Léon G. Dehon ei suoi appunti riguardanti la Maison du

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Léon G. Dehon ei suoi appunti riguardanti la Maison du
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Léon G. Dehon
e i suoi appunti riguardanti
la Maison du Sacré-Coeur
a St- Quentin/Aisne
durante la prima guerra mondiale
David Neuhold1
1. Appunti e non solo…
Nell’archivio romano della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore si trova siglata B
40/6 una fonte storicamente rilevante per il periodo della prima guerra mondiale uscita dalla
penna di Léon G. Dehon.2 Si tratta di quattro quaderni da scuola, i quali contengono un
autografo presto centenario. Gli è stato dato il seguente titolo: «La maison du Sacré-Coeur
pendant la Guerre».
Le testimonianze risalgono ad un periodo duro, percepito come infinitamente lungo. Il Nord
della Francia si trova in uno stato di emergenza: fame, freddo e la lancinante insicurezza
riguardo all’evolversi della situazione nelle zone occupate dalle forze militari tedesche sono
onnipresenti.
L’autore, già venuto in contatto tra il 1870 e il 1871 con una guerra, si ritrovò nuovamente
faccia a faccia con azioni di guerra e loro conseguenze in proporzioni finora da lui
inimmaginabili. Rombi d’artiglieria penetranti e attacchi aerei ricchi di conseguenze sono
solo due impressionanti esempi dei moderni metodi di condurre una guerra. Inoltre c’erano
le molte migliaia di feriti e mutilati, ai quali la città si trovava a dover far fronte e la brutalità
tecnicizzata e fredda, con cui era stato proceduto.
La congregazione, fondata nel 1878 con diritto diocesano, era stata riconosciuta da Roma
dopo un lungo processo nel 1906; Dehon, che nel frattempo aveva già superato i 70 anni, ne
era il generale e preparava ancor prima della guerra il VIII. capitolo generale. Egli fu sorpreso
dallo scoppiare del conflitto nel nord della Francia, dove si dovette trattenere per l’intera
durata dell’occupazione tedesca.3
1
Università di Friborgo Svizzera.
2
Cfr riguardo a Dehon Yves Ledure, Un prete con la penna in mano. Leone Dehon, Bologna 2005.
3 In generale su Prima Guerra Mondiale e la Francia, cfr. Leonard V. Smith, France, in: John Horne, A Companion to World
War I, Chichester 2010, 418-431; Gerhard Besier, Der Grosse Krieg und die Religion in vergleichender Perspektive. Warum
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Gli appunti ineriscono a un luogo specifico e ad una finestra di tempo circoscritta. La Maison
du Sacré-Coeur è la scena, sulla quale si svolgono i fatti descritti, perlomeno per la buona
parte. Non viene però descritto solo ciò che riguarda la casa, ma anche ciò che interessa le
persone che vi abitano, tra esse naturalmente anche Dehon che scrive la cronaca. La casa,
ricca di valore simbolico per Dehon e per la congregazione stessa, ospitava allora membri
della Congregazione, i quali erano ancora colpiti dall’editto di Espulsione del 1902. Inoltre vi
avevano trovato rifugio membri del clero diocesano e altre persone in fuga. Al momento
dell’occupazione vi alloggiavano soldati tedeschi e cappellani militari.
Come accennato in precedenza, anche la finestra temporale a cui risalgono le annotazioni è
ben delineata: tra il luglio/agosto 1914 e il marzo 1917. All’inizio di marzo 1917 furono
forzatamente evacuati gli abitanti di un’intera striscia di terra. Il metodo della terra bruciata
fu combinato nel Piano «Alberich» con una ritirata strategica, dopo che l’esercito tedesco
aveva occupato per 30 mesi San Quentin e lo aveva già sistematicamente saccheggiato. Il
periodo dell’occupazione, descritto con grande sensibilità negli appunti, si ripercosse
pesantemente sulle condizioni di approvvigionamento, sulle vie di comunicazione e sulla
libertà di movimento dei sopravvissuti. Qui non rimase pietra su pietra.
Attorno alla trama piuttosto descrittiva degli appunti s’intrecciano anche interpretazioni ben
più profonde. Ciò può essere ora mostrato con un primo esempio illustrando il sovrapporsi di
visioni religiose a quelle nazionalistiche. In un secondo momento si concentrerà il focus su
Dehon stesso.
2. Modelli della percezione di se e dello straniero – religio et natio
Si è già fatto più sopra accenno ai cappellani militari tedeschi. Essi avevano un ruolo
importante nell’esercito imperiale-guglielmino, sia come chierici al fronte sia come assistenti
pastorali nel servizio agli ammalati. La loro posizione era ordinata in un altro modo rispetto
ai chierici all’interno dell’esercito francese, più profondamente radicata e molto più
riconosciuta. Anche Dehon ha appuntato quest’osservazione. Tali padri spirituali, nel caso
qui citato si tratta di membri di ordini come i francescani o i missionari di Steyl, sembrano
aver avuto uno scambio d’idee fra pari con i religiosi e chierici francesi rimasti. Già Patrick
Houlihan ha fatto notare quale importante ruolo d’intermediari transnazionali abbiano
giocato durante la guerra sul piano culturale e religioso.4
Anche nelle annotazioni di Dehon si trovano indizi che lasciano intuire come la
collaborazione tra religiosi cattolici delle due rive del Reno funzionasse bene. Qui c’era un
accentuato potenziale d’intesa che diventa rilevante per la vita quotidiana e che si allontana
di molto dall’immagine dei chierici sciovinisti che benedicevano le armi, sull’uno o sull’altro
fronte.
1914 die christliche Kriegskultur über den religiös motivierten Pazifismus obsiegte, in: Schweizerische Zeitschrift für
Religions- und Kulturgeschichte 108 (2014) 31-71.
4 Cfr. Patrick J. Houlihan, Local Catholicism as Transnational War Experience: Everyday Religious Practice in Occupied
Northern France, 1914-1918, in: Central European History 45 (2002) 233-267.
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Anche se Dehon non risparmia i suoi colleghi tedeschi alle critice, si riconoscono
chiaramente numerosi ambiti di collaborazione molto concreti. La critica schietta di Dehon
allo sfruttamento economico praticato in parte anche dai chierici tedeschi che
soggiornavano nei territori occupati, come anche le osservazioni puntuali riguardo alla
pratica liturgica, dove secondo il giudizio di Dehon dominava poca accuratezza, si mescolano
alla disapprovazione del sciovinismo di una rivista renana sedicente cattolica. Oltre a queste
prese di distanza si delineano modelli di collaborazione e di accordi, come anche di comune
lettura degli eventi. Dehon vuole semplicemente decostruire l’immagine della Francia
recepita dai chierici partendo dal punto di vista degli oppositori: lui sostiene che la Francia
non sia così priva di religiosità come loro se l’erano immaginata. Ora avrebbero potuto
sperimentare loro stessi che l’incontro concreto affievolisce i pregiudizi sul nemico.
D’altro canto Dehon è particolarmente sensibile alla lettura divenutagli nota, della guerra
come punizione divina soprattutto delle élite francesi corrotte. Quest’ultime hanno per
esempio a livello locale modificato le dedicazioni di alcune strade e i nomi di vecchi santi
come San Martino dovevano sparire. Su questo punto sembra che questa interpretazione
storico-teologica degli eventi sia condivisa da entrambi le parti oltre i confini nazionali. Essa
viene attribuita in questo caso ad un religioso tedesco, ma si trova anche in altri scritti di
Dehon. Dalla parte dei francesi si ritrova questo motivo anche all’origine del pensiero degli
anticlericali cosiddetti «rumeurs infâmes», a causa dei quali i chierici francesi avrebbero
voluto la guerra.5
Sul piano della vita quotidiana si rivela la presenza dei chierici tedeschi di grande aiuto.
Padre Raymond, un francescano dotto proveniente da Münster in Vestfalia riuscì ad
impedire il cambiamento di dedica di una cappella nella scuola aperta dai Sacerdoti del
cuore di Gesù a Fayet, un po’ fuori dalla città – cosa alla quale aveva sollecitato il sindaco
anticlericale del luogo le autorità militari. Anche la completa trasformazione della scuola
propria a St-Quentin in lazzaretti fu impedita grazie all’intervento benevolo del padre
spirituale tedesco. E per finire grazie alla sua amichevole intercessione fu interrotto un
processo contro due ricoverati nella casa accusati di aver sbeffeggiato villanamente
l’esercito.
Si mostra qui un cattolicesimo sovranazionale a livello regionale nei suoi aspetti connettivi,
in uno spazio che era al centro delle dispute, in quanto militarmente e politicamente
occupato e senza il quale la Francia, a differenza della regione di frontiera Alsazia-Lotaringia,
non sarebbe più stata la Francia.6 In questa regione occupata già poco dopo l’inizio dei
conflitti avviene scambio e sostegno reciproco. Supera notevolmente il semplice
rifornimento del vino da messa necessario per finalità cultuali. Ciò vale, anche se le fonti
vanno tenute in considerazione criticamente: Dehon, lui stesso membro della Congregazione
dell’Indice a Roma, si adoperava senza dubbio per un ben preciso e alto profilo sacerdotale;
e in generale critiche alla nazione potevano mettere in pericolo la vita. Così come anche la
compilazione di diari era vietata nei territori occupati.
5
Cfr. Riguardo alla complessità di questo motivo in rapporto all’interpretazione della guerra, dalla parte dei chierici come
anche dalla parte di voci anticlericali Jacques Fontana, Les catholiques français pendant la Grande Guerre, Paris 1990, 60,
149-159.
6 Cfr. A riguardo Smith, France, 419.
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Veniamo dunque al tema della percezione della Germania da parte di Dehon secondo
categorie nazionalistiche. Le sue osservazioni sono contestualizzate all’orientamento
dominante nel suo tempo e rispecchiano le circostanze. È comprensibile che non provasse
parecchia simpatia per gli occupanti. La propaganda sui giornali, la brutalità sui campi di
battaglia come anche le continue razzie vengono da lui criticate duramente e smaschera
come stiano prendendo piede nelle fila tedesche lo sciovinismo e la sicurezza di sé
germogliata dal senso di superiorità. Dehon però distingue fortemente. A tale
differenziazione deve attenersi diplomaticamente, giacché lui si muove nel contesto di una
congregazione, che si sviluppa su una scena internazionale e dunque suoi membri si trovano
in entrambi gli schieramenti a servire le loro rispettive nazioni sui «champs d’honneur».7
L’equilibrio, da lui riportato, si nutre di ragionamenti più generali, come quelli del citato
Maurice Barrès8, il quale distingueva due Germanie: da una parte la buona cattolica Germania, dall’altra parte una Germania luterana, kantiana, militarizzata, prussiana. E’
quest’ultima la nemica della Francia e anche della Chiesa e l’Imperatore è il simbolo di tale
Germania.
Le opinioni di Dehon si basano inoltre su esperienze proprie fatte durante il periodo della
terza Repubblica. Espulsione ed esilio erano la conseguenza di una politica che mirava alla
repressione e all’omologazione. In conseguenza a questi conflitti tra chiesa cattolica e stato
francese il rapporto con la sua patria diventa ambivalente, soprattutto con le élite politiche
degenerate. Le ipotesi critiche di Houlihan riguardanti per esempio la tanto osannata «union
sacrée» francese e la sua messa in discussione dell’altrettanto diffusa lettura storiografica
secondo il modello di inclusione/esclusione potrebbero essere ben illustrate attraverso le
osservazioni di Dehon. Per esempio egli sostiene che nelle fonti qui disponibili, che l’«union
sacrée» è ancora molto arretrata e rimane più un programma per il futuro che una realtà già
esistente.
La considerazione della Nazione francese è dunque notevolmente deficitaria. La descrizione
dell’altro, dell’entità nazionale che sta di fronte, non è completamente ostile o
uniformemente negativa. Soprattutto sul piano religioso, per esempio per quel che riguarda
la sfera pubblica, che per Dehon è particolarmente importante, si riscontra una situazione
paradossale, ossia che i tedeschi la occupavano meglio. Dio torna nella vita pubblica nel
periodo dell’occupazione: un’immagine viva di tale evento è per esempio l’istituzione di
cappelle nei lazzaretti a St-Quentin! L’invasore viene creduto più religiosamente capace.
Anche di fronte a questi fatti rimane Dehon fondamentalmente scettico. Davvero è il culto
divino per i soldati tedeschi un atto libero o piuttosto un esercizio imposto? La «libertà
francese» è implicita e riconosciuta, non si può escludere dagli schemi di comprensione di
Dehon.
Sono riconoscibili segnali di un’apologia della patria, quando Dehon cerca di decostruire
l’immagine distorta e ideologizzata che il nemico ha della Nazione francese. I danni immensi
7
Cfr. il breve scritto inerente soprattutto ai caduti francofoni appartenenti alla congregazione Quelques Prêtres du S.-Coeur
de St-Quentin, morts au champ d’honneur (1914-1918), Louvain 1919.
8 Cfr. Wiebke Benrath, Ich, Region, Nation. Maurice Barrès im französischen Identitätsdiskurs seiner Zeit und seine
Rezeption in Deutschland, Tübingen 2003, 269-281.
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ai beni culturali della città occupata non sarebbero il risultato di bombardamenti per opera
dell’aviazione francese, come riportato dai giornali tedeschi. Si trattava piuttosto delle
conseguenze involontarie e indirette di un’azione militare strategica e giustificabile che
mirava alla distruzione degli arsenali del nemico tedesco. La Francia inoltre è un paese pieno
di vita religiosa e potenziale, e non una terra senzadio!
All’analisi delle annotazioni raccolte nei quaderni, si dischiude una complessa e sfaccettata
sovrapposizione di opinioni personali e strutture di pensiero provenienti dall’esterno. Non
c’è alcun dubbio però sul fatto che Dehon abbia una comprensione anche sacrale della
propria nazione. La vittoria francese nella battaglia di Marne, che è scenicamente
ambientata a Montmatre insieme alla devozione per il cuore di Gesù, come anche inscritta
nel numero dei miracoli mariani, ci mostra che la guerra è sì una punizione, ma che a essa
segue anche il tempo della misericordia divina!
3. Quale profilo di Dehon si legge tra le righe?
Associazioni storico-teologiche con allusioni a modelli veterotestamentari non sono straniere
al modo di pensare di Dehon, quando si tratta di ordinare quello che succede alla sua patria.
È ancora più chiaro nelle Notes quotidiennes, altri testi autobiografici inerenti alla stessa
finestra di tempo delle grandi catastrofi del XX secolo. In modo plastico e in stile allusivo
viene rappresentata la Francia come il nuovo Israele. È un’immagine forte, che non si ritrova
in questi toni nei quadernetti della Maison du Sacre-Coeur. Qui incontriamo piuttosto un
Dehon transnazionale, che all’inizio delle annotazioni accompagna giovani studenti olandesi
in un pellegrinaggio attraverso la Francia settentrionale; un Dehon che in fine viene
deportato in Belgio e trova un rifugio temporaneo presso i gesuiti. In seguito il suo cammino
lo condurrà attraverso il Bruxelles, la Svizzera, Lione e Parigi finalmente fino alla a lui tanto
cara Roma, dove incontra l’a lui già noto Benedetto XV, la cui nomina risaliva già a tre anni
prima.
Anche nel caso di queste 64 paginette è chiaro che non si tratta di una annotazione
dettagliata dei fatti. Vogliono essere piuttosto una narrazione “previdente” a disposizione
della Congregazione, che attraversava in quel momento una fase critica alla quale ne
sarebbe seguita una altrettanto impegnativa. I conflitti a carattere nazionalistico si erano
insinuati fino al cuore della Congregazione che cresceva e che nel 1910 contava tre
Provincie. Nonostante le tensioni, l’Istituzione rimane integra in seguito al termine della
guerra.
Il Dehon degli appunti è intuitivo, critico e di tanto in tanto spigoloso. Nel processo di beatificazione in seguito si parlerà di «sel français». Non manca l’ironia dunque nel soppesare le
fonti. Essa diventa graffiante quando vengono costruiti di nessi di causa-effetto come per
esempio tra le domeniche non santificate e le puntuali conseguenze. Dehon stesso si rivela
un uomo pieno di senso dell’umorismo e di voglia di vivere, privo di paura, in contrasto alla
paura che viene a volte iscritta agli altri descritti nei suoi appunti.
La casa del Sacré-Coeur e Dehon risultano quasi fuse in una certa unità. È la «sua» casa –
anche nei testi non mancano i pronomi possessivi. Tale senso di proprietà si capisce meglio,
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se si pensa che in seguito all’espropriazione forzata dei beni della congregazione Dehon nei
dieci anni precedenti allo scoppio della guerra dovette ricomprare di tasca propria la tenuta,
alla quale era collegata la sua opera a St-Quentin. La casa madre fu trasferita a Bruxelles.
Dehon si presenta nel luogo di fondazione della propria Istituzione religiosa come un padre
benevolo, che non teme nemmeno un grande impegno, sia esso necessario nell’offrire
rifugio a chi cercava aiuto, sia riguardi la copertura dei costi del processo per gli abitanti della
sua casa che si trovano sotto accusa. Lui stesso e la sua casa sono «pronti all’accoglienza».
Collegati alle annotazioni, sono un profilo ben delineato del sacerdote, come anche uno
specifico punto di vista riguardo alla donna, sia esso ispirato alle infermiere della Croce
Rossa o alle giovani donne della città, che coltivano contatti troppo ravvicinati con i militari
dei contingenti di occupazione.9 In questo breve testo affluiscono alcuni apprezzamenti e
alcune immagini stereotipiche, come anche osservazioni preziose per ricostruire una storia
del quotidiano durante la guerra. Aspetto non meno importante, il testo stesso costituisce
un pezzo divertente di letteratura, con sorprendenti briosi colpi di scena.
Queste note testimoniano in modo impressionante, come la religione in tempi di guerra
serviva al superamento della situazione contingente, offriva una strategia per padroneggiare
abilmente la vita. Offrono sfaccettature del quotidiano, che raramente possono essere
reperiti negli archivi. La forza vissuta e la profondità della preghiera vengono in luce, come
anche il manifesto valore e significato della letteratura profetica cristiana con l’aprirsi a essa
conseguente delle prospettive sul futuro. Altrettanto imponente è la rete religiosa di
persone che da entrambi le parti del conflitto hanno intessuto relazioni ampie non senza
mettere in pericolo la propria vita.
Traduzione curata da Anna Maria Canteri
9
Vgl. dazu Antoine Rivière, «Décisions spéciales»: les enfants nés des viols allemends abandonnés à l’Assistance publique
pendant la Grande Guerre (1914‐1918), in: Raphaëlle Branche/Fabrice Virgili (Ed.), Viols en temps de guerre, Paris 2011,
189‐206.
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