di E) si riducono al crescere dei costi, allora l’aspettativa
di costi elevati riduce quella di profitti elevati e scoraggia l’entrata.
In questo caso I potrebbe tenere i prezzi elevati per segnalare che
anche i costi sono elevati e ostacolare l’entrata.
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Modelli di segnalazione. 6
Predazione e fusioni
Il comportamento predatorio può trovare espressione anche in
comportamenti diretti a ridurre il valore delle imprese e rendere più
conveniente la loro successiva acquisizione.
(Caso American Tobacco)
Caso American Tobacco
L’American Tobacco, nel periodo 1891-1906, acquisì 43 piccole
imprese concorrenti e divenne monopolista di fatto.
Prima di acquisire una concorrente, AT applicava una politica di prezzi
predatori (a detta dei denuncianti) imponendo una perdita alla
concorrente che riduceva il valore dell’impresa (anche del 60%) e
ne facilitava l’acquisizione.
Di fronte alla riduzione dei prezzi di AT, le imprese più piccole non
ritenevano possibile competere. Il prezzo pagato per acquisire le
ultime concorrenti fu del 25% inferiore rispetto a quello pagato per le
prime.
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Modelli finanziari*.1
Teoria della tasca profonda
Analisi in forma di gioco con informazione perfetta per T + K periodi
dove K ≥ 1.
Le imprese sono identiche per tecnologia e prodotti, l’unica differenza è
la disponibilità finanziaria:
AE = - T πP ;
AE < AI
Ovvero la disponibilità di E è inferiore a quella di I e le consente di
sostenere le perdite solo per il periodo T.
Nessuna delle due può ricorrere al credito.
Se I è aggressiva, entrambe le imprese fanno perdite: πP <0.
Se I è accomodante, entrambe fanno profitti: πA > 0.
Se E non entra o esce. I fa profitti da monopolista πM .
Consideriamo il caso con T = 1 e K = 1.
Nel II° periodo E deciderà di uscire se è stato aggredito nel I° periodo.
Viceversa se I è stato accomodante, E deciderà di rimanere.
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Modelli finanziari.2
Inoltre, I sa che può fare uscire E nel secondo periodo. La scelta dipende
dal confronto tra:
πP + δπM > πA + δπA
Se la condizione vale, l’entrante non entra.
(0; πM + δπM)
non entra
E
entra
(πP + δπM ; πP)
aggressivo
I
accomodante
(πA ; πA + δπM )
esce
E
rimane
aggressivo
(πA + δπP ; πA + δπP)
I
accomodante
(πA + δπA ; πA + δπA )
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Modelli finanziari. 3
L’obiezione alla teoria finanziaria della predazione è che anche
l’Entrante può trovare finanziamenti.
Tuttavia, in presenza di mercati finanziari imperfetti, i creditori (le
banche) pongono delle condizioni per il finanziamento.
Generalmente E ha più difficoltà a ottenere credito
Per questa via i mercati finanziari possono favorire, anche se
involontariamente, la predazione.
La concessione o il rinnovo del prestito è anche legata alla
performance delle imprese. Se la performance è cattiva il prestito
non viene concesso o rinnovato. Peraltro, una cattiva performance
può essere la conseguenza di un comportamento predatorio
dell’Incumbent.
In questo caso è il comportamento predatorio che riduce la
possibilità di accedere al credito.
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Interventi antitrust: la prassi. 1
I contributi recenti hanno conferito rilevanza alle pratiche
predatorie.
In tutti i modelli proposti sono rilevabili due fasi comuni:
• riduzione (rinuncia) ai profitti di breve periodo (BP);
• capacità di conseguire profitti nel lungo periodo (LP) dopo l’esito
della predazione (Incumbent deve avere potere di mercato).
L’analisi teorica ha anche rilevato che possono esserci numerosi
casi di prezzi predatori in aggiunta a quelli dove: p < MC.
Le AA per verificare la presenza di predazione dovrebbero dunque
seguire il percorso suggerito dalla teoria economica.
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Interventi antitrust: la prassi. 2
1)
Verificare il potere di mercato dell’Incumbent, mediante l’analisi delle
caratteristiche dell’industria e la posizione dell’Incumbent, per vedere se I
sarà in grado di recuperare i profitti nel LP.
N.B.: La posizione dominante deve essere accertata al momento della
predazione.
2)
Se l’impresa è dominante, vedere se c’è stata riduzione dei profitti di BP:
p > ATC (o p > LRAIC)
AVC < p < ATC
→
non c’è predazione (*);
(o SRAIC< p <LRAIC)
→
c’è presunta innocenza; il denunciante deve fornire le
prove del comportamento predatorio;
p < AVC (o p < SRAIC)
→
c’è predazione con l’onere della prova di
innocenza sull’Incumbent.
(*) AIC = ∆TC/∆Q I costi medi incrementali sono i costi medi unitari sostenuti per
ottenere l’incremento di produzione utile ad attuare la pratica predatoria.
LRAIC sono AIC di LP e SRAIC sono AIC di BP.
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Interventi antitrust: la prassi. 3
Unione Europea:
La CE considera la predazione un abuso di posizione dominante
e, di conseguenza, considera solo le imprese che detengono
potere di mercato ovvero con una quota superiore a 40%.
USA:
La posizione delle AA non è molto chiara (possono essere
considerate predatrici anche imprese che non detengono
elevate quote di mercato) e non è sempre condivisibile
(perché accusare imprese non dominanti di applicare prezzi
predatori quando abbassano i prezzi per ampliare la loro
quota di mercato).
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Interventi antitrust: la prassi. 4
Considerazioni
Vi sono diversi motivi che giustificano l’applicazione di p < c da parte
di imprese non dominanti:
• In presenza di switching costs e/o effetti di rete, fissare p < c può
essere l’unico modo per sottrarre clienti all’Incumbent.
• Quando un’impresa vuole muoversi velocemente lungo la curva di
apprendimento (per imparare a produrre in modo più efficiente,
abbassa i prezzi, amplia le sue vendite e accumula esperienza per
ridurre i suoi costi → learning by doing). La riduzione dei prezzi in
questo caso è equivalente a una forma di investimento.
N.B.. Queste giustificazioni non possono addotte dalle imprese
incumbent.
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Strategie di esclusione: il ruolo delle AA. 1
Obiettivo delle AA è distinguere i comportamenti predatori da
quelli concorrenziali. Può essere molto difficile da perseguire.
Infatti vi può essere assenza di predazione:
• se un’impresa vende a prezzi inferiori ai costi dei prodotti
deperibili.
• quando l’Incumbent spinge fuori dal mercato un concorrente
inefficiente.
N.B.: La predazione può anche portare un aumento del
benessere sociale. A questo proposito Tirole (1983) fa una
considerazione di carattere semantico. Poiché non sempre i
comportamenti predatori portano ad una riduzione del
benessere sociale non c’è ragione per usare una parola che
ha un connotato negativo.
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Strategie di esclusione: il ruolo delle AA. 2
Valutare se la predazione esiste.
Partendo dalla considerazione che una pratica escludente è tale se
tiene fuori dal mercato imprese efficienti almeno quanto quella
dominante, la regola da applicare potrebbe essere: pI < ACI che
escluderebbe tutti i concorrenti con livello di efficienza uguali a I,
costringendoli a subire delle perdite.
Identificare la predazione.
Diversi problemi legati a:
• quanto inferiore al prezzo ottimo deve essere il prezzo di
predazione;
• come identificare il prezzo ottimo;
• quale nozione di costo adottare.
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Strategie di esclusione: il ruolo delle AA. 3
Diversi contributi analitici hanno affrontato il problema di quale
costo adottare.
Areeda e Turner (1974) hanno affermato che, in teoria, i costi
rilevanti per decidere l’esistenza della predazione sono i costi
marginali*.
Tuttavia, data la difficoltà di quantificare MC, A e T propongono
di applicare la regola ai i costi medi variabili che sono più facili
da calcolare rispetto MC:
p < AVC
In questo caso i prezzi sono considerati predatori e viceversa.
(*) Tuttavia, come abbiamo visto prima, ci sono casi in cui p < MC non
comporta predazione → curva di apprendimento.
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Strategie di esclusione: il ruolo delle AA. 4
Joskow et al (1979) propongono la regola:
p < ATC
con riferimento ai costi medi totali perché ritengono che con prezzi
inferiori a tali costi l’impresa, che deve essere comunque dotata di
potere di mercato, non sarebbe in equilibrio.
Sulla base delle considerazioni precedenti, studiosi e AA sono
d’accordo nell’escludere con sicurezza la predazione se:
p > ATC
Bolton et al (2000) propongono l’uso dei costi medi incrementali
p < AIC
In particolare, si suggerisce di adottare i costi:
SRAIC
riferiti al BP, se si vuole cogliere più da vicino l’intento
predatorio e includono (CV e CF);
LRAIC
riferiti al LP se si è in presenza di economie di scala che
comportano: AIC<ATC
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Strategie di esclusione: il ruolo delle AA. 5
In definitiva, nella prassi antitrust sarebbe opportuno definire (Motta):
p > LRAIC
→
LRAIC > p > SRAIC →
p < SRAIC
→
legale (no predazione);
ritenuto legale (salvo prova contraria dell’AA
o del denunciante);
illegale (con onere della prova contraria del
denunciato).
Se AIC non sono disponibili allora si adottano AVC e ATC.
Infine, anche le testimonianze (scritte) di intenzione predatoria possono
essere considerate nelle indagini delle AA.
Si discute, invece, sulla necessità di provare la capacità di recupero
delle perdite da parte del predatore. Sembra preferibile verificare
l’esistenza del potere di mercato
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Pratiche escludenti: price squeeze. 1
Un caso particolare di predazione si ha quando, lungo una filiera
produttiva, si trova un’impresa verticalmente integrata con monopolio
a monte e che opera in concorrenza a valle.
L’Incumbent offre il bene intermedio (es. accesso alla rete TLC) alle
imprese a valle che sono sue rivali su quel mercato. Il prodotto è
omogeneo.
Assunzioni:
ACI = cI costo unitario di produzione dell’input sostenuto dall’I;
a
prezzo pagato dalle imprese a valle per ottenere l’accesso;
cF
costo marginale per la fornitura a valle;
MCI = cI + cF
costo marginale (produzione + fornitura) sostenuto dall’I;
MCV= a + cF
costo marginale sostenuto dall’impresa concorrente a
valle.
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Pratiche escludenti: price squeeze. 2
Se l’Incumbent fissa il prezzo finale:
p > cI + cF
non dovrebbe fare predazione, secondo le regole
considerate in precedenza.
Tuttavia se:
p < a + cF
Solo se:
i concorrenti potrebbero non riuscire a coprire tutti i costi.
p ≥ a + cF non c’è predazione.
L’I fissando opportunamente a può spingere fuori dal mercato un
concorrente efficiente.
Le AA e AR devono intervenire su a avvicinandolo al LRAIC.
Se l’I integrato verticalmente gode di economie di integrazione, il test di
predazione deve tenerne conto:
p ≥ a - cd+ cF
Ovvero il prezzo fissato dall’Incumbent deve essere tale da permettere
alle imprese efficienti a valle che non sono integrate di coprire i costi
dovuti all’assenza di integrazione (cd) . C
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price squeeze
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Pratiche escludenti: price squeeze. 3
ACCESS PRICING
I prezzi di accesso possono essere determinati:
• dal regolatore;
• dall’impresa che può scegliere tra alternative proposte dal
regolatore;
• dall’impresa che ha discrezionalità su alcuni aspetti nella definizione
dei prezzi che sono sottoposti a qualche forma di regolazione;
• dall’impresa che ha piena discrezionalità, fatte salve le indicazioni
delle leggi a tutela della concorrenza.
Gli approcci teorici a questo problema:
• ECPR Efficient Component Pricing Rule (Baumol,1983;
Willing,1979; Sidak,1994);
• Ramsey/global cap (Laffont-Tirole,1994,1996);
• Un tentativo di sintesi (Armstrong-Doyle-Vickers, 1996).
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Pratiche escludenti: price squeeze. 4
Con p ≥ a + cF non c’è predazione.
ECPR (margin rule)
a = p - cF
Il margine (p - a) tra il prezzo al dettaglio di I e quello di accesso deve
essere uguale al suo costo nell’attività concorrenziale.
Se il costo opportunità di I per fornire il fattore intermedio ai
concorrenti è [ p - (cI+cF )] per unità, ovvero il profitto unitario
per ogni unità ceduta al concorrente, la relazione:
a = p - cF
può essere riscritta:
a = cI + [ p - (cI+cF )]
che è la formulazione in termini di costo opportunità.
Ovvero, il prezzo di accesso è uguale alla somma del costo diretto
per fornire l’accesso e del costo opportunità.
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Pratiche escludenti: price squeeze. 5
Considerazioni a favore e contro ECPR
• La regola invia dei segnali corretti agli entranti;
• L’entrata è neutrale rispetto ai profitti di M.
L’ottimalità del criterio dipende da assunti molto rigidi:
• prodotto finale omogeneo;
• gli entranti non hanno potere di mercato;
• tecnologie con rendimenti di scala costanti.
NB.: In generale, queste pratiche escludenti possono riguardate sia il
prezzo di accesso che il prezzo finale.
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Pratiche escludenti: price squeeze. 6
Telecom Italia aveva abusato della sua posizione dominante per
aggiudicarsi la fornitura dei servizi di tlc alla PA nella gara di
appalto organizzata dalla Consip nel 2003.
L’accusa, sollevata da Albacom, era di avere fissato i prezzi
inferiori ai costi e tali da non essere replicati dai concorrenti che
pertanto erano stati esclusi dal mercato per la pratica del price
squeeze.
Il regolatore interveniva solo sui prezzi di accesso e non su quelli
finali. T.I. fu multata con 150 mil di Euro.
Casi analoghi si sono presentati anche in Germania e nel Regno
Unito, Spagna (Telefonica) e USA (At&t).
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Pratiche escludenti diverse da quelle di prezzo. 1
Alcune pratiche escludenti sono già state considerate (territori in
esclusiva). Altre consistono in:
• investimenti strategici;
• pratiche di tying e bundling;
• aumento dei costi dei rivali.
Investimenti strategici.
Anche le decisioni di investire, da parte delle imprese, possono essere
l’espressione sia di un comportamento competitivo che di una
pratica escludente.
La decisione di investire assume il carattere di predazione se comporta
delle perdite di profitto di BP che saranno compensate nel LP,
quando il rivale uscirà dal mercato o deciderà di non entrare.
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Investimenti strategici. 1
Gli investimenti strategici esprimono un commitment molto forte da
parte dell’impresa Incumbent.
Gli investimenti strategici possono essere intesi sia come
miglioramenti della tecnologia che come processi di learning by
doing.
Poiché consentono, in molti casi, di migliorare il benessere sociale, la
valutazione da parte delle AA del carattere di pratica escludente
degli investimenti appare molto complessa, essenzialmente per la
difficoltà di:
–
–
individuare un livello di investimento a cui fare riferimento;
modificare le decisioni di investire, una volta assunte.
Di per sé, una valutazione negativa, per il carattere anticompetitivo
che possono assumere gli investimenti, appare del tutto
eccezionale.
46
Investimenti strategici. 2
Nel I° stadio l’impresa 1 decide se investire o meno. Se investe il
suo comportamento può essere:
- Accomodante: l’impresa 1, sulla base dell’ipotesi dell’entrata
della 2, massimizza il suo profitto π1a e da questo determina
il livello di investimento (x1a);
- Ostile (predatorio): l’impresa 1 fissa il livello di x1p, che
genera il profitto π1p, tale da non rendere conveniente l alla
2 l’entrata (π2c ≤ 0) .
Nel II° stadio l’impresa 2 decide se entrare sostenendo un costo
fisso F che la 1 ha già sostenuto in precedenza e sostiene il
costo marginale costante c.
L’impresa 2 entra se ritiene di ottenere un profitto che le
consente di coprire almeno i costi di entrata π2c ≥ F
Nell’ultimo stadio le imprese scelgono la quantità (concorrenza alla
Cournot).
47
Investimenti strategici. 3
La scelta di modificare la capacità produttiva, modifica anche gli esiti di
mercato. L’investimento non ha solo valore di commitment ma
riduce anche il costo marginale.
Le due imprese hanno costi marginali diversi nel II° stadio.
L’incumbent, che ha fatto la scelta di capacità in precedenza, gode
del vantaggio della prima mossa.
Come procedere?
Consideriamo ciò che succede nell’ultimo stadio, in termini di profitti in
corrispondenza a ogni livello di investimento, per capire le scelte
dell’I del I° stadio.
Determiniamo cosa succede nel I° stadio scegliendo il livello di
investimento che massimizza il profitto dell’I nel II° stadio.
48
Investimenti strategici. 4
(πc1, πc2)
entra
investe
E
non entra
(0, innπM)
I
(πD1, πD2)
entra
non investe
E
non entra
(0, πM)
49
Investimenti strategici. 5
Ipotesi:
- bene omogeneo; prezzi uniformi;
-
2 imprese: l’Incumbent (1) e l’Entrante (2);
-
domanda (inversa): p= a-Q
-
costi marginali dell’Incumbent sono costanti: c;
-
gli investimenti: x1;
-
l’Entrante non investe prima di entrare e se entra sostiene
costi c ;
-
costo totale, dopo l’investimento:
-
costo marginale costante dopo l’investimento: c1 = c – x1 .
il costo degli investimenti: x12;
C1 =(c – x1)q1 ;
50
Investimenti strategici*. 6
Si procede a ritroso dall’ultimo stadio, la concorrenza è alla Cournot.
A) L’impresa 2 è entrata sul mercato, ciascuna massimizzerà la sua
funzione di profitto:
π1 = (a - q1 - q2 - c1 )q1 ;
π2 = (a - qI - q2 - c2 )q2
Dove c1 = c – x1; c2 = c
E le FOC:
π1
=a- 2q1-q 2 -c1=0
q1
⇒ ⇒ R1: q2  a-2q1-c1
π 2
=a- 2q 2 -q1-c2=0
q 2
⇒ ....
⇒R2 : q 2 
a-q1-c2
2
51
Investimenti strategici*. 7
Imponendo la condizione di uguaglianza
prezzo, le quantità e i profitti.
a - q1 - c2
Ovvero:
a - 2q1 - c1 =
R1= R2 si ottengono il
2
Da cui, con qualche passaggio, si ottiene:
a - 2c1 + c2
q1 =
;
3
a - 2c2 + cI
q2 =
;
3
a + c1 + c2
p = (a - q1 - q2 )=
3
E sostituendo le espressioni di c1 e di c2 :
q1=
a-c+2 x1
;
3
π1c
=
q 2=
(a - c + 2x1 )2
3
2
a-c-x1
;
3
;
p  a-q1-q2 =
π2c
=
a+c1+c2 a  2c  x1

3
3
(a - c - x1 )2
32
52
Investimenti strategici*. 8
B) L’impresa 2 non è entrata sul mercato e I si comporta da
monopolista:
inn
π M = p-c1 q M  a-q M -c1 q M
π M
= a - 2q M - c1 = 0
q M
Da cui si ottiene il profitto di monopolio:
M
inn
(a-c1 )2 (a-c  x1 )2


4
4
53
Investimenti strategici*. 9
Nello stadio precedente, si osserva la scelta di I (livello di x1) che può
essere:
•
accomodante, dando per scontato l’ingresso di E;
•
ostile, scegliendo un livello di investimento che tenga E fuori dal
mercato.
A)
Comportamento accomodante:
I massimizza la sua funzione di profitto:
π1=a-q1-q2 -c  x1 q1 - x12 ;
Sostituendo le espressioni trovate in precedenza per q1 e q2:
(a - c + 2x1 )2 2
c
π1 =
- x1 ;
2
3
E dalla FOC:
π 1
4(a - c + 2x1 )
=
- 2x1 = 0
x1
9
54
Investimenti strategici*. 10
Si ottene l’espressione di x1, che viene sostituita nelle espressioni
delle quantità, del prezzo e dei profitti:
2(a - c )
x1 =
;
5
π
2

a-c 
=
;
a
1
5
(a - c )
3(a - c )
q1 =
; q2 =
;
5
5
π
a + 4c
p =
;
5
a
2

a-c 
= p  c2 q 2  F=
-F;
a
2
25
L’impresa 2 entra se riesce a fare profitti positivi ovvero: F ≤
(a - c )2
25
;
Se F è maggiore, I non ha bisogno di comportarsi in modo strategico
perché E non ha convenienza a entrare.
55
Investimenti strategici*. 11
B) Comportamento ostile.
L’impresa 1 individua il livello di investimento che impedisce l’entrata
all’impresa 2 ponendo il profitto di questa uguale a zero (! Errore
p.277):
π2 =
(a - c - x1 )2
3
2
- F =0
*p
x1 = a - c - 3 F
Se la 1 fissa x1 > x1*p , la 2 deciderà di non entrare.
Sostituendo nella funzione di profitto della 1:

  
π1p= p-c  x1*p q1- x1*p
2
l’espressione di x1*p e, massimizzandola rispetto a q, si ottengono il
prezzo ( pp ), la quantità e il profitto della 1.
56
Investimenti strategici. 12
I avrà convenienza a seguire la strategia ostile se: π1p > π1a
Si potranno ottenere i valori di F in corrispondenza dei quali
l’entrata è possibile o scoraggiata (E non riuscirebbe a
coprire i costi fissi).
Infine, per vedere se un livello di investimento che scoraggia
l’entrata danneggia o meno i consumatori, si confrontano i
prezzi delle due situazioni:
accomodante ( pa) e ostile ( pp ).
57
Bundling e Tying. 1
Tying. La vendita del prodotto A (tying product) condiziona la
vendita del prodotto B (tied product). Nella terminologia
economica serve ad indicare che le proporzioni in cui vengono
venduti due beni sono variabili (computer e software
applicativi).
Tying può essere attuato attraverso forme contrattuali
(requirement tie-in) quando al momento della vendita il
produttore chiede ai consumatori che acquistano un suo
prodotto (stampante) anche di acquistare un altro dei suoi
prodotti (cartucce d’inchiostro).
58
Bundling e Tying. 2
Bundling. I prodotti vengono venduti in proporzioni fisse. In
particolare:
Pure bundling: quando il consumatore può acquistare solo l’intero
insieme (bundle), A e B non possono essere acquistati
separatamente. (es: pasto a prezzo fisso, viaggio in aereo o treno
con pasto…).
Mixed bundling: quando i prodotti possono essere acquistati
separatamente ma i consumatori hanno uno sconto se li
acquistano nel bundle (es: pasto á la carte e a prezzo fisso).
N.B.: Negli USA Tying e Bundling vengono sovente usati in modo
intercambiabile.
59
Bundling e Tying. 3
Motivi per adottare comportamenti di Tying e Bundling:
• guadagni di efficienza;
• discriminazione dei prezzi
• strategie di Foreclosure
Posizione della disciplina antitrust.
60
Bundling e Tying. 4
Guadagni di efficienza
Assemblare più parti è meno costoso per un’impresa che per il
consumatore (costo-opportunità). Le imprese possono godere
di economie di scala e migliore organizzazione del lavoro,
inoltre il T può aiutare a risolvere problemi di asimmetria
informativa da parte dei consumatori.
Discriminazione dei prezzi
Il Bundling può operare in modo analogo alla discriminazione.
Se il venditore conosce le preferenze dei consumatori e non
può discriminare i prezzi, fissando opportunamente un prezzo
per il pacchetto, riesce a sottrarre surplus ai consumatori.
61
Bundling e Tying. 6
Il monopolista vende 2 prodotti (A e B) e conosce la disponibilità massima a
pagare degli individui 1 e 2:
1
A
7 (4)
B
5
A+ B
12 (9)
2
tot
4
(8)
8 (5)
(10)
12 (9)
24 (18)
Con c=0, il profitto del venditore sarà: π = 24
Se vendesse separatamente i prodotti, non potendo discriminare, applica 4 per A
e 5 per il B per entrambi i consumatori e il profitto sarà: π = 18. Facendo
bundling il Surplus dei consumatori si ridurrà di 6 unità.
In generale, tuttavia, gli esiti sul benessere sono ambigui.
Se la discriminazione fosse possibile, applicare il bundling riduce il
benessere.
Se il bundling consentisse di ampliare le vendite, ridurre i prezzi e permettere
l’accesso ai beni anche a coloro che non si sarebbero avvicinati, i
62
consumatori potrebbero essere avvantaggiati.
Bundling e Tying. 7
Foreclosure
Data l’ipotesi che non vi siano guadagni di efficienza, alcuni
contributi teorici sottolineano la possibilità che fare tying può
rappresentare una strategia escludente.
L’impresa che dispone di una quota significativa di mercato in
A, facendo tying (A + B) in modo credibile, può impedire
l’entrata sul mercato B.
L’incumbent potrà avere un atteggiamento accomodante
(rivedere la sua strategia) se teme di perdere gli acquirenti
del suo prodotto. In questo caso, il rivale entra e la strategia
non ha effetti anticompetitivi.
63
Bundling e Tying. 8
Per contro, l’incumbent può adottare un commitment forte scegliendo la
strategia di tying non solo come modo di vendita (reversibile) ma come
scelta all’interno del processo tecnologico.
In questo caso, l’incumbent può escludere i concorrenti dal mercato B.
Tuttavia, se i beni sono complementari, l’esclusione è meno conveniente
per l’incumbent sul mercato A poiché, in presenza di un rivale su B,
non perde profitti sul mercato A e alcuni consumatori possono rivolgersi
al rivale su B, pur continuando a comperare A. In questo caso non
conviene fare tying.
Vi sono altri modelli interpretativi. In particolare, un modello in cui
l’incumbent fa tying per scoraggiare l’entrata sul mercato B al fine di
difendere il mercato principale A.
Questo modello sembra descrivere molto bene il caso US v/ Microsoft,
che è considerato uno dei più interessati e recenti casi antitrust.
L’analisi di questo caso ci consente anche di considerare la posizione
delle AA.
64
US v/ Microsoft. 1
Il mercato dei Browser.
Alla metà degli anni ’90 Netscape Navigator era il browser più diffuso
sul mercato.
MS aveva reagito introducendo Internet Explorer come parte integrante
di Windows ’95 a prezzo zero e prendendo accordi con i produttori
di PC per pre-installarli.
MS si sentiva minacciata dal browser di Netscape che aveva la
caratteristica di poter operare indipendentemente dal sistema
operativo del PC. Questa caratteristica avrebbe consentito a
Netscape di sviluppare una alternativa alla piattaforma software
basata sul sistema operativo di MS.
N.B.: La minaccia è dunque nei confronti del mercato primario e la
strategia è il tying.
Nel 1997 il Doj accusa MS di abusare del suo potere di mercato con la
pratica anticompetitiva del tying (vietata per sé) legando Windows al
s/ browser che erano due prodotti separati.
65
US v/ Microsoft. 2
Nel 2000, i rimedi proposti dal Doj (separazione della MS in 2
società e altri rimedi comportamentali) vengono approvati dal
tribunale.
Nel 2001:
- la corte d’appello interviene, in particolare sul tying,
chiedendo di cambiare la regola per sé in rule of
reason;
- il Doj fa poi cadere le accuse nei confronti di MS,
soprattutto quella di tying.
Nel 2002, infine, si giunge ad un accordo con MS che richiede
alla società impegni molto limitati.
ma………….
66
EU v/ Microsoft. 1
Nel gennaio 2009, la CE obietta a MS di violare l’art 82 per
abuso di posizione dominante sul mercato dei clienti PC
per pratica di tying di IE con Windows.
Nel dicembre 2009, la CE accoglie la decisione di MS di
favorire la concorrenza, sul mercato dei browser,
offrendo agli utenti europei di Windows, la scelta tra
browser diversi (Safari di Apple, Chrome di Google,
Firefox di Mozilla…) in aggiunta a IE, per 5 anni,
rendendo disponibile un “Choice Screen” per installarli.
67
EU v/ Microsoft. 2
Nel marzo 2004, la Ce, dopo un’indagine di 5 anni, aveva rilevato che
MS aveva abusato del potere di mercato (art. 82), di cui disponeva
nel suo mercato primario (sistemi operativi - OS - per PC) sul
mercato secondario (OS per server per gruppi di lavoro).
MS deteneva il 90% del mercato degli OS con Windows, mentre sul
mercato secondario la sua quota era passata dal 20% al 60% nel
periodo 1990-2001.
Secondo la CE questo aumento straordinario era dovuto al
comportamento posto in essere da MS che aveva introdotto dei
vincoli di interoperabilità tra Windows PC e i server diversi dal suo e
che si rifiutava di fornire informazioni sulle interfacce di Windows.
Durante l’indagine, la CE stessa aveva ampliato l’analisi anche agli
effetti del tying di Windows con Media Player (software per
riprodurre sul PC contenuti digitali audio e video) con il OS
Windows, impedendo in questo modo l’entrata sul mercato di
concorrenti di media players.
68
EU v/ Microsoft. 3
La CE riteneva che:
–
MS avesse deliberatamente cercato di acquisire una
posizione dominante sul mercato dei OS per server per
gruppi di lavoro con il rischio di eliminare i rivali (oltre al
comportamento diretto di MS. anche gli effetti di rete
avevano contribuito a ridurre le quote di mercato dei
rivali);
–
il comportamento di MS avesse significativamente
indebolito la concorrenza sul mercato dei media player.
69
EU v/ Microsoft. 4
Rimedi
La CE imponeva a MS , per gli abusi protratti oltre 5 anni, di:
– fornire ai concorrenti, entro 120 gg dalla decisione, le
informazioni necessarie a rendere interoperabili i diversi OS;
– offrire, entro 90 gg, una versione di Windows senza Media
Player con il divieto di sconti ai produttori di PC che
acquistassero Windows con MMP
– ammenda di 497.2 milioni di €.
Nel 2007, la CE comminava a MS un’ulteriore ammenda di 280
milioni di € per i ritardi frapposti all’adozione dei rimedi imposti
(interoperabilità).
70
EU v/ Microsoft. 5
Dal punto di vista della prassi seguita dalla AA, è interessante
rilevare che la condotta di tying è considerata abusiva dell’art. 82
del Trattato CE quando sono presenti 4 condizioni:
– l’impresa deve avere una posizione di incumbent sul mercato
“tying” (MS con 90%);
– i due prodotti devono essere distinti (imprese diverse
producevano MP);
– non c’è altra scelta che acquistare i prodotti congiuntamente
(acquistando Windows si acquistava MMP);
– questa condotta riduce la concorrenza sul mercato”tied” (MS
faceva pre-installare i programmi).
Secondo la CE, tutte le condizioni erano presenti nel caso
considerato.
71
Conclusioni
Disciplina antitrust
Mentre la prassi tende ad essere abbastanza rigida nei confronti della
pratica di tying (negli USA la pratica è stata vietata per molto
tempo secondo la rule per sé; in UE l’elenco delle condizioni), i
contributi di analisi economica suggeriscono che gli interventi
antitrust seguano una prassi che ponga l’attenzione su due aspetti:
1) dimensione delle imprese che la praticano, ovvero il loro potere
di mercato;
2) guadagni di efficienza (caso Ilford).
Effetti sul benessere
Gli effetti sul benessere sono ambigui. In alcuni casi c’è intento
anticompetitivo che deve essere comunque bilanciato con gli
eventuali guadagni di efficienza.
72
Discriminazione dei prezzi. 1
L’incumbent che dispone di potere di mercato può applicare, date
alcune condizioni, prezzi diversi per consumatori diversi o prezzi
diversi per quantità diverse.
Pratica molto diffusa (biglietti cinema, trasporto aereo…)
Obiettivo: massimizzare i profitti sottraendo surplus ai consumatori.
Tuttavia, gli effetti sul benessere sociale sono ambigui.
Condizioni:
• possibilità di separare le diverse tipologie di consumatori o i
diversi mercati;
• assenza di arbitraggio. L’arbitraggio è, in alcuni casi assente
(servizi alla persona) o si può impedire con clausole contrattuali,
o per divieto di legge.
73
Discriminazione dei prezzi. 2
Tassonomia:
I° grado (perfetta).
Il monopolista conosce la disponibilità a pagare di ogni consumatore e
applica per ogni unità il prezzo che equivale al massimo che il
consumatore è disposto a pagare, in questo modo sottrae tutto il
surplus ai consumatori.
CS = π
c
74
Discriminazione dei prezzi. 3
II° grado.
L’impresa offre ai consumatori diverse combinazioni di prezzi e
quantità e lascia che essi scelgano, rivelando così le proprie
preferenze.
Un esempio è dato dalle tariffe in due parti: una quota fissa T
e una variabile pq. Il prezzo medio decresce all’aumentare
della quantità. Fissando p molto vicino o uguale a c, aumenta
la quantità domandata e il surplus dei consumatori che può
essere catturato fissando opportunamente T.
III° grado. L’impresa fissa prezzi diversi a consumatori che
presentano caratteristiche osservabili diverse. Ad esempio
quando la discriminazione dei prezzi avviene tra paesi diversi
o quando riesce a separare mercati dove le domande hanno
elasticità diversa.
N.B.: La disciplina antitrust della UE vieta le pratiche che ostacolano
l’arbitraggio che sono considerate anticompetitive per sé.
75
Discriminazione dei prezzi. 4
Discriminazione di III° grado.
L’impresa, che vende lo stesso prodotto su due mercati diversi,
cercherà di massimizzare il profitto su entrambi i mercati in base alla
condizione di uguaglianza: MR = MC.
Ciò equivale a dire che si avranno due prezzi diversi. Sul mercato
con elasticità della domanda più bassa si avrà un prezzo più elevato
e sul mercato con elasticità della domanda più elevata un prezzo più
basso.
ph
pu
pl
c
76
Discriminazione dei prezzi. 4
Ipotizziamo che vi siano:
- 2 mercati (l e h) con pesi diversi: λ e 1- λ dove 0 < λ< 1;
- domande: ql  vl  p e qh  vh  p dove vh  vl
- M (produttore) serve i due mercati con lo stesso impianto;
- costo unitario: vl  c e non vi sono altri costi.
Analizziamo e confrontiamo gli esiti in caso di:
A) discriminazione dei prezzi,
B) prezzi uniformi.
77
Discriminazione dei prezzi. 5
A) Discriminazione dei prezzi.
Il produttore vuole massimizzare i suoi profitti su ogni mercato:
e
   p  c v  p 
   p  c v  p 
l
l
l
l
Dalle FOC :
 l
 vl  2 p l  c  0
pl
h
h
h
h
 h
 vh  2 ph  c  0
p h
Da cui si ottengono i prezzi di equilibrio e, per sostituzione nelle funzioni di
domanda, le quantità e i profitti dei due mercati:
v  c 
v c
v c
pl  l
; ql  l
; l  l
2
2
4
v h  c 2
vh  c
vh  c
ph 
; qh 
; h 
2
2
4
2
78
Discriminazione dei prezzi. 6
Il profitto totale si ottiene come somma algebrica dei profitti dei due
mercati ponderata con i pesi relativi dei due mercati:

Discr

vl
v  c 
 c
 1    h
4
4
2
2
e la quantità totale prodotta:
q tot  ql  1   q h 
vl  1   v h  c
2
Su entrambi i mercati si può calcolare il surplus dei consumatori:
v  c
v  c  v  c 

CS i   vi  i  i  / 2  i
2  2 
8

2
CS tot  
vl  c 2
8
 1   
per i =l,h
e il CS totale sarà:
vh  c 2
8
79
Discriminazione dei prezzi.7
B) Prezzi uniformi.
Se il produttore non può discriminare i prezzi, applicherà un prezzo
uniforme, nell’ipotesi che entrambi i mercati possano essere serviti.
M sceglie il prezzo che massimizza il suo profitto complessivo:
 u   p  c ql  1   qh    p  c  v l  p   1   vh  p 
 u
0
p
Dalla FOC:
Si ottengono il prezzo uniforme, la quantità e il profitto totale di M:
p 
u
vl  1   vh  c
2
;q 
u
vl  1   vh  c
2
;
u
[vl  1   vh  c]2

4
80
Discriminazione dei prezzi. 8
Se la discriminazione non è possibile o è vietata, il prezzo sarà lo
stesso sui due mercati pu con ph > pu > pl .
Con pu la quantità totale sarà uguale, il profitto totale inferiore e il
surplus dei consumatori superiore.
Questo risultato è importante ma è legato alla forma lineare delle
funzioni di domanda.
Inoltre, questo risultato non è sempre generalizzabile. Il prezzo
uniforme scelto potrebbe, ad esempio, essere il prezzo di monopolio
del mercato con domanda più ampia. In qualche caso ciò può
portare a non servire un mercato e la probabilità che ciò avvenga è
tanto più elevata quanto più piccolo è il mercato (ovvero tanto più
ampia è la differenza tra le domande dei due mercati).
81
Discriminazione dei prezzi. 9
Effetti sul benessere
L’analisi della discriminazione dei prezzi sul benessere è complessa è
non porta a risultati univoci.
Il monopolista che vende lo stesso bene allo stesso prezzo su tutti i
mercati potrebbe stare meglio discriminando perché “nella peggiore
delle ipotesi” può sempre fissare un prezzo uniforme (Tirole, 1983).
I consumatori con bassa elasticità della domanda preferirebbero un
prezzo uniforme, e quelli con alta, la discriminazione.
Nel caso di prezzo uniforme, l’aumento di CS che si determina sul
mercato con elasticità più bassa deve essere confrontato con la
perdita di CS che si determina sul mercato con elasticità più alta.
Nel caso di prezzo uniforme, in presenza di funzioni di domanda
lineari e rendimenti di scala costanti, la quantità resta uguale in
entrambi i casi ma il benessere complessivo aumenta.
82
Discriminazione dei prezzi. 10
In generale, la discriminazione riduce il benessere se la produzione non
aumenta.
La discriminazione può essere socialmente accettabile quando:
- consente di aumentare la quantità prodotta, contrastando, per
questa via, la distorsione creata dai prezzi di monopolio.
- rende possibile servire anche i mercati che, in presenza di prezzo
uniforme -fissato a livello di monopolio – non potrebbero esserlo.
ph
pu
pl
83
Discriminazione dei prezzi. 11
In questo caso la discriminazione è, dunque, socialmente accettabile
perché consente di fare emergere anche la domanda di
consumatori che non comprerebbero perché il prezzo è troppo
alto.
Vietare la discriminazione può portare alla chiusura di alcuni mercati.
Le considerazioni sviluppate finora fanno riferimento all’efficienza e
non alla distribuzione, mentre uno dei problemi della
discriminazione è proprio quello che modifica la distribuzione del
reddito togliendo reddito a chi ha bassa elasticità per darlo a chi ha
alta elasticità e al monopolista.
Occorre tuttavia osservare se i soggetti con domanda a bassa
elasticità sono titolari di redditi più o meno elevati.
D’altra parte non è opportuno criticare la discriminazione sulla base
degli effetti redistributivi.
84
Discriminazione dei prezzi*. 13
Discriminazione di II° grado.
Tariffe in due parti e sconto sulla quantità.
La tariffa in due parti: T+pq corrisponde ad uno sconto sulla quantità
poiché il prezzo unitario pagato dai consumatori diminuisce al crescere
della quantità acquistata.
Consideriamo un M con due tipi di consumatori (l e h) che rappresentano
rispettivamente, λ e (1-λ) della popolazione con le domande:
ql  vl  p;
qh  vh  p
Poniamo inoltre l’ipotesi che:
vl  p h
ovvero
vl 
vh  c
2
Ciò significa che tutti i consumatori saranno in grado di acquistare i beni,
sia nel caso di tariffe in due parti, che di prezzi uniformi.
Ovvero, l’intercetta della domanda (l) è superiore al prezzo di equilibrio
della domanda (h).
85
Discriminazione dei prezzi*. 14
Per indurre i consumatori ( l ) ad acquistare il bene, M osserva il loro
surplus che è:
CS l 
vl  p 2
2
T
e fissa la quota T:
T
vl  p 2
2
poi definisce p che massimizza il suo profitto:
(A)
   p  c  vl  p   1   vh  p  
vl  p 2
2
Dalla FOC si ottiene il prezzo:
p qd  1   vh  vl   c
Che sostituito nella funzione di domanda
dal momento che ql  0 ,
ql  vl  p qd ,
86
Discriminazione dei prezzi*. 15
consente di ottenere l’espressione:
vl  p qd ovvero
vl  1   v h  vl   c
da cui:
vl 
c  1   v h
2
che è valida perché, data l’ipotesi che:
la diseguaglianza:
vh  c
vl 
2
v h  c c  1   v h

2
è soddisfatta. 2
87
Discriminazione dei prezzi*. 16
Sostituendo il pqd nella funzione di profitto di M si ottiene:

qd

vl  c 2  1   2 vh  vl 2
2
Si tratta ora di confrontare i profitti e i prezzi con sconti di quantità o
in assenza di discriminazione (prezzi uniformi):
 qd   u
vl
vl  1   vh  c
 c   1    v h  vl 

2
4
2
2
2
2
88
Discriminazione dei prezzi*. 17
e di verificare che anche per i prezzi vale:
p qd  p u
c  1   v h  vl  
da cui si ottiene:
vl  1   v h  c
2
c  1   v h
 vl
2
che abbiamo ipotizzato valida.
Conclusioni
M preferirà introdurre gli sconti sulla quantità piuttosto che
applicare prezzi uniformi, sempre che valga l’ipotesi che i
consumatori siano in grado di acquistare i prodotti sia con prezzi
uniformi che discriminatori.
89