L`OLIO RENDE SIMPATICI

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L`OLIO RENDE SIMPATICI
L’OLIO RENDE SIMPATICI
Proprio così: ne basta un cucchiaio al giorno, purchè sia un olio da olive. Parola
di Nobuo Nishimura, editore e uomo di cultura giapponese. Nel lontano 1964,
in tempi in cui il cibo non era ancora di moda, organizzò addirittura un corso di
cucina italiana per cuochi e maestre giapponesi.
Era ancora un ragazzo e galeotto fu il cinema neorealista.
De Sica, Rossellini, Germi. Il giovane Nobuo Nishimura
(classe ’33) frequenta il liceo mangiando riso al vapore (in
Giappone con l’espressione “mangiare riso al vapore”
s’intende consumare un pasto…) condito con Sciuscià,
Paisà, Ladri di biciclette… In lingua originale sottotitolati in
giapponese.
Così nasce il suo amore per l’Italia, che lo porta, innanzi
tutto, ad iscriversi alla facoltà di lingue straniere di Tokyo.
La laurea, nel ’56. Esordisce insegnando inglese alle medie
ma, già nel ’59, fonda una piccola casa editrice che
chiamerà Italia Shobo e che vivrà fino al ‘72.
Nel frattempo, nel ’64, ha organizzato un corso di cucina italiana per cuochi e maestre
giapponesi, nientemeno a Ostia! Già, il ’64 è un anno formidabile per il giovane Nobuo, che
realizzerà il sogno di visitare l’Italia grazie ad una trovata poco nipponica e molto italiana. Mi
racconta tutto nella libreria della sua attuale casa editrice Bunryu, che ha anche un ristorante
italiano, tra gli scaffali di migliaia di libri che profumano d’Italia.
Cosa accade nel ’64, professor Nishimura?
Accade che un industriale giapponese produttore di lame per spade e coltelli, Okui san, si
mette in testa di realizzare una fabbrica di pasta asciutta a Tokyo e quindi parte per acquistare
una “pasta-machine” in Italia. Naturalmente ha bisogno di un interprete ed è allora che entro
in gioco io, anche se non sarei ancora pronto.
In che senso?
Nel senso che non parlo ancora tanto bene e non sarei in grado di fare l’interprete, ma ho un
enorme desiderio di andare in Italia. E i costi sono improponibili e ottenere il visto molto
difficile. Allora mi faccio avanti.
E che succede?
Che tutto fila più o meno liscio fino a quando la visita di
Okui non suscita un tale interesse, in Italia, che la RAI
decide di dedicarle un servizio. Naturalmente il mio datore
di lavoro mi chiede la traduzione e, siccome non ho capito
nulla, improvviso…. (a questo punto scoppia a ridere,
manifestando un’allegria contagiosa).
Per fortuna Okui san – che purtroppo non è vissuto a lungo
– si mostrò molto tollerante, pur avendo perfettamente
compreso il mio imbroglio. Diventammo amici e mi finanziò
una rivista dedicata alla pasta. Anzi, sono stato io ad
introdurre il termine pasta in Giappone, sul mio dizionario e
sulle enciclopedie. Perché non esisteva, si parlava solo di
macaroni.
Mi parli del dizionario italiano-giapponese.
E’ qualcosa che mancava e cui ho lavorato, assieme ad altri colleghi (che ora non ci sono più),
per lunghissimi anni, fino alla data della prima pubblicazione per Shogakukan nel 1982, con
una seconda edizione nel ’98.
Dopo il vocabolario tante cose sono cambiate nei rapporti culturali fra Italia e Giappone. Mi
considero un pioniere della divulgazione della cultura italiana in Giappone e ne sono orgoglioso.
E’ cavaliere della Repubblica e medaglia d’argento come benemerito della scuola, della cultura
e delle arti, insignito da un Presidente molto amato, Sandro Pertini. Ha inoltre ricevuto dai
cuochi italiani il premio Caterina de’ Medici. Ha addirittura fondato una scuola di cucina italiana
per cuochi giapponesi. Come mai tutto questo interesse per il cibo? Un buon pasto è alla base
della buona salute, come ho scritto nel mio ultimo libro “Aneddoti sulla cultura culinaria
italiana” (Bunryu).
E poi, attraverso la divulgazione della cultura italiana, di cui quella gastronomica costituisce un
aspetto importante, ho contribuito e contribuisco a migliorare i rapporti tra i nostri popoli. La
pacifica convivenza nasce dalla reciproca conoscenza non superficiale. La mia scuola di cucina
è sorta a Siena, nel 1987 e poi è stata trasferita a Lucca. Ma, nel frattempo, la frequentazione
e la conoscenza dell’Italia si è fatta più profonda.
Ho insegnato giapponese all’Università di Venezia, ho organizzato tanti eventi enogastronomici,
tradotto Il “Codice della pasta” di Vincenzo Buonassisi, opere di Leonardo da Vinci, pubblicato
con la mia casa editrice un’infinità di ristampe anastatiche di libri fondamentali sulla
gastronomia italiana. (La libreria Bunryu è in effetti piena di preziose testimonianze. Fra tutte
un bellissimo libro di cucina cinquecentesco di Bartolomeo Scappi, “cuoco segreto di Pio V”
n.d.a.).
Mi parli dell’associazione dei ciliegi italo-giapponese. C’è il suo zampino anche lì?
E’ una cosa bellissima realizzata in Toscana. Sono state donate diverse giovani piante di
ciliegio a tanti comuni, allo scopo di diffonderne la bellezza e far conoscere un aspetto
dell’animo giapponese, nell’ambito degli scambi interculturali tra le due Nazioni. La principale
promotrice è la signora Junko Watanabe, presidentessa dell’associazione, di cui anch’io faccio
parte. A Pistoia abbiamo realizzato un vivaio e molti alberi sono stati impiantati anche al di
fuori della Toscana. A Bologna, Parma e San Marino, per esempio. Purtroppo il Presidente della
Repubblica Napolitano, cui abbiamo simbolicamente offerto alcuni alberi, non ci ha risposto. Ne
sono sorpreso e dispiaciuto.
L’Expo di Milano ha come tema “nutrire il pianeta”. Che ne pensa?
Che è un’ottima iniziativa e mi dispiace non visitarla. Ormai mi stancano i lunghi viaggi in
aereo. Credo che la grande Milano saprà fare bene e che tutti i Paesi del mondo dovrebbero
sfruttare un’occasione come questa per far conoscere e valorizzare le loro eccellenze. Oltre che
per migliorare le relazioni internazionali. Nel nome di un’agricoltura sostenibile e umana.
Come mangia, professor Nishimura, italiano o giapponese?
Mangio, al pari dei miei familiari, giapponese a casa mia e italiano nel mio ristorante. Sono
entrambe cucine eccellentissime. (per quanto attiene al ristorante, posso testimoniarlo, con
riferimento ad un piatto di spaghetti con vongole veraci e alle sarde a beccafico degne della
migliore tavola sicula. Queste ultime adagiate su un’inedita spessa fetta di rossa barbabietola
da zucchero che, a dispetto della novità quasi rivoluzionaria, accentua piacevolmente la
sensazione di agrodolce).
Quale il piatto italiano preferito?
La pasta con le sarde. Memorabile quella di Palermo. Adesso preferisco la pasta fresca. – ride –
sa com’è, anche per problemi di masticazione…
E della cucina giapponese?
Il sushimi, senza dubbio.
Qual è il suo rapporto con l’olio d’oliva?
Ah, di autentica dipendenza. A parte come condimento, sostengo e divulgo lo straordinario
valore nutrizionale del succo delle olive. Ne prendo almeno un cucchiaio al giorno. Faccio come
Hinohara, un famoso, popolarissimo medico giapponese ultracentenario che lo ha detto anche
in TV: il segreto della sua longevità e lucidità consiste in un cucchiaio di olio extra vergine
d’oliva al giorno con tanta frutta.
In tempi di fanatismi religiosi è quasi inevitabile paragonare il sangue versato nel
nome delle religioni monoteiste a buddismo e shintoismo che, non prevedendo un
Dio creatore, rendono le cose un po’ più semplici, dal punto di vista della convivenza.
Lei è religioso?
Sono agnostico ma ho un profondo rispetto per la religione cattolica. Uno fra i miei più cari
amici è stato un prete cattolico, che non ha esitato a vendere la sua casa per aiutarmi nel
realizzare il sogno della scuola di cucina di Siena. Ebbene, quest’uomo è stato così intelligente
e perbene da non aver mai tentato la mia conversione. C’era affetto e rispetto fra noi, ma
nessuna forma di violenza. Non sono un buddista ortodosso, ma tutte le mattine dico una
preghiera per gli antenati ed è come se qualcosa del buddismo scorresse nel mio essere più
profondo.
Cosa suggerisce ad un giovane italiano che voglia trasferirsi in Giappone, o
viceversa?
Di studiare, a fondo, tanto. Cercare di comprendere l’altrui cultura è l’unico modo per superare
le barriere. Per questo il mio sogno è che qualcuno completi la mia opera. Manca un dizionario
Giapponese-Italiano. Speriamo lo facciano presto.
(da OlioOfficina Magazine - maggio 2015)