Breve storia della Russia

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Breve storia della Russia
Breve storia della Russia
e del “mito della Terza Roma”
Nel XII secolo emergono tre fondamentali centri di potere, ovvero dei principati, fra le
popolazioni abitanti il ondo della Russia:
Volinia
Novgorod
Vladimir.
L'invasione mongola
Nel 1237, il paese fu invaso dai Mongoli guidati da Genghis Khan che fondarono il Khanato
dell'Orda d'Oro localizzato tra il Don ed il Volga. I principati russi furono ridotti in una
posizione subordinata e tributaria, anche se non vi fu ingerenza nella loro organizzazione e nei
loro affari interni. La distruzione di Kiev risale al 1240. Nel frattempo altre nazioni rivolgono
il loro interesse alle terre russe: Svezia, Livonia (Cavalieri Teutonici), Lituania. Una delle
figure più famose della storia russa del periodo è Alessandro, detto Nevskij, granduca di
Vladimir e principe di Novgorod, che sconfigge gli Svedesi sulla Neva ed i Livoni sul Lago
Peipus; (famoso nella storia del cinema il film Aleksandr Nevskij del regista russo Eisenstein).
Il principato di Moscovia
Nello stesso periodo si venne affermando la supremazia dei principi di Mosca (Moscovia) che
ampliarono i territori sottoposti al loro dominio anche approfittando della loro posizione di
esattori dei tributi che le diverse regioni russe dovevano versare all'Orda d'Oro. Il metropolita
greco-ortodosso di Kiev abbandonò la sua sede, ormai decaduta, e si trasferì a Mosca, che
divenne il centro religioso del paese.
Nel 1280 Daniele, figlio di Alessandro Nevskij, assunse il titolo di Granduca di Mosca e nel
1380 il principe di Mosca, Dimitrij era ormai abbastanza potente per affrontare i Tartari, che
sconfisse a Kulikovo. Da questo momento il principato di Mosca si trasformò, espandendosi
dal XV secolo sempre più ad est in Asia, fino a divenire un impero.
Ivan III Vasilievic detto il Grande (1462-1505)
Agli inizi del XV secolo i tentativi di espansione dello Stato di Lituania e Polonia verso l'est
erano caratterizzati dalla tenace tendenza a diffondere in Russia l'influenza della Chiesa
cattolica. Nel 1431, dopo la morte del metropolita Fozio, a Costantinopoli era stato nominato
suo successore il greco Isidoro che aveva partecipato al Concilio di Basilea e in più occasioni
aveva asserito la necessità dell'unione fra la Chiesa greco-ortodossa e quella cattolico-romana.
Il metropolita Isidoro partecipò anche ai Concili di Ferrara e di Firenze dove fu proclamata
appunto l'Unione delle due Chiese. In seguito a tale decisione la Chiesa ortodossa fu costretta a
riconoscere il papa come proprio capo e a rinunciare ad alcuni suoi dogmi. Ma dopo il suo
ritorno a Mosca, Isidoro fu destituito da Vasilij II il quale lo rinchiuse in carcere; il metropolita
riuscì però a evadere e a fuggire in Lituania. In seguito il sinodo dei vescovi russi elesse
metropolita, senza il consenso del patriarca di Costantinopoli, il vescovo di Rjazan', Giona
(1448). Quest'atto ebbe conseguenze importantissime, in quanto spazzò i legami
dell'ubbidienza ecclesiastica a Costantinopoli e determinò la nascita della Chiesa russa
indipendente. L'autorità del metropolita russo era limitata però solo alla Russia centrale e
meridionale. Le regioni sud-occidentali della Bielorussia e dell'Ucraina avevano conservato i
rapporti di obbedienza a Costantinopoli. In Russia l'indipendenza conquistata dalla Chiesa
locale approfondì i contrasti con l'Europa occidentale, ma allo stesso tempo fu proprio questa
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separazione a creare in parte le premesse per la formazione e il successivo sviluppo dei
caratteri peculiari della cultura russa.
Con l'elezione di Giona il granduca di Mosca ottenne naturalmente il potente appoggio della
Chiesa che da allora dipese completamente da lui. Mosca ebbe così di nuovo un vantaggio
sugli altri principati, centri di potere, e alla fine del suo drammatico regno il granduca,
divenuto cieco, fu in grado non solo di ristabilire il suo dominio su Mosca, bensì anche di
allargare la sua sfera di influenza. Divenne feudatario del principato di Rjazan' e cercò di
attaccare di nuovo Velikij Novgorod. In questa campagna, pur riportando successi militari, non
riuscì a ottenere dalle due repubbliche (Novgorod e Pskov) che l'impegno da parte dei
rispettivi governi a non prendere in futuro alcuna iniziativa contro Mosca. La direzione in cui
Vasilij aveva orientato le sue conquiste lasciava intendere che la lotta decisiva per l'egemonia
in Russia si sarebbe svolta tra Velikij Novgorod e Mosca. Proprio il figlio e successore di
Vasilij, Ivan III (1462-1505) riuscì a espugnare la repubblica di Novgorod: la repubblica
dapprima resistette e si difese con l'aiuto degli eserciti lituani, ma nel 1471 i reparti militari di
Novgorod subirono una sconfitta decisiva sul fiume Šelon e spettò a Mosca dettare le
condizioni della pace. Novgorod dovette rompere le sue relazioni con gli alleati lituani e
promettere amicizia a Ivan. Il granduca non si accontentò però di questi successi. Per
indebolire i boiari di Novgorod fomentò contro di loro una rivolta contadina e poi, con la
motivazione ufficiale di volerli proteggere, accorse in loro aiuto. In realtà, però, spezzò
completamente il potere dei boiari e dei mercanti, cosa che gli permise di mandare in esilio le
famiglie più in vista. Gli esponenti dell'aristocrazia di Novgorod dovettero stabilirsi a Mosca e
nei dintorni sotto il controllo di guardie armate, con il divieto di tornare nella città natale. Nel
1478, sottoposta a una diretta pressione militare, Velikij Novgorod abbandonò il suo
ordinamento statale, sciolse l'assemblea popolare e dovette accettare la supremazia di Mosca.
Le campane, simbolo dell'indipendenza dell'ordinamento repubblicano, che convocavano
l'aristocrazia alle assemblee, furono tolte dai campanili e trasportate a Mosca nel Cremlino.
Sotto il dominio del granduca di Mosca si chiusero così i ricchi mercati e le vie commerciali
che conducevano alle regioni del Baltico, e la repubblica di Novgorod perse anche vasti
territori che a nord arrivavano fino alla Carelia finlandese e al Mare di Murmansk. Quasi
contemporaneamente Ivan conquistò anche il principato di Tver' il cui sovrano aveva cercato,
invano, aiuto presso il re di Polonia Casimiro. Il granduca di Mosca estese inoltre il suo
dominio anche su Pskov e sul Principato di Rjazan' e creò un vasto e potente organismo statale
in cui, anche se i principi indipendenti conservarono ancora una certa autonomia, si verificava
sempre più chiaramente la tendenza a rafforzare le istituzioni del potere centrale a Mosca. Il
Granducato di Mosca divenne così il più potente Stato russo.
Lo sviluppo economico che vide in questi anni protagonista Mosca rafforzò ulteriormente la
posizione del Granducato; Mosca stessa divenne un centro nel quale si andavano stabilendo in
sempre maggior numero gli artigiani e un punto di incontro di mercanti russi e stranieri.
Soltanto alla fine del XV secolo però in questa parte dell'Europa la produzione artigianale si
rese indipendente dall'agricoltura e cominciò a rifornire di prodotti il mercato interno. Lo
sviluppo dell'economia di mercato è anche attestata dall'incipiente trasformazione dei tributi in
natura, corrisposti dai contadini, in tributi in denaro (fine del XV secolo). Oltre a Mosca si
affermò come importante mercato anche la città di Tver' dove i cacciatori portavano dal nord
le pellicce che poi venivano trasportate sul Volga verso i mercati dell'Asia centrale e in
Crimea. Un mercante di Tver', Afanasio Nikitin, è anche l'autore del primo libro di viaggi
russo (1466) in cui viene descritto il viaggio in India, attraverso la Persia, di una carovana di
mercanti russi. Dall'India giungevano ai principi russi gioielli, pietre preziose e spezie. Il
Viaggio al di là dei tre mari di Nikitin testimonia l'alto grado di sviluppo del commercio estero
russo da cui i principi traevano notevole profitto.
Oltre a questo incremento delle attività artigianali e commerciali, dalle quali il Granduca di
Mosca seppe trarre enormi vantaggi, è da tener presente la vittoria da lui conseguita nei
confronti dei boiari che riuscì a domare e a ridurre in soggezione. Per il potere centralizzato
del granduca il maggior pericolo era costituito dai discendenti dei rami laterali della dinastia
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dei Rjurikidi, che stavano creando dei governi locali autonomi e cercavano non solo di
rendersi indipendenti ma anche di estendere il proprio dominio sui vicini. Questi membri della
dinastia granducale costituivano il più alto strato dei boiari, uomini liberi, indipendenti dal
granduca. La libertà dei boiari si manifestava soprattutto nel cosiddetto diritto di partenza: in
qualsiasi momento i boiari potevano lasciare il territorio sottoposto alla sovranità del granduca,
recarsi nel territorio vicino e contrarre rapporti di vassallaggio con un altro principe. Nel 1474
Ivan III riuscì ad annullare questo diritto e costrinse i boiari a giurare che «non avrebbero
abbandonato il loro signore, il granduca». Entro la fine del XV secolo i boiari divennero in tal
modo sudditi del granduca rafforzando il potere sovrano di Ivan III.
Il successo conseguito dal granduca di Mosca nella lotta contro i boiari fu dovuto anche
all'appoggio fornitogli dalla nobiltà di grado inferiore, quella cosiddetta di servizio. Data la sua
enorme disponibilità di terre, Ivan III aveva la possibilità di donare campi e boschi ai nobili
che avevano particolari incarichi alla sua corte o che secondo i suoi ordini prestavano servizio
militare: a questi nobili si dava appunto la denominazione di «nobili di servizio». Questo tipo
di proprietà della terra si chiamava poměstije ed era valida finché il beneficiario era in vita.
Dopo la sua morte il granduca poteva farne dono a un altro combattente o funzionario
benemerito. Fu così che si andò rafforzando, rispetto ai proprietari ereditari delle terre
(votčina), il gruppo dei cosiddetti poměščiky, rappresentanti della piccola nobiltà che offrirono
un forte appoggio al potere del granduca.
Ivan III seppe sfruttare abilmente l'appoggio della nobiltà di servizio non solo per combattere i
boiari e i principi vicini, ma anche nella guerra contro i Tartari. Dal tempo della battaglia di
Kulikovo infatti il nome di Mosca era legato alle speranze di liberare la Russia dal «giogo
tartaro»: più di una volta Ivan III e i suoi predecessori si erano rivolti ai principi russi con un
appello alla lotta comune per la liberazione di tutti i paesi russi dalla dominazione pagana.
Nel XV secolo la pressione dei Tartari sulla Russia gradatamente diminuì, in quanto all'interno
dell'Orda d'Oro proseguiva il processo di disgregazione da tempo iniziato. Fra le tribù nomadi
che vivevano negli immensi territori tra il Volga e i confini con la Cina non esistevano infatti
dei solidi legami politico-economici. Le singole tribù piuttosto si portavano avanti
isolatamente le loro lotte e non volevano dividere il bottino con il Gran Khan. I Turchi inoltre
cominciavano a penetrare nell'Ucraina meridionale e nel 1475 si impadronirono di Caffa e
sottomisero il Khanato di Crimea. Dall'oriente poi stava estendendo il suo dominio sulle zone
lungo il Volga la cosiddetta Orda di Nogaj, che aveva il suo centro nella Siberia occidentale.
L'ex territorio dell'Orda d'Oro si stava quindi disgregando in diversi khanati fra cui il più
importante per la storia russa fu il Khanato di Kazan'. Da qui partirono appunto i più pericolosi
attacchi contro i principi russi, e per questo Ivan III cercò di ridurre in suo potere Kazan'. Con
alcune spedizioni nelle regioni settentrionali lungo il fiume Vyčegda e con l'avanzata di una
spedizione militare oltre gli Urali (1499) iniziò l'operazione di accerchiamento del Khanato di
Kazan'. Ivan III riuscì infine a espugnare la fortezza di Kazan' e a far prigioniero anche il khan
Ali. Ciò avvenne nel periodo in cui il granduca di Mosca si era già completamente sottratto
all'obbligo di pagare tributi all'Orda d'Oro. Inutilmente il khan Achmat tentò di conquistare
Mosca e altrettanto vani furono i suoi tentativi di costringere Ivan III, con incursioni e
saccheggi, ad assolvere agli antichi obblighi. Di contro, il granduca di Mosca approfittò
abilmente dei dissidi tra i Tartari e aizzò contro l'Orda d'Oro il khan di Crimea Mengli-Girej,
capo di una spedizione brigantesca contro Kiev. Nel 1480 gli eserciti dell'Orda d'Oro dovettero
fuggire dalla Russia, il khan Achmat fu assassinato e fra i principi russi Ivan III si attribuì alti
meriti per la liberazione comune dal predominio tartaro.
Nella lotta contro i pagani il granduca fu ampiamente sostenuto dalla Chiesa russa il cui capo,
il metropolita, risiedeva a Mosca ed era divenuto, dopo la conquista di Costantinopoli da parte
dei Turchi (1452), il principale rappresentante della Chiesa ortodossa in generale. La caduta di
Costantinopoli e l'incarcerazione del patriarca confortarono i prelati della Chiesa russa, in
quanto ciò dimostrava la giustezza del loro rifiuto d'obbedienza alla Chiesa di Roma. Secondo
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questi massimi esponenti della Chiesa russa, i Turchi erano i vendicatori divini del tradimento
commesso al Concilio di Firenze in cui era stata sancita l'unione della Chiesa greca e di quella
latina. La Chiesa russa era ormai assolutamente indipendente da ogni influenza esterna. Nei
documenti della Chiesa ortodossa si comincia a parlare di Mosca come della «Terza Roma»,
come del luogo in cui risiede il vero rappresentante di Cristo in Terra. Più tardi un frate del
monastero di Pskov, Filofeo, definirà Mosca l'erede di Roma e di Costantinopoli: «Due Rome
sono cadute, la terza sta in piedi e non ci sarà mai una quarta». Il mito della città eletta, che
stava nascendo, doveva diventare uno strumento dello Stato moscovita in continuo sviluppo:
tali idee, infatti, diffuse soprattutto nel XVI secolo, accrebbero indubbiamente il prestigio del
nome di Mosca e favorirono Ivan III nella sua opera di unificazione dei paesi russi.
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