IL VECCHIO MONDO ALLA CONQUISTA

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IL VECCHIO MONDO ALLA CONQUISTA
(allegato 9)
IL VECCHIO MONDO ALLA CONQUISTA
GLI EFFETTI DELLA SCOPERTA SULL’ ALIMENTAZIONE E LA SOCIETÀ EUROPEA
Le conseguenze alimentari dello “scambio”.
Prodotti Agricoli e bestiame
L’inserimento di nuovi generi alimentari non era certo un fatto recente: fin dall’inizio dell’era cristiana erano
stati introdotti in Europa il riso, il sorbo, la canna da zucchero, il cotone, numerosi generi di agrumi e, tra gli
animali, il bufalo d’acqua e il baco da seta. Questo dimostra che l’agricoltura nel Vecchio Mondo non era
statica ed era in qualche modo abituata alle nuove acquisizioni; tuttavia i prodotti provenienti dalle nuove terre
modificarono notevolmente la mappa agricola del mondo. A questo proposito si possono citare le parole di E.
E. Rich e C. H. Wilson nella loro Storia Economica: “…le potenziali risorse vegetali del mondo conosciuto
erano state raddoppiate. La diffusione di prodotti agricoli e di bestiame che ne risultò fu la più importante che
si conosca nella storia dell’umanità ed ebbe forse gli effetti più estesi, rispetto a qualsiasi altra conseguenza
delle scoperte geografiche…senza i prodotti americani l’Europa non sarebbe stata capace di mantenere
popolazioni così dense e i Tropici del Vecchio Mondo non avrebbero conosciuto un così rapido sviluppo.
D’altra parte, senza gli animali europei, e in particolare i cavalli e i muli per il trasporto e la coltivazione, il
continente americano non sarebbe cresciuto con quel ritmo…”.1 Queste parole sintetizzano l’enorme
importanza assunta dall’introduzione di nuovi prodotti sui quali ci soffermeremo singolarmente in maniera
dettagliata, ma c’è una frase particolarmente significativa sulla quale vale la pena riflettere. Si accenna infatti
alla densità di popolazione che viene collegata all’alimentazione rimandando così ad un altro aspetto
significativo e cioè l’aumento demografico che si è registrato nell’epoca postcolombiana. A questo problema lo
scrittore Alfred W. Crosby ha dedicato un capitolo intero del suo libro dove vengono analizzate delle
problematiche molto interessanti mettendo in relazione la crescita della popolazione mondiale con il
miglioramento delle derrate alimentari.2
Crosby inizia la sua riflessione affermando che negli ultimi trecento anni l’umanità si è quadruplicata e che
questo incremento è iniziato nel 1492. Lo scrittore afferma anche che prima di questa data vi erano stati altri
due momenti della storia dell’umanità in cui si era registrato un rapido aumento della popolazione: quando
l’uomo aveva cominciato a produrre utensili e quando aveva inventato l’agricoltura. Ovviamente sono
numerosi i fattori che favoriscono l’incremento demografico: progresso, miglioramento delle condizioni
igieniche, governi più stabili, guerre meno devastanti etc.., ma non sono universalmente validi e vanno
analizzati i casi specifici, mentre invece il miglioramento e l’aumento dei prodotti alimentari è un fattore che da
sempre ha promosso tale sviluppo senza conoscere eccezioni. L’analisi di Crosby in questo senso è molto
dettagliata e articolata, si esaminano infatti in quali zone del Vecchio Mondo i prodotti alimentari di origine
americana siano divenuti primari, in che momento storico ciò sia accaduto e se si è registrato in coincidenza di
tali periodi un aumento della popolazione locale. Inutile dire che il quadro che ne emerge è molto variegato, è
difficile affermare con estrema certezza che siano stati proprio certi prodotti americani a favorire la crescita
demografica e viene naturale chiedersi se quest’ultima non sarebbe avvenuta ugualmente. Tuttavia,
sintetizzando, si può almeno affermare con certezza che: prima del 1492 nessuna coltura di un emisfero era
una fonte alimentare importante per grandi popolazioni dell’altro le colture indiane hanno aumentato la varietà
di vegetali con cui gli agricoltori del Vecchio Mondo hanno potuto ottimizzare lo sfruttamento dei vari climi e
terreni a fini alimentari le colture americane permettevano di coltivare terreni che prima erano considerati
improduttivi o di eliminare la stagione morta, col risultato di un aumento di produzione
alcuni prodotti di origine americana sono diventati basilari per l’alimentazione dell’Europa e costituiscono circa
un terzo di quelli destinati alla nutrizione dell’uomo e degli animali domestici
Indipendentemente dal considerare più o meno direttamente proporzionali i fattori alimentazione/crescita della
popolazione, si deve comunque ammettere il loro andamento parallelo e la loro indiscutibile interazione. Del
resto il cibo ha sempre avuto un ruolo particolare in ambito umano e sociale e di sicuro lo studio
1
Cfr. E. E. Rich -C. H. Wilson (a cura di ), edizione italiana a cura di Valerio Castronovo, traduz. di Massimo Terni,
2
L’espansione economica dell’Europa nel Cinque e Seicento, in Storia economica Cambridge, vol. IV, Torino 1975 , p.
317.
2
Cfr. A. W. Crosby, Lo scambio colombiano. Conseguenze biologiche e culturali del 1492, traduz. di Igor Legati, Torino
1992, pp. 134 - 168.
dell’alimentazione e della sua storia fornisce un canale interpretativo importante per lo studio di tutta la storia
umana. A questo proposito Maurizio Sentieri e Guido Zazzu affermano nel loro libro I semi dell’Eldorado: “...le
spinte alla ricerca di nuovi territori dove insediarsi, di nuove tecniche per affrontare le imponenti operazioni di
disboscamento e di messa a coltura di vasti territori, per affrontare rotte sconosciute e avviare proficui
commerci, hanno avuto solitamente alla base lo stimolo per superare il condizionamento determinato dalla
necessità del soddisfacimento alimentare…”.3 L’alimentazione quindi è stata da sempre lo specchio di qualche
cambiamento, senza contare poi che un cibo prima ancora che entrare nei palati di chi lo acquisisce per la
prima volta, deve entrare nella mentalità collettiva che “..lo fa proprio in seguito ad una serie di complicati
fenomeni di valutazione non soltanto ed esclusivamente di carattere economico”.4 A questo proposito è
interessante vedere brevemente quali fossero le disponibilità alimentari nel secolo della grande scoperta e
quale concezione del cibo avesse l’uomo del XV sec. I cereali costituivano l’elemento fondamentale
dell’alimentazione, ma erano importanti anche le leguminose (ceci, fave, lenticchie, piselli). A questi prodotti si
accompagnavano olio, sale, burro o altri grassi animali; anche il vino e la birra rappresentavano forme di
integrazione alimentare o semplici bevande cui ricorrere durante il pasto. A questa base si potevano
aggiungere carne, pesce e formaggi, i primi due in particolare richiedevano un’accurata elaborazione per la
conservazione e ci fanno comprendere l’enorme importanza assunta nel Medioevo dal sale e dalle spezie.
Completavano questo quadro di disponibilità : verdura, erbaggi, frutta e miele (lo zucchero era riservato ad
una ristretta élite). Ovviamente questi prodotti si offrivano in maniera differente ai cittadini in base alla loro
classe sociale, senza contare che erano costantemente minacciati da carestie, guerre ed epidemie. Gli
abitanti dell’Europa del XV sec non erano affrancati dalla fame, essa incombeva costantemente come
spauracchio, pertanto avevano con il cibo un rapporto di sola sussistenza. A questo proposito nel libro di
Sentieri-Zazzu si legge ancora: “…solo ai potenti, ai signori, che mangiavano pubblicamente e quindi
manifestavano anche in questo modo il loro status, era consentito avere un rapporto (col cibo) fondato sulla
scelta, sul piacere e sul gusto…per tutti gli altri mangiare è ancora ricavare dagli alimenti disponibili qualcosa
di valido sul piano della nutrizione e possibilmente sul piano della soddisfazione…mangiare per i più resta un
atto abitudinario che è necessario compiere affinché la macchina da lavoro possa continuare a produrre…”.
Con queste premesse sarà più facile a questo punto comprendere l’impatto che i prodotti americani ebbero
sulla società del Vecchio Mondo e non solo sotto il profilo delle modifiche delle abitudini alimentari, ma anche
di quelle culturali e sociali.
Ma quali furono in definitiva questi alimenti nuovi che vennero introdotti a partire dal XVI sec? Come sottolinea
ancora Crosby “ …gli indiani, stimolati dal fatto che l’America avesse pochi animali domestici adatti a costituire
una fonte di cibo, selezionarono alcune delle più importanti colture in assoluto, non solo, ma fornirono anche
all’umanità alcuni generi non alimentari quali il tabacco, il caucciù e certe specie di cotone…” ma sicuramente
furono proprio le colture alimentari a costituire l’apporto più prezioso per il Vecchio Mondo: mais, fagioli vari,
arachidi, patata, patata dolce, manioca, melone, zucca gialla, papaya, guaiava, avocado, ananas, pomodoro,
peperoncino del Cile, cacao.
Quando Colombo e i suoi successori esplorarono le nuove terre si resero conto che gli unici prodotti comuni
erano il cotone, le noci di cocco e alcune cucurbitacee. Per quanto riguarda invece gli animali basti accennare
che l’unico che trovò utilizzazione economica in Europa fu il tacchino che si diffuse così in fretta che già nel
1573 è menzionato come popolare piatto natalizio; per il resto gli indiani avevano parzialmente addomesticato
solo il lama, il porcellino d’India e il cane (quest’ultimo noto anche al Vecchio Mondo). L’atteggiamento dei
primi esploratori nei confronti delle specie vegetali incontrate per la prima volta era inizialmente quello di uno
scarso interesse; si cercava piuttosto di rintracciare nelle nuove terre ogni merce di valore riconosciuto: spezie
o meglio ancora oro e argento, che avrebbero decretato immediatamente il successo della spedizione. Fu per
questo motivo che tra tutti i prodotti individuati nelle Americhe solo il cacao e la vaniglia ebbero un immediato
apprezzamento e furono ricercate e commerciate come spezie. Le altre sostanze, fatta eccezione per quelle
ad uso prettamente medicinale, non suscitarono troppo entusiasmo e furono inizialmente escluse sia dal
consumo che dai commerci. È curioso a questo proposito sottolineare che i primi europei a mostrare un certo
interesse per le nuove acquisizioni furono i chirurghi e i farmacisti che cercavano di scoprire nelle varie piante
delle “virtù medicinali”: fu così che alla patata dolce fu riconosciuto un potere afrodisiaco, all’ananas quello di
stimolare l’appetito, certi fagioli invece potevano rafforzare le funzioni renali.5 Per l’introduzione nelle mense
d’Europa del pomodoro, del mais, della patata etc... bisognerà aspettare che le nuove piante si confrontino
3
Cfr. M. Sentieri-G. N. Zazzu, I semi dell’Eldorado. L’alimentazione in Europa dopo la scoperta dell’America, Bari 1992,
p. 12.
4
5
Ibidem
Cfr. E. E. Rich -C. H. Wilson (a cura di ), op. cit., p. 329.
con il nuovo ambiente fisico e biologico entrando a poco a poco nella coltivazione per arrivare, infine, alla loro
accettazione come cibo.6
Questo aspetto emergerà particolarmente dall’esame dei singoli prodotti che verranno esaminati di seguito e
che sono quelli che maggiormente hanno inciso sull’alimentazione degli Europei a partire dal 1492.
Cacao e Vaniglia
I primi Europei a vedere il cacao furono probabilmente i membri dell'equipaggio di Cristoforo Colombo nel suo
quarto viaggio nel 1502, che non sapevano sicuramente di essersi imbattuti nell’oro degli indios. Le
popolazioni centroamericane infatti usavano i semi di cacao come moneta e questo uso si mantenne in
Messico almeno fino alla fine del XVIII sec. Dopo l'arrivo dei Conquistadores spagnoli, al comando di Cortez,
gli Europei capirono l'importanza alimentare del cacao e della bevanda che da esso si traeva; un alimento a
metà tra il cibo e il liquore, la cui preparazione era in origine molto semplice: i semi venivano torrefatti, pestati
e la pasta ottenuta veniva mescolata con acqua fino ad ottenere un liquido spumeggiante a cui si
aggiungevano infine erbe aromatiche. Sembra che ai primi Europei la versione amerindiana della cioccolata
calda non sia piaciuta. Circa settanta anni dopo la scoperta del cacao da parte degli Spagnoli si introdussero
modifiche che resero più gradevole questa bevanda e così il consumo del cacao si diffuse enormemente così
come il suo commercio, tanto da assumere un significativo rilievo economico. Il cacao giunge in Europa nel
1520 e verso il 1580 apparvero le prime fabbriche spagnole per la sua lavorazione, infatti la rielaborazione
della bevanda e il suo consumo rimane inizialmente un fatto esclusivamente spagnolo al punto che si
cercavano di mantenere segrete le modalità di lavorazione. Tuttavia nel 1650 la cioccolata veniva preparata
anche in Italia, in Francia e in Inghilterra dove entrò tra i consumi alimentari voluttuari dei ceti agiati. Soltanto
verso la metà del XVIII sec, quando il suo prezzo si ridusse notevolmente, divenne la bevanda più popolare e
sorsero anche dei locali dove veniva servita.
Per quanto riguarda invece la vaniglia, pur essendo ingrediente fondamentale della bevanda Azteca, fu
esclusa col tempo dagli Spagnoli perché ritenuta dannosa, ma rimase oggetto di commercio con gli altri paesi
europei. Ancora nel XIX sec il Messico costituiva l’unico produttore di tutta la vaniglia e veniva acquistata a
prezzi alti. Le sole altre spezie trovate nei Tropici americani furono il capsico e il pimento e non essendo
familiari in Europa si diffusero molto tardi, lasciando più spazio a quelle provenienti dall’Asia.
Mais
Questo alimento in realtà non era del tutto sconosciuto agli europei infatti si avvicinava per caratteristiche ai
cereali del Vecchi Mondo e anche l’uso che ne facevano gli indios era del tutto simile a quello dei cereali in
Europa. Tuttavia il“panico”, come lo chiama Cristoforo Colombo, restò cibo per le popolazioni americane,
mentre gli spagnoli preferirono utilizzare il grano non appena questo si fosse reso disponibile. Tutto ciò a
dispetto anche delle caratteristiche botaniche delle due piante: mentre la prima si adatta bene ai diversi climi
ed è contemporaneamente diffusa a settentrione, a meridione e ai tropici delle Americhe, garantendo quindi
una maggiore produttività, il secondo vuole climi più temperati e si adatta male alla alte temperature delle aree
tropicali. Questa pianta quindi non godette inizialmente di un grande successo e la sua diffusione in Europa fu
lenta e discontinua durante il XVI e XVII sec fatte pochissime eccezioni come il territorio del Veneto, dove
verrà accolto con maggiore entusiasmo. Tra i ceti popolari, al cui consumo si rivolgeva, guadagnò consensi
molto lentamente, infatti, pur essendo alta la sua produttività, restava un cibo che solo le difficoltà materiali
potevano rendere appetibile e gradito e per lungo tempo verrà considerato alimento per i poveri e la sua
collocazione all’interno dei limiti di una disponibilità “ideale” rimarrà molto bassa. Solo successivamente il mais
otterrà un ruolo primario nell’alimentazione e diventerà parte integrante della cultura alimentare del Vecchio
Mondo, superando le resistenze sociali che inizialmente ne avevano condizionato l’affermazione.
Fagioli
Questo alimento costituiva una delle basi dell’alimentazione delle popolazioni mesoamericane. Già al
momento dello sbarco degli spagnoli i fagioli erano costituiti da diverse varietà adatte quasi ad ogni clima e
pertanto si dimostrarono superiori a molti legumi conosciuti nel Vecchio Mondo. Del resto fu proprio la
familiarità di queste piante con quelle europee a permettere una sorta di riconoscimento prima e a facilitare,
secondariamente, l’inserimento nell’alimentazione europea, facendo affermare questo alimento già dal XVI
sec e favorendo ben presto la sua diffusione in Europa, Africa e d Asia.
Patata
6
La situazione nelle colonie fu evidentemente diversa, infatti i colonizzatori sfruttarono le risorse locali, abbondanti e
facilmente reperibili, almeno fino a quando l’importazione dall’Europa del grano e delle altre piante domestiche non
diventò più produttiva ed efficace.
Anche questo alimento inizialmente stenterà ad affermarsi in Europa e la sua diffusione è contemporanea o
spesso più tardiva dello stesso mais, fatta eccezione per l’Irlanda dove, le rivolte e la crisi economica, ne
determinò la grande diffusione tra i ceti popolari già nella seconda metà del Seicento. Le diffidenze che questo
tubero suscitò inizialmente furono superiori a quelle del mais ed ebbero sicuramente un più forte impatto
simbolico ed emotivo. La sua affinità con certe piante da sempre conosciute come velenose ed utilizzate nella
medicina ha sicuramente contribuito a farla oggetto di superstizioni e paure. Ciò a dispetto di quelle che erano
invece la sue reali potenzialità nutritive, che la rendevano un prodotto basilare della dieta delle popolazioni
andine e dell’altopiano colombiano, oltre ad aver sostenuto lo sviluppo della civiltà Inca. Il rifiuto appariva
sostanzialmente di tipo culturale: non erano le sue qualità alimentari ad essere messe in discussione, quanto
la sua stessa natura di cibo. Questo del resto era un problema comune un po’ a tutti i prodotti nuovi; c’è una
sorta di vuoto culturale sotteso al loro impiego, mancano cioè le “istruzioni per l’uso” necessarie al loro utilizzo
in ambienti, climi e culture diverse e questo indipendentemente dalle caratteristiche nutrizionali dei vari
alimenti.7 Come era successo al mais anche la patata si diffonde quale cibo di carestia (sviluppandosi infatti
sotto terra poteva maggiormente sfuggire alla devastazioni belliche), e anche in questo caso si innescò un
processo di divaricazione sociale dei consumi, per cui si contrappose questo alimento, cibo per le masse
contadine, con quelli di qualità riservati al mercato. Lentamente la sua coltivazione iniziò ad essere sollecitata
anche dai pubblici poteri: così in Prussia, in Alsazia, in Lorena , nelle Fiandre, in Inghilterra e nella già citata
Irlanda e furono soprattutto le carestie a determinare questo cambiamento nella diffusione della nuova coltura.
Più tardi, agli inizi dell’Ottocento, si affermò anche nella cultura “alta” e, a differenza del mais, andò ad
occupare uno spazio culturale fino ad allora sconosciuto.8
Pomodoro
Questa pianta a differenza del mais, dei fagioli e di altre piante non si manifestava come un carattere generale
nell’alimentazione degli indios; era originario delle Ande, ma fu addomesticato in Messico. Fu introdotto in
Europa nel 1523 e arrivò in Inghilterra solo alla fine dei XVI secolo dove venne impiegato esclusivamente
come pianta ornamentale. I primi esperimenti di utilizzazione dei pomodoro come cibo avvennero in Spagna e
da qui l'uso alimentare fu portato a Napoli e in Francia, ma in generale la sua affermazione fu lenta, rimanendo
una coltura marginale. Le salse di pomodoro, ad esempio, arriveranno solo intorno al 1830. Queste difficoltà
iniziali si spiegano soprattutto per la mancanza di attrattive alimentari del prodotto; anche qui occorre ricordare
la sua appartenenza ad una categoria di piante pericolose che deve aver condizionato il destino alimentare di
questa novità americana. Insomma il pomodoro fu quello che ebbe maggiori difficoltà di diffusione e solo verso
la metà dei XIX secolo divenne un alimento di largo consumo.
La descrizione dei singoli alimenti importati dalle Americhe potrebbe continuare a lungo, ma quelli appena
descritti offrono da soli un quadro sufficientemente esauriente per capire quali condizionamenti e quali
cambiamenti si siano creati nell’alimentazione degli europei a partire dalla loro introduzione. Il dato più
significativo, forse, che ne emerge è che la trasformazione dei modelli alimentari e il modo di accostarsi al cibo
andava di pari passo con la profonda trasformazione della società e dei modelli del vivere collettivo e solo nel
XVIII sec il processo di acquisizione dei nuovi prodotti nella cultura e nelle tavole degli europei può dirsi
generalmente concluso.
7
In Spagna l’accettazione e il successo di queste piante conosce in generale tempi più brevi, infatti i colonizzatori
avevano avuto accesso a tutta una serie di esperienze e testimonianze dirette e disponevano di informazioni in grado di
stabilire un ponte con una natura così diversa.
8
Cfr. M. Montanari, La fame e l’abbondanza. Storia dell’alimentazione in Europa, Bari 1993, pp. 166-175.