Imprenditori ancora nel mirino dei mafiosi Da Agrigento

Transcript

Imprenditori ancora nel mirino dei mafiosi Da Agrigento
Imprenditori ancora nel mirino dei mafiosi
Da Agrigento a Palmi i boss tornano a sparare
Gemma Contin
ultimo è stato ammazzato la mattina di martedì sulla
L’
strada che da Palmi va a Gioia Tauro. Salvatore Melara
aveva 38 anni e una precedente condanna per associa-
zione mafiosa. Con il piccolo imprenditore calabrese c’era anche
il figlio di 14 anni che adesso è ricoverato agli Ospedali Riuniti di
Reggio Calabria con due pallottole in testa.
Non passa giorno senza che un attentato camorristico o una ritorsione mafiosa o un agguato della ’ndrangheta non colpiscano piccoli e grandi imprenditori in Sicilia, Calabria, Campania: uno
stillicidio che nessuna strategia sulla sicurezza nazionale pare riesca a scalfire.
Un mese fa, l’11 ottobre, una teca di vetro con dentro una croce è
stata lasciata a Favara, in provincia di Agrigento, davanti all’azienda di Giuseppe Catanzaro (nella foto accanto), vice di Ivan
Lo Bello alla guida di Sicindustria, impegnato nella campagna contro il racket avviata dall’organizzazione degli industriali in Sicilia. Il
15 novembre nel mirino della mafia è finito Mariano Nicotra, imprenditore messinese iscritto all’associazione antiracket. Contro
ciante di Gioia Tauro di 45 anni che il 26 aprile scorso, nel-
di lui sono stati esplosi tre colpi di pistola.
l’esplosione di un ordigno radiocomandato posto sotto la sua
L’elenco è lunghissimo, una specie di calvario diuturno: una
vettura, ha perso la vita dopo aver riportato ferite gravissime
bomba ad alto potenziale esplode la notte del 3 novembre a Ciano
agli occhi e l’amputazione di una mano e di una gamba.
sotto l’Audi4 di Bruno Zungrone, 29 anni, imprenditore edile di
Vibo Valentia. Il 14 ottobre un noto costruttore di Marcianise, Pasquale Lombardi, 33 anni, viene colpito alle gambe mentre prende
un caffè in un bar della cittadina casertana. Nella notte del 14 maggio un incendio divampato alla Hardflex, una fabbrica di materassi
di Santa Maria Capua Vetere, è considerato dagli inquirenti «un
atto punitivo» nei confronti del proprietario con danni ingentissimi
agli impianti e al magazzino. Pietro Russo era da qualche mese
sotto scorta. Fondatore e presidente dell’associazione antiracket
“Santa Maria Capua Vetere per la Legalità”, si era rifiutato di pagare il pizzo al clan dei Casalesi.
Per Tano Grasso, presidente della Fondazione Antiracket Italiana,
Ma non si possono dimenticare i tanti imprenditori minacciati di
Gela o di Catania, come Andrea Vecchio, che ha subito quattro
attentati, o di Palermo, come Rodolfo Guajana, cui hanno bruciato il deposito di vernici, e Vincenzo Conticello, titolare dell’Antica Focacceria San Francesco che ha riconosciuto e
indicato nel corso del processo il suo estortore.
Non vanno scordati neppure quelli “scomparsi”, come quell’imprenditore edile di Isola delle Femmine, Antonio Maiorana, dissolto nel nulla assieme al figlio Stefano agli inizi di agosto del
2007, attorno a cui rimane il mistero più fitto dopo il ritrovamento dell’automobile, chiusa e vuota, nel parcheggio dell’ae-
l’attentato contro Russo «è di una gravità inaudita. E’ stato colpito
roporto di Punta Raisi.
perché è parte offesa ed è stato testimone in un importante pro-
«Imprenditori siciliani in trincea», dice il titolo di un libro appena
cesso (Spartacus, ndr) conclusosi con la condanna di numerosi
presentato a Palermo alla presenza di Pina Maisano, vedova di
camorristi del clan dei Casalesi, e perché è il punto di riferimento
Libero Grassi, l’industriale tessile che per primo osò resistere al
del mondo imprenditoriale della provincia di Caserta che crede di
racket, ucciso sotto casa la mattina del 29 agosto 1991. Aveva
poter fare impresa senza convivere con i condizionamenti della
scritto al Giornale di Sicilia una lettera che cominciava con:
camorra».
«Caro estortore, adesso ti spiego perché non voglio pagare il
Si va avanti, nell’elenco degli imprenditori presi di mira da mafia
pizzo».
camorra e ’ndrangheta, fino a risalire a Nino Princi, un commer-
Dopo l’attentato a Nino Princi gli investigatori hanno detto che
12 24novembre2008 asud’europa
Dall’usura mascherata all’estorsione tipica
La Dia: così le cosche aggrediscono le imprese
si trattava di «una bomba per uccidere ma soprattutto per lanciare
legge in premessa che «le matrici mafiose endogene hanno
un segnale forte ai vivi». Perché la mafia, la camorra e la ’ndran-
evidenziato notevoli capacità di infiltrazione nel mondo impren-
gheta hanno bisogno degli imprenditori come i pesci dell’acqua:
ditoriale e nella pubblica amministrazione locale, servendosi di
devono trovare una sponda legale agli sterminati introiti illegali che
agili forme reticolari e sofisticati metodi collusivi e corruttivi...
altrimenti non avrebbero modo di essere riciclati nei circuiti del-
Lo scenario complessivo delle indagini continua a rassegnare
l’economia pulita.
l’accumulo da parte delle organizzazioni criminali di notevoli ri-
Circuiti che stanno allargandosi a nuovi sbocchi e nuove strade di
sorse economiche illegali, con il radicamento sul mercato legale
investimento: l’ambiente, l’abusivismo, il ciclo dei rifiuti dalle di-
di realtà imprenditoriali, apparentemente immuni da pregiudizi
scariche agli inceneritori, persino le energie alternative con ingenti
e lontane dalla radice mafiosa, che invece sono il principale
investimenti nell’eolico o nei depuratori. Sconfinando dagli ambiti
strumento di resilienza delle capacità associative».
locali, controllati tradizionalmente dalla criminalità organizzata,
verso nuovi territori di conquista, dal Sud al Nord, come ha scritto
appena qualche giorno fa Legambiente nel suo «Rapporto Ecomafia 2008: l’illegalità ambientale e il ruolo della criminalità organizzata» (www.legambiente.it), che si è occupato in modo
specifico de «Il caso Emilia Romagna».
Secondo l’organizzazione ambientalista: «Questa regione figura
come un’area particolarmente interessata da imponenti traffici illeciti di rifiuti industriali, da escavazioni abusive lungo i corsi d’acqua (a cominciare dal Po dove persiste la rincorsa a costruire, con
100mila seconde case sulla riviera emiliano romagnola, di cui circa
70mila nei soli tre comuni rivieraschi del Parco del Delta) e da un
pullulare di attività edilizie in mano a ditte riconducibili ai clan camorristi e della ’ndrangheta, che servono ad accumulare e riciclare
Resilienza, per Wikipedia: «Capacità di un sistema di adattarsi.
I contesti di riferimento sono quelli relativi alla business continuity. Somma di abilità, capacità di adattamento attivo e flessibilità necessaria per adottare nuovi comportamenti». Ovvero la
capacità delle mafie di annidarsi trasformandosi, cambiando
ambiti operativi e modalità di penetrazione, fino ad assumere
piena e indistinguibile sovrapposizione dell’illegale sul legale.
Indistinguibile ai più, ma non agli imprenditori.
Gli imprenditori lo sanno. Lo sanno bene. Sono gli unici a sapere dove, come, quando, con quali strumenti e risorse, mafia
camorra e ’ndrangheta si presentano a chiedere non più “solo”
collusione o corruzione, ma la “condivisione partecipata” alle
loro attività.
denaro, senza dimenticare infiltrazioni criminali negli appalti per
Perciò, alla “resilienza” di quelli, oppongono la “resistenza” di
la costruzione di opere pubbliche».
questi, o soccombono.
Anche nell’«XI Rapporto Sos Impresa: le mani della criminalità
sulle imprese», pubblicato l’11 novembre (www.confesercenti.it), si
danno i numeri sulla cosiddetta «mafia imprenditrice», con un “fatturato” di 130 miliardi nel 2007 (il 10% del Pil, ndr) e un “utile al
netto delle imposte” di 70 miliardi di euro, conseguiti attraverso
«l’estendersi di quell’area chiamata della ”collusione partecipata”
che investe il gotha della grande impresa italiana» e che vede «il
reinvestimento, oltre che nel commercio e nel turismo, nell’industria del divertimento, la ristorazione, gli autosaloni, il settore della
moda e persino dello sport, i comparti dell’intermediazione e delle
forniture».
Infine, nella relazione semestrale del Ministero dell’Interno al Parlamento «sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione
Investigativa Antimafia», 381 pagine ricche di dati, grafici e tabelle
(www.interno.it/dip_ps/dia/pagine/semestrali.htm), con uno specifico capitolo sulle «infiltrazioni criminali nell’economia legale», si
24novembre2008 asud’europa
13