UN UOMO ONESTO Storia di Ambrogio Mauri, l`uomo

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UN UOMO ONESTO Storia di Ambrogio Mauri, l`uomo
UN UOMO ONESTO Storia di Ambrogio Mauri, l'uomo che morì per aver detto no alle tangenti
di Monica Zapelli
Edito da Sperling&Kupfer
Fotocopertina e articolo dell'11 luglio 2012 da repubblica.it
Mauri, "Un uomo onesto" con il coraggio di dire no
La storia di Ambrogio Mauri, imprenditore che rifiutò di pagare tangenti e che si tolse la vita.
Monica zappelli ne ha raccontato la storia in un libro ("Un uomo onesto", edito da
Sperling&Kupfer)
di ANNA MARIA DE LUCA
ROMA - Ambrogio Mauri, l'uomo che morì per aver detto no alle tangenti: una storia vissuta
nella quotidianità della famiglia e del lavoro in azienda. "Non pensavamo che qualcuno potesse
interessarsi alla nostra storia", dice la figlia Roberta. Invece è successo, "perché la vita dà
grandi dolori ma anche belle sorprese". Dopo tanti anni di silenzio, la storia dell'Ambrogio, come
lo chiamano dalle sue parti, finalmente sta uscendo dall'oblio. "Un giorno - racconta la figlia mi squilla il telefono: era la sceneggiatrice de I cento passi, Monica Zapelli. Voleva raccontare la
storia di mio padre, cosi come aveva fatto con Peppino Impastato. Rimasi stupita ma accettai,
mi sembrava giusto farlo. E da allora ho cominciato a parlare di papà".
Il nesso fra Impastato e Mauri. Cosa unisce Peppino Impastato, giornalista ucciso in Sicilia e
Ambrogio Mauri, imprenditore brianzolo suicidatosi alla scrivania del suo ufficio? "E'lo stesso
brusio - scrive la Zapelli - la stessa voce irridente che abbiamo ascoltato ogni volta per i morti di
serie B, quelli che non hanno una divisa o un ruolo istituzionale che li protegge. Giuseppe
Fava? Roba di donne. Peppino Impastato? Un poveraccio, ma ti pare che Badalamenti si
disturba per far ammazzare un ragazzetto, un nulla mischiato con niente? ... Sembra buon
senso ma è solo un velo sporco messo a coprire la verità".
Il 21 aprile del 97. Mauri va in ufficio, come tutti i giorni, alle otto. Si siede alla sua scrivania,
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ha una lettera da finire. Il giorno prima ne aveva scritte otto, ai familiari e agli amici ed anche al
direttore di una banca con cui si era tante volte scontrato. "... La lettera è finita, i compiti sono
stati distribuiti...l'Italia non cambierà mai. Non c'è più niente che debba fare ... apre il cassetto
della scrivania e tira fuori la sua pistola... Lui in questo paese non ci vuole più vivere... la punta
verso il cuore. Perché è lì che è stato ferito in tutti questi anni. Non nella testa, ma nel cuore. Si
solleva il maglione, per non bucarlo. E' l'ultimo gesto di un uomo che nella sua vita non ha mai
sprecato niente. Poi si spara..." Scrive la Zapelli in Un uomo onesto, edito da Sperling & Kupfer.
Il grande oblio. "L'oblio che lo inghiottirà si respira già nelle prime ore... Mi ha sempre dato
fastidio - spiega Monica Zapelli a Repubblica - il fatto che i nostri stereotipi culturali si basino
sull'illegalità e sulle mafie e non su storie positive. Impastato aveva voluto sfidare la mafia nella
sua famiglia ed era stato dimenticato. La storia di Mauri è una storia lombarda, ma che riguarda
tutta l'Italia. In entrambi i casi, l'onestà ha un destino di solitudine". E' una storia che dunque va
raccontata, perché tutti sappiano. Partendo da dove? Da dove c'è più bisogno: da Vibo
Valentia, per l'esattezza.
Si riparte da sud. La mattina in cui Roberta Mauri e Monica Zapelli arrivano a Vibo, sulla
spiaggia un uomo cammina con un casco. Spara, tra gli ombrelloni, tra i bambini che
costruiscono castelli di sabbia. E porta a segno il suo compito: uccidere un trentenne, accanto
ai figli e alla moglie. E' in questo contesto che risuona la storia di Ambrogio Mauri, l'uomo
"innamorato del suo lavoro e incapace di rinunciare ai suoi principi". "Siamo venute a Vibo spiega la figlia - grazie all'iniziativa di un giovane magistrato di prima linea, Fabio Regolo: ha
scoperto questo libro, lo ha letto tutto d'un fiato e subito ha contattato l'autrice dicendo che
voleva assolutamente condividere con la gente di Vibo la storia di mio padre". E infatti la gente
di Vibo risponde: non ci sono più posti neanche in piedi, nella sala. Già lo scorso anno aveva
dato un segnale forte, rispondendo al new deal avviatosi con l'insediamento, tre anni fa, di
Roberto Lucisano, presidente del Tribunale di Vibo, e del giudice Fabio Regolo: tappezzarono
la città di manifesti con scritto "Grazie a chi sta riscrivendo il futuro dei nostri figli".
Chi era Ambrogio Mauri? "Non è un santo - scrive la Zapelli - è il proprietario di un'azienda
che costruisce autobus. Ma è anche un cittadino che ha deciso che a lui certe strade non
interessano... Ha una certezza: che il prezzo della disonestà lo paghi con il denaro, quello
dell'onestà con la professionalità e la fatica. Se non cerchi scorciatoie devi sapere che sarai
costretto a essere più baravo degli altri. Farai più fatica, guadagnerai meno. Ma alla fine, anche
se piccolo, un tuo spazio lo troverai ... era uno strano democristiano. Uno che ammira
Berlinguer e che quando vede gli scioperi degli operai al tg sussurra ai figli "Hanno ragione
loro".
Il coraggio di dire no. "Il coraggio di mio padre - racconta Roberta Mauri a Vibo - è stato nel
non assoggettarsi mai al sistema delle tangenti, imperante nell'ambito in cui lavorava. Non ha
mai pagato. La sua è la storia di una grande passione, quella per il suo lavoro, vissuta fino
all'ultimo respiro, nel senso letterale del termine, ed anche di una immensa solitudine.
Condividere un'esperienza tanto amara in un contesto sicuramente faticoso come questo aiuta
a sostenerci reciprocamente per trovare la forza di affrontare e combattere realtà anche
pericolose. Se si è in tanti a dire no alle tangenti si può avere la speranza di riuscire a
sconfiggerle. C'è una frase storica di Martin Luther King che dice: Un giorno la paura bussò alla
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porta, il coraggio si alzò, andò ad aprire e vide che non c'era più nessuno"
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