quegli osceni riti sul corpo di stefania

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quegli osceni riti sul corpo di stefania
QUEGLI OSCENI RITI SUL CORPO DI STEFANIA
Le mutandine vengono ritrovate a oltre tre metri dalla macchina: sono intrise di
sangue e poste proprio sul limitare della vigna. Li vicino ci sono anche tre paia di
pantaloni nuovi, appena ritirati dalla lavanderia, ancora avvolti nella carta, mentre a
metà strada tra l'auto e la vigna è stata rinvenuta una camicia da uomo. La borsa della
ragazza e il suo maglione bianco, senza tracce di sangue, vengono ritrovati a circa
trecento metri dal luogo del delitto.
Le ferite inferte con l'arma da taglio sul corpo della Pettini sembrano avere un
significato simbolico: delimitano con esattezza le aree che negli omicidi successivi,
in un crescendo di follia culminato nel 1984 e nel 1985, saranno asportate
dall'assassino e che sono probabilmente da lui ancora oggi conservate in un luogo
sicuro e impenetrabile. Feticci alla vista dei quali si eccita, ripensa e rivive le sue
mostruose azioni.
GLI ERRORI DEGLI INVESTIGATORI
Gli inquirenti raccolgono solo cinque bossoli calibro 22 sul terreno, quelli
mancanti non verranno mai più ritrovati, perché nessuno si era accorto, dato lo
scenario di sangue aperto davanti ai loro occhi, che i due giovani erano stati colpiti
anche da colpi di arma da fuoco. Solo dopo che i cadaveri e l'automobile sono stati
rimossi, gli investigatori torneranno a cercare i bossoli. Ma torneranno anche
successivamente sul luogo del delitto: la borsa di Stefania viene infatti ritrovata alle
18,30 dei 15 settembre da anonimi. Ad un primo esame dei carabinieri sembra che
nulla sia stato asportato. Secondo la madre della Pettini, invece, la borsa sarà
ritrovata parecchi giorni dopo e non sarà mai restituito tutto il contenuto alla
famiglia: mancherebbero all'appello l'orologio, degli anelli e il portafoglio. Viene
invece trovato un bottone di cuoio di una giacca di tweed o di velluto a coste.
Perché il Mostro lascia la borsa aperta e il maglione della ragazza a trecento metri dal
luogo del delitto? E’ probabile che in un primo momento abbia pensato di portarseli
via come feticci. Ma che abbia poi deciso di abbandonarli fuggendo. Il particolare è
illuminante perché conferma che l'assassino giunge e se ne va a piedi, dopo aver
commesso l'omicidio.
LA DINAMICA DEL DUPLICE OMICIDIO
La dinamica di questo secondo delitto è piuttosto chiara: il primo colpo è stato
esploso attraverso il finestrino di guida e probabilmente è già stato sufficiente ad
uccidere il Gentilcore.
Successivamente l'assassino ha esploso, sempre dalla stessa posizione, gli altri colpi:
due all'uomo e quattro alla donna che tuttavia è stata colpita solo all'addome e alla
gamba. Perciò si può pensare che quando è stata portata fuori dalla macchina, a
differenza del fidanzato che era stato ucciso già prima di subire le ferite da arma
bianca al torace, lei fosse ancora viva. Anche la ragazza, prima di essere estratta dalla
macchina, aveva subito alcune coltellate, che però non si erano rivelate mortali.
L'assassino l'ha, quindi, presa in braccio (non ci sono infatti tracce di trascinamento
nelle immediate vicinanze della vettura) e l'ha portata dietro la 127, distendendola
per terra con le gambe divaricate e le braccia estese. Il luogo è scelto perché in questo
modo poteva portare a termine la seconda parte del suo piano criminoso senza essere
visto dalla strada, ma potendo invece egli osservare ogni via d’entrata e d'uscita.
Stefania ancora in vita viene colpita da tre pugnalate mortali sull'area cardiaca e poi
da più di novanta coltellate dopo la morte. Secondo il medico legale, professor
Maurri, che svolgerà l'autopsia, l'assassino ha agito con un'arma bene affilata, anzi
affilatissima, monotagliente, di tre-quattro centimetri di larghezza. Ed è proprio con
questa arma che vengono tagliate le mutandine della Pettini con un colpo netto sul
fianco sinistro.
IL DIARIO SEGRETO DI STEFANIA
In uno dei rapporti stilati un agente appunta: «La ragazza teneva un diario, scritto in
stenografia. Il giorno prima dei delitto fu interrotta dall'arrivo di una persona
mentre stava raccontando ad un'amica di avere avuto uno spiacevole incontro che
l'aveva turbata». Il particolare non sarà mai chiarito dalle indagini. Forse la ragazza
ha già incontrato il suo assassino. Un mostro che purtroppo rimane senza volto.
A nessuno viene in mente di collegare questo duplice omicidio con quello commesso
sei anni prima. Uno solo degli esperti ascoltati in quei giorni dagli inquirenti lancia
l'allarme temendo che l'assassino, nella sua mente, abbia oltrepassato un punto di non
ritorno: «Se non verrà preso, passeranno altri cinque o sei anni e poi tornerà a
ripetere il delitto - afferma lo psichiatra - poi ucciderà ad intervalli sempre più
brevi». Quasi una profezia che purtroppo si dimostrerà tragicamente vera.
Alcuni anni dopo il delitto una mano ignota manometterà la tomba di Stefania
Pettini nel cimitero di Borgo San Lorenzo, il paese dove viveva e dove ha trovato la
morte. Questa profanazione di tombe, che come vedremo non sarà l'unica (pochi
giorni prima dell'inizio del processo di primo grado contro Pietro Pacciani qualcuno
ha profanato le croci che il padre di Pia Rontini, vittima del Mostro nel 1984, ha
costruito per la figlia sul luogo dove è stato commesso il delitto) potrebbe rivelarsi
importante ai fini delle indagini: spesso l'assassino e in particolare il serial killer,
torna sul luogo del delitto o comunque sulle tombe delle vittime. Un esempio più
recente ed eclatante è quello di Luigi Chiatti, il Mostro di Foligno, che si è recato al
cimitero dove era sepolta la sua prima vittima, il piccolo Simone Allegretti, per
rubare la fotografia porcellanata dal loculo del bambino. Un altro esempio è il delitto
di via Poma, uno dei gialli irrisolti di Roma: un giorno di dicembre del 1990 i
familiari trovarono sulla lapide di Simonetta Cesaroni (la giovane segretaria uccisa il
7 agosto precedente con 29 coltellate) una composizione floreale particolarmente
pregiata e costosa, composta da 19 rose rosse. L’episodio si ripeté il febbraio
successivo e finalmente gli investigatori predisposero degli appostamenti al cimitero.
Ma appena due giorni dopo la notizia fu pubblicata dai giornali, l'ignoto personaggio
delle rose rosse non si fece più vivo.
Fonte: Francesco Bruno e Andrea Tornielli – Analisi di un mostro – Arbor, 1996