Le politiche attive italiane a supporto della gestione delle crisi
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Le politiche attive italiane a supporto della gestione delle crisi
Le politiche attive italiane a supporto della gestione delle crisi aziendali e occupazionali e le strategie adottate dalle aziende: criticità e fattori di successo Angelo Irano, Responsabile Area Welfare to Work - Italia Lavoro 1. Il sistema degli ammortizzatori sociali in deroga e l’Accordo Stato/Regioni Fin dalla metà del 2008 la crisi finanziaria internazionale ha fortemente impattato sull’economia reale dell’Italia e ha indebolito la crescita economica del paese: la natura globale della recessione ha, infatti, fortemente contratto la domanda estera di beni e servizi prodotti dalle aziende italiane e alla conseguente riduzione delle esportazioni si è associata una minore domanda interna, anch’essa fortemente in calo rispetto agli anni passati per effetto della contrazione dei consumi delle famiglie (fenomeno quest’ultimo alimentato prevalentemente dal clima di forte incertezza e sfiducia dei consumatori per il futuro).1 In tale contesto di crisi, la sfida che si sono trovate ad affrontare molte aziende italiane (per lo più di piccole dimensioni e concentrate nel settore manifatturiero) è stata quella di riuscire a continuare a competere ed a restare sul mercato, pur in presenza di condizioni interne ed esterne sfavorevoli. Tra le diverse strategie difensive messe in campo dalle aziende2, vi è stato l’ampio ricorso a processi di ristrutturazione, riconversione e riorganizzazione aziendale, attuati allo scopo di adeguare i livelli produttivi alla domanda di mercato e di ridurre, in tal modo, i costi associati alla bassa produttività del lavoro. Sul piano occupazionale ne è derivata la forte minaccia della improvvisa creazione di ampi bacini di lavoratori in esubero e, conseguentemente, della loro espulsione dal processo produttivo, soprattutto a discapito dei soggetti più deboli del mercato del lavoro (lavoratori impiegati con contratti di lavoro a termine o provenienti da aziende di piccole dimensioni non coperti dal sistema ordinario degli ammortizzatori sociali)3. Al fine di contenere gli impatti negativi della crisi sui livelli occupazionali è stato, dunque, necessario varare fin da subito una serie di misure “urgenti” a tutela del lavoro, dell’occupazione e delle imprese4. I principali interventi legislativi adottati in questa fase (coerentemente alle linee tracciate dalla Commissione Europea per una rapida uscita dalla crisi e un veloce rilancio dell’economie dei singoli paesi membri e dell’intera Comunità europea)5 hanno mirato anzitutto a salvaguardare il più possibile la struttura produttiva ed occupazionale del paese supportando, da un lato, la domanda interna di beni e servizi (attraverso, ad esempio, gli incentivi economici per l’acquisto da parte delle famiglie di beni durevoli) e finanziando, dall’altro, con maggiori risorse la spesa per ammortizzatori sociali –in particolar modo per i c.d. ammortizzatori sociali in deroga6 – in modo da permettere a molte aziende di evitare l’interruzione nel rapporto di lavoro con un 1 Cfr. Banca d’Italia, Relazione annuale, anno 2008. Presentata all’Assemblea Ordinaria dei Partecipanti il 29 maggio 2009. 2 Bugamelli M., Cristadoro R., Zevi G., La crisi internazionale e il sistema produttivo italiano: un’analisi sui dati a livello di impresa. In Questioni di Economia e Finanza, n.58, dicembre 2009, Roma, Banca d’Italia. 3 Per un approfondimento sugli impatti della crisi economica sul mercato del lavoro si rinvia all’analisi Rapporto sul mercato del lavoro 2008-2009 del Cnel, presentato a Roma il 22 luglio 2009. 4 Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185 “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”, convertito in Legge n.2 del 28 gennaio 2009. 5 Cfr. Dalla crisi finanziaria alla ripresa (COM CE n. 706 29.10.2008) e Un piano europeo di ripresa economica (COM CE n. 800 del 26.11.2008). 6 Attraverso gli Ammortizzatori Sociali in deroga viene concessa la possibilità di accedere alla Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) e alla Mobilità a imprese e tipologie di lavoratori (lavoratori somministrati, lavoratori apprendisti, collaboratori mono committenti) tradizionalmente esclusi dalla normativa generale sugli ammortizzatori sociali (legge 223/1991 e successive modificazioni). Tale possibilità trova riscontro normativo nelle più recenti misure anticrisi (l’art. 2, comma 36, della legge n. 203/2008; l’art. 19 della legge n. 2/2009 e l’art. 7-ter della legge n. 33/2009). numero considerevole di lavoratori (e la conseguente dispersione di capitale umano) e di attuare misure meno drastiche, quali una temporanea sospensione dall’attività produttiva o una riduzione degli orari di lavoro nel periodo di crisi. Le misure adottate hanno mostrato la loro efficacia rispetto all’obiettivo di contenere il più possibile la perdita di posti di lavoro esistenti negli anni in cui la crisi ha manifestato i suoi maggiori impatti occupazionali. Infatti, rispetto a quanto si è osservato a livello internazionale (nello specifico negli Stati Uniti e in altri 16 paesi della Unione europea, in particolare nel Regno Unito, in Irlanda, in Svezia, in Spagna, in Portogallo e in Grecia), in Italia la crescita del tasso di disoccupazione è stata abbastanza contenuta (+2,3%, passando da un valore del 7% del 2008 a quello dell’8,2% nel 2010) e in ogni caso si è attestata ad un livello al di sotto sia della media EU27 che della media EU17 (o zona Euro), (grafici 1 e 2). Graff.1-2: Confronto nella crescita del tasso di disoccupazione tra il 2008 e il 2010 (valori in punti percentuali) tra l’Italia e i paesi della UE (EU17), della zona Euro (EU177, gli Stati Uniti e il Giappone. Fonte: ItaliaLavoro Spa, elaborazione su dati Eurostat, Employment and unemployment (Labour Force Survey), last update 31.10.2011 Ai fini dell’attuazione rapida delle misure anticrisi varate è stata fondamentale la collaborazione tra lo Stato e le Regioni/Province Autonome che ha portato, il 12 febbraio del 2009, all’Accordo tra Stato, Regioni e Province Autonome sugli ammortizzatori sociali in deroga e le politiche attive (accordo successivamente rinnovato ad aprile del 2011 e prorogato fino alla fine del 2012). Le misure adottate sono state centrate fondamentalmente su: - un ampliamento della platea dei lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali, attraverso l’estensione delle coperture degli ammortizzatori in deroga a categorie di lavoratori non coperte da alcuna forma di sostegno al reddito in caso di sospensione e di perdita del posto di lavoro; - una maggiore integrazione tra politiche passive e politiche attive del lavoro, rendendo più stringente la partecipazione a misure di politica attiva da parte dei soggetti destinatari di forme di sostegno al reddito; - una maggiore cooperazione interistituzionale fra Stato e Regioni, data la configurazione delle competenze in materia di ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro7. L’Accordo Stato-Regioni ha contribuito alla sostenibilità del disegno complessivo degli ammortizzatori sociali in deroga, coinvolgendo livelli istituzionali diversi, ridefinendo competenze e ruoli di governo del sistema dei Servizi per il lavoro e mobilitando risorse economiche differenti. Esso rappresenta, pertanto, un importante spartiacque nello sviluppo delle politiche per il lavoro, poiché ha posto al centro delle misure concordate tra Stato e Regioni due principi: il forte collegamento tra politiche attive e passive del lavoro; l’integrazione degli strumenti finanziari. Nell’ambito di una azione congiunta, Stato e Regioni si sono impegnati a cofinanziare le diverse misure di ampliamento degli ammortizzatori in deroga, anche utilizzando le risorse del Fondo Sociale Europeo ed attraverso il processo normativo e regolamentare avviato dall’Accordo del 12 febbraio si è formalizzato, di fatto, il collegamento tra politiche attive e passive. Per la prima volta, l'uso dei finanziamenti FSE ha unito strumenti che coniugano indennità e interventi di politica attiva del lavoro e della formazione, da sviluppare in sinergia con i servizi per l'impiego nei confronti di una platea più estesa di lavoratori. Nel complesso, l’Accordo ha cercato di realizzare attraverso l’estensione delle tutele, una protezione universalistica e omogenea dei lavoratori nel mercato del lavoro, offrendo l’opportunità di rafforzare un welfare incentrato sul lavoro, ma anche sulla società, con la finalità di attivare i soggetti target e reinserirli prima possibile nel mercato del lavoro, abbandonando pratiche assistenziali. Oltre ai due aspetti evidenziati, di rilievo risulta la previsione di un coordinamento costante tra amministrazione centrale e amministrazioni regionali, che risponde alla necessità di intervenire sulle priorità nazionali in tutto il territorio, tutelando in modo univoco i diritti di tutti i percettori in deroga. Tale modalità ha massimizzato l’efficacia degli investimenti e favorito il prolungarsi dell’impatto della politica nazionale, trasformandola in una modalità quasi permanente di intervento. In questo modo, il Ministero del Lavoro si è dotato di strumenti di governance 7 Cfr Le misure regionali di contrasto alla crisi occupazionale connesse con l’Accordo Stato – Regioni del Febbraio 2009. Isfol e Italia Lavoro, Novembre 2010. rispettosi delle ancor più ampie competenze decentrate e capaci di supportare le funzioni sussidiarie8. Le risorse economiche per le politiche passive e le politiche attive del lavoro previste dall’Accordo Stato-Regioni/Province Autonome Il primo Accordo Stato/Regioni ha destinato ad azioni di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro complessivamente 8 miliardi di euro, di cui 5 miliardi e 350 milioni di euro messi a disposizione dal Governo (impegnando risorse di Fondi nazionali) e 2 miliardi e 650 milioni di euro messi a disposizione dalle Regioni, utilizzando in gran parte (2 miliardi e 145 milioni di euro) risorse dei PON FSE 2007-2013. Il contributo nazionale è stato indirizzato al pagamento della quota maggioritaria del sostegno al reddito (70%) e al pagamento dei contributi figurativi; la quota a carico delle singole Regioni è invece stata destinata al completamento del sostegno al reddito (30%) purché ad essa corrispondano azioni di politica attiva a favore dei lavoratori beneficiari gli stessi ammortizzatori sociali in deroga. In data 20 aprile 2011 è stato confermato l'Accordo Stato-Regioni per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il biennio 2011-2012. L’intesa proroga per i due anni l’accordo già in vigore per il 2009 e il 2010. L’Accordo del 2011 conferma lo stanziamento previsto dalla legge di stabilità di 1 miliardo di euro per gli interventi a sostegno del reddito a cui si aggiungono 600 milioni di euro di residui del biennio 2009-2010. Le Regioni concorrono con la parte non utilizzata dello stanziamento di 2.2 miliardi di euro, fino al suo esaurimento. Le quote di cofinanziamento Stato-Regioni delle politiche passive (e la ripartizione dell’utilizzo delle risorse tra politiche passive ed attive) vengono modificate da 70%-30% a 60%-40%. Il nuovo Accordo del 20 aprile 2011, confermando per l’anno 2011 e per l’anno 2012 la strategia adottata con successo nel corso del biennio precedente, riconosce al contempo la necessità di conferire maggiore enfasi al collegamento tra politiche passive e attive e alla qualità e alla efficacia di queste ultime, attraverso: il rafforzamento della sinergia tra politiche occupazionali e politiche formative, con l’obiettivo di promuovere politiche attive del lavoro coerenti con percorsi innovativi di riconversione e ristrutturazione aziendale e con i fabbisogni di competenze e professionali dei mercati del lavoro e dei sistemi di impresa; la programmazione e attuazione di politiche attive del lavoro e percorsi formativi in linea e coerenti con la condizione specifica dei lavoratori e con le esigenze delle imprese e dei mercati del lavoro, anche valorizzando gli strumenti di programmazione integrata per potenziare le sinergie tra politiche di sviluppo, occupazionali e formative; il coinvolgimento delle imprese e dei servizi competenti nel processo di definizione e gestione delle politiche attive a favore dei lavoratori coinvolti, in cui siano definite le politiche da attivare per ciascuna categoria di lavoratori (sospesi, espulsi, a rischio di espulsione), da elaborare con il concorso, sia in termini di azioni che di risorse da mettere in campo, dei diversi attori (Ministero del Lavoro, Regioni, Province, parti sociali, servizi per il lavoro, impresa). 8 Nel caso delle crisi aziendali che riguardano più unità produttive dislocate sul territorio nazionale gli accordi di concessione degli AASS in deroga vengono stipulati presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; mentre, nel caso delle crisi aziendali locali (cioè circoscritte in un unico territorio regionale) essi sono stipulati presso le Regioni. L’attuazione dell’Accordo del 12 febbraio 2009 ha determinato la programmazione e la definizione di nuovi strumenti di politica attiva e passiva integrati tra loro e parametrati in funzione dei lavoratori target e ha favorito l’adozione di strategie organizzative e funzionali che hanno permesso l’ampliamento della rete e dell’offerta dei servizi di politica attiva del lavoro. Tutto ciò è stato reso sostenibile da adeguati sistemi informativi, a partire dal Sistema Informativo Percettori dell’INPS che, rendendo accessibili ai vari soggetti istituzionali e attori del mercato del lavoro i dati relativi ai lavoratori percettori di ammortizzatori sociali, ha consentito di realizzare un più spinto coordinamento istituzionale tra i soggetti responsabili dell’erogazione dei trattamenti di sostegno al reddito e delle politiche di reimpiego. 2. Aziende in crisi e lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga (Cigs e Mobilità) dal 2009 al 2011 Di seguito, s’illustrano i dati relativi alle aziende ed ai lavoratori che hanno beneficiato dal 2009 al 2011 degli ammortizzatori sociali in deroga (Cigs e Mobilità). Dal 1 gennaio del 2009 al 31 ottobre del 2011 i soggetti beneficiari di Cigs in deroga alla normativa vigente sono stati complessivamente oltre 212.0009, mentre i lavoratori in mobilità in deroga sono stati circa 50.000. Nel corso del 2009 il bacino di lavoratori che hanno usufruito della Cigs in deroga era composto da 44.423 unità; nel 2010, esso è cresciuto, fino a ricomprendere 93357 lavoratori (+110%); nel 2011 stanno beneficiando del sostegno al reddito 74356 lavoratori. Nel corso degli anni della crisi si osserva che il maggior numero di percettori di Cigs in deroga si è concentrato nelle aree del Nordovest, del Nord-est e del Centro; tuttavia, nel 2011 rispetto all’anno precedente, mentre si osserva in queste aree la tendenza ad una riduzione del numero di soggetti che beneficiano della Cigs in deroga, per il Sud e le isole si osserva la tendenza opposta (Fig.1). Fig.1: andamento della Cigs in deroga tra il 2009 ed il 2011, per area geografica e per confronto tra ore autorizzate dall’Inps e ore effettivamente utilizzate dalle aziende Percettori della Cigs in deroga negli anni della crisi (unità virtuali) 40000 35000 30000 25000 Nord ovest 20000 Nord est 15000 Centro 10000 Sud ed isole 5000 0 2009 9 2010 2011 I dati si riferiscono alle c.d. unità virtuali, calcolate mettendo in rapporto le ore effettivamente utilizzate dalle aziende in ciascun anno (Fonte: Inps) con il valore, per quell’anno, della media annua di ore lavorate dai lavoratori nei diversi settori produttivi (dati aggiornati al 31.10.2011). Inoltre, da un confronto con i dati relativi agli accordi annuali sulle concessioni di AASS in deroga per gli anni 2009/2010/2011 (esposti più avanti) emerge comunque uno scostamento tra il numero massimo di lavoratori beneficiari previsti dagli Accordi di concessione e il numero di lavoratori che hanno effettivamente beneficiato delle misure – il c.d effetto tiraggio. Come si può osservare anche dalla Fig.2, l’effetto tiraggio è andato diminuendo nel corso degli anni, passando dal 70% del 2009 al valore del 43% rilevabile ad ottobre 2011: quanto a dire che le aziende hanno fatto un minore ricorso alla Cigs rispetto a quanto avevano previsto in sede di accordi di concessione con le Regioni. Fig.2: andamento della Cigs in deroga tra il 2009 ed il 2011, per area geografica e per confronto tra ore autorizzate dall’Inps e ore effettivamente utilizzate dalle aziende Fonte: Italia Lavoro Spa - Area Assistenza alla Gestione delle Crisi, Monitoraggio Ammortizzatori Sociali e Monitoraggio L.S.U. dell'Azione di sistema Welfare to Work per le politiche di reimpiego Concentrando l’analisi sugli accordi di concessione stipulati presso le Regioni e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2009, 2010 e 2011, emerge in particolar modo quanto segue: 1) il numero di unità produttive e di lavoratori interessati dai provvedimenti di concessione degli AASS in deroga (Cigs e Mobilità) è significativamente cresciuto nel 2010 rispetto al 2009 ed è tendenzialmente in calo nel corso del 2011 (Tab.1/Fig.3); riguardo alla tipologia di ammortizzatore sociale concesso alle aziende, la componente più significativa rappresentata in tutti i tre anni dalla Cigs in deroga, anche se dal 2009 al 2011, è progressivamente aumentato il numero unità produttive ai quali è stata concessa la Mobilità in deroga (Fig.4); Tab.1: numero di unità produttive e di lavoratori interessati dalla concessione di ammortizzatori sociali (anni 2009, 2010, 2011) Accordi di concessione degli AASS in deroga Cigs unità produttive Mobilità Lavoratori beneficiari unità produttive Cigs + Mobilità Lavoratori beneficiari unità produttive Lavoratori beneficiari 1 gennaio/31 dicembre2009 37.292 268.474 971 20.814 38.263 289.288 1 gennaio/31 dicembre2010 46.674 393.170 2.329 35.846 49.003 429.016 1 gennaio/30 ottobre 2011 34348 307410 3794 33215 38.142 340.625 Fonte: Italia Lavoro Spa - Area Assistenza alla Gestione delle Crisi, Monitoraggio Ammortizzatori Sociali e Monitoraggio L.S.U. dell'Azione di sistema Welfare to Work per le politiche di reimpiego Fig.3: andamento della concessione di ammortizzatori sociali in deroga (Cigs e Mobilità) tra il 2009 ed il 2011 Fonte: Italia Lavoro Spa , elaborazione su dati del Monitoraggio Ammortizzatori Sociali dell'Azione di sistema Welfare to Work per le politiche di reimpiego Fig.4: Unità produttive beneficiarie di AASS in deroga per tipologia di ammortizzatore sociale 2) in relazione alla dimensione delle aziende beneficiare (per numero di addetti), si osserva come la concessione degli AASS in deroga, in particolar modo della Cigs in deroga ha riguardato prevalentemente le aziende di piccole dimensioni, con un numero di addetti da 1 a 15 (Fig.5) Fig.5: Unità produttive interessate da AA.SS. in deroga per dimensione azienda (n. addetti) - confronto gennaio-settembre 2010/2011 Fonte: Italia Lavoro Spa - Area Assistenza alla Gestione delle Crisi, Monitoraggio Ammortizzatori Sociali e Monitoraggio L.S.U. dell'Azione di sistema Welfare to Work per le politiche di reimpiego 3) l’analisi della tipologia di concessione (prima concessione/proroghe) fa emergere nel caso della Cigs una prevalenza delle prime concessioni sulle proroghe per l’anno 2010 e un prevalere invece delle proroghe sulle prime concessioni per il 2011 (Fig.6); se il maggior numero di prime concessioni testimonia la presenza di un significativo turn over10 delle aziende in crisi che hanno beneficiato nel tempo degli AASS in deroga, l’alto numero di deroghe è connesso alla necessità di assicurare ai lavoratori la garanzia di poter percepire il sostegno al reddito per l’intero periodo di tempo per il quale gli è stato riconosciuto (entro i limiti stabiliti dalla legge). 10 Tanto maggiore è il numero di unità produttive che sono alla prima concessione tanto maggiore, è l’efficacia degli ammortizzatori che evidentemente vengono utilizzati dalle imprese proprio per evitare i licenziamenti e riprendere rapidamente la produzione normale. Fig.6: Distribuzione delle unità produttive e del numero massimo di lavoratori beneficiari interessati dagli accordi 2010 e 2011 di concessione degli AASS in deroga (Cigs e Mobilità), per tipologia di concessione e ripartizione geografica (valori %) Unità produttive accordi Cigs in deroga 2010 Numero max di lavoratori accordi Cigs in deroga 2010 Numero max lavoratori Mobilità in deroga 2010 Unità produttive Accordi Cigs in deroga 2011 Numero max di lavoratori accordi Cigs in deroga 2011 Numero max lavoratori Mobilità in deroga 2011 Fonte: Italia Lavoro Spa - Area Assistenza alla Gestione delle Crisi, Monitoraggio Ammortizzatori Sociali e Monitoraggio L.S.U. dell'Azione di sistema Welfare to Work per le politiche di reimpiego 3. Le politiche attive del lavoro erogate ai percettori di AASS in deroga negli anni 2009, 2010 e 2011 Un aspetto fondamentale dell’attuazione dell’Accordo Stato/Regioni riguarda l’integrazione tra le politiche passive rivolte ai lavoratori percettori di AA.SS. in deroga e la partecipazione di questi ad azioni di politica attiva: gli interventi messi in campo con il coinvolgimento di una ampia rete di operatori (pubblici e privati) presente sui diversi territori regionali, sono stati finalizzati ad assicurare un rapido svuotamento del relativo bacino, sia attraverso il reintegro dei lavoratori presso le aziende di provenienza (nel caso della Cigs) - favorito, ad esempio, dai percorsi di adeguamento delle competenze professionali - sia attraverso la ricerca attiva di lavoro ovvero i percorsi mirati alla ricollocazione (come nel caso della Mobilità). Grazie a un raccordo maggiore tra le politiche passive e le politiche attive - che si concretizza nell’obbligo posto al lavoratore beneficiario del sostegno al reddito di partecipare a un percorso di politica attiva (erogato dai servizi per il lavoro competenti territorialmente, soprattutto di carattere formativo), pena la perdita del beneficio del sostegno al reddito11 - è stato, infatti, garantito che i lavoratori temporaneamente sospesi dall’attività lavorativa, o quelli interessati da una riduzione dell’orario di lavoro, partecipassero attivamente a percorsi di aggiornamento e/o di adeguamento delle competenze professionali. Per il triennio 2009/2011, i dati sulle politiche attive del lavoro aggiornati al 31 ottobre 2011 rivelano quanto segue: oltre il 97% dei lavoratori percettori di AASS in deroga è stato preso in carico dai servizi per il lavoro; oltre il 74% dei lavoratori presi in carico ha concordato con i servizi competenti un Piano di azione individuale (il 75% di lavoratori in Cigs in deroga e il 60% dei lavoratori in Mobilità in deroga); quasi il 50% dei lavoratori presi in carico è stato inserito in un percorso formativo d’aula (il 51% dei lavoratori in Cigs in deroga e il 24% dei lavoratori per le Mobilità in deroga). - quasi il 56% dei lavoratori presi in carico è fuoriuscito (circa il 75% reintegrato nell’azienda di provenienza e quasi il 12% ricollocato). Un ruolo centrale nell’erogazione dei servizi di politica attiva del lavoro lo svolge l’ampia rete di operatori, pubblici e privati, presenti sul territorio; tuttavia, l’offerta dei servizi per il lavoro e la formazione si configura in Italia in modo diverso nei diversi territori regionali, in relazione al ruolo che le Regioni (soggetti istituzionali che regolamentano tale offerta) assegnano agli operatori pubblici rispetto a quelli privati. In relazione a questo aspetto sembrano, infatti, delinearsi tre diversi modelli o orientamenti di servizio: - nel modello esclusivo, adottato dalla maggioranza delle Regioni, l’operatore pubblico, generalmente rappresentato dal Centro per l’impiego, ha un ruolo centrale che si esplica nella responsabilità della presa in carico del lavoratore (attraverso la sottoscrizione del Patto di servizio, 11 Il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito da parte del lavoratore beneficiario è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità (DID ) al lavoro e, soprattutto, all’accettazione di un percorso di riqualificazione professionale, o di un lavoro congruo offerto dai servizi competenti, ossia da parte dei servizi pubblici per l’impiego, delle agenzie private autorizzate e/o accreditate in ambito regionale. In caso di rifiuto il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati. Viene così introdotto un diritto dovere del lavoratore che beneficia di sostegni al reddito e se, da un lato, la possibile perdita delle provvidenza rappresenta un evidente fattore di deterrenza, parallelamente viene sancito il diritto del lavoratore a partecipare a misure di politica attiva, aspetto questo destinato a innovare profondamente il sistema delle politiche del lavoro. in cui l’operatore del CPI e il lavoratore si co-responsabilizzano ) e nella definizione, insieme al lavoratore, del percorso, composto da un insieme di servizi per il lavoro e la formazione, che lo stesso lavoratore dovrà seguire; - nel secondo caso invece, ricorre un modello integrativo a “doppio canale”, ove, anche attraverso l’attuazione l’accreditamento, l’attività dei CPI è integrata da attori ulteriori rispetto a quelli istituzionali. Il CPI cioè continua ad esistere parallelamente, non essendo tenuto a partecipare alle aste per poter continuare la propria attività. In tal caso le istituzioni territoriali hanno soprattutto fatto riferimento ad operatori accreditati quali sedi formative ed orientative per allargare lo spettro dei servizi disponibili. - nel terzo, ricorre un modello sostitutivo a “canale unico” (Lombardia, Veneto, Sicilia e per i lavoratori sospesi il Friuli V.G. e la Regione dell’Umbria), ove l’accreditamento costituisce l’unica via per accedere al sistema locale del lavoro. I soggetti responsabili della presa in carico degli individui sono gli enti accreditati, che possono essere soggetti pubblici, privati o un raggruppamento di enti pubblici e privati. Nelle Regioni in cui prevale questo orientamento si incentiva lo sviluppo di un sistema concorrenziale tra operatori pubblici e privati nell’offerta dei servizi per il lavoro. 4. Le strategie aziendali per fuoriuscire dalla crisi La situazione di crisi manifestatasi a livello internazionale ha richiesto la messa in campo di interventi tempestivi e integrati per ridurne l’impatto ed il relativo costo economico e sociale. Grandi sforzi sono stati compiuti con l’obiettivo di mantenere più lavoratori possibile all’interno del sistema produttivo e consentire alle aziende di avviare percorsi innovativi di riconversione e ristrutturazione aziendale rafforzando le sinergie tra politiche occupazionali e formative del territorio. Attraverso gli interventi a carattere legislativo si è definita una strategia organica, fissando con chiarezza gli obiettivi e convogliando l’uso delle risorse disponibili, al fine di realizzare un sistema adeguato di sicurezza sociale ed un insieme di politiche del lavoro mirate. Attraverso l’attivazione di una rete di soggetti operanti sul territorio (servizi per il lavoro e la formazione, parti sociali, sistemi produttivi), poi, sono stati sostenuti i processi che concorrono alla valorizzazione del capitale umano promuovendo anche il ricorso a modalità e strumenti a sostegno di interventi di modernizzazione delle imprese. L’adozione di misure di politica attiva e passiva del lavoro, infatti, ha, da una parte, sostenuto il mantenimento dei livelli occupazionali, dall’altra ha consentito alle imprese di ripensare alla propria struttura organizzativa in funzione delle mutate condizioni di mercato. All’interno di questa visione strategica il lavoratore ha assunto un ruolo di primo piano, al centro di un intervento complesso, teso a traghettare il mondo del lavoro locale verso adeguate condizioni di crescita. L’esito complementare di tale processo, avviato e ancora in corso, pur all’interno di una difficoltà delle aziende a riposizionarsi sul mercato in conseguenza della crisi, sembra essere l’emergere di un processo di maturazione del tessuto imprenditoriale italiano dal quale non è estraneo l’impianto sistemico e gli strumenti messi a disposizione dalla normativa nazionale e regionale a sostegno. Nello specifico, le misure previste dall’Accordo Stato-Regioni del 12.02.2009, successivamente riconfermate nell’Accordo Stato-Regioni del 20.04.2011, hanno consentito l’adozione di un articolato impianto di azioni finalizzato alla messa a sistema di politiche e servizi di welfare to work nel quale la scelta di valorizzare e stimolare il coinvolgimento delle imprese nelle politiche attive per il lavoro, soprattutto attraverso lo strumento della formazione, è risultato un elemento strategico all’interno delle misure adottate. Le tendenze naturali di risposta delle singole imprese di fronte a situazioni di crisi sono quelle di fermare le proprie attività laddove le condizioni di crescita non determinano alcun guadagno o di riorganizzarsi in funzione delle possibilità evolutive espresse dal mercato. Da quanto osservato in questi mesi , si segnala come il cambiamento in atto abbia imposto all’imprenditore la necessità di interrogarsi, a partire dall’analisi delle cause della crisi, su nuove prospettive e modalità di gestione, andando sempre più nella direzione di una razionalizzazione e sostenibilità delle produzioni che tenesse in maggior conto elementi sintetizzabili in: controllo nella gestione delle risorse e razionalizzazione dei costi; sensibilità nel fare sistema; ottimizzazione e efficienza dei processi produttivi; attenzione alla qualità e focalizzazione sui mercati di nicchia; valorizzazione strategica della struttura manageriale; maggiore proiezione internazionale. Tale consapevolezza appare accompagnata da una visione strategica più o meno ampia degli imprenditori sul futuro organizzativo delle proprie imprese, e da un evidente sforzo di utilizzare la leva formativa per colmare il gap esistente tra l’attuale scenario di crisi ed il futuro contesto competitivo. Come emerge dall’analisi12 delle strategie messe in campo soprattutto da aziende e settori che manifestano segnali di ripresa, questo si traduce in una maggiore attenzione verso gli investimenti in formazione del personale e imprenditoriale, in una nuova organizzazione del lavoro, in una maggiore attenzione alla selezione del personale, nell’ampliamento dei mercati, nello sviluppo di nuovi prodotti, nell’utilizzo di nuove tecnologie e adozione di innovazioni di processo, nella creazione di reti e in una maggiore attenzione al cliente. La consapevolezza sulle cause della crisi Dall’esame dei verbali di accordo si ricavano una serie di informazioni sulle circostanze che hanno determinato la richiesta di ammortizzatore e sulle azioni che il datore di lavoro intende intraprendere per superare la crisi. In alcuni casi le informazioni sono succinte e mancano di particolari – si parla genericamente di “crisi internazionale” o di “calo commesse” senza alcuna informazione aggiuntiva - ma in altri emergono elementi di riflessione importanti anche per interrogarsi se sia ancora corretto parlare di crisi, dopo tre anni dal suo inizio, o non sia più corretto parlare di un nuovo assetto del mercato economico e del lavoro. Emerge in maniera diffusa una consapevolezza sulle cause che hanno condotto alla situazione di crisi. Cause che in parte attengono alle difficoltà poste dalla competizione internazionale e in altra parte si rifanno alla scarsa propensione all’innovazione presente a livello territoriale. Il momento di ristagno delle attività e delle commesse, assieme alla necessità – dove previsto - di analizzare nel corso delle procedure di concessione degli AA.SS. le cause della crisi ed i possibili percorsi di fuoriuscita dalla stessa , ha indotto il management aziendale a riflettere sui pericoli derivanti dalla non adeguatezza della propria organizzazione produttiva rispetto alle sfide poste dall’apertura dei mercati e dai possibili processi di obsolescenza delle competenze dei propri lavoratori e a provare ad individuare modalità per sviluppare quel plusvalore che l’intero sistema produttivo territoriale richiede in questo momento. L’evidenza è quella di una crisi che è avanzata a cascata: i consumatori spendono di meno, le aziende più grandi vendono meno in Italia e all’estero, quindi riducono i costi. Le conseguenze vanno a pesare in prima battuta sulla massa di piccole aziende - spesso terziste - a causa della delocalizzazione produttiva. 12 Le osservazioni si basano su: verbali di Accordo relativi alle richieste di AA.SS. in deroga - focus group e interviste realizzate con stakeholders del sistema produttivo, formativo, sindacale, datoriale e istituzionale – schede di rilevazione dei fabbisogni della aziende richiedenti AA.SS - analizzate nell’ambito delle attività di assistenza tecnica fornite dal programma Azione di Sistema Welfare to Work. Il minor volume di merci significa anche un forte calo di commesse per i trasporti, per la logistica essendoci meno magazzini da gestire - per l’imballaggio e simili. Riduzione di personale vuol dire anche penalizzazione di imprese (soprattutto cooperative) che forniscono i servizi accessori: pulizie industriali, gestione della mensa, guardiania, cura del verde. Ma a lavorare meno sono anche i consulenti del lavoro, i centri elaborazione dati - perché alcune aziende chiudono, altre licenziano o non assumono e così il numero di persone da “trattare” mensilmente, tra cedolini paga e pratiche di vario genere si riduce - e il settore educativo - con una notevole flessione delle presenze di bambini negli asili nido, dovuta principalmente al fatto che disoccupate o cassintegrate hanno meno risorse economiche e più tempo libero a disposizione per accudire direttamente i propri figli. Altre importanti criticità sono riscontrabili nella mono committenza che rende difficile, quando le commesse da parte del cliente vengono a mancare, la riconversione in altri settori e la collaborazione con altri partner; nella concorrenza rappresentata dalla Grande Distribuzione e dai centri commerciali per il piccolo commercio; nei tagli al settore pubblico che hanno portato una forte contrazione delle gare d’appalto, nei forti ribassi di quelle che vengono indette, nel blocco di fondi o il ritardo di pagamento. La difficoltà di incasso e quella di accesso al credito, infine, completano il quadro. Al di là di quelli che sono stati gli elementi di contesto “globale”, e quindi difficilmente controllabili che hanno condotto alla crisi in corso, comunque, sembra essere abbastanza diffusa tra gli imprenditori l’opinione che sia stata anche la scarsa innovazione apportata alle proprie imprese a non aver consentito di seguire di fronteggiarne gli effetti, poiché si è puntato più sull’adattamento alla commessa e alla riduzione del prezzo e dei salari che sull’investimento in ricerca, formazione, qualità, e valorizzazione delle risorse umane. Le strategie e gli strumenti a contrasto della crisi A fronte delle analisi compiute, le risposte adottate vanno soprattutto nella direzione di un utilizzo della leva formativa a supporto di un’innovazione di prodotti e/o processi prevista da quelle aziende intenzionate ad innalzare la qualità delle produzioni per spostare o diversificare i propri mercati di riferimento. Da questo punto di vista gli imprenditori sembrano essere consapevoli che puntare sul capitale umano, potenziando le competenze del proprio organico, è un elemento necessario per accompagnare la fuoriuscita dalla crisi. Risulta necessario mettere in atto processi di riorganizzazione che controllino la qualità delle produzioni, dedicando attenzione alle singole fasi di lavorazione ed ai materiali utilizzati, con l’obiettivo finale di riposizionarsi su fasce di mercato più alte, che eludano la concorrenza dei paesi emergenti ed asiatici. Aggiornare il personale dipendente per favorire il trasferimento dell'innovazione tecnologica e dei risultati della ricerca dell'innovazione di prodotto, analizzando le competenze professionali e individuando le singole potenzialità di ognuno, con lo scopo finale di far emergere una maggiore motivazione al ruolo professionale, possono risultare carte vincenti. Altra strategia applicata va in direzione della riduzione dei costi attraverso lo sviluppo di una lean organization, in corrispondenza della quale è necessario aumentare, nei dipendenti, competenze che ne accrescano la consapevolezza organizzativa. Si va da moduli formativi che consentano al personale di parametrare le macchine in funzione della produttività, a corsi per la gestione del magazzino, la riduzione degli scarti e degli errori di produzione. Obiettivo della lean production è quello di creare un vantaggio competitivo per l’impresa, incrementando il valore del prodotto finale attraverso l’eliminazione delle diverse tipologie di sprechi nel processo produttivo (sovrapproduzione, prodotti difettosi, trasporti non necessari, movimentazioni inutili, ritardi/attese, scorte elevate, ecc.) e quindi la definizione di un piano di miglioramento aziendale. L’evoluzione delle realtà produttive verso modelli gestionali ed organizzativi del lavoro più competitivi e dinamici può realizzarsi in presenza di capitale umano non solo più qualificato sul proprio segmento di lavoro, ma anche in grado di comprendere interi processi e mission azienda, in maniera tale da rendere più agevole l’adattamento dell’organizzazione alle evoluzioni del ciclo produttivo. E’ opinione abbastanza comune, inoltre, che accrescere le capacità comunicative dei propri dipendenti possa facilitare l’incontro con le esigenze dei clienti e la personalizzazione dei prodotti/servizi. Altro fattore determinante per accrescere la competitività è la velocità di esecuzione degli ordini, l’elevazione della gamma di prodotti/servizi offerti e la dotazione di strumentazioni specifiche a soddisfare le esigenze del committente. Le azioni di marketing, promozione e fidelizzazione vanno in questa direzione, cosi come quelle di adeguamento dell'offerta commerciale al servizio del consumatore. Per quanto concerne soprattutto la piccola impresa, ampiamente rappresentata sul territorio italiano, si riscontra, infine, una tendenza a rafforzare la competitività attraverso la creazione di sistemi di rete tra imprese, tramite consorzi, sinergie e aggregazioni. Per facilitare questo processo risulta fondamentale rafforzare e diffondere, anche tra i dipendenti, una cultura del “fare sistema”. La nota comune a tutte le risposte ipotizzate per fronteggiare la crisi è l’assoluta esigenza, espressa dai datori di lavoro, di salvaguardare la forza lavoro e la professionalità dei propri dipendenti, che costituisce il valore aggiunto in vista di una ripresa dell’attività e dei mercati. Molte aziende hanno potenziato la formazione continua e molte intendono proseguire anche nel prossimo periodo, indicando una propensione, che sembra ormai stabilizzata, delle aziende, all’aggiornamento e riqualificazione delle proprie risorse umane, sia che si tratti di competenze trasversali (che vanno soprattutto in direzione dell’ampliamento delle capacità di comunicazione, l’acquisizione di maggiore consapevolezza organizzativa e di flessibilità nell’affrontare i cambiamenti), che linguistiche ed informatiche (legate sia all’alfabetizzazione che ai bisogni specifici aziendali), che specialistiche legate alla riorganizzazione aziendale. A tal proposito viene segnalata dalle aziende il valore aggiunto della formazione da erogare on the job e attraverso la scomposizione in moduli brevi, al fine di renderne possibile l’accesso anche a lavoratori sospesi per brevi periodi, renderne quindi riconoscibili i crediti e offrire l’opportunità di un proseguimento successivo fino all’ottenimento della qualifica. Le esperienze realizzate, pur nella diversità nelle varie regioni delle soluzioni adottate, degli attori coinvolti e degli interventi messi in campo, consentono di affermare che lavorare in maniera preventiva ha consentito al sistema di affrontare la crisi, ed evidenziano una serie di punti in comune che consentono una riflessione sui processi in atto e quelli programmabili L’efficacia dei percorsi di politica attiva rivolti ai lavoratori percettori di ammortizzatori sociali è aumentata laddove sono emerse modalità di progettazione e gestione condivisa degli interventi da parte di tutti gli attori che concorrono allo sviluppo economico e sociale del territorio (istituzioni locali, CPI, sindacati, enti di formazione, APL, aziende), oltre che integrazione tra risorse e competenze pubbliche e private. L’architettura delle necessità rilevate sembra, sempre più, consigliare di muoversi in direzione di una filiera di servizi organizzata sulla base della rete disponibile che ponga le sue basi su di un forte dialogo sociale e valorizzi il ruolo di tutti i soggetti: dei CpI/Servizi per il Lavoro nel servizio di accoglienza e di orientamento dei lavoratori, in accompagnamento alla definizione di piani formativi individualizzati progettati dagli enti di formazione sulla base sia delle propensioni dei lavoratori che della rilevazione dei fabbisogni del sistema produttivo; delle parti sociali, già in fase di definizione dei piani di gestione delle crisi, per consentire di creare un maggior livello di condivisione dei percorsi; delle aziende, non solo nella raccolta dei fabbisogni ma anche nella programmazione logistica dell’intervento di sostegno e politica attiva. Emerge, inoltre, che il sistema imprenditoriale italiano sembra prendere consapevolezza della necessità di sfruttare il momento di crisi per consolidare e accrescere il proprio know-how, ricercare nuovi spazi di mercato e dotarsi di strutture organizzative in grado di rispondere con maggiore dinamicità alla mutevolezza dei mercati indotta dalla competizione internazionale, ma, perché ci sia un’effettiva e duratura ripresa, esprime anche ulteriori bisogni che solo in parte può soddisfare da sola perché sono legati al sistema scolastico e formativo, dei Servizi per il Lavoro, burocratico-amministrativo, industriale e creditizio. Il sostegno richiesto non è tanto in termini economici diretti, quanto, piuttosto, di una semplificazione degli adempimenti amministrativi e fiscali, di indirizzi industriali propulsivi, facilità di accesso al credito, di collaborazione del sistema formativo per definire percorsi di aggiornamento/qualificazione del personale più aderenti ai fabbisogni delle imprese Professionalità in grado di esaminare il mercato, capirne le tendenze e modificare le strategie e gli assetti aziendali in funzione dei cambiamenti in corso potrebbero risultare determinanti per l’evoluzione delle aziende. L’assorbimento degli imprenditori nella quotidianità e nelle continue emergenze, spesso, non fornisce margine per riflettere sulle figure professionali e gli aggiornamento formativi necessari. In tutti questi casi, professionalità interne e/o servizi di consulenza esterni in grado di offrire visioni strategiche aziendali, sia in termini formativi che di processi/mercati, potrebbero risultare un’ulteriore carta vincente per le imprese italiane. 5 Conclusioni: le lezioni apprese e i possibili sviluppi del modello italiano di politiche di workfare a supporto delle crisi aziendali In conclusione, dall’esperienza realizzata è possibile trarre alcuni insegnamenti che, se colti opportunamente, possono rappresentare lo stimolo necessario a sviluppare ulteriormente il modello italiano di politiche anticrisi e di workfare, fondate sulla necessaria e stretta connessione tra le politiche di sostegno al reddito e le politiche attive del lavoro e sul diretto coinvolgimento, nonché pronta attivazione, dei soggetti istituzionali competenti (Stato, Regioni, Province), delle parti sociali, delle aziende e dei lavoratori e, soprattutto, dei Servizi per l’Impiego. In primo luogo, il ricorso “preventivo” agli ammortizzatori sociali (in particolar modo alla Cigs in deroga) ha dimostrato in questi anni di essere uno strumento efficace per fornire una pronta risposta non solo alle crisi aziendali indotte da crisi economiche congiunturali (di carattere eccezionale, come quella che stiamo attraversando, ovvero di carattere ciclico, dove l’obiettivo è essenzialmente quello di contenerne quanto più possibile gli impatti sull’occupazione esistente, cercando di conservare il maggior numero possibile di posti di lavoro esistenti, pena il crearsi di ampi bacini settoriali e territoriali, di lavoratori espulsi dal processo produttivo). L’efficacia di queste misure è ravvisabile, cioè, anche nei casi in cui la crisi congiunturale non rappresenta la vera ragione delle crisi aziendali, quanto semmai la causa di un inasprimento delle difficoltà già presenti a livello strutturale: l’uso preventivo della Cassa integrazione guadagni (in deroga alla normativa vigente), poi seguito dal successivo ricorso alla Mobilità, consente anche in questi casi di mettere in campo adeguati ed efficaci interventi a sostegno dell’occupazione, nella misura in cui – assicurando ai lavoratori per un periodo di tempo più prolungato il sostegno economico e la contemporanea erogazione di adeguati servizi di politica attiva (soprattutto di carattere formativo) – fornisce agli stessi lavoratori interessati dalle crisi aziendali gli strumenti e le competenze trasversali necessarie, da un lato, a metabolizzare più facilmente (anche a livello psicologico e non solo economico) la propria temporanea espulsione dal mondo del lavoro e, dall’altro, a un rapido loro reinserimento nel mondo del lavoro. Un secondo aspetto, strettamente connesso al precedente, concerne la relazione inversa tra l’entità del sostegno economico e l’intensità delle politiche attive. È già stato dimostrato in passato che gli interventi caratterizzati da un sostegno economico erogato ai lavoratori inoccupati/disoccupati, quando non accompagnati dall’erogazione di contestuali e adeguati servizi di politica attiva, in grado di attivare i singoli lavoratori rispetto al proprio percorso di reinserimento lavorativo, di fatto, sono tali da penalizzare i lavoratori stessi più che sostenerli nei periodi di difficoltà: anzitutto, perché l’assenza prolungata dai processi produttivi e la non contemporanea partecipazione a percorsi formativi mirati a migliorare il proprio portfolio di competenze professionali, rende nel tempo i lavoratori poco appetibili alla domanda di lavoro; in secondo luogo, perché un sostegno al reddito che copre “generosamente” e per un periodo continuo e prolungato (attraverso il sistema delle c.d. proroghe) il reddito che il lavoratore disoccupato percepiva con il precedente lavoro rende meno urgente da parte del lavoratore, anche sotto il profilo psicologico, la sua attivazione in un percorso mirato al suo rapido reinserimento al lavoro. L’esperienza realizzata in questi anni (anche attraverso i programmi regionali di reimpiego dei lavoratori espulsi dai processi produttivi, finanziati dal MLPS e realizzati con l’assistenza tecnica di Italialavoro Spa) ha insegnato che il modello più efficace di politiche integrate del lavoro, cioè quello che da i maggiori risultati in termini di inserimenti/reinserimenti lavorativi, è quello in cui vi è piuttosto un rapporto inversamente proporzionale tra l’entità del sostegno al reddito percepito nel tempo dal lavoratore e l’intensità della politica attiva che lo riguarda, tale per cui a un decremento progressivo nel tempo del sostegno al reddito percepito sotto forma di ammortizzatore sociale corrisponde un incremento sia dell’intensità con cui il lavoratore partecipa attivamente a un percorso finalizzato al suo inserimento/reinserimento nel mondo del lavoro, sia nella qualità dei servizi di politica attiva erogati. Un intervento così attuato, infatti, permette al lavoratore di ricevere, nell’immediato, il sostegno economico necessario a far fronte ai problemi connessi al non disporre più di un reddito da lavoro in seguito alla perdita dell’occupazione e, contemporaneamente, di usufruire - attraverso i servizi di accoglienza e di orientamento (erogati dai Servizi per l’Impiego) – di quella assistenza necessaria a supportarlo nella transizione da uno stato di occupato a uno di inoccupato. Diventa poi essenziale garantire nel tempo al lavoratore una crescente intensità e qualità nell’erogazione dei servizi di politica attiva, anche a fronte di una riduzione progressiva dell’entità economica del sostegno al reddito, in particolar modo, della formazione che deve essere specificatamente indirizzata a soddisfare meglio i suoi fabbisogni formativi e quelli delle imprese e del mercato. Un’ultima ed ulteriore riflessione può essere sviluppata in merito alla flessibilità piuttosto che l’automaticità che dovrebbe caratterizzare il sistema degli ammortizzatori sociali. L’esperienza realizzata in questi ultimi anni in Italia, infatti, ha dimostrato che diventa strategico – ai fini di un contrasto rapido agli impatti occupazionali delle crisi produttive ed occupazionali – assicurare una programmazione, un accesso ed una gestione flessibile degli AASS in deroga, affinché gli stessi dispositivi siano utilizzati in modo più razionale e funzionale al superamento delle stesse crisi. In tal senso è stato fondamentale procedere alla ridefinizione e allo snellimento delle procedure di concessione degli AASS in deroga e all’investimento in sistemi informativi adeguati; ciò ha favorito, peraltro, nei diversi territori un forte clima di co-responsabilizzazione di tutti gli attori (le istituzioni, le aziende, le Parti sociali, i Servizi per l’Impiego) grazie a cui è stato possibile attuare in tempi rapidi, e con una certa capacità previsionale, gli interventi di contrasto alle crisi aziendali. Inoltre, laddove sono stati previsti (nell’ambito delle procedure regionali di concessione degli AASS) alcuni step periodici di verifica, è stato più facile anche monitorare e verificare meglio la spesa in AASS in deroga con un conseguente risparmio di risorse, una loro più efficace allocazione e riprogrammazione annuale. Questo, oltre ad assicurare sostenibilità finanziaria al sistema, consentirebbe anche di ampliare la platea di potenziali beneficiari e posizionare strategicamente le risorse li dove maggiore è l’urgenza di far fronte alle crisi. Il Programma Azioni di sistema – Welfare to Work per le politiche di reimpiego Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha promosso e finanziato, per il triennio 2009/2010, l’Azione di Sistema Welfare to Work per le politiche di re-impiego, che, attuata in 18 Regioni e nella Provincia Autonoma di Bolzano con l’assistenza tecnica di Italia Lavoro, ha supportato lo sviluppo, il consolidamento e la messa a sistema, su tutto il territorio nazionale, di politiche e servizi di welfare to work. In particolare, l’Azione di Sistema Welfare to Work ha supportato i diversi attori del mercato del lavoro, a livello nazionale e locale, nell’esercizio delle proprie competenze in tema di politiche – attive e passive - del lavoro, con l’obiettivo di sostenere la costruzione e messa in opera di una risposta strutturata e massiva alle urgenze poste dalla attuale crisi economica, al fine di ridurne il costo umano e attenuarne le ripercussioni sulle categorie più vulnerabili, proteggendo l’occupazione e prevenendo il rischio di consolidamento dei bacini di lavoratori che ne stavano subito gli effetti, in linea con le indicazioni della Commissione Europea sulla exit strategy e con i diversi provvedimenti anticrisi adottati a livello nazionale e locale, a partire dall’Accordo Stato/Regioni del 12 febbraio 2009. Con specifico riferimento alla attuazione dell’Accordo Stato/Regioni, l’Azione di sistema Welfare to Work ha risposto: ad esigenze legate al governo dei processi, sia a livello nazionale che a livello locale, attraverso l’interlocuzione ed il confronto costanti e sistematici fra le diverse istituzioni, supportati dalla disponibilità di dati e informazioni inerenti alle risorse, alle politiche e ai processi, al loro funzionamento e alla loro efficacia, utili ad effettuare una azione di monitoraggio e vigilanza, che potesse consentire il richiamo delle responsabilità dei soggetti coinvolti per far fronte ad eventuali ritardi e criticità; esigenze legate al funzionamento effettivo del meccanismo di connessione fra politiche passive e politiche attive ed alla effettiva disponibilità ed efficacia di queste ultime, sia attraverso la quanto mai necessaria partecipazione – dato il moltiplicarsi dell’utenza, che ha messo alla prova la capacità operativa delle strutture di servizio - di tutti gli operatori del mercato del lavoro ai processi di reintegro o ricollocazione, sia attraverso l’individuazione di percorsi di politica attiva coerenti con i fabbisogni professionali dei lavoratori e delle imprese, sulla base di una azione di valorizzazione ed diffusione del patrimonio informativo in materia di analisi dei fabbisogni di competenze; esigenze legate al funzionamento effettivo delle procedure di concessione degli ammortizzatori sociali sia per assicurare un reddito ai lavoratori in difficoltà che per garantire il posizionamento tempestivo della politica attiva –, soprattutto attraverso la fluidificazione dei flussi di comunicazione fra gli attori preposti, Inps e Regioni in primis. L’Azione di sistema Welfare to Work è stata finanziata a valere sui Programmi Operativi Nazionali “Azioni di Sistema - Obiettivo Competitività regionale e occupazione”, e “Governance e Azioni di Sistema - Obiettivo Convergenza” per le attività di assistenza tecnica realizzate da Italia Lavoro e a valere su fondi nazionali (Fondo Nazionale per l’Occupazione e Fondo di rotazione) per i contributi all’inserimento attivati a supporto della ricollocazione dei lavoratori. I suddetti fondi hanno agito in complementarità con le risorse nazionali e regionali attivate per l’attuazione dell’Accordo Stato/Regioni. Le attività realizzate nell’ambito dell’Azione di sistema si sono articolate nelle 4 linee di intervento di seguito riportate, ognuna caratterizzata da una specifica finalità. - Governance: Supporto allo sviluppo e al consolidamento della governance - nazionale e locale - delle politiche del lavoro, favorendo la sinergia e l’integrazione fra politiche (del lavoro, della formazione e dello sviluppo economico) e risorse (comunitarie, nazionali e locali) nella attivazione e realizzazione di interventi di welfare to work, a partire dalla attuazione dei provvedimenti anticrisi adottati a livello nazionale e locale ed in linea con gli indirizzi in tema di utilizzo delle risorse per la formazione definiti dal Ministero del Lavoro con le Linee Guida per la formazione nel 2010. - Azioni di reimpiego: Supporto ai servizi per il lavoro nella erogazione dei servizi di politica attiva e nella qualificazione degli stessi, trasferendo metodologie e strumenti per l’attuazione di percorsi modulati sulle caratteristiche specifiche del lavoratore e sulla tipologia di crisi dell’azienda di provenienza. - Potenziamento e qualificazione dei servizi per il lavoro: Supporto al potenziamento e alla qualificazione del sistema dei servizi per il lavoro, promuovendo e sostenendo il concorso attivo di tutti gli operatori abilitati alla erogazione di servizi di politica attiva, allo scopo di garantire l’accesso tempestivo a servizi efficaci di ricollocazione e adeguamento delle competenze a tutti i lavoratori che perdevano il posto di lavoro o erano in procinto di perderlo. - Gestione delle crisi aziendali e occupazionali e monitoraggio Ammortizzatori Sociali: Supporto al monitoraggio quali-quantitativo degli ammortizzatori sociali in deroga, anche di carattere previsionale, allo scopo di consentire una più adeguata programmazione, a livello nazionale e locale - delle politiche, delle risorse e dei servizi e di favorire - attraverso l’assistenza tecnica ai Tavoli di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga in tutte le Regioni - l’individuazione delle misure di politica attiva più idonee alla gestione della specifica crisi aziendale. La fase di crisi occupazionale, che ha colpito il nostro Paese e che fa ancora avvertire i suoi effetti, richiama nuove priorità e fa emergere nuovi bisogni del sistema, imponendo scelte immediate e condivise da parte di tutti gli attori istituzionali, ciascuno per il proprio ambito di competenza e nell’ottica della valorizzazione delle proprie specificità funzionali. Il quadro di contesto impone la strutturazione di una rinnovata Azione di sistema di Welfare to Work che, operando nel prossimo triennio, attraverso quattro linee di intervento, agirà sui seguenti ambiti prioritari: - Attuazione dell’Accordo Stato/Regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga e le politiche attive; - Potenziamento e valorizzazione del ruolo dei Centri per l’Impiego; - Ri-collocazione di giovani disoccupati e inoccupati e sviluppo della competitività; - Programmazione integrata delle politiche del lavoro e dello sviluppo nel Mezzogiorno. L’idea progettuale è stata elaborata sulla base dei principali documenti di programmazione strategica e di policy emanati a livello comunitario e nazionale nell’ultimo biennio1 per tracciare il percorso attraverso il quale accelerare i tempi di recupero dagli effetti della crisi sui mercati del lavoro, agendo al tempo stesso sul rilancio della competitività dei sistemi economici. Viene sancito il passaggio dalle politiche e misure a carattere emergenziale adottate nel corso della prima fase di gestione della crisi, connotate dall’obiettivo prioritario di proteggere l’occupazione, mantenendo quanti più lavoratori possibile nei processi produttivi, a politiche e misure finalizzate a dare impulso alla fase di trasformazione da involutiva ad evolutiva della crisi, spingendo i mercati del lavoro verso gli obiettivi occupazionali al 2020 e il sistema economico verso dinamiche di crescita e di sviluppo. In riferimento agli obiettivi occupazionali, particolare rilievo viene riconosciuto alle azioni finalizzate: - ad innalzare l’occupazione giovanile e femminile, con specifica attenzione al Mezzogiorno; - ad aumentare la qualità del capitale umano; - ad accrescere la produttività. A tali fini i suddetti documenti individuano fra gli ambiti sui quali agire prioritariamente: la formazione ed il miglioramento delle competenze come obiettivo strategico di ogni azione legislativa e di ogni azione di politica attiva - sia per le nuove generazioni che accedono al mercato del lavoro che per i lavoratori coinvolti in processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale -, con lo scopo prioritario di superare il disallineamento tra i bisogni delle imprese e le competenze delle persone; un uso più efficiente del sistema degli ammortizzatori sociali, una “maggiore attenzione alle politiche attive e alla gestione attiva dei processi di riqualificazione e riconversione produttiva1”; la rimozione dei limiti e delle insufficienze nella funzionalità della rete dei servizi per il lavoro, ai fini della facilitazione dei meccanismi di incontro fra domanda e offerta di lavoro, attraverso la definizione di standard di qualità dei servizi, la costruzione di sistemi regionali basati sulla integrazione fra pubblico e privato, l’implementazione dei sistemi informativi nazionali e territoriali del lavoro, la valorizzazione del patrimonio informativo in tema di fabbisogni di professionalità (Excelsior in primis); il recupero dell’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno, dove “per conseguire significativi incrementi occupazionali occorre coniugare la crescita economica con un mix di politiche coordinate ed interventi specifici con particolare riguardo alle donne e ai giovani1”, promuovendo l’utilizzo delle forme contrattuali più idonee, in primis l’apprendistato, e degli strumenti disponibili per la conciliazione fra tempi di vita e di lavoro. Le attività di assistenza tecnica si posizionano sui diversi livelli istituzionali e operativi, a livello nazionale e locale, con apposite strutture che supportano i diversi attori nell’esercizio delle proprie competenze: di governo, programmazione e gestione delle politiche e delle risorse da parte del Ministero del Lavoro, dell’INPS e delle Regioni; di pianificazione e organizzazione dei servizi da parte delle Province; di erogazione delle misure da parte dei servizi competenti. In particolare: Linea di intervento 1. Attuazione dell’Accordo Stato/Regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga e le politiche attive Saranno realizzate attività finalizzate a contribuire alla piena ed effettiva attuazione dell’Accordo, supportando i diversi attori del mercato del lavoro, a livello nazionale e locale, nell’adozione e implementazione di misure volte a garantire percorsi di politica attiva e passiva del lavoro più efficacemente interconnessi, adeguati ai fabbisogni di occupabilità e adattabilità dei lavoratori coinvolti e coerenti con i processi di ristrutturazione e riconversione aziendale. Ciò allo scopo di massimizzare i punti di forza e rimuovere le criticità e disfunzioni sulla gestione dei flussi autorizzatori generati dalle Regioni, sul monitoraggio della spesa e sulla capacità di sviluppare accanto alle politiche passive interventi di reinserimento al fine di consentire una corretta ed efficace attuazione di quanto previsto dall’Accordo. Linea di intervento 2. Potenziamento e valorizzazione del ruolo dei Centri per l’Impiego Saranno realizzate attività finalizzate a potenziare la capacità dei Centri per l’Impiego di incrociare domanda e offerta di lavoro, valorizzandone la funzione di snodo pubblico per l’implementazione efficace delle politiche attive e per l’erogazione dei servizi per il lavoro. Linea di intervento 3. Ri-collocazione di giovani disoccupati e inoccupati e sviluppo della competitività Saranno realizzate attività finalizzate a supportare gli attori istituzionali nella predisposizione e attuazione di specifici interventi rivolti ai giovani disoccupati e inoccupati, in cui siano integrate politiche del lavoro, della formazione e dello sviluppo, in grado di concorrere contestualmente alla creazione di nuova occupazione giovanile e al rilancio della competitività delle imprese. Linea di intervento 4. Programmazione provinciale per il lavoro e il rilancio della competitività all’uscita dalla crisi (relativa alle Regioni dell’Obiettivo Convergenza) Saranno realizzate attività finalizzate a supportare l’elaborazione di Piani per il lavoro provinciali, fondati su una strategia di convergenza di politiche del lavoro, politiche di sviluppo e politiche della formazione, che agiscono sinergicamente per proteggere e potenziare l’occupazione e le capacità professionali, lo sviluppo e l’innovazione delle imprese, le capacità produttive e il lavoro, nell’intento di dare risposte immediate ai bisogni di aziende e lavoratori, ma al tempo stesso creare le condizioni per un rilancio complessivo dei sistemi socioeconomici locali.