38 Marani

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38 Marani
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Leggi il testo seguente.
Caro Sandro,
se fra tutti i vecchi compagni del liceo ho deciso di scrivere proprio a te, è perché quando ti sono
venuto a stanare nel tuo studio di avvocato, pure mimetizzato dietro l'aria dottorale che la
frequentazione del foro ti ha infuso, ho sorpreso nei tuoi occhi lo stesso sguardo di insofferenza che
avevi quando la Giatti chiamava il tuo nome per l'interrogazione di greco. Io so che non era soltanto la
paura di un brutto voto che ti avvizziva il sorriso. Era anche la fatica di vivere, che appena allora
imparavamo a sopportare, il fastidio di essere continuamente strappati al tepore dei nostri pensieri e
scaraventati davanti alla cattedra a render conto di pomeriggi passati ad ascoltare un termosifone. Fin
dal primo giorno di scuola, il tuo viso fu uno di quelli che mi rimase impresso, nella prima fila dei
banchi. Confuso e turbato come il mio dall’austerità dell’aula, dalla gravità delle parole del professore e ancora di più […] dalla presenza di quattro ragazze in classe.[…] Ah le donne! Quelle di cui
ci innamorammo io e te frequentavano la stessa classe, due aule più in là. Ma in realtà non sono mai
esistite. Erano solo nomi sul registro. Adesso lo sai anche tu. Loro ci hanno messo il viso acqueo, i
jeans che allora andavano stretti, le sciarpe scozzesi profumate di Chanel. Il resto lo abbiamo
inventato noi. Noi le abbiamo fatte vivere, muoversi, parlare, ridere con quel sorriso che ci è rimasto
stampato negli occhi e che ancora adesso è per noi l’unità di misura di ogni altro. Per questo quando le
incontriamo oggi non le riconosciamo più, a stento le salutiamo. Perché lontane da noi sono
ridiventate solo due volti sconosciuti sulla foto di classe cui invano si cerca di dare un nome.
L’amicizia che nasce fra compagni di classe diffìcilmente resiste agli assestamenti dell’età. Il
cemento degli anni vi si secca attorno e la stritola. Ma soprattutto, io e te non fummo mai davvero
amici. Ce lo impedirono le grandi divisioni di quei tempi, quando per esistere era obbligatorio
schierarsi, le idee potevano avere solo due colori e dirsi uomini liberi era essere traditori. La scuola,
l’età, i sogni, i foruncoli, le paure: tutto ci univa. Invece bisognava dividersi in rossi e bianchi, perché
così allora era diviso il mondo.
Abitammo per cinque anni gli stessi banchi senza mai conoscerci davvero. Dopo, fu un sollievo
dimenticarci. Ma la memoria è come un ghiacciaio, che scivola e impercettibilmente si arrotola su se
stesso. Così oggi è ritornato a galla nella mia mente il ricordo di te. Un ricordo fossile, spoglio di ogni
emozione e in questo essenziale, pulito. Per questo oggi ti scrivo.
[Diego Marani, Il compagno di scuola, ed. Bompiani, 2005]
1. Rispondi in breve alle seguenti domande usando parole tue.
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Per quale motivo il protagonista ha deciso di scrivere proprio a Sandro?
Perché scrive a Sandro “io e te non fummo mai veri amici”? Che cosa glielo impedì?
Perché le ragazze di cui si erano innamorati “in realtà non sono mai esistite”, ma il loro
sorriso “è per loro l'unità di misura di ogni altro”? Spiega.
Che idea della memoria ha il protagonista?
2. Immagina la risposta di Sandro. (una pagina e mezza circa.)
3. Hai trascorso cinque anni con i tuoi compagni, tra i banchi sono nati amicizie, amori,
odi, rivalità, complicità e tant’altro… Come vedi oggi il tempo, le esperienze comuni, la
maturazione e i cambiamenti intercorsi? Come immagini i vostri rapporti futuri? Come
rottura o continuità? In un testo di due pagine circa tratta queste tematiche, motivando la
tua posizione e le tue riflessioni.