Un giovane autore presenta il suo libro

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Un giovane autore presenta il suo libro
Circolare informativa per i Soci dell’Associazione
1° semestre 2015
Un giovane autore presenta il suo libro
Domenica 15 febbraio 2015
Il romanzo «Il mare lontano da noi» consacra Cosimo Calamini scrittore fra i più originali e interessanti del
panorama letterario italiano e fine interprete della realtà contemporanea.
Dall’osservazione, attenta e ironica, scaturisce la sua felice capacità di raccontare storie che coinvolgono per
l’attualità dei temi; per esempio, quello della scelta.
Anche Serena, la protagonista de Il mare lontano da noi, promessa mancata del tennis italiano, ora assegnista alla
Sapienza di Roma, si trova a un bivio: sfumata la possibilità di vincere il concorso all’università, si vede offrire un
posto da ricercatrice in America, una proposta allettante che finalmente le permetterebbe di realizzare il suo sogno,
quello di dedicarsi allo studio della storia.
E’ l’occasione della sua vita, ma è una scelta difficile. Significa sradicarsi dalle proprie radici e, soprattutto,
coinvolgere altri, il marito Fabrizio e Agnese, la figlia di otto anni.
Le radici, si sa, non sono un unico fittone che con uno strappo deciso per quanto doloroso si porta altrove. Le radici
sono ramificate, tentacolari (tanto per usare un aggettivo che l’autore utilizza in altro contesto per dare l’idea di un
legame opprimente), vanno in più direzioni, riguardano tutto il corollario dell’esistenza: amici, parenti, colleghi,
luoghi, oggetti.
E poi, senza tanti infingimenti, andare in America è espatriare, è emigrare.
Di fronte a un dilemma spesso accade che la mente si confonda, rischi di sconfinare nell’irrazionale o di rifugiarsi
nella ritualità di certe azioni: ci si affida ai tarocchi, si stilano liste interminabili di cose da fare, si cerca qualche
segnale che aiuti a decodificare la realtà magari nell’etimologia di parole che forse nascondono la verità: la nostalgia,
per esempio, perché fa soffrire? Perché è la fusione di due termini: uno è ritorno, l’altro è dolore.
Come l’eroe della città-labirinto, la fiaba che piace alla piccola Agnese, anche Serena avrebbe un paio di ali per
volare e, come ogni eroe che si rispetti, sente di dover affrontare prove difficili.
Ma questa non è una fiaba, il lieto fine non è scontato. La vita non obbedisce fedelmente alle funzioni di Propp e il
colpo di scena è sempre in serbo per deviare il corso delle cose.
Il mare lontano da noi è una lettura piacevole, perché lo stile dell’autore è parlato, colloquiale, concreto nell’uso di
similitudini e espressioni popolari che si fanno particolarmente vive nei monologhi e costituiscono una specie di
slang. La narrazione in prima persona consente a Calamini di calarsi nei panni e nella psiche di una donna, Serena
appunto, dimostrando di avere grande capacità di introspezione e di conoscere le sfaccettature dell’animo
femminile.
Un soprannome, un aggettivo gli basta spesso per caratterizzare un personaggio.
Sono pennellate caustiche grazie alle quali personaggi che sono poco più che comparse acquistano spessore e
restano impressi nella mente di chi legge.
Prof. Mariangela Leotta
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Laboratorio di scrittura
Il dolce acuto mare dello scrivere
7 febbraio 2015
Dopo un periodo di sospensione, quest’anno abbiamo ripreso il
laboratorio di scrittura, intitolato “Il dolce acuto mare dello
scrivere - la gioia di esserci”, che si è svolto in 5 incontri tra
febbraio e maggio 2015.
Le veterane dei precedenti corsi hanno accolto con entusiasmo il
folto gruppo delle nuove arrivate, così Graziella, Leda, Maria
Antonietta, Daniela, Patrizia, Cecilia, Sonia, Roberta, Antonietta,
Miriam, Lorenza, Miranda, Donatella e Paola hanno formato un
caleidoscopio di persone con le più svariate caratteristiche:
affascinanti, allegre, tranquille, misteriose… che da subito ha
generato simpatia e curiosità.
Rita Biancalani e Maria Ester Mastrogiovanni, hanno condotto gli incontri come in passato, sempre
con magistrale bravura. Hanno ambedue profonda conoscenza dell’animo femminile e ne è una
prova il libro di Luisa Muraro “ Al mercato della felicità” che hanno proposto quest’anno per le
nostre riflessioni. La mitezza di Rita contrapposta alla focosità di Maria Ester, parlando del tema
centrale del corso “ il desiderio” hanno aperto per tutte noi orizzonti diversi, forse anche nascosti, di
cui abbiamo potuto scrivere e confrontarci liberamente.
Tra tisane e pezzi di cioccolata che accompagnavano ogni lezione, c’è stato uno scambio di racconti e
storie anche personali che ha arricchito la conoscenza reciproca di questo gruppo di donne.
Insomma, un’esperienza che ci è piaciuta molto.
Così questi mesi sono volati e ci siamo salutate con l’auspicio di ritrovarci ancora per proseguire
questa splendida esperienza.
Leda Bursi
Incipit:
«Narra un antico testo persiano che quando Giuseppe fu messo in vendita
dai suoi fratelli, al mercato degli schiavi si fecero subito avanti numerosi
compratori, fra cui una donna anziana che si offrì di pagare l'acquisto con
alcuni gomitoli di lana colorata da lei stessa filata, che stringeva al petto.
"Anima semplice," le disse il sensale "come puoi comprare un simile gioiello
di schiavo con i tuoi gomitoli?" "Lo so che non potrò comprarlo " rispose la
donna. "Mi sono messa in fila perché amici e nemici possano dire: "Anche lei
ci ha provato".»
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Gita a Roma: I vestiti dei Sogni
Il 22 marzo 2015 siamo andate in gruppo a Roma per visitare la mostra “I vestiti dei Sogni” che esponeva i
costumi più belli degli ultimi cento anni della storia del cinema italiano. Lasciamo la parola a Gian Luca Farinelli
che, nella sua introduzione alla mostra così illustra lo scopo e il significato di tale manifestazione.
“
I vestiti dei sogni è la prima mostra che ripercorre, in un racconto coerente, un secolo di storia del costume
cinematografico italiano, dal 1915 al 2015. Trovano qui una cornice più ampia e un'accurata collocazione
storica abiti provenienti da singole collezioni.
………
Fin dai primi del Novecento, i film italiani sono riconosciuti nel mondo per le loro scenografie, per la bellezza
della fotografia e per la ricchezza dei guardaroba, in particolare quelli delle attrici. La mostra I vestiti dei sogni è
divisa in due parti: percorso principale e collezione permanente. La seconda parte, quella della collezione
permanente, è la parte più libera, in cui abbiamo scelto di collocare i costumi in un dialogo ispirato ai dipinti
esposti nella collezione di Palazzo Braschi. Una trentina di pezzi, realizzati per alcuni dei più significativi film
della storia del cinema italiano, sono esposti in questo autentico scrigno delle meraviglie, sospeso su Piazza
Navona, che è Palazzo Braschi. Tra gli abiti quelli di un film che si è appena finito di girare: i costumi realizzati
da Massimo Cantini Parrini per il nuovo film di Matteo Garrone, Il racconto dei racconti. Un'opera che ancora
deve vedere la luce dello schermo, e i cui abiti ci ricordano che la storia del costume cinematografico italiano
ha radici antiche e un promettente futuro. Il percorso principale porta avanti il racconto, inevitabilmente
sintetico e lacunoso, di un secolo di scuola italiana. Si snoda nelle prime dieci sale, ha un suo coronamento nel
salone dedicato alla Sartoria Tirelli, a cui abbiamo dato carte blanche, per festeggiarne il cinquantenario, nella
scelta degli abiti e dei film da rappresentare, e si chiude con la stanza dedicata agli incantevoli abiti di Milena
Canonero per Marie Antoinette, nel cuore dell'esposizione permanente. I nomi sono i grandi, gli imprescindibili:
Caramba, Vittorio Nino Novarese, Gino Carlo Sensani, Piero Gherardi, Piero Tosi, Danilo Donati, Gabriella
Pescucci, Maurizio Millenotti, Milena Canonero, Pier Luigi Pizzi, Gitt Magrini. Molti altri avrebbero meritato di
comparire, e non hanno purtroppo trovato qui spazio.
……….
Nella scelta dei film e dei costumi abbiamo cercato di rendere conto della doppia vena che percorre tutta la
scuola: quella più solida e radicata, di tipo realista, che fa capo a Sensani e trova la sua massima espressione in
Tosi; e quell'altra, altrettanto viva, anti naturalista, che muove a volte verso un'efficacia grafica (Gherardi),
l'accumulo barocco (Donati), l'invenzione fantastica (Pescucci) o contaminazione pop (Canonero). Le radici però
sono le stesse, se è vero che, come dice Gabriella Pescucci, "non c'è fantasia senza documentazione" - e
proprio la documentazione è per Sensani il fondamento dell'arte del costumista. Maestri, allievi, tendenze,
inclinazioni: sono tutti segni della straordinaria vitalità della scuola italiana dei costumisti per il cinema, qui
riunita per la prima volta.
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La fida era anche quella di trovare una chiave espositiva. I costumi sono creati per vivere indossati, dagli
interpreti, durante il breve tempo delle riprese e poi per sempre nelle immagini dei film. Esibirli al di fuori di
quel contesto rischia sempre di trasformarli in fiori appassiti.
Per questo abbiamo chiesto a uno dei più valenti direttori della fotografia del cinema contemporaneo, Luca
Bigazzi, di immaginare per i costumi esposti un percorso di luci, che è stato realizzato da un inventore e gran
sperimentato della luce, Mario Nanni, interprete della filosofia progettuale di Viabizzuno.
Sono luci magiche, velate naturalmente, che restituiscono alle stoffe, ai colori che abbiamo visto sullo schermo,
una vita presente nella quale abbiamo il privilegio di trovarci anche noi, spettatori che avevano già conosciuto
gli stessi costumi nel sogno della proiezione cinematografica.
“
Desideriamo riportare alcune notizie su Milena Canonero che quest’anno ha vinto il suo quarto Oscar (con ben
nove nominations) per i costumi del film “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson.
“
MILENA CANONERO
Milena Canonero è una delle artefici del successo della cultura figurativa italiana nel mondo del cinema. Dopo
avere interpretato il Settecento con estetica più pittorica che naturalistica per il Barry Lyndon di Kubrick (in
collaborazione con Ulla Britt Soderlund), nei costumi creati per Marie Antoinette di Sofia Coppola si è
indirizzata verso uno stile e una visione dell'epoca in risonanza e armonia con il tema e il concetto del film: in
un Settecento che si annuncia scandito dalle sonorità del rock'n'roll, i costumi con la loro eleganza, leggerezza
e infinita varietà definiscono il clima visivo ed emotivo del film, dove la moda del Diciottesimo secolo si ibrida
con una fantasmagoria di suggestioni pop.
Il lavoro di Milena Canonero è stato riconosciuto in tutto il mondo grazie alla sua collaborazione con grandi
maestri del cinema: per nominarne solo alcuni, ancora Stanley Kubrick per Shining, Francis Ford Coppola per
Cotton Club, Sydney Pollack per La mia Africa, Warren Beatty per Dick Tracy. Canonero ha collaborato inoltre a
numerose messinscene liriche, per il Metropolitan Opera House, la Vienna Opera House e la Scala di Milano.
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La Primavera degli artisti
26 aprile-3 maggio 2015
Quest'anno celebriamo i dieci anni dalla nascita della nostra associazione
durante i quali abbiamo realizzato una serie di eventi culturali tesi a
valorizzare il nostro territorio e le sue diverse espressioni artistiche,
culturali e della tradizione.
Tra gli eventi che hanno caratterizzato questo nostro percorso, ricordiamo
"la Primavera degli Artisti” alla sua terza edizione. Quest’anno abbiamo
deciso di collocarla nel centro storico di Sinalunga e nel suo Teatro anche
come invito a una loro riscoperta.
Il tema di quest'anno è stato dedicato a un periodo della storia della moda
femminile con l'allestimento di una mostra di abiti d'epoca ed accessori
all'interno della sala posta sotto la chiesa della Madonna delle Nevi.
Nella sala Agnolucci del teatro Ciro Pinsuti abbiamo allestito una mostra di
quadri di pittori locali mentre nell’androne del Palazzo Pretorio si è tenuta
una rassegna fotografica di fotografi amatoriali della zona.
Durante l'iniziativa si sono tenute due serate a Teatro di cui una dedicata
alla musica, prosa, poesia e profumi, mentre la seconda, conclusiva delle
manifestazioni, ha riguardato la storia della nostra associazione con una
rassegna delle iniziative portate avanti fino ad oggi.
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Il 26 aprile abbiamo aperto il programma delle manifestazioni con la mostra degli abiti storici femminili.
Abbiamo scelto di partire dal 1880, là dove avevamo lasciato la nostra ricerca in occasione delle celebrazioni
del nostro illustre concittadino Ciro Pinsuti, e di esaminare i 100 anni successivi che, storicamente parlando,
sono stati estremamente significativi nell'evoluzione del costume, dell'intendere il modo di vita e della
tecnologia.
L'evoluzione della moda femminile, in particolare, è stata estremamente significativa nel sottolineare, nel
corso del secolo, tutti i vari mutamenti sociali, economici, politici, culturali che si sono succeduti con una
progressione rapidissima tra la fine del 1800 e la fine del 1900.
Ovviamente, come per il passato, il nostro non voleva essere un vero e proprio trattato, ma, partendo dai
reperti locali, una carrellata senza la presunzione di trasformarsi in uno studio accademico.
Seguendo la vocazione che ci ha contraddistinto fin qui di promozione del territorio e delle tradizioni locali,
abbiamo cercato di mettere in evidenza soprattutto gli aspetti significativi della nostra comunità.
Il nostro lavoro è stato uno sforzo corale dell'Associazione e delle nostre simpatizzanti che con grande
entusiasmo hanno collaborato sia affidandoci gli abiti e accessori nascosti nei loro armadi, sia facendo opera
di restauro e di classificazione per permetterci di creare un percorso che, attraverso la mostra, ha illustrato
l'evoluzione del costume della nostra realtà.
Abbiamo affiancato ai reperti locali, una serie di fotografie d'epoca per chiarire meglio le caratteristiche dei
vari momenti storici che si sono succeduti e che spesso, nell'arco di un solo decennio, hanno portato a vere e
proprie rivoluzioni nell'abbigliamento.
Ci auguriamo di essere riuscite a dare un'idea di massima di quello che è stata la storia del vestire femminile.
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Mostra di Pittura
Serata di prosa, poesia , musica e profumo
Il teatro è stato il luogo ideale per festeggiare i dieci anni dalla fondazione dell’Associazione, la sera del 3
maggio, con l’intervento di numerosi spettatori alla presenza delle Autorità cittadine capitanate dal nostro
Sindaco.
La serata è stata condotta dalla nostra amica Patrizia che ha iniziato illustrando il marchio disegnato ad hoc da
Andrea.
Abbiamo rievocato i principali eventi che hanno caratterizzato le nostre attività in costume iniziando dalla
prima manifestazione a Farnetella del 2007 «C’era una volta l’abito da sposa», fino ad arrivare a quelle più
recenti come «Giuseppe Garibaldi a Sinalunga», la rievocazione della vita del M° Ciro Pinsuti e la rievocazione
della vita di San Martino. Come pure le nostre trasferte a Cortona che ci hanno visti protagonisti di due eventi.
La serata è stata arricchita dalla presenza dei giovani musicisti Francesca Orlando, Angela Milani e Andrea
Pinsuti che hanno intervallato le nostre rappresentazioni, grazie anche alla collaborazione dei figuranti che si
sono prestati ad indossare gli abiti rappresentativi di ogni evento. Durante la serata sono stati raccolti fondi
per il campo estivo «Non uno di meno» destinato ai ragazzi diversamente abili del nostro territorio a
dimostrazione della sinergia che si è creata tra attività culturali e sociali, obiettivi prioritari della nostra
Associazione.
Graziella Faralli
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Riportiamo qui alcune foto della
serata conclusiva della manifestazioni
del 10° Anniversario dell’Associazione
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La Veglia Contadina: «La Scapponata»
Sabato 30 maggio alle ore 21.30, nell’ambito della manifestazione “La Valle del Gigante Bianco” promossa
dall’Associazione “Amici della Chianina”, abbiamo rappresentato con l’aiuto dei nostri figuranti in abiti d’epoca
una nuova edizione de “La Veglia Contadina” che, questa volta, ha riportato in vita l’attesa e i festeggiamenti
per la nascita di un figlio nella Famiglia contadina.
L’ambientazione ha riprodotto, con arredi originali, l’interno della cucina e della camera da letto tipica di una
casa colonica della Valdichiana, completa di focolare. Nel nostro territorio c’erano i poderi dove la famiglia
contadina, composta da 10 a 30 persone, si dedicava al lavoro dei campi e all’allevamento del bestiame in
genere e, in particolare, dei bovini di razza Chianina. Durante l’anno, la vita della famiglia era scandita
dall’impegno per il lavoro dei campi che si concretizzava nella semina, potatura, raccolta del tabacco,
trebbiatura, vendemmia e varie altre attività. Questi eventi comportavano il cosiddetto scambio tra le varie
famiglie della fattoria che consisteva nel reciproco aiuto nel disbrigo dei lavori agricoli.
La vita lavorativa era intervallata da riti religiosi e profani. Questi ultimi riguardavano anche la “veglia” che
rallegrava la vita sociale dei contadini e favoriva la vita di relazione.
La nascita dei figli, che avveniva in casa, era uno di questi momenti. L’attesa della nascita era particolarmente
sentita nella speranza dell’arrivo di un figlio maschio, soprattutto quando in precedenza si erano verificate
nascite di femmine. E così ci ritroviamo a Bettolle, in Colmata, dove Argia, donna piuttosto attempata e moglie
di Oreste, sta per dare alla luce il quinto figlio con l’aiuto della levatrice Manilla. La famiglia e il vicinato
partecipano all’attesa della nascita e poi festeggiano con grande allegria l’arrivo del figlio Quinto, il tanto atteso
maschio. A distanza di un mese dalla nascita, la famiglia organizza il battesimo con annessa “Scapponata”, il
tipico pranzo di queste occasioni.
Arrivano i parenti con i regali, in natura, costituiti da polli, uova, vin santo.
Alla festa sono invitati anche il Padrone e il Fattore ai quali viene riservato un posto di riguardo a tavola.
Dopo il pranzo il Capoccia chiede al Fattore un podere più grande perché la famiglia è aumentata ed è
finalmente arrivato l’atteso maschio
L’azione si svolge negli anni cinquanta, in un podere della Fattoria Puccio a Bettolle.
Graziella Faralli
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Festa di Biancalana
Nell’ambito del Mercatino Biancalana quest’anno si è creata una nuova collaborazione con la Pro
Loco con cui abbiamo già condiviso la realizzazione della Festa di San Martino. Il 2 giugno Piazza
Garibaldi si è trasformata in una bellissima vetrina retrò che ci ha riportato ad una tranquilla mattina
di fine primavera ai tempi dei mitici anni ’50. La voce del presentatore Fabio Forcillo ci ha preparato
all’arrivo di una moltitudine di variopinte auto d’epoca originali dell’Associazione Camet che da anni
partecipa al Mercatino. Quest’anno, però, su invito della Pro Loco, la nostra Associazione è
intervenuta con un tocco tipicamente femminile dando alla rassegna un aspetto di elegante leggiadria
e completezza storica.
Di fronte ad una piazza gremita ordinatamente da sfavillanti e preziose auto e vespe storiche tirate a
lucido, sono sfilate 13 delle ragazze e donne dell’Associazione che partecipano volentieri alle sfilate
diventando eleganti modelle per un giorno. Così abbiamo potuto ammirare abiti colorati ed alcuni
scintillanti, ma tutti rigorosamente con vita segnata su bustini in metallo, orli di varie altezze, fantasie
optical, cappottini di lamé, immancabili pois e gonne a ruota in perfetto stile anni ‘50 e ’60.
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L’insolita ma scenografica passerella si è svolta sul sagrato della Collegiata, gentilmente concessoci da
Don Tonino, dove ogni modella è stata accolta da un cavaliere con un omaggio floreale mentre il
presentatore ha dato notizie e curiosità sugli abiti indossati.
Le modelle hanno poi raggiunto le auto presenti, quasi ad impreziosirsi a vicenda, dove sono state
fotografate come delle vere star e simpaticamente intervistate da Fabio Forcillo. Molti gli ammiratori
delle auto e delle ragazze che sono state anche seguite in una passeggiata per le vie del centro storico
occupato dalle bancarelle del Mercatino e, passando per l’Atrio del Palazzo Pretorio, si è poi conclusa
nell’adeguata cornice del Teatro Ciro Pinsuti.
Emma Licciano
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Visita al Museo Nazionale del Bargello e all’Accademia di Firenze
14 giugno 2015
La gita a Firenze con le due mete che ci eravamo prefissate è stata un momento di arricchimento
inimmaginabile che ha suscitato in noi una grande emozione nel vedere da vicino questi capolavori illustrati
dalla nostra capace guida che ci ha permesso di goderne a fondo. Sono stati momenti di condivisione e di
scoperta delle nostre radici storiche e dei vertici cui l’uomo può giungere con la sua arte e il suo ingegno.
La fatica del viaggio e dell’impegno richiestoci è stata ampiamente giustificata dalla soddisfazione che ne
abbiamo tratto.
Museo Nazionale del Bargello
Secondo la tradizione vasariana il Palazzo Pretorio (poi del Bargello) venne edificato, nella parte che aggetta su
via del Pro consolo sulle case-torri della chiesa di Badia, alla metà del Duecento (negli anni in cui a Firenze si
progettavano le grandi basiliche) da Lapo Tedesco (padre e maestro di Arnolfo di Cambio) per il Capitano del
Popolo. Successivamente ampliato su via dell'Acqua e chiuso all'interno dal severo Cortile, ingentilito da
elementi gotici, quali bifore, monofore, merli, divenne sede dei Podestà e svolse un ruolo fondamentale negli
avvenimenti storici cittadini. L'edificio fu testimone di tumulti popolari (nel 1434 Cosimo il Vecchio volle che
sulla facciata si dipingessero impiccati i nobili fiorentini che si erano opposti al suo ritorno e nel 1480 i
componenti della famiglia Pazzi vi furono ritratti da Andrea dal Castagno) e di numerose calamità (incendi e
alluvioni). Dal 1502 ospitò fino al 1574 il Consiglio di Giustizia e i Giudici della Ruota quando, subentrato il
Capitano di Piazza detto il "Bargello", fu ridotto a carceri cittadine e abbandonato all’incuria.
Negli anni Quaranta dell'Ottocento, il recupero nella Cappella del Bargello del Ritratto di Dante e lo
scoprimento degli affreschi sulle pareti (Paradiso, Storie di santa Maria Egiziaca e della Maddalena, Inferno),
ritenuti secondo Vasari autografi di Giotto, contribuirono a valorizzare il Palazzo e a sollecitarne una degna,
anche se lenta rivalutazione.
“NeI1861, in occasione della Prima Esposizione Nazionale Italiana, il Palazzo rimase interamente sgombro [ ... ]
e poterono mostrarsi al pubblico le parti dell'edificio già restaurato. I lavori, ripresi dopo l'Esposizione,
consisterono [ ... ] nell'ultimazione della scala secondaria [cioè quella interna]. [La torre] venne rifondata dal
lato di via Ghibellina e per togliere dall'occhio ogni senso di strapiombo si volle rivestita a bozzette, a
similitudine della parte che guarda l'antica chiesa di Badia”.
….
Il progetto subì numerose modificazioni (si pensò a un Museo delle Arti Industriali, a un Museo del Medio Evo
e a un Museo Storico Archeologico Nazionale), per approdare infine il 22 giugno 1865 all'attuale intitolazione
di Museo Nazionale.
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Un Museo che, al momento della sua apertura (con le raccolte eterogenee provenienti dalla Galleria degli
Uffizi, con le sculture dalle Regie Fabbriche e dai Conventi soppressi e con oggetti in deposito da collezionisti
privati), iniziava la sua attività espositiva e museale con le celebrazioni dantesche.
Risultavano aperte e allestite al piano terreno due sale di armi e una di scultura e al primo piano il gran salone
con le sculture monumentali, compresa la Vittoria di Michelangelo, oggi nel Salone dei Cinquecento di Palazzo
Vecchio. A queste si sarebbero ben presto aggiunte disparate testimonianze di "arti minori", di prestiti e
donazioni di privati e della stessa Galleria degli Uffizi, quali maioliche, cere, smalti, oreficeria sacra e civile,
avori, cassoni, ambre, bronzetti, sculture rinascimentali (con le opere di Donatello e di Michelangelo),
terrecotte, arazzi, mobili, medaglie. sigilli e tessili.
Le celebrazioni donatelliane del 1887 nel gran salone del primo piano, favorirono la creazione di una Tribuna
donatelliana e un primo e definitivo assetto della scultura del Rinascimento.
Attualmente ospita collezioni che includono opere di Michelangelo, Donatello, Verrocchio, Ghiberti, sale
dedicate alle armi e sale dedicate alle maioliche, lavori di oreficeria, cammei rari e moltissimi capolavori
dell’arte italiana e non.
Galleria dell’Accademia
All'ingresso nella Galleria, la vasta sala centrale, dalla sala del
Colosso, lo sguardo viene inevitabilmente catturato dal David, che
si erge solenne, immerso in una preziosa luce zenitale. Ma
immediatamente dopo, si percepiscono le incombenti presenze dei
grandi blocchi ai lati, nei quali solo in un secondo momento si
riconoscono delle sculture, plasmate da mano umana. Si tratta,
oltre che del S. Matteo di cui si dirà fra poco, dei quattro Prigioni,
cioè prigionieri, scolpiti da Michelangelo e destinati alla tomba del
Papa Giulio II. La commissione che il Buonarroti ricevette nel 1505
costituì per lui una vera e propria "tragedia", come venne definita:
un compito trascinato per quarant'anni, fra continui cambiamenti di
progetti, fra riprese ed abbandoni dei lavori, fra l'incudine delle
nuove commissioni e il martello delle pretese degli eredi. La
soluzione cui Michelangelo riuscì infine ad approdare, quella che
vediamo oggi a Roma in S. Pietro in Vincoli, incentrata sulla famosa
statua del Mosè, non corrisponde che in minima parte alla
innovatrice fertilità dei progetti che ripetutamente aveva elaborato
nei decenni precedenti. Di tali progetti facevano parte i due Schiavi
del Louvre di Parigi, eseguiti sulla metà del secondo decennio del
Cinquecento; mentre i quattro dell' Accademia, al cui proposito
risultano incomplete le fonti documentarie, risalgono
probabilmente agli inizi del quarto decennio prima del definitivo
trasferimento dell'artista a Roma, nel 1534.
I quattro Prigioni erano rimasti in possesso della famiglia Buonarroti, a Firenze, finché nel 1564 Leonardo
Buonarroti, nipote dell'artista, li donò al Granduca Cosimo I. Questi li fece collocare nella Grotta del Buontalenti
nel giardino di Boboli, donde furono trasferiti all'Accademia nel 1909.
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È tuttora incerto quale dovesse essere la loro posizione nella tomba di Giulio II; ad ogni modo, le possenti
figure dovevano occupare la zona inferiore del sepolcro, in funzione quasi di telamoni, cioè di statue con il
compito architettonico di sorreggere l'impalcatura superiore.
Le figure comunicano difatti un'impressione quasi fisica dello sforzo, particolarmente evidente nel cosiddetto
Atlante (quello più avanti a sinistra), che sembra voler rimuovere da sé la parte superiore del blocco. La
faticosa liberazione che queste figure sembrano andar cercando, con movimenti lenti, ' come di chi si desti alla
vita e alla coscienza, trova precisa corrispondenza nella loro qualità di statue non finite. Lo spettatore, per
quanto preparato dalla familiarità con un concetto moderno dell' arte come espressione di contenuti da
riversare anche attraverso forme personali e soggettive, rimane profondamente sorpreso dalla modernità di
concezione di quest' opere, ove per la prima volta nell' arte l'artista non ha il compito di fornire pacificamente
un prodotto finito ad un committente determinato, ma quello di trovare uno sbocco a idee, sensazioni,
pensieri del tutto personali.
È così che il famoso non finito di Michelangelo, di cui queste statue sono l’esemplificazione più evidente,
risulta sufficiente, qualora l’artista sia già riuscito a questa estrinsecazione in misura bastante a lui stesso.
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Aspettiamo tutti gli Associati e i Simpatizzanti il 24 gennaio alle 18.00 presso la nostra sede «Casa del
Nocio», in Via Ferrari a Sinalunga, per fare un bilancio della nostra attività del 2015 e per discutere
tutti insieme le proposte per l’anno 2016.
Seguiranno un aperitivo e una cena sociale ai quali siete tutti invitati.
Desideriamo porgere i nostri più cari auguri per le prossime festività a tutti, riservandoci di
consegnarvi, in occasione della cena di gennaio, la Circolare Informativa relativa al secondo semestre
2015.
Astrolabio Associazione Culturale
Via Ferrari – Casa del Nocio – Sinalunga
[email protected]
www. Astrolabiocult.it