l`energia nucleare e il fabbisogno di energia elettrica nel prossimo

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l`energia nucleare e il fabbisogno di energia elettrica nel prossimo
GIORGIO VALERIO
L'ENERGIA NUCLEARE E IL FABBISOGNO
DI ENERGIA ELETTRICA
NEL PROSSIMO FUTURO
XXI Corso di cultura per dirigenti d'azienda "Francesco Mauro"
Politecnico di Milano
14 aprile 1956
1
INDICE
1) Introduzione
2) Il fabbisogno di energia elettrica in Italia in un prossimo futuro
3) Reattori di ricerca e reattori di potenza sperimentali
4) Reattori industriali di potenza
5) Costo di produzione dell'energia elettronucleare
6) Impostazione di un programma elettronucleare italiano
7) Conclusioni
2
L'ENERGIA NUCLEARE
E IL FABBISOGNO DI ENERGIA ELETTRICA
NEL PROSSIMO FUTURO
1. Introduzione
Ogni giorno di più l'energia nucleare si va svestendo di quell'aspetto drammatico e
segreto sotto il quale essa è stata tenuta fino a pochi anni or sono.
Utilizzata per la prima volta come strumento di distruzione atto a risolvere le guerre,
l'energia nucleare è stata infatti considerata, in funzione delle situazioni politiche che
hanno accompagnato lo sviluppo delle sue applicazioni, come "segreto" per antonomasia;
in tal modo si sono venute a formare, sia nell'uomo della strada, sia in ambienti
responsabili, talvolta sotto influenze non disinteressate, opinioni fondamentalmente
errate sulla natura, sull'importanza e sul ruolo pacifico dell'energia nucleare nella civiltà
moderna.
Fortunatamente questo stato di cose, grazie anche agli ulteriori progressi della
scienza, sta per essere oggi, almeno sotto molti aspetti, superato: molti di quelli che fino a
ieri erano considerati "segreti di Stato" non sono oggi più tali e vengono quindi messi a
disposizione del mondo intero.
Il problema viene così gradualmente ricondotto alle sue vere dimensioni e l'energia
nucleare è oggi considerata non più soltanto un terrificante mezzo di distruzione o per
contrapposto il "toccasana" miracoloso, da cui tutto ci si deve attendere, ma
realisticamente un nuovo efficace strumento di progresso che, razionalmente impiegato,
potrà portare benefici effetti sull'economia mondiale, come altri nuovi strumenti hanno
fatto in passato.
Questo mutamento di indirizzo ha avuto praticamente inizio solamente due anni fa
ed è tuttora in fase di sviluppo: penso non sia inutile ricordare brevemente le tappe
attraverso le quali si è giunti alla situazione attuale.
***
I numerosi riferimenti che in quanto segue si faranno agli Stati Uniti, alle
realizzazioni ed alla politica di quel Paese sono dovuti alla posizione di preminenza che essi
hanno acquisito in campo nucleare ed alle maggiori conoscenze che si hanno dei risultati
raggiunti in quel Paese.
***
Le prime liberalizzazioni nel campo delle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare
sono state introdotte dall'Atomic Energy Act promulgato negli Stati Uniti nell'agosto del
1954; è ormai entrata nel novero dei luoghi comuni che "l'Atomic Energy Act del 1954
segna l'inizio dell'era atomica pacifica".
Come è noto fino a tale data le iniziative in campo nucleare erano riservate negli
U.S.A. all'United States Atomic Energy Commission (USAEC), organo governativo alle
dirette dipendenze del Presidente degli Stati Uniti; va però messo in rilievo, perché meno
noto, che anche in tale periodo l'USAEC si è sempre largamente valsa della collaborazione
3
dell'industria privata la quale con le sue attrezzature e con i suoi uomini, ha notevolmente
contribuito all'attuazione dei programmi governativi.
L'Atomic Energy Act, pur essendo considerato oggi solo un primo passo verso la
liberalizzazione del settore, sempre più reclamata dall'opinione pubblica, apparve quando
venne promulgato veramente rivoluzionario: pur con le limitazioni in essa contenute, la
legge del Presidente Eisenhower ha reso infatti possibile il diretto intervento, concreto e
massiccio, dell'iniziativa privata nel campo delle applicazioni industriali dell'energia
nucleare.
Una delle prime conseguenze dell'Atomic Energy Act è stata quella di modificare
profondamente la situazione internazionale e di portare, grazie all'adesione di tutti i Paesi
del mondo, a quell'avvenimento di risonanza mondiale che è stata la Conferenza
Internazionale di Ginevra sulle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare: l'importanza di
questa Conferenza, resa possibile dalla convinzione delle maggiori potenze interessate che
non vi fossero più segreti fondamentali in questo campo, consiste oltre che nella
pubblicazione di molti dati riguardanti la progettazione e la costruzione dei reattori
nell'aver posto le premesse degli sviluppi importantissimi ai quali stiamo ora assistendo.
La Conferenza di Ginevra infatti non aveva dato risposta a molti interrogativi anche
della massima importanza, quali ad esempio quelli relativi alla disponibilità di combustibili
nucleari, alla declassificazione di molte altre importanti notizie, alla possibilità di creare un
mercato internazionale dei combustibili nucleari.
E' di pochi giorni fa la dichiarazione di Eisenhower sulla messa a disposizione dei
paesi amici, nel corso dei prossimi anni, di 20.000 kg di 235U: per ben valutare l'importanza
di questa decisione, basterà ricordare che gli accordi bilaterali che gli Stati Uniti
dichiararono di essere disposti a stipulare con i paesi amici per la fornitura di reattori di
ricerca nei primi mesi del 1955 e che vennero a quel tempo considerati notevolmente
liberali, prevedevano la messa a disposizione di ciascuno di questi paesi, un quantitativo di
235
U non superiore a 6 kg.
Un quadro molto significativo della nuova atmosfera in campo nucleare può essere
dato dalla lettura delle conclusioni cui è giunto lo speciale Comitato americano costituito
da cittadini rappresentativi (giornalisti, professori, industriali, sindacalisti) col compito di
studiare lo stato dello sviluppo degli usi pacifici dell'energia nucleare e di fare proposte
concrete per l'avvenire.
Nel rapporto che ha preso il nome del Presidente del Comitato Mc Kinney, e che è
stato recentemente presentato alla Commissione del Congresso per l'energia nucleare,
viene auspicata una maggiore declassificazione e diffusione delle informazioni, viene
sottolineata l'opportunità che gli Stati Uniti mettano a punto un programma efficiente di
assistenza agli altri paesi per le applicazioni industriali dell'energia nucleare e viene
ribadita l'opportunità di una sempre maggiore liberalizzazione di questo settore ed un
sempre maggiore intervento dell'iniziativa privata.
Nel rapporto Mc Kinney si raccomanda inoltre che gli Stati Uniti promuovano una
serie di conferenze fra gruppi di nazioni interessate ad accordi bilaterali per rendere
immediatamente possibile l'attuazione di programmi di costruzione di centrali nucleari nei
paesi amici.
Anche per quanto riguarda uno dei problemi più discussi, la proprietà dei materiali
speciali (plutonio, uranio arricchito nell'isotopo 235U o nell'isotopo 233U), il rapporto Mc
Kinney ritiene superate le disposizioni attuali e raccomanda che la Commissione
interparlamentare per l'energia nucleare proceda rapidamente alla revisione della politica
attuale che attribuisce al Governo federale la proprietà di tutti i materiali speciali nucleari,
tra i quali non è compreso l'uranio naturale, al fine di permettere al più presto la
4
instaurazione del regime della proprietà privata per tali materiali. E la nuova legge tedesca
segue proprio questa linea;
Tutto lascia prevedere che le proposte del Comitato Mc Kinney troveranno
favorevole accoglienza. Il sempre maggior processo di liberalizzazione in atto negli Stati
Uniti ha portato all'intervento dell'iniziativa privata nella produzione di materiali speciali e
nella fabbricazione degli elementi combustibili; l'AEC ha inoltre invitato l'iniziativa privata
ad occuparsi anche della rigenerazione del combustibile irradiato. In campo internazionale
gli Stati Uniti hanno ceduto 130 tonnellate di D2O ai paesi amici e stanno trattando con tali
Paesi la stipulazione di accordi bilaterali relativi ai reattori di potenza.
Tutte queste iniziative ed altre ancora, che attualmente stanno fermentando nel
mondo, hanno notevolmente contribuito a mettere sempre più a fuoco il problema
dell'utilizzazione pacifica dell'energia nucleare sia offrendo la possibilità a persone, enti e
paesi, che ne erano estranei, di entrare nell'agone della ricerca, dello studio e delle
realizzazioni, sia chiarendo i limiti e la portata di tale problema.
Svanite le interpretazioni fantastiche di cui si è detto all'inizio, la fissione del'atomo
si presenta oggi realisticamente all'esercente di impianti elettrici come una nuova fonte di
energia: il suo impiego per l'applicazione che oggi si prospetta come la più interessante, la
produzione di energia elettrica, non rappresenta infatti che l'adozione di un nuovo
combustibile avente caratteristiche particolari.
In parole povere l'utilizzazione dell'energia nucleare per la produzione di energia
elettrica consiste nell'utilizzare il calore che si produce nella fissione dei nuclei o, se si
vuole usare un'espressione ancora più semplice, nel "bruciare" il combustibile nucleare.
Questo rende chiaro che l'impiego dell'energia nucleare non implica praticamente
variazioni all'intelaiatura ed all'ossatura dell'industria elettrica; si tratta solamente di
sostituire il combustibile nelle centrali termiche il che comporta la trasformazione della
camera di combustione della caldaia. La camera di combustione del nuovo combustibile è
il reattore, i tubi della caldaia restano nella loro funzione, pur attraverso modifiche
abbastanza importanti, mentre le turbine, gli alternatori, i trasformatori, le reti di trasporto
e di distribuzione rimangono invariati.
Ci si potrà a questo punto domandare: ma se sostanzialmente tutto si riassume
nella possibilità di utilizzare un nuovo combustibile sui generis per produrre calore e nulla
più, perché oggi tanta attenzione viene rivolta allo studio ed alla realizzazione di impianti
elettronucleari?
Ecco i motivi fondamentali:
1) il fabbisogno di energia nel mondo cresce molto rapidamente; le risorse mondiali note
delle fonti di energia finora utilizzate sono relativamente modeste e si prevede possano
esaurirsi entro un periodo di tempo relativamente breve;
2) in base soltanto a quanto oggi sappiamo, le riserve di materie prime fonti di
combustibili nucleari sono sufficienti per darci la certezza di poter soddisfare la
crescente domanda mondiale di energia per molti secoli;
3) in seguito ai progressi tecnici si è oggi sicuri di poter produrre in un avvenire molto
prossimo con le centrali nucleari, energia elettrica a costi non superiori agli attuali.
E' inutile aggiungere che le singole situazioni energetiche nazionali possono, per i
più diversi motivi, differire notevolmente tra loro e non è da escludersi che in alcuni
paesi la crisi di energia elettrica possa verificarsi molto prima della fine del
secolo: l'Italia sembra essere proprio uno di questi paesi.
5
2 Il fabbisogno di energia elettrica in Italia in un prossimo futuro
Per poter stabilire il ruolo che l'energia nucleare sarà chiamata a giocare in futuro in
Italia, è necessario esaminare, sia pure con la grande approssimazione e con tutte le
incertezze e gli errori propri dei calcoli di previsione a lunga scadenza, il bilancio
energetico complessivo italiano dei prossimi anni.
In quanto segue mi limiterò a considerare più dettagliatamente l'andamento dei
consumi, le disponibilità ed il fabbisogno italiano di energia elettrica fino al 1975, mentre
per quanto si riferisce al fabbisogno ed alle disponibilità di altre fonti energetiche mi rifarò
alle conclusioni cui sono giunti altri che si sono interessati di questo argomento (1)
Dal diagramma dell'andamento delle richieste di energia elettrica in Italia dal 1922
al 1955 (Fig.1) sul quale è stata riportata la retta corrispondente al raddoppio delle
richieste di energia ogni dieci anni (equivalente ad un aumento percentuale medio di circa
il 7%) appare come la domanda di energia elettrica in detto periodo abbia mediamente
avuto, nonostante la crisi e le conseguenze della guerra, un incremento annuo poco
inferiore al 7% (6,5%) e come tale incremento nel periodo 1950 - 1955 sia salito al 9%
circa.
Nel rapporto presentato dalla Delegazione Italiana alla Conferenza di Ginevra, il
fabbisogno italiano di energia elettrica nel 1965 è stato valutato in 64.109 kWh circa e per
il1975 in 96.109 kWh circa.
Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni tale valutazione deve ritenersi un
minimo in quanto i tassi di incremento previsti sono molto inferiori a quelli che si sono
verificati nell'ultimo decennio.
E' convinzione dei responsabili dell'industria elettrica che, sulla base di quanto si è
verificato e continua a verificarsi in altri paesi ben più industrializzati del nostro, la
domanda di energia elettrica in Italia dovrebbe probabilmente, nel periodo 1955 - 1975,
raddoppiare all'incirca ogni dieci anni: ne risulterebbero i valori indicati nella tabella N. 1
sottoriportata (76,3.109 kWh nel 1965, 152,6.109 kWh nel 1975).
(1) Dr. Ing. Vittorio De Biasi: "Le disponibilità italiane di energia nucleare a scopi produttivi" Conferenza tenuta a Milano presso l'Associazione Industriale Lombarda il 25-10-1955.
Prof. Francesco Giordani: "La demande italienne d'énergie en 1975 et 2000" - Relazione
presentata alla Conferenza Internazionale sugli usi pacifici dell'energia nucleare, Ginevra, agosto
1955.
Tabella N.1
PREVISIONI SUL FABBISOGNO DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA
Previsioni in base all'ipotesi
minima
(109 kWh)
A
Previsioni in base all'ipotesi
del raddoppio della domanda
Ogni 10 anni
(109 kWh)
B
35,6
50,9
64,0
79,1
96,1
35,6
54,0
76,3
108,0
152,6
Anno
1954
1960
1965
1970
1975
6
fig.1
7
Il diagramma di cui alla fig.2, indica, a partire dal 1922, la suddivisione percentuale
dell'energia elettrica prodotta in Italia, in relazione alla sua origine, idraulica, termica e
geotermica. Da questo diagramma è facile riscontrare come la percentuale di energia
termoelettrica, la cui produzione fino a dopo la guerra è stata funzione del diverso
andamento idrologico dei singoli anni, abbia iniziato in questi ultimi anni ad aumentare
sistematicamente modificando gradualmente il suo compito di integrazione stagionale.
Questo fatto trova la sua logica giustificazione nella rapida utilizzazione delle risorse
idroelettriche e geotermiche italiane ancora disponibili. Infatti la producibilità complessiva
degli impianti idroelettrici e geotermici economicamente realizzabili in Italia è stata da più
fonti valutata intorno ai 50.109 kWh; la producibilità degli impianti di questo tipo in
esercizio alla fine del 1955 era di circa 30.109 kWh e l'attuale incremento annuo di energia
elettrica è di 2,5÷3 miliardi di kWh all'anno, per cui risulta evidente che entro pochi anni
tutte le risorse idroelettriche e geotermiche economicamente utilizzabili, saranno utilizzate.
E' quindi logico che gli impianti termici vengano ad acquistare una importanza
sempre maggiore nell'economia elettrica nazionale, tenuto conto che gli impianti
idroelettrici ancora da realizzare risultano sempre più costosi mentre il progresso della
tecnica ha portato a continue riduzioni di costo per la produzione termoelettrica. In ogni
caso esaurite le risorse idrogeotermoelettriche disponibili si potrà far fronte all'aumento
della domanda solamente con impianti termici.
Facendo l'ipotesi, che riteniamo molto vicina al vero, che nel 1965 tutti i 30 miliardi
di kWh di origine idraulica e geotermica siano utilizzati, dovrebbero essere prodotti in
impianti termici le quantità di energia esposte nella tabella N.2 (nell'ipotesi del raddoppio
26,3.109 kWh nel 1965, 102,6.109 kWh nel 1975); in tale tabella sono pure riportate le
corrispondenti quantità necessarie di combustibili tradizionali (nafta, carbone, e gas
naturale), espresse in 103 tonnellate di carbone equivalente, ricavate utilizzando i
coefficienti indicati nella relazione presentata a Ginevra dalla Delegazione Italiana, che
ritengo un po' elevati ma non in misura tale da alternarne apprezzabilmente le conclusioni.
8
fig.2
9
10
Tabella N.2
FABBISOGNO DI COMBUSTIBILI TRADIZIONALI PER SODDISFARE
LA DOMANDA DI ENERGIA ELETTRICA
Anno
1960
1965
1970
1975
Energia
idroelettrica
e
geotermoelettrica
disponibile
Energia
termoelettrica
necessaria
nell'ipotesi
minima
Energia
termoelettrica
necessaria
nell'ipotesi del
raddoppio
(109 kWh)
E = B-C
Fabbisogno
di combustibile
per produzione
di energia
elettrica
nell'ipotesi
minima
(103 t eq.)
F
Fabbisogno
di combustibile per
produzione
di energia
elettrica
nell'ipotesi del
raddoppio
(103 t eq.)
G
(109 kWh)
C
(109 kWh)
D = A+C
41
50
50
50
9,9
14,0
29,1
46,1
13,0
26,3
58,0
102,6
4.500
6.300
13.100
18.400
5.850
11.700
26.100
40.800
E' d'altra parte noto che le riserve italiane di combustibili solidi sono molto modeste, quelle
di gas naturale fino ad oggi accertate, non molto rilevanti, mentre delle risorse italiane di
combustibili liquidi, allo stato attuale delle conoscenze, poco o nulla si può dire. D'altronde
anche le possibilità di importazione offerte dal mercato internazionale dei combustibili
tradizionali sono tutt'altro che illimitate;
Non voglio addentrarmi nell'esame di questo pur così importante problema, in
quanto richiederebbe un tempo eccessivo, e mi rifaccio semplicemente alle conclusioni alle
quali si è giunti nel rapporto presentato dalla Delegazione Italiana alla Conferenza di
Ginevra.
La tabella N.3 riassume sinteticamente tali conclusioni: nella prima colonna sono
indicate le richieste presumibili italiane di energia per tutti gli impieghi escluso quello della
produzione di energia elettrica, nella seconda colonna le presumibili disponibilità italiane di
combustibili tradizionali, tenuto conto della produzione nazionale e delle possibilità di
importazione; nella terza colonna sono indicate le quantità di questi combustibili che
potrebbero essere impiegate per la produzione di energia elettrica, nell'ipotesi di dover
soddisfare la domanda di energia per scopi diversi da quello di produzione di energia
elettrica, esclusivamente con combustibili tradizionali; nella quarta e quinta colonna sono
invece riportate le quantità di combustibile tradizionale di cui si dovrebbe disporre,
rispettivamente secondo le previsioni del rapporto sopra citato e secondo l'ipotesi del
raddoppio della domanda di energia elettrica ogni dieci anni, per soddisfare tale domanda
senza ricorrere all'impiego di nuove fonti di energia (rispettivamente 6,3 e 11,7 milioni di
tonnellate di carbone equivalente nel 1965, 18,4 e 40,8 milioni di tonnellate nel 1975).
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Tabella N.3
BILANCIO ENERGETICO ITALIANO
Fabbisogno
di combustibili
per usi termici
Disponibilità
di combustibili
tradizionali
Disponibilità
per la
produzione
di energia
termoelettrica
(103 t eq.)
H
(103 t eq.)
I
30.300
34.500
39.200
44.000
34.900
39.375
47.500
56.250
Anno
1960
1965
1970
1975
(103 t eq.)
L=I-H
Combustibile
necessario
per coprire
la domanda di
energia elettrica
nell'ipotesi
minima
(103 t eq.)
F
Combustibile
necessario
per coprire
la domanda di
energia elettrica
nell'ipotesi
del raddoppio
(103 t eq.)
G
4.600
4.875
8.300
12.250
4.250
6.300
13.100
18.400
5.850
11.700
26.100
40.800
La tabella N.4 indica i deficit di combustibili tradizionali che risultano dalla tabella N.
3 e le corrispondenti quantità di energia elettrica che dovrebbero pertanto essere prodotte
ricorrendo ad una nuova fonte di energia, vale a dire all'energia nucleare.
Tabella N.4
ENERGIA E POTENZA ELETTRONUCLEARE NECESSARIE PER COPRIRE
IL FABBISOGNO ENERGETICO ITALIANO
Anno
1960
1965
1970
1975
Deficit di combustibile
tradizionale
Nell'ipotesi
Nell'ipotesi
minima
del raddoppio
(103 t eq.)
(103 t eq.)
M=F-L
N= G-L
-1.400
4.800
6.150
1.250
6.800
17.800
28.500
Energia elettronucleare
necessaria
Nell'ipotesi
Nell'ipotesi
minima
del raddoppio
(109 kWh)
(109 kWh)
O
P
-3,1
10,6
15,4
2,8
15,1
39,6
70,5
Potenza elettronucleare
necessaria
Nell'ipotesi
Nell'ipotesi
minima
del raddoppio
(106 kWh)
(106 kW)
Q
R
-0,6
2,1
3,1
0,6
3,0
7,9
14,1
Nella tabella N. 4 sono anche riportate le potenze degli impianti elettronucleari che
dovrebbero essere installati per far fronte alla domanda di energia elettrica, nell'ipotesi
che tali impianti possano lavorare con 5.000 ore di utilizzazione annue.
E' inutile ripetere che un calcolo di previsione a così lunga scadenza è relativamente
attendibile in quanto funzione di nuovi fattori difficilmente definibili: rimane tuttavia il fatto
che gli ordini di grandezza delle cifre sopra riportate sono tali da far veramente meditare.
l'Italia dovrebbe già nel 1965 disporre di circa 3.106 kW nucleari e nel 1975 di
10÷15.106 kW, vale a dire di potenze dell'ordine di quelle previste dal Libro bianco
inglese. L'impostazione e la realizzazione di tale un programma comporta la soluzione di
problemi tecnici e finanziari veramente impegnativi. Vi è inoltre un problema di tempo
12
poiché per costruire qualsiasi impianto di produzione di energia elettrica della potenza
richiesta dalle nostre reti sono necessari circa quattro anni.
3. Reattori di ricerca e reattori di potenza sperimentali
Si è già accennato che in un impianto elettronucleare la funzione del reattore
nucleare consiste nella produzione di energia termica che si libera nella fissione dei nuclei
delle sostanze fissili.
Mi sia permesso a questo punto di richiamare, per ragioni di chiarezza, la
definizione di alcuni termini che ricorreranno frequentemente in seguito.
Per materiale fissile si intende qualsiasi materiale naturale o prodotto artificialmente
i cui nuclei, mediante assorbimento di un neutrone possono dar luogo a fissione, della
quale dirò più avanti, con conseguente sviluppo di energia: sostanze fissili sono ad
esempio l' 235U, l' 233U, il 239Pu.
Per materiale fertile si intende invece un materiale che può, per assorbimento di un
neutrone, trasformarsi, mediante reazioni nucleari spontanee, in una sostanza fissile di
qualità tale da rendere possibile, in determinate condizioni, l'autosostenimento della
reazione a catena: tali sono ad esempio l' 238U e il 232Th.
Per combustibile nucleare si intende infine qualsiasi materiale che contenga nuclei
fissili di qualità tali e in proporzioni tali da rendere possibile, in determinate condizioni,
l'innescamento e l'autosostenimento della reazione a catena, di cui pure dirò più avanti;
combustibili nucleari sono ad esempio l'uranio naturale (che contiene lo 0,7% di 235U),
l'uranio arricchito artificialmente nell'isotopo 235U o nell'isotopo 233U e il 239Pu; il plutonio e
l'uranio arricchito nell'isotopo 235U o nell'isotopo 233U, sono considerati negli Stati Uniti
"materiale speciale": essi soli sono negli USA di proprietà statale, ai fini del controllo.
Non mi posso ora addentrare nell'illustrazione dell'aspetto tecnico del problema
nucleare, sia perché questo aspetto verrà ampiamente trattato d altri relatori, sia perché
l'argomento mi porterebbe lontano. Ritengo tuttavia possa essere utile esporre
sommariamente i concetti che sono alla base dell'utilizzazione dell'energia nucleare a scopi
pacifici.
E' noto che "bombardando" con particelle aventi particolari caratteristiche il nucleo
degli atomi di alcuni elementi, quest'ultimo possa disintegrarsi, cioè spezzarsi in due o più
frammenti. Il caso più importante di disintegrazione nucleare è rappresentato dalla
fissione: "bombardando" con neutroni i nuclei di elementi "fissili" una parte di questi nuclei
può "fissionarsi", ossia scindersi in due frammenti generalmente non uguali emettendo nel
contempo in media due o tre neutroni (secondo il tipo di nucleo) e radiazioni beta e
gamma, e liberando, a spese di una diminuzione di massa, una notevole quantità di
energia. Nel caso puramente teorico che tutti i nuclei contenuti in un kg di 235U si
fissionassero, si avrebbe una produzione di 23.106 kWh termici.
L'utilizzazione dell'energia nucleare quale si manifesta nei processi di fissione è
possibile soltanto se il processo una volta innescato riesce a mantenersi da solo, il che
comporta l'ottenimento di una reazione a catena autosostenentesi. Affinché ciò si realizzi è
necessario che per ogni neutrone che viene "consumato" per la fissione del nucleo,
almeno uno dei neutroni emessi all'atto della fissione sia in grado di fissionare un nuovo
nucleo, i rimanenti neutroni emessi essendo assorbiti da materiali fertili e da sostanze
estranee alla reazione (ad esempio i materiali strutturali) o comunque essendo perduti.
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Gli apparati nei quali sono predisposte le condizioni necessarie per rendere la
reazione a catena autosostenentesi sono appunto i reattori nucleari; i reattori
comprendono un nucleo centrale o "core" nel quale si produce il calore e ad un sistema
per portare all'esterno del reattore tale calore ai fini della sua utilizzazione a scopi
industriali.
All'atto dell'emissione i neutroni sono dotati di velocità molto elevate, mentre i
neutroni più efficaci per provocare la fissione dei nuclei sono quelli dotati di velocità molto
inferiori (velocità termiche).
Ne deriva che in questi reattori nei quali la maggior parte delle fissioni è provocata
da neutroni "termici" o comunque aventi velocità notevolmente inferiori a quelle di
emissione è necessaria la presenza di una sostanza, il moderatore, atta a rallentare i
neutroni senza peraltro assorbirne una quantità elevata.
Alla soluzione dei principali problemi tecnici connessi con il funzionamento dei
reattori si è giunti attraverso la progettazione, la costruzione e l'esercizio di numerosi
reattori realizzati, soprattutto negli Stati Uniti, dal 1942 al 1954 a scopi puramente
sperimentali e di ricerca.
L'esperienza raccolta con questi reattori ha permesso di passare in questi ultimi
tempi all'impostazione di "reattori di potenza", vale a dire reattori il cui scopo principale
consiste nella produzione di quantitativi industrialmente apprezzabili di energia.
In quanto segue richiamerò brevemente le principali iniziative che sono state
intraprese nel mondo, sia a scopo sperimentale, sia successivamente su un piano
industriale, riferentesi alla produzione di energia elettronucleare.
E' noto che i reattori nucleari in genere, e quelli di potenza in particolare, possono
differire costruttivamente tra di loro in funzione della energia dei neutroni che causano la
fissione (reattori veloci, epitermici o termici) del tipo di materiale fissile usato (ad esempio
reattori ad uranio naturale, ad uranio arricchito in 235U, a 239Pu o ad 233U), della forma di
impiego del combustibile (reattori eterogenei, nei quali il combustibile è usato sotto forma
di elementi distinti disposti nel moderatore secondo un certo reticolo, e reattori omogenei
nei quali il combustibile è intimamente mescolato al moderatore sotto forma di soluzione o
sospensione), del tipo del moderatore, riflettore e refrigerante usato (reattori moderati e
riflessi ad acqua naturale, ad acqua pesante, a grafite o a berillio, reattori raffreddati con
acqua naturale, acqua pesante, gas o metalli fusi).
I reattori si distinguono infine in reattori convertitori e in reattori autofertilizzanti (o
"breeder") a seconda che la quantità di materiale fertile trasformata in fissile è inferiore o
superiore alla quantità di materiale fissile "bruciato" nel reattore.
Ne deriva che i tipi di reattore che si possono in teoria costruire sono molto
numerosi: una buona parte di questi tipi non resiste però ad un primo esame critico e non
offre quindi possibilità concrete di realizzazione pratica conveniente.
Ciononostante i tipi di reattore che presentano caratteristiche molto interessanti
sono numerosi: di questi reattori tuttavia non è possibile dire, se non passando attraverso
l'esperienza, quali di essi, in determinate condizioni o per determinati impieghi, possa
riuscire il più conveniente.
Ho voluto premettere queste considerazioni affinché risulti più chiaro il motivo per
cui attualmente si stanno seguendo nel mondo, nel campo della produzione di energia
elettrica da energia nucleare, strade notevolmente diverse, con l'impiego di reattori aventi
caratteristiche differenti e il motivo per il quale, essendo tuttora l'esperienza di esercizio in
questo campo molto limitata, non sia ancora stato definito il tipo o più probabilmente i tipi
di reattore che meglio potranno rispondere, da un punto di vista economico, allo scopo.
14
Le caratteristiche principali dei reattori di potenza del cosiddetto "Piano
quinquennale" dell'United States Atomic Energy Commission sono riassunte nell'allegato
(a): si tratta come è noto di reattori aventi più che altro carattere sperimentale che
dovrebbero servire a raccogliere dati ed esperienza sia su questioni tecniche sia sui costi di
costruzione ed esercizio; senza soffermarmi a commentare le caratteristiche di questi
impianti la cui realizzazione fu decisa nel 1954, dirò che i cinque reattori, attualmente in
fase di avanzata costruzione, hanno già in parte assolto i compiti loro richiesti in quanto la
loro progettazione e le prime sperimentazioni parziali hanno fornito utili elementi per
l'impostazione dei reattori che si stanno già costruendo negli Stati Uniti su basi industriali.
L'USAEC in questi ultimi mesi ha deciso di aggiungere all'elenco altri tre tipi di
reattore aventi carattere sperimentale( reattore a combustibile metallico liquido, reattore a
moderatore organico e reattore raffreddato a gas).
Prima di esaminare le caratteristiche di questi nuovi reattori, per altro non tutte
ancora ben conosciute, vorrei mettere in rilievo come negli stati Uniti l'Atomic Energy
Commission, pur avendo messo a disposizione dell'industria la maggior parte dei risultati
da essa ottenuti, continui a svolgere un lavoro di avanguardia nel campo della ricerca
applicata, al fine di trovare le soluzioni più promettenti: quando gli sperimenti lasceranno
intravedere favorevoli possibilità di realizzazioni pratiche, i risultati, come già avvenuto dal
1954 ad oggi, verranno messi a disposizione della Nazione per permettere la loro
applicazione in realizzazioni di carattere industriale. Questa politica degli Stati Uniti
consente anche all'industria americana di mettersi nelle migliori condizioni per sostenere e
battere la concorrenza straniera.
La costruzione del reattore a combustibile metallico liquido è stata decisa
dall'USAEC nel novembre del 1955.
Si tratta di un reattore autofertilizzante termico eterogeneo moderato a grafite nel
quale il combustibile (233U ed inizialmente 235U) è sciolto in bismuto fuso. Vi è inoltre un
mantello per la fertilizzazione contenente una sospensione di ossido di torio in bismuto
fuso. Il combustibile e il materiale fertile vengono fatti circolare e rigenerati parzialmente
con continuità come nei reattori omogenei e cedono il loro calore in due scambiatori a una
lega di metalli fusi la quale a sua volta in altri scambiatori produce vapore a temperature e
pressioni elevate.
Il reattore a combustibile liquido unisce quindi ai vantaggi dei reattori omogenei la
possibilità di funzionamento con elevati rendimenti termici. l'LMFR avrà in questa fase
sperimentale una potenza termica compresa fra 6 e 10 MW: se i problemi tecnologici che
la realizzazione di questo reattore presenta potranno essere risolti favorevolmente, ci si
ripromette di ottenere, da impianti dello stesso tipo, impostati su piano industriale,
prestazioni molto brillanti.
Il reattore OMRE (Organic Moderated Reactor Experiment), la cui costruzione è
stata decisa dall'AEC nel dicembre del 1955, avrebbe secondo le dichiarazioni dell'AEC lo
scopo principale di dimostrare la possibilità pratica di impiegare moderatori organici.
Le principali caratteristiche richieste ai moderatori organici sono quelle di avere un
elevato punto di ebollizione, ciò che permette di raggiungere alte temperature senza che si
renda necessario l'impiego di elevate pressioni e di avere inoltre una buona resistenza alle
radiazioni.
Esistono alcuni idrocarburi, come il difenile e il trifenile, che posseggono queste
caratteristiche e che presentano inoltre buone qualità moderatrici.
L'OMRE, che verrà costruito dalla North American Aviation, avrà una potenza
termica da 5 a 15 MW ed impiegherà appunto come moderatore e mezzo refrigerante il
difenile.
15
L'ultimo tipo di reattore studiato dall'AEC è quello raffreddato a gas: di questo
reattore non sono ben note le caratteristiche. Si sa soltanto che diversi tipi di reattore, tra
i quali l'LMFR, potrebbero impiegare come mezzo refrigerante gas aventi opportune
caratteristiche, e che a tali reattori potrebbe essere accoppiata una turbina a gas a ciclo
chiuso.
Secondo le dichiarazioni di uno dei direttori dell'AEC, sembra che con l'impiego del
reattore raffreddato a gas, possono essere ottenuti valori particolarmente elevati del
rendimento del ciclo, e che i costi di impianto possano risultare inferiori a quelli degli altri
tipi di impianti nucleari di pari potenza. La temperatura necessaria per un buon
funzionamento dell'impianto dovrebbe essere dell'ordine di 1.200÷1.400°F (650÷760°C):
la tecnologia necessaria per raggiungere queste temperature non è stata però ancora
sviluppata.
4. Reattori industriali di potenza
Come già ho avuto modo di dire i reattore dell'USAEC hanno carattere
sperimentale; tuttavia le favorevoli possibilità che i primi cinque tipi di reattore già
presentavano hanno indotto l'Atomic Energy Commission a proporre nel 1955 all'industria
americana un programma per la costruzione su scala industriale di impianti nucleari per la
produzione di energia elettrica: questo programma, il “Power Demonstration Reactor
Program”, prevede la possibilità di concedere facilitazioni alle imprese aderenti, qualora ciò
venga ritenuto necessario dalle imprese stesse.
Sotto l'egida del “Power Demonstration Reactor Program” è stata iniziata nel corso
del 1955 la progettazione e la costruzione di quattro impianti nucleari per la potenza
elettrica complessiva di circa 490 MW elettrici: una di queste iniziative non prevede la
concessione di aiuti da parte dell'USAEC, per altre due iniziative se vi saranno richieste di
facilitazioni, queste saranno molto limitate, mentre per la quarta, l'unica che fa capo ad
enti pubblici, è già stabilita la concessione di un concreto aiuto finanziario.
Inoltre, sempre negli Stati Uniti, al di fuori di ogni programma dell'AEC sono state
impostate dall'industria privata, tre altre centrali elettronucleari per una potenza
complessiva di circa 585 MW elettrici.
Nell'allegato (b) sono riportate le principali caratteristiche di questi sette impianti:
aggiungerò che il loro costo complessivo è preventivato in circa 300 milioni di dollari
corrispondenti a circa 275 $/kW:
E' questo un dato molto interessante, soprattutto se si tiene presente che si tratta
di impianti prototipi.
Per ragioni di brevità devo prescindere dalle iniziative di carattere più modesto che
pure sono state intraprese negli Stati Uniti.
Vorrei invece sottolineare come tutti e cinque i tipi di reattori previsti dal piano
quinquennale dell'USAEC sono contemplati anche in queste concrete iniziative di carattere
industriale; questo fatto conferma ancora una volta che, anche se non è stato ancora
definito il reattore più conveniente, pur tuttavia tutti i tipi presentano favorevoli possibilità
di applicazione industriale.
La situazione inglese è fondamentalmente diversa: infatti, contrariamente a quanto
fatto negli Stati Uniti, che stanno appunto seguendo una varietà di indirizzi, direi quasi una
politica di diversificazione, anche se qualcuno di questi indirizzi richiede l'impiego di
tecnologie inusitate, la Gran Bretagna ha voluto impostare il suo pur notevole programma
di sviluppo nucleare su un unico tipo di reattore: quello a uranio naturale moderato a
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grafite e raffreddato ad anidride carbonica, reattore che prevede l'impiego di tecnologie
sulle quali gli inglesi hanno già una notevole esperienza.
Il tipo è stato scelto probabilmente per le seguenti ragioni. In primo luogo
l'Inghilterra non dispone di quantitativi importanti di uranio arricchito, quali sarebbero
necessari per altri tipi di reattore, mentre dispone di uranio naturale in quantitativi
notevoli; perciò ha preferito un reattore ad uranio naturale. In secondo luogo il reattore
prescelto è plutonigeno ed il plutonio può essere usato oltre che per arricchire l'uranio
naturale per i futuri reattori, anche per altri fini
Infine è da tener presente la situazione notevolmente diversa nella quale si son
venuti a trovare Gran Bretagna e Stati Uniti, per quanto si riferisce alle disponibilità
energetiche tradizionali; è noto che la Gran Bretagna, pur possedendo notevoli riserve di
combustibili solidi, si trova oggi, per motivi diversi in gravi difficoltà a soddisfare la
domanda interna di energia; in Gran Bretagna pertanto la produzione sollecita di energia
elettronucleare è considerata come un mezzo della massima importanza per sanare
nell'immediato futuro il deficit del bilancio energetico; è probabilmente anche per questo
motivo che il programma nucleare inglese è per ora impostato su un solo tipo di reattore
che, anche se non dovesse rivelarsi in futuro il migliore in linea assoluta, è considerato
oggi tale da poter dare il massimo affidamento di prestazioni abbastanza soddisfacenti
senza troppi rischi.
Non starò a dilungarmi ad illustrare il piano nucleare inglese, cui è già stata data
notevole pubblicità; ricorderò semplicemente come gli inglesi contino di installare in
centrali nucleari da 1,6 a 2.106 kW elettrici entro il 1965 e da 15 a 20.106 kW entro il
1975.
Anche l'Unione Sovietica, della quale è d'altra parte noto l'alto livello raggiunto nel
settore della ricerca e delle realizzazioni pratiche in campo nucleare, ha dato nel suo
ultimo piano quinquennale, relativo al periodo 1956 – 1960, grande rilievo alle applicazioni
pacifiche dell'energia nucleare.
In particolare, tra le molte iniziative che dovrebbero essere intraprese nel
quinquennio considerato, è previsto che entro il 1960 venga iniziata la costruzione di
centrali elettronucleari per una potenza complessiva da 2 a 2,5.106 kW elettrici.
Non si conoscono esattamente i tipi di reattore che verranno installati in tali
centrali: è però sintomatica la dichiarazione del febbraio scorso di Igor V. Kurchatov,
membro dell'Accademia Sovietica delle Scienze, secondo la quale i reattori di cui al piano
quinquennale, avrebbero una potenza elettrica da 40 a 200 MW elettrici ciascuno e
sarebbero di circa 10 tipi diversi, comprendenti reattori termici, veloci ed epitermici,
moderati a grafite o a berillio o ad acqua naturale o pesante e raffreddati con gas o con
metalli fusi.
In base a questa dichiarazione si può ritenere che le linee generali di impostazione
del piano sovietico siano molto simili a quelle del piano industriale statunitense.
Non ricorderò le iniziative che altri paesi hanno già intrapreso nel campo della
produzione di energia elettronucleare, sia perché l'importanza di tali iniziative è
notevolmente inferiore a quelle che ho citato, sia perché penso che questa breve e
sommaria rassegna dei programmi americani, inglesi e russi possa essere più che
sufficiente per dimostrare che l'energia nucleare è ormai da tempo uscita dai laboratori di
ricerca per mettersi definitivamente sulla strada delle realizzazioni industriali.
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5. Costo di produzione dell'energia nucleare
E' stato già ricordato come l'aspetto economico del problema elettronucleare non
sia stato ancora definitivamente risolto: si può tuttavia affermare che, laddove il
combustibile tradizionale è più a buon mercato, il costo di produzione dell'energia elettrica
da energia nucleare negli impianti impostati con criteri industriali, pur essendo in rapida
riduzione, è oggi ancora superiore all'analogo costo ottenibile nelle moderne centrali
termoelettriche di uguale potenza; naturalmente molti elementi possono influire sull'entità
dello scarto tra i due costi, quali ad esempio il costo del denaro e la lontananza dei centri
di produzione dei combustibili tradizionali.
Prima di esaminare in dettaglio la questione, ho ritenuto opportuno, per meglio
inquadrare il problema, riportare nell'allegato (c) alcuni costi di produzione dell'energia
elettrica da energia nucleare che sono stati esposti alla Conferenza di Ginevra.
In tale allegato sono indicate le caratteristiche costruttive principali, i costi
d'impianto, i costi totali e parziali di produzione e, in modo sintetico, i criteri di base ai
quali una parte di questi costi è stata determinata.
Va premesso in primo luogo che tali costi non si riferiscono a centrali già in esercizio
ma rappresentano dati teorici relativi ad alcuni impianti in costruzione o in progetto negli
Stati Uniti e in Gran Bretagna.
I criteri di valutazione non sono inoltre uniformi nei diversi casi: in particolare una
notevole differenza si ha nella valutazione dell'onere complessivo del capitale (costo del
denaro, spese e tasse relative e quote di ammortamento). E' evidente che i costi esposti
valgono solamente per le particolari situazioni considerate: si è voluto tuttavia aggiungere
nell'ultima colonna della tabella, semplicemente a titolo orientativo, il costo di produzione
dell'energia elettronucleare che risulterebbe se per tutti gli impianti si assumesse lo stesso
onere complessivo del capitale del 16%.
Va sottolineato che i costi riportati nell'allegato (c) non sono assolutamente validi
per la situazione italiana; basti soltanto considerare gli oneri del capitale; è noto che in
Italia il denaro a lungo termine più conveniente per l'industria elettrica, disponibile per
altro in scarsissima misura, non costa meno dell'8%, contro il 3 ÷ 4% della Gran Bretagna
e degli Stati Uniti.
Iniziando ora l'esame dei dati dell'allegato (c) è interessante osservare in primo
luogo come i costi di produzione dell'energia elettrica aumentino rapidamente, per lo
stesso tipo di reattore, con il diminuire della potenza.
Un discorso a sé meriterebbe invece l'analisi e la discussione della quota del costo
di produzione dell'energia elettrica relativa al combustibile: per ben comprendere come
questi costi vengono valutati è necessario avere presente il funzionamento dei diversi tipi
di reattore ed i problemi relativi alla fabbricazione ed alla rigenerazione degli elementi
combustibili.
Come è noto, affinché un reattore possa funzionare, è necessario innanzi tutto che
in esso sia presente una quantità di combustibile nucleare (carica iniziale) sufficiente per
rendere possibile la reazione a catena. La carica iniziale è un dato tipico di ciascun
reattore; essa dipende solo dalle caratteristiche tecniche del reattore e non dalle previste
ore di utilizzazione. In ciò le centrali elettronucleari differiscono sostanzialmente dalle
centrali termiche tradizionali. In queste ultime l'approvvigionamento dei combustibili può
essere messo in stretta relazione coll'andamento della loro produzione mentre nelle prime
occorre ammassare in partenza una ben determinata quantità di combustibile nucleare
perché la combustione possa iniziarsi e mantenersi.
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Gli immobilizzi dovuti alla carica iniziale possono essere rilevanti e sono costituiti dal
costo del combustibile nucleare presente nel reattore e dall'eventuale costo di
fabbricazione degli elementi combustibili: gli oneri relativi a tali immobilizzi, chiamati dagli
americani “inventory”, costituiscono una prima voce della quota del costo di produzione
dell'energia relativa al combustibile nucleare.
Una seconda voce di costo è data dal valore del combustibile effettivamente
consumato per la produzione di energia.
D'altra parte è noto che non è possibile bruciare nel reattore senza interruzione
tutto il combustibile dalla carica sino alla sua consumazione totale; la fissione dei nuclei
produce infatti dei “veleni” (vale a dire sostanze aventi una forte capacità di assorbimento
dei neutroni) che ad un certo momento determinano l'arresto della reazione a catena.
Per evitare questo fenomeno, è stato introdotto il concetto di “irradiation time” che
esprime la quantità di energia che può essere prodotta dall'unità di peso di combustibile
nucleare (materiale fissile più fertile) prima che si arresti la reazione a catena rendendo
quindi necessaria la rigenerazione degli elementi combustibili; per dare un ordine di
grandezza ricorderò che allo stato attuale della tecnica l' “irradiation time” vari in funzione
delle caratteristiche dei reattori e del combustibile usato da 3.000 a 10.000 MW termici
giorno/tonnellata il che significa che si possono ottenere da 72.000.000 a 240.000.000 di
kWh termici per tonnellata di combustibile nucleare.
Un notevole sforzo è attualmente effettuato dall'industria la fine di ottenere valori
sempre più elevati di “irradiation time”, in quanto è evidente che ad un aumento di tale
grandezza corrisponde una diminuzione sensibile del costo di produzione dell'energia
elettrica.
Gli elementi combustibili avvelenati devono essere estratti dal reattore, per quanto
essi contengano ancora una notevole quantità di materiale fissile, e sottoposti alla
rigenerazione (reprocessing) vale dire a processi chimici per la separazione dei “veleni” in
essi formatisi.
Nella valutazione del costo totale relativo al combustibile nucleare si deve quindi
anche tener conto del costo di rigenerazione e dell'eventuale costo di rifabbricazione degli
elementi (terza voce di costo).
E' noto infine che, durante il funzionamento di un reattore, si viene a formare,
attraverso reazioni nucleari, materiale fissile (239Pu da 238U, 241Pu da 240Pu, 233U da 232Th):
questo materiale fissile prodotto, in parte viene consumato nel reattore stesso, in parte
viene separato durante il processo di rigenerazione.
E' evidente che il valore del materiale fissile prodotto e separato, che come tale può
essere impiegato per la produzione di energia e per altri scopi, deve essere dedotto dal
costo totale relativo al combustibile.
Riassumendo, questo costo totale è la somma algebrica di quattro termini, l'onere
relativo all'inventory, il costo del combustibile effettivamente consumato, il costo di
rigenerazione e di rifabbricazione degli elementi combustibili e infine il valore del materiale
fissile prodotto nel reattore
Quest'ultima voce, che ovviamente è di segno contrario alle altre, può assumere
una notevole importanza nei reattori autofertilizzanti (“breeder”) nei quali la quantità di
materiale fissile prodotto è superiore alla quantità di materiale fissile consumato. Va
osservato infine che il materiale fissile prodotto può assumere un valore extra economico,
quando esso sia richiesto per esigenze di carattere militare (plutonio).
Volendo esaminare ora da un punto di vista quantitativo i dati dell' allegato (c), è
necessario ricordare che i costi in esso riportati sono costi presunti in quanto i reattori ai
quali si riferiscono, come già è stato detto, non sono ancora in esercizio ma si trovano
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solamente in fase di progetto o di costruzione. Inoltre in alcuni casi nella determinazione
dei costi di impianto si è supposto che taluni problemi di carattere tecnologico non ancora
del tutto risolti fossero già superati.
Queste considerazioni non devono però indurre, per diversi motivi, a ritenere privi
di molto del loro significato i costi riportati nell'allegato (c).
In primo luogo la tecnica degli impianti nucleari è, come tutte le tecniche giovani,
tuttora in fase di evoluzione e se progressi sostanziali sono già stati raggiunti in questi
ultimi anni, è lecito ritenere che progressi ancora più sostanziali si potranno raggiungere in
futuro.
In secondo luogo tali costi si riferiscono ad impianti “prototipi” e comprendono forti
importi relativi ai necessari esperimenti. E' evidente che costruito il prototipo, la
produzione su base industriale si avrà a costi sensibilmente ridotti da una parte e, in base
all'esperienza di esercizio, con rendimenti ben superiori dall'altra.
Vorrei anche aggiungere che i costi esposti a Ginevra hanno già un anno di età e
nel campo nucleare, in cui tutto si svolge a velocità vertiginosa, ciò non è poco; ad
esempio in questi ultimi mesi sono già state fatte offerte su base commerciale di impianti
di potenza dell'ordine di 100 MW elettrici con costi di impianto di circa 250 $/kW.
Ritengo quindi di poter affermare con sicurezza che lo scarto oggi esistente tra il
costo dell'energia elettronucleare e costo dell'energia termoelettrica è destinato a
diminuire rapidamente per arrivare a cambiare di segno in un futuro prossimo: questo
futuro sarà più o meno vicino nei diversi paesi del mondo, a seconda del ruolo che giocano
in essi i fattori economici, tecnici e finanziari che intervengono nella determinazione dei
costi di produzione dell'energia.
Questa fiducia nell'avvenire dell'energia nucleare è condivisa d'altra parte dalla
grande maggioranza degli esperti: mi limiterò a ricordare le dichiarazioni di Willard F.
Libby, membro dell'USAEC.
Nel novembre del 1955 Willard F. Libby, dopo aver ricordato come il costo medio
dell'energia elettrica termoelettrica prodotta negli USA sia attualmente di 7,4 mills/kWh, ha
affermato che, a suo parere, tra 5 ÷ 10 anni il costo dell'energia elettrica prodotta per via
nucleare dovrebbe scendere negli Stati Uniti a 6 ÷ 7 mills/kWh in impianti di grande
potenza mentre in qualche paese straniero la produzione di energia elettronucleare a costi
competitivi potrebbe realizzarsi ancor prima che non negli Stati Uniti.
Io ritengo che proprio l'Italia possa essere uno tra i primi di questi paesi:
la situazione del mercato italiano del denaro e dei combustibili tradizionali fa
infatti apparire l'energia elettronucleare nelle attuali condizioni assai più
allettante di quanto essa possa risultare in altri paesi, come ad esempio, negli
Stati Uniti.
Come è già stato detto il costo del denaro in Italia è più che doppio di quello degli
Stati Uniti; ancor maggiore è però la differenza tra i costi dei combustibili tradizionali:
mediamente si può ritenere che ad un costo di 0,8 ÷ 1,2 $/106 Cal negli Stati Uniti
corrisponda un costo di 2,4 ÷ 2,8 $/106 Cal in Italia.
Ne deriva evidentemente che il costo dell'energia termoelettrica nel nostro paese è
notevolmente più elevato che non negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda invece il costo di produzione dell'energia elettronucleare in
Italia, mentre per il maggior immobilizzo specifico richiesto dagli impianti nucleari i costi
relativi al capitale verrebbero ad avere una maggior incidenza rispetto agli analoghi costi
italiani per l'energia termoelettrica, non vi dovrebbero essere invece differenze sensibili tra
costo del combustibile nucleare in Italia e negli Stati Uniti.
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Si può così facilmente dedurre che il costo di produzione dell'energia elettronucleare
in Italia, pur essendo in valore assoluto notevolmente superiore all'analogo costo negli
Stati Uniti, è molto più vicino al costo italiano dell'energia termoelettrica di quanto ciò non
avvenga in altri paesi: anzi sulla base di alcune offerte di ditte americane sembrerebbe
possibile ritenere che, salvo gli eventuali imprevisti, l'energia elettronucleare avrebbe già
raggiunto nel nostro paese livelli quasi competitivi.
La costruzione degli impianti nucleari appare quindi in Italia da un punto
di vista economico, sotto una luce favorevole e dal punto di vista tecnico
indispensabile a brevissimo termine.
6. Impostazione di un programma elettronucleare in Italia
Per la realizzazione di un impianto elettronucleare, anche acquistandolo all'estero è oggi
necessario nella migliore delle ipotesi un periodo di quattro anni; d'altra parte nel 1965,
secondo le necessità illustrate, dovrebbero comunque essere in esercizio le prime
centrali elettronucleari italiane.
L'esperienza italiana, per quanto riguarda la costruzione e l'esercizio di queste
centrali, è praticamente nulla.
E' quindi evidente la necessità di impostare e risolvere nel più breve tempo possibile
un programma organico che permetta al paese di affrontare il futuro con sufficiente
preparazione: mi limiterò qui a considerare il problema dal punto di vista dell'esercente di
impianti, senza quindi entrare nel merito delle questioni, pure della massima importanza,
che possono e devono interessare l'industria italiana meccanica, siderurgica, chimica e
mineraria.
I principali traguardi che l'industria elettrica italiana deve raggiungere nel corso dei
prossimi anni sono innanzitutto la preparazione dei tecnici e degli specialisti che saranno
adibiti all'installazione e all'esercizio degli impianti nucleari, e la realizzazione delle prime
centrali elettronucleari che, mentre aiuteranno a far fronte alla crescente domanda di
energia, dovranno offrire la possibilità di fare la necessaria esperienza di esercizio.
Una prima preparazione di base può essere data dalla scuola; già l'industria elettrica
si è preoccupata di inviare presso le più importanti Università italiane e straniere e presso
laboratori specializzati in questo campo un certo numero dei suoi tecnici; a questo
riguardo non posso esimermi di ricordare qui il C.I.S.E., fondato nel 1946
dall'industria italiana proprio con questi scopi ed il Corso di Perfezionamento in
Fisica Nucleare Applicata che si tiene dal 1950 al Politecnico di Milano, molto apprezzato e
della massima utilità per i giovani laureati che vogliono indirizzarsi nel campo
dell'ingegneria nucleare.
La preparazione scolastica dovrà poi essere naturalmente completata attraverso il
diuturno lavoro a contatto con i problemi pratici dell'installazione e dell'esercizio degli
impianti nucleari.
Per quanto riguarda invece la costruzione delle prime centrali elettronucleari, è
evidente in primo luogo che, fino a quando l'industria costruttrice italiana non sarà in
grado di sopperire alle esigenze nazionali, i primi impianti nucleari dovranno essere
acquistati sul mercato dei paesi tecnologicamente più progrediti.
Ci si deve pertanto augurare che l'interesse che già da tempo si è manifestato
nell'ambito dell'industria costruttrice italiana per i problemi connessi alle applicazioni
pacifiche dell'energia nucleare, vada sempre più intensificandosi e che essa abbia a
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mettersi gradualmente in condizione di soddisfare le richieste del mercato interno man
mano che questo si svilupperà.
Assodato che necessariamente gli impianti della “prima generazione” devono essere
acquistati sul mercato straniero, i primi problemi da risolvere riguardano la potenza e il
tipo di reattori di questi impianti.
A prima vista si potrebbe forse ritenere più conveniente, per acquistare una certa
“confidenza” con i reattori, l'installazione di impianti di potenza modesta, dell'ordine di 10
MW elettrici. A mio parere , invece, molti sono i motivi per i quali appare preferibile
l'installazione di impianti di potenza superiore, dell'ordine di 100 MW elettrici e forse più.
In primo luogo mentre attualmente la scelta di un reattore di potenza di 10 MW
elettrici è praticamente limitata al solo tipo ad acqua in pressione, essendo gli altri tipi a
questa potenza assolutamente troppo costosi o ancora in frase di sviluppo, per reattori di
potenza dell'ordine dei 100 MW elettrici si hanno maggiori possibilità di scelta, poiché i
costi dei vari tipi di reattore, molto diversi per le basse potenze, tendono a livellarsi per
potenze elevare.
Inoltre l'esperienza che si potrà trarre da un impianto da 100 MW elettrici potrà
essere utilizzata per il progetto e la costruzione di reattori italiani della “seconda
generazione” la cui potenza, per motivi economici e per il continuo aumento delle richieste
di energia, dovrà necessariamente non risultare inferiore a 100 MW elettrici:
Va inoltre messo in rilievo che i reattori di potenza elevata vengono attualmente
progettati in modo tale da potere in futuro facilmente adattarsi a quelle modifiche di
carattere tecnico, abbastanza facilmente oggi prevedibili, che l'inevitabile progresso
tecnologico consiglierà di apportare.
Diversa è invece la situazione dei reattori di potenza dell'ordine dei 10 MW elettrici.
In primo luogo l'esperienza di esercizio di un tale reattore non sarebbe corroborante
per la troppo modesta potenza in gioco e non potrebbe essere integralmente estrapolata
per il progetto e la costruzione di reattori aventi una potenza di 10 ÷ 20 volte superiori,
quali saranno i reattori della “seconda generazione”; tale esperienza finirebbe quindi con
l'avere un interesse pratico piuttosto relativo e, in ogni caso, molto inferiore a quella
ricavabile da un impianto di potenza elevata.
In secondo luogo i reattori di bassa potenza hanno una minore elasticità di
adattamento ai progressi tecnologici, e quindi un più rapido invecchiamento tecnico, sia il
perché voler prevedere tale elasticità inciderebbe sensibilmente sui costi specifici
d'impianto, sia perché è prevedibile che in futuro le applicazioni dei reattori di bassa
potenza saranno limitate.
Importanza determinante hanno infine le considerazioni di carattere finanziario ed
economico: infatti sia il costo d'impianto, sia il costo di produzione dell'energia
elettronucleare di un impianto ad acqua in pressione da 10 MW elettrici risulterebbero,
valutati in relazione alla situazione italiana, almeno doppi degli analoghi costi di un
impianto nucleare da 100 MW elettrici; ne deriva evidentemente che l'esperienza di
esercizio, mentre riuscirebbe relativamente poco costosa per l'impianto da 100 MW, per un
impianto da 10 MW risulterebbe da un punto di vista economico addirittura proibitiva.
Per quanto riguarda le caratteristiche costruttive del reattore, abbiamo visto
all'inizio di questa conversazione come numerosi siano i tipi promettenti: ci si dovrebbe
orientare, almeno in un primo tempo, verso quei tipi di reattore che, pur presentando
possibilità notevoli di miglioramenti tecnici, non richiedano l'impiego di tecnologie troppo
audaci e completamente a noi nuove.
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Un cenno particolare meritano infine i problemi inerenti alla sicurezza degli impianti
nucleari in considerazione dei pericoli per le persone e le cose insiti nell'utilizzo della nuova
fonte energetica.
Va innanzi tutto chiarito a questo riguardo che il funzionamento dei reattori è
intrinsecamente sicuro e che oggi si dispone di mezzi molto perfezionati per evitare il
verificarsi di situazioni pericolose per le persone e per le cose: a ciò si aggiunga che in tutti
gli impianti nucleari vengono prese misure di sicurezza tali da ridurre al minimo, nel caso
quanto mai improbabile che queste situazioni pericolose avessero a verificarsi, le
conseguenze sulle persone e sulle cose. Finora si sono verificati due soli incidenti, nessuno
dei quali ha avuto conseguenze mortali per le persone per il pronto ed efficace intervento
dei mezzi di protezione che, come si è detto sopra, sono installati negli impianti.
Quando le misure di sicurezza vengono razionalmente prese, il problema della
sicurezza degli impianti nucleari non si presenta quindi in termini sostanzialmente diversi
da quelli relativi alla produzione ed alla manipolazione di altri materiali, quali gli esplosivi, i
prodotti chimici pericolosi e le sostanze venefiche: è chiaro in definitiva come il problema
della sicurezza civile dei reattori e degli impianti nucleari non sia tale, quando vengono
osservate tutte le precauzioni necessarie, da giustificare i timori dell'uomo della strada,
conseguenza psicologica del fatto che l'energia nucleare si è presentata al mondo con la
bomba atomica anziché con le applicazioni pacifiche.
Sul piano realizzativo l'industria elettrica italiana ha già intrapreso le sue
prime iniziative: è noto ad esempio come recentemente le più importanti
Società elettrocommerciali italiane, tra le quali la Società cui appartengo,
abbiano costituito la Società Elettronucleare, il cui scopo sarà quello di
produrre energia elettrica da energia nucleare.
La Società Edison, inoltre, sta da tempo trattando con ditte costruttrici americane
l'acquisto di un impianto nucleare da 100 MW elettrici.
Esaminando ora un altro aspetto del problema, è necessario ricordare come, a
differenza di quanto è avvenuto in molti altri paesi, in Italia non sono state emanate a
tutt'oggi particolari disposizioni legislative per regolare le attività in campo nucleare.
La situazione attuale internazionale e le sempre maggiori liberalizzazioni effettuate
negli Stati Uniti ci lasciano sperare che anche in Italia le tendenze monopolistiche e
dirigistiche vadano sempre più attenuandosi per lasciare il posto, nell'interesse della
Nazione, ad una visione liberistica del problema nucleare che lasci tutta la necessaria
libertà di azione all'iniziativa privata, sia pure con i controlli che la particolare materia può
imporre nei confronti della sicurezza nazionale e della salute pubblica.
Un altro punto della massima importanza per la produzione di energia elettrica da
energia nucleare non ancora definito, riguarda la mancanza di un accordo bilaterale per i
reattori di potenza tra l'Italia e gli Stati Uniti.
Abbiamo già messo in rilievo come sia necessario ricorrere al mercato straniero per
l'acquisto dei primi reattori di potenza italiani.
D'altra parte l'acquisto di un impianto nucleare sul mercato degli Stati Uniti, che
sono notoriamente il paese tecnicamente più progredito, è possibile solamente in quanto
venga concluso, a livello governativo, un accordo bilaterale per i reattori di potenza che
deve tra l'altro assicurare la disponibilità del combustibile nucleare.
La stipulazione di tale accordo è subordinata alla esistenza in Italia di una
legislazione nucleare. Gli ambienti responsabili statunitensi si sono sempre mostrati
favorevoli a stringere con i paesi amici, e con l'Italia in particolare, un accordo bilaterale
per i reattori di potenza. Purtroppo questa favorevole disposizione del Governo degli Stati
23
Uniti, per altro condivisa dagli ambienti industriali statunitensi, non ha potuto concretarsi
in pratica realizzazione: ci auguriamo che ciò possa avvenire presto.
Nel corso del 1955 il Canadà, il Belgio e l'Inghilterra, che si trovano in condizioni
particolari, hanno stipulato con gli U.S.A. I relativi accordi bilaterali per reattori di potenza.
L'anno 1956 è stato definito dalla stampa americana l'anno degli accordi per i
reattori di potenza; che questa affermazione corrisponda alla verità è dimostrato dal fatto
che già dal febbraio di quest'anno sono in corso trattative tra Stati Uniti, Olanda, Australia
e Svizzera per la stipulazione di accordi relativi ai reattori di potenza.
Fino a quando il “bilateral agreement” non verrà concluso dall'Italia, lo sviluppo
della produzione di energia elettrica da energia nucleare risulterà praticamente paralizzato:
è necessario quindi stringere bi tempi ed agire sollecitamente.
7. Conclusioni
Concludendo, l'era atomica delle applicazioni industriali ha ormai avuto inizio: il
tempo gioca a favore dell'energia nucleare ed è vicino il momento in cui questa nuova
fonte di energia potrà entrare in concorrenza in tutto il mondo con quelle tradizionali.
L'Italia, come abbiamo visto, è molto interessata alla produzione di energia
elettronucleare, sia per la situazione deficitaria in cui verrà a trovarsi tra qualche anno il
suo bilancio energetico, sia per la luce favorevole sotto la quale appare oggi nel nostro
paese l'aspetto economico di tale produzione.
Non vi è tempo da perdere: è giunto il momento in cui le parole devono
lasciare il posto ai fatti.
L'industria elettrica italiana, che vede nei combustibili nucleari la possibilità di
sopperire all'esaurimento delle risorse idrauliche ed alla mancanza di combustibili
tradizionali, senza che per questo si randa necessario modificare la sua struttura, ha già
predisposto i suoi piani, sia per quanto riguarda la preparazione dei tecnici sia per quanto
riguarda l'installazione dei primi impianti nucleari.
Essa chiede ora di potersi liberamente incamminare, senza che le
vengano frapposti ostacoli di natura politica o legislativa, per la strada che si
propone di percorrere nella convinzione di cooperare efficacemente,
nell'interesse della collettività, al progresso della Nazione
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