l`energia nucleare e il fabbisogno di energia elettrica nel prossimo
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l`energia nucleare e il fabbisogno di energia elettrica nel prossimo
GIORGIO VALERIO L'ENERGIA NUCLEARE E IL FABBISOGNO DI ENERGIA ELETTRICA NEL PROSSIMO FUTURO XXI Corso di cultura per dirigenti d'azienda "Francesco Mauro" Politecnico di Milano 14 aprile 1956 1 INDICE 1) Introduzione 2) Il fabbisogno di energia elettrica in Italia in un prossimo futuro 3) Reattori di ricerca e reattori di potenza sperimentali 4) Reattori industriali di potenza 5) Costo di produzione dell'energia elettronucleare 6) Impostazione di un programma elettronucleare italiano 7) Conclusioni 2 L'ENERGIA NUCLEARE E IL FABBISOGNO DI ENERGIA ELETTRICA NEL PROSSIMO FUTURO 1. Introduzione Ogni giorno di più l'energia nucleare si va svestendo di quell'aspetto drammatico e segreto sotto il quale essa è stata tenuta fino a pochi anni or sono. Utilizzata per la prima volta come strumento di distruzione atto a risolvere le guerre, l'energia nucleare è stata infatti considerata, in funzione delle situazioni politiche che hanno accompagnato lo sviluppo delle sue applicazioni, come "segreto" per antonomasia; in tal modo si sono venute a formare, sia nell'uomo della strada, sia in ambienti responsabili, talvolta sotto influenze non disinteressate, opinioni fondamentalmente errate sulla natura, sull'importanza e sul ruolo pacifico dell'energia nucleare nella civiltà moderna. Fortunatamente questo stato di cose, grazie anche agli ulteriori progressi della scienza, sta per essere oggi, almeno sotto molti aspetti, superato: molti di quelli che fino a ieri erano considerati "segreti di Stato" non sono oggi più tali e vengono quindi messi a disposizione del mondo intero. Il problema viene così gradualmente ricondotto alle sue vere dimensioni e l'energia nucleare è oggi considerata non più soltanto un terrificante mezzo di distruzione o per contrapposto il "toccasana" miracoloso, da cui tutto ci si deve attendere, ma realisticamente un nuovo efficace strumento di progresso che, razionalmente impiegato, potrà portare benefici effetti sull'economia mondiale, come altri nuovi strumenti hanno fatto in passato. Questo mutamento di indirizzo ha avuto praticamente inizio solamente due anni fa ed è tuttora in fase di sviluppo: penso non sia inutile ricordare brevemente le tappe attraverso le quali si è giunti alla situazione attuale. *** I numerosi riferimenti che in quanto segue si faranno agli Stati Uniti, alle realizzazioni ed alla politica di quel Paese sono dovuti alla posizione di preminenza che essi hanno acquisito in campo nucleare ed alle maggiori conoscenze che si hanno dei risultati raggiunti in quel Paese. *** Le prime liberalizzazioni nel campo delle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare sono state introdotte dall'Atomic Energy Act promulgato negli Stati Uniti nell'agosto del 1954; è ormai entrata nel novero dei luoghi comuni che "l'Atomic Energy Act del 1954 segna l'inizio dell'era atomica pacifica". Come è noto fino a tale data le iniziative in campo nucleare erano riservate negli U.S.A. all'United States Atomic Energy Commission (USAEC), organo governativo alle dirette dipendenze del Presidente degli Stati Uniti; va però messo in rilievo, perché meno noto, che anche in tale periodo l'USAEC si è sempre largamente valsa della collaborazione 3 dell'industria privata la quale con le sue attrezzature e con i suoi uomini, ha notevolmente contribuito all'attuazione dei programmi governativi. L'Atomic Energy Act, pur essendo considerato oggi solo un primo passo verso la liberalizzazione del settore, sempre più reclamata dall'opinione pubblica, apparve quando venne promulgato veramente rivoluzionario: pur con le limitazioni in essa contenute, la legge del Presidente Eisenhower ha reso infatti possibile il diretto intervento, concreto e massiccio, dell'iniziativa privata nel campo delle applicazioni industriali dell'energia nucleare. Una delle prime conseguenze dell'Atomic Energy Act è stata quella di modificare profondamente la situazione internazionale e di portare, grazie all'adesione di tutti i Paesi del mondo, a quell'avvenimento di risonanza mondiale che è stata la Conferenza Internazionale di Ginevra sulle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare: l'importanza di questa Conferenza, resa possibile dalla convinzione delle maggiori potenze interessate che non vi fossero più segreti fondamentali in questo campo, consiste oltre che nella pubblicazione di molti dati riguardanti la progettazione e la costruzione dei reattori nell'aver posto le premesse degli sviluppi importantissimi ai quali stiamo ora assistendo. La Conferenza di Ginevra infatti non aveva dato risposta a molti interrogativi anche della massima importanza, quali ad esempio quelli relativi alla disponibilità di combustibili nucleari, alla declassificazione di molte altre importanti notizie, alla possibilità di creare un mercato internazionale dei combustibili nucleari. E' di pochi giorni fa la dichiarazione di Eisenhower sulla messa a disposizione dei paesi amici, nel corso dei prossimi anni, di 20.000 kg di 235U: per ben valutare l'importanza di questa decisione, basterà ricordare che gli accordi bilaterali che gli Stati Uniti dichiararono di essere disposti a stipulare con i paesi amici per la fornitura di reattori di ricerca nei primi mesi del 1955 e che vennero a quel tempo considerati notevolmente liberali, prevedevano la messa a disposizione di ciascuno di questi paesi, un quantitativo di 235 U non superiore a 6 kg. Un quadro molto significativo della nuova atmosfera in campo nucleare può essere dato dalla lettura delle conclusioni cui è giunto lo speciale Comitato americano costituito da cittadini rappresentativi (giornalisti, professori, industriali, sindacalisti) col compito di studiare lo stato dello sviluppo degli usi pacifici dell'energia nucleare e di fare proposte concrete per l'avvenire. Nel rapporto che ha preso il nome del Presidente del Comitato Mc Kinney, e che è stato recentemente presentato alla Commissione del Congresso per l'energia nucleare, viene auspicata una maggiore declassificazione e diffusione delle informazioni, viene sottolineata l'opportunità che gli Stati Uniti mettano a punto un programma efficiente di assistenza agli altri paesi per le applicazioni industriali dell'energia nucleare e viene ribadita l'opportunità di una sempre maggiore liberalizzazione di questo settore ed un sempre maggiore intervento dell'iniziativa privata. Nel rapporto Mc Kinney si raccomanda inoltre che gli Stati Uniti promuovano una serie di conferenze fra gruppi di nazioni interessate ad accordi bilaterali per rendere immediatamente possibile l'attuazione di programmi di costruzione di centrali nucleari nei paesi amici. Anche per quanto riguarda uno dei problemi più discussi, la proprietà dei materiali speciali (plutonio, uranio arricchito nell'isotopo 235U o nell'isotopo 233U), il rapporto Mc Kinney ritiene superate le disposizioni attuali e raccomanda che la Commissione interparlamentare per l'energia nucleare proceda rapidamente alla revisione della politica attuale che attribuisce al Governo federale la proprietà di tutti i materiali speciali nucleari, tra i quali non è compreso l'uranio naturale, al fine di permettere al più presto la 4 instaurazione del regime della proprietà privata per tali materiali. E la nuova legge tedesca segue proprio questa linea; Tutto lascia prevedere che le proposte del Comitato Mc Kinney troveranno favorevole accoglienza. Il sempre maggior processo di liberalizzazione in atto negli Stati Uniti ha portato all'intervento dell'iniziativa privata nella produzione di materiali speciali e nella fabbricazione degli elementi combustibili; l'AEC ha inoltre invitato l'iniziativa privata ad occuparsi anche della rigenerazione del combustibile irradiato. In campo internazionale gli Stati Uniti hanno ceduto 130 tonnellate di D2O ai paesi amici e stanno trattando con tali Paesi la stipulazione di accordi bilaterali relativi ai reattori di potenza. Tutte queste iniziative ed altre ancora, che attualmente stanno fermentando nel mondo, hanno notevolmente contribuito a mettere sempre più a fuoco il problema dell'utilizzazione pacifica dell'energia nucleare sia offrendo la possibilità a persone, enti e paesi, che ne erano estranei, di entrare nell'agone della ricerca, dello studio e delle realizzazioni, sia chiarendo i limiti e la portata di tale problema. Svanite le interpretazioni fantastiche di cui si è detto all'inizio, la fissione del'atomo si presenta oggi realisticamente all'esercente di impianti elettrici come una nuova fonte di energia: il suo impiego per l'applicazione che oggi si prospetta come la più interessante, la produzione di energia elettrica, non rappresenta infatti che l'adozione di un nuovo combustibile avente caratteristiche particolari. In parole povere l'utilizzazione dell'energia nucleare per la produzione di energia elettrica consiste nell'utilizzare il calore che si produce nella fissione dei nuclei o, se si vuole usare un'espressione ancora più semplice, nel "bruciare" il combustibile nucleare. Questo rende chiaro che l'impiego dell'energia nucleare non implica praticamente variazioni all'intelaiatura ed all'ossatura dell'industria elettrica; si tratta solamente di sostituire il combustibile nelle centrali termiche il che comporta la trasformazione della camera di combustione della caldaia. La camera di combustione del nuovo combustibile è il reattore, i tubi della caldaia restano nella loro funzione, pur attraverso modifiche abbastanza importanti, mentre le turbine, gli alternatori, i trasformatori, le reti di trasporto e di distribuzione rimangono invariati. Ci si potrà a questo punto domandare: ma se sostanzialmente tutto si riassume nella possibilità di utilizzare un nuovo combustibile sui generis per produrre calore e nulla più, perché oggi tanta attenzione viene rivolta allo studio ed alla realizzazione di impianti elettronucleari? Ecco i motivi fondamentali: 1) il fabbisogno di energia nel mondo cresce molto rapidamente; le risorse mondiali note delle fonti di energia finora utilizzate sono relativamente modeste e si prevede possano esaurirsi entro un periodo di tempo relativamente breve; 2) in base soltanto a quanto oggi sappiamo, le riserve di materie prime fonti di combustibili nucleari sono sufficienti per darci la certezza di poter soddisfare la crescente domanda mondiale di energia per molti secoli; 3) in seguito ai progressi tecnici si è oggi sicuri di poter produrre in un avvenire molto prossimo con le centrali nucleari, energia elettrica a costi non superiori agli attuali. E' inutile aggiungere che le singole situazioni energetiche nazionali possono, per i più diversi motivi, differire notevolmente tra loro e non è da escludersi che in alcuni paesi la crisi di energia elettrica possa verificarsi molto prima della fine del secolo: l'Italia sembra essere proprio uno di questi paesi. 5 2 Il fabbisogno di energia elettrica in Italia in un prossimo futuro Per poter stabilire il ruolo che l'energia nucleare sarà chiamata a giocare in futuro in Italia, è necessario esaminare, sia pure con la grande approssimazione e con tutte le incertezze e gli errori propri dei calcoli di previsione a lunga scadenza, il bilancio energetico complessivo italiano dei prossimi anni. In quanto segue mi limiterò a considerare più dettagliatamente l'andamento dei consumi, le disponibilità ed il fabbisogno italiano di energia elettrica fino al 1975, mentre per quanto si riferisce al fabbisogno ed alle disponibilità di altre fonti energetiche mi rifarò alle conclusioni cui sono giunti altri che si sono interessati di questo argomento (1) Dal diagramma dell'andamento delle richieste di energia elettrica in Italia dal 1922 al 1955 (Fig.1) sul quale è stata riportata la retta corrispondente al raddoppio delle richieste di energia ogni dieci anni (equivalente ad un aumento percentuale medio di circa il 7%) appare come la domanda di energia elettrica in detto periodo abbia mediamente avuto, nonostante la crisi e le conseguenze della guerra, un incremento annuo poco inferiore al 7% (6,5%) e come tale incremento nel periodo 1950 - 1955 sia salito al 9% circa. Nel rapporto presentato dalla Delegazione Italiana alla Conferenza di Ginevra, il fabbisogno italiano di energia elettrica nel 1965 è stato valutato in 64.109 kWh circa e per il1975 in 96.109 kWh circa. Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni tale valutazione deve ritenersi un minimo in quanto i tassi di incremento previsti sono molto inferiori a quelli che si sono verificati nell'ultimo decennio. E' convinzione dei responsabili dell'industria elettrica che, sulla base di quanto si è verificato e continua a verificarsi in altri paesi ben più industrializzati del nostro, la domanda di energia elettrica in Italia dovrebbe probabilmente, nel periodo 1955 - 1975, raddoppiare all'incirca ogni dieci anni: ne risulterebbero i valori indicati nella tabella N. 1 sottoriportata (76,3.109 kWh nel 1965, 152,6.109 kWh nel 1975). (1) Dr. Ing. Vittorio De Biasi: "Le disponibilità italiane di energia nucleare a scopi produttivi" Conferenza tenuta a Milano presso l'Associazione Industriale Lombarda il 25-10-1955. Prof. Francesco Giordani: "La demande italienne d'énergie en 1975 et 2000" - Relazione presentata alla Conferenza Internazionale sugli usi pacifici dell'energia nucleare, Ginevra, agosto 1955. Tabella N.1 PREVISIONI SUL FABBISOGNO DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA Previsioni in base all'ipotesi minima (109 kWh) A Previsioni in base all'ipotesi del raddoppio della domanda Ogni 10 anni (109 kWh) B 35,6 50,9 64,0 79,1 96,1 35,6 54,0 76,3 108,0 152,6 Anno 1954 1960 1965 1970 1975 6 fig.1 7 Il diagramma di cui alla fig.2, indica, a partire dal 1922, la suddivisione percentuale dell'energia elettrica prodotta in Italia, in relazione alla sua origine, idraulica, termica e geotermica. Da questo diagramma è facile riscontrare come la percentuale di energia termoelettrica, la cui produzione fino a dopo la guerra è stata funzione del diverso andamento idrologico dei singoli anni, abbia iniziato in questi ultimi anni ad aumentare sistematicamente modificando gradualmente il suo compito di integrazione stagionale. Questo fatto trova la sua logica giustificazione nella rapida utilizzazione delle risorse idroelettriche e geotermiche italiane ancora disponibili. Infatti la producibilità complessiva degli impianti idroelettrici e geotermici economicamente realizzabili in Italia è stata da più fonti valutata intorno ai 50.109 kWh; la producibilità degli impianti di questo tipo in esercizio alla fine del 1955 era di circa 30.109 kWh e l'attuale incremento annuo di energia elettrica è di 2,5÷3 miliardi di kWh all'anno, per cui risulta evidente che entro pochi anni tutte le risorse idroelettriche e geotermiche economicamente utilizzabili, saranno utilizzate. E' quindi logico che gli impianti termici vengano ad acquistare una importanza sempre maggiore nell'economia elettrica nazionale, tenuto conto che gli impianti idroelettrici ancora da realizzare risultano sempre più costosi mentre il progresso della tecnica ha portato a continue riduzioni di costo per la produzione termoelettrica. In ogni caso esaurite le risorse idrogeotermoelettriche disponibili si potrà far fronte all'aumento della domanda solamente con impianti termici. Facendo l'ipotesi, che riteniamo molto vicina al vero, che nel 1965 tutti i 30 miliardi di kWh di origine idraulica e geotermica siano utilizzati, dovrebbero essere prodotti in impianti termici le quantità di energia esposte nella tabella N.2 (nell'ipotesi del raddoppio 26,3.109 kWh nel 1965, 102,6.109 kWh nel 1975); in tale tabella sono pure riportate le corrispondenti quantità necessarie di combustibili tradizionali (nafta, carbone, e gas naturale), espresse in 103 tonnellate di carbone equivalente, ricavate utilizzando i coefficienti indicati nella relazione presentata a Ginevra dalla Delegazione Italiana, che ritengo un po' elevati ma non in misura tale da alternarne apprezzabilmente le conclusioni. 8 fig.2 9 10 Tabella N.2 FABBISOGNO DI COMBUSTIBILI TRADIZIONALI PER SODDISFARE LA DOMANDA DI ENERGIA ELETTRICA Anno 1960 1965 1970 1975 Energia idroelettrica e geotermoelettrica disponibile Energia termoelettrica necessaria nell'ipotesi minima Energia termoelettrica necessaria nell'ipotesi del raddoppio (109 kWh) E = B-C Fabbisogno di combustibile per produzione di energia elettrica nell'ipotesi minima (103 t eq.) F Fabbisogno di combustibile per produzione di energia elettrica nell'ipotesi del raddoppio (103 t eq.) G (109 kWh) C (109 kWh) D = A+C 41 50 50 50 9,9 14,0 29,1 46,1 13,0 26,3 58,0 102,6 4.500 6.300 13.100 18.400 5.850 11.700 26.100 40.800 E' d'altra parte noto che le riserve italiane di combustibili solidi sono molto modeste, quelle di gas naturale fino ad oggi accertate, non molto rilevanti, mentre delle risorse italiane di combustibili liquidi, allo stato attuale delle conoscenze, poco o nulla si può dire. D'altronde anche le possibilità di importazione offerte dal mercato internazionale dei combustibili tradizionali sono tutt'altro che illimitate; Non voglio addentrarmi nell'esame di questo pur così importante problema, in quanto richiederebbe un tempo eccessivo, e mi rifaccio semplicemente alle conclusioni alle quali si è giunti nel rapporto presentato dalla Delegazione Italiana alla Conferenza di Ginevra. La tabella N.3 riassume sinteticamente tali conclusioni: nella prima colonna sono indicate le richieste presumibili italiane di energia per tutti gli impieghi escluso quello della produzione di energia elettrica, nella seconda colonna le presumibili disponibilità italiane di combustibili tradizionali, tenuto conto della produzione nazionale e delle possibilità di importazione; nella terza colonna sono indicate le quantità di questi combustibili che potrebbero essere impiegate per la produzione di energia elettrica, nell'ipotesi di dover soddisfare la domanda di energia per scopi diversi da quello di produzione di energia elettrica, esclusivamente con combustibili tradizionali; nella quarta e quinta colonna sono invece riportate le quantità di combustibile tradizionale di cui si dovrebbe disporre, rispettivamente secondo le previsioni del rapporto sopra citato e secondo l'ipotesi del raddoppio della domanda di energia elettrica ogni dieci anni, per soddisfare tale domanda senza ricorrere all'impiego di nuove fonti di energia (rispettivamente 6,3 e 11,7 milioni di tonnellate di carbone equivalente nel 1965, 18,4 e 40,8 milioni di tonnellate nel 1975). 11 Tabella N.3 BILANCIO ENERGETICO ITALIANO Fabbisogno di combustibili per usi termici Disponibilità di combustibili tradizionali Disponibilità per la produzione di energia termoelettrica (103 t eq.) H (103 t eq.) I 30.300 34.500 39.200 44.000 34.900 39.375 47.500 56.250 Anno 1960 1965 1970 1975 (103 t eq.) L=I-H Combustibile necessario per coprire la domanda di energia elettrica nell'ipotesi minima (103 t eq.) F Combustibile necessario per coprire la domanda di energia elettrica nell'ipotesi del raddoppio (103 t eq.) G 4.600 4.875 8.300 12.250 4.250 6.300 13.100 18.400 5.850 11.700 26.100 40.800 La tabella N.4 indica i deficit di combustibili tradizionali che risultano dalla tabella N. 3 e le corrispondenti quantità di energia elettrica che dovrebbero pertanto essere prodotte ricorrendo ad una nuova fonte di energia, vale a dire all'energia nucleare. Tabella N.4 ENERGIA E POTENZA ELETTRONUCLEARE NECESSARIE PER COPRIRE IL FABBISOGNO ENERGETICO ITALIANO Anno 1960 1965 1970 1975 Deficit di combustibile tradizionale Nell'ipotesi Nell'ipotesi minima del raddoppio (103 t eq.) (103 t eq.) M=F-L N= G-L -1.400 4.800 6.150 1.250 6.800 17.800 28.500 Energia elettronucleare necessaria Nell'ipotesi Nell'ipotesi minima del raddoppio (109 kWh) (109 kWh) O P -3,1 10,6 15,4 2,8 15,1 39,6 70,5 Potenza elettronucleare necessaria Nell'ipotesi Nell'ipotesi minima del raddoppio (106 kWh) (106 kW) Q R -0,6 2,1 3,1 0,6 3,0 7,9 14,1 Nella tabella N. 4 sono anche riportate le potenze degli impianti elettronucleari che dovrebbero essere installati per far fronte alla domanda di energia elettrica, nell'ipotesi che tali impianti possano lavorare con 5.000 ore di utilizzazione annue. E' inutile ripetere che un calcolo di previsione a così lunga scadenza è relativamente attendibile in quanto funzione di nuovi fattori difficilmente definibili: rimane tuttavia il fatto che gli ordini di grandezza delle cifre sopra riportate sono tali da far veramente meditare. l'Italia dovrebbe già nel 1965 disporre di circa 3.106 kW nucleari e nel 1975 di 10÷15.106 kW, vale a dire di potenze dell'ordine di quelle previste dal Libro bianco inglese. L'impostazione e la realizzazione di tale un programma comporta la soluzione di problemi tecnici e finanziari veramente impegnativi. Vi è inoltre un problema di tempo 12 poiché per costruire qualsiasi impianto di produzione di energia elettrica della potenza richiesta dalle nostre reti sono necessari circa quattro anni. 3. Reattori di ricerca e reattori di potenza sperimentali Si è già accennato che in un impianto elettronucleare la funzione del reattore nucleare consiste nella produzione di energia termica che si libera nella fissione dei nuclei delle sostanze fissili. Mi sia permesso a questo punto di richiamare, per ragioni di chiarezza, la definizione di alcuni termini che ricorreranno frequentemente in seguito. Per materiale fissile si intende qualsiasi materiale naturale o prodotto artificialmente i cui nuclei, mediante assorbimento di un neutrone possono dar luogo a fissione, della quale dirò più avanti, con conseguente sviluppo di energia: sostanze fissili sono ad esempio l' 235U, l' 233U, il 239Pu. Per materiale fertile si intende invece un materiale che può, per assorbimento di un neutrone, trasformarsi, mediante reazioni nucleari spontanee, in una sostanza fissile di qualità tale da rendere possibile, in determinate condizioni, l'autosostenimento della reazione a catena: tali sono ad esempio l' 238U e il 232Th. Per combustibile nucleare si intende infine qualsiasi materiale che contenga nuclei fissili di qualità tali e in proporzioni tali da rendere possibile, in determinate condizioni, l'innescamento e l'autosostenimento della reazione a catena, di cui pure dirò più avanti; combustibili nucleari sono ad esempio l'uranio naturale (che contiene lo 0,7% di 235U), l'uranio arricchito artificialmente nell'isotopo 235U o nell'isotopo 233U e il 239Pu; il plutonio e l'uranio arricchito nell'isotopo 235U o nell'isotopo 233U, sono considerati negli Stati Uniti "materiale speciale": essi soli sono negli USA di proprietà statale, ai fini del controllo. Non mi posso ora addentrare nell'illustrazione dell'aspetto tecnico del problema nucleare, sia perché questo aspetto verrà ampiamente trattato d altri relatori, sia perché l'argomento mi porterebbe lontano. Ritengo tuttavia possa essere utile esporre sommariamente i concetti che sono alla base dell'utilizzazione dell'energia nucleare a scopi pacifici. E' noto che "bombardando" con particelle aventi particolari caratteristiche il nucleo degli atomi di alcuni elementi, quest'ultimo possa disintegrarsi, cioè spezzarsi in due o più frammenti. Il caso più importante di disintegrazione nucleare è rappresentato dalla fissione: "bombardando" con neutroni i nuclei di elementi "fissili" una parte di questi nuclei può "fissionarsi", ossia scindersi in due frammenti generalmente non uguali emettendo nel contempo in media due o tre neutroni (secondo il tipo di nucleo) e radiazioni beta e gamma, e liberando, a spese di una diminuzione di massa, una notevole quantità di energia. Nel caso puramente teorico che tutti i nuclei contenuti in un kg di 235U si fissionassero, si avrebbe una produzione di 23.106 kWh termici. L'utilizzazione dell'energia nucleare quale si manifesta nei processi di fissione è possibile soltanto se il processo una volta innescato riesce a mantenersi da solo, il che comporta l'ottenimento di una reazione a catena autosostenentesi. Affinché ciò si realizzi è necessario che per ogni neutrone che viene "consumato" per la fissione del nucleo, almeno uno dei neutroni emessi all'atto della fissione sia in grado di fissionare un nuovo nucleo, i rimanenti neutroni emessi essendo assorbiti da materiali fertili e da sostanze estranee alla reazione (ad esempio i materiali strutturali) o comunque essendo perduti. 13 Gli apparati nei quali sono predisposte le condizioni necessarie per rendere la reazione a catena autosostenentesi sono appunto i reattori nucleari; i reattori comprendono un nucleo centrale o "core" nel quale si produce il calore e ad un sistema per portare all'esterno del reattore tale calore ai fini della sua utilizzazione a scopi industriali. All'atto dell'emissione i neutroni sono dotati di velocità molto elevate, mentre i neutroni più efficaci per provocare la fissione dei nuclei sono quelli dotati di velocità molto inferiori (velocità termiche). Ne deriva che in questi reattori nei quali la maggior parte delle fissioni è provocata da neutroni "termici" o comunque aventi velocità notevolmente inferiori a quelle di emissione è necessaria la presenza di una sostanza, il moderatore, atta a rallentare i neutroni senza peraltro assorbirne una quantità elevata. Alla soluzione dei principali problemi tecnici connessi con il funzionamento dei reattori si è giunti attraverso la progettazione, la costruzione e l'esercizio di numerosi reattori realizzati, soprattutto negli Stati Uniti, dal 1942 al 1954 a scopi puramente sperimentali e di ricerca. L'esperienza raccolta con questi reattori ha permesso di passare in questi ultimi tempi all'impostazione di "reattori di potenza", vale a dire reattori il cui scopo principale consiste nella produzione di quantitativi industrialmente apprezzabili di energia. In quanto segue richiamerò brevemente le principali iniziative che sono state intraprese nel mondo, sia a scopo sperimentale, sia successivamente su un piano industriale, riferentesi alla produzione di energia elettronucleare. E' noto che i reattori nucleari in genere, e quelli di potenza in particolare, possono differire costruttivamente tra di loro in funzione della energia dei neutroni che causano la fissione (reattori veloci, epitermici o termici) del tipo di materiale fissile usato (ad esempio reattori ad uranio naturale, ad uranio arricchito in 235U, a 239Pu o ad 233U), della forma di impiego del combustibile (reattori eterogenei, nei quali il combustibile è usato sotto forma di elementi distinti disposti nel moderatore secondo un certo reticolo, e reattori omogenei nei quali il combustibile è intimamente mescolato al moderatore sotto forma di soluzione o sospensione), del tipo del moderatore, riflettore e refrigerante usato (reattori moderati e riflessi ad acqua naturale, ad acqua pesante, a grafite o a berillio, reattori raffreddati con acqua naturale, acqua pesante, gas o metalli fusi). I reattori si distinguono infine in reattori convertitori e in reattori autofertilizzanti (o "breeder") a seconda che la quantità di materiale fertile trasformata in fissile è inferiore o superiore alla quantità di materiale fissile "bruciato" nel reattore. Ne deriva che i tipi di reattore che si possono in teoria costruire sono molto numerosi: una buona parte di questi tipi non resiste però ad un primo esame critico e non offre quindi possibilità concrete di realizzazione pratica conveniente. Ciononostante i tipi di reattore che presentano caratteristiche molto interessanti sono numerosi: di questi reattori tuttavia non è possibile dire, se non passando attraverso l'esperienza, quali di essi, in determinate condizioni o per determinati impieghi, possa riuscire il più conveniente. Ho voluto premettere queste considerazioni affinché risulti più chiaro il motivo per cui attualmente si stanno seguendo nel mondo, nel campo della produzione di energia elettrica da energia nucleare, strade notevolmente diverse, con l'impiego di reattori aventi caratteristiche differenti e il motivo per il quale, essendo tuttora l'esperienza di esercizio in questo campo molto limitata, non sia ancora stato definito il tipo o più probabilmente i tipi di reattore che meglio potranno rispondere, da un punto di vista economico, allo scopo. 14 Le caratteristiche principali dei reattori di potenza del cosiddetto "Piano quinquennale" dell'United States Atomic Energy Commission sono riassunte nell'allegato (a): si tratta come è noto di reattori aventi più che altro carattere sperimentale che dovrebbero servire a raccogliere dati ed esperienza sia su questioni tecniche sia sui costi di costruzione ed esercizio; senza soffermarmi a commentare le caratteristiche di questi impianti la cui realizzazione fu decisa nel 1954, dirò che i cinque reattori, attualmente in fase di avanzata costruzione, hanno già in parte assolto i compiti loro richiesti in quanto la loro progettazione e le prime sperimentazioni parziali hanno fornito utili elementi per l'impostazione dei reattori che si stanno già costruendo negli Stati Uniti su basi industriali. L'USAEC in questi ultimi mesi ha deciso di aggiungere all'elenco altri tre tipi di reattore aventi carattere sperimentale( reattore a combustibile metallico liquido, reattore a moderatore organico e reattore raffreddato a gas). Prima di esaminare le caratteristiche di questi nuovi reattori, per altro non tutte ancora ben conosciute, vorrei mettere in rilievo come negli stati Uniti l'Atomic Energy Commission, pur avendo messo a disposizione dell'industria la maggior parte dei risultati da essa ottenuti, continui a svolgere un lavoro di avanguardia nel campo della ricerca applicata, al fine di trovare le soluzioni più promettenti: quando gli sperimenti lasceranno intravedere favorevoli possibilità di realizzazioni pratiche, i risultati, come già avvenuto dal 1954 ad oggi, verranno messi a disposizione della Nazione per permettere la loro applicazione in realizzazioni di carattere industriale. Questa politica degli Stati Uniti consente anche all'industria americana di mettersi nelle migliori condizioni per sostenere e battere la concorrenza straniera. La costruzione del reattore a combustibile metallico liquido è stata decisa dall'USAEC nel novembre del 1955. Si tratta di un reattore autofertilizzante termico eterogeneo moderato a grafite nel quale il combustibile (233U ed inizialmente 235U) è sciolto in bismuto fuso. Vi è inoltre un mantello per la fertilizzazione contenente una sospensione di ossido di torio in bismuto fuso. Il combustibile e il materiale fertile vengono fatti circolare e rigenerati parzialmente con continuità come nei reattori omogenei e cedono il loro calore in due scambiatori a una lega di metalli fusi la quale a sua volta in altri scambiatori produce vapore a temperature e pressioni elevate. Il reattore a combustibile liquido unisce quindi ai vantaggi dei reattori omogenei la possibilità di funzionamento con elevati rendimenti termici. l'LMFR avrà in questa fase sperimentale una potenza termica compresa fra 6 e 10 MW: se i problemi tecnologici che la realizzazione di questo reattore presenta potranno essere risolti favorevolmente, ci si ripromette di ottenere, da impianti dello stesso tipo, impostati su piano industriale, prestazioni molto brillanti. Il reattore OMRE (Organic Moderated Reactor Experiment), la cui costruzione è stata decisa dall'AEC nel dicembre del 1955, avrebbe secondo le dichiarazioni dell'AEC lo scopo principale di dimostrare la possibilità pratica di impiegare moderatori organici. Le principali caratteristiche richieste ai moderatori organici sono quelle di avere un elevato punto di ebollizione, ciò che permette di raggiungere alte temperature senza che si renda necessario l'impiego di elevate pressioni e di avere inoltre una buona resistenza alle radiazioni. Esistono alcuni idrocarburi, come il difenile e il trifenile, che posseggono queste caratteristiche e che presentano inoltre buone qualità moderatrici. L'OMRE, che verrà costruito dalla North American Aviation, avrà una potenza termica da 5 a 15 MW ed impiegherà appunto come moderatore e mezzo refrigerante il difenile. 15 L'ultimo tipo di reattore studiato dall'AEC è quello raffreddato a gas: di questo reattore non sono ben note le caratteristiche. Si sa soltanto che diversi tipi di reattore, tra i quali l'LMFR, potrebbero impiegare come mezzo refrigerante gas aventi opportune caratteristiche, e che a tali reattori potrebbe essere accoppiata una turbina a gas a ciclo chiuso. Secondo le dichiarazioni di uno dei direttori dell'AEC, sembra che con l'impiego del reattore raffreddato a gas, possono essere ottenuti valori particolarmente elevati del rendimento del ciclo, e che i costi di impianto possano risultare inferiori a quelli degli altri tipi di impianti nucleari di pari potenza. La temperatura necessaria per un buon funzionamento dell'impianto dovrebbe essere dell'ordine di 1.200÷1.400°F (650÷760°C): la tecnologia necessaria per raggiungere queste temperature non è stata però ancora sviluppata. 4. Reattori industriali di potenza Come già ho avuto modo di dire i reattore dell'USAEC hanno carattere sperimentale; tuttavia le favorevoli possibilità che i primi cinque tipi di reattore già presentavano hanno indotto l'Atomic Energy Commission a proporre nel 1955 all'industria americana un programma per la costruzione su scala industriale di impianti nucleari per la produzione di energia elettrica: questo programma, il “Power Demonstration Reactor Program”, prevede la possibilità di concedere facilitazioni alle imprese aderenti, qualora ciò venga ritenuto necessario dalle imprese stesse. Sotto l'egida del “Power Demonstration Reactor Program” è stata iniziata nel corso del 1955 la progettazione e la costruzione di quattro impianti nucleari per la potenza elettrica complessiva di circa 490 MW elettrici: una di queste iniziative non prevede la concessione di aiuti da parte dell'USAEC, per altre due iniziative se vi saranno richieste di facilitazioni, queste saranno molto limitate, mentre per la quarta, l'unica che fa capo ad enti pubblici, è già stabilita la concessione di un concreto aiuto finanziario. Inoltre, sempre negli Stati Uniti, al di fuori di ogni programma dell'AEC sono state impostate dall'industria privata, tre altre centrali elettronucleari per una potenza complessiva di circa 585 MW elettrici. Nell'allegato (b) sono riportate le principali caratteristiche di questi sette impianti: aggiungerò che il loro costo complessivo è preventivato in circa 300 milioni di dollari corrispondenti a circa 275 $/kW: E' questo un dato molto interessante, soprattutto se si tiene presente che si tratta di impianti prototipi. Per ragioni di brevità devo prescindere dalle iniziative di carattere più modesto che pure sono state intraprese negli Stati Uniti. Vorrei invece sottolineare come tutti e cinque i tipi di reattori previsti dal piano quinquennale dell'USAEC sono contemplati anche in queste concrete iniziative di carattere industriale; questo fatto conferma ancora una volta che, anche se non è stato ancora definito il reattore più conveniente, pur tuttavia tutti i tipi presentano favorevoli possibilità di applicazione industriale. La situazione inglese è fondamentalmente diversa: infatti, contrariamente a quanto fatto negli Stati Uniti, che stanno appunto seguendo una varietà di indirizzi, direi quasi una politica di diversificazione, anche se qualcuno di questi indirizzi richiede l'impiego di tecnologie inusitate, la Gran Bretagna ha voluto impostare il suo pur notevole programma di sviluppo nucleare su un unico tipo di reattore: quello a uranio naturale moderato a 16 grafite e raffreddato ad anidride carbonica, reattore che prevede l'impiego di tecnologie sulle quali gli inglesi hanno già una notevole esperienza. Il tipo è stato scelto probabilmente per le seguenti ragioni. In primo luogo l'Inghilterra non dispone di quantitativi importanti di uranio arricchito, quali sarebbero necessari per altri tipi di reattore, mentre dispone di uranio naturale in quantitativi notevoli; perciò ha preferito un reattore ad uranio naturale. In secondo luogo il reattore prescelto è plutonigeno ed il plutonio può essere usato oltre che per arricchire l'uranio naturale per i futuri reattori, anche per altri fini Infine è da tener presente la situazione notevolmente diversa nella quale si son venuti a trovare Gran Bretagna e Stati Uniti, per quanto si riferisce alle disponibilità energetiche tradizionali; è noto che la Gran Bretagna, pur possedendo notevoli riserve di combustibili solidi, si trova oggi, per motivi diversi in gravi difficoltà a soddisfare la domanda interna di energia; in Gran Bretagna pertanto la produzione sollecita di energia elettronucleare è considerata come un mezzo della massima importanza per sanare nell'immediato futuro il deficit del bilancio energetico; è probabilmente anche per questo motivo che il programma nucleare inglese è per ora impostato su un solo tipo di reattore che, anche se non dovesse rivelarsi in futuro il migliore in linea assoluta, è considerato oggi tale da poter dare il massimo affidamento di prestazioni abbastanza soddisfacenti senza troppi rischi. Non starò a dilungarmi ad illustrare il piano nucleare inglese, cui è già stata data notevole pubblicità; ricorderò semplicemente come gli inglesi contino di installare in centrali nucleari da 1,6 a 2.106 kW elettrici entro il 1965 e da 15 a 20.106 kW entro il 1975. Anche l'Unione Sovietica, della quale è d'altra parte noto l'alto livello raggiunto nel settore della ricerca e delle realizzazioni pratiche in campo nucleare, ha dato nel suo ultimo piano quinquennale, relativo al periodo 1956 – 1960, grande rilievo alle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare. In particolare, tra le molte iniziative che dovrebbero essere intraprese nel quinquennio considerato, è previsto che entro il 1960 venga iniziata la costruzione di centrali elettronucleari per una potenza complessiva da 2 a 2,5.106 kW elettrici. Non si conoscono esattamente i tipi di reattore che verranno installati in tali centrali: è però sintomatica la dichiarazione del febbraio scorso di Igor V. Kurchatov, membro dell'Accademia Sovietica delle Scienze, secondo la quale i reattori di cui al piano quinquennale, avrebbero una potenza elettrica da 40 a 200 MW elettrici ciascuno e sarebbero di circa 10 tipi diversi, comprendenti reattori termici, veloci ed epitermici, moderati a grafite o a berillio o ad acqua naturale o pesante e raffreddati con gas o con metalli fusi. In base a questa dichiarazione si può ritenere che le linee generali di impostazione del piano sovietico siano molto simili a quelle del piano industriale statunitense. Non ricorderò le iniziative che altri paesi hanno già intrapreso nel campo della produzione di energia elettronucleare, sia perché l'importanza di tali iniziative è notevolmente inferiore a quelle che ho citato, sia perché penso che questa breve e sommaria rassegna dei programmi americani, inglesi e russi possa essere più che sufficiente per dimostrare che l'energia nucleare è ormai da tempo uscita dai laboratori di ricerca per mettersi definitivamente sulla strada delle realizzazioni industriali. 17 5. Costo di produzione dell'energia nucleare E' stato già ricordato come l'aspetto economico del problema elettronucleare non sia stato ancora definitivamente risolto: si può tuttavia affermare che, laddove il combustibile tradizionale è più a buon mercato, il costo di produzione dell'energia elettrica da energia nucleare negli impianti impostati con criteri industriali, pur essendo in rapida riduzione, è oggi ancora superiore all'analogo costo ottenibile nelle moderne centrali termoelettriche di uguale potenza; naturalmente molti elementi possono influire sull'entità dello scarto tra i due costi, quali ad esempio il costo del denaro e la lontananza dei centri di produzione dei combustibili tradizionali. Prima di esaminare in dettaglio la questione, ho ritenuto opportuno, per meglio inquadrare il problema, riportare nell'allegato (c) alcuni costi di produzione dell'energia elettrica da energia nucleare che sono stati esposti alla Conferenza di Ginevra. In tale allegato sono indicate le caratteristiche costruttive principali, i costi d'impianto, i costi totali e parziali di produzione e, in modo sintetico, i criteri di base ai quali una parte di questi costi è stata determinata. Va premesso in primo luogo che tali costi non si riferiscono a centrali già in esercizio ma rappresentano dati teorici relativi ad alcuni impianti in costruzione o in progetto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. I criteri di valutazione non sono inoltre uniformi nei diversi casi: in particolare una notevole differenza si ha nella valutazione dell'onere complessivo del capitale (costo del denaro, spese e tasse relative e quote di ammortamento). E' evidente che i costi esposti valgono solamente per le particolari situazioni considerate: si è voluto tuttavia aggiungere nell'ultima colonna della tabella, semplicemente a titolo orientativo, il costo di produzione dell'energia elettronucleare che risulterebbe se per tutti gli impianti si assumesse lo stesso onere complessivo del capitale del 16%. Va sottolineato che i costi riportati nell'allegato (c) non sono assolutamente validi per la situazione italiana; basti soltanto considerare gli oneri del capitale; è noto che in Italia il denaro a lungo termine più conveniente per l'industria elettrica, disponibile per altro in scarsissima misura, non costa meno dell'8%, contro il 3 ÷ 4% della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Iniziando ora l'esame dei dati dell'allegato (c) è interessante osservare in primo luogo come i costi di produzione dell'energia elettrica aumentino rapidamente, per lo stesso tipo di reattore, con il diminuire della potenza. Un discorso a sé meriterebbe invece l'analisi e la discussione della quota del costo di produzione dell'energia elettrica relativa al combustibile: per ben comprendere come questi costi vengono valutati è necessario avere presente il funzionamento dei diversi tipi di reattore ed i problemi relativi alla fabbricazione ed alla rigenerazione degli elementi combustibili. Come è noto, affinché un reattore possa funzionare, è necessario innanzi tutto che in esso sia presente una quantità di combustibile nucleare (carica iniziale) sufficiente per rendere possibile la reazione a catena. La carica iniziale è un dato tipico di ciascun reattore; essa dipende solo dalle caratteristiche tecniche del reattore e non dalle previste ore di utilizzazione. In ciò le centrali elettronucleari differiscono sostanzialmente dalle centrali termiche tradizionali. In queste ultime l'approvvigionamento dei combustibili può essere messo in stretta relazione coll'andamento della loro produzione mentre nelle prime occorre ammassare in partenza una ben determinata quantità di combustibile nucleare perché la combustione possa iniziarsi e mantenersi. 18 Gli immobilizzi dovuti alla carica iniziale possono essere rilevanti e sono costituiti dal costo del combustibile nucleare presente nel reattore e dall'eventuale costo di fabbricazione degli elementi combustibili: gli oneri relativi a tali immobilizzi, chiamati dagli americani “inventory”, costituiscono una prima voce della quota del costo di produzione dell'energia relativa al combustibile nucleare. Una seconda voce di costo è data dal valore del combustibile effettivamente consumato per la produzione di energia. D'altra parte è noto che non è possibile bruciare nel reattore senza interruzione tutto il combustibile dalla carica sino alla sua consumazione totale; la fissione dei nuclei produce infatti dei “veleni” (vale a dire sostanze aventi una forte capacità di assorbimento dei neutroni) che ad un certo momento determinano l'arresto della reazione a catena. Per evitare questo fenomeno, è stato introdotto il concetto di “irradiation time” che esprime la quantità di energia che può essere prodotta dall'unità di peso di combustibile nucleare (materiale fissile più fertile) prima che si arresti la reazione a catena rendendo quindi necessaria la rigenerazione degli elementi combustibili; per dare un ordine di grandezza ricorderò che allo stato attuale della tecnica l' “irradiation time” vari in funzione delle caratteristiche dei reattori e del combustibile usato da 3.000 a 10.000 MW termici giorno/tonnellata il che significa che si possono ottenere da 72.000.000 a 240.000.000 di kWh termici per tonnellata di combustibile nucleare. Un notevole sforzo è attualmente effettuato dall'industria la fine di ottenere valori sempre più elevati di “irradiation time”, in quanto è evidente che ad un aumento di tale grandezza corrisponde una diminuzione sensibile del costo di produzione dell'energia elettrica. Gli elementi combustibili avvelenati devono essere estratti dal reattore, per quanto essi contengano ancora una notevole quantità di materiale fissile, e sottoposti alla rigenerazione (reprocessing) vale dire a processi chimici per la separazione dei “veleni” in essi formatisi. Nella valutazione del costo totale relativo al combustibile nucleare si deve quindi anche tener conto del costo di rigenerazione e dell'eventuale costo di rifabbricazione degli elementi (terza voce di costo). E' noto infine che, durante il funzionamento di un reattore, si viene a formare, attraverso reazioni nucleari, materiale fissile (239Pu da 238U, 241Pu da 240Pu, 233U da 232Th): questo materiale fissile prodotto, in parte viene consumato nel reattore stesso, in parte viene separato durante il processo di rigenerazione. E' evidente che il valore del materiale fissile prodotto e separato, che come tale può essere impiegato per la produzione di energia e per altri scopi, deve essere dedotto dal costo totale relativo al combustibile. Riassumendo, questo costo totale è la somma algebrica di quattro termini, l'onere relativo all'inventory, il costo del combustibile effettivamente consumato, il costo di rigenerazione e di rifabbricazione degli elementi combustibili e infine il valore del materiale fissile prodotto nel reattore Quest'ultima voce, che ovviamente è di segno contrario alle altre, può assumere una notevole importanza nei reattori autofertilizzanti (“breeder”) nei quali la quantità di materiale fissile prodotto è superiore alla quantità di materiale fissile consumato. Va osservato infine che il materiale fissile prodotto può assumere un valore extra economico, quando esso sia richiesto per esigenze di carattere militare (plutonio). Volendo esaminare ora da un punto di vista quantitativo i dati dell' allegato (c), è necessario ricordare che i costi in esso riportati sono costi presunti in quanto i reattori ai quali si riferiscono, come già è stato detto, non sono ancora in esercizio ma si trovano 19 solamente in fase di progetto o di costruzione. Inoltre in alcuni casi nella determinazione dei costi di impianto si è supposto che taluni problemi di carattere tecnologico non ancora del tutto risolti fossero già superati. Queste considerazioni non devono però indurre, per diversi motivi, a ritenere privi di molto del loro significato i costi riportati nell'allegato (c). In primo luogo la tecnica degli impianti nucleari è, come tutte le tecniche giovani, tuttora in fase di evoluzione e se progressi sostanziali sono già stati raggiunti in questi ultimi anni, è lecito ritenere che progressi ancora più sostanziali si potranno raggiungere in futuro. In secondo luogo tali costi si riferiscono ad impianti “prototipi” e comprendono forti importi relativi ai necessari esperimenti. E' evidente che costruito il prototipo, la produzione su base industriale si avrà a costi sensibilmente ridotti da una parte e, in base all'esperienza di esercizio, con rendimenti ben superiori dall'altra. Vorrei anche aggiungere che i costi esposti a Ginevra hanno già un anno di età e nel campo nucleare, in cui tutto si svolge a velocità vertiginosa, ciò non è poco; ad esempio in questi ultimi mesi sono già state fatte offerte su base commerciale di impianti di potenza dell'ordine di 100 MW elettrici con costi di impianto di circa 250 $/kW. Ritengo quindi di poter affermare con sicurezza che lo scarto oggi esistente tra il costo dell'energia elettronucleare e costo dell'energia termoelettrica è destinato a diminuire rapidamente per arrivare a cambiare di segno in un futuro prossimo: questo futuro sarà più o meno vicino nei diversi paesi del mondo, a seconda del ruolo che giocano in essi i fattori economici, tecnici e finanziari che intervengono nella determinazione dei costi di produzione dell'energia. Questa fiducia nell'avvenire dell'energia nucleare è condivisa d'altra parte dalla grande maggioranza degli esperti: mi limiterò a ricordare le dichiarazioni di Willard F. Libby, membro dell'USAEC. Nel novembre del 1955 Willard F. Libby, dopo aver ricordato come il costo medio dell'energia elettrica termoelettrica prodotta negli USA sia attualmente di 7,4 mills/kWh, ha affermato che, a suo parere, tra 5 ÷ 10 anni il costo dell'energia elettrica prodotta per via nucleare dovrebbe scendere negli Stati Uniti a 6 ÷ 7 mills/kWh in impianti di grande potenza mentre in qualche paese straniero la produzione di energia elettronucleare a costi competitivi potrebbe realizzarsi ancor prima che non negli Stati Uniti. Io ritengo che proprio l'Italia possa essere uno tra i primi di questi paesi: la situazione del mercato italiano del denaro e dei combustibili tradizionali fa infatti apparire l'energia elettronucleare nelle attuali condizioni assai più allettante di quanto essa possa risultare in altri paesi, come ad esempio, negli Stati Uniti. Come è già stato detto il costo del denaro in Italia è più che doppio di quello degli Stati Uniti; ancor maggiore è però la differenza tra i costi dei combustibili tradizionali: mediamente si può ritenere che ad un costo di 0,8 ÷ 1,2 $/106 Cal negli Stati Uniti corrisponda un costo di 2,4 ÷ 2,8 $/106 Cal in Italia. Ne deriva evidentemente che il costo dell'energia termoelettrica nel nostro paese è notevolmente più elevato che non negli Stati Uniti. Per quanto riguarda invece il costo di produzione dell'energia elettronucleare in Italia, mentre per il maggior immobilizzo specifico richiesto dagli impianti nucleari i costi relativi al capitale verrebbero ad avere una maggior incidenza rispetto agli analoghi costi italiani per l'energia termoelettrica, non vi dovrebbero essere invece differenze sensibili tra costo del combustibile nucleare in Italia e negli Stati Uniti. 20 Si può così facilmente dedurre che il costo di produzione dell'energia elettronucleare in Italia, pur essendo in valore assoluto notevolmente superiore all'analogo costo negli Stati Uniti, è molto più vicino al costo italiano dell'energia termoelettrica di quanto ciò non avvenga in altri paesi: anzi sulla base di alcune offerte di ditte americane sembrerebbe possibile ritenere che, salvo gli eventuali imprevisti, l'energia elettronucleare avrebbe già raggiunto nel nostro paese livelli quasi competitivi. La costruzione degli impianti nucleari appare quindi in Italia da un punto di vista economico, sotto una luce favorevole e dal punto di vista tecnico indispensabile a brevissimo termine. 6. Impostazione di un programma elettronucleare in Italia Per la realizzazione di un impianto elettronucleare, anche acquistandolo all'estero è oggi necessario nella migliore delle ipotesi un periodo di quattro anni; d'altra parte nel 1965, secondo le necessità illustrate, dovrebbero comunque essere in esercizio le prime centrali elettronucleari italiane. L'esperienza italiana, per quanto riguarda la costruzione e l'esercizio di queste centrali, è praticamente nulla. E' quindi evidente la necessità di impostare e risolvere nel più breve tempo possibile un programma organico che permetta al paese di affrontare il futuro con sufficiente preparazione: mi limiterò qui a considerare il problema dal punto di vista dell'esercente di impianti, senza quindi entrare nel merito delle questioni, pure della massima importanza, che possono e devono interessare l'industria italiana meccanica, siderurgica, chimica e mineraria. I principali traguardi che l'industria elettrica italiana deve raggiungere nel corso dei prossimi anni sono innanzitutto la preparazione dei tecnici e degli specialisti che saranno adibiti all'installazione e all'esercizio degli impianti nucleari, e la realizzazione delle prime centrali elettronucleari che, mentre aiuteranno a far fronte alla crescente domanda di energia, dovranno offrire la possibilità di fare la necessaria esperienza di esercizio. Una prima preparazione di base può essere data dalla scuola; già l'industria elettrica si è preoccupata di inviare presso le più importanti Università italiane e straniere e presso laboratori specializzati in questo campo un certo numero dei suoi tecnici; a questo riguardo non posso esimermi di ricordare qui il C.I.S.E., fondato nel 1946 dall'industria italiana proprio con questi scopi ed il Corso di Perfezionamento in Fisica Nucleare Applicata che si tiene dal 1950 al Politecnico di Milano, molto apprezzato e della massima utilità per i giovani laureati che vogliono indirizzarsi nel campo dell'ingegneria nucleare. La preparazione scolastica dovrà poi essere naturalmente completata attraverso il diuturno lavoro a contatto con i problemi pratici dell'installazione e dell'esercizio degli impianti nucleari. Per quanto riguarda invece la costruzione delle prime centrali elettronucleari, è evidente in primo luogo che, fino a quando l'industria costruttrice italiana non sarà in grado di sopperire alle esigenze nazionali, i primi impianti nucleari dovranno essere acquistati sul mercato dei paesi tecnologicamente più progrediti. Ci si deve pertanto augurare che l'interesse che già da tempo si è manifestato nell'ambito dell'industria costruttrice italiana per i problemi connessi alle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare, vada sempre più intensificandosi e che essa abbia a 21 mettersi gradualmente in condizione di soddisfare le richieste del mercato interno man mano che questo si svilupperà. Assodato che necessariamente gli impianti della “prima generazione” devono essere acquistati sul mercato straniero, i primi problemi da risolvere riguardano la potenza e il tipo di reattori di questi impianti. A prima vista si potrebbe forse ritenere più conveniente, per acquistare una certa “confidenza” con i reattori, l'installazione di impianti di potenza modesta, dell'ordine di 10 MW elettrici. A mio parere , invece, molti sono i motivi per i quali appare preferibile l'installazione di impianti di potenza superiore, dell'ordine di 100 MW elettrici e forse più. In primo luogo mentre attualmente la scelta di un reattore di potenza di 10 MW elettrici è praticamente limitata al solo tipo ad acqua in pressione, essendo gli altri tipi a questa potenza assolutamente troppo costosi o ancora in frase di sviluppo, per reattori di potenza dell'ordine dei 100 MW elettrici si hanno maggiori possibilità di scelta, poiché i costi dei vari tipi di reattore, molto diversi per le basse potenze, tendono a livellarsi per potenze elevare. Inoltre l'esperienza che si potrà trarre da un impianto da 100 MW elettrici potrà essere utilizzata per il progetto e la costruzione di reattori italiani della “seconda generazione” la cui potenza, per motivi economici e per il continuo aumento delle richieste di energia, dovrà necessariamente non risultare inferiore a 100 MW elettrici: Va inoltre messo in rilievo che i reattori di potenza elevata vengono attualmente progettati in modo tale da potere in futuro facilmente adattarsi a quelle modifiche di carattere tecnico, abbastanza facilmente oggi prevedibili, che l'inevitabile progresso tecnologico consiglierà di apportare. Diversa è invece la situazione dei reattori di potenza dell'ordine dei 10 MW elettrici. In primo luogo l'esperienza di esercizio di un tale reattore non sarebbe corroborante per la troppo modesta potenza in gioco e non potrebbe essere integralmente estrapolata per il progetto e la costruzione di reattori aventi una potenza di 10 ÷ 20 volte superiori, quali saranno i reattori della “seconda generazione”; tale esperienza finirebbe quindi con l'avere un interesse pratico piuttosto relativo e, in ogni caso, molto inferiore a quella ricavabile da un impianto di potenza elevata. In secondo luogo i reattori di bassa potenza hanno una minore elasticità di adattamento ai progressi tecnologici, e quindi un più rapido invecchiamento tecnico, sia il perché voler prevedere tale elasticità inciderebbe sensibilmente sui costi specifici d'impianto, sia perché è prevedibile che in futuro le applicazioni dei reattori di bassa potenza saranno limitate. Importanza determinante hanno infine le considerazioni di carattere finanziario ed economico: infatti sia il costo d'impianto, sia il costo di produzione dell'energia elettronucleare di un impianto ad acqua in pressione da 10 MW elettrici risulterebbero, valutati in relazione alla situazione italiana, almeno doppi degli analoghi costi di un impianto nucleare da 100 MW elettrici; ne deriva evidentemente che l'esperienza di esercizio, mentre riuscirebbe relativamente poco costosa per l'impianto da 100 MW, per un impianto da 10 MW risulterebbe da un punto di vista economico addirittura proibitiva. Per quanto riguarda le caratteristiche costruttive del reattore, abbiamo visto all'inizio di questa conversazione come numerosi siano i tipi promettenti: ci si dovrebbe orientare, almeno in un primo tempo, verso quei tipi di reattore che, pur presentando possibilità notevoli di miglioramenti tecnici, non richiedano l'impiego di tecnologie troppo audaci e completamente a noi nuove. 22 Un cenno particolare meritano infine i problemi inerenti alla sicurezza degli impianti nucleari in considerazione dei pericoli per le persone e le cose insiti nell'utilizzo della nuova fonte energetica. Va innanzi tutto chiarito a questo riguardo che il funzionamento dei reattori è intrinsecamente sicuro e che oggi si dispone di mezzi molto perfezionati per evitare il verificarsi di situazioni pericolose per le persone e per le cose: a ciò si aggiunga che in tutti gli impianti nucleari vengono prese misure di sicurezza tali da ridurre al minimo, nel caso quanto mai improbabile che queste situazioni pericolose avessero a verificarsi, le conseguenze sulle persone e sulle cose. Finora si sono verificati due soli incidenti, nessuno dei quali ha avuto conseguenze mortali per le persone per il pronto ed efficace intervento dei mezzi di protezione che, come si è detto sopra, sono installati negli impianti. Quando le misure di sicurezza vengono razionalmente prese, il problema della sicurezza degli impianti nucleari non si presenta quindi in termini sostanzialmente diversi da quelli relativi alla produzione ed alla manipolazione di altri materiali, quali gli esplosivi, i prodotti chimici pericolosi e le sostanze venefiche: è chiaro in definitiva come il problema della sicurezza civile dei reattori e degli impianti nucleari non sia tale, quando vengono osservate tutte le precauzioni necessarie, da giustificare i timori dell'uomo della strada, conseguenza psicologica del fatto che l'energia nucleare si è presentata al mondo con la bomba atomica anziché con le applicazioni pacifiche. Sul piano realizzativo l'industria elettrica italiana ha già intrapreso le sue prime iniziative: è noto ad esempio come recentemente le più importanti Società elettrocommerciali italiane, tra le quali la Società cui appartengo, abbiano costituito la Società Elettronucleare, il cui scopo sarà quello di produrre energia elettrica da energia nucleare. La Società Edison, inoltre, sta da tempo trattando con ditte costruttrici americane l'acquisto di un impianto nucleare da 100 MW elettrici. Esaminando ora un altro aspetto del problema, è necessario ricordare come, a differenza di quanto è avvenuto in molti altri paesi, in Italia non sono state emanate a tutt'oggi particolari disposizioni legislative per regolare le attività in campo nucleare. La situazione attuale internazionale e le sempre maggiori liberalizzazioni effettuate negli Stati Uniti ci lasciano sperare che anche in Italia le tendenze monopolistiche e dirigistiche vadano sempre più attenuandosi per lasciare il posto, nell'interesse della Nazione, ad una visione liberistica del problema nucleare che lasci tutta la necessaria libertà di azione all'iniziativa privata, sia pure con i controlli che la particolare materia può imporre nei confronti della sicurezza nazionale e della salute pubblica. Un altro punto della massima importanza per la produzione di energia elettrica da energia nucleare non ancora definito, riguarda la mancanza di un accordo bilaterale per i reattori di potenza tra l'Italia e gli Stati Uniti. Abbiamo già messo in rilievo come sia necessario ricorrere al mercato straniero per l'acquisto dei primi reattori di potenza italiani. D'altra parte l'acquisto di un impianto nucleare sul mercato degli Stati Uniti, che sono notoriamente il paese tecnicamente più progredito, è possibile solamente in quanto venga concluso, a livello governativo, un accordo bilaterale per i reattori di potenza che deve tra l'altro assicurare la disponibilità del combustibile nucleare. La stipulazione di tale accordo è subordinata alla esistenza in Italia di una legislazione nucleare. Gli ambienti responsabili statunitensi si sono sempre mostrati favorevoli a stringere con i paesi amici, e con l'Italia in particolare, un accordo bilaterale per i reattori di potenza. Purtroppo questa favorevole disposizione del Governo degli Stati 23 Uniti, per altro condivisa dagli ambienti industriali statunitensi, non ha potuto concretarsi in pratica realizzazione: ci auguriamo che ciò possa avvenire presto. Nel corso del 1955 il Canadà, il Belgio e l'Inghilterra, che si trovano in condizioni particolari, hanno stipulato con gli U.S.A. I relativi accordi bilaterali per reattori di potenza. L'anno 1956 è stato definito dalla stampa americana l'anno degli accordi per i reattori di potenza; che questa affermazione corrisponda alla verità è dimostrato dal fatto che già dal febbraio di quest'anno sono in corso trattative tra Stati Uniti, Olanda, Australia e Svizzera per la stipulazione di accordi relativi ai reattori di potenza. Fino a quando il “bilateral agreement” non verrà concluso dall'Italia, lo sviluppo della produzione di energia elettrica da energia nucleare risulterà praticamente paralizzato: è necessario quindi stringere bi tempi ed agire sollecitamente. 7. Conclusioni Concludendo, l'era atomica delle applicazioni industriali ha ormai avuto inizio: il tempo gioca a favore dell'energia nucleare ed è vicino il momento in cui questa nuova fonte di energia potrà entrare in concorrenza in tutto il mondo con quelle tradizionali. L'Italia, come abbiamo visto, è molto interessata alla produzione di energia elettronucleare, sia per la situazione deficitaria in cui verrà a trovarsi tra qualche anno il suo bilancio energetico, sia per la luce favorevole sotto la quale appare oggi nel nostro paese l'aspetto economico di tale produzione. Non vi è tempo da perdere: è giunto il momento in cui le parole devono lasciare il posto ai fatti. L'industria elettrica italiana, che vede nei combustibili nucleari la possibilità di sopperire all'esaurimento delle risorse idrauliche ed alla mancanza di combustibili tradizionali, senza che per questo si randa necessario modificare la sua struttura, ha già predisposto i suoi piani, sia per quanto riguarda la preparazione dei tecnici sia per quanto riguarda l'installazione dei primi impianti nucleari. Essa chiede ora di potersi liberamente incamminare, senza che le vengano frapposti ostacoli di natura politica o legislativa, per la strada che si propone di percorrere nella convinzione di cooperare efficacemente, nell'interesse della collettività, al progresso della Nazione 24 25 26 27 28