“Quando sei nato non puoi più nasconderti” di

Transcript

“Quando sei nato non puoi più nasconderti” di
Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
Progetto CINEMAINSIEME
in collaborazione col circolo ARCI Benassi
“Immigrazione: un fenomeno sociale tra
integrazione e intolleranza (2° ciclo)”
Una rassegna di tre film che raccontano storie tra Africa, Stati Uniti ed Europa.
1. martedì 6 novembre 2012 “Lamerica”
di Gianni Amelio
2. martedì 13 novembre 2012 “L’ospite inatteso”
di Thomas McCarthy
3. martedì 20 novembre 2012 “Quando sei nato non puoi più nasconderti”
di Marco Tullio Giordana
3
martedì 20 novembre 2012 ore 20:45
verrà proiettato, in sala audiovisivi dell’oratorio, il film
“Quando sei nato
non puoi più nasconderti”
di Marco Tullio Giordana
SCHEDA
titolo
Quando sei nato non puoi più
nasconderti
distribuito da 01
Alessio Boni (Bruno), Michela Cescon
(Lucia), Rodolfo Corsato (Popi),
Matteo Gadola (Sandro), Ester Hazan
(Alina), Vlad Alexandru Toma (Radu),
Marcello Prayer (Tore), Giovanni
Martorana (Barracano), Sini Ngindu
Bindanda (clochard), Kubiwimania
George Valdesturlo (Samuel),
interpreti Gianluigi Spini (Quaresmini), Lola
Peploe (Nigella), Simonetta Solder
(Maura), Fuschia Katherine Sumner
(Diana), Diop El Hadji Iba Hamet Fall
(Ndjaie), Mohamed Nejib Zoghlami
(Mohammed), Walter Da Pozzo
(guardiacoste), Paolo Bonanni
(carabiniere), Emmanuel Dabone
(Soki), Ana Caterina Morariu (Leana).
fotografia Roberto Forza
sceneggiatura
Maria Pace Otteri; Sandro Petraglia;
Stefano Rulli
regia Marco Tullio Giordana
produzione
Italia / Francia
/ GB, 2005
gen. drammatico
durata 1h 55'
Sandro, un ragazzo di dodici anni di famiglia bresciana benestante, è in
barca per una gita col padre Bruno ed un amico, quando di notte cade in
trama
mare. Quando gli altri occupanti della barca se ne accorgono è ormai troppo
tardi e non riescono a ritrovarlo. Per fortuna il ragazzo viene salvato da ...
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
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50 edizione David di Donatello (2006) concorrendo nell* categori* premio Film
Commission Torino Piemonte;
58 edizione Festival di Cannes (2005) concorrendo nell* categori* Palma d'Oro al
miglior film e vincendo nell* categori* premio François Chalais (a Marco Tullio
Giordana);
62 edizione Golden Globe Awards (2005) concorrendo nell* categori* migliore attore
protagonista in un film drammatico (a Alessio Boni), migliore attrice protagonista in un
film drammatico (a Michela Cescon), miglior regia (a Marco Tullio Giordana) e
vincendo nell* categori* miglior attore rivelazione (a Alessio Boni), migliore
interpretazione di attore debuttante (a Matteo Gadola), miglior film
drammatico;
61 edizione Nastro d'Argento (2006) concorrendo nell* categori* migliore presa
diretta (a Fulgenzio Ceccon), migliore attore non protagonista (a Rodolfo Corsato) e
vincendo nell* categori* migliore produttore (a Riccardo Tozzi, Marco Chimenz,
Giovanni Stabilini);
27 edizione Young Artist Awards (2006) concorrendo nell* categori* giovane attore
(a Matteo Gadola), miglior film drammatico.
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Recensioni.
ACEC
Soggetto: Sandro, 12 anni, vive a Brescia con i genitori Bruno e Lucia, imprenditori
benestanti. Durante una crociera nel Mediterraneo con il padre e l'amico Popi, Sandro cade
inavvertitamente in mare. Accortosi in ritardo dell'assenza, Bruno torna indietro ma, non
trovandolo più, lo crede morto annegato. Raccolto invece da un barcone di clandestini in rotta
verso l'Italia, Sandro è aiutato da due ragazzi rumeni, Radu e la sorella Alina, per i quali prova una
istintiva simpatia. Dopo l'intercettamento da parte della guardia costiera e il ricovero in un centro
di accoglienza, i genitori, avvertiti, arrivano sul posto e riabbracciano il figlio. Sandro chiede loro di
adottare i due rumeni. I genitori sono favorevoli, ma quando la polizia scopre che Radu è
maggiorenne, il giovane scappa con Alina per paura di essere rimpatriato e si rifugia a Brescia a
casa di Sandro. Bruno vorrebbe ancora aiutare i due, ma nella notte svaligiano la casa e scappano
via, con grande delusione del ragazzo che li sentiva amici. Qualche giorno dopo Alina, contatta
Sandro da Milano e lui subito va a cercarla. Trovatala in un complesso per immigrati, scopre che la
ragazzina si prostituisce e che Radu non è suo fratello. Allora cerca di convincerla a venire via con
lui.
Valutazione Pastorale: Dice Marco Tullio Giordana: "Volevo fare un film sul presente, ho
pensato di prendere spunto da uno dei fenomeni che più ci riguardano: l'irruzione dei migranti
nella nostra vita. Una delle cose che più ha cambiato la fisionomia delle nostre città e il tessuto
delle nostre relazioni...(Con Petraglia e Rulli) pensavamo che servisse un punto di vista
'innocente', come di qualcuno che guardasse ai migranti fuori dagli schemi del razzismo o della
solidarietà di maniera, uno sguardo senza ideologia. Per questo il protagonista è un
adolescente...". La scelta di Giordana e dei suoi sceneggiatori contiene vantaggi e svantaggi: tra i
primi, appunto, c'è il modo di reagire di Sandro, spontaneo, sincero, giusto; tra i secondi la
necessità di 'creare' a favore del bambino stesso qualche situazione un po' forzata. Soprattutto
nella parte iniziale, certi atteggiamenti del protagonista sembrano accompagnati, ossia 'scritti' e
non tanto adolescenziali. Andando avanti il racconto cresce, si fa più disteso, le immagini
prevalgono sulla parola, e Giordana arriva ad una regia di ammirevole equilibrio su un tema
magari non nuovo ma sempre difficile da trattare. Si fa apprezzare soprattutto la ben articolata
alchimia tra il taglio cronachistico (secco e ruvido) e quello più riflessivo: una soluzione espressiva
che riguarda sia l'argomento portante (gli immigrati, i centri di accoglienza...) sia quello altrettanto
significativo delle nuove realtà urbane italiane (il nord, le fabbriche dove ormai sono numerosi gli
extracomunitari, la 'ricchezza'...). La constatazione di una legge di natura che potrebbe risolvere le
situazioni in fretta ma si scontra con quella burocratica è ben evidenziata dal copione e scandita a
livello anche simbolico dal finale, con lo scambio del pane tra i due bambini nella notte. Un ponte
verso un futuro fatto di minori 'pericoli'. Il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come
accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
Teresa Braccio (rubrica “Effetto cinema” sul sito www.paoline.it)
Il film: Nella città di Brescia vive Sandro, un ragazzo di dodici anni figlio di una famiglia
benestante della zona. Durante una crociera in barca con il padre e il suo amico Popi, cade in
mare. Quando gli altri se ne accorgono e tornano indietro, non riescono a trovarlo e pensano che
sia annegato. Invece Sandro, avvistato da un gruppo di immigranti clandestini, viene aiutato e
portato a bordo del barcone nonostante la reazione degli scafisti che vorrebbero continuare la
navigazione senza problemi. A salvarlo è Radu, un ragazzo rumeno che viaggia in compagnia della
sorella minore, Alina. Per Sandro inizia così il viaggio di ritorno verso l'Italia. Un’avventura che lo
porta a misurare la propria vita e la propria capacità di adattamento. L'incontro con i clandestini, la
condivisione della loro misera esistenza, la rabbia e l’avidità degli scafisti, l’amicizia dei due ragazzi
rumeni, gli danno l'occasione di scoprire un mondo opposto dal suo. Una volta sbarcati e alloggiati
in un centro di prima accoglienza, Sandro non abbandona Radu e Alina. Chiederà ai genitori di
adottarli e, anche dopo il loro tradimento, non cesserà di aiutarli. L’esperienza condivisa con loro lo
ha messo a dura prova e ha cambiato profondamente la sua vita.
Per riflettere dopo aver visto il film:
• questo film indica chiaramente che non possiamo sfuggire alla vita e a chi ci circonda;
• per Sandro l’avventura in mare rappresenta una nuova nascita: l'età adulta entra con
violenza nella sua esistenza, aprendo il suo sguardo alla povertà e alla crudezza della
vita e obbligandolo a scrutare il mondo con occhi diversi;
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•
confrontandosi con l’abbandono, l’angoscia, le speranze e i tradimenti, Sandro supererà
la ''linea d'ombra'' che divide l'adolescenza dalla vita adulta; oltrepassato questo
confine, niente sarà più come prima.
La storia narrata dal film, affronta con verità e coraggio il problema dello sbarco dei
clandestini in Italia e del divario tra i popoli: da una parte il benessere sicuro e soddisfatto e
dall’altra la povertà e la necessità di lottare ogni giorno per salvare la vita e la propria dignità. Chi
vive nel benessere corre il rischio di non accorgersi dei bisogni altrui; chi scappa dal proprio Paese
e vive nella clandestinità, corre il rischio di diventare merce di scambio nelle mani di sfruttatori
senza scrupolo. Le due facce di una stessa realtà, quella della società contemporanea; una realtà
che non possiamo nascondere e non vedere. Un mondo sbattuto ogni giorno in prima pagina
dall’informazione. L’elemento che nel racconto unisce questi due mondi è Sandro che, pur vivendo
in una famiglia benestante, è sensibile alle situazioni di miseria e di sfruttamento. La vita lo
porterà in collegamento con persone provenienti da diversi Paesi extracomunitari, ma gli farà
anche sperimentare direttamente le profonde sofferenze..
Il titolo “Quando sei nato non puoi più nasconderti” è la traduzione in italiano del mandino
Ebar Soraya iti dogon, nome intero di Ebar Yekubu, giovane immigrato sbarcato in Italia per
sfuggire alle violenze della guerra civile che da anni sconvolge la Sierra Leone, suo paese d’origine.
Ma il nome è anche una dolorosa realtà, una inevitabile condizione di sopravvivenza per i milioni di
clandestini che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste inseguendo la speranza di una vita
migliore, più ricca e più felice. Sono persone che molto spesso non sanno dove andare, non
conoscono altri luoghi tranne il proprio villaggio di origine, non hanno chiara la meta da
raggiungere ma, allo stesso tempo, sentono la necessità di mettersi in cammino. Sentono di non
poter e di non dover più restare vittime della fame e della violenza; di dover partire in cerca di un
posto dove la vita possa essere degna di questo nome.
Il film è tratto dal libro “Quando sei nato non puoi più nasconderti. Viaggio nel popolo
sommerso” di Maria Pace Ottieri. Un racconto che ripercorre la vita di un popolo sommerso, che ci
aiuta a conoscere una realtà di cui scorgiamo solo la superficie sulla quale camminiamo ignari: il
mondo dei clandestini che sbarcano sulle coste del sud per risalire la nostra penisola. Ricostruisce
le peregrinazioni dei clandestini ripercorrendo un itinerario tristemente noto: dalla fuga in mare,
allo sbarco sulle spiagge del Sud, alle periferie degradate delle grandi città, passando attraverso i
campi di prima accoglienza.
Il regista Marco Tullio
Giordana
utilizza
una
fotografia
pulita
per
narrare
una
storia
'sporca'. Si esprime, come
nella
sequenza
finale,
attraverso metafore visive
e riesce a dipingere le
situazioni e i fatti come se
li avessimo davanti, come
se si riferissero a qualcuno
che conosciamo e che ci è
molto vicino. Una scelta
cinematografica, la sua,
che porta a guardare le
contraddizioni positive e
negative di un Paese come
il nostro, che si trova a
confrontarsi da tempo con
l'immigrazione. Chi vede il
film non potrà più ignorare l’esistenza di questa realtà e dei suoi protagonisti.
I valori su cui questa storia emozionante ci fa riflettere sono quelli intramontabili: l’amicizia,
l’amore, la solidarietà, la compassione, il senso della libertà e il valore della famiglia.
Paolo D’Agostini (“La Repubblica”)
CANNES - Dopo il buon impatto sul pubblico italiano (uscito venerdì, il film ha triplicato le
entrate l'indomani collocandosi al secondo posto dopo Le Crociate) Marco Tullio Giordana ha
cominciato a incontrare a Cannes quello internazionale. Rispondendo ieri alle domande dei
giornalisti stranieri, a chi gli chiedeva quale messaggio politico c'è in Quando sei nato non puoi più
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nasconderti, ha detto: «L’integrazione europea contiene dentro di sé un altro problema più grande,
quello dell'integrazione di chi proviene da altri continenti. Chiudersi non è possibile - quando sei
nato, appunto, non puoi più nasconderti: il bel titolo che ho preso dal libro di Maria Pace Ottieri è
anche una bella metafora - molto meglio e più giusto è governare questo cambiamento». Perché,
così aveva esordito il regista sostenendo che questo film è la "terza parte" di La meglio gioventù,
«in Italia è in atto un processo di pari importanza a quello che nel dopoguerra ci ha visti
trasformare da società agricola in società industriale: oggi ci stiamo trasformando da società
postindustriale in società multietnica. E Sandro, il bambino protagonista del mio film, discende
dalla famiglia Carati de La meglio gioventù, dallo stesso senso etico». Che cos'ha di particolare
l'Italia rispetto all'immigrazione che coinvolge gli altri paesi europei? «L'Italia ha esportato in un
secolo sessanta milioni di emigranti, un numero di persone equivalente a quanti sono oggi i suoi
abitanti. E, diversamente da altri paesi, ha conosciuto solo una breve esperienza coloniale, dunque
è meno abituata al contatto con gli altri. Nel passato di tante famiglie italiane c'è stata l'esperienza
dello strappo e della sofferenza, questo dovrebbe renderci più comprensivi perché loro sono noi, lo
specchio della nostra stessa storia». Se uno dei due sceneggiatori, Sandro Petraglia (l'altro è
ovviamente Stefano Rulli), fa eco a un argomento che in Italia è stato già usato, quello sul nostro
senso di colpa (sincero, insincero?) che il film esprimerebbe, il regista nega. «Si dice che siamo
sensibili a questo argomento perché siamo cattolici. Ma è il contrario, proprio perché siamo
cattolici ci liberiamo facilmente con la confessione. Mentre in politica siamo pronti a cambiare con
facilità casacca. Quindi certe questioni di coscienza riguardano, in profondità, soltanto la sensibilità
di una minoranza. Certo non c'è da aspettarsi un gran contributo dalla nostra attuale classe
dirigente, la cui qualità scadente fa parte dei nostri primati negativi. Ma i cittadini, attraverso
l'esperienza della loro vita quotidiana, possono fare qualcosa. Rispettando gli altri ma anche
facendosi rispettare. Solo così si conquisterà una vera integrazione, solo conoscendo e rispettando
le differenze. Che sono un arricchimento. è qualcosa in cui credo: non riconoscerei me stesso allo
specchio se non ci fossero gli altri, diversi da me». A proposito di classe politica poco prima della
conferenza stampa internazionale Giordana aveva parlato della fine «dell'idillio tra Berlusconi e
italiani» i quali si erano lasciati incantare da promesse poi non mantenute. E anche di quella
provincia
di
Brescia,
coprotagonista del
suo
film,
che
rappresenta oggi
un laboratorio del
processo
di
integrazione, che
non risponde alla
caricatura leghista.
Battuta
finale
ottimista:
«Ho
fiducia
nel
pubblico giovane,
non è vero che sia
cinico
e
conformista come
scrivono
i
giornali».
E
il
piccolo Sandro lo
rappresenta.
Titta Fiore (“Il Mattino”, 6 maggio 2005)
Gli ultimi film - «Pasolini», «I cento passi», una parte della «Meglio gioventù» - li aveva ambientati
negli anni Settanta: «Perché li considero il laboratorio dell’Italia di oggi», dice Marco Tullio
Giordana. Poi il regista si è posto altre domande, ha sentito l’urgenza di affrontare altri temi, altre
realtà che ci riguardano più da vicino. E «In quando sei nato non puoi più nasconderti», tratto dal
libro di Maria Pace Ottieri, prodotto da Rai Cinema e Cattleya, che il 15 maggio rappresenterà il
cinema italiano a Cannes e arriverà nelle sale in almeno duecento copie, affronta uno dei fenomeni
che ha cambiato con maggiore forza «la fisionomia delle nostre città e il tessuto delle nostre
relazioni»: l’immigrazione clandestina. Scegliendo un punto di vista innocente, lo sguardo di un
bambino ancora senza pregiudizi (il bravissimo Matteo Gadola),figlio del ricco Nord che durante
una vacanza in barca a vela con il padre (Alessio Boni, la madre è Michela Cescon) cade in mare e
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viene ripescato da un barcone di extracomunitari. Da qui la scoperta di un mondo sconosciuto: il
piccolo protagonista diventa amico del ragazzo rumeno che lo ha salvato e di sua sorella minore,
vorrebbe a sua volta sottrarli a un miserando destino di piccola criminalità e di prostituzione,
impara invece a misurarsi con la disillusione.
«Ho sposato il punto di vista del bambino, netto, non compromissorio, poi tutto è stato facile. Il
resto, spetta a noi adulti farlo, come suggerisce il finale aperto. In un primo momento il film
doveva chiudersi in modo più drammatico, con la morte del giovane rumeno, ucciso dalla sorella
che aveva fatto prostituire, ma la scena mi sembrava troppo impeccabile, aveva qualcosa di
dimostrativo e teologico. Ho preferito un secondo finale,tutto interno ai personaggi, in cui la
consapevolezza di un destino di sfruttamento si mescola alla speranza di un cambiamento. La
speranza che il mondo possa essere salvato dai ragazzini».
Come si è trasformata l’Italia che mostra nel film?
«Non ho la pretesa di fotografare una paese complesso come il nostro nella sua totalità. Racconto
piuttosto un fenomeno importante come l’immigrazione in una parte dell’Italia checonosco bene, il
Nord dei padroncini e della ricchezza recente, dove la necessità di manodopera in fabbrica ha
favorito forzatamente l’integrazione. Non a caso la storia è ambientata a Brescia, la città più
multietnica, che ha fatto i conti per prima con il problema dei migranti. Ecco, il film parla di
questo, del rapporto di amore e odio tra italiani ed extracomunitari, delle classi sociali in
apparenza sparite nell’illusione di una grande mobilità, in realtà più che mai solide. Perché in
Occidente tutto si configura in termini di consumi e di marginalità».
E si ripropone il conflitto tra Nord e Sud.
«Sì, la vecchia ostilità razzistica del Nord verso il Mezzogiorno si trasferisce sugli immigrati, forza
lavoro necessaria e troppo spesso mal sopportata. Ma bisogna anche dire che il rifiuto riguarda
soprattutto le istituzioni, e che la popolazione è più tollerante delle leggi. Forse nel ricordo dei
nostri emigranti, sessanta milioni nel secolo scorso, un numero impressionante. E allora può
accadere, come nel film, che lo sguardo di un bambino sia capace di demolire tutto, anche le
certezze del luogo comune».
Sullo schermo si vedono immigrati che rubano, ragazze che si prostituiscono: non teme
la negatività di queste immagini?
«So che tra gli extracomunitari ci sono dei criminali, e non trovo inammissibile aver paura degli
stranieri. Ma non si può cancellare l’idea di accogliere questa gente senza pregiudizi. Dobbiamo
dare e ricevere».
Lei mostra anche la dura realtà dei centri di accoglienza.
«Alcuni funzionano meglio di altri, ma in genere sono istituzioni terribili, come tutte le prigioni.
Siamo abituati a vedere in tv sbarchi pittoreschi, che fanno notizia, ma non sappiamo che cosa
accade dopo».
È l’unico italiano in gara a Cannes, dove trionfò con «La meglio gioventù»: sente la
responsabilità?
«Il festival è una grande opportunità, essere in concorso è già un bel risultato. Ma non mi aspetto
niente, così non avrò delusioni».
Prima di questo film aveva annunciato «Romanzo criminale» sulla banda della Magliana,
che poi ha ripreso Placido. Perché ha rinunciato al progetto?
«Perché era un’altra storia sugli anni Settanta. Perché devo amare i miei personaggi e non trovavo
niente di seducente in un gruppo di malviventi. L’idea di ”Quando sei nato” mi sembrava più
necessaria. Il cinema è uno strumento d’indagine e conoscenza, e può regalare esperienze che ti
cambiano».
Lei è cambiato?
«Ho conosciuto gente arrivata sulle carrette del mare con un carico opprimente di illusioni e
sofferenze. Sono diventato amico di chi prima mi avrebbe fatto paura. Li consideravo presenze, ho
scoperto persone».
Arrivederci a martedì 4 dicembre, per vedere, all’ARCI Benassi,
“Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” di Laurent Tirard.
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C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo M. dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
sito web: http://www.donbosco-bo.it
e-mail: [email protected]