Convegni e Resoconti Gli strumenti della qualità

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Convegni e Resoconti Gli strumenti della qualità
Convegni e Resoconti
Gli strumenti della qualità della regolazione – Resoconto convegno
di Giovanni Piccirilli
da: Amministrazione in cammino. Rivista telematica
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it
Formez, Arco Felice di Pozzuoli (NA)
9 marzo 2006, ore 9,30
Giovedì 9 marzo 2006 nell’aula “Pino Amato” del Formez presso il Comprensorio Olivetti
di Pozzuoli (NA) si è svolto un convegno sul tema “Gli strumenti della qualità della regolazione”,
articolato in due sessioni: la prima, mattutina, è stata dedicata all’analisi di impatto della
regolamentazione, analizzandone i profili comparati e facendo particolare riferimento alle
esperienze regionali. Nel pomeriggio, invece, si è affrontato il tema della semplificazione
normativa ed amministrativa.
La sessione mattutina, dedicata all’analisi d’impatto della regolamentazione (AIR), è
stata aperta dalla dott.ssa DE MAGISTRIS, che ha presentato le ricerche del Formez sull’AIR a
livello regionale, all’interno del progetto Simpliciter, sottolineando l’importanza dell’opera di
sensibilizzazione delle pubbliche amministrazioni per l’effettività degli sforzi di formazione del
personale delle amministrazione stesse. Successivamente, la dott.ssa BARAZZONI, direttrice del
Servizio per la semplificazione normativa ed amministrativa, per il riassetto normazione e per la
qualità della regolazione presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, ha illustrato nel
dettaglio le due principali direzioni della ricerca sulla qualità della regolazione nelle Regioni,
ovvero la comparazione con gli altri Paesi dell’Unione europea e dell’OCSE, e l’azione di
supporto e di monitoraggio del livello statale a livello regionale. Dall’analisi svolta è apparso
come l’Italia, sotto questi profili, costituisca un’esperienza estremamente interessante in
prospettiva comparata, anche per le recenti trasformazioni istituzionali che, negli ultimi anni,
hanno assegnato alle Regioni una posizione di primo piano nella funzione legislativa.
Parallelamente a queste trasformazioni, si è assistito ad una progressiva affermazione degli
strumenti utili a perseguire un miglioramento della qualità della legislazione, includendo tra
questi non solo l’AIR e la semplificazione amministrativa e normativa, ma anche l’inserimento di
apposite disposizioni nella formulazione dei nuovi statuti regionali e la diffusione di procedure di
consultazione nel procedimento legislativo. A conferma della particolare sensibilità delle
autonomie italiane per questi temi, si registra che tutte le Regioni, sebbene in misura diversa,
applicano tali strumenti (anche se deve registrarsi in ogni singola esperienza la preferenza per
alcuni di essi), laddove nel testo del Trattato costituzionale dell’UE non esistono elementi tesi a
promuovere la qualità della regolazione. Il prof. COCO si è occupato dell’analisi degli strumenti
di valutazione della legislazione regionale, evidenziando come esista un pregiudizio della classe
politica nei confronti degli strumenti valutativi, soprattutto ex ante, in quanto identificati come
limitativi della libertà della decisione dell’organo politico. Un’analoga impostazione negativa è
rinvenibile nell’approccio alle clausole di valutazione ex post delle politiche: infatti queste,
quando applicate, non hanno poi portato a modifiche conseguenti alle valutazioni effettuate,
sempre a causa di una evidente mancanza di disponibilità della parte politica nel rimettersi alle
valutazioni tecniche. Nella ricerca è stata rilevata una costante correlazione, nelle singole
Regioni, tra il ricorso a strumenti giuridico-formali (come l’analisi tecnico-normativa) e
l’impiego di strumenti valutativi (AIR, analisi ex post, etc.). Da ciò si deduce che, laddove esiste
una maggiore attenzione alla qualità della regolazione, questa viene perseguita attraverso
molteplici strumenti. Parimenti deve registrarsi una generale difficoltà di effettiva
sperimentazione dell’AIR al di fuori di organismi a ciò specificamente dedicati, anticipando il
problema, sviluppato nel corso della tavola rotonda successiva, di dotare le amministrazioni dei
Consigli regionali di personale con professionalità specifiche, soprattutto di matrice economica.
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L’avv. FAVA si è soffermato sui metodi e le esperienze della consultazione nelle Regioni,
partendo dall’inquadramento del concetto che è stato dato dalla Corte costituzionale nella
sentenza n. 379/04 e con la pronuncia del Consiglio di Stato del 25 ottobre dello stesso anno.
La consultazione dovrebbe costituire il cuore del miglioramento della qualità della legislazione,
inteso come processo articolato, ma perché ciò avvenga è necessario che essa intervenga nel
momento giusto del procedimento, con mezzi adeguati e con il coinvolgimento di interlocutori
qualificati. Ne è testimonianza anche l’art. 47, parte I, del trattato costituzionale UE, che pone
la democrazia partecipativa tra i fondamenti dell’impalcatura istituzionale comunitaria.
Interessanti esperienze sono state avviate nelle diverse Regioni al fine di promuovere la più
ampia partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi alle decisioni. Ad esempio la Regione
Umbria ha sviluppato il progetto denominato “Senso alternato”, all’interno del quale, tramite il
sito internet della Regione, è possibile rilasciare commenti sui progetti di legge in discussione
presso il Consiglio regionale. Qualcosa di simile è stato attivato anche presso la Regione
siciliana. D’altro canto si coglie una eccessiva differenziazione tra le diverse esperienze
regionali, al punto da richiedere una moderata standardizzazione e procedimentalizzazione delle
procedure di consultazione, anche al fine di evitare che, nel processo, finiscano per prevalere i
soggetti più forti. L’estensione del metodo della consultazione nei procedimenti decisionali
potrebbe avere anche ricadute positive in termini deflativi sui ricorsi per meri vizi di
procedimento, come dimostra l’esperienza spagnola anche con la sentenza n. 108/86 del
Tribunale costituzionale. Il dott. GOOSSENS, funzionario dell’Agenzia per la semplificazione
amministrativa presso la Cancelleria belga, ha illustrato i tratti essenziali dei processi di
semplificazione in corso nel suo Paese, sottolineando innanzitutto l’approccio pragmatico che
risulta dominante nell’affrontare la problematica. Una spinta particolarmente innovativa è stata
portata nel sistema dal nuovo Ministro per la semplificazione amministrativa, Vincent Van
Quickenborne che, poco più che trentenne, ha impresso una notevole svolta alle politiche di
riordino e di semplificazione. Questo dato fa notare, una volta di più, come, a prescindere dagli
strumenti e dal personale impiegato in tali processi, una condizione imprescindibile per le loro
possibilità di successo sia una forte sensibilità (e volontà) dell’organo politico.
I processi di semplificazione amministrativa in Belgio sono stati avviati con legge nel febbraio del
1998 ed in un primo momento si sono rivolti essenzialmente alle imprese, nella convinzione che
gli oneri eccessivi a loro carico rappresentassero il più importante problema per il sistema
economico del Paese. Gli indicatori di onerosità delle procedure sono stati individuati
essenzialmente in quattro fattori: numero di formalità amministrative, numero di imprese o di
cittadini interessati, tempo necessario per adempiervi e frequenza alla quale sia necessario
ricorrervi. Come si coglie immediatamente, con queste basi il sistema è stato creato sul modello
client-oriented. Interessante è anche il ruolo ricoperto dall’e-government all’interno di un simile
processo. Infatti il relatore ha precisato come la digitalizzazione dei procedimenti non sia stata
considerata come il motore delle procedure di snellimento delle incombenze burocratiche, come
forse a volte si è fatto in Italia, bensì come una conseguenza della semplificazione, uno sbocco
di un più generale lavoro di riordino. I dati contenuti negli archivi e nelle banche dati sono stati
prima aggregati e riorganizzati. Solo in un secondo momento sono stati trasformati in supporto
digitale. I progetti chiave che hanno avuto come obiettivo principale le imprese sono state lo
sportello unico, il modulo unico per le imprese nascenti e, successivamente, la possibilità di
gestire tutti i rapporti con la PA attraverso la rete. Attraverso tali procedure è stato calcolata un
riduzione complessiva del 25% dei costi per le imprese in soli due anni dall’entrata a regime di
tali progetti, a tutto vantaggio della competitività anche sul piano internazionale. Il prof. LA
SPINA ha allargato la prospettiva di studio comparato dell’analisi di impatto della
regolamentazione alle esperienze di altri Stati membri dell’UE, facendo riferimento in
particolare ad una sperimentazione cui hanno aderito, su base volontaria, ben dieci Paesi
(Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Regno Unito, Svezia e
Ungheria). Le particolari condizioni del gruppo citato, in particolare l’adesione volontaria che
presupporrebbe una già avanzata attenzione per la problematica, non permettono di considerare
il campione rappresentativo dell’intera Unione, ma in ogni caso i risultati di studio possono
risultare utili alla comprensione dei diversi approcci allo strumento dell’AIR in contesti culturali
e giuridici così differenziati. Infatti, ci si aspettava che il punto di partenza per la ricerca fosse
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costituito dal Rapporto Mandelkern del 2001, ma per molti Paesi le condizioni poste nel Rapporto
sono sembrate più avanzate della realtà dei fatti. In particolare è risultato estremamente
difficile definire una base comune di partenza e i “requisiti minimi” perché possa considerarsi
soddisfacente un modello di AIR. Sin dalle concezioni-base di misurabilità dell’oggetto
d’intervento normativo e della “precocità” dell’analisi si sono evidenziate notevoli differenze,
ampliate dalla flessibilità dello strumento che offre una molteplicità di opzioni alternative.
Anche sulla pubblicità e sulla trasparenza dei risultati non tutti si sono dimostrati d’accordo,
privilegiando la valutazione esclusivamente interna all’organo normativo dei risultati.
Particolare attenzione hanno destato le esperienze di Polonia ed Ungheria, nuovi membri della
UE che stanno autonomamente predisponendo i loro modelli in tema di strumenti per la qualità
della regolazione. Tratti caratterizzanti delle esperienze sono state la completa
esternalizzazione dell’analisi di impatto in Ungheria (affidando la valutazione ex ante a società
di consulenza private), mentre in Polonia si muovono i primi passi della sperimentazione, dopo
che l’AIR è stata normativamente prevista. Altro dato degno di nota è stata una certa
disattenzione per lo strumento dell’analisi ex ante in Germania, laddove si riscontra una
difficoltà nell’accettazione dello strumento soprattutto per la specifica cultura amministrativa,
tradizionale della tradizione tedesca. La sessione mattutina è stata conclusa dagli interventi del
dott. BASILICA, capo dipartimento della Funzione Pubblica, e dal dott. FLAMMENT, presidente
del Formez, che hanno ricordato come l’attenzione per gli strumenti di qualità della regolazione
abbia avuto a livello comunitario una spinta dalla presidenza di turno inglese che, nel Consiglio
europeo di Edimburgo del 2005, ha posto all’ordine del giorno la questione della better
regulation. Si è poi sottolineata l’importanza dello sviluppo di tali strumenti in senso alternativo
alle politiche di deregulation, sottolineando come un quadro regolativi chiaro e ben ponderato
svolga un importantissimo compito di semplificazione e di garanzia all’interno dell’ordinamento.
La ripresa pomeridiana dei lavori del convegno è stata aperta dalla tavola rotonda,
coordinata dalla dott.ssa DE MAGISTRIS, in cui sono intervenuti ad illustrare le differenti
esperienze nell’AIR a livello regionale funzionari delle amministrazioni regionali di Umbria,
Campania, Piemonte e Veneto. Sono state affrontate le tematiche generali della
sperimentazione sotto il profilo dell’approccio multidisciplinare, della composizione dei gruppi
di lavoro (in particolare sotto il profilo delle professionalità impiegate), dando conto
dell’esperienza nel rapporto tra tecnici e vertice politico. Nel caso del Piemonte, illustrato dalla
dott.ssa FAINA, l’AIR ha avuto un riconoscimento normativo nel 2005 e con la Giunta presieduta
da Mercedes Bresso si è dato un nuovo slancio alle politiche di semplificazione, anche attraverso
la costituzione di un assessorato ad essa specificamente dedicato. Sempre con la nuova Giunta,
sono state introdotte significative innovazioni, come ad esempio la richiesta rivolta a tutti gli
assessori, da parte della stessa presedente della Giunta, di allegare un’analisi delle ricadute sui
cittadini a tutti i provvedimenti discussi in Giunta. In Umbria, come illustrato dalla dott.ssa
TRANI, sono di recente state introdotte importanti novità, anche attraverso il varo del nuovo
Statuto regionale che, all’art. 61, ha previsto l’istituzione di un Comitato per la legislazione
all’interno del Consiglio regionale, che avrà rilevanti attribuzioni proprio nell’analisi di impatto.
Come per il caso del Piemonte, anche in Umbria il gruppo di lavoro sull’AIR è stato costituito con
delibera di Giunta, ma in quest’ultima esperienza è avvenuta una interessante collaborazione
tra l’amministrazione della Giunta e quella del Consiglio regionale, proprio nella prospettiva di
un’azione generale di promozione della qualità della normazione. La dott.ssa CICI ha esposto
come, al contrario, la partenza della sperimentazione in Campania abbia avuto un percorso più
tortuoso. Infatti all’inizio si sono occupati di AIR solo i funzionari dell’ufficio legislativo e
dell’ufficio competente per materia, senza la costituzione di un gruppo di lavoro specifico.
Successivamente, nel 2005 è intervenuta la prima legge regionale di semplificazione per la
Regione Campania e, con essa, è stato dettato un indirizzo particolarmente innovativo,
inserendo l’AIR in un percorso più ampio di progettazione normativa generalizzata che, nelle
previsioni, porterà annualmente al riordino di un singolo ambito materiale su iniziativa della
Giunta, attuando anche interventi di semplificazione amministrativa. Un interessante contributo
è venuto dalla relazione del dott. VEDOVATO, funzionario del Consiglio regionale del Veneto.
Infatti ha potuto portare l’esperienza diretta dell’amministrazione di un organo legislativo, al
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contrario degli interventi precedenti che partivano dall’ottica di funzionamento di organi
esecutivi. L’AIR, secondo il relatore, sembra prestarsi più alla logica delle Giunte che a quella
delle assemblee, poiché dovrebbe rientrare in una più ampia analisi delle politiche pubbliche
che faccia emergere le esigenze dei singoli settori di intervento, analisi che vede privilegiati
sicuramente gli strumenti a disposizione degli esecutivi. La tavola rotonda si è conclusa con
l’intervento del dott. MARTELLI, che ha riassunto gli elementi comuni delle testimonianze
appena ascoltate, sottolineando positivamente lo sforzo di alcune Regioni nella costituzione di
organi specifici per l’AIR, sebbene sembri emergere come dato costante la necessità di
un’integrazione di professionalità prima non presenti nelle amministrazioni, soprattutto dal
punto di vista della valutazione economica delle ricadute dei provvedimenti. Ulteriore elemento
comune sembra essere l’importanza della fase di consultazione nei procedimenti normativi,
onde minimizzare i cd. costi “esterni” alla decisione.
In apertura della seconda sessione del convegno, dedicata alla semplificazione
normativa ed amministrativa, il prof. CELOTTO, affrontando le nuove prospettive del settore,
ha ricordato le innovazioni apportate dalla recente riforma del procedimento amministrativo,
sottolineando l’incremento degli strumenti di natura privatistica, in particolare nella revisione
della Conferenza di servizi e della VIA.
Passando successivamente agli aspetti più
immediatamente connessi alla semplificazione normativa, è stata sottolineata la ormai evidente
crisi del sistema “legicentrico” derivante, in gran parte, dalla tradizione costituzionale francese
e che ha trovato ampio riscontro nella Costituzione del 1948 attraverso il diffuso ricorso alla
riserva di legge, in particolare per ciò che concerne la tutela dei diritti individuali.
Le cause della crisi della legge sono ben note e non si limitano all’inflazione normativa ed allo
scadimento della qualità della legge, in particolare dovuto alla stratificazione degli interventi
normativi. Più in generale, è stato rilevato un impoverimento del ruolo della legge, eroso sia dal
continuo (e distorto) ricorso agli altri atti aventi forza di legge (decreti-legge e decreti
legislativi), sia dall’accresciuta importanza delle fonti comunitarie e regionali, oltre alle nuove
forme di regolazione, in particolare attraverso i regolamenti delle autorità indipendenti.
Si è cercato di restituire alla legge il suo ruolo preminente attraverso due principali strumenti:
la delegificazione, al fine di circoscriverne meglio il campo d’azione, e la tecnica legislativa, per
migliorarne la qualità e cercare di rimediare al cd. “inquinamento legislativo”.
Un nuovo strumento, a partire dalla fine degli anni Novanta, è costituito dalla codificazione,
attraverso i cd. codici di settore, attraverso i quali, però, si incappa nel paradosso secondo cui
la presunta ricentralizzazione della legge avverrebbe attraverso lo strumento della delega
legislativa. In ogni caso, risulta di notevole interesse l’ampia previsione di pareri e consultazioni
per l’emanazione di tali codici di settori. Infatti, oltre alle Commissioni parlamentari, al
Consiglio di Stato e alla Conferenza unificata, la consultazione dei destinatari del provvedimento
apre nuove prospettive anche nell’ottica della legittimazione e della trasparenza del
procedimento. Ovviamente, però, tali attività di relazione con gli operatori del settore devono
avere il massimo grado di apertura possibile, onde non scadere nel lobbying nella sua accezione
più negativa. Le innovazioni riportate registrano sicuramente una evoluzione del sistema delle
fonti, in particolare nel senso di una funzionalizzazione delle deleghe legislative, anche se la
possibilità di emanare decreti integrativi o correttivi (e l’accezione piuttosto ampia che viene
data alla “correzione”) rischiano di trasformare le deleghe in permanenti. Passando alle novità
introdotte dalla ultima legge di semplificazione, il relatore ricorda l’introduzione delle raccolte
di norme regolamentari, che sembrano poter costituire un utile strumento da affiancare ai codici
di settore, senza le difficoltà interpretative che comportavano i testi unici misti. La discussa
norma cd. “taglia-leggi” (art. 14, l. 38 novembre 2005, n. 246), invece, appare costituire, da
parte del legislatore, una implicita ammissione di impotenza nel governare il sistema. Per di più
il limite a quo del 1970 appare del tutto arbitrario, avrebbe avuto più senso il limite del 1948,
onde agganciare l’intervento di riordino all’entrata in vigore della Costituzione.
Infine, una simile misura-ghigliottina sarebbe apparsa utile più per le fonti secondarie che per
quelle legislative: la necessità di fare chiarezza tra le fonti regolamentari specie nel periodo
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statutario è riportata all’attualità anche dalla recente controversia sulla permanenza del
crocifisso nelle aule scolastiche. Il prof. NOCILLA, intervenendo sulla funzione del Consiglio di
Stato nelle politiche di semplificazione, ha ripreso le considerazioni del prof. Celotto sulla crisi
del ruolo della legge, richiamando le differenti impostazioni in teoria generale. Due filoni
classici della scienza giuridica, quello tedesco e quello francese, partono da assunti di fondo
completamente diversi. Da una parte infatti la tradizione costituzionale tedesca interpreta la
legge come rapportabile ad un qualunque Willensakt (Jellinek), ovvero parificata agli altri atti di
volontà dello Stato, se non dal punto di vista della gerarchia, sicuramente da quello ontologico.
Dall’altra, la tradizione francese concepisce la loi come distinta dalle altre norme per una sua
superiorità quasi morale, essendo discendente dalla volontà generale ed essendo l’unico atto il
cui procedimento formativo debba sottostare ad uno stretto vincolo di pubblicità (Favoreau).
La cd. norma-ghigliottina della legge di semplificazione 2005 troverebbe un precedente illustre
nell’art. 7 della legge del 30 ventoso dell’anno XII della rivoluzione francese (1804) che abrogava
tutte le leggi precedenti all’approvazione del Code Napoleon. È evidente però come sia
un’abrogazione generalizzata operante ex post, ovvero all’indomani di un fondamentale
intervento di codificazione, e non quando questo sia ancor di là da venire.
Analizzando invece il ruolo del Consiglio di Stato nei pareri espressi sui codici di settore fin qui
approvati, il relatore ricorda come una eventuale opposizione pura e semplice al testo proposto
(attraverso cioè l’espressione di un parere negativo) avrebbe potuto determinare due sole
conseguenze, entrambe negative per il sistema e per lo stesso organo: bloccare il procedimento
di semplificazione, oppure lasciare la possibilità che il parere venisse aggirato attraverso
l’inserimento delle stesse norme in leggi parlamentari, attraverso emendamenti governativi
(come l’esperienza ha del resto insegnato). Proprio per questo l’azione del Consiglio di Stato è
stata molto prudente, anche se ferma, attraverso il ricorso ad un linguaggio per lo più persuasivo
e l’espressione di pareri interlocutori, favorevoli con osservazioni o condizionati.
Anche l’introduzione di formule ad hoc per evitare l’espressione di un parere negativo è stato un
espediente utilizzato di frequente: al posto di una valutazione negativa si è preferito ricorrere
alla formula “nei sensi di cui in motivazione è il parere del Consiglio di Stato”.
I richiamati pareri cd. interlocutori hanno avuto un ruolo importante. Infatti con questo
espediente il Consiglio di Stato ha potuto “suggerire” al Governo l’integrazione del
procedimento attraverso l’inserimento di ulteriori pareri (in particolare alle Conferenze), in
realtà celando perplessità dal punto di vista della legittimità costituzionale.
Il dott. ANGELINO, funzionario del Segretariato generale presso la Commissione europea e
membro della Task force sulla questione Istituzioni, è intervenuto per illustrare le tecniche di
semplificazione della legislazione comunitaria. Un processo di generale sistemazione della
legislazione comunitaria è stato avviato nel gennaio del 2004 dalla presidenza di turno irlandese
e proseguito nei successivi semestri di presidenza dell’Olanda, del Lussemburgo e del Regno
Unito. Particolare rilevanza meritano le 15 priorità in materia di semplificazione normativa
adottate
dal
Consiglio
Competitività
del
novembre
dello
stesso
anno.
Una prima notazione di carattere generale per ciò che concerne il contesto europeo riguarda la
concezione stessa di semplificazione. Infatti in ambito UE la semplificazione riguarda
esclusivamente la normativa esistente, e non già la legislazione a venire, per la quale lo
strumento principalmente adottato è il ricorso alle tecniche legislative. In ogni caso il riordino
normativo, che ha ricevuto un nuovo slancio nell’ottobre 2005 da parte della Commissione,
rappresenta uno dei perni del rilancio della strategia di Lisbona. Pilastro di tale processo è
individuato nella consultazione degli Stati membri, degli operatori economici e delle parti
interessate. Gli strumenti principali di azione sono molteplici e vanno dal consolidamento, ad
un maggior ricorso allo strumento regolamentare al posto della direttiva, dal rafforzamento
dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione al ricorso a strumenti alternativi quali la coregolamentazione
e
l’autoregolamentazione,
come
proposto
anche
dall’accordo
interistituzionale “Legiferare meglio” del dicembre 2003. In conclusione il relatore riporta una
serie di dati che sarebbero rivolti a “sfatare il mito” del monopolio della iniziativa da parte della
Commissione. Infatti solo il 10% del totale dei provvedimenti approvati discenderebbe
dall’esclusivo diritto di iniziativa della Commissione stessa, mentre il restante 90% sarebbe
soltanto formalmente di iniziativa della Commissione, ma sostanzialmente risulterebbe
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equamente ripartito tra iniziative rispondenti alle domande di Consiglio e Parlamento, alle
obbligazioni assunte dalla Commissione (es. Pac, etc.), e ad accordi internazionali delle
comunità. Il dott. DIPACE ha illustrato i risultati dell’indagine sulla qualità della regolazione
del Dipartimento della Funzione sulla semplificazione amministrativa e normativa. In tema di
riordino della legislazione vigente si registra una tendenza alla creazione di leggi generali di
semplificazione, piuttosto che codici settoriali. Sotto il profilo dell’organizzazione, è stato
sottolineato come soltanto poche regioni abbiano istituito uffici specifici per la semplificazione
normativa (come il Piemonte) e che generalmente si registrino carenze di organico e di
professionalità specifiche in tale ambito.
A conclusione del convegno si è svolta una tavola rotonda in cui sono state poste a
confronto le esperienze di semplificazione a livello statale, regionale e locale. Vi hanno
partecipato il dott. PETA del Formez, la dott.ssa D’AMBROSIO dell’amministrazione regionale
del Friuli-Venezia Giulia e il dott. SCIPPA dell’ANCI-Campania, che hanno portato testimonianza
degli sviluppi dei processi di semplificazione ai diversi livelli. I principali strumenti di analisi
sono stati centrati sul ribaltamento dell’approccio di base, partendo non dalle istituzioni per poi
andar incontro alle esigenze dei cittadini e delle imprese, ma al contrario, iniziando a
inquadrare la pubblica amministrazione dal punto di vista dei soggetti privati.
Analogamente, si è sottolineata l’importanza del monitoraggio delle richieste che da questi
provengono, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Ulteriore strumento di raccordo
nell’analisi delle prospettive per i diversi livelli di governo è stato l’Osservatorio della
legislazione interregionale (OLI), che ha permesso di analizzare nel dettaglio l’evoluzione
dell’esercizio delle potestà normative regionali e locali all’indomani della riforma del Titolo V.
Un punto comune dello sviluppo delle politiche di semplificazione è sicuramente nella base di
principi che si pongono a fondamento dell’azione normativa, a qualunque livello e con qualsiasi
strumento essa si svolga. Infatti, con la promozione della semplificazione normativa ed
amministrativa e la sensibilizzazione delle amministrazione effettuata innanzitutto a livello
comunitario, si è costruito un bagaglio comune di impostazione che si basa innanzitutto sulla
sussidiarietà, l’accountability, l’accessibilità e la chiarezza delle norme, elementi che
costituiscono allo stesso tempo il punto di partenza e l’obiettivo del generale processo di
semplificazione.
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